Febbraio 17th, 2017 Riccardo Fucile
“IL MOVIMENTO E’ CONTRARIO AL PROGETTO DELLO STADIO” CONFERMA UNO DEI LEADER STORICI ROMANI
Prima era un semplice brusio di sottofondo. Ma adesso che Virginia Raggi sembra essersi decisa a dare il suo via libera al nuovo stadio della Roma, la protesta della base grillina è diventata forte e chiara: “Lo scollamento è totale, il Movimento sta perdendo il suo spirito”, attacca Francesco Sanvitto, uno degli attivisti storici della Capitale e coordinatore del tavolo sull’Urbanistica.
Insieme al suo gruppo di lavoro, Sanvitto ha già preparato una delibera per l’annullamento del pubblico interesse e la consegnerà nelle mani della sindaca.
Poi c’è anche chi chiede il voto online, come Massimiliano Morosini (portavoce del Municipio VIII, quello di Tor di Valle) o Claudio Sperandio (uno degli organizzatori dell’assemblea romana del M5s al Seraphicum).
Il malcontento della base è diffuso e ha smosso anche gli equilibri all’interno della maggioranza: al punto che il Sì allo stadio potrebbe tornare ad essere di nuovo in bilico, con l’ala dei contrari che adesso spinge per ottenere un compromesso “più vicino al Piano regolatore, con meno speculazione”.
Proprio la posizione che fu di Paolo Berdini, e che a quanto pare non è del tutto tramontata dopo il suo addio.
LA PROTESTA DEGLI ATTIVISTI
Nelle ultime 48 ore la situazione, che sembrava andare verso una soluzione positiva, si è terribilmente complicata.
Dopo l’incontro quasi decisivo a Palazzo Senatorio di martedì, coinciso con le dimissioni irrevocabili dell’assessore Berdini, su forum, meet-up e gruppi Facebook è esploso il malumore degli attivisti.
A guidare il fronte degli scontenti è lo stesso Sanvitto, che ha lavorato a lungo sul dossier dello stadio. E non solo: “Tor di Valle è solo la punta dell’iceberg: sono mesi che i cittadini pensano una cosa, e la giunta Raggi ne fa un’altra”, racconta a ilfattoquotidiano.it.
“Il programma del M5s in materia di urbanistica, a cui noi abbiamo contribuito, prevedeva la verifica del Piano regolatore, che è vecchio di 8 anni e secondo noi è sovradimensionato, e il recupero delle aree già edificate, senza nuovi cantieri megalitici. È rimasto lettera morta: nulla di tutto ciò è stato fatto, l’amministrazione ha agito arbitrariamente sin dalla prima delibera, con cui ha accettato il cambio di destinazione d’uso per l’ex Fiera di Roma. E adesso arriva pure lo stadio”.
“I CONSIGLIERI NON FANNO I PORTAVOCE”
Già , lo stadio della discordia. Quello che all’interno del M5s, dalla Raggi ai vertici nazionali, si sono convinti di dover fare.
Peccato che questa decisione non sia particolarmente condivisa. Sicuramente non dal tavolo dell’Urbanistica, un gruppo di lavoro che conta circa 60 iscritti, fra cui nomi noti nel movimento locale: come Andrea Tardito, già entrato nello staff dell’assessore Andrea Mazzillo; o Emanuele Montini, tra i papabili per la successione di Berdini. “Ma il malcontento è molto più diffuso di così: io sento il polso degli attivisti, su Facebook, al telefono, di persona. E posso dire che il Movimento è contrario”, assicura Sanvitto. “Se ne sarebbero accorti anche in Comune, se gli eletti facessero i portavoce e non i consiglieri, come in un partito qualsiasi. Dovrebbero ascoltare i cittadini invece di un paio di parlamentari, messi lì chissà da chi e a che titolo”.
Il riferimento è ad Alfonso Bonafede e Riccardo Fraccaro, i due deputati che da gennaio seguono passo passo l’attività dell’amministrazione. “In Campidoglio si è creato un sistema verticistico di potere, che è tutto il contrario dell’uno vale uno e dei principi del Movimento. Sullo stadio della Roma capiremo fino a che punto è arrivato questo processo”.
MAGGIORANZA AGITATA
Martedì 21 febbraio una delegazione capeggiata da Sanvitto consegnerà alla sindaca una delibera per l’annullamento della dichiarazione di pubblico interesse, su cui si regge il progetto di Tor di Valle.
“È l’unica strada: azzerare gli atti della giunta precedente e ripartire da capo, con un nuovo dossier senza speculazioni”. In caso contrario si valuta persino il ricorso al Tar: col rischio di arrivare al paradosso di un’amministrazione a guida M5s portata in tribunale da un gruppo di attivisti M5s.
“Ma ora sento che la nostra posizione comincia ad aver credito”, conclude Sanvitto. Ed in effetti qualcosa è cambiato a Palazzo Senatorio: la riunione di maggioranza di mercoledì pomeriggio è stata molto partecipata (presenti tutti i consiglieri, dal primo all’ultimo) e agitata.
Prima i contrari al progetto erano minoranza, e venivano etichettati come “uno-due seccatori”. Ora non lo sono più: in molti guardano con preoccupazione al fermento della base e temono di perdere consenso tradendo “i valori del Movimento”.
Al punto che la sindaca è stata costretta a precisare di non aver stretto alcun accordo sulla Roma: un dietro-front che riapre una trattativa che sembrava quasi chiusa.
Dal Campidoglio filtra l’ipotesi di rivedere ancora il progetto, con un ulteriore taglio delle cubature. Ammesso che la Roma sia d’accordo. Così la giunta Raggi si ritrova nuovamente in una posizione molto scomoda: tra l’incudine di uno stadio che “si deve fare”, e il martello dello scontento degli attivisti.
Uscirne non sarà facile.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 17th, 2017 Riccardo Fucile
SE APPROVA IL PROGETTO RISCHIA DI PERDERE PEZZI DELLA MAGGIORANZA E SMENTISCE LE PROMESSE, SE LO BOCCIA RISCHIA UNA CAUSA MILIONARIA
Mentre si infittisce il giallo delle polizze e Virginia Raggi promette di denunciare il suo ex fedelissimo
Salvatore Romeo, è il nodo stadio a tenere banco.
Alla rivolta della maggioranza grillina che fiuta l’inganno di una giravolta sulla linea del no, dopo l’annuncio di un preaccordo su Tor di Valle, fa da contraltare una manifestazione pro sindaca indetta per oggi.
Un sit-in dalle 16 alle 19 davanti al Campidoglio all’insegna dello slogan “Virginia non sei sola”. Un bagno di folla per rintuzzare gli attacchi e riaffermare la leadership fiaccata dall’inchiesta e dalle polemiche sul nuovo impianto sportivo.
Per gli ortodossi, quello della giunta Raggi è un vero voltafaccia al quale non intendono rassegnarsi e chiedono l’annullamento della delibera comunale che dà il via libera all’arena.
Pur frenando, rispetto alle dichiarazioni del suo vice, Luca Bergamo che era apparso decisamente ottimista, la sindaca ha avallato l’operato dei delegati alla trattativa ma ora starebbe considerando una concessione al fronte dei duri.
Riepilogando: sul tappeto c’è il sì con il rischio di pedere pezzi, dall’altro il no con il concreto pericolo di esporre l’amministrazione e i singoli a una causa con conseguenti danni che la Roma ha già ventilato.
Per questo, al tavolo delle trattative con gli imprenditori, il Comune ha chiesto di rivedere le cubature, con conseguente riduzione del cemento.
Un lavoro di lima che però mette a repentaglio l’intero pacchetto. A ogni opera che interessa i privati fa da bilanciamento infatti un lavoro pubblico nell’interesse della città . Meno cemento per i privati significa dunque meno opere.
E questo metterebbe in pericolo l’efficacia della delibera che non prevedeva ulteriori margini di trattativa
Per sfilarsi, il Comune dovrebbe percorrere la strada dell’annullamento della delibera che, stando al parere richiesto dai duri dell’M5S metterebbe al riparo da eventuali richieste di risarcimento danni.
Prima di esplorare questa ipotesi la sindaca vorrebbe però il conforto dell’avvocatura capitolina. Ossia un bollo ufficiale che le consentirebbe di disdettare ogni dialogo sullo stadio e di dormire sonni tranquilli in caso di eventuale rivalsa della Roma.
Ora, se per i legali interpellati dal cosiddetto tavolo Urbanistica, l’organismo consultivo grillino sulla materia, la strada sempra assolutamente liscia, per l’avvocatura non sarebbe affatto così.
E la questione potrebbe innescare un nuovo braccio di ferro tutt’altro che indolore tra la politica e la burocrazia capitolina.
Ovviamente, se lo stadio saltasse, si arriverebbe al paradosso di conseguire il medesimo risultato ricercato dall’assessore Berdini, dimessosi un istante dopo l’annuncio del preaccordo con la Roma su cubature di gran lunga più elevate da quelle che lui stesso era disposto a tollerare.
Ma quella dell’annullamento, ammesso che si voglia gettare via tutto, rimane dunque l’unica strada percorribile.
E non c’è parere che possa mettere al riparo dall’eventualità che sindaco e amministratori vengano chiamati a rispondere in prima persona del danno causato alle imprese impegnate nel progetto.
Tuttavia la fibrillazione grillina è un terrmometro della posta in gioco e del banco di prova che attende Raggi e i suoi
A conti fatti è un’ulteriore grana per i favorevoli allo stadio che allontana quantomeno il momento della stretta finale al tavolo della conferenza dei servizi del 3 marzo
Per Raggi un fine settimana giocato sulla caccia agli assessori per rimpolpare la giunta e scaricarsi dei dossier Urbanistica e Lavori pubblici e soprattutto trovare un escamotage per chiudere in un modo o nell’altro il capitolo stadio senza rischiare l’ennesima sconfessione.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 17th, 2017 Riccardo Fucile
AUTOGOL DI GRILLO: “NON DECIDONO I PARLAMENTARI”… BRAVO, ALLORA PERCHE’ NON FAI DECIDERE AGLI ISCRITTI CON UNA VOTAZIONE SUL BLOG?…. O DECIDONO SOLO GLI AFFARISTI ?
“Questa è Roma e io non ci sto a vederla martoriata per soddisfare la volontà di qualche imprenditore. Bisogna annullare subito la delibera che stabilisce la pubblica utilità . Mi auguro che l’amministrazione capitolina faccia la scelta giusta e chieda al proponente di avanzare dunque un nuovo progetto che rispetti la legge e la Capitale”. Con questo post su Facebook la deputata romana del M5s Roberta Lombardi.
L’uscita dell’esponente della linea ortodossa a Cinque Stelle arriva nella giornata in cui, alle 16 in Campidoglio, è annunciato un sit-in di sostegno alla sindaca Raggi con lo slogan “Virginia non sei sola”.
E a tutti replica Beppe Grillo con un post sul blog: “Sullo stadio della Roma decidono la giunta e i consiglieri. I parlamentari pensino al loro lavoro”.
E lo stesso Grillo, ancora in convalescenza dopo un piccolo intervento subito la scorsa settimana, potrebbe anticipare a lunedì prossimo il suo ritorno a Roma per definire la questione stadio e per incontrare la sindaca Raggi nei giorni seguenti.
Nella direzione dell’annullamento della delibera approvata nella consiliatura precedente, quando il sindaco era Ignazio Marino – va la richiesta di Raggi un parere all’Avvocatura comunale per mettere il Campidoglio al riparo da una richiesta di risarcimento danni da parte della Roma.
Dopo le dimissioni di Paolo Berdini dall’Urbanistica soprattutto per i contrasti sulla vicenda stadio, e mentre prosegue il casting grillino alla ricerca dei suoi sostituti anche ai Lavori pubblici, alla fine la linea vincente potrebe risultare proprio quella di Berdini, nonostante tre giorni fa il vicesindaco Luca Bergamo si fosse detto ottimista sulla realizzazione dell’impianto a Tor di Valle.
Molto più lungo e diretto il post di Lombardi: “Un milione di metri cubi e uno stadio, un solo stadio. Grattacieli, business park, l’equivalente di oltre 200 palazzi in una zona disabitata da secoli. Sapete perchè? Perchè è a fortissimo rischio idrogeologico. Se non è questa una grande colata di cemento, allora cos’è?” .
E ancora: “Sono sempre stata schietta e ho sempre fatto della coerenza un valore imprescindibile. Non solo in politica, ma nella vita. E anche questa volta lo dico senza mezzi termini: questo non è un progetto per la realizzazione di uno stadio, questo è un piano di speculazione immobiliare che una società statunitense vuole portare avanti ad ogni costo in deroga al nostro piano regolatore, nell’esclusivo interesse di fare profitto sulle nostre spalle. E noi non possiamo permetterlo”.
Il richiamo è al Campidoglio: “Siamo arrivati al governo della Capitale garantendo che avremmo segnato un punto di discontinuità con il passato. Questo progetto, approvato dall’ex giunta Marino, non è realizzabile. Lo dico da romanista convinta, come sanno molti di voi, ma qui dobbiamo fare tutti uno sforzo in più e capire che si sta parlando della nostra città . Dove siamo cresciuti, dove continueremo a crescere e dove cresceremo i nostri figli. Questa è Roma e io non ci sto a vederla martoriata per soddisfare la volontà di qualche imprenditore”.
All’attacco del progetto del nuovo stadio si lancia anche il Codacons, che ha annunciato di voler presentare un esposto all’Autorità Anticorruzione e di aver inviato un’istanza d’accesso per verificare la correttezza di tutti i pareri relativi al progetto. “Su un’opera così importante e dall’impatto immenso sulla città non possono essere solo i tifosi a decidere – afferma il presidente Carlo Rienzi – i dubbi sul progetto sono numerosi. La tesi di Raggi circa una possibile causa milionaria in caso di stop allo stadio non sta in piedi. Anche per le Olimpiadi, infatti, la precedente amministrazione aveva già varato atti formali, ma ciò non ha impedito alla giunta Raggi di bloccare il progetto. Siamo favorevoli al nuovo stadio, ma solo a condizione che l’opera non calpesti la sicurezza, l’ambiente e gli interessi della città “.
Intanto sulla vicenda Tor di Valle è intervenuto anche Vittorio Sgarbi, intervistato questa mattina su Radio Cusano Campus. “Il Totti che vuole lo stadio non è uno sportivo, è un amico dei delinquenti – ha detto il critico – evidentemente, avendo il presidente della squadra che è interessato alla speculazione, lo difende. Vuoi lo stadio? Chiedi il Flaminio. Non è che una città così importante si rovina per far fare lo stadio agli americani con un’operazione speculativa che prevede due o tre grattacieli. Roma non può essere distrutta dagli speculatori, chi è d’accordo con Totti non è romanista, non è romano, ma è un barbaro. Quello è un progetto immondo, è l’azione più devastante fatta a Roma dopo il sacco di Roma. Questo è il secondo sacco di Roma. Un grande calciatore come Totti non può essere servo di un americano, dev’essere libero. La mia sfida va avanti, altrimenti chiamo l’Isis e gli faccio mettere le bombe sotto i grattacieli. Già hanno fatto saltare le torri gemelle, sarà il destino di queste due, sono un’esca per terroristi”.
(da “La Repubblica”)
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Febbraio 17th, 2017 Riccardo Fucile
L’EVASORE RAZZISTA SEMPRE PIU’ ISOLATO
Proporre a un militare l’incarico più importante per la sicurezza nazionale, e sentirsi rispondere di
no: è a dir poco inusuale.
E’ un segno della difficoltà in cui si dibatte la Casa Bianca sotto Donald Trump.
Ieri la nomina sembrava certa: per sanare la crisi aperta dalle dimisioni forzate di Michael Flynn, l’ex National Security Adviser affondato dalla “Russian connection”, il presidente aveva offerto quel posto al vice-ammiraglio Robert Harward.
Ex membro dei commando speciali Seal, ex responsabile anti-terrorismo di George W. Bush, con esperienze in Italia, Harward è attualmente top manager della Lockheed Martin, responsabile per la vendita di armi in Medio Oriente.
Ma dopo 24 ore di attesa, dal vice-ammiraglio è arrivato un cortese “No grazie”. Uno schiaffo per il presidente, che deve rimettersi alla ricerca di un capo per il National Security Council, l’organismo che è la vera cabina di regìa della politica estera, militare, e anti-terrorismo.
A peggiorare la situazione c’è la confidenza che amici di Harward hanno fatto alla Cnn sulla spiegazione del gran rifiuto: il vice-ammiraglio non se l’è sentita di accettare l’incarico perchè preoccupato dal caos che regna alla Casa Bianca.
Oggi stesso Trump aveva speso buona parte della sua conferenza stampa per confutare quel caos, imputandolo alle menzogne dei media.
Si vede che non ha convinto tutti.
(da agenzie)
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Febbraio 17th, 2017 Riccardo Fucile
DEI 381 MILIONI STANZIATI, SPESI SOLO 50 MILIONI PER ACQUISTARE HARDWARE, LIBRI, CORSI AGGIORNAMENTO, INGRESSI IN MUSEI E CINEMA
Oltre metà degli insegnanti non ha attivato la Card del docente. Quella che mette a disposizione di maestre e prof di ruolo 500 euro annui per l’aggiornamento.
Un flop? Sembrerebbe proprio di sì visto che il tesoretto, 381milioni di euro previsti dalla Buona scuola di Renzi, che fa invidia ad altre categorie, consente di acquistare hardware e software, libri, corsi d’aggiornamento e universitari.
E ancora, ingressi in musei, cinema e spettacoli dal vivo.
Ma nonostante l’ampia possibilità di utilizzo della carta, sono all’incirca 305mila i docenti che hanno acquisito una identità digitale (Spid) e hanno iniziato ad utilizzare la carta: il 40 per cento dei 762mila che possono fruire del budget.
Sei insegnanti su cento restano in stand-by.
E siamo al giro di boa dell’anno scolastico. In altre parole, a quattro mesi scarsi alla conclusione delle attività didattiche oltre metà dei docenti non ha attivato la carta.
Che quest’anno sarebbe stato diverso dal 2015/2016, quando i 500 euro vennero erogati direttamente sui conti correnti degli insegnanti si era capito sin da subito. Perchè la procedura totalmente digitalizzata di accreditamento e generazione dei buoni-spesa, lanciato il primo dicembre 2016, ha subito mostrato qualche problema. Oppure gli insegnanti ancora poco digitali non si sono trovati a proprio agio e hanno mollato tutto.
I primi numeri sull’esperienza “in progress”, precisano dal ministero dell’Istruzione, sono stati forniti lunedì scorso dal capo dell’ufficio stampa del Miur, Alessandra Migliozzi, nel corso di una intervista radiofonica.
Ammontano, appunto, al 40 per cento della platea complessiva i docenti che si sono registrati e hanno iniziato a utilizzare la carta.
Finora, sono stati spesi 50 milioni di euro dei 381 stanziati (il 13 per cento).
Il grosso di questi 50 milioni è stato impegnato per l’acquisto di computer e software, mentre il 10 per cento, circa 5 milioni di euro, sono stati utilizzati per comprare libri e testi di vario genere.
Ma alla base dello scarso utilizzo dell’incentivo potrebbero esserci, oltre che le difficoltà incontrate dagli insegnanti italiani, sempre più anziani, anche quelle incontrate dagli esercenti nel registrarsi alla piattaforma, come hanno denunciato i librai.
A metà febbraio, nelle grandi città , la copertura dei musei risulta abbastanza buona. Quella di cinema e teatri è attorno al 50 per cento.
Sono ancora le librerie, soprattutto indipendenti, ancora relativamente poco presenti: una su tre.
(da “La Repubblica”)
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