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“COSI’ LA LEGA TRUFFO’ MILIONI”: I RIMBORSI TRUFFA, LA TANZANIA E LA FAMILY”

Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile

LA PROCURA DI GENOVA: “HA INCAMERATO UNA VALANGA DI MILIONI PUBBLICI CHE NON LE SPETTAVANO, UNA GIGANTESCA TRUFFA AI DANNI DELLO STATO”

Per la Procura, molto semplicemente, la Lega Nord di Umberto Bossi con tesoriere Francesco Belsito incamerò una valanga di milioni pubblici che non le spettavano, e portò a termine una gigantesca truffa ai danni dello Stato.
Per questo il pm Paola Calleri chiede 4 anni di carcere per il Senatùr e 4 anni e mezzo per il suo cassiere, ornai travolto da innumerevoli vicende giudiziarie.
Nella requisitoria del magistrato c’è anche tempo per una mazzata al partito, poichè ammonta a 56 milioni la richiesta di confisca.
Il calcolo deriva dalla somma di due tranche di rimborsi, ottenute secondo l’accusa grazie a certificazioni truffaldine : 40 milioni per il 2008 e il 2009, e altri 16 richiesti per il 2010.
Quest’ultimo contributo, congelato durante lo scandalo dei fondi in Tanzania, venne sbloccato nel 2012 grazie alle relazioni favorevoli dei revisori dei conti leghisti Diego Sanavio e Antonio Turci (chiesti per loro 2 anni e 9 mesi), e Stefano Aldovisi (richiesta 2 anni e 4 mesi), ma poi fu ritenuto anch’esso fuorilegge.
Quindi deve essere restituito dal partito.
Il “tesoro” in Afric
È invece di cinque anni la richiesta di condanna per i faccendieri Paolo Scala e Stefano Bonet, accusati di riciclaggio per aver aiutato Belsito a portare i capitali all’estero.
La Lega, contrariamente a quanto fatto dalla Camera dei deputati, non si è costituita parte civile, per scelta di Salvini.
Era cominciato (quasi) tutto da lì: dai 7 milioni che a Natale 2011 volarono dai conti leghisti alla Tanzania e a Cipro, illuminarono la figura di Belsito e fecero da antipasto all’Armageddon – giudiziario, politico, familiare, sentimentale – delle spese folli che la “family” di Umberto Bossi sosteneva con i soldi del Parlamento .
Poi sarebbero venuti l’addio del medesimo Bossi, le ramazzate in pubblico di Maroni, neoleader censore fino all’elezione in Lombardia, e la scalata di Matteo Salvini, mentre Bossi junior detto il Trota decideva di darsi all’agricoltura, per far sbiadire il ricordo delle lauree comprate in Albania.
La truffa ai danni dello Stato si materializza per aver chiesto e ottenuto decine di milioni che in teoria dovevano servire per attività  politiche e invece finanziarono ben altro.
Al solo Belsito si contesta l’appropriazione indebita, per l’uso personale di un po’ dei soldi pubblici che gestiva con disinvoltura.
La pista dell’uomo dei cla
Un troncone di quest’inchiesta è rimasto a Milano. Ed è quello dedicato ai singoli, e impresentabili, esborsi sostenuti dal cerchio magico di Bossi senior: «Paghiamo anche il gigolò di Rosy Mauro (ex vicepresidente del Senato, ndr)» diceva sempre Belsito intercettato con la mitica segretaria leghista Nadia Dagrada, snocciolando un elenco di benefit a spese dei contribuenti inclusivo pure di auto, case, dentisti, fuochi d’artificio, mutui e sovvenzioni a sindacati padani.
Alla sbarra, nel capoluogo lombardo, c’è un po’ di vecchia Lega e ancora Belsito. A Genova l’affaire spese è circoscritto alla richiesta “complessiva” delle sovvenzioni a Roma.
Altri ragionamenti innesca il filone riciclaggio, il mistero del denaro esportato da Francesco Belsito in posti strani, attraverso società  altrettanto sospette e con la sponda di Bonet e Scala.
«Ottimi investimenti» è la giustificazione che l’ex tesoriere ripete da sempre. E però incrociando quel fiume di soldi e le inchieste di altre Procure, Reggio Calabria in primis, venne fuori che del tesoro leghista s’interessava l’iscritto al Carroccio Romolo Girardelli detto l’Ammiraglio, uomo di fiducia d’un boss della ‘ndrangheta.
Non a caso genovese, Girardelli. E non a caso, forse, quando lui e Belsito litigarono venne giù tutto.

(da “il Secolo XIX”)

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IL PIANO DELLA RAGGI PER FINGERE DI SUPERARE I CAMPI ROM

Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile

AVEVA PROMESSO DI CHIUDERLI, LASCERA’ TUTTO COME PRIMA… UNA GARA D’APPALTO CUCITA SU MISURA PER ASSEGNARE LA GESTIONE SEMPRE ALLA STESSA ASSOCIAZIONE

Virginia Raggi ama ripetere spesso che la sua Amministrazione è per il “superamento dei Campi Rom” ma fino ad ora poco si è visto per capire cosa significhi davvero “superare” il sistema dei Campi Rom della Capitale.
Prendiamo ad esempio il Camping River di via della Tenuta Piccirilli nel Municipio XV.
Il campo è affidato dal 2005 da un’associazione privata — la Isola Verde Onlus — con una procedura negoziata senza bando di gara e nonostante il Comune sia alla ricerca di una soluzione alternativa per “superarlo” rimarrà  aperto e in funzione fino al 30 giugno 2017.
Nel campo vivono 109 famiglie che stando ad un bando di gara pubblicato, poi sospeso ed infine riaperto avrebbero dovute essere trasferite in un “nuovo campo” ma che invece rimarranno lì.
Il Camping River Village — che sorge su un terreno di proprietà  dell’affidatario — doveva chiudere ma rimarrà  aperto sotto la gestione dello stesso gestore e così i Rom che dovevano uscirne rimarranno dentro, almeno fino al 30 giugno.
A luglio scorso però era stato pubblicato un bando di gara “per il reperimento di un’area attrezzata nel territorio del Municipio XV o Municipi limitrofi per l’accoglienza e soggiorno di 120 nuclei familiari di etnia rom e affidamento del servizio di gestione” durata dell’appalto 15 mesi (dal 1 ottobre 2016 al 31 dicembre 2017) per un importo complessivo a base di gara di 1.549.484,26 euro (in linea con quanto speso fin’ora dal Comune per il Camping River).
Il bando però è stato sospeso in autotutela nel dicembre 2016 e sospensione poi revocata da un’ulteriore determina dirigenziale ad inizio marzo.
All’apertura delle buste però l’unica offerta è risultata essere quella della stessa associazione che ha attualmente in gestione il Camping River.
L’Associazione 21 Luglio denuncia che il bando era stato concepito proprio per consentire ad Isola Verde Onlus di vincere la gara aggirando di fatto le prescrizioni dell’Autorità  Nazionale Anticorruzione in base ai quali le procedure negoziate di affidamento diretto senza gara non sono più permesse.
Secondo l’Associazione però — che contestualmente ha inviato un esposto all’ANAC — sussiste “una forte similitudine tra i requisiti strutturali, le prestazioni e i servizi richiesti e forniti sino ad ora nel “Villaggio River” e quelli previsti dal recente bando vinto dall’attuale gestore”.
Nell’esposto presentato dall’Associazione 21 Luglio si fa notare che nel bando di gara i criteri stabiliti per l’affidamento della gestione sembrano cucite su misura per far vincere la Onlus che ha avuto in gestione il Campo negli ultimi dodici anni:
le restrizioni territoriali (XV Municipio o Municipi limitrofi), quelle legate alla capacità  tecnica (esperienza simile negli ultimi tre anni), quelle relative alla capacità  economica (fatturato degli ultimi 3 anni non inferiore al 20% dell’importo a base di gara) sono tali che è possibile affermare   al di fuori della Cooperativa in oggetto «non vi siano altri concorrenti, nè nel territorio del XV Municipio nè in quelli limitrofi, in possesso nè di una struttura rispondente ai requisiti strutturali previsti […], nè aventi le capacità  tecniche, economiche e finanziarie richieste dal bando oggetto del presente espost
Per questo motivo l’Asssociazione 21 Luglio «paventa il forte sospetto che la gara sia stata strutturata in modo tale da permettere la partecipazione della sola realtà  appartenente al terzo settore» e che pertanto «si ponga in violazione della normativa di settore e in dispregio dei basilari principi di concorrenza, imparzialità , parità  di trattamento, trasparenza e proporzionalità  in quanto volta a celare dietro il ricorso a procedura aperta, palesi distorsioni del mercato».
Inoltre la soluzione prospettata dall’attuale amministrazione non rientra nelle linee guida della Strategia Nazionale per l’inclusione dei Rom che prevede che per le famiglie Rom del Camping River — così come per quelle di tutti gli altri Campi Rom — vengano proposte “soluzioni abitative” differenti dal campo per consentire un maggiore livello di inclusione sociale ed un reale “superamento” del sistema dei campi.
Secondo l’Amministrazione comunale la chiusura del campo comporterebbe il rischio che le persone che vi abitano si trovino “bruscamente private dell’alloggio” ma che sembra più che altro certificare il fatto che la giunta Raggi non ha le idee chiare (o forse non ha alcuna intenzione) di superare i campi rom.
Perchè superare i campi non significa aprirne di nuovi o fingere di aprirne di nuovi lasciando la situazione come sta.
Per questo motivo anche l’Associazione Nazione Rom (ANR) ha chiesto l’intervento dell’ANAC e la modifica della delibera di giunta n. 117 del 16 dicembre 2016 che istituisce il Tavolo cittadino per l’inclusione delle popolazioni Rom, Sinti e Caminanti (RSC) che secondo ANR   è un atto pubblico redatto in aperta violazione della Strategia Nazionale di Inclusione di Rom Sinti e Caminanti perchè dal tavolo sono esclusi Rom, Sinti e Caminanti.
Anche le associazioni RSC vogliono il superamento dei campi e chiedono di poter vivere in una casa come tutti, il rispetto delle regole e delle leggi, il corretto uso dei Fondi Strutturali ricevuti dall’Italia nel 2015, il rispetto dei regolamenti europei che disciplinano le politiche da adottare attraverso i comitati di sorveglianza.
Questo però significa che il Comune deve ad esempio “assicurare il principio di parità  di trattamento nell’accesso all’edilizia residenziale pubblica” il che tradotto vuol dire che RSC dovranno poter avere la possibilità  di accedere anche ai bandi per l’assegnazione delle case popolari .
Nel 2012 il Governo italiano ha deciso di attuare quanto stabilito dalla Comunicazione n.173 del 4 aprile 2011 della Commissione Europea recante il quadro dell’UE per le strategie nazionali di integrazione dei Rom fino al 2020 e ha stilato un piano con la strategia nazionale d’inclusione dei rom, dei sinti e dei caminanti.
Come è facile immaginare una delle situazioni più delicate nell’ambito della discriminazione delle persone rom, sinti e caminanti è l’accesso all”edilizia residenziale pubblica.
Questo non significa che tutti quelli che vivono nei campi avranno diritto ad un alloggio popolare ma che la Stragegia si propone di svolgere le opportune azioni di indirizzo politico e programmatico affinchè sia pienamente assicurato il principio di parità  di trattamento nell’accesso all’edilizia residenziale pubblica ed efficacemente contrastata ogni potenziale clausola discriminatoria eventualmente prevista nei bandi pubblici di assegnazione degli alloggi di edilizia popolare.
Ovvero, chi avrà  diritto potrà  partecipare al bando ed eventualmente ottenere l’assegnazione, chi invece non ne avrà  diritto non potrà  parteciparvi.
Va da sè che se davvero si vuole arrivare allo sgombero dei campi rom (nei fatti, non come fece qualche anno fa l’allora ministro dell’Interno Roberto Maroni) per i nuclei familiari che risulteranno non essere in grado di provvedere ad una diversa soluzione abitativa i comuni dovranno farsi carico di trovare un alloggio.
Ma l’edilizia popolare non è l’unica soluzione prevista dal piano che prevede anche le seguenti ipotesi: sostegno all’acquisto di abitazioni ordinarie private; sostegno all’affitto di abitazioni ordinarie private; autocostruzioni accompagnate da progetti di inserimento sociale fino all’affitto di casolari/cascine di proprietà  pubblica in disuso. Il problema dei Rom, Sinti e Caminanti si interseca qui con quello di molte famiglie romane sotto sfratto o senza una casa: una questione sulla quale Raggi continua a prendere tempo invece che proporre una soluzione.
Va da sè che finchè il Comune non risolverà  l’emergenza abitativa non si potrà  superare il sistema dei Campi Rom e in quest’ottica il traguardo del 2021 per terminare le procedura di chiusura dei due campi rom La Monachina e La Barbuta (totale: 4.500 persone cui trovare una casa e un lavoro) appare sempre più irrealistico.

(da “NextQuotidiano”)

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PASSA A FDI LA CONSIGLIERA M5S CHE VANTA PIU’ ASSENZE IN CONSIGLIO AL MUNICIPIO XIII DI ROMA

Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile

ISABEL GIORGI, 21 ANNI, E’ NOTA FINORA PER QUALCHE COMPARSATA CINEMATOGRAFICA …   ALTRI DUE GRILLINI VERSO IL PD

Come aveva fatto Francesca Grosseto al Municipio XIII, la grillina Isabel Giorgi è pronta a passare dal MoVimento 5 Stelle a Fratelli d’Italia.
La Giorgi, 21 anni, iscritta a Scienze Politiche e con qualche comparsata e piccoli ruoli in produzioni cinematografiche nel curriculum, molla dopo molte assenze in consiglio e una litigata, raccontano da FdI, con la presidente Giuseppina Castagnetta, a causa della quale anche due altri grillini hanno lasciato presidenze di commissioni.
Per i due Repubblica Roma parla di un approdo nel PD.
Isabel Giorgi invece era anche vicepresidente vicario dell’assemblea, anche se probabilmente dopo il cambio di casacca lascerà  l’incarico.
Intanto al XII il M5S non ha convocato il consiglio per non discutere dell’incompatibilità  di Di Camillo, per la storia dell’asilo non ancora aperto.

(da “NextQuotidiano”)

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ATTACCHI CON IL GAS DEL CRIMINALE ASSAD, COLPITA POPOLAZIONE CIVILE, LA FRANCIA CHIEDE RIUNIONE ONU

Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile

TESTIMONIANZE DI ATROCITA’ IN SIRIA, MOLTISSIMI MORTI TRA CUI NUMEROSI BAMBINI… E’ QUESTO IL REGIME DELINQUENZIALE CHE PIACE AI SOVRANISTI NOSTRANI

Si vedono gruppi di bambini seminudi, ammassati gli uni sugli altri, con le braccia cadaveri a terra ma anche gli ospedali con i bimbi terrorizzati, spaesati, alcuni in fin di vita, il volto coperto dalle maschere di ossigeno.
E poi un padre, disperato, con gli occhi segnati dal pianto, che tiene in braccio il corpo rigido della sua bambina.
È gravissimo il bilancio delle vittime di un raid aereo avvenuto oggi in Siria a Khan Sheikhun, nella provincia nord-occidentale di Idlib, in mano ad insorti e qaedisti dell’organizzazione Fatah al Sham (ex Fronte al Nusra).
Le ong denunciano l’uso di gas, la Francia chiede una riunione di emergenza del Consiglio di Sicurezza Onu e la Turchia avverte sul rischio di far saltare definitivamente la tregua.
L’Osservatorio siriano per i diritti umani denuncia l’uso di gas, citando fonti mediche. Secondo Al Arabiya, che cita fonti sanitarie di Idlib, ci sarebbero oltre 100 morti e 400 feriti.
Lo stesso sito di notizie vicino all’opposizione “Shaam” aveva scritto sul sito web che erano state usate bombe al cloro, ma per la Direzione sanitaria si tratterebbe di gas sarin, entrambi vietati dalle convenzioni internazionali.
Secondo le testimonianze delle ong, molti civili presentano vomito e schiuma alla bocca, sintomi riconducibili all’utilizzo di armi chimiche.
Sarebbero state bombardate anche alcune strutture sanitarie in zona. Il bilancio potrebbe aggravarsi perchè vi sono anche centinaia di feriti o intossicati, alcuni dei quali in gravi condizioni.
L’esercito siriano smentisce l’uso di gas ma un’indagine congiunta di Nazioni unite e osservatorio sulle armi chimiche in precedenza aveva accusato il governo di Damasco di attacchi con gas tossici.
Si mobilita la comunità  internazionale. La Francia chiede una riunione “urgente” del Consiglio di sicurezza dell’Onu dopo la denuncia.
Federica Mogherini, Alto rappresentante Ue per gli Affari esteri, parla di situazione “drammatica” e afferma che il regime di Bashar al-Assad “ha la responsabilità  primaria di proteggere e non attaccare il suo popolo”.
Per Lady Pesc “la priorità  assoluta è fermare i combattimenti”. Il presidente turco Recep Tayyip Erdogan ha telefonato al presidente Vladimir Putin, definendo “inumano” l’attacco, “inaccettabile” e tale da vanificare tutti gli sforzi di negoziato che ad Astana” stanno affrontando il problema della pace in Siria.

(da “Huffingtonpost”)

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LE NOMINE DEI VERTICI DI ACEA: “ACCONTENTATI AMICI E CREDITORI DELLA RAGGI”

Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile

ALTRO CHE CURRICULA, POSTI SPARTITI TRA FAMELICHE CORRENTI ROMANE GRILLINE

Stefano Antonio Donnarumma nelle vesti di amministratore delegato e Luca Lanzalone nel ruolo di presidente.
Sono questi i due principali nomi nuovi per i vertici di Acea spa, la società  partecipata al 51% dal comune di Roma che si occupa di servizi idrici ed energetici.
Nel pomeriggio di lunedì 3 aprile, l’amministrazione comunale ha ufficializzato le liste dei “candidati” per il rinnovo del cda da parte degli azionisti.
Candidature che saranno ratificate dall’assemblea degli azionisti il 27 aprile (o al massimo il 4 maggio in seconda convocazione).
Oltre a Donnarumma e Lanzalone, sono stati indicati quali componenti di parte pubblica del consiglio anche Gabriella Chiellino, Liliana Godino e Michaela Castelli. Un lavoro politico certosino messo a punto da Virginia Raggi per tentare di non scontentare nessuna delle anime del M5s presenti nell’amministrazione comunale.
Qualche polemica, tuttavia, l’ha suscitata proprio la nomina a presidente dell’avvocato Lanzalone, per alcune settimane chiamato gratuitamente in Campidoglio in qualità  di “consulente legale” sull’ingarbugliata vicenda dello stadio della Roma, mossa vista come “sospetta” da diversi esponenti di opposizione, che sono arrivati a parlare di “ricompensa” da parte del M5s capitolino.
Un momento molto atteso quello di ieri per la sindaca Raggi, che avrebbe voluto mettere mano al cda di Acea sin dai primi giorni del suo mandato — ormai 10 mesi fa — salvo poi dover fare marcia indietro in virtù della clausola di risarcimento mostre da 1,3 milioni accordata all’ormai ad uscente, Alberto Irace, al momento del suo arrivo a piazzale Ostiense. “Ci batteremo con ogni mezzo per difendere il nostro 51% e l’acqua come bene pubblico essenziale, nel rispetto del referendum del 2011“, aveva scritto Virginia Raggi in un post su facebook proprio il 2 luglio 2016.
In uscita anche il presidente Catia Tomassetti e i consiglieri Elisabetta Maggini, Roberta Neri e Paola Antonia Profeta, tutti espressione dell’ex giunta guidata da Ignazio Marino.
CHI SONO I NUOVI VERTICI
Fra le nuove nomine, quella di Donnarumma rappresenta certamente la carta dell’esperienza. Ingegnere dal 1994 e attualmente presidente della milanese A2A, il manager era già  stato nell’azienda capitolina dal 2007 al 2012 — quando il Campidoglio era guidato da Gianni Alemanno — svolgendo prima il ruolo di direttore operazioni di Acea Distribuzione (il braccio operativo di Acea spa per la gestione della rete elettrica e della pubblica illuminazione di Roma) e divenendo poi presidente e quindi amministratore delegato della stessa società .
Negli ultimi anni, Donnarumma era passato alle dipendenze di Adr Aeroporti di Roma nel ruolo di airport management e accountable manager degli aeroporti di Fiumicino e Ciampino, per poi diventare presidente della società  Adr Assitance.
Prima dell’esperienza in Acea, invece, aveva ricoperto ruoli nelle aziende private Bombardier e Alstom, produttrici di treni fra cui quelli destinata all’Alta Velocità  Italiana.
Lanzalone, al contrario, è conosciuto nella capitale soprattutto per aver seguito negli ultimi tempi la vicenda dello stadio della Roma e di aver permesso a Virginia Raggi di raggiungere l’accordo che porterà  nelle prossime settimane alla revisione completa del progetto relativo al nuovo impianto di Tor di Valle.
Un “incarico gratuito” quello fin qui ricoperto dall’avvocato genovese, che ha un passato recente a Livorno come consulente di un’altra amministrazione pentastellata, quella di Filippo Nogarin, per la quale ha seguito il caso Aamps.
Il giorno della ratifica verranno ufficializzati anche i nomi dei membri del cda espressi dalla parte privata, in primis il gruppo francese Suez Environnement, che detiene il 23,3% di quote ed esprimerà  3 componenti, e il Gruppo Caltagirone Spa, che ne esprimerà  soltanto 1. Va ricordato che il 22 settembre scorso Caltagirone ha ceduto a Suez il 10,85% delle azioni, proprio in cambio di una quota del 3,5% della spa francese.
UN NOME PER OGNI ANIMA GRILLINA
Come detto, Virginia Raggi questa volta ha avuto la possibilità  di non scontentare nessuno, assegnando un ruolo a ciascuna delle principali anime che compongono la sua amministrazione e la maggioranza che la sostiene.
Se l’ad Stefano Donnarumma è indicato come persona gradita alla componente lombardiana, con riferimento alla deputata Roberta Lombardi e al presidente dell’Assemblea Capitolina, Marcello De Vito, Lanzalone è diretta espressione della stessa sindaca, rimasta fin qui molto soddisfatta dal lavoro compiuto dall’avvocato sulla vicenda stadio.
Spazio anche all’assessore alle Partecipate, Massimo Colomban, che avrebbe voluto un salto di carriera per il suo braccio destro Giorgio Simioni, ma è costretto ad “accontentarsi” di esprimere una delle consigliere d’amministrazione, Gabriella Chiellino, 48enne veneta specializzata in risparmio energetico.
Da Genova, come Lanzalone, arriva anche Liliana Godino, contatto di Beppe Grillo e già  responsabile acquisti di Grandi Navi Veloci. Infine, Michaela Castelli, 47 anni, avvocato e manager dall’ampio curriculum “consigliata” dall’ad in pectore Donnarumma.
DUBBI E POLEMICHE
Le nomine partorite dal Campidoglio non piacciono però al Pd e a Forza Italia, che attaccano frontalmente la sindaca.
“Ecco la vera natura del M5s — dice Lorenza Bonaccorsi, deputata del Pd — Acquisire che l’avvocato Lanzalone ha lavorato gratis per il comune sullo stadio e quindi viene ricompensato con la nomina a presidente Acea è un reato”.
Le fa eco Davide Bordoni, capogruppo capitolino di Forza Italia, secondo il quale “le nomine in Acea sono ad appannaggio di amici e creditori della sindaca, come l’avvocato Luca Lanzalone che aveva lavorato gratis per il comune e che ora, come risarcimento, si ritrova uno stipendio da dirigente”.
Polemici perfino i Verdi: “Siamo sorpresi, ma non troppo, che proprio sulla questione delle nomine dei vertici Acea il M5s abbia rinunciato al tanto sbandierato metodo della ricerca del curriculum migliore”.

Vincenzo Bisbiglia
(da “il Fatto Quotidiano“)

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LA NUOVA STRATEGIA DI RENZI: EVITARE APPARIZIONI IN TV PER NON INFLAZIONARSI

Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile

IL PORTAVOCE: “IN QUESTA FASE MATTEO MENO APPARE E MEGLIO E'”

Chi insegue, anche con affanno, ha tutto l’interesse a partecipare agli eventi televisivi con l’inseguito.
Matteo Renzi invece snobba i competitori Andrea Orlando e Michele Emiliano che di faccia a faccia in tv ne vorrebbero tanti.
«Uno ogni settimana, oltre a quello di Sky» del 26 aprile, propone il ministro della Giustizia che stuzzica e sfida il suo ex premier: «Se Renzi si sente così forte sono sicuro che me ne concederà  altri».
Matteo non ci pensa proprio. Ha già  rifiutato l’invito di Enrico Mentana, Bruno Vespa e Lucia Annunziata. Ha detto di no al direttore del Tg1 Mario Orfeo, che sembra l’abbia presa molto male.
«Vi mando Maurizio Martina, fa parte del ticket: io gioco in squadra», è la strategia di Renzi. Poche uscite quotidiane, non più di una o due, mirate, di «qualità ».
Non il profluvio di interviste, dichiarazioni, iniziative ubique, conferenze stampa come è successo nella campagna elettorale per il referendum.
Con il risultato di avere mobilitato tutti quelli che ce l’avevano con lui e sono andati a votare, affossando la riforma costituzionale.
«Matteo è un grande comunicatore, non ha bisogno di inflazionare la sua presenza sullo schermo e sui giornali con qualche frasetta qua e là . Meno fa, meglio è, e poi deve parlare dei problemi degli italiani, non mettersi a replicare agli altri».
A spiegare è Michele Anzaldi, odiato in Rai per le sue accuse lanciate come magli infuocati verso i piani alti di Viale Mazzini.
È lui il nuovo stratega del Renzi versione meno chiacchierone. Anzaldi pensa che sia meglio limitare il confronto a tre all’appuntamento su Sky.
Una roba «fatta bene», con un forte battage pubblicitario, in un grande studio come quello di X Factor. Un vero evento attorno al quale costruire, prima durante e dopo, una comunicazione completa, organica, capillare.
«Renzi scappa», dice Emiliano. «Renzi ha paura», aggiunge Orlando. La loro tesi è che Matteo voglia tenere bassa la comunicazione sulle primarie del 30 aprile, «quando potranno votare tutti e non solo i tesserati mossi dai capibastone».
Non vuole che vadano in molti perchè potrebbe verificarsi l’effetto-referendum: svegliare la corsa a votare contro di lui. Insomma, sostengono gli avversari, teme che il voto libero aumenti il consenso degli avversari.
«Gli basta un milione di votanti», affermano nei comitati elettorali di Orlando ed Emiliano. Fare il confronto a tre solo su Sky, che ha un audience limitata, per lui è perfetto.
«Ma come – dicono in Rai – non era Anzaldi che diceva che Renzi è come la Coca Cola? Tutti la vogliono. Ora che fa? La toglie dagli scaffali».
Sono queste le battute negli studi televisivi dove si vorrebbe avere la Coca Cola contro gli altri due: «Chi è il portavoce di Anzaldi? Renzi, no?». «Il primo grande risultato della strategia della comunicazione di Renzi è avere creato un nuovo leader: Anzaldi». Il quale manda in Tv Richetti, propone Martina, centellina Matteo, non ha ancora risposto ad una lettera che gli ha mandato la Annunziata.
A questo punto in Rai e dentro La7 si fanno la domanda: perchè Orlando ed Emiliano dovrebbero accettare di stare al gioco di Renzi? Perchè dovrebbero presentarsi il 23 aprile nello studio di In Mezz’ora e discutere con Martina?
Ma c’è una domanda ancora più insidiosa e politica che si aggira nel Pd: le percentuali del voto nei circoli che danno Renzi a circa 68% sono quelle in base alle quali si faranno le liste elettorali?
Orlando (25,4%) ed Emiliano (6,3%) dicono di no e infatti sostengono che la vera corsa è quella del 30 aprile. Renzi invece sembra non pensarla così. Anzi ritiene che il congresso sia bello che finito.

Amedeo La Mattina
(da “La Stampa”)

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CHI SONO I VERI SCONFITTI DELLE PRIMARIE PD

Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile

BERSANI E D’ALEMA SONO SCOMPARSI DAI RADAR…. E L’OBIETTIVO 10% SEMBRA UNA CHIMERA

Tra i tanti esercizi di retorica sulle primarie Pd, la palma del trionfalismo va di diritto a Debora Serracchiani, che le celebra come una «festa della democrazia».
Mentre l’Oscar del giudizio più prevedibile e scontato se lo merita Massimo D’Alema. Il quale non poteva certo cantare le lodi del partito che ha da poco lasciato, in quanto l’avrebbero subito portato in un Tso.
Per cui ha descritto il voto dei 266 mila iscritti come una conta tra «capibastone», attratti dal potere e proni ai voleri del leader che ha rotto con la tradizione della sinistra e presto li porterà  all’abbraccio con Berlusconi.
L’aiuto involontario
Quello però su cui «Baffino» non si sofferma è l’aiuto che lui, insieme con tutti gli altri fuoriusciti, ha recato senza volere alla causa renziana.
Perchè è probabile che, senza la scissione a sinistra e il conseguente addio della «Ditta», Matteo avrebbe faticato a raccogliere il 68 per cento nelle sezioni; e di sicuro il suo competitor Andrea Orlando avrebbe fatto un po’ meglio.
A essere maligni, si potrebbe perfino sostenere che Bersani e D’Alema hanno confezionato un bel regalo a Renzi, il quale guarda caso non ha mosso un dito per trattenerli.
La delusione dei sondaggi
E’ ancora presto per i bilanci che si faranno alle elezioni, nel 2018. Di qui ad allora gli ex-Pd riusciranno forse a ottenere quel 10 per cento di cui da qualche parte venivano accreditati.
Ma intanto, a meno di due mesi dall’addio, nei sondaggi oscillano tra il 4 e il 6, comprendendo pure il movimento di Pisapia e i resti di Sinistra Italiana.
Sono di gran lunga al di sotto delle attese. Quel che è peggio, di loro non si parla quasi più. Come sempre accade in questi casi (la cronaca politica trabocca di esempi) la minoranza che se ne va è oggetto di intense amorevoli attenzioni mediatiche destinate, però destinate a durare giusto il tempo del divorzio.
Dopodichè gli esuli finiscono nel cono d’ombra dell’irrilevanza.
Mdp per ora non fa eccezione.

Ugo Magri
(da “La Stampa”)

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MENTANA E L’INCIUCINO NEGATO CON IL M5S

Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile

INVITATO AL CONVEGNO DI CASALEGGIO, IL DIRETTORE DEL TG DI LA7 SI DIFENDE: “NESSUNA VICINANZA COI GRILLINI”

Enrico Mentana è stato spesso accusato di “inciuciare” con il MoVimento 5 Stelle, così come tutta La7.
I “sospetti” sono aumentati con la partecipazione al convegno «Sum-Capire il futuro» organizzato da Davide Casaleggio per ricordare il padre Gianroberto a un anno dalla scomparsa.
In un’intervista al Corriere però Mentana respinge tutte le accuse:
E infatti al simposio pentastellato ci sarà .
«E allora? Non vado certo lì a dire “Viva viva i Cinquestelle” o “Siete pronti a governare”. Però non comprendo il pregiudizio negativo del “no, voi no” verso una forza politica che raccoglie il 25 per cento dei voti. Io li ho sempre rispettati, senza rinunciare alle mie idee. Criticare non è attaccare, non è dire sono tuo nemico. Sono vergine sia di servo encomio che di codardo oltraggio».
Pochi giorni fa Giuliano Ferrara, che dice di volerle bene, ha scritto che lei è diventato grillino senza dirlo.
«Giuliano è una bravissima persona, intelligente. Da mesi però vive a Parigi e forse ha sbagliato tasto del telecomando».
E aggiunge che «Enrico procede dissimulando».
«Saprò bene io cosa penso. Non ho bisogno dell’expertise di un altro».
Dunque niente «inciucino» con l’M5S.
«Non ha molto senso. E mi offenderei allo stesso modo se mi etichettassero come antigrillino. In 40 anni di carriera non ho mai conosciuto qualcuno che avesse sempre ragione o sempre torto. Non mi piacciono nè i leccapiedi nè i nemici di professione. C’è una frase di Ernesto Rossi che è per me un punto cardinale: “Se un fascista dice che piove, e piove, ha ragione il fascista”».
Dunque ha perdonato le sparate di Grillo.
«Ha spiegato che non c’entravo e mi è bastato. Gli altri giornalisti non si sono adontati e io non faccio il paladino della categoria. Per chiarirci, mi sarei arrabbiato anche se me lo avesse detto un mio parente stretto».

(da “NextQuotidiano”
)

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UN ARRESTATO PER RAPINA SU DUE FUORI DAL CARCERE DOPO UN ANNO: “MANCA LA CERTEZZA DELLA PENA”

Aprile 4th, 2017 Riccardo Fucile

NON SOLO A CAUSA DELLO “SVUOTACARCERI”, MA ANCHE DELLE LENTEZZE BUROCRATICHE CHE FANNO SCADERE I TERMINI DELLA CUSTODIA CAUTELARE

Alessia e Christian sono due rapinatori. Il 13 settembre scorso hanno drogato Valentino mescolando benzodiazepine alla sua bibita, gli hanno rubato il portafogli e il bancomat, lo hanno mandato all’ospedale.
La polizia li ha beccati grazie alla telecamera della banca da cui hanno prelevato con la carta. Christian ha confessato subito, quindi i due hanno patteggiato la pena per il reato dell’articolo 628 del codice penale. La rapina, appunto.
Quando non è aggravata, sono previsti da tre a dieci anni di prigione. Ma Alessia F. e Christian C. non hanno mai fatto un giorno di carcere.
Questa storia, piccola ma simbolica, arriva da Pescara e traduce in fatti quel sentimento sempre più diffuso in una parte dell’opinione pubblica che ritiene che in Italia non vi sia certezza della pena.
Che ladri e rapinatori, cioè, non vengano perseguiti come si dovrebbe o evitino quasi sempre di pagare per i loro crimini. Ancora due giorni fa è stato il sindaco di Budrio Giulio Perini a rilanciare il tema, dopo l’omicidio del barista Davide Fabbri: “L’unica giustizia è quella della legge, occorre la certezza della pena”.
L’argomento è assai complesso, e investe tutto il sistema della giustizia.
A Pescara, per dire, i due rapinatori Alessia e Christian hanno potuto beneficiare degli effetti del decreto Svuotacarceri, che impedisce la custodia cautelare dietro le sbarre (salvo per reati più gravi) se si prevede che sarà  inflitta una pena non superiore ai tre anni alla fine del processo.
Per Alessia, che ha fatto da esca e ha drogato la sua vittima, è bastato l’obbligo di dimora a Pescara per un anno. Poi con il patteggiamento, le attenuanti generiche, il peso della fedina penale fino ad allora pulita, la sospensione condizionale della pena, i due rapinatori hanno chiuso la questione senza scontare neanche un giorno.
Un caso limite, certo. Quasi sempre infatti, i responsabili di rapine e furti nelle abitazioni che vengono presi in flagranza o a seguito di un’indagine, in carcere ci finiscono.
Il problema è che poi non ci rimangono quanto dovrebbero. Alcuni dati ufficiali, e inediti, del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria dimostrano infatti che il richiamo dei sindaci alla certezza della pena non è poi così campato in aria.
Nel 2015 nel nostro Paese sono state arrestate 10.203 persone con l’accusa di rapina: la metà  di queste è già  uscita.
Ad oggi 3.573 sono state scarcerate per proscioglimento o decorrenza dei termini, che significa che gli indagati erano sottoposti a custodia cautelare per evitare che scappassero o ritornassero a rapinare, ma poichè il processo tardava ad arrivare, il magistrato li ha rimessi in libertà .
Altri 1.741 detenuti, invece, non sono più in cella perchè sono stati concessi loro i domiciliari o l’affidamento ai servizi sociali.
Sommando le due cifre, fa il 50 per cento. Uno su due.

(da “La Repubblica“)

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