Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile O DORMONO O LA GUARDIA COSTIERA LIBICA AVEVA RISCOSSO LA MAZZETTA E ALLORA NON L’HANNO CHIAMATA
La nave Aquarius di Sos Mediterranee – la Ong che solo di recente ha firmato il Codice di Condotta del governo italiano – ha attraccato al porto di Pozzallo, in provincia di Ragusa, dove ha fatto sbarcare 112 migranti, in prevalenza sudanesi, soccorsi in prima battuta dalla nave Phoenix di MOAS.
“Questo dimostra l’importanza di poter fare trasbordi tra navi in modo da ottimizzare le risorse”, spiega il Coordinatore Sar della Ong Nicola Stalla.
Sulla scelta di altre organizzazioni di sospendere i salvataggi si limita a dire: “La nostra valutazione della sicurezza è costante e per il momento continueremo a operare. Nonostante l’evidente diminuzione degli sbarchi è importante la presenza Ong nel Mediterraneo per soccorrere persone in pericolo di vita”
Ma viene spontanea una domanda: visto che a detta della nave razzista di Defende Europe, gli identitari della Mongolia avrebbbero seguito per 24 ore la nave Aquarius per controllarla, come hanno fatto a non accorgersi che ha soccorso 112 profughi?
I casi sono due: o non se ne sono accorti perchè erano a fare bisboccia a tavola o hanno fatto finta di nulla .
Forse perchè i datori di lavoro della Guardia costiera libica hanno dato l’imput di farli passare perchè avevano incassato la tangente?
Dai Minniti informati, non fare l’offeso.
(da agenzie)
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Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile LA RISPOSTA DEL “FATTO QUOTIDIANO” AI RAZZISTI IN GITA NEL MEDITERRANEO SULLA NAVE DEI MERCENARI
Il dibattito sul ruolo delle ong nella gestione del flusso di migranti nel Mediterraneo è talvolta
avvelenato da politici cinici che cercano voti predicando odio e da alcuni soggetti oscuri che seguono agende poco chiare.
Soggetti come Defend Europe, l’associazione di destra identitaria che ha armato la nave C-Star in funzione anti-ong.
Gian Marco Concas, un ex ufficiale di Marina responsabile tecnico della missione, si è prodotto in un messaggio via Facebook, una lettera di insulti e di minacce assai poco velate ad Andrea Palladino, bravo giornalista d’inchiesta che scrive anche per il Fatto Quotidiano, colpevole di aver scritto una serie di articoli per Famiglia Cristiana su Defend Europe e sulle opacità di questa strana missione.
Questo signor Concas si produce in una serie di allusioni che hanno come scopo screditare Palladino e indicare una sua presunta solitudine, quasi a dire che è lui l’anello debole da colpire (“lasciano indietro alcuni dei propri uomini, i più ingenui, i sacrificabili”… “Apprendisti galoppini” ecc.).
La caratura di questo Concas si misura dalle sue burocratiche metafore belliche per raccontare non si sa quale guerra combattuta dai giornali contro Defend Europe, dalle sue pause che vorrebbero essere teatrali, dai giochi di parole, dalle pose e dalle musichette marziali in chiusura del video.
E basta guardare i video di propaganda di Generazione Identitaria per cogliere il lato ridicolo di queste iniziative, uomini adulti con magliette attillate cui piace giocare a fare i soldati, con qualche flessione e qualche corsa nei campi, in virile cameratismo da film di guerra americano.
Ma questo attacco a Palladino si è poi diffuso in altri blog di destra, che riprendono le parole d’ordine di Concas e le diffondono.
E quindi è giusto chiarire che Palladino non è affatto solo come questi figuri lo raccontano, che non c’è alcun “sistema” che lo ha scaricato.
Dietro al folklore di questi nuovi razzisti spaventati, si intravedono interessi economici.
Nei suoi articoli Palladino ha trovato diversi collegamenti tra Defend Europe e società di contractor private, specialisti della sicurezza che hanno adocchiato il business dei migranti .
La stessa nave C-Star è di proprietà di un gruppo inglese attivo nel settore della sicurezza marittima, The Marshals Group.
Come tutte le “ronde” di quartiere che la Lega ha ispirato negli anni, nel migliore dei casi sarà una innocua scampagnata di gente in cerca di compagnia, nel peggiore un ostacolo a chi deve fare cose serie.
I video sulla pagina Facebook sono abbastanza buffi: gli “identitari” dicono alle navi delle ong: “Attenzione, vi stiamo osservando, siete un fattore attrattivo per gli scafisti”. E le ong che rispondono: “Ok, abbiamo capito”. Fine.
Defend Europe ha raccolto finora 226.628 euro da 3600 persone. Soldi sprecati, almeno finora, visto che la missione Defend Europe — tra avarie del motore della nave e arresti a Cipro per avere a bordo clandestini cingalesi – non sembra destinata a lasciare altra traccia di sè che qualche post virulento su Facebook.
Caro Gian Marco Concas, il collega Andrea Palladino continuerà a essere uno stimato giornalista di inchiesta anche quando voi “identitari” sarete tornati nell’indifferenza che meritano queste vostre iniziative.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile DOPO LE VIOLENZE DI CHARLOTTESVILLE, BALTIMORA HA RIMOSSO 4 STATUE DI EROI CONFEDERATI DI NOTTE… VIA DA BROOKLYN TARGA DEL GENERALE LEE
Da Baltimora a Durham, da Los Angeles a Brooklyn. In rivolta contro i rigurgiti razzisti cadono statue e targhe simbolo del suprematismo bianco e della segregazione. Il Paese fa i conti con la gravità di quanto è successo sabato scorso a Charlottesville, in Virginia, dove una manifestazione contro la rimozione della statua in onore del generale della guerra di Secessione americana Robert E. Lee ha portato a scontri e alla morte di una giovane donna.
E mentre l’ultima giravolta con cui il presidente Donald Trump ha ricucito con l’alt-right infiamma il dibattito politico, è come se gli Stati Uniti riscoprissero la vergogna della loro storia raccontata dalle centinaia di monumenti confederati – l’anno scorso il Southern Poverty Law Center ne ha catalogati 718, di cui circa 300 in Georgia, Virginia e North Carolina.
I fatti di sabato stanno spingendo diverse città a volersi sbarazzare — nel modo più veloce e indolore possibile – dei monumenti che onorano i confederati, soprattutto statue di generali sudisti e sostenitori della schiavitù.
È il caso della città di Baltimora, che per scongiurare altre proteste dell’estrema destra e dei suprematisti bianchi ha deciso di procedere nel cuore della notte alla rimozione di quattro statue dedicate agli eroi sudisti nella guerra civile americana.
Nella città del Maryland la rimozione dei monumenti è avvenuta in modo silenzioso e improvviso – scrive la stampa americana – nel tentativo di evitare nuove violenze, e tra le statue ce n’era anche una del generale Lee.
Foto e video sui social mostrano le gru che portano via i monumenti dei generali Robet Lee e Thomas Jackson, quello dedicato alle donne confederate e la statua del giudice Robert Taney, autore di una storica sentenza a favore della schiavitù.
A decidere la rimozione è stata lunedì il sindaco democratico, Catherine Pugh.
“Ora è fatta – ha detto al Baltimore Sun, spiegando la scelta di agire in fretta e durante la notte – dovevano essere abbattute. Mi sono preoccupata della sicurezza delle persone”. Altri monumenti dovrebbero essere portati via a breve a Lexington, in Kentucky.
Le autorità di Los Angeles hanno rimosso un monumento dedicato ai veterani confederati dall’ Hollywood Forever Cemetery, dando seguito alla richiesta di centinaia di cittadini.
Il monumento si trovava là dal 1925, in una sezione del cimitero in cui sono sepolti oltre trenta veterani confederati e le loro famiglie.
Un’altra targa in onore del generale della guerra di Secessione Lee sarà rimossa a Brooklyn a New York.
Il monumento si trova davanti ad una chiesa episcopale nel quartiere di Fort Hamilton da oltre cento anni. La diocesi ha deciso di rimuoverla in seguito agli eventi di Charlottesville.
La targa è affissa su un albero di acero piantato dallo stesso generale quando lavorava al genio militare presso la base dell’esercito americano a Fort Hamilton intorno al 1840.
Secondo quanto scrive il New York Post, Lee e altri militari all’epoca frequentavano abitualmente la chiesa. La targa fu affissa soltanto nel 1912 ossia quasi 50 anni dopo che Lee guidò l’esercito confederato.
Molti amministratori locali stanno accelerando la rimozione dei monumenti confederati prima che si ripetano altri episodi come quello di ieri a Durham, in North Carolina.
Qui un gruppo di manifestanti ha abbattuto una statua in onore di soldati confederati durante una protesta contro i simboli della Confederazione americana, che era in vigore 1861-1865. I manifestanti hanno legato una corda attorno al collo della statua per farla cadere.
Una volta a terra, l’hanno presa a calci. Ieri erano stati arrestati tre manifestanti; oggi la polizia ha annunciato di aver arrestato altre persone.
Intanto il sindaco di Boston, dove sabato in pieno centro è in programma un raduno di nazionalisti bianchi, ha intimato all’alt-right di stare alla larga.
Idem a San Francisco: il suo collega Ed Lee sta cercando di sfrattare i militanti di un’organizzazione, ‘Patriot Prayer’, intenzionata a occupare il 26 agosto un parco sotto il Golden Gate.
Porte sbarrate all’estrema destra anche all’Università della Florida.
Intanto a Filadelfia il sindaco Jim Kenney ha istruito la pratica per far sparire la statua del predecessore Frank Rizzo, ex capo della polizia degli anni Settanta: regnò sulla città in un’era in cui le brutalità delle forze dell’ordine erano la norma.
(da “Huffingtonpost“)
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Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile E’ TUTTA UNA FARSA PER COPRIRE I RESPONSABILI DEL PASTICCIO INFORMATICO DI ROUSSEAU
Il temporale estivo dell’hacking ai danni di Rousseau, la piattaforma “operativa” del MoVimento 5
Stelle, si è sostanzialmente esaurito.
Non ci sono stati nuovi dump di materiale prelevato dal database da parte di rogue0, l’hacker “cattivo” che nelle scorse settimane aveva pubblicato file estratti dal database dell’Associazione Rousseau.
La cortina fumogena del M5S è servita a mascherare la portata delle rivelazioni.
Di Battista nei giorni scorsi spiegava che “hackerano anche la CIA e la NASA” e mentre Di Maio annunciava l’intenzione di un DDL ad hoc sulla sicurezza informatica.
Come da copione l’hacking è passato dall’essere un problema specifico del MoVimento e del suo sistema operativo ad essere una questione di sicurezza informatica in Italia.
Il che è strano perchè qualche settimana prima quando era stata data la notizia dell’hack ai danni di Unicredit la questione aveva interessato molto poco gli esperti del M5S.
E del resto a quanto pare molti attivisti non si sono poi preoccupati del rischio al quale sono stati esposti i propri dati personali.
Molti hanno commentato dicendo che “non hanno nulla da nascondere”.
Ben venga il Panopticon nel quale tutto è alla luce del sole. Se non fosse che a quanto pare su Rousseau e sul sito di Grillo ci sono diversi aspetti opachi.
Le votazioni online, certamente, sono l’aspetto più evidente della gestione della struttura della democrazia diretta che costituisce — a parole — il principio cardine del partito di Beppe Grillo.
Ma ad uscirne fortemente appannata è la figura del semplice tecnico informatico Davide Casaleggio.
Alla morte del padre Gianroberto Davide aveva assunto la guida della Casaleggio Associati ma riguardo al suo ruolo nella gestione del partito si era ritagliato quello di gestore.
Non un ruolo operativo quindi, ma ad un anno di distanza chiunque abbia osservato le vicende del M5S si accorge che il giovane Casaleggio ha ereditato anche la funzione di guru e di guida.
Di qui il problema: Davide Casaleggio aveva in teoria only one job: garantire la sicurezza e il funzionamento del sito di Grillo e quello dell’Associazione Rousseau.
Ieri sul Blog di Grillo l’Associazione Rousseau (Casaleggio, Borrelli e Bugani) ha pubblicato un post dove si parla dell’hacking come di un crimine (e lo è di certo) il cui fine “è chiaramente politico e volto a colpire il MoVimento 5 Stelle”.
Cosa quest’ultima che invece è tutta da dimostrare.
E non si può certo dire che l’assenza di una richiesta di riscatto è la prova che i mandanti siano politici.
Il Blog non dice nemmeno chi possono essere. Tutto rimane alquanto fumoso: «L’unica motivazione che siamo in grado di decifrare è quella politica, visto che questi criminali hanno cercato solo la ribalta mediatica, subito concessa da giornali e tg compiacenti e ribadita dalle dichiarazioni di sostegno dei partiti politici, dai quali purtoppo non è arrivata nessuna parola di condanna».
Eppure rogue0 non ha dato prova di alcuna motivazione politica mentre Evariste Gal0is ed Antonio Sanso, i due hacker white hat che hanno analizzato i dump hanno detto esplicitamente che non si tratta di attacco politico.
Naturalmente è possibile che gli autori dell’hack stiano mentendo.
Ad oggi non risulta ad esempio che rogue0 abbia fornito una prova concreta di aver avuto la capacità di scrivere sul database del sito.
Ma quello che dovrebbe preoccupare gli attivisti e gli iscritti a Rousseau (tra cui figurano anche molti espulsi dal MoVimento, come già si sapeva) è il rischio alla quale sono stati esposti dal gestore del sito.
L’hack ha infatti contribuito a mettere sotto la lente la trasmigrazione dei dati personali degli iscritti dal blog di Beppe Grillo agli altri portali della galassia grillina.
In base a quale autorizzazione Rousseau ha gestito i dati degli iscritti al M5S che dovrebbero essere trattati dal (solo) titolare del trattamento?
Il Garante della Privacy ha aperto l’istruttoria il 7 agosto, inviando una richiesta di informazioni. Al momento, dagli uffici dell’Autorità non filtra di più se non che il Garante sta seguendo “da vicino” la vicenda.
Il problema quindi è che potrebbe essere — e l’hack potrebbe averlo portato alla luce — che Rousseau non aveva titolo di detenere i dati personali degli iscritti al MoVimento 5 Stelle.
Come spiega Grillodrome nella sua analisi dell’hack: nella transizione da Blog di Grillo a Blog delle Stelle, la dichiarazione di privacy è cambiata, nel secondo caso non si fa più riferimento alla Casaleggio Associati, eppure sappiamo che i portali e le piattaforme che questa gestisce usano sostanzialmente stessi dati e dietro ci sono le stesse persone: questa non è trasparenza.
Ecco quindi spiegato il motivo dell’attacco dal Blog ai “sicari” che operano a fini politici contro il MoVimento 5 Stelle.
Il comunicato dal Blog di Grillo serve solo a fare ammuina per presentare Rousseau come parte lesa quando qualcuno degli iscritti presenterà un esposto accusando i gestori di non aver custodito i dati in maniera appropriata.
Rousseau annuncia che è sua intenzione “continuare a lavorare per garantire la massima sicurezza possibile e un monitoraggio costante”.
L’hack dimostra però che Rousseau è ben distante sia dalla prima che dal secondo.
La responsabilità di questo è tutta della Casaleggio, chissà se anche la società del guru è animata da un movente politico che spiega tanto pressapochismo e disprezzo per la sicurezza degli utenti.
(da “NextQuotidiano“)
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Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile LA DEPUTATA DEL M5S SPIEGA L’ECONOMIA AL POPOLO: “A GIUGNO SI E’ CONSUMATA PIU’ ENERGIA A CAUSA DEL CALDO, PER QUELLO E’ AUMENTATA LA PRODUZIONE INDUSTRIALE”
Barbara Lezzi, deputata del MoVimento 5 Stelle, ha pubblicato oggi un video su Facebook per contestare il trionfalismo di Renzi sul Prodotto Interno Lordo con una teoria economica interessante: “Quello che ha fatto marciare la produzione industriale sono i numeri di giugno, perchè a giugno si è consumata molta più energia perchè ha fatto molto più caldo.
E allora i consumi per i climatizzatori, per la catena del freddo, per l’aria condizionata delle macchine hanno fatto aumentare, esplodere la produzione industriale.
A giugno 2017, rispetto all’anno precedente, il consumo di energia è aumentato del 9,8%. Per una questione di emergenza e di vera necessità ».
Andiamo con ordine.
È vero che il consumo di energia è aumentato a giugno: la domanda in Italia è stata di 27,2 miliardi di kWh, in aumento del 7,6% (e non del 9,8%, come dice la Lezzi) rispetto ai volumi dello stesso mese dell’anno precedente.
La performance della domanda mensile ha risentito delle temperature medie che in giugno sono state superiori di 1,9 gradi centigradi rispetto alla media decennale per lo stesso mese.
La produzione nazionale netta (24,6 miliardi di kWh), invece, si è incrementata del 9,6% rispetto a giugno 2016.
Ma per quanto riguarda la produzione industriale, l’Istat ha spiegato che a giugno 2017 i comparti che registrano la maggiore crescita tendenziale sono quelli della produzione di prodotti farmaceutici di base e preparati farmaceutici (+18,5%), della fabbricazione di mezzi di trasporto (+13,6%), della fabbricazione di coke e prodotti petroliferi raffinati (+12,1%) e della fornitura di energia elettrica, gas, vapore ed aria (+10,8%).
L’unico settore che registra una diminuzione è quello dell’industria del legno, della carta e stampa (-1,1%).
Per ciò che concerne la crescita del PIL, l’Istat spiega che “la variazione congiunturale è la sintesi di un aumento del valore aggiunto nei comparti dell’industria e dei servizi e di una diminuzione nel settore dell’agricoltura. Dal lato della domanda, si registra un apporto positivo della componente nazionale (al lordo delle scorte) e un limitato contributo negativo della componente estera netta”.
In effetti il caldo per qualcuno doveva essere troppo.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile LA MEDIA UE DI CRESCITA E’ DEL 2,3%
L’economia italiana, nel secondo trimestre, è cresciuta più del previsto: l’aumento del pil dell’1,5%
registrato dall’Istat rispetto allo stesso periodo del 2016 è il più alto dai sei anni a questa parte.
Il Pd, puntualmente, festeggia il “grande risultato ottenuto grazie alle riforme del governo Renzi e proseguite da quello Gentiloni“.
L’ex premier Matteo Renzi sostiene che “la realtà ha smentito i gufi“.
Ma resta il fatto che i nuovi dati piazzano ancora una volta l’Italia agli ultimi posti nella classifica europea.
Anno su anno ha fatto peggio (di poco) solo il Belgio, con un +1,4%. La media è stata di +2,3%, 0,8 punti sopra il progresso fatto segnare dall’economia italiana, che pure non ha mai corso tanto negli ultimi sei anni.
“Il gap tra l’Italia e i principali partner commerciali e finanziari si amplia quasi inesorabilmente ad ogni trimestre”, sottolinea il capo economista di Nomisma, Andrea Goldstein.
“Prima o poi San Super Mario dovrà cominciare a stringere i cordoni della borsa dell’Eurotower e l’Italia rimarrà l’unico paese del G20 con un pil inferiore al livello pre-crisi”
“Crescita 2017 prevista a +1,5%. Meglio delle previsioni”, ha twittato il premier Paolo Gentiloni. “Una buona base per rilanciare economia e posti di lavoro”.
A dire il vero secondo l’Istat la crescita acquisita nel 2017, quella che si otterrebbe se nel resto dell’anno il pil rimanesse invariato, è pari a 1,2%.
In ogni caso il Documento di economia e finanza varato dal governo lo scorso aprile prevede per quest’anno un +1,1% e alla luce dei nuovi dati è probabile che a settembre, quando il Def verrà aggiornato, la stima sia rivista al rialzo.
Quanto al fatto che questo progresso sia sufficiente per “rilanciare l’economia”, Goldstein non è d’accordo: questi livelli, rileva, appaiono “ancora insufficienti per rilanciare sensibilmente gli investimenti e assorbire la disoccupazione”.
Terzultimi per crescita trimestre su trimestre, penultimi anno su anno
Il confronto con il resto dell’Europa e con l’Eurozona aiuta però a capire la reale portata di questa crescita.
Nel secondo trimestre, rispetto al primo, il pil italiano è salito stando ai dati Istat dello 0,4%. La media Ue, secondo Eurostat, è stata di +0,6%: meno dell’Italia sono cresciuti solo il Portogallo (+0,2) e la Gran Bretagna (+0,3) alle prese con i negoziati su Brexit.
Anno su anno (secondo trimestre 2017 sullo stesso periodo del 2016) la media dei Paesi che hanno adottato l’euro è stata di +2,2%: la Germania ha messo a segno un +2,1%, la Francia +1,8, la Spagna ha raggiunto il +3,1%. L’Est Europa corre: +3,6% la Bulgaria, +4,5% la Repubblica ceca, +4% la Lituania, +4,1 la Lettonia.
L’Irlanda ha registrato addirittura un +6,6 per cento.
Anche Gran Bretagna e Portogallo, che trimestre su trimestre sono fanalini di coda, si piazzano davanti alla Penisola se il metro di paragone è la crescita rispetto al secondo trimestre 2016: rispettivamente fanno segnare +1,7 e +2,8 per cento.
Su industria e servizi, cala l’agricoltura. A giugno boom di farmaceutica e attività estrattiva
L’aumento tendenziale dell’1,5% è il più alto registrato dall’Istat da sei anni. Per trovare un valore maggiore bisogna tornare al primo trimestre del 2011 quando l’incremento era stato del 2,1%.
I dati sono corretti per gli effetti di calendario e destagionalizzati per tener conto che il trimestre ha avuto tre giornate lavorative in meno del trimestre precedente e due in meno del secondo trimestre 2016.
La variazione congiunturale è sintesi di un aumento dell’industria e dei servizi, che hanno un “andamento omogeneo, con i servizi che mantengono un tasso di crescita importante”, e di un calo dell’agricoltura.
Trattandosi di stime preliminari (che verranno confermate o meno il 14 novembre), non sono ancora disponibili dati disaggregati per settore.
Gli ultimi dati sulla produzione industriale, relativi al mese di giugno, hanno evidenziato un incremento complessivo dell’1,1% con il traino del settore farmaceutico (+5,9% mese su mese), dell’attività estrattiva (+11,2%) e della fabbricazione di prodotti petroliferi (+7,9%).
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile SCORRIBANDE NOTTURNE E FURTI DI SABBIA NELLA PERLA DELLA MADDALENA… VANDALI A CAPRERA E INVASIONE DI BARCHE NELLE ZONE VIETATE
Questa non è la solita cafonata da spiaggia. È uno sfregio al santuario della natura, ai danni di un paradiso che riprende vigore lentamente, dopo decenni di assalto senza regole e senza controlli.
La spiaggia rosa di Budelli oramai è famosa in tutto il mondo: le immagini dell’opera d’arte creata dal mare fanno il giro del pianeta attraverso i social network, i giornali, le televisioni e le riviste specializzate.
La perla dell’Arcipelago è diventata una star e tutti sanno che questa è una spiaggia off-limits. È vietato calpestarla, stenderci l’asciugamano e persino tuffarsi.
Le barche che invadono ogni angolo di azzurro e superano i limiti di velocità sono oramai una brutta consuetudine, ma in questi giorni c’è stato persino l’assalto al luogo più protetto dell’Arcipelago.
Ecco le foto: le tracce e i danni lasciati dai cafoni che hanno imperversato tra le sei isole del parco nazionale di La Maddalena sono in primo piano.
Il campionario dei divieti violati sarebbe lunghissimo da scrivere ma quello che è successo a Budelli è ancora più grave.
«Al risveglio ho trovato centinaia di orme lasciate da qualche scalmanato a due passi dalla battigia, un gruppo sbarcato dalle barche in rada ha approfittato di un mio momento di distrazione», racconta Mauro Morandi, l’anziano custode che vive sull’isola da quasi trent’anni.
«Le scorribande sulla sabbia sono gravissime, perchè vanificano gli effetti positivi dei divieti. Da quando questa spiaggia è diventata inaccessibile abbiamo rivisto gli straordinari colori che la natura ci ha sempre regalato. Stavolta, hanno fatto molto di peggio: qualcuno ha persino rubato la sabbia, scavando al centro della spiaggia. Il problema è che qui gli addetti del parco si vedono solo per poche ore al giorno. Si era pensato alla videosorveglianza ma non si è fatto nulla».
«E’ un nostro progetto, anche se per ora facciamo i conti con la difficoltà di trasmettere le immagini dall’isola alla centrale operativa – spiega il commissario del parco, Leonardo Deri – Mi sembra comunque che il rispetto verso questo gioiello della natura sia sempre piuttosto alto. Il nostro progetto per Budelli è quello di creare due sentieri di accesso e di utilizzare i fondi raccolti dagli studenti della scuola media di Mosso per attivare la videosorveglianza».
A Caprera, qualcuno ha demolito a colpi di mazza o martello pneumatico un pilone dell’antico ormeggio realizzato ai tempi della Seconda guerra mondiale.
A nord dell’isola si trova la batteria militare di Candeo: una grande fortificazione realizzata attraverso strategici punti di osservazione, passaggi segreti tra le rocce e postazioni di attacco mimetizzate nella natura.
«In questo punto di ormeggio – racconta Marco Cuccu, al timone della sua “Città di Chiavari” – era incisa anche la data di realizzazione. È stato abbattuto un piccolo monumento, che testimoniava un pezzo della storia militare di queste isole».
Dalla vetta di Caprera si controllava il traffico di navi nelle Bocche di Bonifacio e si assicurava la difesa su questa estesissima frontiera d’Italia.
A distanza di tanti anni dal conflitto mondiale sarebbe un bel luogo da visitare ma è tutto abbandonato a se stesso.
In questo museo a cielo aperto i vandali possono agire indisturbati. E i rifiuti sparsi qua e là li raccolgono i turisti più sensibili che arrivano fin qui per avventurarsi tra le rovine e osservare dall’alto l’Arcipelago.
Vista mozzafiato, mare incantevole ma anche qualche immagine distorta. «Con le nostre guide e con otto gommoni, tutti in campo per ogni giorno, stiamo facendo un grande lavoro con l’obiettivo di sorvegliare le zone maggiormente frequentate – aggiunge il commissario del parco – La verità è che l’ente è in difficoltà : commissariato e con poco personale».
La polemica di Ferragosto, anche quest’anno, riguarda l’assalto all’Arcipelago da parte di migliaia di imbarcazioni.
Yacht, gommoni e barche a vela di tutte le dimensioni in questi giorni hanno trasformato la distesa azzurra in una specie di autostrada.
Dove in tanti non rispettano nè le zone interdette nè i limiti di velocità . «Le motovedette hanno staccato parecchie sanzioni – fa sapere Leonardo Deri – Il nodo della questione è sempre quello del numero chiuso: abbiamo commissionato alcuni studi sull’impatto delle imbarcazioni. Quindi potremmo attivarlo se verrà accertato che un numero così grande di natanti può arrecare danni al mare e alle isole».
(da “La Stampa”)
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Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile LA “RISPOSTA DURISSIMA” ALLA MAFIA E’ IL SOLITO TAROCCO: DA MESI LE AUTORITA’ DENUNCIAVANO DI ESSERE SOTTO-ORGANICO… E ORA GLI AGENTI INVIATI SONO SOLO TEMPORANEI
La “risposta durissima” alla mafia foggiana per la strage di San Marco in Lamis, numeri alla mano,
è l’appianamento delle carenze di organico nelle forze di polizia sul territorio.
Le stesse denunciate da mesi da sindacati e vertici delle istituzioni locali.
Come promesso dal ministro dell’Interno Marco Minniti, nei giorni scorsi sono arrivati 192 uomini in più.
Ma, neanche tre mesi fa, era lo stesso Viminale a fornire i dati sulle forze di polizia foggiane rispondendo a due interrogazioni parlamentari.
E certificava come a polizia, carabinieri e finanzieri mancassero quasi duecento unità tra Foggia e provincia.
Adesso, rispetto a quella che avrebbe dovuto essere la normale e costante presenza dello Stato, ci sono appena 11 uomini di “rinforzo”. “Un bluff”, lo definisce Sinistra Italiana della Capitanata, che sabato ha sollevato il caso.
Il 25 maggio, infatti, il vice di Minniti, Filippo Bubbico, rispondendo a due interrogazioni del senatore Lucio Tarquinio, una di aprile 2015 e l’altra dello scorso febbraio, mette nero su bianco: “Per quanto riguarda la presenza delle forze di polizia sul territorio, si rappresenta che il dispositivo attualmente operante in provincia può contare su una forza di 2.075 unità , di cui 668 della Polizia di Stato, 934 dell’Arma dei Carabinieri e 473 della Guardia di finanza, a fronte di una previsione organica di 2.256 unità “.
A Foggia, insomma, c’erano 181 persone in meno. Ma nulla è cambiato fino ai 4 morti ammazzati tra Apricena e San Marco in Lamis dello scorso 9 agosto che hanno portato a 17 le vittime di agguati dall’inizio dell’anno.
La situazione di Foggia, spiegava il vice ministro, presentava “carenze più favorevoli rispetto ad altre realtà nazionali” e il “contingente territoriale è rinforzato con aliquote dei reparti prevenzione crimine della Polizia di Stato e della compagnia intervento operativo dell’Arma dei Carabinieri”, entrambi dislocati a Bari e “impiegati nei servizi straordinari di controllo del territorio disposti dalle autorità provinciali di pubblica sicurezza”.
Ma che la situazione meritasse una risposta immediata era chiaro anche alla commissione Antimafia: “Nelle nostre missioni in varie zone d’Italia abbiamo registrato due criticità , una delle quali riguarda Foggia — diceva Rosy Bindi a giugno — Dove ci è stato sottolineato il problema di immettere personale che abbia la capacità di leggere problematiche che prima non c’erano“.
Un reparto prevenzione crimine verrà istituito ora a San Severo, lo ha promesso Minniti l’altro giorno dopo anni di richieste da parte di sindaci e sindacati che i suoi predecessori hanno ignorato.
L’unica risposta l’aveva data proprio l’attuale governo con l’istituzione di una sotto sezione del Ros, formata da 16 uomini e attiva da aprile.
La compagnia intervento operativo dei carabinieri Battaglione Puglia, invece, da maggio ha un’attenzione particolare per Foggia con otto pattuglie (non più di trenta di uomini) sul territorio provinciale, salvo esigenze particolari in altre parti della regione come in occasione del G7 di Bari.
Un aiuto a quella carenza di organico tollerata per anni, nonostante la mafia foggiana alzasse sempre di più il tiro e continuasse a lasciare sull’asfalto morti su morti. Trentadue in due anni, uno ogni dieci giorni da maggio ad oggi.
Del resto, facendo riferimento al 2016, lo stesso Bubbico affermava che erano in “crescita” i dati di “estorsioni, omicidi e reati connessi agli stupefacenti”.
“La mafia non si combatte con i bluff e gli slogan — afferma il segretario provinciale di Sinistra Italiana Mario Nobile — Il nostro partito ha dichiarato sin da subito che la militarizzazione non può essere la soluzione per contrastare la mafia garganica, ma riteniamo inaccettabile prendere in giro i cittadini”.
Tutto ruota a quei numeri che, nei fatti, porta a un potenziamento ‘reale’ dell’organico prefissato per la Capitanata di 11 unità .
“E oltretutto — sottolinea Nobile — parliamo di contingenti temporanei, non fissi. Vorremmo che si evitassero gli spot e si attaccasse l’intreccio tra l’economia legale e i soldi sporchi della criminalità , un argomento rimasto sotto traccia in questi giorni”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile SE NON GLI VOGLIONO TUTTI BENE RISCHIA DI SPEGNERSI
Ve lo ricordate il Tamagotchi? Quel pulcino elettronico che si spegneva se non gli facevi le coccole.
A volte guardando Luigi Di Maio viene da pensare che il leader M5S abbia un rapporto simile con il consenso: se non gli vogliono tutti bene rischia di spegnersi.
È l’impressione che suscita la sua ultima uscita sull’abusivismo edilizio: “Se un giudice dice che un immobile va abbattuto, si fa. Ma non possiamo voltare le spalle a chi ha una casa abusiva perchè la politica non ha fatto il suo dovere”. Un colpo al cerchio (i giudici) e un colpo alla botte (gli abusivi).
Un’uscita che a qualcuno ha ricordato certe prese di posizione sciagurate del passato che così giustificavano la cementificazione dell’Italia: è colpa della politica, quindi non è colpa di nessuno.
Una frase che addirittura ha consentito al Pd — in molte regioni padrino della devastazione del nostro territorio — di ergersi a paladino della legalità (ma che cosa ci tocca sentire!).
Ma il punto non è nemmeno l’abusivismo. Questa frase rivela molto del politico Di Maio: il bisogno di non scegliere.
Soprattutto di non scontrarsi con nessuno. Individuando un capro espiatorio facile facile: i politici, come se Di Maio fosse un astronauta.
Ricorda tanto la presa di posizione sull’immigrazione. Di Maio non voleva prendersela con i migranti, visto che tra l’altro tanti suoi elettori vengono dal centrosinistra.
Ma nemmeno far arrabbiare i tanti leghisti che ormai votano per il Cinque Stelle. Quindi ha cercato la terza via, per dirla alla Tony Blair: le ong e le navi-taxi.
Come se fossero davvero loro la causa dell’esodo biblico dall’Africa all’Europa.
Se si confrontano due posizioni opposte, Di Maio cerca di prendere la terza. Così ci possono stare dentro tutti.
Ma allora il punto non è neanche la posizione “giustificazionista” sull’abusivismo.
E nemmeno l’obiettiva ingiustizia che pone le ong — che pure avranno commesso errori, ma hanno salvato centinaia di migliaia di vite — come principali responsabili dell’arrivo di milioni di disperati.
Il punto è un altro: il terrore di Di Maio — e forse anche di parte del M5S — dell’impopolarità .
Insomma, la febbre da consenso, che deve essere riconfermato ogni anno con consultazioni online, che cerca il bagno di folla della piazza, l’applauso come in uno spettacolo teatrale.
Vero, abbiamo vissuto per anni guidati da una classe politica delegittimata: quattro governi consecutivi non eletti. Addirittura rappresentanti di una maggioranza — l’orrida coalizione centrosinistra-centrodestra — che è l’esatto contrario di quello che hanno chiesto gli elettori nel 2012.
Ma Di Maio pare cadere nell’errore opposto: ha ragione chi ha consenso.
Il buon politico deve ottenere la legittimazione dei cittadini al momento del voto. Ovvio. Ma dopo deve poter compiere anche scelte impopolari. Sennò non si potrebbero aumentare le tasse, inasprire le pene contro la corruzione in un Paese corrotto, combattere la mafia in regioni dove raccoglie il sostegno di larghe fasce della popolazione.
Anzi, in Italia ci sarebbe tanto bisogno di un politico capace finalmente di non lisciare il pelo a noi cittadini.
Di puntare il dito anche contro di noi, ricordandoci le nostre tantissime responsabilità : corruzione, appunto, evasione fiscale, mafia.
Un politico capace di non piegare la testa di fronte ai poteri forti che poi attraverso televisioni e giornali amici manovrano il consenso.
Non sarà certo un politico che vuole piacere a tutti a tirarci fuori dal pantano. Non sarà certo una persona che dovendo prendere una posizione netta cerca di cavarsela puntando il dito contro “i politici”, “le ong”.
Ma soltanto un politico con le spalle larghe, con una storia e un curriculum che gli diano autorevolezza, può permettersi di essere impopolare senza tremare.
“Nel Movimento si sono superati gli schieramenti ideologici. Abbiamo messo insieme persone sulla base di valori anche opposti”, conclude l’intervista a Repubblica di Di Maio.
Ecco il manifesto del candidato premier.
No, caro Di Maio: forse le ideologie sono passate, ma gli ideali e i valori sono tutta un’altra cosa. Questa è la politica: decidere da che parte stare. Non seguendo una bandiera, ma un’idea della vita e di se stessi.
Se stai con tutti, magari all’inizio avrai consenso, ma alla fine non sarai nessuno.
Ferruccio Sansa
(da “il Fatto Quotidiano”)
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