Destra di Popolo.net

FURBETTI PADANI: RADIO PADANIA CHIUDE, DIECI GIORNALISTI LEGHISTI ASSUNTI IN REGIONE SENZA CONCORSO

Maggio 27th, 2017 Riccardo Fucile

SALVINI FA PAGARE IL SUO FALLIMENTO AI CONTRIBUENTI: LUI RISPARMIA GLI STIPENDI, TANTO PAGANO I FESSI… E VI SONO CONFLITTI DI INTERESSE EVIDENTI: POLITICI CON CONTRATTO DA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

Dopo vent’anni di trasmissioni Radio Padania Libera spegne le frequenze in Fm, lasciando l’etere per trasformarsi in web radio. I suoi programmi (dieci ore di diretta al giorno) continueranno solo via Internet e grazie alla frequenza digitale in Dab e tramite applicazione per smartphone e tablet.
Negli studi di via Bellerio ha iniziato nel 1999 la sua scalata anche il segretario Matteo Salvini prima di diventarne direttore.
Quattro giornalisti e tre registi è quello che rimane della macchina mediatica voluta da Umberto Bossi, Roberto Maroni e Roberto Calderoli: Tele Padania, chiusa nel 2014, contava tre giornalisti e tre tecnici mentre il quotidiano “La Padania” al momento di fermare le rotative, un anno dopo, aveva una ventina di dipendenti tra giornalisti e tipografi.
Ora si scopre che di questa truppa di giornalisti con il fazzoletto verde in dieci sono approdati alla Regione Lombardia grazie ad un contratto di consulenza o di collaborazione, senza insomma il concorso pubblico.
Passione e fede leghista, stipendio da pubblica amministrazione.
Il primo a passare da via Bellerio a Palazzo Lombardia è stato Roberto Fiorentini.
Un passato da direttore di Tele Padania e prima ancora al quotidiano del Carroccio. Nel 2010 pochi mesi prima di diventare direttore di Lombardia Notizie, l’agenzia di informazione della Giunta regionale, è protagonista di un pasticcio brutto.
Una troupe tv gira un servizio in un campo nomadi e viene presa a sassate. Fiorentini, in collegamento radiofonico commenta l’accaduto attribuendone la responsabilità  a Gad Lerner, colpevole di «aver aizzato, in maniera anche violenta, alcune comunità  rom contro la Lega».
Massimiliano Ferrari è stato fondatore della tv di partito e direttore responsabile del Tg Nord. Espulso nel 2006 si è riavvicinato al movimento con l’elezione del governatore Roberto Maroni.
Ed ecco arrivare la consulenza da Eupolis, la controllata per le ricerche e la statistica. E poi la scorsa estate chiamato dall’assessore al reddito di cittadinanza e inclusione sociale Francesca Brianza per la «risoluzione delle problematiche relative alla comunicazione internazionale legata al ruolo pro tempore dell’assessore alla carica di Presidente della Regio Insubrica».
Un incarico da 19.200 euro all’anno per una macro-regione che esiste solo sulla carta.
Tra i nove giornalisti di Lombardia Notizie c’è anche Manuela Maffioli, a lungo portavoce di Ettore Adalberto Albertoni, ex membro del consiglio di amministrazione della Rai e membro laico del Consiglio superiore della Magistratura.
Percorso inverso per l’ex redattore della Padania Fabrizio Carcano: due anni e mezzo all’agenzia di notizie regionale prima di trasferirsi a Roma e diventare portavoce del segretario della lega lombarda Paolo Grimoldi.
Un passato da giornalista di Tele Padania anche per Ilaria Tettamanti: entrata nella tv nel 2001 dove è rimasta per sette anni è ora approdata al gruppo consiliare della Lega per lo «studio ed analisi dei riflessi della fine del monopolio della comunicazione e realizzazione di documenti audiovisivi che sfruttano le potenzialità  di internet».
Paolo Guido Bassi è l’attuale presidente del municipio 4 di Milano, uno delle mini-giunte della metropoli. Passione leghista fin dal 1991, è stato con Salvini nel movimento dei giovani padani. All’indomani dell’elezione di Roberto Maroni a presidente ecco premiata la sua fedeltà  con un contratto da giornalista di cinque anni a Lombardia Notizie.
Stesso conflitto d’interesse di uomo politico con contratto da amministrazione pubblica di Igor Iezzi, un passato al quotidiano leghista prima della cassa integrazione.
Vulcanico segretario milanese del Carroccio, consigliere comunale a Palazzo Marino e dall’estate 2015 piazzato nello staff dell’assessore allo sport, l’ex campione di canoa Antonio Rossi, con uno stipendio da circa duemila euro al mese.
Un “cursus honorum” tutto incentrato tra i muri di via Bellerio quello di Stefano Bolognini. Prima di fede maronita oggi salviniano di ferro, dopo una parentesi alla Provincia di Milano come assessore alla sicurezza e sfumata l’elezione al parlamentino lombardo è entrato nello staff dell’assessore regionale Simona Bordonali.
Dal Pirellone è passato anche il il fondatore dell’associazione Lombardia-Russia Gianluca Savoini.
Leghista della prima ora e appassionato di geopolitica, sale sul carro del segretario dopo essere stato scaricato da Bobo Maroni di cui è stato portavoce.
Ex collaboratore della Padania, ex capoufficio stampa del parlamentino lombardo, è il regista della svolta “putinista” di Salvini che lo ha piazzato come vicepresidente nel comitato regionale per le comunicazioni.
Nella selva di 105 incarichi a tempo determinato «a supporto degli organi di indirizzo politico» del Pirellone si trovano anche leghisti duri e puri come Leo Siegel, ex conduttore di Radio Padania, più volte eletto per la Lega alle amministrative oltre che mister della nazionale di calcio padana.
Per due anni uno stipendio da 36 mila euro per attività  «di promozione attraverso il coinvolgimento di famiglie,

(da “La Stampa”)

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TERREMOTO, LA VERGOGNA: DOPO NOVE MESI CONSEGNATE SOLO IL 5% DELLE CASETTE PROMESSE

Maggio 27th, 2017 Riccardo Fucile

LA RICOSTRUZIONE CHE NON C’E’: VIAGGIO NELLE ZONE DEVASTATE DAL SISMA… CHI HA PASSATO L’INVERNO IN TENDA O IN UN PREFABBRICATO E’ STANCO DI ASPETTARE L’ARRIVO DELLE “CASETTE” PROMESSE

La primavera è arrivata, le casette no.
La natura mantiene sempre le sue promesse, anche quando porta morte e devastazione come è accaduto dal 24 agosto 2016 in poi nelle terre del Centro Italia, piegate da uno dei terremoti più disastrosi e subdoli della storia d’Italia. Gli uomini, invece, si sono fatti cogliere impreparati.
Le promesse
Nove mesi dopo la prima scossa, la ricostruzione è una parola quasi cancellata dal vocabolario di chi ha subito danni.
E le casette che, secondo i rosei scenari del governo, avrebbero dovuto ripopolare gli Appennini intorno ad aprile come le margherite, sono un miraggio: ne sono state consegnate circa il 5% del totale.
Nel frattempo il numero dei Comuni coinvolti è raddoppiato, quello delle persone da assistere è aumentato di almeno dieci volte e questo tratto di Appennini è ancora un cumulo di macerie e abbandono interrotto da isole umane, le centinaia di persone che non hanno mai abbandonato il loro paese, a dispetto degli inviti ufficiali più o meno perentori, della neve, del ghiaccio della presenza di figli piccoli o di malattie.
Cinzia Quagliarini, 44 anni, 21 metri quadrati di casa prefabbricata a San Giorgio, una frazione di Cascia, in Umbria. Vive lì da due mesi con la famiglia, compresa una figlia di cinque anni. Prima, quando la temperatura era sotto lo zero, vivevano in tenda. Un regalo: sia la tenda sia la casa prefabbricata. «Le casette? Hanno fatto un sopralluogo qualche giorno fa per le aree, non abbiamo visto altro», racconta.
Adele Narcisi, 46 anni, malata di sclerosi multipla, 23 metri quadrati di prefabbricato che divide con il marito a Scai, una frazione di Amatrice: «Ho fatto richiesta per una casetta ma sembra che non ne abbia diritto. La mia casa è dichiarata inagibile perchè circondata dalle macerie, dunque un caso di rapida soluzione, secondo loro». Nel frattempo siamo a fine maggio: se la Caritas Diocesana di Rieti non le avesse regalato il prefabbricato, avrebbe dovuto abbandonare marito e lavoro e trasferirsi sulla costa.
Patrizia Vita, 48 anni, 17 metri quadrati di camper a Ussita, nelle Marche. Li divide con un’amica. Il camper è un prestito a tempo indeterminato di una famiglia, è parcheggiato con altri 5 nell’area camper del paese: «Siamo una decina di persone, teniamo in vita la nostra terra che altrimenti sarebbe totalmente abbandonata. Il nostro obiettivo? Il ritorno degli altri ussitani dalla costa. Quando saremo tutti qui potremo lavorare davvero per la ricostruzione».
Ma quando torneranno lì le popolazioni? Solo quando saranno consegnate le casette, le Sae, Soluzioni Abitative di Emergenza.
Nel frattempo le popolazioni dei Monti Sibillini e delle montagne di Amatrice e dintorni hanno imparato a vivere con la valigia sempre pronta.
Gran parte di chi è andato sulla costa ha dovuto accettare di lasciare il posto ai turisti estivi. La scadenza del contratto per gli ospiti del Natural Village di Porto Potenza Picena, secondo le istituzioni, è il 31 maggio; ma dei 180 ospiti soltanto in 12 hanno aderito in modo volontario al trasferimento, gli altri hanno deciso di rimanere.
Monica Pierdomenico ha una casa inagibile a Ussita: «Ci hanno scaricato tutti, il proprietario dell’albergo, la prefettura. Ora sembra che chi rimane dovrà  pagare. In realtà  ancora oggi non sappiamo nulla di quello che accadrà , siamo balia degli eventi. Sono andata a vedere se potevo affittare qualcosa ma si è anche scatenata la caccia al terremotato esasperato, ci sono prezzi assurdi e case orrende. Ci hanno scaricato e ci stanno anche sfruttando».
Le colpe  
C’è poco da fare: la macchina del dopo-terremoto è in forte ritardo.
La colpa? Del governo che ha sbagliato tutto dall’inizio, sostengono i sindaci.
Della burocrazia, sostiene Renzi, che da premier ha gestito la prima fase degli interventi: «Le norme sono state fatte, i soldi ci sono e il governo Gentiloni ha fatto ancora di più di quanto fatto da noi. Ma la burocrazia diventa spesso un problema. Voglio che in tutti i Comuni, ogni settimana si affacci un parlamentare Pd a chiedere che cosa serve».
Non c’è bisogno che qualcuno si affacci. Servono le Sae, le casette. Ovunque.
A Norcia ne sono state consegnate 101 su 500. Ad Amatrice 25 su 595.
Così sintetizza Sergio Pirozzi, il sindaco: «Per le abitazioni siamo in braccio a Cristo: il percorso è ancora lungo e servirebbero procedure da guerra in tempo di guerra» invece ci sono «più soggetti che si occupano delle abitazioni mentre dovrebbe essercene solo uno».
Quello che a Norcia e Amatrice è considerato ritardo, negli altri 18 Comuni distrutti dalle scosse dell’autunno è assenza totale. Nulla a Visso. Nulla a Ussita. Forse ne arriveranno 26 a giugno ad Arquata del Tronto.
Il sindaco Aleandro Petrucci: «Se a settembre non ci saranno le abitazioni rischio di trovarmi in una situazione paradossale: avere una scuola donata dai privati ma nessuno che potrà  tornare. In quel caso farò molto di più che dimettermi o andare a protestare con una tenda».
È il clima perfetto per far esplodere lotte intestine, risentimenti. Il Parco Nazionale dei Sibillini, ad esempio. La sede è a Visso, il paese dei manoscritti di Leopardi, uno dei centri più colpiti: 9 case su 10 inagibili. Ma il sindaco di Norcia, Nicola Alemanno, da tempo vorrebbe trasferirla sul suo territorio. Con il terremoto ha riproposto la questione chiedendo una soluzione provvisoria, per rendere meno complicati gli spostamenti dei dipendenti del Parco che abitano a Norcia.
Per ora ha ottenuto solo la risposta molto infastidita del sindaco di Visso, Giuliano Pazzaglini. Accusa Norcia di «bulimia».
«Escludendo Amatrice, da soli hanno fagocitato più contributi di quelli ricevuti da tutti gli altri 138 comuni del cratere. E ora vogliono anche la sede del Parco», scrive in una lettera al ministro dell’Ambiente Galletti, al capo della Protezione Civile Curcio e ad altre autorità . «Spero che nessuno presti ascolto a questa richiesta altrimenti – conclude – le conseguenze saranno drastiche».

(da “La Stampa”)

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EMERGENZA PROFUGHI A ROMA E LA RAGGI NON FA NULLA

Maggio 27th, 2017 Riccardo Fucile

SOLO TREMILA I POSTI MESSI A DISPOSIZIONE DAI VARI CENTRI DI ACCOGLIENZA GESTITI DAL VOLONTARIATO, ISTITUZIONI ASSENTI

L’emergenza migranti a Roma è una costante che di emergenziale ha ben poco. Il dodicesimo rapporto dell’Osservatorio romano sulle migrazioni curato dal centro studi Isos mette in evidenza, con i numeri, le tante criticità  che continuano a svilupparsi anche nel 2016, a due anni dall’apertura dell’inchiesta Mafia Capitale.
«Roma, a differenza di Milano – si legge nel dossier – non è ancora attrezzata per l’accoglienza stabile».
Lo dimostrano i 3mila posti totali messi a disposizione di rifugiati e richiedenti asilo dai vari centri di accoglienza, a fronte di un flusso che ha visto passare da Roma negli ultimi tre anni oltre 80 mila migranti.
Non tutti passati per restare, certo, ma dei cinquemila che si sono rivolti all’ufficio Immigrazione del Comune nel 2016, più di mille a dicembre erano ancora in attesa di una risposta, che in molti casi si traduce nella possibilità  di avere un tetto sopra la testa e un pasto caldo assicurato.
Allargando lo sguardo sulla situazione a livello regionale, non va molto meglio.
Il Lazio, dopo la Sicilia, è la seconda regione italiana per numero di posti messi a disposizione dai centri Sprar, il sistema di protezione per i rifugiati.
Eppure, negli ultimi tre anni, mentre è cresciuto del 19 per cento il numero di ospiti delle strutture, sono diminuiti del 7 per cento i posti a disposizione.
Delle persone accolte nei sistemi Sprar, solo il 10% sono donne.
Si alza l’età  media dei rifugiati: meno migranti tra i 18 e i 25 anni (-6 per cento), mentre è in lieve aumento la fascia tra i 26 e i 30 anni (+2 per cento).
Il sistema di accoglienza di Roma, al di là  dei centri, viene tenuto in piedi dalle associazioni di volontariato e dal cosiddetto “privato sociale”.
Una situazione vissuta però con difficoltà , «senza l’aiuto delle istituzioni», accusa Fabiana Musicco, di Refugees Welcome Italia, associazione che si occupa di trovare a rifugiati e richiedenti asilo ospitalità  in famiglie italiane.
E non va meglio all’associazione Baobab, tra le più importanti realtà  del settore a Roma, che si è vista costretta allo sfratto nel 2015, dopo aver visto passare nel suo centro 35 mila migranti tra i soli mesi di giugno e ottobre, e nell’ultimo anno ha subito 17 sgomberi dei campi d’emergenza allestiti dietro la stazione Tiburtina.
Nonostante questo, i volontari di Baobab Experience continuano ad assicurare accoglienza, così come un presidio medico e legale ai rifugiati.

(da “la Stampa”)

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BERLUSCONI “VEDE” LE ELEZIONI: “MANCA POCO ALE URNE”

Maggio 27th, 2017 Riccardo Fucile

IL CONTROCANTO DI GUERINI: “DOPO LA LEGGE SI PUO’ ANDARE AL VOTO”

Con la convergenza sul sistema elettorale “alla tedesca”, le elezioni si avvicinano.
Ne è convinto Silvio Berlusconi, che invia un messaggio a una manifestazione di Forza Italia a Bari per dire che “probabilmente manca poco al momento in cui gli italiani potranno di nuovo scegliere da chi vogliono essere governati, se finalmente potremo avere una legge elettorale condivisa che garantisca l’effettiva corrispondenza tra il voto espresso dagli italiani e la rappresentanza in Parlamento. Per chiarire meglio: se un Partito ottiene il 20% dei voti deve avere il 20% dei parlamentari” scrive il leader azzurro, che negli ultimi giorni ha ripreso il dialogo con il Pd di Matteo Renzi.
“Immaginate queste elezioni amministrative come il primo tempo di una partita che si concluderà  con le elezioni politiche. Vincere nelle città  è il presupposto per ritornare alla guida dell’Italia” ha detto Berlusconi.
Le delegazioni si incontreranno la prossima settimana proprio per mettere a punto l’intesa sulla nuova legge elettorale, mentre i 5 Stelle hanno chiamato in causa la rete su Rousseau per definire la posizione da prendere.
Parla di elezioni anche Lorenzo Guerini, uomo di punta del Pd.
“Intorno alla legge elettorale c’è la necessità  di costruire l’intesa più ampia. Martedì c’è la direzione del partito e decideremo” spiega a margine di una riunione del Pd lombardo al Pirellone.
Ma aggiunge: “Intanto iniziamo a fare la legge elettorale, poi è evidente che nel momento in cui la legge elettorale viene approvata tecnicamente è possibile andare al voto. Ma un pezzo alla volta, non mettiamo il carro davanti ai buoi”.
Quanto al dialogo Renzi-Berlusconi, Guerini ha risposto che sono “sciocchezze” le voci di un accordo in vista del dopo elezioni.
“Noi – ha detto – siamo alternativi sia al grillismo sia al centrodestra. Dopodichè da soli la legge elettorale non possiamo farla. Ma quello che accadrà  dopo il voto sarà  un altro capitolo”.

(da “Huffingtonpost”)

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BERLUSCONI TORNA IN TV PER SPONSORIZZARE IL PARTITO ANIMALISTA

Maggio 27th, 2017 Riccardo Fucile

COME UN BRACCO DI RAZZA, SILVIO HA SENTITO ODORE DI CAMPAGNA ELETTORALE E SI REGOLA DI CONSEGUENZA

Silvio Berlusconi presenta il suo “zoo” personale ad Arcore aprendo le porte del “recinto” alle telecamere di Rete4 per la trasmissione di Michela Vittoria Brambilla “Dalla parte degli animali”.
Una dichiarazione d’amore al mondo animale da parte del Cavaliere che seduto su una sedia spartana in mezzo al parco con Dudù tra le braccia, decanta le virtù dei suoi amici a 4 zampe.
Parla dei cani, delle pecorelle salvate dalla macellazione, delle loro abitudini e dell’amore che donano senza contropartite.
Dudù (“è la mia ombra”) è il capobanda, il “leader” del gruppo. Ma c’è anche Trilly con cui Berlusconi schiaccia un pisolino nel pomeriggio tenendogli la testolina tra le mani.
“Con Marina abbiamo 23 “bambini”, dico bambini perchè li trattiamo come tali”.
Cita poi Madre Teresa: “Perchè amare gli animali? Perchè ci danno molto e non pretendono nulla, perchè offrono amore, non provano invidia… se riuscirete ad amare gli animali sarete più vicini a Dio”.
Appello agli italiani ad andare nei canili per salvare qualche cane sfortunato (“diventate mamma e papà  di un cagnolino”), ma anche proposte per “sconti sull’Iva sui cibi per animali”.
Di certo bisogna colmare una lacuna europea: “Inserire nella Costituzione l’animale come essere senziente che soffre e ha emozioni”.

(da “NextQuotidiano”)

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A ROMA I BUS BRUCIANO, MA IN ATAC LITIGANO SUI BIGLIETTI DI MILO MANARA

Maggio 27th, 2017 Riccardo Fucile

IL DG ROTA: “NON CONDIVIDO I BIGLIETTI CON I DISEGNI DI MILO MANARA, COME TUTTA UN’ALTRA SERIE DI COSE”

Ieri, come d’abitudine (fa ridere ma è drammatico!) un autobus della linea 20 express è andato a fuoco al capolinea di Anagnina.
Intanto il neo direttore generale dell’Atac, Bruno Rota, si è fatto sentire: «Non condivido assolutamente l’iniziativa dei biglietti con i disegni di Milo Manara e se avessi avuto la possibilità  di dire mia l’avrei detta. Come su tutta un’altra serie di cose».
Incredibilmente, la polemica del giorno su ATAC riguarda i biglietti dei bus con le immagini di Manara, 25mila strisce con le quattro tavole ispirate a opere di Gusrav Klimt e Alfons Mucha.
La storia la racconta oggi il Messaggero:
«I soggetti proposti su un biglietto per il trasporto locale — dichiara ancora il manager — vanno scelti con maggiore accortezza». La faccenda è finita sul tavolo della sindaca Raggi, che ora si trova a dover vestire i panni della mediatrice.
Da una parte l’assessore ai Trasporti Linda Meleo (che ieri l’altro ha postato su Facebook la nuova iniziativa pubblicitaria della municipalizzata) con l’amministratore unico Manuel Fantasia, dall’altra Rota, che già  a Milano aveva portato avanti una battaglia per proibire i nudi nelle pubblicità  del trasporto pubblico.
Marketing contro educazione civica?
La vicenda ha portato ieri sera a un vertice in Campidoglio tra Raggi, Meleo e Rota. «Ma non abbiamo parlato — taglia corto il direttore generale di Atac — di questa cavolata dei biglietti di Manara, bensì di pulizia delle stazioni e dei nuovi bus e soprattutto della dipendente aggredita. Insomma, cose molto serie».
Cose talmente serie che dopo un anno di amministrazione nessuna di queste ha trovato una soluzione.
Intanto, racconta Simone Canettieri, Rota e Fantasia sarebbero già  ai ferri corti:
Un dualismo già  visto per esempio in Ama, dove alla finestra dg e amministratore ne è rimasto uno solo (Antonella Giglio infatti è stata silurata). Questa volta, però, la storia non è detto che si ripeta. Ma nella cittadella di via Prenestina in molti da tempo hanno registrato «l’insofferenza» di Rota che da quando è arrivato ha passato il proprio tempo a studiare, chino su carte e bilanci. Riscontrando anomalie su anomalie.
Un benvenuto all’Atac, che forse l’ex manager di Atm non si aspettava.
Soprattutto per via dei dissidi interni e liftati con Fantasia(sostenuto dalla Meleo). «Prima o poi la sindaca dovrà  fare una scelta netta», è stato lo sfogo che Rota avrebbe consegnato ai fedelissimi.

(da “NextQuotidiano“)

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PAPA A GENOVA, LE LACRIME E LA COMMOZIONE DEI MUSULMANI

Maggio 27th, 2017 Riccardo Fucile

GLI IMAN DI GENOVA COMMOSSI PER LE PAROLE DEL PAPA: “UN UOMO DI GRANDE CARISMA, UN RIVOLUZIONARIO”

Piange l’imam alle parole di Papa Francesco in cattedrale. Ad emozionarsi è Alfredo Maiolese, presidente della Lega musulmani europei, uno dei rappresentanti delle `altre confessioni’ che sono stati invitati a partecipare all’incontro con il Papa.
«Le parole di Francesco mi hanno emozionato sino a farmi piangere perchè sono il miglior strumento per avvicinare tutte le persone e sconfiggere gli estremisti», ha detto. Maiolese che ha sottolineato l’importanza dell’invito in cattedrale.
«Questo papa sta rivoluzionando i rapporti fra la chiesa cristiana e le altre religioni. E sta aiutando l’Islam ad essere meno isolata a causa dei terroristi. Il messaggio di pace di Francesco che parte dal basso, dalle esigenze delle persone, unisce tutti. Giornate come queste sono utili a sconfiggere i terroristi e portare un messaggio di pace nel mondo. Per questo dico grazie a Francesco che con il suo cammino sta abbattendo tutti i muri e unendo tutte le religioni».
Con Maiolese, un altro musulmano era in cattedrale: l’imam di Genova Salah Hussein. «Ascoltare Papa Francesco è stato molto emozionante perchè il suo messaggio è di grande umanità  e concretezza e tocca i veri problemi delle persone», ha detto. «Le parole di pace di grande apertura di Francesco sono il modo migliore per unire le persone e le religioni e per sconfiggere i terroristi che usano la religione per dividere e spaventare. Le sue parole sono rivoluzionarie».

(da “il Secolo XIX”)

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G7, LOTTA AL PROTEZIONISMO NEL DOCUMENTO FINALE, SUCCESSO PER L’ITALIA

Maggio 27th, 2017 Riccardo Fucile

TRUMP E MERKEL DISERTANO LE CONFERENZE STAMPA FINALI… STALLO SUL CLIMA, MACRON E MERKEL INCALZANO TRUMP… STAMANE IL VERTICE CON I PAESI AFRICANI SUL TEMA MIGRAZIONI

Quello di oggi è il secondo e ultimo giorno di quello che è stato definito “il G7 più impegnativo degli ultimi anni”.
Dopo la prima giornata di vertice, conclusasi con l’accordo sul terrorismo, restano ancora divergenze tra i leader riguardo al clima, alla questione migranti e al commercio internazionale.
Secondo le prime indiscrezioni sul dossier finale del G7, è stata raggiunta un’intesa comune sul nodo della lotta al protezionismo.
Stallo invece sul rispetto degli accordi di Parigi sui cambiamenti climatici: agli Stati Uniti è stato concesso più tempo per prendere una decisione.
Niente conferenza stampa finale per Trump e Merkel.
A sorpresa, la cancelliera tedesca e il presidente americano non parleranno al termine della seconda giornata di lavori del G7. Merkel avrà  solo un breve colloquio con i giornalisti tedeschi e non con la stampa internazionale.
Trump invece lascerà  Taormina dopo il pranzo di lavoro con gli altri leader, per recarsi alla base di Sigonella, dove parlerà  in quello che secondo il suo portavoce Sean Spicer “non sarà  solo un messaggio alle truppe” Usa.
Poi l’imbarco sull’Air Force One che lo riporterà  con la first lady Melania a Washington. Al suo posto, parleranno con la stampa il consigliere per la Sicurezza nazionale della Casa Bianca, generale H.R. McMaster, ed il direttore del Consiglio economico, Gary Cohn.
Decisioni insolite, che sottolineano il gelo tra i due leader dopo le polemiche emerse ieri in seguito ad alcune dichiarazioni di Trump, che ha definito i tedeschi “molto cattivi” sul commercio internazionale.
Si terranno invece regolarmente le conferenze del premier italiano Paolo Gentiloni alle 15, e a seguire, salvo cambiamenti di programma, quelle del presidente francese Emmanuel Macron, del premier giapponese Shinzo Abe e del premier canadese Justin Trudeau.
Già  nella giornata di ieri si era capito che le chance erano quasi nulle di vedere Trump davanti alla stampa. Soprattutto dopo le rivelazioni delle ultime ore di Washington Post e New York Times che sembrerebbero aggravare la posizione del genero del presidente, Jared Kushner, nella vicenda del Russiagate. E Trump non vuole chiudere il suo primo lungo viaggio all’estero con un incontro con i giornalisti che potrebbe metterlo in serio imbarazzo davanti al mondo intero. The Donald eviterà  anche domande scomode sui rapporti con la Germania e sulle sue parole sui tedeschi “molto cattivi”.
Sorprende ancora di più la decisione di Angela Merkel di non incontrare i giornalisti. La cancelliera avrà  solo un breve colloquio con i giornalisti tedeschi, non con la stampa internazionale. Si rincorrono le ipotesi per spiegare la decisione, ma a prevalere è l’interpretazione di non voler entrare nel durissimo scontro che ieri ha raggiunto il punto più alto proprio con Donald Trump, dopo la discussione, definita “vivace e franca” dalla Merkel, sulle accuse del presidente americano sulle pratiche commerciali di Berlino.
Clima.
Secondo alcune fonti al G7, dopo “un confronto franco e onesto” sulla questione del clima ci sarà  “un’unica dichiarazione a sette” al termine del vertice, nella quale i sei altri partner si impegneranno “a lasciare più tempo agli Stati Uniti per prendere una decisione sull’accordo di Parigi”. Una presa d’atto dello stallo sul tema del rispetto dell’accordo sui cambiamenti climatici. Indiscrezione confermata da un tweet di Donald Trump, che meno di un’ora prima dell’inizio delle prime conferenze stampa ha scritto: “Prenderò la mia decisione sull’accordo di Parigi la settimana prossima”.Proprio la discussione sul clima è stata definita “difficile, o piuttosto molto insoddisfacente” dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, che ha specificato che “non ci sono segnali finora se gli Stati Uniti rimarranno o meno nell’accordo di Parigi”, definito “così importanti che non dovrebbero ammettere compromessi”.
Commercio internazionale.
“Abbiamo avuto discussioni molto dure sul commercio. Penso che abbiamo trovato una soluzione ragionevole. Ci impegniamo a un sistema basato sulle regole. E vogliamo far sì che il Wto abbia successo”. Queste le parole di Angela Merkel sul negoziato sul commercio estero e i surplus commerciali, che ha aggiunto: “Insieme manterremo i nostri mercati aperti rifiutando il protezionismo, ma anche le pratiche commerciali scorrette”, ha aggiunto. Sul tema, il nodo riguardava la decisione di includere o meno nel documento finale una condanna ad “ogni forma di protezionismo”. Gli Stati Uniti, pur continuando a prediligere la strada degli accordi bilaterali, avrebbero accettato che nel comunicato finale sia inserita l’espressione “lotta al protezionismo”. Un traguardo che, secondo fonti diplomatiche, è un grande successo della presidenza italiana e del G7 nel suo insieme.
Migranti.
Il tema è ancora in discussione nella riunione di oggi, ma da quanto trapela da Taormina c’è consenso sulla formulazione degli impegni sui migranti nel comunicato finale dei Sette. Non vi sarà  tuttavia un documento separato, allegato al comunicato, contenente un piano per la gestione dei flussi migratori.
Caso Russia-Ucraina.
All’ordine del giorno anche una discussione sulla crisi tra Russia e Ucraina: nel dossier finale i Sette Grandi si impegneranno a prendere “ulteriori azioni” nei confronti della Russia, se non rispetta gli accordi di Minsk sull’Ucraina. Sulla necessità  di non levare le sanzioni a Mosca ci sarebbe quindi anche l’accordo degli Usa.
Il vertice con i Paesi africani.
Il programma di stamattina prevedeva all’hotel San Domenico una sessione “outreach” dedicata al tema delle grandi migrazioni. Presenti i leader di Tunisia, Niger, Nigeria, Kenya ed Etiopia, alcune organizzazioni internazionali, il Segretario generale delle Nazioni Unite Antonio Guterres e Christine Lagarde, direttore generale del Fondo monetario internazionale. Assente la premier britannica Theresa May, ripartita ieri pomeriggio per seguire da vicino le indagini sulla strage avvenuta lunedì a Manchester. Al termine del vertice, foto di gruppo in giardino, prima dell’inizio del nuovo vertice tra i ‘Sette Grandi’.
Ad aprire i lavori il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni: “Già  Taormina e la Sicilia dicono quanto è importante per noi il rapporto con l’Africa, ci troviamo nel cuore del Mediterraneo e oggi la discussione si concentra sull’esigenza di partnership a tutto campo tra G7, organismi internazionali e Paesi africani”. Il premier ha aggiunto che “oltre all’innovazione della produttività “, all’Africa servono “infrastrutture di qualità  e investimenti per lo sviluppo del capitale umano”, per poi ricordare che il prossimo G20, in programma il 7 e 8 luglio in Germania, “avrà  una linea di continuità  con l’incontro di oggi, dedicando attenzione particolare all’Africa e all’attrazione degli investimenti”. Il primo ministro italiano ha sottolineato come l’agenda del G7 debba dialogare “con quella per lo sviluppo per l’Africa, l’agenda 2063, che è un caposaldo strategico per lo sviluppo del Continente”.

(da “La Repubblica”)

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DALLA CATTEDRALE LAICA DELL’ILVA, FRANCESCO LANCIA LA SFIDA AI GRANDI DEL MONDO

Maggio 27th, 2017 Riccardo Fucile

PARLANDO AI LAVORATORI, PAPA FRANCESCO HA FATTO GIUNGERE UN MESSAGGIO FORTE SUL LAVORO AI POTENTI RIUNITI A TAORMINA

Pensavo fosse una delle tante visite a una delle Diocesi della nostra Penisola, ma le prime parole dettate a Genova a una lavoratrice inquieta e preoccupata destano attenzione e fanno sussultare le agende dei nostri politici e la classe industriale di ogni Nazione.
È come se il Papa parlando ai lavoratori volesse far giungere a Taormina, ai potenti di turno, la sua e le nostre preoccupazioni: “Quando non si lavora, o si lavora male, si lavora poco o si lavora troppo, è la democrazia che entra in crisi, è tutto il patto sociale”.
Poi ancor più forte: “Quando passa nelle mani degli speculatori, tutto si rovina. Con lo speculatore, l’economia perde volto e perde i volti. È un’economia senza volti. Un’economia astratta. Dietro le decisioni dello speculatore non ci sono persone e quindi non si vedono le persone da licenziare e da tagliare. Quando l’economia perde contatto con i volti delle persone concrete, essa stessa diventa un’economia senza volto e quindi un’economia spietata”. “Bisogna temere gli speculatori, non gli imprenditori”.
In un silenzio assordante dice ancora: “Chi pensa di risolvere il problema della sua impresa licenziando la gente, non è un buon imprenditore”.
Le nuove parabole che nascono dalla gente che incontra. Sono parole che risuonano nella cattedrale laica di Genova, l’Ilva, uno dei più importanti stabilimenti siderurgici.
Sovvengono le parole di un altro Francesco: “E io lavoravo con le mie mani e voglio lavorare…Voglio che tutti lavorino”.
Così, con la scelta della prima tappa tra gli operai e al porto, papa Bergoglio dà  un segnale chiaro, dettato dalla necessità  di risolvere la questione del lavoro, dell’immigrazione, dell’economia. Invita tutti a un’apertura mentale.
La seconda tappa pone subito la questione principale dei pastori, dei religiosi. Come mettere insieme la complessità  della vita moderna e la realtà  della vita spirituale?
La strada indicata è quella del cammino vissuto dal Maestro. La maggior parte del tempo Gesù lo vive con la gente: “in strada.. non in fretta”.
Si tratta di non aver paura del movimento. La paura più grande è una vita statica e senza gente, chi sta lungo le vie del mondo è aperto alle sorprese di Dio. Prete di strada, prete di periferia dal cuore che ama.
Ecco le prime battute di Genova.
Ecco, la “porta” che dal capoluogo ligure si apre per la bella politica, per la buona Chiesa.

(da “Huffingtonpost”)

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