Marzo 3rd, 2017 Riccardo Fucile
IL SONDAGGIO IXE’ RIVELA CHE TANTE DEBOLEZZE NON FANNO UNA FORZA E CHE SALVINI NON RAPPRESENTA NEANCHE TUTTO L’ELETTORATO LEGHISTA, FIGURATI GLI ALTRI
L’istituto Ixè per Agorà ha sondato anche questa settimana le intenzioni di voto degli italiani: Il Pd passa dal 28,1% al 26,9%, mentre M5S registra una flessione di 0,7 punti, ma si attesta al 27,1%.
Leggere flessioni per Lega Nord al 12,8% e Forza Italia al 12,7%, mentre Giorgia Meloni vede rafforzarsi il consenso di Fratelli d’Italia al 5,2%.
Prima rilevazione per Democratici e Progressisti, la nuova formazione di Speranza, Rossi e Bersani, accredita del 2,9%.
In pratica perdono terreno tutti i quattro partiti principali.
Altro dato: il 47% degli italiani, se potesse scegliere, vorrebbe andare al voto prima dell’estate. Il 18%, invece, vorrebbe le elezioni dopo l’estate mentre il 28% a fine legislatura, nel 2018. In pratica un elettorato spaccato a metà sulla data del voto.
Ma veniamo a una domanda interessante.
E’ stato chiesto agli elettori di centrodestra chi dovrebbe essere il leader della coalizione.
Il criterio è quello di porre la domanda in proporzione al peso interno alla coalizione del partito di riferimento. Per rendere la cosa più comprensiva la domanda è stata posta quindi a 40 elettori della Lega, a 40 di Forza Italia, a 20 di Fdi.
Fatto salvo quindi il riferimento a 100 il primo è stato Salvini con il 31% dei consensi, quindi inferiore al 40% portato in dote dai suoi elettori.
Da qui si potrebbe dire che il 20% degli elettori della Lega non lo voterebbero leader.
Vediamo la percentuale della Meloni: il 13% la relega all’ultimo posto.
Anche in questo caso una parte dei suoi 20 elettori su 100 non la vede come leader.
Passiamo ai 40 elettori su 100 che votano Forza Italia e vediamo le percentali del secondo e terzo classificato. Zaia ha raccolto il 23% dei consensi, Berlusconi il 20%.
Qui occorre una premessa: allo stato attuale Berlusconi non è credibile come candidato in quanto non è candidabile (salvo che una sentenza a Strasburgo non lo riabiliti, annullando la legge Severino), quindi il 20% raccolto è più un atto di fede e di affetto che altro.
Però non è poco, in queste condizioni: rappresenta circa la metà dei 40 elettori forzisti su 100 interpellati.
In pratica il 50% di questi elettori paiono disposti solo a votare Silvio, nessun altro.
Ma Berlusconi ha indicato come possibile leader Zaia e il governatore veneto ha raccolto il 23% di consensi (diciamo un 16% tra elettori forzisti e un 7% di leghisti), proprio sulla scia della investitura del Cavaliere che qualcosa evidentemente conta.
Un 13% non si è espresso, giusto per la cronaca, non ritenendo adatto nessuno dei quattro.
Una cosa emerge chiaramente: che Salvini è visto come leader del centrodestra da meno di elettore di area su tre.
Non solo: i sette elettori su dieci che hanno scelto altre opzioni (alcune di aperto contrasto con lui) per chi voterebbero se fosse lui il candidato autoproclamatosi leader dell’area?
Una ipotesi emerge con chiarezza: non per l’ex comunista padano convertito al sovranismo a senso alternato.
Poi ognuno è libero di andarsi a schiantare alla prima curva, ma poi non dica che i segnali di pericolo non siano stati segnalati.
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Marzo 3rd, 2017 Riccardo Fucile
L’AVVOCATO: “SI E’ ABUSATO DEL SUO NOME”
«Tiziano Renzi è una vittima perchè qualcuno ha abusato del suo cognome. La riprova sta nel fatto che
lui non ha mai visto nè frequentato Alfredo Romeo, che non esistono `bettole’ o ristoranti per incontri di alcun tipo, che non ha mai preso soldi da nessuno e che non è mai stato in Consip».
L’avvocato Federico Bagattini chiarisce con i giornalisti la posizione del papà dell’ex premier, reduce da quattro ore di interrogatorio reso ai pubblici ministeri di Roma e Napoli che indagano sulle irregolarità negli appalti Consip.
Tiziano Renzi, indagato per traffico di influenze illecite, ha detto a chiare lettere ai magistrati di non aver beneficiato di alcuna erogazione mensile da parte di chi intendeva sfruttare la sua conoscenza con l’ad di Consip Luigi Marroni.
«E, allora, come si può spiegare la T riportata nel pizzino, riconducibile a Romeo, con accanto la cifra di 30mila euro al mese? Abbiamo chiesto di vedere il biglietto – ha spiegato il penalista – perchè fino ad ora avevamo conoscenza di ciò solo sulla base delle notizie di stampa. Di sicuro non è una cosa che ha scritto Tiziano Renzi, deve essere chiesta ad altri. Lui non ne sa niente».
Del resto, nelle intercettazioni ambientali, per quanto a conoscenza della difesa, non ci sono riferimenti al papà dell’ex premier.
Il penalista ha anche preso le distanze dalle dichiarazioni di Marroni che ha parlato prima di pressioni subite direttamente da Tiziano Renzi affinchè venisse accontentato Carlo Russo, amico di famiglia, nonchè imprenditore di Scandicci del settore farmaceutico.
Poi, sempre stando a Marroni, Russo, autore di richieste ricattatorie, gli avrebbe detto in una fase successiva che Renzi senior e Denis Verdini erano arbitri del suo destino professionale in Consip.
Sul punto, il difensore è netto: «Nell’interrogatorio di oggi si è parlato di Verdini ma Tiziano Renzi ha detto di non averlo mai conosciuto. Le dichiarazioni di Marroni sono da valutare dal punto di vista della loro complessiva verosimigilianza. Credo che ciascuno che abbia un minimo di oggettività nella valutazione di questa vicenda – ha poi aggiunto – si renderà conto che si tratta di dichiarazioni del tutto piene di inverosimiglianza».
Tiziano Renzi, nel corso di interrogatorio, ha parlato anche dei suoi rapporti di conoscenza e frequentazione con Carlo Russo senza alcun illecito sullo sfondo.
Renzi senior «è stanco e provato – ha concluso il suo avvocato – anche perchè questa vicenda, e non lo diciamo solo noi, non ha uno spettro esclusivamente giudiziario. E quando si abusa del proprio cognome si è oggettivamente una vittima».
A Firenze Russo si è trovato davanti al pm di Napoli Henry John Woodcock e il pm romano Mario Palazzi. L’imprenditore si è avvalso della facoltà di non rispondere su indicazione dei suoi difensori, avvocati Gabriele e Marco Zanobini.
«Intendiamo – spiegano i legali – far rispondere il nostro assistito quando saremo su un piano di parità ossia quando avremo piena conoscenza degli atti. Ora abbiamo solo un decreto di perquisizione».
(da “La Stampa”)
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Marzo 3rd, 2017 Riccardo Fucile
PAOLO ROMANI: “CONTRARI A MOZIONE”
Il punto d’attacco è la sfida contro il Movimento 5 Stelle. “Se loro vogliono fare solo polemica, la mozione quando verrà calendarizzata, la voteremo e sarà bocciata”. Sicuro sui numeri Ettore Rosato sulla sfiducia individuale a carico del ministro Luca Lotti, presentata dai parlamentari penta stellati in entrambe le Camere.
L’inchiesta Consip mette sulla graticola il Pd, in una fase delicatissima che va a incrociare la battaglia congressuale già di per sè infestata di veleni.
I tempi dei due calendari parlamentari dunque non sono neutri e neppure l’aula dove per prima verrà votata.
Per tutta la prossima settimana il Senato ha in agenda provvedimenti non rinviabili e che probabilmente si allungheranno fino al 18 marzo: delega sul contrasto alla povertà , legge sulla concorrenza, commissione d’inchiesta sulle banche e le comunicazioni del premier Gentiloni sul prossimo Consiglio europeo.
L’aula della Camera attende il decreto sicurezza delle città , la legge sul testamento biologico e un altro decreto in scadenza ad aprile che riguarda i nuovi interventi sul terremoto.
Lo schema non prevede spazi fino alla terza settimana di marzo, salvo decisioni diverse e modifiche sempre in carico alla conferenza dei capigruppo.
Vista così, il voto non sembra imminente ma è proprio questo che mette preoccupazione al Pd, che considera quasi più nocivo che il ministro più vicino a Renzi resti in testa alle polemiche mediatiche, provocando più danni che se dovesse fare un passo indietro più meno spontaneo.
Guardando al pallottoliere, anche gli ultimi spostamenti con la nascita del Movimento democratico e progressista, per ora non modificano più di tanto gli equilibri.
La richiesta di Alfredo D’Attorre alla Camera e Miguel Gotor al Senato di attendere chiarimenti dal Pd sulla vicenda prima di prendere decisioni, non fa presagire a un voto dei bersaniani a braccetto con Lega e M5S. Lotti non rischia anche perchè resta fedele alla linea garantista la grandissima parte di Forza Italia.
“Sentirò il mio gruppo al Senato ma noi siamo sempre stati contrari alle mozioni di sfiducia individuali e lo saremo anche questa volta”, dice all’HuffPost il presidente dei senatori azzurri Paolo Romani.
Ballano i voti di Gal, che negli ultimi mesi ha votato sempre più spesso con le opposizioni.
Il voto al Senato, oltre a presentare qualche rischio in più, prevede il solito ombrello dei verdiniani di stretta osservanza da cui, in questi giorni per il Pd è meglio tenersi a distanza.
Dunque i ragionamenti di queste ore vanno oltre i numeri, condizionati più dalla fase politica che dagli schieramenti: il punto di caduta è dunque la gogna mediatica. La chiave per sparigliare e per superarla potrebbe essere un’informativa del governo, ipotesi che comincia a farsi strada in alcuni settori della maggioranza.
La Consip è una società pubblica che ha come unico azionista il ministero dell’Economia, ma il premier Gentiloni stamani durante il Consiglio dei ministri ha suggerito di tenere i toni bassi e l’esecutivo fuori dal clima di tensione.
Ovvie poi, le dichiarazioni di vicinanza per gli attacchi ricevuti, al ministro Lotti coinvolto nell’inchiesta.
Nelle stesse ore però nel partito si fa strada una linea prudente ma non passiva, per evitare di far finire anche Palazzo Chigi nella valanga giudiziaria. Il garantismo di rito e la fiducia nella magistratura stavolta sembrano non bastare per uscire dal cul de sac e, dopo che ieri Gianni Cuperlo aveva chiesto un passo indietro a Lotti, oggi è Francesco Boccia che incalza Renzi nel difendere i suoi uomini e il loro operato, oppure prenderne nettamente le distanze.
Sembra proprio il “giglio magico” l’obiettivo inconfessato di quanti nel partito, al di là degli esiti congressuali, cominciano a guardare oltre.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 3rd, 2017 Riccardo Fucile
ORFINI, GUERINI E FRANCESCHINI SMENTISCONO L’IPOTESI DI UNO SLITTAMENTO DELLE DATE
Tirare dritto su primarie e congresso. Questa la prima reazione di diversi esponenti del Pd dopo l’idea,
di alcuni Dem vicini a Franceschini e Fassino , di ragionare su un possibile slittamento di date: con il Pd impelagato fra il caso delle tessere comprate in Campania e costretto alla difensiva dalla vicenda Consip “forse sarebbe il caso di rimandare” scriveva ad esempio la Stampa citando in un retroscena alcuni membri del Pd.
Proposta rimandata indietro al mittente.
“Il congresso si celebrerà nei tempi e nei modi previsti dal regolamento approvato dalla direzione del Pd” dichiara Lorenzo Guerini, presidente della commissione congresso, smentendo ogni ipotesi di rinvio delle primarie del Partito democratico-
L’ipotesi di far slittare il congresso e le primarie del Pd “non esiste” aggiunge senza mezzi termini il presidente e reggente Dem Matteo Orfini.
A smentire l’ipotesi è poi lo stesso Franceschini. “Mai proposto il rinvio delle primarie. Normalmente non passo le giornate a smentire i retroscena fantasiosi che escono puntualmente per seminare zizzania, ma questa volta voglio farlo con chiarezza per evitare che parta un dibattito su una cosa inventata e attribuita a me e a Fassino, che ho sentito questa mattina e ha manifestato lo stesso stupore mio dopo aver letto la rassegna stampa”. Lo dichiara il ministro Dario Franceschini, interpellato dall’Ansa sull’ipotesi di rinvio delle primarie del Pd a seguito delle vicende degli ultimi giorni.
“Mi sembra difficile ipotizzare un rinvio delle primarie” dice infine il candidato alla segreteria PD e ministro della Giustizia Andrea Orlando, che a Repubblica Tv aggiunge:”iIn ogni caso fornisco il massimo della disponibilità a gestire insieme questo passaggio difficile. Non ho alcun interesse a speculare”
IL MESSAGGIO DI RENZI
“Il congresso – con le primarie del 30 aprile – saranno una grande occasione per decidere insieme quale Italia vogliamo in Europa e come il Pd dovrà essere motore del cambiamento. Nessun alibi per rinviare la discussione, dunque” scrive Renzi su Facebook per rimarcare il concetto.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 3rd, 2017 Riccardo Fucile
OLTRE 150 MILIONI DI EURO… FRUTTO DI PROVVEDIMENTI DI FAVORE
Quella sui vitalizi è una battaglia tutta concentrata su Camera e Senato per effetto dei 5 Stelle che a inizio settimana hanno riaperto le ostilità proponendo di modificare i regolamenti dei due rami del Parlamento ed equiparare questi trattamenti a quelli dei normali lavoratori.
Il Pd cerca di contenere la loro spinta rilanciando il progetto di legge presentato dal renziano Matteo Richetti, che a sua volta propone il ricalcolo col sistema contributivo di tutti gli assegni dei politici, quelli vecchi e quelli futuri.
Ed è un palleggio continuo destinato a durare per mesi e che probabilmente finirà solo dopo le elezioni.
Tutto il dibattito si è cosi concentrato esclusivamente sui costi dei due rami del Parlamento, che pesano sul bilancio dello Stato per oltre 220 milioni di euro, e sulla possibilità che di qui al 15 settembre i parlamentari della XVII Legislatura arrivino a maturare una pensione di mille euro lordi con appena 4 anni e 6 mesi di contributi, mentre normalmente se ne chiedono almeno 20.
L’altro pezzo dello «scandalo», se così lo vogliamo chiamare, ovvero i vitalizi delle Regioni (che pure la proposta Richetti mette nel mirino), resta invece completamente in ombra.
Eppure si tratta di una spesa altrettanto consistente, oltre 150 milioni di euro, secondo le stime contenute nell’ultimo rapporto di «Itinerari previdenziali», frutto di meccanismi di assoluto favore del tutto simili a quelli dei parlamentari.
In tutto le Regioni nel 2015 hanno erogato ben 3538 vitalizi (2583 pensionati diretti e 945 reversibilità ), contro i 2116 della Camera ed i 1271 del Senato.
L’importo medio si attesta attorno ai 45.245 euro (42.314 euro conteggiando anche le reversibilità ), contro gli 81.830 dei deputati e i 68.103 dei senatori.
IL CASO MOLISE
Non tutte le Regioni sono però uguali: ci sono infatti forti differenze sia sugli importi dei trattamenti concessi, che spesso si cumulano poi con altri vitalizi ed altre pensioni toccando cifre davvero esagerate, sia come quantità .
La Regione «più virtuosa» in questo caso è la Lombardia, dove secondo i calcoli di «Itinerari previdenziali» si contano 44.800 abitanti per ogni vitalizio erogato a fronte di una media nazionale di 17.195.
A seguire poi ci sono Lazio (26.055), Emilia Romagna (25.131), Campania (23.497) e Piemonte con 22.586.
La Regione «meno virtuosa» è il Molise, dove si conta addirittura un vitalizio ogni 3852 abitanti. A seguire nell’ordine si piazzano poi Sardegna, Basilicata, Trentino Alto Adige e Friuli Venezia Giulia, con medie comprese tra 5300-5800 abitanti per ogni assegno.
CHI SPENDE DI PIÙ
Le Regioni che in assoluto spendono di più sono Puglia, Sicilia, Sardegna, Lazio e Campania con uscite che complessivamente oscillano tra 10 e 18 milioni l’anno. Agli ultimi posti troviamo invece Toscana, Abruzzo, Marche, Basilicata e Molise, che viaggiano attorno a 3-4 milioni di euro.
Il numero più alto di percettori si trova in Sicilia, Sardegna, Lazio, Campania e Veneto (da 248 a 312 vitalizi erogati), mentre le regioni col minor numero di prestazioni sono Abruzzo, Marche, Liguria, Basilicata e Molise.
RICCHI E POVERI
Ma in concreto quanto guadagnano ex consiglieri ed ex assessori regionali?
Prima di entrare nei dettagli occorre fare una premessa: il reperimento di questi dati — è scritto nel rapporto — è «difficile, poichè non tutti i soggetti comunicano i dati al Casellario centrale delle posizioni previdenziali attive», in pratica l’anagrafe nazionale delle pensioni.
E così dall’indagine emerge che a pagare gli assegni più ricchi è la Regione Puglia, che ai 159 suoi pensionati stacca un assegno che in media vale 77.987 euro l’anno. Ma anche la Sicilia con 60.293 euro lordi, la Sardegna con 58.236 e la Calabria con 56.053 euro non scherzano.
Il più misero invece spetta a 139 ex consiglieri della Toscana, che beneficiano di un vitalizio che in media vale appena 26.660 euro lordi l’anno.
Di due regioni, Umbria e Val d’Aosta, non sono stati trovati dati, mentre di Veneto e Lazio si conoscono solo valori netti.
Nel primo caso il vitalizio medio è pari a 28.993 euro, nel secondo si arriva addirittura a 63.287, che corrispondono a un lordo di oltre 98 mila euro.
I RISPARMI POSSIBILI
Anche questi vitalizi, se venisse approvata la «proposta Richetti», verrebbero tutti ricalcolati col contributivo.
In media, secondo le stime dell’Inps, anche questi assegni verrebbero così decurtati di un buon 40% con un risparmio pari a circa 60 milioni l’anno.
Peccato che sino all’altra settimana il pdl Richetti giacesse quasi dimenticato nei cassetti della Commissione affari costituzionali.
Potenza della campagna elettorale in arrivo.
Paolo Baroni
(da “La Stampa”)
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Marzo 3rd, 2017 Riccardo Fucile
I RISULTATI DEGLI ISPETTORI: 1,1 MILIARDI DI CONTRIBUTI EVASI
Viaggia a pieno ritmo la vigilanza sulla correttezza delle imprese e il lavoro dell’Ispettorato nazionale
del lavoro.
Il bilancio del 2016 si può considerare molto positivo: sei aziende su dieci hanno rilevato molte irregolarità .
Il numero di interventi realizzati resta sostanzialmente in linea con quello effettuato in passato, mentre la percentuale delle aziende in cui sono state rilevate irregolarità sostanziali supera il 63% di quelle visitate, con un totale di contributi e premi evasi di 1.101.105.790 euro.
Tra le diverse irregolarità rilevate, i casi di lavoro nero si pongono al primo posto in termini quantitativi. Mentre fra i fenomeni sensibili, anche per le novità introdotte quest’anno dal Governo, va segnalata l’azione di contrasto al caporalato, svolta anche in modo congiunto con Carabinieri e Guardia di Finanza che hanno condotto all’accertamento di 8 mila casi, tra cui sono emersi anche casi di grave sfruttamento dei lavoratori, sino alla riduzione in schiavitù.
Il rapporto evidenzia, a livello generale, un numero di aziende ispezionate pari a 191.614, rispetto alle quali è emerge un tasso di irregolarità complessivo del 63%.
Questa imponente azione di contrasto degli illeciti sostanziali ha prodotto un totale di contributi e premi evasi di 1,1 miliardi, a fronte di un bacino complessivo di 120.738 aziende irregolari sul totale delle aziende ispezionate.
Approfondendo l’analisi dei risultati delle attività di vigilanza svolte dagli ispettori del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, si osserva come siano stati conseguiti risultati positivi, sia in termini quantitativi che qualitativi.
Più in particolare, sotto il profilo quantitativo, rispetto al dato globale di n. 191.614 aziende ispezionate, si distingue il numero di accessi pari a n. 141.920 effettuati dal solo personale ispettivo operante presso le strutture territoriali del Ministero (oggi confluite nell’Ispettorato nazionale del lavoro).
A ciò va aggiunto che il personale ispettivo del Ministero ha altresì assicurato lo svolgimento di 8.152 accertamenti in materia di Cassa integrazione guadagni, anche in deroga, di contratti di solidarietà e di patronati.
Va inoltre evidenziato che su 132.942 accertamenti definiti nell’anno 2016 (a fronte di un numero complessivo di aziende ispezionate pari a n. 141.920), in 80.316 casi sono stati contestati illeciti in materia di lavoro e legislazione sociale o di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Pertanto, sul totale delle pratiche ispettive lavorate nel corso dell’anno, più del 60% è risultata irregolare: tale percentuale presenta un leggero aumento (+0,12 punti percentuali) rispetto al tasso di irregolarità riscontrato nel 2015.
Il numero dei lavoratori irregolari, accertati in occasione delle verifiche ispettive effettuate dal solo personale ispettivo operante presso le strutture territoriali del Ministero, è in deciso aumento rispetto all’anno 2015, con 88.865 lavoratori irregolari accertati (a fronte di n. 78.298 nel 2015: +13,5%). Tra questi, oltre il 48% sono risultati lavoratori in nero.
Walter Passerini
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 3rd, 2017 Riccardo Fucile
IN TRIBUNALE AD ALESSANDRIA DISPOSTO ANCHE L’ESAME DEL VIDEO CHE LO HA INCASTRATO MENTRE APRIVA GLI ARMADIETTI DELLA PALESTRA
La condanna per il furto di due banconote da 50 euro, da un armadietto della palestra Pianeta Sport di Alessandria, è arrivata a un anno di distanza dall’inizio del processo direttissimo: all’ex grillino Angelo Malerba sono stati inflitti sette mesi di reclusione e 200 euro di multa, con i doppi benefici della condizionale e della non menzione.
I pubblici ministeri, Andrea Zito e Alessio Rinaldi, avevano chiesto la pena a un anno e mezzo, negando il riconoscimento delle attenuanti generiche (che invece il giudice Giorgia De Palma ha poi concesso) a causa del comportamento «non collaborativo durante tutto l’iter processuale, privo di qualsiasi pentimento per un fatto spudoratamente evidente».
Malerba era stato arrestato in flagranza il 10 marzo dello scorso anno.
A tenere l’arringa finale in questo processo non è stato, oggi, il suo difensore di fiducia, Massimo Martinelli, perchè ha dismesso il mandato durante l’udienza, per lo stesso motivo per cui lo aveva già dismesso alcuni mesi fa (lamentando la presunta falsità degli atti contenuti nel fascicolo processuale) salvo poi riprendere l’incarico, successivamente.
E’ stato quindi nominato d’ufficio l’avvocato Francesco Ponzano che, nella limitatezza dei tempi in cui ha potuto prendere atto della vicenda, ha chiesto in prima battuta l’assoluzione per insufficienza di prove e, in subordine, il minimo della pena, con le attenuanti generiche e i benefici.
La discussione è seguita alla visione del filmato che era stato ripreso da telecamere nascoste piazzate dentro la palestra durante l’episodio furtivo.
Che non sarebbe l’unico: altri filmati, per altri fatti precedenti e analoghi, sono portati come fonte di prova in un altro processo che procede con rito ordinario (prossima udienza il 16 marzo).
Prima che iniziasse la visione del filmato, l’imputato, dicendosi «scosso», anche per la decisione del difensore di dismettere il mandato, ha lasciato l’aula.
Malerba aveva anche fatto ricorso in Cassazione per legittima suspicione nei confronti del tribunale di Alessandria: la Cassazione ha rigettato il ricorso (il provvedimento è stato letto in aula ieri dal giudice) e ha condannato Malerba a pagare 3000 euro di ammenda.
Silvana Mossano
(da “La Stampa”)
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Marzo 3rd, 2017 Riccardo Fucile
A QUATTRO ANNI DALL’INCENDIO SI INAUGURA CORPOREA
A sud si vede lo scheletro nero di quella che fino all’incendio del 4 marzo 2013 era la Città della
Scienza, un gioiello da 350mila visite l’anno e uno dei migliori musei scientifici d’Europa.
Quattro anni dopo è ancora lì con il suo carico di macerie e misteri irrisolti.
A nord si staglia la carcassa dell’Italsider, un altro mostro arrugginito, quello che resta del sogno di una Napoli capace di creare posti di lavoro per tutti.
Al centro di questa desolazione ora c’è Corporea, il primo museo interattivo in Italia interamente dedicato al corpo e alla salute, una sfida contro i voleri della criminalità organizzata, i mandanti ancora senza nome nè volto delle otto bombe che in mezz’ora cancellarono la Città della Scienza e le sue promesse di un futuro migliore.
Il futuro migliore si inaugura domani, a quattro anni esatti dal rogo, con ministri e alte cariche dello Stato in visita.
Domenica il museo aprirà al pubblico e ha già 180mila prenotazioni.
«Il nostro obiettivo è arrivare a 250mila visitatori l’anno», spiega Vincenzo Lipardi, consigliere di Città della Scienza. In realtà si punta molto più in alto.
«Puntiamo alla riapertura della Città della Scienza entro il 2020 e a raddoppiare così il numero dei visitatori», promette il direttore Luigi Amodio.
Progetti ambiziosi ma i protagonisti di quest’avventura sanno bene qual è il potenziale della vecchia struttura che prima o poi verrà ricostruita: dopo l’incendio oltre 400mila cittadini, scuole, aziende, comunità locali hanno fatto a gara per donare piccoli contributi, permettendo di raccogliere circa 2 milioni di euro.
E’ stata la più grande operazione di crowdfunding mai realizzata in Italia e ha permesso di far andare avanti comunque una parte di attività in questi anni.
Ma c’è grande fiducia anche in quello che si riuscirà a fare con Corporea, un altro pezzo di questa Città nel deserto di Bagnoli, immaginata già trent’anni fa anche se solo ora vede la luce.
«Trasformare l’economia dell’acciaio in economia della conoscenza» era l’obiettivo di Vittorio Silvestrini, il fisico che ha inventato l’intera struttura. E Corporea intende mantenere la promessa annunciandosi come una struttura unica in Europa, un viaggio virtuale nel corpo umano «considerato non come l’immagine della perfezione riprodotta da Leonardo da Vinci ma come il nostro corpo con i suoi apparati e i suoi meccanismi», spiega Carla Giusti, una delle curatrici di Corporea.
A disposizione ci sono 5mila metri progettati dall’architetto Massimo Pica Ciamarra con 23,9 milioni di euro (18,6 sono fondi europei disposti dalla Regione e 5,3 a carico di Città della Scienza).
14 isole tematiche e oltre 100 postazioni, esposizioni e macroinstallazioni per raccontare i meccanismi umani usando i più moderni strumenti multimediali, digitali e sensoriali.
Ad ogni metro si incontrano robot, postazioni multimediali, giochi interattivi, video e tavole. Ci si trova a viaggiare lungo un’arteria per scoprire l’apparato circolatorio. Si passa accanto ai polmoni e si prosegue verso l’apparato digerente per capire come gli alimenti vengono assorbiti dall’organismo.
Senza dimenticare i premi Nobel, l’alimentazione, l’educazione sessuale, la reazione del corpo agli sforzi. «Il principio di fondo è considerare il visitatore un protagonista esattamente come le installazioni».
In effetti il coinvolgimento è continuo. Dal robot che imita le espressioni dei visitatori all’enorme orecchio dove si entra per capire come è fatto all’interno, alle postazioni in grado di captare le reazioni ormonali di fronte a diverse immagini, quelle capaci di fornire ogni informazione sul corpo di chi si sottopone a sforzi e quelle in grado di cogliere le sensazioni registrando la quantità di sudore nelle mani. Le inaugurazioni continuano il 19 marzo quando oltre a Corporea aprirà anche il Planetario.
Per una parte di Napoli comincia una nuova vita.
«E’ una bella cosa — commenta Gino, pensionato — ma finchè la camorra non verrà sconfitta, nessuno potrà dire di avere davvero vinto». Ciro è anche più deciso: «Adesso la riaprono ma la incendieranno di nuovo». Solo le solite voci di popolo?
Anche Lipardi ne è convinto: «Non ci potrà essere vera ricostruzione e veri rilancio se non si farà luce sui mandanti delle bombe».
Flavia Amabile
(da “La Stampa”)
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Marzo 3rd, 2017 Riccardo Fucile
LA SCHWEIZERISCHE CEMENT INDUSTRIE GESELLSCHAFT HA AMMESSO ACCORDI CON I TERRORISTI PUR DI PROSEGUIRE LA PRODUZIONE NEL PAESE DI ASSAD
Prima ha ammesso di aver fatto accordi con estremisti islamici, poi ha confermato il proprio interesse alla costruzione del muro promesso da Donald Trump alla frontiera con il Messico.
È il gruppo svizzero LafargeHolcim, la più grande produttrice al mondo di materiali da costruzione che ha come maggiore azionista la Schweizerische Cement-Industrie-Gesellschaft di Thomas Schmidheiny, fratello di quello Stephan che in Italia è stato condannato a 18 anni per i morti dell’amianto di Eternit, salvo poi vedersi annullare la sentenza per sopravvenuta prescrizione del reato.
LafargeHolcim ha ammesso giovedì di aver concluso accordi “inaccettabili” con gruppi armati attivi in Siria, pur di mantenere in attività uno stabilimento nel Jalabiya, regione settentrionale del Paese, e “salvaguardare l’incolumità dei dipendenti”.
Secondo il quotidiano Le Monde, che ha portato alla luce la vicenda a giugno, hanno beneficiato dell’accordo soprattutto i miliziani dell’Isis.
In Francia, il colosso del cemento è finito nel mirino della magistratura in seguito alle accuse depositate dal ministero dell’economia, che accusa LafargeHolcim di finanziamento del terrorismo e di aver violato le sanzioni imposte dall’Ue al regime di Assad.
La società svizzera ha specificato che i fatti risalgono a prima che la francese Lafarge procedesse a una fusione con il gruppo elvetico Holcim, nel 2015.
L’azienda ha pagato degli intermediari per stilare accordi con vari gruppi armati, si legge in un comunicato diffuso da LafargeHolcim: “Con il senno di poi, le misure necessarie a continuare le operazioni presso lo stabilimento erano inaccettabili“. Nel testo non fa però riferimento esplicito all’Isis.
Nello stesso giorno in cui è arrivata l’ammissione, Eric Olsen, l’amministratore delegato di LafargeHolcim, ha parlato alla stampa confermando l’interesse del gruppo a partecipare alla costruzione del famoso muro anti-immigrati promesso da Trump.
“Siamo i numero uno del cemento negli Stati Uniti” ha sottolineato Olsen. “Per questo l’investimento nelle infrastrutture di 1000 miliardi di dollari promesso dal nuovo presidente americano costituisce una grande opportunità ”, ha affermato il franco-americano.
Secondo quanto riporta il Tages Anzeiger, il gruppo si è pronto a fare un’offerta attraverso la filiale Lafarge North America.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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