Luglio 11th, 2017 Riccardo Fucile
LA TELEFONATA FATTA ALLE SUE SPALLE PER CONCORDARE UN NOME PER IL QUIRINALE: “IN QUEL MOMENTO CAPISCO CHE IL PATTO NON ESISTE PIU'”
Un accordo sul Quirinale fra Silvio Berlusconi e Massimo D’Alema fece cadere il Patto del Nazareno e compromise il percorso delle riforme istituzionali.
È il racconto di Matteo Renzi sul suo libro “Avanti”, di cui Democratica pubblica un’anticipazione
“Scrivere le regole insieme agli altri impone flessibilità e capacità di ascolto. Non puoi fare come ti pare, mai. E questa regola, che abbiamo sempre seguito, continuiamo a ritenerla più vera e necessaria che mai. Non siamo stati noi a tirarci indietro dalle riforme che avevamo scritto insieme all’altra parte politica”.
Renzi racconta la sua verità sul Patto del Nazareno e dice che “chi ha partecipato a quei tavoli sa perfettamente che è stata Forza Italia a rompere con noi”.
“Quando, a fine gennaio del 2015, si tratta di votare per il Quirinale, Berlusconi mi chiede un incontro, che resterà , ma io non posso ancora immaginarlo, l’ultimo per anni. Perchè quando si siede — accompagnato da Gianni Letta e Denis Verdini — mi comunica di aver già concordato il nome del nuovo presidente con la minoranza del Pd. Mi spiega infatti di aver ricevuto una telefonata da Massimo D’Alema, di aver parlato a lungo con lui e che io adesso non devo preoccuparmi di niente, perchè “la minoranza del Pd sta con noi, te lo garantisco”. Te lo garantisco? Lo stupore colora — o meglio sbianca — il volto di tutti i presenti. Berlusconi ha sempre un modo simpatico di raccontare la realtà . La sua ricostruzione della telefonata con D’Alema è divertente, ma lascia tutti i partecipanti al tavolo senza parole. Non solo non avevamo mai inserito l’elezione del capo dello stato nel Patto del Nazareno, ma l’idea che Berlusconi abbia già fatto una trattativa parallela con la minoranza del mio partito sorprende anche i suoi. In quel momento — sono più o meno le due di pomeriggio del 20 gennaio —, nel salotto del terzo piano di Palazzo Chigi, capisco che il Patto del Nazareno non esiste più: il reciproco affidamento si è rotto”.
Renzi precisa che non è un problema del nome scelto da Berlusconi e D’Alema.
Nel libro non fa il nome di Giuliano Amato, che è quello su cui convergono tutte le indiscrezioni, scrive che la personalità individuata “è di indubbio valore e qualità “, ma è “difficile da far accettare ai gruppi parlamentari — sempre pronti a esercitare l’arte del franco tiratore — e all’opinione pubblica”. E poi…
“C’è un fatto di metodo, prima ancora che di merito. Io ho scelto un percorso trasparente e partecipato, con tanto di streaming, dentro il Pd e davanti al paese per evitare di tornare allo stallo del 2013. Sono impegnato in un iter parlamentare difficilissimo per condurre una maggioranza su un nome condiviso. E in una sala ovattata al terzo piano di Palazzo Chigi devo scoprire che si è già chiuso un accordo tra Berlusconi e D’Alema, prendere o lasciare? E, come se non bastasse, da questo prendere o lasciare dipende la scelta se continuare o meno con il percorso di riforme, che pure erano state scritte insieme”.
Renzi rivendica la scelta di Sergio Mattarella, “le sue qualità parlano per lui”.
“Quando mi trovo a dover scegliere tra l’asse Berlusconi-D’Alema (non ricordo un solo accordo Berlusconi-D’Alema che alla fine sia stato utile per il paese) e la soluzione più logica per il parlamento e per l’Italia, non ho dubbi, con buona pace di tutti i retroscenisti. Del resto, come canterà Vasco Rossi qualche mese dopo: “Essere liberi costa soltanto qualche rimpianto”. Da quel momento Berlusconi mi dichiara guerra.
Dopo la rottura del Patto del Nazarano i rapporti fra Renzi e Berlusconi “si interrompono”, malgrado, scrive il segretario Pd, “sono tra i pochi della sinistra che non ha mai voluto fargli la guerra sulle sue vicende giudiziarie. Ho sempre spronato i miei compagni di partito a portare avanti una proposta per l’Italia, non contro Berlusconi”.
Nel giugno 2016, quando viene ricoverato, un nuovo contatto e “come sempre, il Cavaliere è simpatico e gentilissimo”. Berlusconi lo aveva attaccato pubblicamente, ricorda Renzi, ma al telefono non esita a dirgli: “E poi, caro Matteo, sappi che mi dispiace molto per quanto ti stanno attaccando, ce l’hanno tutti con te”.
“Ma come? Lo stesso che pubblicamente mi dà dell’aspirante dittatore a distanza di due giorni mi porta la sua solidarietà per gli attacchi? Mentre pigio il tasto rosso che mette fine alla telefonata, scoppio in una risata: è inutile, anche se mi sforzassi, Berlusconi non mi starà mai antipatico. Sul Quirinale però non potevo consentire nè a lui nè a D’Alema di sostituirsi al Parlamento e decidere per tutti. La simpatia è una cosa, la politica è un’altra”.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 11th, 2017 Riccardo Fucile
LO SCATTO TESTIMONIEREBBE LA FINE DELL’INTESA CON LA ZECCA PADANA… I MALIGNI SOTTOLINEANO CHE LO SCOOP E’ STATO FATTO DA UN PERIODICO BERLUSCONIANO
È una di quelle notizie di dubbio interesse se non fosse per l’interessante cà’tè politico che ne
consegue.
Il settimanale Chi, diretto da Alfonso Signorini, pubblica in copertina una fotografia che ritrae Elisa Isoardi, da un anno e mezzo legata sentimentalmente a Matteo Salvini, mentre bacia una persona a Ibiza.
“Ma quali nozze con Salvini! Lei ama un altro“, scrive in prima pagina il settimanale di gossip.
Nell’anticipazione data oggi ai giornali Chi fa sapere che si la persona ritratta nella foto è Matteo Placidi, avvocato ben inserito nella movida dell’isola.
Fino a pochi giorni fa la presentatrice — fidanzata da un anno e mezzo col leader della Lega — ha pubblicato sui social fotografie e dediche per il suo compagno, insieme al quale aveva assistito al concerto-evento di Vasco Rossi a Modena.
Chi, naturalmente, è edito dalla Mondadori. E ovviamente la notizia è finita strombazzata su tutti i siti dei giornali della galassia berlusconiana, come TgCom e Il Giornale:
Insomma, è sicuramente una coincidenza, ma di quelle succose: proprio mentre è chiara la competizione tra il Cavaliere e il leader della Lega Nord per la leadership del centrodestra e il nome del suo candidato premier in vista delle elezioni, in copertina di un settimanale mondadoriano esce il “tradimento” della fidanzata di Matteo Salvini.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 11th, 2017 Riccardo Fucile
LA CODA DI PAGLIA DELLA RAGGI E IL BANDO DI QUALCHE MESE FA
I sindaci della provincia di Roma devono curare e tenere pulito il verde vicino alle case, alle strade e alle ferrovie per prevenire il rischio di incendi come quello di ieri a La Barbuta che ha costretto la polizia municipale a chiudere il Grande Raccordo Anulare.
La prefettura lo ha scritto nero su bianco in una circolare che ha inviato ai primi cittadini, con Virginia Raggi in testa, e, racconta Lorenzo D’Albergo su Repubblica, suona come un aut aut: in un modo o nell’altro, i Comuni dovranno provvedere.
Anche con ordinanze urgenti e affidamenti diretti, anche a costo di creare debiti fuori bilancio: in piena emergenza incendi non c’è tempo per bandire gare e vagliare le offerte dei privati interessati ad aggiudicarsi il servizio.
Bisogna intervenire subito. Magari con l’aiuto della Regione.
Già , perchè il vertice straordinario convocato ieri pomeriggio a Palazzo Valentini ha partorito anche una comunicazione bis: sarà inoltrata alla Protezione Civile e chiederà di considerare come una delle misure principali per uscire dallo stato di calamità il supporto ai primi cittadini alle prese con discariche abusive.
Sono state considerate tra gli inneschi più pericolosi dai partecipanti al tavolo convocato dopo la lettera inviata venerdì dal governatore Nicola Zingaretti alle prefetture del Lazio, ma la loro rimozione costa.
Troppo se le amministrazioni e le loro partecipate, Ama in testa, hanno le casse in rosso.
L’idea, se la controparte accetterà , è di arrivare a un contributo – anche economico – ai Comuni in difficoltà da parte della Protezione Civile. Così, su doppia richiesta delle numero uno del Campidoglio e di Palazzo Valentini, si dovrebbe arrivare a una ridefinizione dei contenuti del piano d’emergenza antincendio. Un masterplan che deve tenere conto da una parte della mancata manutenzione del verde urbano e dall’altra della piaga dei roghi tossici.
Forse proprio per questo Virginia Raggi poco fa sulla sua pagina Facebook ha cominciato a mettere le mani avanti, sostenendo che il Campidoglio sta già lavorando alla manutenzione del verde pubblico.
Il problema è che Virginia Raggi forse non ricorda cos’è successo al bando — anzi ai bandi — per la manutenzione del verde pubblico a Roma.
Ad aprile l’assessora Pinuccia Montanari dava notizia dell’apertura di due bandi di gara europei per la manutenzione del verde pubblico a Roma.
Si tratta di due bandi attesi da tempo che però nel 2016 l’assessorato guidato all’epoca da Paola Muraro non aveva approntato.
Ma, come dice la Raggi, per fare le cose per bene ci vuole tempo. E così il 24 aprile veniva pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il bando di gara, per l’affidamento del servizio per interventi di manutenzione delle alberature.
Il problema è che appena cinque giorni prima, il 19 aprile, il governo ha emanato il DL 56/2017 con il quale è andato a modificare il codice degli appalti. Risultato: quel bando al quale l’amministrazione capitolina aveva lavorato “per bene” per oltre otto mesi è stato sospeso “a data da destinarsi”.
Si tratta di bandi con un importo complessivo pari a 9 milioni di euro, di cui 5 per la manutenzione del verde verticale e 4 per il verde orizzontale. Ma al momento sono scomparsi perchè gli uffici dovranno correggerli per adeguarli alla normativa vigente.
Dal 1 luglio è partito un programma (da 3,5 milioni di euro) per il monitoraggio delle alberature. Ma nel frattempo la cura del verde pubblico di molti parchi cittadini (tra cui Villa Borghese, Villa Ada e il Lungotevere) è a rischio perchè la gara è stata sospesa.
Ma per fortuna che c’è la Raggi, mentre Roma brucia.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 11th, 2017 Riccardo Fucile
LA GUERRA AL GIOCO D’AZZARDO E’ RIMANDATA, I CAMION DEI TREDICINE NON VENGONO RIMOSSI E NESSUNA SOLUZIONE AGLI SFRATTI DELLE ONLUS… PER LA SERIE “AVEVAMO SCHERZATO”
Virginia Raggi ad un anno dal suo insediamento sembra voler essere intenzionata a mantenere
le promesse fatte in campagna elettorale. Prendiamo ad esempio la dichiarazione di guerra alle sale slot e al gioco d’azzardo.
In un post sul blog di Beppe Grillo datato novembre 2016 la Raggi annunciava l’avvento dell’era #RomaNoSlot.
La lotta alle slot machine è uno dei punti del programma nazionale del M5S e in campagna elettorale la Raggi aveva molto insistito su questo aspetto. Il 9 giugno finalmente l’amministrazione capitolina ha partorito il regolamento basato sulla delibera depositata a novembre.
Delibera che non va a risolvere il problema delle slot machine già esistenti perchè il nuovo regolamento interesserà solo le nuove aperture. Che dovranno essere posizionate ad almeno 350 metri dai luoghi sensibili in centro e 500 metri al di fuori dall’anello ferroviario.
I luoghi sensibili indicati nella delibera sono istituti scolastici, luoghi di culto, centri giovanili o altri istituti frequentati principalmente da giovani, strutture residenziali o operanti in ambito sanitario o socio-assistenziale e i centri anziani.
Roma quindi continuerà ad essere la “capitale” del gioco d’azzardo legale con le sue 294 sale slot e 50mila slot machine, pari al 12% del totale di quelle presenti sull’intero territorio nazionale.
Il problema principale della delibera infatti è che non va a toccare le slot e le sale già esistenti.
È scritto espressamente che il Regolamento Sale da gioco e giochi leciti «si applica a far data dalla sua entrata in vigore per l’apertura delle nuove attività ».
Per gli esercizi precedentemente autorizzati la Giunta Capitolina disporrà “con apposito provvedimento” entro 120 giorni. Anche per quanto riguarda gli orari di apertura il regolamento demanda ad una specifica e futura ordinanza della sindaca.
Sul blog la Raggi però diceva chiaramente quale sarebbe stato l’orario di esercizio: “sarà possibile l’utilizzo degli apparecchi automatici di intrattenimento con vincite in denaro, le cosiddette new slot e Videolottery, dalle 10 alle 14 e dalle 18 alle 22 mentre nei giorni festivi non sarà consentito”. Il Comune probabilmente vuole studiare (ancora) come evitare di venire trascinato in tribunale dagli esercenti.
Si vedrà quindi ad ottobre quanto questo nuovo regolamento riuscirà a ripulire Roma dalle slot machines. Ma è difficile che il Comune possa risolvere la questione delle concessioni già date perchè non può emanare un regolamento con valore retroattivo senza appoggiarsi ad una legge nazionale o regionale.
Le sale non aumenteranno, ma la guerra del MoVimento alle slot machines rimarrà una guerra a metà che non va minimamente a toccare i numeri di quelle presenti.
Altro capitolo è quello del nuovo regolamento sul commercio ambulante.
La proposta presentata dal Presidente della Commissione Commercio Andrea Coia è stata votata ad inizio giugno ma è già stata messa in discussione dopo le proteste della settimana scorsa di un centinaio di commercianti.
L’Assemblea Capitolina metterà nuovamente mano al regolamento sul commercio per ammorbidirlo ulteriormente. Quello che doveva essere un regolamento che doveva risolvere la questione del commercio su strada, che ha trasformato Roma in un suq a cielo aperto, è diventato l’ennesimo dispositivo che lascia tutto come è sempre stato.
Non solo viene premiata l’anzianità di servizio su piazza, favorendo i soliti noti.
Ma per “salvaguardare l’occupazione” si concede ai titolari di autorizzazioni per i posteggi a rotazione una proroga che eviterà ai titolari di vederle decadere il 31/12/2018. Qui la volontà di “ripulire Roma” del M5S si scontra con la lotta del MoVimento contro la direttiva Bolkestein.
Nel frattempo è ancora in alto mare la proposta di regolamento per fermare la diffusione di minimarket in Centro Storico.
E i Centurioni torneranno ad importunare i turisti sotto il Colosseo perchè il Comune non può più ricorrere allo strumento delle ordinanze per bloccarne l’attività .
Servirebbe anche qui un regolamento, ma la Giunta non è stata molto produttiva in questo primo anno di attività . Eppure in campagna elettorale la Raggi aveva convinto i romani a votarla promettendo che avrebbe rivoluzionato la città . Spiace per chi ci ha creduto, ma Roma è una città complessa da amministrare, e il MoVimento non ha ricette speciali per farlo.
Ancora più distante da una soluzione è la questione degli sfratti delle Onlus romane. L’assessore al bilancio Andrea Mazzillo da mesi promette l’apertura di tavoli di confronto per la stesura di un regolamento partecipato.
In un primo momento però Mazzillo ha detto di non poter far nulla per evitare gli sfratti e le ingiunzioni di pagamento. Dopo la sentenza della Corte dei Conti invece ha detto che le richieste non erano legittime.
Il Comune in buona sostanza non sa cosa fare se non continuare a dire di essere disposto ad un dialogo con le parti coinvolte.
Ma la vicenda del regolamento sul commercio ambulante è indicativa delle reali intenzioni dell’Amministrazione. Dopo la protesta di piazza dei cosiddetti “mutandari” Coia è corso in Aula Giulio Cesare per modificare il regolamento. Dopo le proteste delle Onlus invece il Comune ha continuato a prendere tempo. Non male per un’Amministrazione che è stata eletta a furor di popolo annunciando che avrebbe scardinato il sistema delle lobby.
Per ora la lobby dei commercianti vince sulle associazioni e sulle Onlus.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 11th, 2017 Riccardo Fucile
LA SINDACA DECIDE DI NON FARSI INTERROGARE E MANDA UNA MEMORIA DIFENSIVA IN CUI ACCUSA IL SUO ASSESSORE AL COMMERCIO… MA LA SUA RICOSTRUZIONE NON TORNA
Virginia Raggi ha deciso di non farsi interrogare nell’ambito delle inchieste che la vedono indagata per falso, per la nomina a capo del Turismo del Campidoglio di Renato Marra, e per abuso d’ufficio, per la promozione a capo della Segreteria di Salvatore Romeo.
In compenso, racconta oggi Il Messaggero in un articolo a firma di Sara Menafra e Michela Allegri, la sindaca ha consegnato la sua memoria difensiva: un documento di dieci pagine in cui si sostiene che la nomina di Raffaele Marra sia stata frutto di un’idea dell’assessore al Commercio Adriano Meloni.
Così il sindaco, spiega il quotidiano, ha di fatto alleggerito la posizione di Raffaele Marra, che è indagato per abuso d’ufficio nello stesso procedimento per aver sponsorizzato l’assunzione del fratello, infrangendo il regolamento comunale che vieta ai funzionari di partecipare ai meccanismi di nomina di parenti:
Nella memoria della Raggi, arrivata dopo la chiusura dell’indagine sulle nomine, si sottolinea anche l’insistenza con cui Meloni pretese di avere in squadra Marra senior.
A sostegno di questa tesi, sono state depositate alcune mail e chat, nelle quali l’assessore dice di aver scelto Marra, considerato una persona qualificata. Il sindaco è accusato anche di aver dichiarato alla responsabile Anticorruzione del Comune di aver agito in autonomia nella decisione di promuovere Renato.
A smentirla, per i pm, un messaggio inviato a Raffaele Marra, quando sui giornali era emerso che, grazie a quell’incarico, il fratello avrebbe avuto 20mila euro in più in busta paga.
«Questa cosa dello stipendio me la dovevi dire, mi mette in difficoltà », aveva scritto la prima cittadina. Per il pm Francesco Dall’Olio, sarebbe stata la prova che la Raggi sapeva che la nomina in questione era stata gestita da Marra junior.
Ora, il sindaco tenta di chiarire. Nella memoria specifica che, affermando di aver agito in autonomia, intendeva dire di aver vistato l’interpello sottopostole da Meloni e che era convinta che Marra avesse avuto un ruolo compilativo, essendo il capo del Personale.
La prima cittadina sostiene di aver saputo della sponsorizzazione di Raffaele nei confronti di Renato solo leggendo gli atti dell’inchiesta.
E riguardo l’sms in cui diceva a Marra di non sapere dell’aumento di stipendio, la sindaca ha detto che dava per scontato che il capo del personale ne fosse a conoscenza.
Per i difensori della Raggi, gli avvocati Alessandro Mancori ed Emiliano Fasulo, questa circostanza dimostrerebbe l’assenza di dolo da parte della sindaca.
Tuttavia c’è qualcosa che cozza con la ricostruzione della sindaca. Ovvero, un particolare curioso a proposito della vicenda dell’assessore Meloni, il quale ha dichiarato ai magistrati che la nomina di Renato Marra a capo dell’ufficio turismo fu suggerita da Raffaele:
Adriano Meloni, […]sentito dai magistrati come persona informata sui fatti, ha dichiarato che a suggerirgli la nomina di Renato Marra era stato suo fratello Raffaele. Concetto ribadito anche in un’email agli atti dell’inchiesta. Questa è stata inviata da Meloni al delegato al Personale, Antonio De Santis e per conoscenza a Raffaele Marra e Raggi. Nella email Meloni ringrazia per il suggerimento su Renato e ne loda l’operato.
Quella email — così si difenderà la Raggi — è stata inviata mentre lei si trovava ad Auschwitz e su un indirizzo pubblico, quello che si trova sul sito del Comune di Roma: virginia.raggi@comune.roma.it, dove ogni giorno arrivano centinaia di segnalazioni dei cittadini.
Non l’ha letta quindi? Vedremo cosa risponderà ai pm. Di certo spiegherà che in tanti, compreso l’assessore Meloni, le avevano parlato in modo positivo di Renato Marra, che pensava essere la persona giusta al posto giusto.
La motivazione “Virginia non ha letto la mail perchè è stata inviata all’indirizzo sbagliato” ci ricorda i fasti di Luigi Di Maio e delle email su Paola Muraro non lette e/o non capite.
Ma soprattutto non si capisce che senso abbia una replica del genere di fronte a un magistrato: se è vero — come è vero — che Meloni ha detto ai giudici che la nomina di Raffaele Marra fu suggerita dal fratello Raffaele, sono le sue parole verbalizzate che valgono: il fatto che Meloni abbia inviato una mail in tempi non sospetti per ringraziare della nomina è soltanto un dettaglio.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 11th, 2017 Riccardo Fucile
LA PROPAGANDA LEGHISTA LA PAGANO I CONTRIBUENTI, TAGLIATI I FONDI AI COMUNI CHE VOLEVANO REALIZZARE INIZIATIVE IN PROPRIO
Centomila euro di fondi pubblici per portare il giornalista e conduttore Paolo Del Debbio e il suo
format televisivo nelle piazze della Liguria.
Quattro serate, per adesso: una ieri ad Alassio, il 17 luglio a Santa Margherita Ligure, il 24 luglio a Genova e il 31 luglio ad Ameglia.
Ma la spesa per patrocinare l’evento non è di quelle che passano inosservate. «Ma una quota, credo più o meno vicina a quella che abbiamo messo noi, viene pagata da degli sponsor privati», spiega Toti.
Certamente Del Debbio, uomo di punta dell’informazione Mediaset (come lo era Toti, ex direttore di “Studio Aperto”) e cachet milionario, fa parte della “compagnia di giro” del nuovo e vincente centrodestra targato Toti-Salvini.
Una specie di fiancheggiatore sul fronte culturale, capace di creare – grazie alle trasmissione di successo su Rete 4, “Dalla vostra parte”, “Quinta colonna” – una sorta di “egemonia” sul piano del discorso pubblico della becerodestra.
Nel corso degli ultimi anni Del Debbio è stato tirato in ballo più volte: come possibile candidato sindaco sempre a Milano, o addirittura come papabile leader della coalizione del centrodestra a livello nazionale.
Lui, molto legato anche al segretario della Lega, ha sempre declinato ogni invito. «Mi diverto troppo a fare quello che faccio, chi me lo fa fare di buttarmi in politica?», la risposta classica a chi gli chiede se mai cambierà idea.
Tra gli ospiti della prima puntata, la forzista Elisabetta Gardini (Forza Italia), Daniela Santanchè (Forza Italia anche lei) e il direttore di Rete4 Mario Giordano.
«Anzichè distribuire cifre minime a pioggia come è stato fatto in passato – dice Toti – abbiamo deciso di dare una coerenza ai progetti culturali, di intrattenimento così come abbiamo fatto con il Red carpet. Invece di rispondere alle numerose richieste dei comuni per contribuire agli spettacoli che organizzano, abbiamo fatto l’opposto: abbiamo preso una manifestazione nazionale e la portiamo sul territorio».
I quattro comuni coinvolti metteranno a disposizione del tour di Del Debbio palco, apparecchiature e ospitalità degli invitati.
Del Debbio aprì la vincente campagna elettorale di Marco Bucci per il comune di Genova, lo scorso aprile, con una lunga intervista pubblica
Del Debbio quindi diventa l’inventore di uno spettacolo itinerante pagato con i soldi pubblici che farà le veci degli eventi sul territorio che volevano mettere su i sindaci liguri. I quali, c’è da scommetterlo, saranno entusiasti dell’ideona del governatore.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2017 Riccardo Fucile
NEL 2012 SCRISSE UN COMMENTO SUL BLOG DI GRILLO: “COLLABORIAMO”
Gianni Scarpa, il gestore del lido “fascista” Punta Canna di Chioggia, denunciato per apologia di fascismo e obbligato da un’ordinanza del prefetto di Venezia a rimuovere immediatamente tutto il materiale inneggiante a Mussolini e al Ventennio, cinque anni fa scrisse a Beppe Grillo per complimentarsi con il leader del Movimento 5 Stelle e offrire la sua collaborazione.
Un articolo di Repubblica oggi in edicola riprende un commento sul blog di Grillo a firma di Scarpa, datato 5 dicembre 2012. Scarpa si definisce “un uomo pubblico” che può contare su un traino sicuro di 10mila voti.
Afferma di aver incontrato da poco il sindaco di Mira, il pentastellato Alvise Maniero, eletto a soli 26 anni.
Questo il testo del messaggio:
“Ciao Beppe, mi piace il tuo modo di essere e specialmente quello di dire. Per capire chi sono io digita ‘Playa Punta Canna Sottomarina VE’. Sono da 18 anni il gestore, primo e unico avendo messo in piedi da niente la bella storia che vedrai sui 35 mila metri di concessione (la spiaggia, ndr). Sono sempre stato antipolitico – precisa Scarpa – avendo sempre capito che non si può votare dei parassiti. Circa 30 giorni fa sono stato in segreteria del sindaco di Mira per prendere un’appuntamento. Essendo uomo pubblico ed avendo un traino sicuramente di 10mila che come me sono schifati di questi parassiti, vorrei poter partecipare con i miei voti al tuo Cinque Stelle. Confido in una tua risposta per sostenerti nella tua bella impresa. Saluti Gianni Scarpa MiranoVE”.
Secondo alcune fonti — scrive Repubblica — in passato Scarpa avrebbe provato ad avvicinarsi anche a Lega e Fdi. Poi il tentativo di saltare sul carro dei Cinque Stelle, vantandosi di essere “antipolitico” da sempre.
Ma chi è il sindaco di Mira con cui il gestore di Punta Canna avrebbe voluto un appuntamento nel 2012?
È il pentastellato Alvise Maniero, eletto a soli 26 anni (il più giovane primocittadino d’Italia) a guidare Mira “la rossa”: una svolta, nel paese della Riviera del Brenta, dopo 60 anni di dominio di sinistra. Mira dista una decina di chilometri da Mirano, il paese dove vive l’ “uomo pubblico” Scarpa.
Perchè quello che coi suoi cartelli predica “ordine e disciplina” e “manganello sui denti” voleva entrare nelle fila del M5S ?
Solo il protagonista può dirlo.
(da agenzie)
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Luglio 11th, 2017 Riccardo Fucile
IL DOCENTE E’ ASSOCIATO DI CHIMICA E FISICA ALL’UNIVERSITA’ DI MODENA… UN ANNO DI CARCERE TRAMUTATO IN 6.000 EURO DI MULTA
Dopo il primo grado arriva la conferma anche in appello. Beppe Grillo è stato condannato
davanti alla Corte d’Appello di Ancona per diffamazione nei confronti del professor Franco Battaglia, associato di chimica e fisica all’Università di Modena.
La pena però è mutata: 6mila euro di multa invece di un anno di carcere inflitto in primo grado.
Ne parla oggi il Giornale:
Nel 2011, alla vigilia del referendum sul nucleare, Michele Santoro aveva invitato in studio alcuni esperti, fra cui Battaglia, da sempre paladino dell’atomo e del suo utilizzo. Battaglia era finito nel mirino del comico genovese che qualche giorno dopo,nel corso di un comizio a San Benedetto del Tronto, lo aveva apostrofato con parole durissime: «Ai tempi del fascismo non si mediava… Anch’io non voglio mediare: Battaglia, che è pagato dalle multinazionali, lo prendo a calci nel c… e lo sbatto in galera».
Un discorso inaccettabile e minaccioso, costruito con lo scopo di screditare uno studioso apprezzato dai lettori per la sua capacità di ribaltare luoghi comuni, ha detto l’avvocata Lauretta Giulioni che difendeva Battaglia.
Grillo era stato condannato in primo grado e, come suo costume, non l’aveva presa benissimo:
“Oggi è stata emessa la sentenza dal tribunale di Ascoli Piceno contro di me per diffamazione — spiega Grillo — per aver detto in un comizio che il professor Franco Battaglia, docente di Chimica ambientale del Dipartimento di Ingegneria ‘Enzo Ferrari’ dell’Università di Modena e Reggio affermava delle coglionate in merito al nucleare. Il fatto risale all’11 maggio 2011, in occasione di un mio comizio elettorale a San Benedetto del Tronto in vista del referendum sul nucleare”.
“Il Pm aveva chiesto una multa di 6.000 euro. Il giudice mi ha invece tolto la condizionale condannandomi a un anno di prigione e a 50.000 euro di risarcimento
Nel frattempo il video del suo intervento, che era disponibile su Youtube, è stato tolto. Battaglia spiegò successivamente perchè aveva querelato Beppe Grillo:
Va bene, ma perchè querelarlo?
«Perchè io non sono pagato dalle multinazionali, come lui ha sostenuto, ma dico semplicemente quello che penso. E poi, mi permetta, è inquietante che un leader che aspira ad andare al governo se ne esca con quella tirata quasi incredibile: con gente come Battaglia non si media, come non si scendeva a compromessi con l’antifascismo ai tempi del Duce. Non potevo accettare affermazioni così false e offensive».
Ora Grillo rischia il carcere. Non è troppo?
«Su questo posso essere d’accordo con lei, anche se il giudice si è limitato ad applicare il codice. Non voglio essere io a dargli la possibilità per recitare la parte del martire. Immolato sull’altare della libertà di parola. Per carità . Ci manca solo che Grillo capitalizzi questa condanna dal punto di vista politico. E però»
Però?
«Però anche lui si deve rendere conto che le parole non sono sempre innocenti».
Nel suo caso?
«Qualche tempo dopo il comizio la mia auto è stata presa a sassate. Il clima era molto teso e io ho avuto paura. Le ricordo che un dirigente dell’Ansaldo, Roberto Adinolfi, è stato gambizzato come manager di un’azienda impegnata nel comparto nucleare».
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 11th, 2017 Riccardo Fucile
ESPOSTO IN PROCURA DEL M5S… ORDINE DEI GIORNALISTI: “OPACITA’ DELLA SELEZIONE”…L’ASSESSORE LEGHISTA NON HA NULLA DA DIRE?
Nel paese in cui concorso è sinonimo di assalto, folla, viaggi della speranza da una parte all’altra dell’Italia, non può che sorprendere che alla selezione per un posto pubblico per uno stipendio annuo da 44.000 euro + Iva partecipino solo due persone. Anzi, al colloquio, a volerla dire tutta, si è presentato un solo concorrente che, guarda un po’, ha vinto
Il fatto è che l’altro aspirante non si è presentato non perchè nel frattempo avesse trovato un altro lavoro, ma solo perchè, così spiega a Repubblica : “Nessuno mi ha avvisato”
La vicenda, che oggi sarà anche oggetto di un esposto in procura del M5s, riguarda la procedura di selezione per il ruolo di addetto stampa del San Martino, uno degli ospedali più grandi di Europa
Il posto è andato a Pietro Pisano giornalista che in passato ha lavorato soprattutto negli uffici stampa delle società di calcio (Genova, Inter, Verona).
La sua nomina era passata quasi inosservata anche perchè prima del bando lo stesso Pisano era stato selezionato per ricoprire l’incarico per un periodo di due mesi.
Pochi giorni fa l’Associazione Ligure dei Giornalisti (Alg), il sindacato di categoria, approfondita la questione ha scritto una lettera al presidente della Regione Giovanni Toti e all’assessora alla sanità Sonia Viale contestando “l’opacità ” della selezione di un “bando per pochi intimi”
“Stigmatizziamo — si legge nel comunicato – questo risultato, frutto della scarsa pubblicità data al bando di selezione, apparso solo sul sito del “San Martino- Ist”, tanto da suscitare più di un interrogativo”.
Basti dire che a febbraio, la ricerca di un addetto stampa da parte dell’Asl di La Spezia ha registrato la partecipazione di 60 giornalisti, per uno stipendio assai inferiore, di 18 mila euro annui
Ma i giochi al San Martino potrebbero non essere chiusi.
Pasquale Violi, giornalista freelance calabrese, l’altro concorrente, sta infatti valutando in queste ore un eventuale ricorso al Tar.
Strada che potrebbero in teoria percorrere anche lo stesso sindacato e l’Ordine dei Giornalisti.
Il bando ha avuto un decorso ultrarapido visto che è stato deciso il 24 aprile con scadenza il 9 maggio e il 26 Pisano veniva assunto.
Nessuno a Genova, in Liguria ma anche nelle altre regioni ne era a conoscenza nonostante le decine di giornalisti disoccupati o precari.
Pasquale Violi dal canto suo spiega: “Visti i tempi ristretti del bando, se per cause di forza maggiore una persona non è connessa perde i diritti? Credo che una qualche altra forma di comunicazione dovesse essere prevista. Per me quel posto significava dare una svolta alla mia vita”.
Altre pubbliche amministrazioni non si accontentano della bacheca informatica ma per evitare contestazioni avvisano gli aspiranti con raccomandate postali o via mail attraverso le “pec”, le caselle certificate.
Non può non stupire poi la circostanza che il concorso del San Martino sia sfuggito ai purtroppo numerosissimi giornalisti che negli ultimi anni hanno perso il posto di lavoro (Corriere Mercantile, Telecittà , Telegenova e altri ancora) e sono disoccupati o sopravvivono con collaborazioni precarie.
E, infatti, quando venne fatta la selezione per ricoprire l’incarico per due mesi in attesa del bando, furono più di cento le domande pervenute.
La maggior parte di loro attendeva con ansia la pubblicazione del bando. E molti di loro avevano esperienze professionali alle spalle con le quali sicuramente si sarebbero “giocati” il posto alla pari con chi poi lo ha ottenuto in solitaria
Il caso sollevato dall’Alg ha fatto registrare ieri pomeriggio la dura presa di posizione del M5s che, attraverso la sua portavoce in consiglio regionale Alice Salvatore annuncia: ”Siamo di fronte a un caso di possibile favoritismo che potrebbe mettere il dito nella piaga su un uso spregiudicato e personalistico di risorse e incarichi pubblici. Domani depositiamo un esposto alla Procura della Repubblica per far luce sul caso e verificare eventuali condotte illegittime da parte dei dirigenti sanitari e della Regione Liguria”.
(da “La Repubblica”)
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