Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
ALTRO CHE COALIZIONE, A PIAZZA SANTI APOSTOLI SFILERA’ L’ALTERNATIVA AL SEGRETARIO: DA BERSANI A PISAPIA, DA ORLANDO A ONIDA
Ci saranno, in massa, i “compagni” di Lecce, appena conquistata dal centrosinistra, dove l’intero gruppo dirigente è passato, il minuto dopo la vittoria, ad Articolo 1.
Ben 101 — proprio così, 101 — tra amministratori, consiglieri comunali, “quadri”, per costruire un’altra cosa, “alternativa” al Pd”: “Il Pd è mutato geneticamente — dice Salvatore Piconese, l’ex segretario — allontanandosi dai suoi valori fondativi. È il Pdr: torsione personalistica, la venatura populista e plebiscitaria, unita all’occupazione di uno spazio puramente centrista nel panorama politico nazionale”.
Ci saranno parecchi pullman dalla Basilicata e dalla Campania, con tanto di striscione di oltre cinque metri, rosso pure quello, “la Campania c’è”.
E anche il potente capogruppo del Pd in Emilia Romagna Stefano Caliandro, che al congresso ha sostenuto Andrea Orlando: “Io andrò. Il Pd è nato per unire, e per unire va ricreata una connessione sentimentale col popolo della sinistra ci ha abbandonato, rifugiandosi nell’astensione. Per ricreare questa connessione occorre partire dai bisogni, non dai personalismi”.
La piazza dell’Ulivo diventa una piazza rossa.
Rossa e arancione, i colori dietro il palco, dove lo slogan è “Nessuno escluso”, traduzione non proprio letterale del “For the many, non for the few” di Jeremy Corbyn: “Il messaggio — dice Roberto Speranza — è semplice: il renzismo va archiviato, superato. Punto. Certe critiche che sento dentro il Pd vanno bene, meglio tardi che mai, ma bisogna entrare nel merito: scuola, lavoro, sanità . Il nostro popolo ci ha lasciato come conseguenza di politiche sbagliate. Ora spetta a noi, fuori dal Pd, il compito di costruire un campo largo”.
Eccolo, il fatidico primo luglio a piazza Santi Apostoli, luogo simbolo dell’Ulivo che fu. Trenta gradi all’ombra previsti e anti-renzismo rovente della piazza: “Se a quelli che vengono — dicono gli organizzatori – proponi l’alleanza col Pd di Renzi, ti tirano le bandiere in testa”.
Il palco, come si sa, è politica nelle manifestazioni della sinistra, il “chi” e “quando” parla.
L’ultimo copione, messo a punto nella mattinata, prevede nella parte iniziale un video di Claudio Amendola, core rosso de’ Roma, poi gli interventi di Francesca Chiavacci, la presidente dell’Arci, di Valerio Onida, costituzionalista che si schierò per il NO al referendum.
Prenderà la parola anche Leoluca Orlando, appena rieletto sindaco di Palermo con un rapporto non proprio d’amore col Pd, che la volta scorsa non lo aveva sostenuto e questa volta, per sostenerlo, ha dovuto rinunciare al suo simbolo.
Gran finale, con Bersani e Pisapia. “Insieme”, il nome scelto per rappresentare la sintesi tra Articolo 1 e Campo Progressista, nome che, se funziona, potrebbe diventare, questa è l’intenzione, il nome della lista o del soggetto che si presenterà alle prossime politiche. Inclusivo, questa è l’altra intenzione, per gli altri che arriveranno: pezzi di sinistra, società civile. In piazza ci saranno Pippo Civati (Possibile), Stefano Fassina (Sinistra italiana), e i comitati del no di Anna Falcone e Tomaso Montanari.
Quando Giuliano Pisapia, il leader in pectore di questo nuovo soggetto, prenderà la parola, la piazza avrà già espresso la sua distanza dal Pd renziano.
Raccontano i suoi che sarà il discorso della “rottura degli indugi”. Certo, l’ex sindaco di Milano è uomo mite nell’indole e prudente nell’eloquio, ma le ultime settimane hanno parecchio indurito la sua posizione, anche perchè è personalmente infastidito da come il suo nome è stato usato, neanche fosse una foglia di fico del renzismo a sinistra.
“Discontinuità ” rispetto alle politiche di questi anni è la parola che nel discorso sancirà la fine di ogni cinguettio con Renzi. E anche l’assenza di formule del politicismo tipo “primarie” che hanno alimentato una certa ambiguità . Uno dei suoi amici, ispiratori del discorso, dice: “La distanza da Renzi c’è tutta. Sarà attento a chiedere una discontinuità , ma senza chiudere del tutto al Pd”.
È il solito copione. Fosse per Pisapia, e non solo per lui, sulla carta sarebbe auspicabile un’intesa col Pd: coalizione, nuovo centrosinistra, eccetera eccetera.
Il problema è che il primo a non voler cambiare schema è il segretario del Pd.
Dice un bersaniano di ferro. “Siamo realistici. Si voterà col proporzionale e il Pd non si libererà di Renzi”.
In mezzo i dialoganti, con la corrente di Orlando praticamente tutta in piazza: Cupero, Damiano, Zingaretti, Elisa Simoni.
Ma anche i cattolici democratici, dal lettiano Marco Meloni a Bruno Tabacci a Franco Monaco, l’ombra di Prodi nella nascente “cosa” di sinistra.
A proposito, l’attivismo del Professore non è molto gradito dalle parti di Bersani e D’Alema, perchè rischia di alimentare l’ambiguità , con tutto questo chiacchiericcio sulla coalizione.
Del Pd si auspica l’implosione, non l’alleanza.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
IL MESSAGGIO DELLO STAFF: “PASSATE UNA SERATA DI GIOIA”… UNA LEZIONE DI UMANITA’ IN UNA SOCIETA’ MALATA DI EGOISMO
Se c’è una cosa che i bambini amano fare è giocare e chiacchierare con i coetanei, vivendo la loro infanzia con spensieratezza.
Consci della volontà dei più piccoli di stare insieme, i volontari di DiamoUnaMano hanno organizzato una cena speciale al reparto pediatrico di oncologia del policlinico di Napoli, riunendo tutti i bambini degenti e lasciando loro scegliere il cibo agli stessi piccoli.
Ma quando una volontaria è andata in un negozio poco distante a ritirare l’ordinazione, è rimasta sorpresa del bel gesto di generosità dei titolari, che hanno deciso di non far pagare nulla all’associazione e hanno lanciato un messaggio di affetto ai bambini malati.
Come dimostra un post pubblicato sulla pagina Facebook della ONG, infatti, Egidio e Teresa – i titolari della panineria napoletana Puok – hanno voluto donare davvero una serata spensierata ai tanti piccoli degenti del policlinico: “Arriva Vivi [la volontaria incaricata di ritirare l’ordinazione, ndr.], con buste piene zeppe di panini, patatine, salse di tutti i tipi, e ci da un bigliettino (quello in foto), ci siamo emozionati tutti; ma non perchè non ci abbia fatto pagare nemmeno 1€, o perchè ci abbia mandato il doppio di quello che avevamo richiesto, ma per il modo e soprattutto l’amore in cui quel gesto è stato fatto” si legge nel post.
“Che sia un momento di gioia” è stato infatti il messaggio scritto a penna dai titolari del Puok sullo scontrino (il cui totale era di zero euro) consegnato a DiamoUnaMano, accompagnato da un cuoricino.
Del resto, lo staff della paninoteca già in passato aveva dimostrato una grande generosità nei confronti dei pazienti di pediatria.
“Forse di persone così buone sulla terra ne esistono poche” commentano i volontari della ONG su Facebook. “Ci hanno più volte dimostrato la loro umiltà , il loro amore verso il prossimo, la loro bontà d’animo, sono già stati presenti in passato sul reparto per i nostri ragazzi, ma ieri si sono superati”.
Gli utenti del social di Zuckerberg hanno reso virale il post (accordandogli quasi 4mila “mi piace”) e hanno ringraziato i titolari del Puok.
“Storie come questa, in un periodo arido di cuore, accendono una speranza in tutti noi!” scrive infatti un’utente, mentre un altro fa sapere: “Grande gesto, la migliore medicina per l’anima sono l’altruismo e la generosità “.
Come dargli torto’
(da agenzie)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
SE VOGLIAMO PRESERVARE LA TRADIZIONE IN UNA CASSAFORTE LEGALE, LA PERDEREMO PER STERILITA. SE SCOMMETTIAMO NEL FUTURO LA RAFFORZEREMO
Se l’Italia del premier Gentiloni approvasse davvero lo ius soli, diritto di cittadinanza per chi nasce in un Paese, entrerebbe a far parte di un club ristretto.
Solo in una trentina di nazioni, infatti, si diventa cittadini nascendo entro i confini, tra i maggiori Stati Uniti, Canada, Messico, Argentina, Brasile, Pakistan, mentre in Europa nessuno gode di «ius soli» assoluto, la Francia concede il passaporto ai neonati stranieri, ma con il filtro di varie regole.
Anche negli Usa il XIV emendamento alla Costituzione «Tutte le persone nate negli Stati Uniti sono cittadini degli Stati Uniti», fu approvato nel 1868, dopo guerra civile e schiavitù, e con gli stati ex sudisti ad opporsi strenuamente.
Le loro argomentazioni, «lo ius soli distruggerà l’anima dell’identità americana», rimandano in modo impressionante l’eco di chi, nel dibattito di oggi, teme che la cittadinanza ai nuovi nati disperda spirito e cultura italiani, da Dante, alla civiltà cattolica, al Rinascimento in un suq orientale.
Lo storico Eric Foner riassume bene la questione «Molte cose che crediamo tipiche dell’America – l’amore per la libertà individuale, le opportunità sociali – esistono in altri Paesi.
Ma la cittadinanza per diritto di nascita è, con il Canada, pressochè unica nel mondo sviluppato… espressione dell’impegno all’uguaglianza e all’espansione della coscienza nazionale… eredità della lotta titanica… per creare una vera democrazia fondata su principi egualitari…”.
Sono emigrato per due volte nella vita, dapprima in Italia poi in America, e so per esperienza che immigrazione, integrazione fra culture, razze e religioni, scontro e incontro di identità e civiltà , sono esperienze ardue, campo quotidiano di tragedie e speranze, che nessun dibattito di talk show coglie.
Ho due figli americani per «ius soli» e vederli, a casa, a scuola, al lavoro, bilanciare le loro due culture mi ha insegnato, con umiltà , a temere slogan e facili soluzioni.
Mio figlio, nel tema di ammissione al college, si definì «Figlio di due immigranti dall’Italia meridionale…che passa la vita a difendere gli Stati Uniti in Europa e l’Europa negli Stati Uniti».
Quando era all’asilo il suo panierino con il pranzo «italiano», panino con la frittata o la cotoletta, pasta, insalata, la mela, tornava sempre intatto, e alle nostre rimostranze rispose «I compagni mi prendono in giro, sono l’unico a non avere sandwich con il burro di arachidi o baloney», l’immangiabile mortadella made in Usa.
Anni dopo il grande scrittore italo-americano Gay Talese mi raccontò «Capii di essere italiano, diverso dagli altri, a scuola, al primo pranzo al sacco insieme, mia madre mi dava piatti che nessun altro aveva».
Tra Gay e mio figlio era passato mezzo secolo, ma la cultura strideva ancora e, credetemi in futuro striderà , perchè nessun genitore italiano darà mai «baloney» alle sue creature.
Ma la forza dello ius soli – nel quale ho imparato a credere e che, a mio avviso, anche in Italia avrebbe alla lunga benefici effetti – è nell’insegnamento di Foner, la speranza che «essere italiani» non sia marchio di fabbrica esclusivo, ma condivisibile esperienza vitale. Il vignettista Stefano Disegni ha pubblicato una gustosa striscia con la «prova culturale per essere italiani», vale a dire sorpassare male, parcheggiare peggio, suonare il clacson al semaforo, e coglie nel segno, i nuovi cittadini avranno l’intera identità italiana, da parlare la lingua del Petrarca a essere incapaci di fare la fila.
La sfida è a noi stessi. Se proviamo a preservare la tradizione che ci lega in una cassaforte legale, la perderemo isterilita, se la scommettiamo nel mondo futuro la integreremo e rafforzeremo.
Agli amici cattolici, infine, che temono per i valori cristiani in una Italia con ius soli, va ricordato, con rispetto, che «cattolico» vuol dire, appunto, universale, e dall’universalità da sempre trae radice e vita.
(da “La Stampa“)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
LA SINDACA: “NON SAPEVO NULLA NEANCHE DEI PRIMI 669 LICENZIAMENTI”… MA I GIORNALI LI LEGGE OGNI TANTO?
Il Messaggero racconta oggi che la grana dei 669 licenziamenti di Roma Multiservizi potrebbe essere soltanto l’inizio di un’emorragia di posti di lavoro nell’azienda gestita da Manutencoop e AMA:
Rossana Trenti, amministratrice delegata di Multiservizi, spiega che anche i 2.500 dipendenti che si occupano dell’appalto global service ora sono a rischio «se la gara a doppio oggetto non dovesse andare bene o se, in alternativa, non venisse prorogato loro l’appalto».
C’è quindi lo spettro — agitato dalla società per alzare il livello di tensione — di nuovi licenziamenti, che colpirebbero adesso tutti gli addetti del servizio pulizia delle scuole. I tempi sono strettissimi. Anche in questo, come per i primi 669 lavoratori già con un piede fuori, la data fissata che non si può superare è quella del 31 luglio. O dentro o fuori. Con tutto ciò che ne comporta. L’amministrazione grillina è alle prese con una grana non da poco.
Ieri la linea ufficiale del Comune è stata quella della sorpresa: la sindaca non sapeva nulla dei licenziamenti, la giunta e l’assemblea si sono attivati per fermarli.
Le riunioni si susseguono a Palazzo Senatorio con ritmo febbrile. Per lunedì il direttore generale Franco Giampaoletti ha convocato le sigle sindacali.
Obiettivo: rassicurare e indicare le prime mosse che la giunta Raggi vuole prendere per evitare che il bilancio del primo anno sia aggravato anche dalla vertenza Multiservizi, società partecipata al 49% da Ama e per il resto da Manutencoop.
La linea della grillina rispetto all’annuncio dei primi 669 licenziamenti è stata quello dello stupore, più precisi della «sorpresa», seguita poi «dalla rabbia» per un’uscita non concordata nè preavvisata con i vertici di Manutencoop.
«Ma noi ci siamo limitati a fornire questa informazione ai vertici di Atac visto che in ballo c’era quell’appalto, saltato», è la linea dei vertici societari.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
IL CDR DELL’UNITA’: “IL PD HA SEPPELLITO IL NOSTRO GIORNALE”
Esce il primo numero di Democratica, il nuovo quotidiano digitale del Partito democratico. Il giornale, diretto dall’ex Scelta Civica Andrea Romano, sarà strumento di intervento nella discussione pubblica e mezzo di informazione e discussione per iscritti, simpatizzanti, amministratori e dirigenti del PD.
Si tratta del primo caso in Italia, si legge in una nota del Pd, di un quotidiano politico, digitale e multimediale che viene diffuso gratuitamente. Ogni giorno, nel primo pomeriggio, Democratica sara’ disponibile sui social, sul sito del partito e di unita.tv e sulla app Bob.Una comunità politica vive ogni giorno di fatti e progetti. Da oggi il Partito Democratico, la più grande comunità politica d’Italia, ha uno strumento in più per parlare al paese con le idee e i fatti che nascono quotidianamente da centinaia di migliaia di iscritti, militanti, amministratori e rappresentanti politici. Democratica nasce per essere la voce del PD: un quotidiano digitale e multimediale, gratuito e diffuso a metà giornata attraverso tutti i nostri canali social. Un luogo virtuale ma concreto, da costruire insieme a voi
A dirigere il quotidiano sarà quindi Andrea Romano, ex condirettore de L’Unità , storico giornale del Pd che da diversi giorni ha sospeso le pubblicazioni in seguito all’ennesima crisi aziendale.
Nel suo editoriale, dal titolo ‘Una comunità vitale, un partito da costruire’, Romano scrive: “L’identità del PD è qui: nelle cose fatte nel governo locale e nazionale, nella trasformazione riformatrice che ha impresso all’economia e in tanti altri aspetti della nostra vita pubblica, nella vitalità di una comunità politica che si ritrova nei circoli, sulla rete, nelle diverse forme di un’aggregazione fatta della condivisione di idealità e della realizzazione di progetti”.
Cdr de L’Unità : “Caduta l’ipocrisia, hanno seppellito il nostro giornale”.
“Due anni fa esatti l’Unità tornava nelle edicole per volontà di Matteo Renzi e ci tornava con una compagine aziendale e una direzione scelta direttamente dai vertici del Pd.
Oggi, mentre i lavoratori de l’Unità sono da due mesi senza stipendio, mentre il giornale non è più nelle edicole perchè gli azionisti di maggioranza Guido Stefanelli e Massimo Pessina fra i tanti non hanno saldato i debiti con lo stampatore, il Partito Democratico (che della società editrice del giornale è socio al 20%) lancia il suo nuovo quotidiano on line senza ancora aver fatto nulla di concreto per garantire ai dipendenti de l’Unità almeno il diritto agli ammortizzatori sociali”. E’ quanto si legge in una nota del cdr dell’Unità .
“E lo fa – si legge ancora – dalle pagine di quel blog unita.tv, di cui il Pd è editore attraverso la fondazione Eyu, che del quotidiano fondato da Antonio Gramsci ha per due anni utilizzato indebitamente la testata senza che il Partito Democratico si adoperasse mai, fatte salve le rassicurazioni e le promesse puntualmente inevase, per risolvere una situazione di confusione che tanto danno ha creato al giornale di carta”.
“L’ipocrisia è caduta definitivamente e il Partito Democratico ha finalmente scoperto le proprie carte seppellendo l’esperienza de l’Unità , la sua storia e il destino di 35 famiglie, preferendo dedicarsi ad un nuovo progetto autoprodotto e autorefenziale – prosegue il cdr -. Per quanto amareggiati non siamo affatto sorpresi. Sapevamo da mesi di essere rimasti da soli a difendere l’Unità , stretti in una morsa che ha visto per troppo tempo il quotidiano e i suoi lavoratori ostaggi di un braccio di ferro fatto di ricatti e veti incrociati fra l’azionista di maggioranza e quello di minoranza”.
“Due considerazioni, infine – sottolinea ancora il comitato di redazione -. La prima: speriamo che il Pd abbia il buongusto di togliere la testata dell’Unità dal blog in cui viene diffuso il nuovo quotidiano on line. Lo riteniamo un fatto di rispetto e coerenza. La seconda: il 30 luglio 2014 la prima pagina del nostro giornale recitava “Hanno ucciso l’Unità “. Due anni dopo si svelano gli autori del delitto perfetto, quello di allora e quello di oggi”.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
DALLA LOTTA DI CLASSE ALLA LOTTA NELLA “CLASSE”: A MANTOVA I LAVORATORI IN ESUBERO DELLE COOPERATIVE BLOCCANO L’INGRESSO DELL’AZIENDA, ALTRI PROTESTANO E SCOPPIA LA RISSA
Ci sono 6 indiani, un pakistano e un marocchino. Stanno sul tetto di un capannone di un’azienda da lunedì scorso. Hanno perso il lavoro con una cooperativa che gestiva il reparto imballaggi. Boulediem Aburradia è il marocchino. Ha un cappello di paglia per ripararsi dal sole che non serve a niente quando piove: «Mi hanno detto che sono un esubero. Io sono solo uno che vuole lavorare. Sono in Italia da 11 anni. Per 10 ho lavorato qui dentro. E da qui non me ne vado».
All’inizio quelli che avevano perso il posto erano 271.
Una parte – 150 a tempo determinato, altri 50 con contratto a termine di 3 mesi – sono rientrati in azienda con un’altra cooperativa.
Chi è rimasto fuori è salito sul tetto per protesta. Oppure staziona davanti a questa azienda in un presidio permanente che va avanti da 4 settimane, in un vialone tutto capannoni vicino a Viadana che è vicina Mantova dove adesso sono in fila sedie di plastica e tendoni e una cucina da campo.
Ci sono 200 operai italiani. Stanno dentro questa azienda con la camionetta della polizia sulla porta. Vogliono lavorare e hanno paura di perdere il posto. Il reparto imballaggi è quasi fermo.
Lunedì quelli di fuori non facevano entrare i camion. Allora sono usciti quelli di dentro. Poi è arrivata la polizia. Tutti hanno spintonato tutti. La polizia ha usato i lacrimogeni. Giuliano Grossi del reparto Logistica e spedizioni lavora qui dentro da 15 anni.
Dice che non si può avere paura di andare a lavorare. Dice che la paura più grande è non avere più il lavoro: «Siamo in difficoltà con le commesse esterne. Bisognava continuare a trattare. Le cose non si risolvono andando sui tetti o facendo i presidi, facendosi scudo di donne e bambini. Noi che lavoriamo qui dentro siamo loro ostaggi. Siamo impotenti nel tutelare il nostro posto di lavoro con il rischio di perderlo».
C’era una volta la lotta di classe. Adesso c’è la lotta «nella» classe.
Tutti contro tutti alla Composad di Viadana che dicono sia un bel posto dove lavorare anche se si fanno i turni di 24 ore e le macchine a controllo numerico non si fermano mai. Fanno mobili in kit e li vendono in tutto il mondo. Li fanno proprio qui dentro anche se poi li vendono all’Ikea, alla Leroy Merlin, nei Brico center, nei centri commerciali francesi della Conforama e pure ai giapponesi di Smile.
A sentirli, quelli di dentro e quelli di fuori, hanno le stesse preoccupazioni e dicono le stesse cose. P
erchè la lotta «nella» classe non è tra gli operai e i padroni come si faceva una volta. Adesso è tra gli operai garantiti e gli operai precari, tra i dipendenti e gli esternalizzati. Anche se nessuno lo dice apertamente è pure tra gli italiani e gli immigrati, anche se oramai parlano il dialetto mantovano meglio dei mantovani che non lo parlano più.
Dietro a questo pasticcio ci sarebbe una storia di appalti e commesse, di cooperative che si ritirano e poi perdono la gara, di consorzi che si fanno e si disfano.
All’inizio i lavoratori interinali facevano capo alla Viadana Facchini. Che poi ha perso l’appalto vinto dalla Clo di Milano. La Clo di Milano allora si è alleata con la Viadana facchini e ha costituto la 3L per avere i facchini di prima ma più di 200 non ne voleva.
Si sono messi di mezzo i sindacati. Tutti hanno firmato l’accordo meno quelli del Cobas. Stefano Re dei Cobas non ha firmato: «Da qui non ci spostiamo fino a che non abbiamo rassicurazione che tutti rientrino in azienda». In realtà ci sarebbe pure altro. Gli stipendi di maggio non sono stati pagati dalla cooperativa. E non ci sono garanzie sulle buone uscite di chi decidesse di cercare un altro lavoro.
Fallou Diao ha 50 anni, è arrivato dal Senegal che ne aveva 19, un posto di lavoro ce l’aveva e non capisce perchè non può più riaverlo: «Ho guidato il carrello per 10 anni al reparto imballaggi. 1200 euro al mese. Perchè non vado più bene?».
Quelli di fuori dicono che gli «scartati» sono i più sindacalizzati.
Quelli di dentro dicono che non si possono riportare in fabbrica chi va sui tetti o i 35 che sono stati denunciati dalla polizia negli spintonamenti di lunedì.
Alessandro Saviola, presidente del Gruppo Mauro Saviola che controlla Composad, nella vicenda ci entra di striscio ma dice le stesse cose dei lavoratori di dentro: «Non ne possiamo più, noi vogliamo soltanto lavorare. Lo Stato non ci tutela».
Le identiche parole, uguali alla sillaba di Rani Saroj, indiana del Punjab, oramai talmente mantovana che tutti chiamano Emma: «Sono in Italia da 13 anni. Da 7 lavoro con la cooperativa per 980 euro al mese. Anche mio marito lavorava con la cooperativa e lo hanno messo fuori. Abitiamo a Dosolo con i nostri 2 figli. Non facevamo nemmeno i turni insieme. Adesso ci hanno detto che forse solo uno di noi due potrà rientrare in fabbrica. Chissà come ci sceglieranno?».
(da “La Stampa”)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
GRU E CARROPONTE PER FAR SBARCARE IL ROCK
Si dimenticano adesso le corse e le zuffe e le contese. Si dimentica l’avvio problematico d’un appuntamento rock che non ha precedenti, quanto a biglietti acquistati per un solo artista: saranno in 225 mila, domani, che verranno ad ascoltare Vasco Rossi qui, al Modena Park.
Roba che nemmeno Londra o New York. Anche un affare succulento: la guerra sul «secondary ticketing» ha coinvolto appetiti ansiosi, e alcuni promoter non hanno fatto una gran figura, scatenati com’erano attorno a quell’osso prezioso da 10 milioni di investimento e almeno 12 milioni di incasso.
Vasco li ha dribblati che neanche Ronaldo, e la macchina implacabile si è messa in moto su una terza via, macinando biglietti come una stampante impazzita: le richieste, poi, erano tali da rendere possibile una ulteriore serata, ma l’artista non ne ha voluto sapere.
E non ci vuole grande fantasia a pensare che domani si parlerà di lui molto più che delle presenze che a Roma impreziosiranno la chiamata di Pisapia per un nuovo Centrosinistra, disegnando in qualche modo il nostro futuro.
Dopo 40 anni di onorata e movimentata carriera, ci si accorge che c’è un po’ di Vasco in ognuno di noi. E bisogna pur accettare di cantare la nostra collettiva Vita spericolata.
Eppure il divo più gettonato è un vecchio ragazzo di provincia rimasto testardamente tale, a dispetto del successo in salita esponenziale dal 1990: dopo il carcere per droga, dopo la rinascita artistica di Liberi liberi, riuscì a battere come numero di spettatori i Rolling Stones e Madonna, a far tornare gli italiani ai concerti degli italiani.
Uno che non se l’è mai tirata, e se si sottrae alle folle è soltanto per sopravvivenza.
Uno che pur non essendo un grande oratore ha un grande carisma, perchè canta sempre la propria verità . Uno che ha raramente praticato i campi degli appelli, anche se sono in centomila a tirargli ogni giorno la giacchetta (e la sua implacabile addetta stampa, Tania Sachs, ha il suo bel daffare a tenerli lontani).
Uno che non frequenta salotti, ama le belle donne ma fa periodiche visite a ospedali e istituti di gente in difficoltà , nemmeno poi molto pubblicizzate.
Uno che non piace alla gente che piace, ma domani sera in tv ci sarà una folta compagnia, ciascuno a raccontare il proprio Vasco nello «speciale» messo su da Rai 1 con un outsider prestato da Mediaset, Paolo Bonolis.
Uno, se dobbiamo dirla tutta, che non piace neanche alla critica più esigente.
Vengono mal tollerati la discontinuità nella proposta artistica, quei contenuti giovanilistici attraverso i quali lui raccorda le generazioni che si succedono (e molti Millennials saranno a Modena).
Pare non sia chic l’insistenza su stilemi e stile rock, che con lui si ammanta di significati antichi. In realtà , dopo quattro decenni, il Vate di Zocca è ancora capace di piazzare brani di tutto rilievo come Dannate Nuvole.
Ha imparato a mettere le letture filosofiche dentro le canzoni, ma la sua resta un’arte popolare, per tutti.
Figlio unico, solitario di montagna, vincitore di un concorso canoro da bambino, autore di una messa rock andata in scena in chiesa a Zocca nel 1980 (appena svelata da Marco Mangiarotti nel libro Il giovane Vasco, La mia favola rock e ora su YouTube) il vecchio ragazzo di provincia non è stato contaminato dai rituali metropolitani.
Ha continuato a trasformare in canzoni i propri percorsi mentali, e anche se i testi si sono fatti con il tempo più severi, persino dolenti, c’è tutto l’irresistibile repertorio della gioventù che continua ad aggregare cuori e anime.
Modena Park, il titolo della kermesse di domani, è ispirato a una delle sue canzoni più amate, Colpa d’Alfredo: la ragazza che lui inseguiva (la frase non politically correct «È andata a casa con il negro, la troia»), gli diceva: «Abito fuori Modena, Modena Park…», e lui: «Ti porterei anche in America/Ho comperato la macchina apposta».
L’Alfredo del titolo lo si può trovate in ogni backstage dei suoi concerti. Tutto è genuino, qui nella provincia di Vasco.
Che sarebbe ancora pronto a portare in America quella ragazza, se appena ne avesse la forza, dopo tre ore di concerto davanti a 225 mila persone.
(da “La Stampa”)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
LA VICENDA RIGUARDA GLI ASSISTENTI AL PARLAMENTO EUROPEO PER UN IMPORTO DI 5 MILIONI DI EURO
Marine Le Pen è ufficialmente indagata per la vicenda degli assistenti al Parlamento europeo : cosìsi apprende al termine dell’interrogatorio della leader del Front National dal giudice Renaud Van Ruymbeke presso la Procura finanziaria di Parigi.
Il suo avvocato, Rodolphe Bosselut, ha detto che «in conformità agli impegni presi durante la campagna elettorale per le elezioni presidenziali, Marine Le Pen ha risposto alla convocazione dei magistrati, i quali l’hanno indagata».
L’accusa a suo carico è di appropriazione indebita. Le Pen avrebbe usato fondi erogati dall’Europarlamento per pagare dipendenti del partito che in realtà lavoravano in Francia e non per attività strettamente connesse a Strasburgo o Bruxelles. Si tratterebbe in totale di 5 milioni di euro, erogati tra il 2012 e il 2017.
Due anni fa la giustizia francese aveva aperto un’indagine, su richiesta del Parlamento europeo, per sospette irregolarità riguardanti il ruolo di una ventina di assistenti del gruppo di destra francese all’Europarlamento.
A febbraio scorso, poi, erano stati iscritti nel registro degli indagati anche Catherine Griset e Thierry Lègier, rispettivamente capo di gabinetto e guardia del corpo della leader del Front National, assunti con un contratto da assistenti parlamentari e accusati in realtà di non svolgere le funzioni per cui venivano pagati.
Lègier è stato poi rilasciato senza che alcuna accusa a suo carico. Più volte sono inoltre stati perquisiti gli uffici della sede del partito, a Nanterre.
Le Pen, eurodeputata dal 2004, era stata convocata dai giudici anche in precedenza. Si era rifiutata di essere interrogata per tutta la durata della campagna elettorale per le elezioni politiche francesi, utilizzando a suo favore la protezione dell’immunità parlamentare europea.
(da agenzie)
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Giugno 30th, 2017 Riccardo Fucile
PARLANO DI SILENZIO DELL’EUROPA, MA LORO DOV’ERANO FINO A IERI, CHE CI STANNO A FARE AL PARLAMENTO EUROPEO, SOLO A RITIRARE LO STIPENDIO?
La politica italiana si interroga sul triste epilogo della vicenda del piccolo Charlie Gard.
Secondo i medici per il bambino, affetto da una rara malattia degenerativa, non c’è speranza e si deve staccare la spina, anche contro la volontà dei genitori, e i giudici sono concordi.
Da Beppe Grillo a Matteo Renzi, da Salvini alla Meloni è una ipocrita corsa a mettere il cappello su una vicenda determinata dalla posizione del governo conservatore inglese, non certo dalla Ue .
Per un giorno, non trattandosi di uno delle centinaia di bimbi in fuga dalle guerre, affogati nel mediterraneo, eccoli diventare tutti “buonisti”, quel termine con cui accusano solitamente chi non guarda al colore della pelle quando c’è da salvare una vita umana.
Buonismo contrapposto al loro cinismo.
Sono solo degli ipocriti che fingono di commoversi a senso unico e sfruttano persino un dramma umano per speculare politicamente, attaccando “l’Europa che non fa nulla”.
Come se a Bruxelles non avessero i loro parlamentari europei che si sono ben guardati fino a oggi dall’indignarsi per la decisione delle autorità britanniche.
E a vergogna si aggiunge vergogna per come si è ridotta la politica italiana.
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