Maggio 31st, 2017 Riccardo Fucile
SI TRATTA DELL’ISOLA DI MORTORIO E LA BARCA BATTE BANDIERA DELLE COLONIE BRITANNICHE… LA ZONA E’ INTERDETTA
Davide Serra su Twitter ha pubblicato oggi due fotografie in cui si vede Beppe Grillo su una barca in compagnia della moglie ParvinTadjk e di un uomo che guida l’imbarcazione.
La bandiera che batte l’imbarcazione è la Red Ensign civile (colonie britanniche) e Serra fa ironia sui “taxi del Mediterraneo” di cui parlò Luigi Di Maio a proposito delle barche che soccorrono i profughi.
Serra scrive anche che Grillo si trova sull’Isola di Mortorio, che è «un’area a massima tutela ambientale, per quanto riguarda sia la zona terrestre (classificata come TA) che lo specchio acqueo che circonda l’isola; per tale ragione l’accesso ai mezzi nautici e lo sbarco delle persone dell’isola è totalmente interdetto e soggetto a controlli e sanzioni amministrative da parte del Corpo Forestale e di vigilanza ambientale regionale».
L’assessorato al turismo della Regione Sardegna conferma che mell’intera zona dell’Isola di Mortorio è tutto interdetto.
Nel luglio dell’anno scorso Grillo venne avvistato in zona: «Ha una casa al Pevero, non la chiama villa, e nella spiaggia del Pevero va a fare il bagno” dicevano gli abitanti della zona.
Serra ne approfitta per fare ironia sul francescanesimo di Beppe, che, a giudicare dallo scatto, non sembra applicarsi al momento delle sudate vacanze.
Nè Grillo sembra essere molto superstizioso, visto che in quella zona nel 1997 fece naufragio con il suo yacht “Giò II”, dopo aver urtato uno scoglio, e fu salvato da una barca di passaggio.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2017 Riccardo Fucile
LO STAFF SI GIUSTIFICA: “AVEVA UN APPUNTAMENTO IN ZONA”… E’ POLEMICA SUI SOCIAL
Auto della sindaca Appendino in divieto di sosta?
Sicuramente parcheggiata dove i cittadini qualunque non possono mettere l’auto, ovvero l’isola pedonale di via Roma, davanti a un noto negozio di ottica.
E i commenti su Facebook si scatenano tra chi si stupisce, chi puntualizza, chi giustifica e chi s’indigna.
Le foto sono postate da Mirko Bretto, un utente della pagina Facebook “Torino Sostenibile”, e raffigurano la Nissan elettrica donata dall’azienda automobilistica nipponica al Comune di Torino.
Macchina che viene utilizzata spesso dalla sindaca nei suoi giri in città . Questa mattina l’auto è stata avvistata in via Roma all’altezza del negozio Salmoiraghi Viganò, quasi all’angolo con via Cesare Battisti: piena area pedonale, e ne è scesa proprio la sindaca.
La cosa fa comunque un certo effetto considerato l’impegno di Appendino nella campagna lanciata pochi mesi fa, anche a suon di multe, contro la “malasosta” in città . Dal Comune si limitano a sottolineare che la sindaca è “sottoposta a tutela” e che aveva “un appuntamento nella zona” (la tutela non c’entra un bel nulla comunque)
Il commento dell’utente è ironico: “Dai vita a buoni esempi, sarai esentato dallo scrivere delle buone regole, diceva Pitagora. Questa mattina, 8.30 via Roma, indovinate chi è uscita dalla macchina, lasciandola parcheggiata lì”.
Seguono commenti di tutti i tipi. C’è anche chi suggerisce che la vettura poteva stare lì perchè ha la paletta della polizia municipale, quindi è come un’auto dei vigili a tutti gli effetti.
Altri sostengono che comunque le auto del Comune possono entrare, cosa non del tutto vera: dipende da quale funzioni si devono svolgere.
D’altronde nemmeno i taxi, che sono pari al servizio pubblico, possono entrare in quel tratto di via Roma, dove invece, solo alla mattina, possono entrare i furgoni delle consegne.
Divieto assoluto, comunque, ai privati cittadini.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 31st, 2017 Riccardo Fucile
CONTINUA L’EPOPEA DEL COMMERCIO AMBULANTE A ROMA, CON LA RAGGI LA SITUAZIONE E’ PEGGIORATA ANCORA
Il vento sta cambiando a Roma. Lo possono vedere tutti guardando da che parte sventolano le mutande appese dai mutandari sulle loro bancarelle.
E già il fatto che continuino a sventolare la dice lunga.
Ieri il Consiglio Comunale della Capitale ha iniziato i lavori per l’approvazione del nuovo regolamento per il commercio sulle aree pubbliche. Il Presidente della Commissione Commercio Andrea Coia ha strenuamente difeso il nuovo regolamento. Proprio lui, che quando era all’opposizione si era scagliato contro la vergogna dei “mutandari” promettendo che le cose sarebbero cambiate.
Ma le cose non stanno così, e il regolamento del Commercio è solo un favore ai soliti noti. Che come tutti sanno a Roma si chiamano Tredicine. La famiglia dei re del commercio ambulante che guida anche un paio di sindacati di categoria.
Ma il MoVimento 5 Stelle romano — che governa la città da quasi un anno — non ci sta a passare per quello che sta con le lobby. Anche se si tratta della lobby degli ambulanti. Anche se a livello nazionale esponenti del M5S sono scesi in piazza per manifestare contro la direttiva Bolkestein proprio a fianco dei Tredicine.
E così ieri in Aula Giulio Cesare mentre Coia presentava il regolamento i 5 Stelle hanno fatto finta di essere all’opposizione protestando contro il PD “che non vuole le regole”, chiedendo “più sanzioni” e per dire “no al monopolio”.
Tutte cose di cui in effetti ci sarebbe bisogno, ma che nel nuovo regolamento non ci sono.
Non contenta la maggioranza ha fatto interrompere la seduta per convocare una conferenza stampa. Conferenza stampa durante la quale non è stato concesso di fare domande.
Curiosamente poi alcuni bancarellari venuti ad assistere alla seduta hanno aggredito verbalmente la Presidente del I Municipio Sabrina Alfonsi (PD). La Alfonsi è nota per le sue posizioni molto critiche sull’invasione di bancarelle natalizie in Piazza Navona. Bancarelle che guardacaso sono per la maggior parte riconducibili ai Tredicine che in Piazza Navona detengono sostanzialmente un monopolio. Bancarelle il cui ritorno è stato consentito l’anno scorso proprio dai 5 Stelle.
Durante la conferenza stampa Coia ha diffuso l’elenco di testate giornalistiche che hanno criticato il nuovo regolamento sul commercio ambulante.
Secondo il nuovo regolamento i titolari delle concessioni potranno vendere merci diverse da quelle previste dall’autorizzazione. Inoltre potranno appendere prodotti alle pensiline.
Un aspetto questo che è stato molto criticato da chi ritiene che le bancarelle con le merci appese — soprattutto magliette e biancheria intima deturpino la città trasformandola in un gigantesco suq. In effetti nelle altre capitali europee le bancarelle non sono ad ogni angolo di strada.
Il regolamento prevede anche il via libera alla vendita di cibi e bevande tra i banchi dei mercati rionali fino alle 23.30. In pratica i mercati diventeranno dei luoghi di ritrovo per turisti, con buona pace dei residenti e dei cittadini romani.
Non viene invece risolta la questione dell’anzianità che favorisce i soliti noti.
Il nuovo regolamento prevede infatti un premio per l’anzianità su piazza (al massimo 100 punti su 250).
Anche la questione delle sanzioni per gli abusivi è una delle dolenti note del nuovo regolamento: invece che inasprirle vengono “ridotte”.
Ieri il consigliere della Lista Marchini Alessandro Onorato ha detto in aula che con il nuovo regolamento “Un commerciante in sede fissa vede applicato il massimo della sanzione, un commerciante in area pubblica il minimo”.
Il regolamento pone un limite al numero di licenze (5 alimentari + 5 non alimentari) che una famiglia anagrafica può detenere.
Ma è anche vero che questo limite è facilmente aggirabile — come è stato fino ad ora — grazie al ricorso ai prestanome.
Un’inchiesta di Repubblica di qualche anno fa rivelava che nel 2012 dei 68 posti disponibili per i venditori ambulanti nel centro di Roma 42 erano di proprietà dei Tredicine.
Il Tempo invece sostiene che delle 70 licenze del centro storico “almeno la metà sono riconducibili direttamente o indirettamente a Tredicine“.
Il Fatto Quotidiano faceva anche notare che attualmente il Comune ricava appena 1,5 milioni di euro l’anno dalle concessioni per oltre undicimila postazioni. Troppo poco, senza dubbio, ma il problema forse è che le postazioni sono troppe.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2017 Riccardo Fucile
COSA PUO’ SUCCEDERE DOPO? VERSO UN’ALLEANZA “VERDE” TRA EUROPA E CINA
È attesa nei prossimi giorni la decisione del presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, sull’accordo sul clima di Parigi.
Secondo il sito Axios, Trump ha deciso di abbandonare l’intesa e una prima conferma arriva da un funzionario ‘senior’ della Casa Bianca, che ha parlato con Abc News.
Il funzionario ha detto che Trump “probabilmente” deciderà di ritirare gli Stati Uniti dall’intesa, ricordando comunque che nessuna decisione è definitiva finchè il presidente non la annuncia.
La Casa Bianca starebbe lavorando all’annuncio, con l’obiettivo di spiegare le ragioni dell’abbandono, secondo Abc News.
Nell’accordo sul clima di Parigi, che venne raggiunto nel settembre 2015, la soglia per il riscaldamento globale è fissata “ben al di sotto dei 2 gradi”, ma prevede anche un impegno a “fare sforzi per limitare l’aumento a 1,5”, in linea con le richieste degli Stati insulari.
Sulla riduzione delle emissioni, invece, il testo non parla di “neutralità carbonica”, ma di “equilibrio fra emissioni da attività umane e rimozioni di gas serra”, e non fissa una timeline precisa, limitandosi a imporre di “raggiungere il picco il più presto possibile” e poi accelerare per arrivare all’equilibrio “nella seconda metà di questo secolo”.
Sui finanziamenti ai paesi avanzati viene ribadito l’obbligo di “fornire risorse” per supportare quelli in via di sviluppo, e chiesto di stilare una “roadmap precisa” per arrivare a mobilitare 100 miliardi di dollari l’anno da qui al 2020.
L’accordo dà il via a un meccanismo di rimborsi per compensare le perdite finanziarie causate dai cambiamenti climatici nei paesi più vulnerabili geograficamente, che spesso sono anche i più poveri.
Il meccanismo, secondo le ONG del Climate Action Network, non fornisce garanzia di assistenza per i più colpiti nè implica responsabilità giuridica o compensazione. Come volevano all’epoca gli USA, che volevano evitare le cause contro le aziende più inquinanti.
Intanto il Financial Times ha visionato dei documenti alla vigilia del vertice Ue-Cina, che illustrano come Bruxelles e Pechino intendano accelerare le misure per realizzare l’”irreversibile” abbandono dei combustibili fossili per implementare lo “storico traguardo” dell’accordo di Parigi.
Un’alleanza verde tra Cina e UE in funzione anti-Trump?
(da agenzie)
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Maggio 31st, 2017 Riccardo Fucile
AI PM NON E’ MAI ARRIVATA LA MEMORIA ANNUNCIATA DALLA SINDACA SULLA VICENDA DELLA NOMINA DEL FRATELLO DI MARRA
Virginia Raggi è tornata a ribadire che in caso di rinvio a giudizio per le vicende per cui oggi è indagata dalla procura di Roma non intende dimettersi da sindaca. Non avevamo dubbi…
Intanto, scrive oggi Fiorenza Sarzanini sul Corriere della Sera, la difesa della prima cittadina della Capitale ha rinunciato a presentare la memoria difensiva che il suo avvocato aveva annunciato all’epoca dell’interrogatorio:
Al termine dell’interrogatorio del 2 febbraio scorso – quando si scoprì che Romeo le aveva intestato alcune polizze vita – l’avvocato Alessandro Mancori, difensore di Raggi, annunciò la presentazione di una memoria «entro due settimane».
E il 16 marzo scorso spiegò: «Tra 15 giorni sarà consegnato alla Procura il lavoro della difesa che sarà molto strutturato da un punto di vista tecnico per spiegare l’iter delle nomine, allegando dei documenti. Abbiamo sentito come testimoni persone informate sui fatti rispetto a circostanze sulle quali ci siamo difesi il giorno dell’interrogatorio. Indicheremo nella memoria altre persone da sentire se i pubblici ministeri vorranno farlo. Contiamo di chiarire tutto e chiudere questa vicenda».
Da allora nulla è però arrivato in Procura.
Essendo trascorsi due mesi è possibile che la difesa abbia scelto di attendere la decisione dei pubblici ministeri senza scoprire le proprie carte.
L’intenzione della Procura sembra essere quella di chiudere in un’unica tornata sia il fascicolo in cui è indagata in concorso con Marra, sia quello che la coinvolge insieme con Salvatore Romeo.
La vicenda è quella dell’indagine per abuso d’ufficio e falso per la nomina di Renato Marra, fratello di Raffaele, a capo dipartimento per il Turismo: per i pm non fece una comparazione dei curriculum e non impedì a Raffaele Marra di partecipare alle procedure di nomina del fratello.
(da “NextQuotidiano”)
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Maggio 31st, 2017 Riccardo Fucile
“LA IUVENTA UN ANNO DOPO? UN SUCCESSO CHE URLA IL FALLIMENTO DELL’EUROPA”: INTERVISTA AL DOCUMENTARISTA MICHELE CINQUE CHE HA SEGUITO PER MESI LE OPERAZIONI DI SOCCORSO
“Della Iuventa mi sono innamorato a prima vista”, dice Michele Cinque, il documentarista romano 33enne che sta montando il suo ultimo film sull’esperienza vissuta a bordo della nave allestita da un gruppo di ventenni tedeschi per salvare i migranti nel Mediterraneo.
“Sono stato a bordo della loro prima missione, poi ho seguito per un anno alcuni dei ragazzi della Iuventa e alcuni di coloro che avevamo salvato”.
Un’esperienza forte?
“Drammatica e indimenticabile. Era la primavera dell’anno scorso. La Ong Jugend Rettet, fondata nel 2015 da giovani della media borghesia tedesca che invece di andare all’Università hanno scelto di salvare i loro coetanei in fuga dalle guerre e dalla fame, aveva acquistato la nave e aveva appena finito di allestirla nel porto di Endem, in Germania. Avevano trasformato quel peschereccio in una vera nave adatta a missioni di search and rescue, e stavano partendo per Malta. Era maggio, quando lessi la notizia presi il telefono e li chiamai”.
Cosa la incuriosiva?
“La loro storia mi ha emozionato subito. Mi interessava il loro slancio utopico, quello di pensare che un gruppo di ventenni potesse avere un impatto concreto in uno dei problemi che sta mettendo in crisi l’Europa; che ragazzi così giovani ci credessero al punto da aprire un crowd funding, comprare la barca e partire in prima persona per il Mediterraneo”.
Pensavano davvero di cambiare il mondo?
“Sì, e naturalmente sapevo che il loro slancio utopico si sarebbe scontrato duramente con la realtà . Il loro gesto di denuncia non avrebbe cambiato granchè le politiche migratorie europee. Ma era un tentativo che valeva la pena di filmare. Dieci giorni dopo ero a Malta, e via in mare a bordo della prima missione della Iuventa”.
Quante persone avete salvato?
“Oltre duemila in quindici giorni, tra fine luglio e l’inizio di agosto. Abbiamo visto e ripreso tutto, in quella zona di mare di fronte alla Libia. In alcune giornate non abbiamo smesso di salvare persone per diciotto ore. Alcune le ho poi seguite per un anno nei centri di accoglienza in Piemonte, Sicilia e Lazio, e nel film racconto la loro vita. Uscirà quest’estate, pensiamo di presentarlo ai festival. Magari a Venezia o a Berlino, vedremo”.
Nello scontro tra utopia e realtà chi ha prevalso?
“A bordo erano in 13. Non avevano mai visto quelle 12 miglia di mare, tra 12 e 24 miglia dalla costa della Libia. È una zona di guerra. C’è la Nato, le colonne di fumo per i gommoni dati a fuoco, il fumo per gli spari delle navi militari… Il primo giorno non facemmo nessun salvataggio, c’era mare mosso. Il secondo eravamo davanti a Sabrata, a 24 miglia dalla costa, e il mare era piatto come una tavola: forse oggi comincia il nostro lavoro, pensai. La mattina avevamo 450 persone a bordo”.
Ci sono stati anche momenti difficili?
“Nel montaggio, ieri rivedevo le sequenze della rianimazione di una ragazza ventenne da parte di uno dei ragazzi della Iuventa. Senza successo, purtroppo. Fu un momento drammatico, uno dei molti. Quei ragazzi vivono una grande felicità quando salvano qualcuno, ma poi c’è lo scontro con la morte: in quel tratto di mare hanno lasciato parte dell’illusione della gioventù, della capacità di credere e di sognare”.
Pensa siano riusciti nella loro vera missione, incidere su un tema cruciale come le migrazioni?
“L’Europa va in direzione opposta alla loro, e lo fa con soluzioni miopi: l’accordo tra Italia e Niger per un contingente al confine tra Niger e Libia con cui fermare i migranti è l’ennesimo muro. Finchè saranno i privati a fare il lavoro che dovrebbe fare la Ue ai confini, possono esplodere polemiche, illazioni o dubbi legittimi come quelli sui possibili contatti tra alcune Ong e i trafficanti. Il mio film racconta proprio la disillusione di questi ragazzi tedeschi un anno dopo: sapevano di non poter essere loro la soluzione, ma pensavano che quando l’Europa avesse visto i ventenni andare in mare a salvare le persone, avrebbe ritenuto finalmente necessario istituire un nuovo programma di salvataggio come fu Mare Nostrum. E invece la Iuventa ha già salvato quest’anno oltre seimila persone in 5 missioni, un numero pari a tutte quelle salvate nelle sette missioni del 2016. Questa per loro è una sconfitta”.
Siete entrati anche nelle acque costiere libiche?
“Solo quando la guardia costiera dà il permesso. Quella italiana, perchè la libica non è facile da identificare. Ci sono navi che sono state attaccate da quella che pareva la guardia costiera libica. Molto spesso sono vestiti da militari e imbracciano l’AK47, come gli uomini delle milizie che incrociano in quelle acque”.
Come stanno i ragazzi che avete aiutato e poi seguito?
“Ne abbiamo ritrovati 6. Stanno seguendo l’iter burocratico, lentissimo, e per un paio d’anni non sapranno nemmeno se la richiesta di asilo politico verrà accolta. Il fotografo che era con me ha fotografato quasi tutti coloro che abbiamo salvato. Quando abbiamo rintracciato qualcuno abbiamo portato le loro foto nelle buste, e c’è stato un corto circuito emotivo: noi siamo abituati a vedere quelle immagini con un carico drammatico che ce le rende insopportabili; loro invece le vedono come un viaggio che un ragazzo europeo può fare a sedici o diciotto anni con gli amici: ‘Ah, guarda, c’è anche lui nella foto! Guarda Tizio, era qui con Caio…”.
E a lei cos’è rimasto, di questo viaggio?
“La consapevolezza degli errori che l’Europa sta commettendo. Ho conosciuto ragazzi ghanesi di 19 anni che sono stati due anni e mezzo nei campi di prigionia in Libia. Dire ‘facciamo un blocco navale e lasciamoli in Libia’ non rispecchia nessuno dei principi di quella che vogliamo sia la nostra Europa. Creare nuove prigioni non è l’Europa dei venti o trentenni. Ma mi ha lasciato anche la consapevolezza che bisogna lottare in prima persona, per cambiare le cose”.
Cosa dovrebbe fare, l’Europa?
“Ci sono 1,5 milioni di persone sulla costa libica che aspettano di partire, ne arrivano duecentomila l’anno e cinquemila muoiono in mare. Non voglio difendere Gheddafi, ma la situazione è peggiorata. Un ragazzo che non ha mai visto il mare mi ha detto ‘accidenti quanto è grande questo lago’. Perchè la Ue non investe uno o due milioni di euro per fare una campagna mediatica in Africa? Per far capire a questa gente che le condizioni in Europa non sono quelle che immaginano? Che il sogno europeo non c’è più? Le uniche campagne media le fanno gli scafisti: inserirò nel film un video preso da YouTube che mi ha mostrato un ragazzo del Ghana, è un appello di un giovane che dice: fratelli, voi ci vedete su Facebook con auto belle e bei vestiti, ma noi in realtà viviamo per strada e non abbiamo il coraggio di dirvi che qui stiamo peggio che in Africa”.
(da “La Repubblica”)
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Maggio 31st, 2017 Riccardo Fucile
LO STUDIO EMG: GENTILONI E MATTARELLA BATTONO RENZI E SALVINI
Parlare tanto in tv, invadere schermi e molestare timpani non porta bene ai politici.
Di certo non genera automaticamente consenso, ecco. Quella che era una sensazione intuitiva viene adesso dimostrata da uno studio sulla presenza sui media dei principali protagonisti della vita politica, dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella ai leader delle forze principali fino a quelli minori.
E chi si candida e si prepara a condurre la prossima anomala campagna elettorale balneare, tra spiagge e italiani in vacanze, farà bene a tenerne conto
Il primo dato che infatti balza all’attenzione, dall’analisi condotta dalle società Cedat 85 e Emg Acqua società diretta da Fabrizio Masia, è che proprio il capo dello Stato e il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni, benchè non cima alla classifica per tempi di “esposizione” e presenze, risultano comunque in testa a quella per gradimento e credibilità .
Come dire, meglio apparire poco ma risultare “operativi” che strabordare in tv a qualsiasi ora e dare l’impressione di non fare altro.
Arrancano dietro, per dire, anche Di Maio e Salvini.
Lungo tre settimane è stata passata a setaccio dunque la presenza dei 14 politici più rappresentativi (Sergio Mattarella, Paolo Gentiloni, Matteo Renzi, Luigi Di Maio, Matteo Salvini, Pietro Grasso, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Laura Boldrini, Angelino Alfano, Andrea Orlando, Massimo D’Alema, Michele Emiliano e Nicola Fratoianni) nelle trasmissioni delle principali tv nazionali (Raiuno, Raidue, Raitre, Canale5, Rete4, Italia1, Skytg24 e Tgcom24), i dati numerici sono stati incrociati poi con l’indagine sulla fiducia condotta su un campione di duemila italiani maggiorenni.
Il primato del minutaggio tv spetta a Matteo Renzi, apparso sugli schermi in tre settimana per 5 ore, ma il segretario dem è alle spalle di Gentiloni nell’indice di fiducia (22 per cento contro 26), come pure è al 22 Di Maio. Mentre Salvini e il presidente del Senato Grasso sono entrambi al 19.
Le conclusioni che tirano i ricercatori sono semplici: “Gentiloni fa notizia, ma non è tra gli stacanovisti del microfono, a differenza di Renzi”
Secondo il pubblico intervistato però il premier è il “più serio e onesto”, il più “preparato e competente” tra i politici.
La graduatoria per “carisma e capacità di comunicare” va invece sempre a lui: Silvio Berlusconi, al quale tuttavia le tv hanno dedicato in complesso 40 minuti, con soli 17 secondi di dichiarazioni.
Un’anomalia per Giorgia Meloni: anche se nelle tre settimane hanno parlato di lei solo 2’14”, lei ha parlato con dichiarazioni video quasi dieci volte di più: 34’28”.
E una curiosità : Renzi è comunque tra i pochi a parlare meno di quanto non venga citato: tempo di parola 57’41” mentre il tempo di notizia 59’39”. Molto più loquace per esempio Salvini (1 ora 4 minuti) e il grillino Di Maio (1 ora e 3 minuti).
“Sergio Mattarella – spiega il direttore di Emg Fabrizio Masia – merita un discorso a parte in virtù del suo ruolo super partes. E’ lui a raccogliere il più alto tasso di fiducia pari al 37 per cento”. Per lui 1 ora 21 minuti di presenza tv, ma solo la metà per discorsi diretti (39’53”). Tra i temi da lui trattati, spicca soprattutto il lavoro.
(da “La Stampa”)
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Maggio 31st, 2017 Riccardo Fucile
CONGRESSO A LUGLIO CON LA SOLITA LITANIA SOVRANISTA, STRAPARLA DI “CONTINUITA’ CON ALMIRANTE”, EVOCA FDI COME “GARANZIA ANTINCIUCIO” MA NON DICE UNA PAROLA DEL SUO INCIUCIO CON GRILLO E LEGHISTI
Giorgia Meloni in una intervista al “Tempo” critica la scelta di Berlusconi e Salvini di aver virato sul proporzionale alla tedesca e annuncia un “congresso anticipato”, peraltro senza alcuna novità , con le solite consunte parole d’ordine come “difesa degli italiani e lotta all’islamizzazione”, nel solco lepenista, sconfitto in tutta Europa.
Per la Meloni “in Italia l’alleanza tra lepenisti e centrodestra sarebbe stata possibile. Sarebbe bastato partire dall’Italicum, stabilendo che chi si fosse aggiudicato il 37% dei voti potesse arrivare automaticamente al 51%. Avremmo legato questo premio alla coalizione e il centrodestra avrebbe avuto tutte le carte per vincere le elezioni”.
Fa quasi sorridere, perchè a suo parere gli altri avrebbero dovuto fare un sistema su misura per lei, con premio alla coalizione che arrivasse al 37%, come dire che un terzo dei votanti dovrebbe ottenere il 51% dei seggi e comandare per 5 anni. Questa sarebbe la democrazia secondo la Meloni (e nessuno arriverebbe poi al 37%, detto per inciso)
Ma andiamo avanti nell’analisi.
“Salvini ha preferito andare al voto subito, ingolosito dal proporzionale, e il Cav ha scelto l’accordo con Renzi, convinto così di tornare in qualche modo a Palazzo Chigi” .
La Meloni parla di “inciucio, per il quale però non ci saranno i numeri”.
E il merito “sarà di Fratelli d’Italia che se entrasse in Parlamento impedirebbe un nuovo governo Monti”.
Tradotto: l’inciucio per la Meloni sarebbe solo quello tra Renzi e Berlusconi, non quello tra lei (se superasse il 5%), Salvini e Grillo.
Se vincono gli altri è un inciucio, se vince lei no.
Poi parte per la tangente: “C’è un interesse dei tre principali partiti a marginalizzare le due grandi correnti ideologiche di questo Paese, gli eredi di Almirante e quelli di Berlinguer. È una battaglia che mi affascina molto: la difesa della destra italiana”.
Chi sarebbero gli eredi di Almirante?
Forse dimentica che fu proprio Almirante a rompere con Jean Marie Le Pen?
Forse non ricorda che mai il Msi di Almirante si sarebbe alleato con un partito anti-italiano xenofobo come la Lega?
Di quale destra parla, di quella razzista dalla quale il Msi ha sempre preso le distanze?
E chi sarebbero gli eredi di Berlinguer?
In giro non ne vediamo, come non si vedono eredi di Almirante, salvo che non si usino allucinogeni.
Quanto al problema di superare quota 5%, la colpa sarebbe dei sondaggisti che secondo la Meloni lo fanno apposta a quotare Fdi al 4,5%, insomma è un complotto ordito contro di lei. Meglio non commentare…
Ma a chi preme sapere: “ok, se ti diamo il voto ed entri in parlamento e risulti determinante, poi che fai?” la Meloni risponde solo a senso unico: “impediremo l’inciucio tra Renzi e Berlusconi”.
Caso strano non spende una parola sull’inciucio opposto, sembra la “coalizione dei vili”.
Di Maio, Salvini e Meloni vogliono il voto a prescindere, tipico dei magliari della politica, non hanno neanche la correttezza di dire che il vero inciucio è il loro, visto che l’altro almeno viene dichiarato.
Dal patto del Nazareno al “patto dei fuoricorso” che non fanno 15 esami sostenuti in due.
Chiamatevi sovranisti, la destra è una cosa seria, lasciatela stare.
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Maggio 31st, 2017 Riccardo Fucile
INVECE CHE RIPRENDERE IL SUO SOSTENITORE PER IL TERMINE RAZZISTA, IL GOVERNATORE VENDUTO ALLA LEGA E CHE PERMETTE CHE IN GIUNTA SIEDANO COME ASSESSORI DUE POLITICI DI LEGA E FDI SOTTO PROCESSO PER PECULATO, AVALLA UNA FRASE CHE TRASUDA ODIO RAZZIALE
“Ma quando le rimpatriamo quelle bestie straniere?”, chiede un sostenitore di Giovanni Toti. Il presidente della Regione Liguria, forzista con un legame di ferro con la Lega Nord, risponde come se niente fosse.
Invece di contestare l’uso di quel “bestie straniere”, commenta così: “Appena andiamo al governo. Purtroppo la Regione non può far nulla in questo campo. Dipende dal ministero degli Interni a Roma”.
Lo scorso 29 maggio alle 17,14 Toti pubblica un post sul centro storico della città e sulla polemica relativa alla movida. Ottenendo 845 likes.
Alle 00,58 di martedì arriva la sua risposta che ora ha scatenato un putiferio. “Penso che i social rivelino l’identità autentica di ognuno di noi. Questo è il vero Toti, va dal Papa il sabato e poi risponde senza problemi a un commento del genere. Ma il cattolico Marco Bucci, candidato sindaco a Genova, non si vergogna di queste parole?”, dice la capogruppo in Regione del Pd, Raffaella Paita.
Anche Walter Massa dell’Arci protesta: “Toti, dai le dimissioni e torna a Roma. I razzisti devono stare fuori dalle istituzioni”.
Le parole di Toti arrivano dopo la visita avvenuta ieri nel quartiere popolare di Begato insieme a Matteo Salvini, nel giorno in cui la giunta regionale ha approvato la riforma per le assegnazioni di edilizia residenziale pubblica imponendo la residenza in Italia da almeno dieci anni, provvedimento accusato di incostituzionalità dalle opposizioni e che è solo l’ennesimo spot elettorale.
Le case popolari vanno costruite per rispondere alla richiesta degli aventi diritto, non si risolve il problema scatenando una guerra tra poveri.
(da agenzie)
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