Marzo 31st, 2017 Riccardo Fucile
L’ONDA POPULISTA IN GERMANIA E’ GIA’ FINITA, CHI NE AVEVA FATTO UN MITO RESTA COL SEDERE PER TERRA
Le lacrime di Frauke Petry sul palco di Weinboehla potrebbero diventare il simbolo dell’inizio della fine del populismo tedesco.
Il partito anti-europeista e xenofobo Alternative fà¼r Deutschland, fino a pochi mesi fa la causa principale dei “sonni disturbati” di Angela Merkel, non fa più paura.
E se nel 2015 e 2016, in piena crisi migranti, macinava percentuali impressionanti, dal 25% di alcuni Là¤nder dell’Est a oltre il 10% in quasi tutti gli stati dell’Ovest, con una proiezione nazionale intorno al 15%, oggi quei numeri sono dimezzati e in fase calante.
In vista delle elezioni federali del 24 settembre, le percentuali di AfD sono continuamente riviste al ribasso, arrivando a toccare quota 7%.
La normalizzazione dell’emergenza profughi, le buone performance economico-occupazionali che continuano a garantire ai tedeschi un’alta qualità della vita, l’effetto Schulz che da quando è alla guida della Spd e candidato alla cancelleria continua a erodere consenso ai partiti minori: tutti fattori che stanno contribuendo allo sgonfiamento della bolla populista.
E non è un caso che in Germania i due grandi storici partiti di massa, entrambi convintamente europeisti, siano accreditati di una percentuali di voti che, se sommata, tocca il 65-70%.
E le conseguenze cominciano a farsi sentire anche all’interno dello stesso fronte populista.
Altro che onda trumpista o lepenista. Il partito si sta sgretolando con la stessa inarrestabile velocità con la quale era esploso solo due-tre anni fa.
Un fenomeno ricorrente nella politica tedesca dell’ultimo decennio, basti pensare alla parabola dei Pirati che sembravano sul punto di diventare il terzo partito in Germania e invece si sciolsero come neve al sole.
Tanto che, come riporta il Tagesspiegel , Frauke Petry, la 41enne leader che solo pochi mesi fa a Coblenza faceva gli onori di casa ai vari Salvini, Wilders e Le Pen, sta seriamente pensando di ritirarsi a vita privata.
Mamma di quattro figli, in attesa del quinto che nascerà quest’anno, salita ai vertici del partito dopo la ‘cacciata’ del cofondatore di Afd, l’economista Bernd Lucke, nel 2015, Petry da allora è stata al centro di molte battaglie e divisioni, da ultimo il dibattito sull’espulsione di un esponente di spicco del movimento che aveva definito il Monumento alla memoria dell’Olocausto a Berlino “un monumento alla vergogna”.
Una decisione che ha fatto storcere il naso a molti esponenti dell’ala oltranzista e nazionalista di destra interna al partito e che le è costata molte critiche durante l’ultimo congresso in cui è stata nominata capolista con una percentuale piuttosto bassa (72%) in tandem con il vice Alexander Gauland.
Non è piaciuta ai rivali interni la sua scelta di prendere le distanze dagli antisemiti e dai colleghi in odore di simpatie naziste.
Le sparate di cui è stata oggetto l’hanno addirittura fatta scoppiare in lacrime sul palco della Sassonia.
Un’immagine che ha avuto immediate conseguenze, in primi su se stessa: “E’ ragionevole riflettere di tanto in tanto sulla propria vita e a volte aggiustare nuovamente il tiro. Sono sempre rimasta flessibile nella mia testa, è il mio percorso e resterà così. Ecco dove mi trovo ora, dopo 4 anni all’Afd che mi hanno richiesto molti sforzi e mi hanno fatto dire addio ad una vita normale”.
Parole che non escludono un addio in tempi brevi e che potrebbero preludere alla fine della (breve) parabola politica del partito.
(da agenzie)
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Marzo 31st, 2017 Riccardo Fucile
CERTI TRAUMI EVIDENTEMENTE LASCIANO IL SEGNO
Sognava le passerelle di Milano e Parigi, è finita in carcere a Brescia per stalking. Di nuovo. Alice Grassi, incoronata miss Padania 2003 da Umberto Bossi e Vittorio Sgarbi al Palalido, è stata arrestata per la seconda volta in pochi mesi.
L’accusa e copione sono gli stessi, il bersaglio della violenza è diverso.
A aprile dello scorso anno, l’ex miss (oggi 32enne) aveva fatto irruzione nella gioielleria Baldini di Chiari, di proprietà di un suo ex fidanzato, armata di cavatappi.
Ubriaca e con quattro grammi di cocaina in tasca, lo aveva minacciato danneggiando poi arredi, mura e impianto di videosorveglianza.
«Ho avuto un raptus, non succederà più», aveva spiegato Alice dopo l’arresto. E invece ci è ricascata: pochi giorni fa la ex miss Padania è uscita di casa ubriaca e armata del solito cavatappi per vendicarsi di un altro ex.
L’obiettivo, questa volta, era un 26enne di Cologne. Lo ha minacciato, ha danneggiato la sua auto e poi è finita in manette.
L’hanno portata al carcere di Verziano, proprio come un anno fa. Per la prima aggressione si è fatta venti giorni di carcere ed è stata condannata a dieci mesi, ora si vedrà .
Il curriculum
Breve storia di Alice Grassi: nata a Polaveno, ha lavorato come estetista a Gardone Val Trompia fino al 2003. Aveva 18 anni e un grande sogno: diventare famosa.
Partecipa e vince a Miss Padania scelta da una giuria composta da Renato Pozzetto, Luisa Corna e due ex concorrenti del Grande Fratello (Mascia e Medioman). Alice, però, non spicca il volo e inizia a lavorare tra Brescia e Bergamo come pr di alcuni locali. Le sue tracce si perdono fino agli arresti dell’ultimo anno.
(da agenzie)
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Marzo 31st, 2017 Riccardo Fucile
L’EX GOVERNATORE REGISTA DELL’APPOGGIO DI FORZA ITALIA A FERRANDELLI A CANDIDATO SINDACO DI PALERMO…”IL M5S E’ DATO AL 37%, SOLO UNA GRANDE ALLEANZA PUO’ RIDIMENSIONARLI”
“Ormai sono una specie di buttana: mi mettete con tutti solo perchè così la gente si interessa a cose che in caso contrario neanche leggerebbe”. Salvatore Cuffaro torna a parlare di politica.
Cinque anni trascorsi a Rebibbia dopo la condanna definitiva per favoreggiamento a Cosa nostra, la libertà riacquistata da 15 mesi, tre settimane in Burundi a fare il medico volontario e un’interdizione dai pubblici uffici che non gli consente nè di votare e neanche di candidarsi.
Ma Salvatore Cuffaro non solo parla di politica: a modo suo la fa. Anzi detta la linea: saranno gli altri poi a farla.
L’ex governatore della Sicilia ha appena raccontato a Repubblica di essere il vero regista del sostegno di Forza Italia a Fabrizio Ferrandelli, il candidato sindaco di Palermo approdato a Gianfranco Miccichè dopo essere stato coi Verdi, con l’Italia dei Valori e con il Pd.
“Io rivendico il mio diritto a portare le mie idee, le mie riflessioni”, spiega Cuffaro, che per la verità all’inizio non è felicissimo della telefonata del fattoquotidiano.it.
“Io non ho una grande stima di lei”, è la prima frase pronunciata dall’ex governatore.
Il motivo? Non ha gradito un articolo del maggio 2015 su un sequestro all’ex deputato Giuseppe Acanto.
“Mi avete attribuito rapporti che io non ho mai avuto in vita mia. Potevate chiamarmi e vi avrei spiegato: ma non fa niente, ero in carcere, non mi potevate chiamare”.
Come dire: Totò Cuffaro non ha evidentemente perso neanche una riga di quello che i giornali hanno scritto di lui. E di lui, di Totò Vasa Vasa (bacia bacia, perchè — come scrisse Gian Antonio Stella -baciava qualsiasi cosa fosse a portata di smack), i giornali hanno scritto tanto. Anzi tantissimo.
”Io, però, sono sempre gentile con tutti: sarò gentile anche con voi”, concede l’ex presidente, prima di cominciare a disegnare uno scenario politico che da Palermo a Roma punta alla costruzione di un nuovo grande partito della Nazione.
“È un termine abusato quello di partito della Nazione ma se Matteo Renzi vince le primarie, il Pd acquisirà una trazione moderata“.
Cuffaro, è tornato sulla scena politica da kingmaker occulto?
Io ho il diritto di avere delle mie idee, di fare le mie riflessioni. E ho il diritto di portarle in dote a quell’area dei moderati alla quale ho sempre appartenuto. Non mi candido, non voto (non può farlo, visto che è interdetto dai pubblici uffici ndr), non faccio il dirigente di partito anche se me l’hanno chiesto in molti. Io non dico che sono stato condannato giustamente: sono stato condannato e stop. Le sentenze si rispettano. Ho pagato e adesso rivendico il diritto di occuparmi di quello che amo: e cioè la Sicilia.
E Renzi che vince le primarie con la Sicilia che c’entra?
Segua il mio ragionamento. Stiamo andando verso una legge elettorale proporzionale pura: alle elezioni il Pd, Forza Italia e gli altri partiti principali andranno da soli. Casini, Fitto, Alfano, invece, proveranno ad unirsi visto che ci sarà comunque una soglia di sbarramento da superare. Il Pd di Renzi a trazione centrista può attirare — come in alcuni casi già fa — quest’area di moderati. Ma attirerà anche Forza Italia: dopo le elezioni potrebbero immaginare di governare tranquillamente insieme.
Insomma una grossa coalizione contro i 5 Stelle?
Non è proprio una grossa coalizione, diciamo mezza grossa. Se vince Renzi darà una trazione centrista al suo partito e attirerà questa galassia di moderati che vanno appunto da Alfano a Fitto. A quel punto arriveranno anche gli altri.
Chi?
Berlusconi che lascerebbe isolate le destre e la Lega.
Sì, ma la Sicilia che c’entra?
La Sicilia potrebbe essere un laboratorio perfetto per questo mio ragionamento perchè qui alle regionali si vota pochi mesi prima delle politiche e i sondaggi danno i grillini al 37%. Per questo motivo porto il mio contributo. Perchè queste anime centriste di cui ho parlato trovino un candidato che faccia sintesi.
Nel Pd, per la verità , di centristi suoi ex sostenitori ce ne sono già parecchi.
Certo, l’ho detto io stesso: ci sono tanti miei amici che sono entrati nel Pd renziano. E infatti il mio ragionamento funziona solo se Renzi vince.
E se invece Renzi non vince
Se vince Andrea Orlando — perchè onestamente Michele Emiliano lo vedo più defilato — semplicemente il Pd rimarrà connotato a sinistra e quelli che sono usciti — Bersani e gli altri — torneranno dentro.
A Palermo, però, il Pd appoggia Leoluca Orlando e lo fa senza il suo simbolo.
Sulla situazione di Palermo io condivido in toto l’intervista di Repubblica a Emanuele Macaluso. È sorprendente che il più grande partito italiano rinunci alla sua identità e al suo simbolo per allearsi con Leoluca Orlando. Che senso ha? Stanno andando a sinistra, con la sinistra estrema. La chiamo estrema per farmi capire, non voglio offendere nessuno, sono persone perbene anche loro, per carità .
Stanno andando a sinistra, ma si sono fusi con Angelino Alfano.
Io capisco il ragionamento che il Pd fa con il Nuovo Centrodestra o Alternativa Popolare, come si chiama adesso: l’alleanza l’hanno fatta a Roma e la fanno anche a Palermo. Alfano io l’ho visto crescere. Ma Renzi non è di sinistra, è nato democristiano. Era il segretario dei giovani democristiani quando c’ero io: che Alfano e Renzi abbiano stretto un’alleanza da giovani nati con la Dc lo capisco. Non capisco cosa c’entrino con Rifondazione e Sel. Secondo me non lo capiscono neanche loro, quelli della sinistra, che ci fanno con Alfano.
Grazie alla sua mediazione a Palermo Forza Italia appoggerà Ferrandelli ufficialmente, con il suo simbolo: perchè lo ha fatto? Perchè si è mosso per Ferrandelli?
Perchè secondo me Ferrandelli è in condizioni di riorganizzare le speranze in una città sfiduciata come Palermo. Io giro per Palermo e dovunque vada mi parlano di Fabrizio. Fabrizio di qua, Fabrizio di là . Porta entusiasmo, mi ricorda me vent’anni fa.
Quando lei era al potere Ferrandelli era un anti cuffariano di ferro, però.
È giusto che lo sia stato, perchè il suo partito era alla mia opposizione. Ma la politica è un movimento che cambia e si aggiorna continuamente. Basta vedere le dichiarazioni del leader del Pd palermitano, Antonello Cracolici, che fino a tre mesi fa era il più accanito oppositore di Orlando. L’ultima volta che il Pd è stato con Orlando è sparito dalla scena politica palermitana: era il ’90 e prese il 2 o il 3%, andate a controllare i dati.
Ha parlato di destra, sinistra, centro: la grande novità rispetto a quando lei era al potere, però, sono i 5 Stelle.
Io credo che nel Movimento 5 Stelle ci siano tantissime persone perbene, motivati e forse incazzati per come è andata la politica degli ultimi anni. Vanno guardati con attenzione: quando un voto di protesta prende il 10 % è accettabile. Ma un voto di protesta che arriva al 37 % deve confrontarsi e diventare qualcosa di più. Io aspetto di vedere cosa succederà con questo grande consenso che hanno in Sicilia. È chiaro che se la mala politica fosse stata invece una politica un po’ meno mala e un po’ più buona, il voto di protesta sarebbe stato ridotto.
Lei ha fatto il governatore della Sicilia per 8 anni, l’unico rieletto da quando si vota direttamente per il presidente. Di quella mala politica che poteva essere un po’ più buona avrà qualche responsabilità anche lei o no?
Assolutamente sì, ho sbagliato tante cose. Anzi tantissime cose. Io ho fatto tanti errori ma ho fatto anche tante cose buone che voi magari non avete voglia di raccontare. In politica solo chi non fa non sbaglia. Questa è una frase che Alfieri mette in bocca a Saul nella sua tragedia.
Nè Saul e nè Alfieri, però, erano governatori della Sicilia.
Io preferisco aver fatto tante cose e quindi tanti errori invece di essere come Crocetta che forse ha fatto meno errori ma non ha fatto niente.
Che fine ha fatto Cosa nostra?
È la cosa più schifosa che c’è in Sicilia. La mafia fa schifo, e si ricordi che il copyright su questa frase è mio. Ecco tra gli errori che ho fatto c’è sicuramente quello di non aver creato abbastanza occupazione. Se avessi creato più posti di lavoro tanti poveri cristi non si sarebbero fatti coinvolgere dall’illegalità pur di poter mangiare.
Lei, però, è condannato per favoreggiamento a Cosa nostra.
Io ammetto di avere fatto degli sbagli: c’era anche chi non dovevo incontrare tra le migliaia e migliaia di persone che ho incrociato, ho salutato e forse ho baciato. Anzi sicuramente baciato. Ma siamo in Sicilia e queste persone non ce l’avevano scritto sul collo chi erano. Io contro la mafia sono andato a sbattere: è come quando si guida una macchina. Uno fa una curva più veloce di un’altra, si distrae un attimo e va a sbattere.
Ha sbattuto con Michele Aiello, uno dei prestanome di Bernardo Provenzano. Lo incontrerebbe ancora nel retrobottega di un negozio di scarpe
Non è che lo incontravo solo io Aiello: lo incontravano in tanti, magistrati, paladini dell’antimafia. Però se lo incontravo io era reato mentre se lo incontravano i paladini dell’antimafia non era reato. Ancora oggi mi domando: perchè? Io comunque ho pagato. E adesso voglio dare il mio contributo.
Giuseppe Pipitone
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 31st, 2017 Riccardo Fucile
LA STRATEGIA DEI VERTICI: SE NON SI VINCE A NOVEMBRE IN SICILIA E’ DURA CONQUISTARE PALAZZO CHIGI
Ai parlamentari siciliani di ogni colore che incrocia in Transatlantico lo dice senza mezze misure: «Ad ottobre vinceremo in Sicilia. E da lì sarà un attimo per conquistare anche Palazzo Chigi». Abito grigio, zainetto in spalla, Alessandro Di Battista, uno dei leader del M5S, ragiona in questi termini sull’appuntamento elettorale cerchiato in rosso da Grillo&Co, ovvero il rinnovo del Parlamentino siciliano.
A fine ottobre infatti si consumerà un passaggio che i più definiscono il primo vero test verso la corsa alle elezioni politiche.
I cinquestelle puntano tutte le fiches sull’isola. Nel 2012 non fu sufficiente la traversata a nuoto dell’ex comico, accompagnata poi da un tour serratissimo in tutti i comuni siciliani. Il movimento dell’ex comico si fermò al 18%.
Ma in questi cinque anni di opposizione fino allo stremo al governo di Rosario Crocetta i pentastellati sono cresciuti, hanno conquistato capoluoghi di provincia di peso come Ragusa, e da tutti gli istituti di ricerca vengono stimati sopra il 35%.
Numeri di capogiro che potrebbero non bastare qualora si venisse a formare una grande coalizione di «centro-centrosinistra», da Angelino Alfano a Leoluca Orlando.
E allora come correre ai ripari? Come riuscire ad ottenere la maggioranza dei seggi?
Di Battista lo avrebbe rivelato a Montecitorio discorrendo a briglie sciolte con alcuni deputati dell’isola: «Non appena ci prenderemo le chiavi della Sicilia, nei primi di due mesi al governo aboliremo tutti i vitalizi e le pensioni d’oro».
Una strategia che, secondo il ragionamento di Dibba, spianerebbe la strada al M5s per le politiche del 2018. Perchè, spiegano, «sarebbe una campagna di immagine che ci farebbe sfondare il 40%».
Il tutto sarebbe stato costruito a tavolino da Luigi Di Maio e Alessandro Di Battista. I due sono in continuo contatto con Giancarlo Cancelleri, ancora non ufficialmente il candidato governatore della Sicilia.
«Va da sè, sarà Giancarlo», assicurano i fedelissimi di Cancelleri. Nonostante sia prevista una consultazione interna fra gli iscritti al blog per selezionare il candidato alla presidenza alla regione, fra Roma e Palermo si lavora come se il candidato fosse già Cancelleri.
Dal suo quartier generale trapela che «Giancarlo sia molto amato dal popolo siciliano e abbia le carte in regola per vincere». Ha studiato in questi anni Cancelleri. Nella sua Caltanissetta è un beniamono. La corte aumenta di giorno in giorno. Grillo ne apprezza le qualità . Di Maio lo ascolta e sempre più spesso gli fornisce indicazioni su come comportarsi. Di certo c’è che Cancelleri starebbe già stilando la squadra di governo.
In cima alla lista Salvatore Corallo, oggi assessore all’Urbanistica del comune di Ragusa, e Andrea Bartoli, un notaio che trasformato un malandato rione antico di Favara — un paese in provincia di Agrigento, noto più per la malavita – in un’attrazione internazionale per gli appassionati di arte contemporanea.
Da luglio lo stato maggiore dei cinquestelle si mobiliterà in tutta isola. Di Battista e Di Maio presenzieranno e gireranno in lungo e largo, da Palermo a Catania, toccando tutti i capoluoghi di provincia, e centinaia di comuni.
E ci sarà anche il sindaco di Torino, Chiara Appendino. «Un modello vincente», filtra dai piani alti del M5s.
A differenza di Virginia Raggi che, secondo alcune indiscrezioni, non dovrebbe volare in Sicilia. Il motivo? Confidano alcuni deputati siciliani: «Ci farebbe perdere consensi».
Giuseppe Alberto Falci
(da “La Stampa”)
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Marzo 31st, 2017 Riccardo Fucile
TRE VARCHI BLOCCATI PER SEI MESI DALLE 23 ALLE 5 PER “MOTIVI DI SICUREZZA”… POLEMICHE IN REGIONE LOMBARDIA PER IL PROGETTO VARATO DAL CANTON TICINO
Sbarre abbassate e confine blindato contro ladri e criminali transfrontalieri.
Una chiusura sperimentale, per sei mesi, ma tanto è bastato perchè la decisione sollevasse un polverone.
A partire dal primo aprile, il Ticino ha deciso di chiudere di notte – dalle 23 alle 5 – tre valichi secondari al confine con l’Italia: Novazzano-Marcetto, Pedrinate e Ponte Cremenaga distribuiti tra le province di Como e Varese.
E si apre un nuovo capitolo nei rapporti decisamente non idilliaci che da anni si consumano tra Italia e Svizzera.
Tra referendum e campagne antifrontalieri, ora la battaglia si gioca sulla questione sicurezza e sembra attribuire all’Italia se non tutta almeno una parte della responsabilità dell’emergenza furti nel cantone elvetico.
Il progetto, definito “pilota”, è conseguenza diretta di una mozione presentata dal consigliere nazionale leghista (e vicesindaco di Chiasso) Roberta Pantani.
In un primo momento era stato ipotizzato di chiudere 6 valichi – sui 16 secondari presenti in Ticino – cifra poi scesa a tre.
L’obiettivo espresso dal documento è chiarissimo “attuare misure adeguate al fine di aumentare sensibilmente la sicurezza nel Cantone”.
Da diversi anni oltrefrontiera si discuteva il progetto e ora un tentativo è partito, varato dal Gran Consiglio. L’idea è stata maldigerita dai sindaci italiani.
Nessuno li ha avvisati o coinvolti nel processo decisionale, hanno denunciato sottolineando come la sicurezza non si ottenga chiudendo le frontiere soprattutto quando si parla di furti, crimini che, spiegano, raramente vengono commessi la notte.
La questione nelle scorse settimane era stata discussa in un supervertice a Bellinzona tra una delegazione del consiglio regionale lombardo e il Gran Consiglio del Ticino a Bellinzona.
Fortissime le perplessità sollevate dal consigliere democratico Luca Gaffuri. “Una decisione unilaterale – accusa – verso cui abbiamo sottolineato fortissime perplessità . Si tratta comunque di un provvedimento a tempo. Aspettiamo che il Ticino ci comunichi le proprie conclusioni a fine sperimentazione”.
(da agenzie)
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Marzo 31st, 2017 Riccardo Fucile
900 ESERCIZI A GENOVA, 271 AD ALBENGA, 154 A VENTIMIGLIA: LE SLOT DILAGANO… NUMEROSE INCHIESTE GIUDIZIARIE DIMOSTRANO CHE SERVONO ANCHE A RICICLARE SOLDI SPORCHI DELLA CRIMINALITA’…MA LA REGIONE PENSA A UNA MORATORIA PER UN ALTRO ANNO, COSI’ LA MALAVITA FARA’ AFFARI E SEMPRE PIU’ FAMIGLIE FINIRANNO SOTTO I PONTI
Lo dimostrano i numeri: in Liguria la diffusione delle slot machine nei locali pubblici, bar e tabaccherie, si manifesta come una presenza invasiva e preponderante.
I quasi novecento esercizi di Genova, i 271 di Albenga, i 154 di Ventimiglia, rappresentano cifre importanti di un meccanismo che, in un’epoca di crisi, ha finito per garantire un incasso supplementare, snaturando però le pratiche stesse del commercio.
Secondo dato sul quale accendere i riflettori: proprio quel riscontro anomalo e abnorme che classifica Albenga e Ventimiglia.
Sono numeri choc: se in Liguria il rapporto tra negozi con le macchinette e abitanti, l’unico che può aver validità , oscilla tra l’1 e l’1,5 per cento, in quei due Comuni c’è un’esplosione.
A Ventimiglia sei volte di più la media regionale, ad Albenga addirittura oltre dieci volte tanti.
E’ testimoniato dalle inchieste giudiziarie in tutta Italia che una diffusione massiccia può nascondere pericoli di riciclaggio.
Le slot machine, le videolottery in particolare, vengono utilizzate per lavare i soldi sporchi della criminalità organizzata; la vicinanza della Francia permette poi di far sparire rapidamente oltreconfine le somme, rese linde dopo un’immersione nell’azzardo.
Sembra ormai storia, ma ricordiamo che le prime leggi varate in Liguria per mettere sotto scacco le mafie puntavano già contro il gioco d’azzardo non tanto in sè, ma come strada spianata alle attività criminali.
Sono i risultati di uno studio effettuato da Anci Liguria, l’Associazione dei Comuni italiani, sul fenomeno slot in Liguria.
Gli esperti di Anci hanno preso come paramentri i Comuni sopra i 15 mila abitanti, quelli che fanno il grosso della popolazione e dei movimenti economici.
La partita è quella della moratoria sull’ingresso in vigore della legge anti-slot che avrebbe falcidiato la presenza degli apparecchi.
A Genova da 879 a 80; alla Spezia le 12 sale dedicate presenti in città sarebbero rimaste solo due.
Sospesa la legge (domani si vota per lo stop) il problema era quello di avere una fotografia esatta della situazione in Regione.
«Anci – spiega il segretario regionale Pierluigi Vinai – non prende posizione, anche perchè i punti di vista dei diversi Comuni sono differenti, non univoci. Ci è stato chiesto però di fotografare la situazione e l’abbiamo fatto. La cosa che salta agli occhi è un cambiamento epocale che ha modificato il commercio sotto i nostro occhi. C’erano i Sali e Tabacchi, i sali sono ormai spariti, sono arrivate le slot machine. È cambiato un mondo, è una rivoluzione economica e sociale della quale non ci siamo nemmeno resi ben conto».
Possono resistere i negozi, oggi, senza slot machine? Chi combatte la ludopatia dice che bisogna saper resistere anche senza slot.
Fosse solo, per di più, un problema di slot machine. Se la raccolta lorda del sistema giochi in Liguria per le slot, le Vlt, i videogiochi è stata nell’ultima rilevazione annua di 1 miliardo 391 milioni, si arriva a 1 miliardo e 880 milioni mettendoci dentro anche tutti gli altri gioco, dai Gratta e Vinci al lotto istantaneo alle lotterie e ai giochi più tradizionali.
Le tabelle dedicati lo definiscono come gioco terrestre; non perchè un’altra componente provenga da Marte, ma perchè c’è ancora tutta la parte del gioco online, dove le rilevazioni territoriali sono impossibili.
Però anche qui non mancano segnali di allarme. Proprio ieri i carabinieri di Potenza hanno arrestato 19 persone: l’accusa è di aver gestito attraverso sette società in molte regioni italiane, compresa la Liguria, il gioco clandestino attraverso una rete informatica parallela, ed evidentemente illegale, a quella della Sogei, l’ente del ministero dell’Economia che tiene i conti dell’azzardo legale.
Lo studio dell’Anci fotografa. Non commenta però spiega: l’invasione delle macchinette è evidente nei numeri, è un pericolo sociale evidente ma regge anche una parte dell’economia legale. mentre quella criminale si aggrappa, anche quella, al business degli schermi e delle reti informatiche.
Uno dei pochi affari in crescita nel nostro Paese.
(da “il Secolo XIX”)
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Marzo 31st, 2017 Riccardo Fucile
CREATO DALL’ANSA, IN COLLABORAZIONE A FRANCE MEDIA MONDE E DEUTSCHE WELLE
È nato infomigrants.net, il portale europeo in inglese, arabo e francese che mira ad informare in maniera completa, equilibrata ed innovativa i migranti e i rifugiati, sia coloro che pensano di partire, nei paesi di origine e di transito, sia quelli già giunti in Europa.
L’Ansa, attraverso il suo servizio multilingue per il Mediterraneo ANSAmed, è partner di France Media Monde e Deutsche Welle in questo progetto sostenuto dalla Commissione Europea a fronte del fenomeno migratorio, il più rilevante degli ultimi anni per l’area euromediterranea.
Ogni giorno, dal lunedì al venerdì, il sito offre storie, notizie, inchieste, gallerie fotografiche, servizi in video ma anche e soprattutto schede di servizio destinati ai migranti: quindi indicazioni sulla legalità , su permessi di soggiorno, assistenza scolastica, accesso alla sanità e ogni aspetto che sia di rilevanza informativa per chi intraprende o pensa di intraprendere, per motivi diversi, il percorso dell’immigrazione verso l’Europa.
Illustrando problemi e pericoli, ma anche raccontando nelle tre lingue vicende di integrazione e successo imprenditoriale.
L’Ansa, in coordinamento con i partner francesi e tedeschi, partecipa al portale grazie alla sua capillare rete di corrispondenti e collaboratori diffusa su tutta l’area del Mediterraneo e dei Balcani, fornendo un contributo vitale e di prima mano dal principale fronte delle migrazioni, quello del sud Europa e del Nord Africa, con il punto di vista dell’Italia, paese che più di ogni altro in Europa sta gestendo la crisi migratoria.
Al di là dell’importanza del progetto Infomigrants sul fronte dell’informazione, esso rappresenta anche un esempio di cooperazione tra grandi media europei.
(da agenzie)
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Marzo 31st, 2017 Riccardo Fucile
UN GRUPPO TEDESCO COMPRA L’AZIENDA, LICENZIA 10 LAVORATORI E AGGRAVA DI MANSIONI GLI ALTRI… MA IN QUESTI CASI LE ISTITUZIONI DOVE SONO?
Il carico di lavoro era diventato troppo pesante. E alla fine lui non ha più retto.
C. Q., 51 anni, si è tolto la vita nell’azienda per cui lavorava. Rimasto solo, si è impiccato a uno dei pilastri del magazzino. A trovarlo sono stati poi i colleghi. Purtroppo era già troppo tardi.
Sullo sfondo la Rosati di Leinì, un’azienda che si occupa di fabbricare sistemi di ventilazione. “Così, con questa mole di lavoro, non ce la faccio davvero più” — si era sfogato il giorno prima con i colleghi. Nessuno però si immaginava un simile epilogo.
Da quando la ditta era stata acquisita da un gruppo tedesco, la WingFan, le politiche aziendali erano totalmente cambiate.
Nell’ultimo anno erano state tagliate dieci persone e su di tutti pesava il timore di licenziamenti. Inoltre per quelli rimasti le pratiche da sbrigare erano notevolmente aumentate.
“Non riusciva nemmeno più ad andare in pausa pranzo a mangiare — confida un collega – Era davvero troppo stressato”.
E dire che in quella fabbrica, che vanta una quarantina di dipendenti, lui c’era arrivato una ventina di anni fa. Da sempre si era occupato del magazzino.
Negli ultimi tempi però le responsabilità per lui si erano moltiplicate. Un peso che non riusciva più a reggere.
Ma nessun controllo era mai stato posto in essere dalle autorità competenti.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 31st, 2017 Riccardo Fucile
I DUE INDAGATI SI AVVALGONO DELLA FACOLTA’ DI NON RISPONDERE: UNO ERA PRESENTE MA “PASSAVA PER CASO”… CI VORREBBE UN PARTITO DI DESTRA CHE SI COSTITUISSE PARTE CIVILE CONTRO I SEDICENTI “FASCI” DA AVANSPETTACOLO… E L’ANM PENSA A DIFENDERE IL MAGISTRATO CHE HA LIBERATO UNO CHE AVEVA 300 DOSI PER EROINA, 150 DI CRACK, 700 DI HASHISH PER “USO PERSONALE” (E TRE PRECEDENTI SPECIFICI)
Sono stati interrogati ieri dal procuratore di Frosinone Giuseppe De Falco, i due giovani di Alatri fermati con l’accusa di aver ucciso Emanuele Morganti.
Di fronte al magistrato, Mario Castagnacci ha negato gli addebiti a suo carico, sostenendo di essere stato presente sul luogo dell’aggressione ma di non aver partecipato al pestaggio. Paolo Palmisani, invece, si è avvalso della facoltà di non rispondere.
Una versione che gli inquirenti ritengono poco credibile anche alla luce delle testimonianze raccolte fino ad ora.
Davanti al procuratore l’altro fermato, Palmisani, ha scelto invece di avvalersi della facoltà di non rispondere.
Anche quando sono stati interrogati oggi dal Gip entrambi si sono avvalsi della facoltà di non rispondere.
Giampiero Vellucci, l’avvocato che difende due delle quattro persone del servizio d’ordine indagate per rissa in seguito all’omicidio di Emanuele Morganti, ha invece sostenuto che “il manganello che è stato ritrovato all’interno dell’auto di uno dei due buttafuori non è stato usato. E ne abbiamo la prova provata”.
Secondo l’avvocato “Il manganello che aveva in auto uno dei miei due assistiti era facilmente riconoscibile dato che è molto colorato e con la scritta ‘boia chi molla’.
Tra l’altro era nell’auto del buttafuori che, stando anche alle testimonianze, non è entrato in contatto con il ragazzo”.
Restano intanto in carcere i due giovani. Il gip Anna Maria Gavoni ha infatti convalidato il fermo dei due alatresi, emettendo anche l’ordinanza di misura cautelare in carcere.
Decine di persone, tra parenti e amici, sono intanto arrivati oggi alla camera mortuaria del policlinico di Tor Vergata a Roma per l’ultimo saluto a Emanuele. Lacrime e abbracci tra i numerosi amici del ragazzo all’arrivo nell’ospedale della Capitale.
“E’ inspiegabile — racconta un amico di infanzia di Emanuele — quella sera purtroppo non c’ero, ma è stato toccato il fondo. E’ una tragedia enorme”. Da pochi minuti sono arrivati anche i genitori del ragazzo, circondati dall’affetto di parenti e amici. “Non ci sono parole”, ripetono in molti nel piazzale davanti l’ingresso dell’obitorio.
Nel frattempo il consigliere non togato del Consiglio Superiore della Magistratura, Pierantonio Zanettin, ha chiesto al Comitato di Presidenza del Csm “l’apertura di una pratica in Prima Commissione, per valutare se emergano profili di incompatibilità , ex art. 2 della legge sulle guarentigie dei magistrati,
Secondo Zanettin, “la vicenda processuale, frutto di una interpretazione giuridica del fatto reato, che può essere definita, nella migliore delle ipotesi, benevola, merita un approfondimento da parte del Consiglio Superiore della Magistratura, per verificare la correttezza dell’iter”.
La giunta dell’Associazione nazionale magistrati di Roma e Lazio ha però stigmatizzato “le dichiarazioni di alcuni politici di rilievo nazionale, riprese con sorprendente superficialità da una parte della stampa, tendenti a ricollegare” la vicenda di uno dei due alatresi, coinvolti nell’omicidio di Emanuele Morganti, rimesso in liberta’ dal tribunale di Roma il giorno prima del delitto dopo essere stato fermato per detenzione di droga.
“Tali affermazioni — si legge in un documento firmato da Costantino De Robbio e da altri sei magistrati che compongono la giunta -appaiono estremamente gravi ed assolutamente non condivisibili. Poco opportuna riteniamo altresì la scelta di riportare sulla stampa il nominativo del giudice che avrebbe, secondo quanto si legge, convalidato l’arresto senza applicare alcuna misura cautelare, dopo la suggestiva riflessione che in caso di adozione della misura della custodia in carcere la vittima del pestaggio sarebbe ancora vivo. Tale accostamento comporta una chiara indicazione di responsabilità che non ha fondamento alcuno da un punto di vista giuridico: nell’articolo si indica infatti chiaramente che anche il pm non aveva chiesto misure detentive, sicchè come è ovvio il giudice non avrebbe mai potuto applicare la misura che secondo l’articolista avrebbe salvato la vita della vittima” (come se non potesse decidere di testa sua…)
Il problema insomma è che è uscito il nome del giudice che invece doveva rimanere “segretato”.
Andiamo avanti così…
(da agenzie)
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