Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile NEI TONI SEMPRE PIU’ VIOLENTI SUI SOCIAL EMERGE UN MICROCOSMO DEL DEGRADO UMANO CUI SIAMO ARRIVATI
In queste ore di Feriae Augusti (riposo di Augusto) pare che finalmente in tanti si siano resi conto
(meglio tardi che mai) dell’iperviolenza che galleggia nei social e di fatto esprime il naufragio, anche se parziale, del web inteso come attrezzo che sarebbe dovuto servire alla grande rivoluzione culturale capace di unire e innalzare anzichè scindere ogni singolo microcosmo di connaturate bassezze e debolezze da tutti gli altri.
Si parla del ‘caso Boldrini’, delle ormai inaccettabili invettive da tastiera che superano vergognosamente qualsiasi tipo di insulto tradizionale lecito in politica – sia chiaro, il ‘caso Boldrini’ m’importa solo in funzione d’esempio ultimo; qui si analizza il fenomeno orrendo che ovviamente tocca anche lei.
Approdando a una creatività applicata all’odio, e in infiniti ‘casi’, spesso capita di leggere commenti e auspici nauseanti di violenza. Non siamo più nell’orbita del concetto espresso da Umberto Eco relativo alla “parola agli imbecilli”, ora siamo allo specchio, siamo alla manifestazione virtuale (ma sempre meno virtuale) di quella devastazione culturale e umana in cui la nostra non-Società versa.
Se è vero come è vero che esiste un modello umano (e da social network) preponderante del personaggio-tipo che odia quasi tutto a prescindere – modello analizzato da Marco Zonetti nel suo articolo “Chi offende Laura Boldrini? Viaggio nel profilo tipo degli stalker su facebook.” del 14 agosto – tutto ciò non deve stupire, perchè ogni individuo, per natura, se impreparato culturalmente e dunque caratterialmente (sempre, non dimentichiamolo, per responsabilità istituzionali e di Stato che dall’ignoranza generalizzata trae sempre forza) è propenso a cadere nel gioco del capro espiatorio; perchè la comprensione dei fenomeni sociali e degli esseri umani sottende sacrificio di coscienza e passione, dunque lo sfogo violento è la via breve per vomitar via le frustrazioni e l’infelicità accumulate.
Con l’insulto e l’aggressione l’individuo dice innanzitutto che non vuole confronto, e se non si vuole confronto si dichiara la propria ignoranza, che una volta dichiarata dovrà corrispondere alla reiterazione di toni sempre più violenti e oltre le righe della civiltà .
Nel nostro paese le frustrazioni sono state create a tavolino: sono un effetto collaterale – su cui si contava – della cultura della vanità , dell’edonismo e dell’individualismo su cui tanto si è spinto nell’ultimo quarto di secolo. Ora sono ulteriormene alimentate, perchè servono politicamente, ma qualcosa dev’essere sfuggito di mano perchè le illusioni disattese e dolorose stanno trasfigurando l’essere umano in qualcosa d’altro, in vittima mostruosa di se stesso.
Questa devastazione in cui ci specchiamo è anche il frutto maledetto di una competizione politica infima e incivile.
“Elementi emotivi socialmente diffusi, quali invidia, rancore, e voglia di rivalsa (anche legittimati dalla mancanza estrema di meritocrazia e dalla malagestione delle strutture statali) sono fondamentali per il funzionamento della propaganda del M5S e della Lega Salviniana. Questi due approcci ‘violenti’ al dibattito politico hanno indotto e legittimato una sorta di odio e scontro sociale semplicisticamente esacerbati, nonchè sostenuti dai toni rissosi dei ‘lìder maximi’, dei loro esponenti più vigorosi, e poggiati anche su invettive di rivalsa ingiustificate e illegittime, ma apparentemente plausibili per quei gruppi sociali marginali e/o emarginati […]. Una delle responsabilità di Grillo è senz’altro l’aver legittimato toni sgradevoli e violenti che in epoche precedenti erano propri solo di frange politiche esacerbate (e legalmente punibili) quasi prive di seguito popolare. Grillo si è spesso permesso terminologie molto più prossime all’insulto rivolgendosi direttamente a cariche e simboli istituzionali, sfiorando il vilipendio. (Tutti ricordiamo termini come Tsunami, Morti, Zombie, ecc..) Con teatralità Grillo ha acceso forme di intolleranza dialettico-politica in milioni di seguaci, inducendoli a sentirsi liberi di insultare chiunque non la pensi come loro, fino a legittimare nell’immaginario collettivo la proiezione semplicistica e indiscriminata di tutto il degrado sociale, politico ed economico su ogni e qualsiasi carica istituzionale. Anche il dipingere i media tradizionali come inattendibili in tutto e per tutto, in modo ossessivo, è una strategia precisa finalizzata a proteggersi, anticipatamente, da argomentazioni avversarie. […] Altra peculiarità della ‘cultura’ Grillina è il non riconoscere l’autorevolezza e il valore della formazione culturale, fino a svalutare e schernire la conoscenza scientifica che ne deriva, fino a intendere come deriva di sistema la formazione accademica; siamo di fronte a un delirio basato sul contrasto all’autorità della conoscenza scientifica di qualsiasi sorta, sdoganando per contro qualsiasi teoria che appaia anti-sistemica.” *
“Allo stesso modo, la propaganda Salviniana si basa anche sull’oltraggio al Sapere. Innescato come becero argomento di scontro tra i ceti sociali, è parte della reazione post-berlusconiana alle sperequazioni economiche e culturali in essere. L’oltraggio al Sapere è lo sdoganamento scriteriato, da parte dei rappresentanti politici, dell’offesa sia all’universo della conoscenza e dello studio, sia ai personaggi (anche storici) che lo rappresentano […]. Il movimento sottoculturale che alcune parti politiche attivano spingendo su gruppi sociali meno inclini a formarsi culturalmente, in un’ottica di rivalsa classista reazionaria utile ai fini elettorali, sobilla una reazione violenta contro attività come lo studio, la ricerca, l’insegnamento e le professionalità intellettuali, sottilmente ma anche spudoratamente additate come inutili.” *
Ecco perchè oggi è fin troppo semplice collegare la violenza verbale diffusa alle legittimazioni e agli sdoganamenti effettuati da Grillo e Salvini. Cosa ancor peggiore è che i vertici di entrambi gli apparati sanno benissimo quale tipo di fenomeno distruttivo promuovono, ma non gli importa, perchè c’è da andare in parlamento e chissà dove altro, ed è questo l’aspetto umanisticamente criminale della faccenda: perchè come avvertiva Bertold Brecht “Chi non conosce la verità è soltanto uno sciocco, ma chi, conoscendola, la chiama bugia, è un malfattore.” **
O ancora peggio, gli stessi vertici adoperano “stronzate” sapendo di farlo, perchè “le stronzate (bullshit), – sostiene Harry G. Frankfurt – vanno intese come atti linguistici utili a raggiungere un tornaconto personale mediante espressioni libere da qualsiasi tipo di relazione con il valore della verità . La stronzata è eticamente peggiore della menzogna, perchè se la menzogna sottende una verità nascosta o contraffatta, le stronzate ignorano l’idea stessa di verità ed educano chi riceve l’informazione all’idea che la Verità sia irrilevante. I personaggi che nutrono i loro seguaci con stronzate hanno bisogno di mostrarsi sempre competenti al dibattito o in grado di esprimersi su qualsiasi argomento (anche quando non è loro richiesto), inficiando il mondo della conoscenza. Il bullshitter si disinteressa alla verità perchè è interessato a impressionare il pubblico; non ha la necessità di conoscere la verità per poterla modificare creando una menzogna: semplicemente spara sulla mente del ricevente […].”
Infine occorre comunque tenere conto che questi ‘signori’ dis-umanisti hanno agito su un materiale umanoide pronto a cogliere l’onda della deriva perchè colmi di frustrazioni irrisolte che covano con rabbia. (Ovviamente non mi riferisco all’intero corpo elettorale dei due apparati, ma solo a coloro che si dedicano alla violenza verbale perchè spinti, quasi “innescati” dai loro capi).
Insomma, se nel nostro paese si arriva ad augurare “violenze sessuali multiple”, “deturpazioni con acido” e accidenti orripilanti vari agli antagonisti politici o anche a singoli cittadini responsabili del crimine di pensarla diversamente o di trovarsi su una sponda politica opposta, occorre forse fermare tutto e ripensare a quale livello di degrado e di imbruttimento umano la modernità dell’opulenza e dell’invidia abbiano portato il consorzio umano a cui tutti apparteniamo.
Se nel nostro paese l’anti-scienza e l’anti-sapere dilagano, se chiunque abbia qualcosa da spiegare o raccontare viene dileggiato, odiato per la conoscenza e l’intelletto, trasformato nell’albatro dalle ali di gigante atterrato dai marinai della poesia di Baudelaire, rimane poco da fare; occorrerebbe, ripeto, fermare tutto e ricominciare dall’educazione all’esistenza propria e degli altri.
(da “La Stampa”)
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Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile “COSA HA OFFERTO AI TRAFFICANTI IL GOVERNO ITALIANO? SOLDI? PROTEZIONE?”
Roberto Saviano, togliamo l’odiosa propaganda politica, ma facciamo chiarezza su un punto chiave: esistono Ong colluse con gli scafisti?
«La risposta è categorica: no, contro di loro c’è una plateale caccia alle streghe. Non c’è nessuna sentenza definitiva e neanche di primo grado. Se parliamo poi del caso della Iuventa, bene, vediamo che cosa la magistratura dimostrerà , lasciamo fare il suo corso. Se dovesse riscontrare delle irregolarità sarà giusto andare a fondo, accertarne i motivi, ma va detto che la parola collusione significa interessi comuni, significa profittarne e nelle inchieste e nelle accuse di Trapani non c’è questo, non c’è l’accusa di aver preso soldi o di aver fatto attività a favore dei trafficanti, cioè per arrecarne un vantaggio. Le accuse sono tutte legate a sconfinamenti, disinvolture nell’opera comunque umanitaria. Se si guarda al mare emerge in modo sempre più inequivocabile, anche da rapporti indipendenti e dalla Corte penale internazionale, che ad essere collusa con i trafficanti, quindi un rapporto diretto, sarebbe piuttosto la guardia costiera libica, la stessa che l’Italia sta aiutando e supportando. Molte imbarcazioni partono dalla città libica di Zawiya a poco più di 40 km da Tripoli, lì è notizia pubblica e comune, il capo dei trafficanti è un ragazzotto, Abdurahman Al Milad Aka Bija, che tutti conoscono come Al Bija, nemmeno trentenne, spietato, ricchissimo, ebbene sapete cosa è diventato oggi? E’ il nuovo comandante della Guardia costiera della città . I giornali italiani raccontano poco la Libia, ma basta leggere i reportage della giornalista freelance, Nancy Porsia, per capire chi sia davvero alleato ai trafficanti, le Ong o la Guardia Costiera libica, che coincide con i trafficanti in molti casi. Ci siamo affidati ai trafficanti stessi, cosa l’Italia ha offerto ai trafficanti per non buttare più uomini in mare? Soldi, protezione, cosa? Questa caccia alle streghe è servita a questo, distrarre l’opinione pubblica, dando la colpa alle Ong che salvavano vite mentre la diplomazia italiana si accordava con trafficanti con la divisa della marina. A monte di tutto questo i veri alleati dei trafficanti sono le politiche europee. L’Europa ha chiuso tutte le frontiere e non ha lasciato un solo modo legale per trovare protezione».
Ci sono buoni e cattivi tra i volontari?
«Se sarà il caso sarà appunto la magistratura a fare questa mappa. In mare ci sono grandi Ong internazionali, con progetti in tutto il mondo, come piccole organizzazioni nate apposta appunto per salvare vite nel Mediterraneo. Tutte hanno operato sotto il coordinamento della Guardia costiera italiana, con l’obiettivo di salvare legalmente vite in mare. E tutte sono finite in qualche modo, a diverso titolo, sotto una grandinata di accuse, individuali o collettive, dai dibattiti politici ai bar, dai titoli dei giornali ovviamente ai social network, una girandola di fango chiaramente strumentale. Non c’è a oggi nessuna condanna su questo. Invece a oggi ci sono, come nel caso Msf, centinaia di prove giornaliere della loro attività in tutti i Paesi in difficoltà , in guerra. Spesso sono uniche presenze di assistenza. Su quello abbiamo la prova invece, sul resto ci sono solo ipotesi, spesso fumosissime».
Qual è il criterio per giudicare il loro lavoro?
«Le vite salvate. Molte hanno decine di anni di storia di presenze in territori in guerra, di rintracciabilità dei loro finanziamenti privati, non pubblici, quindi nessuna speculazione. Dei loro guadagni su cui si è favoleggiato: tutte balle. Ad esempio gli stipendi sono bassi: quelli di Medici senza frontiere guadagnerebbero molto di più lavorando in cliniche o anche in ospedali statali. Noi stiamo parlando di Ong che in questi anni hanno lavorato con la Guardia costiera italiana. Fondamentale ancor di più perchè c’era completamente un’assenza degli assetti europei. Quindi noi abbiamo infangato Ong che lavoravano fino a ieri con lo Stato, in appoggio. In realtà queste carte girano da mesi, con stralci pubblicati, allusioni non confermate che hanno avuto l’unico obiettivo di scatenare un accanimento mediatico e popolare».
Perchè alcune Ong aderiscono alle nuove regole del Viminale e altre no?
«Il codice Minniti non è una legge per migliorare i soccorsi. C’erano già norme nazionali e internazionali che governavano il soccorso in mare sotto il coordinamento della Guardia costiera. E ribadisco: hanno consentito di salvare nella piena legalità migliaia di persone. Quindi non facciamo passare come stanno cercando di far passare tutti dalla Lega ai 5 Stelle al Pd, tutti, tranne rare eccezioni, che sino ad ora si è agito illegalmente. Sinora si è agito nel rispetto della legalità con la Guardia costiera italiana che si è avvalsa dell’aiuto delle navi delle Ong. Per cui le Ong hanno scelto nel nome della propria indipendenza di non voler diventare parte integrante di un sistema governativo. Anche perchè, insomma, il codice non ha finalità puramente umanitarie. Rientra in un sistema più ampio che mira al controllo delle frontiere, contenimento delle persone in Libia. Quindi è un obiettivo politico-militare che, secondo le Ong, avrà drammatici costi umani».
Da attento studioso di organizzazioni mafiose: ci sono loro dietro questa nuova tratta degli schiavi?
«Non abbiamo prove di un investimento delle mafie italiane in questo traffico. E’ ovvio che le organizzazioni criminali libiche sono ai vertici del traffico di esseri umani. Ricordo che la stessa veemenza che abbiamo sui migranti, non l’abbiamo sulla cocaina che arriva tutta dall’Africa a tonnellate a settimana. Quindi in realtà l’Europa non si blinda, non si chiude sul narcotraffico, si chiude su esseri umani. Le mafie non sfruttano le Ong, non hanno alcun interesse. Il trafficante libico mette sui gommoni questi disperati, fregandosene sia che questi vengano salvati o annegati, non gli importa nulla. E’ vero che invece le mafie guadagnano dai centri di accoglienza».
Cosa dovrebbe fare l’Italia?
«Innanzitutto smetterla di attaccare le Ong che sono gli unici attori ad aver supportato il nostro Paese in un obbligo: l’obbligo di salvare vite. L’Europa ha lasciato tutto sulle nostre spalle, non istituendo un sistema di ricerca e soccorsi in mare, chiudendo tutte le frontiere, non condividendo le responsabilità dell’accoglienza. L’Unione è grande, i flussi sono stati ad ora gestibili: 362 mila arrivi nel continente nel 2016, 181 mila in Italia. Il problema vero è che non stiamo affrontando la questione in modo unitario. Per esempio, il regolamento di Dublino costringe l’Italia a doversi sobbarcare tutto da sola, portandoci a voler respingere i migranti a tutti i costi. In tutto questo il risultato? Che abbiamo trovato come unico interlocutore possibile la Libia».
L’immigrazione è diventata un problema quasi esclusivamente di sicurezza, non servirebbe una politica culturale?
«Per riparare a questi sei mesi di polemiche, haters e menzogne anti migranti ci vorranno purtroppo 10 anni di rieducazione. Dieci anni che dovranno essere accompagnati da azioni culturali importanti, per esempio raccontare nelle scuole fin dalle elementari che cosa è stato fatto all’Africa, cosa è oggi l’Africa, il Medio Oriente. Le classi italiane sono sempre più piene di figli di migranti: bambini italiani nati da genitori stranieri. Da lì partirà tutto questo: il cantante che quest’estate è stato più ascoltato in Italia è Gali figlio di madre e padre tunisini, nato a Baggio. Quasi tutti sentono che la pancia del Paese è contro i profughi e quindi si cavalca la paura, se prendi una posizione più complessa hai una risposta fredda e di diffidenza».
C’è il rischio di infiltrazioni Isis sui barconi?
«Questo è l’ennesimo spauracchio di questa manipolazione che stanno facendo, parlando di armi e droghe sulle navi dell’Ong: bugie. Non si può pensare che i miliziani dell’Isis vadano in battaglia rischiando la vita su un barcone. Anche solo a guardare le statistiche, che vedono migliaia di persone arrivate dal mare negli ultimi anni, si dovrebbe porre fine all’equazione che siano proprio loro a compiere operazioni terroriste anche semplicemente ideologiche, non solo militari».
Altro tema come già accennato è l’integrazione sul territorio. I Cie e simili sono un fallimento, perchè?
«Sono un limbo, lontani dai centri abitati, da qualunque contatto normale con la società : in questo modo è chiaro che crei la divisione e impedisci alle persone di integrarsi, lavorare iniziare, fare una vita normale. La costringi ad un isolamento alienante. Tra l’altro i posti dell’accoglienza ordinaria non bastano e quindi ci si aiuta o meglio ci si affida alla accoglienza straordinaria, bisognerebbe prendere professori che possano insegnare l’italiano, psicologi che possano sostenere i migranti: sono operazioni molto semplici da poter fare, che aiuterebbero moltissimo».
Cosa accadrà adesso con il ritiro di alcune Ong dal Mediterraneo?
«Senza navi di soccorso ci saranno più morti e soprattutto non ci saranno più testimoni indipendenti. L’obiettivo primo dell’attacco all’Ong è non avere testimoni lì. I testimoni sono scomodi. Certo se nel frattempo la disumana strategia di contenimento funzionerà , ci saranno anche meno persone da soccorrere in mare, perchè saranno intrappolate nell’inferno dei centri di detenzione in Libia».
Per chiudere, una frase di speranza, è possibile arrivare ad essere una società multietnica?
«Basta con le bugie. È necessario che tutte le persone imparino a rifiutare l’aggressività , che siano pronte a cambiare idea, che decidano di approfondire e che se non condividano non diffamino, non insultino o non usino toni di condanna di ciò che non sanno, ecco la speranza risiede in queste persone. Se esistono persone ancora disposte a non scegliere la soluzione più semplice o più brutale, se riusciremo a far rivivere questo spirito allora significa che non tutto è perduto».
(da “La Stampa”)
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Agosto 16th, 2017 Riccardo Fucile CALATA AL 36% LA FIDUCIA DEI FRANCESI NEL PRESIDENTE CHE SI ATTEGGIA TROPPO A MONARCA… IMMUTATA INVECE LA POPOLARITA’ DI BRIGITTE
Non ha più pronunciato neanche una parola in pubblico da quando il marito è stato eletto
Presidente di Francia, un centinaio di giorni fa.
Brigitte è apparsa (a tratti, con il contagocce), sempre diligente al fianco di Emmanuel, e si è prestata a qualche foto nel cortile dell’Eliseo, tra le altre con Rihanna (così da sostituire il marito, che i suoi consiglieri hanno voluto priettare nell’immagine di un «presidente monarca » : «jupitèrien», dicono loro, come Giove, padre degli dei).
Ma ora che la popolarità di Macron precipita, al di là di qualsiasi previsione, anche la più pessimistica, nel suo entourage c’è chi pensa di tirare fuori il solito asso dalla manica. Brigitte, appunto.
Sì, i sondaggi sono negativi sul presidente. L’ultimo, dell’istituto Ifop, 100 giorni dopo la sua elezione, indica che appena il 36% dei francesi resta fiducioso sul suo operato (Franà§ois Hollande, allo stesso momento, nel 2012, era al 46%).
Sembra che nel suo ristretto circolo di consiglieri regni il panico in vista del rientro post-vacanze, costellato da una serie di ostici appuntamenti politici, come la riforma del mercato del lavoro, estremamente sensibile.
Ecco, tra le altre cose, come ha scritto il quotidiano Le Parisien, si vuol «far beneficiare Macron dell’incredibile popolarità della consorte».
Brigitte dovrebbe recuperare la sua voce, con una grande intervista per un settimanale da qui a fine mese.
Non solo, l’obiettivo è moltiplicare la sue apparizioni pubbliche, dato che, quando questo avviene, appare evidente che l’entusiasmo nei suoi confronti è rimasto intatto, a differenza che con Emmanuel.
La strategia dovrà accompagnarsi a una definizione del suo ruolo, dopo le polemiche scoppiate al riguardo qualche giorno fa.
Macron voleva chiarire anche a livello legislativo la figura della «première dame», che non esiste istituzionalmente. Ma una petizione online ha raccolto oltre 300mila firme contro tale evenienza, perchè si teme che la novità si porti dietro nuove spese e favoritismi in un periodo di austerity.
Alla fine, Christophe Castaner, portavoce del governo, ha scritto su twitter: «Nessuna modifica della Costituzione, nessun nuovo finanziamento, nessun salario per Brigitte», promettendo prossimamente una «carta della trasparenza», per definire comunque il suo ruolo, anche senza uno status ufficiale.
Intanto, a sorpresa, la coppia presidenziale sta trascorrendo le sue vacanze a Marsiglia, stupenda ma con tanti problemi sociali e non proprio una città glamour.
Sono alloggiati nella residenza privata del prefetto (con piscina). Un segnale propagandistico ? Sono ridiventati semplici e cool?
Vengono avvistati a sorpresa qui e là : lui, in jeans e scarpe da tennis, sembra ritornato il politico giovane e accessibile della campagna elettorale. Anche lei è di nuovo la Brigitte di una volta, sorridente ed empatica.
Forse i consiglieri per l’immmagine di Macron hanno finalmente capito che la figura del «presidente-monarca» non funziona proprio ? 39 anni lui, 64 lei, Brigitte, ex professoressa di liceo di Emmanuel, è stata molto utile alla sua vittoria, anche grazie all’anticonformismo che emana dalla loro storia di coppia.
Rassicurante (nonna sette volte) ma trasgressiva con i suoi tacchi acrobatici, piace alle giovani generazioni.
Ed è un mito per le donne di mezz’età (e oltre) perchè, come dice Nathalie Rozborski, trendsetter della moda a Parigi, «con un uomo giovane, bello e di successo accanto, incarna la rivincita di tutte le donne del baby boom del Dopoguerra francese».
(da “La Stampa“)
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