Settembre 30th, 2017 Riccardo Fucile
LA TV: “INESPERTO”, “RITIRATO DALL’UNIVERSITA'”, “PARLA PER I GIOVANI MA GRILLO E’ UN ANZIANO CHE NON HA NESSUNA INTENZIONE DI FARSI DA PARTE”
Domenica scorsa, la mattina dell’ultimo giorno della Festa di Rimini che l’ha incoronato candidato premier del Movimento, Luigi Di Maio s’è fatto fotografare felice (e ha esibito sui social network la foto) sul terrazzo dell’albergo con alcuni media stranieri che lo intervistavano.
Qualche giorno dopo, su Twitter, ha postato un’altra foto, scattata durante l’intervista che gli ha fatto la gloriosa Bbc, accompagnandola con questo tweet: «Con la @BBC, che ringrazio. Il progetto del #MoVimento5Stelle suscita interesse nel mondo e la cosa ci fa felici».
Poi – e noi che c’eravamo ingolositi l’abbiamo notato – su quell’intervista era sceso un curioso silenzio nel Movimento cinque stelle, sempre attento a enfatizzare ogni minimo spiffero favorevole nella sua indefessa propaganda.
Niente, il servizio della Bbc era sparito dai radar.
Finchè poi ieri, d’incanto, ne è riapparsa qualche traccia: un po’ elusiva però, bisogna dire.
Di Maio ha twittato un video di 1,37 minuti che mostra solo alcuni pezzi dell’intervista della Bbc (va segnalato peraltro che usa senza citarlo il video con i sottotitoli realizzato dalla Stampa.it), ma alcune omissioni paiono abbastanza importanti, perchè contengono i passaggi in cui Bbc dà giudizi e fa domande meno gradite sulla parabola del giovane di Pomigliano.
Innanzitutto il servizio completo della Bbc (che potete vedere nella traduzione della Stampa) dura 3,47 minuti.
In avvio, la tv inglese definisce Di Maio «a University dropout», «un universitario ritirato», uno «che ha abbandonato gli studi».
È la primissima cosa che la Bbc dice di lui, e chiaramente dà il tono a tutto il servizio. Valutazione sparita nel minivideo postato da Di Maio.
Seconda cosa: la prima domanda della Bbc, quella che apre l’intervista, è: «Gli abbiamo chiesto se non sia troppo inesperto per guidare il suo Paese».
Una rasoiata, sostanzialmente un giudizio, con un forte sospetto di inesperienza.
Di Maio fa sparire la domanda e pubblica solo la sua risposta irrilevante.
Quando poi il candidato premier grillino fa l’elogio dei giovani, e fa notare al giornalista inglese quanto sia normale in Inghilterra e raro in Italia, la Bbc stacca l’intervista e monta un Beppe Grillo che canta sul palco, quindi il giornalista obietta a Di Maio: «Ma uno degli ultracinquantenni italiani non ha nessuna intenzione di farsi da parte, ed è proprio il capo del Movimento» di cui Di Maio fa parte.
Peraltro, alla fine dell’intervista, Bbc fa una serie di interviste a giovani italiani cercando di capire cosa pensino di Di Maio: il campione naturalmente non è statistico, non è una ricerca, fatto sta che le due interviste che la tv britannica sceglie di pubblicare sono estremamente negative su Di Maio, due ragazze che fanno valutazioni critiche e molto dure sulla sua inesperienza e sul suo non esaltante curriculum di studi. Insomma, Di Maio parla per i giovani «ma la giovane generazione – commento testuale della Bbc – è la prima a non essere interamente convinta dalle sue promesse». C’è anche una divertente mini-intervista in quello che viene presentato come il suo bar preferito a Trastevere, e anche lì si respira su di lui, dice la Bbc, «scetticismo».
La proprietaria ammette quasi di malavoglia di averlo visto lì qualche volta.
Alla fine la Bbc fa notare che invece i fan di Di Maio (per esempio a Rimini) lo amano così tanto da non volerlo lasciare quando lo incontrano: «Ma ora deve convincere il resto del Paese».
Bene, tutto questo è scomparso.
«Il progetto del Movimento5Stelle suscita interesse nel mondo e la cosa ci fa felici», ha scritto Di Maio.
Vero, ma è un interesse che, come già nel caso del Financial Times o del Washington Post, va dalla stroncatura alla denuncia delle opacità o al racconto delle inadeguatezze e dell’inesperienza.
(da “La Stampa”)
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Settembre 30th, 2017 Riccardo Fucile
SE NESSUNO AVRA’ LA MAGGIORANZA, LA SOLUZIONE PER NON TORNARE ALLE URNE… UN BEL GOVERNO “ISTITUZIONALE” CON PREMIER GENTILONI O MINNITI
Con l’aria di chi va dicendo cose scontatissime, già chiarite da uno scienziato come il compianto Giovanni Sartori, Massimo D’Alema giorni fa ha posato il cappello sul «governo del Presidente».
Vale a dire sul paracadute che si aprirebbe nel caso, altamente probabile, di elezioni politiche senza un chiaro vincitore, dove nessun partito ottenga una maggioranza tale da consegnargli le chiavi del potere.
In pubblico se ne parla poco poichè i leader, tutti, preferiscono spargere l’illusione di un trionfo a portata di mano.
Invece D’Alema, con la sua furbizia, ha anticipato il tema che sicuramente si porrà all’indomani del voto e anzi già è oggetto di valutazioni nelle sedi che contano.
LE PREFERENZE DI ARCORE
Un esempio: da Arcore, dove nessun segreto resiste più di dieci minuti, emerge come i berlusconiani non solo sarebbero pronti a infilarsi in un «governo del Presidente», quale atto di responsabilità verso l’Italia, ma pare siano stati discussi con Berlusconi perfino i nomi di chi avrebbe le migliori chance di guidarlo.
Paolo Gentiloni rimane in pole position perchè nulla è più semplice che prorogare chi occupa una poltrona, specie se si è distinto per garbo verso il Cav.
Ma cresce prepotente in Forza Italia la considerazione verso un’altra figura istituzionale, qual è senza dubbio il ministro dell’Interno.
Per come Marco Minniti si sta muovendo su sicurezza e immigrazione, assicurano i “berluscones”, lo stesso Salvini farebbe fatica a tirarsi indietro, lo preferirebbe certamente a un amico della Merkel come Antonio Tajani.
LA CARTA VINCENTE
Più monta il chiacchiericcio nei partiti, meno il Colle desidera assecondarlo. Ovvio il rifiuto di “speculare” su qualcosa ancora futuribile. Mancano sei mesi alle elezioni, le variabili del “dopo” sono mille. Inoltre, chi frequenta Sergio Mattarella esclude che il presidente scalpiti per mostrare i suoi super-poteri.
Un po’ il protagonismo gli è estraneo, e poi il Capo dello Stato non è in grado di costringere nessuno. «Può costruire le condizioni con una tenace regia», osserva il “dem” Giorgio Tonini, attento a queste dinamiche, «ma qui si tratta di far nascere una maggioranza che poi voti la fiducia al “governo del Presidente”».
Insomma, la bacchetta magica non esiste. Eppure, al Quirinale non manca la carta vincente, vero asso pigliatutto.
Si tratta dell’impossibilità pratica di tornare alle urne come è avvenuto in Spagna, qualora lo stallo del dopo-voto da noi fosse totale.
TEMPI OBBLIGATI
È tutta una questione di calendario. Se voteremo a marzo, le date più probabili il 4 o l’11, poi ci vorranno i canonici venti giorni per la prima riunione delle Camere e un’altra decina perchè queste eleggano gli organi indispensabili: i rispettivi presidenti, gli uffici di presidenza e i gruppi parlamentari, senza i quali il Capo dello Stato non saprebbe chi consultare.
Dopodichè si apriranno le consultazioni. Nel 2013 Giorgio Napolitano fu un fulmine, vide tutti i partiti in sole 24 ore sottoponendosi a un tour de force, eppure la soluzione della crisi arrivò due mesi dopo il voto.
Perfino prendere atto che formare una maggioranza è impossibile richiederebbe il suo tempo e un passaggio parlamentare per prenderne atto.
Gli esperti del ramo assicurano che, votando a marzo, l’iter non si concluderebbe prima di metà maggio, col risultato che nuove elezioni «alla spagnola» cadrebbero a fine luglio, impensabile.
Dunque un governo dovrà nascere per forza, pena sconquassi istituzionali e drammi sui mercati. Nessuno dotato di buon senso rifiuterà di aprire il paracadute.
(da “La Stampa”)
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Settembre 30th, 2017 Riccardo Fucile
UNO CHE NON HA MAI LAVORATO CHE SI ATTEGGIA AD ESPERTO DI LAVORO… LA CAMUSSO: “ANALFABETA DELLA COSTITUZIONE”
Un avvertimento ai sindacati. “Se il Paese vuole essere competitivo le organizzazioni sindacali devono cambiare radicalmente. O i sindacati si autoriformano o con quando saremo al governo faremo noi la riforma” ha detto oggi Luigi Di Maio parlando da candidato premier del Movimento 5 Stelle, al Festival del Lavoro a Torino.
Dura la replica di Susanna Camusso, che alla marcia contro la violenza sulle donne di Roma, ha detto ai cronisti (e all’HuffPost): “Di Maio è un analfabeta della Costituzione”.
“Un linguaggio autoritario e insopportabile”, ha tuonato il segretario Cgil. “Non è il primo che lo dice (di riformare i sindacati, ndr). Ce n’è stato un altro che poi ha fatto il jobs act”. Di Maio “dimostra tutta la sua ignoranza ma insieme l’arroganza di chi crede che il pensiero sia solo di chi governa e non riconosce la rappresentanza”.
“Stiamo tornando all’analfabetismo della Costituzione”, ha continuato Susanna Camusso, “perchè la libertà di associazione è un grande principio costituzionale”.
Di Maio “dice cose che non sa. Non sa come è fatto un sindacato, non sa che non è un’organizzazione statuale di cui decidi le modalità organizzative, è una libera associazione. Non sa che il sindacato cambia in continuazione, perchè a differenza di altri soggetti, è radicato nei luoghi di lavoro ed è composto da decine di migliaia di militanti”.
Il segretario ha concluso affermando che “il segno è quello di ridurre la partecipazione alla democrazia”
Anche il ministro del Lavoro Poletti risponde al leader 5 stelle. “I sindacati hanno la loro autonomia e la loro responsabilità , credo vada rispettata, perchè sicuramente sanno, per la storia che hanno alle spalle, qual è la situazione che vivono. Quindi valutano ogni giorno, ne sono certo, il dato di adeguatezza che è presente”.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2017 Riccardo Fucile
A CHIANCHE, IN IRPINIA, L’ARRIVO DEI RICHIEDENTI ASILO FA RIAPRIRE LE SCUOLE E RIPARTIRE L’ECONOMIA…E GLI ITALIANI ORA RESTANO NEI COMUNI CHE VOLEVANO LASCIARE
Petruro Irpino (Avellino). «Si chiama Victory, ma per noi è Vittorio, anzi Vittò. E da quando a Petruro sono arrivati Vittò, Testimony, Marvellous, Shiv e tutti gli altri, anche noi vecchi abbiamo ricominciato a sentirci vivi, qui prima c’erano soltanto silenzio e funerali».
Ubaldo Mazza, 80 anni, ex minatore, “zio Ubaldo” per tutti, una selva di capelli bianchi, gioca con Victory, nigeriano di 17 mesi, catapultato dalla vita con la mamma Precious in questo borgo dell’Irpinia arroccato tra boschi e castagneti.
Strade di pietra, vento, montagne, l’odore del mosto e dell’uva. «Sapete? Andrà all’asilo. Con tutti questi nuovi bambini il Comune ha deciso di riaprirlo, qui la scuola era chiusa da vent’anni».
Victory corre, saltella, guarda zio Ubaldo e ridono come matti, il mondo – a volte – può anche essere salvato dai ragazzini, un vecchio e un bambino che sanno di essere una coppia irresistibile, testimonial, anzi, di una “integrazione possibile”.
Italiani e migranti insieme in un progetto che la Caritas di Benevento ha chiamato Rete dei comuni welcome. Ossia un’alleanza basata sull’accoglienza e su un “welfare locale ad esclusione zero” che fermi l’esodo da questi piccoli paesi bellissimi ma ormai spopolati tra il Sannio e l’Irpinia, disseminati di vitigni abbandonati, campi incolti, bar deserti e nascite zero.
E dunque porte aperte ai profughi in attesa di asilo che attraverso i fondi degli Sprar (Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati) stanno riportando vita, nascite e reddito tra le strade deserte dei borghi.
Ma anche alle famiglie italiane più fragili che qui potrebbero ritrovare migliori condizioni di vita.
E bisogna addentrarsi nel silenzio di Petruro Irpino, provincia di Avellino, 210 abitanti, dove grazie a sette bambini migranti a breve riaprirà l’asilo, per assistere a un esempio di laboratorio sociale. Dove Precious, nigeriana, fa il tirocinio da parrucchiera, mentre la piccola Testimony passa le sue mattine con Teresa, ragazza italiana che le fa da baby sitter e così si paga gli studi, mentre la mamma Pamela, anche lei nigeriana, lavora in un’azienda agricola.
Nella loro lindissima casa, Rajvir Singh e la moglie Meher, afghani di religione Sikh, preparano ravioli di verdure da cuocere in un brodo speziato, in attesa che Shiv, 10 anni, torni con lo scuolabus.
Perseguitati in Afghanistan perchè di religione Sikh, Rajvit, Meher e Shiv portano nel cuore il dolore più grande.
Racconta Marco Milano, esperto di relazioni internazionali, oggi responsabile dello Sprar: «I talebani hanno ucciso davanti ai loro occhi il fratello di Shiv, Meher non si è mai ripresa…».
Per questo Rajvit vuole restare in Italia. «Qui è bello, ci sono le montagne e la terra. Posso lavorare e mio figlio può crescere nella pace». E Rajvit entrerà a far parte della cooperativa che italiani e migranti stanno per fondare recuperando terre e coltivazioni.
«Il Greco di Tufo, l’Aglianico, il Fiano, abbiamo un patrimonio di vigneti che rischiano di morire. Molti giovani di qui – dice Marco Milano – emigrati al Nord o all’estero, stanno tornando per partecipare ai progetti “welcome”.
Tanto che oltre ai bambini stranieri ricominciano a nascere i figli di coppie italiane…». Ma non c’è solo Petruro Irpino. A Chianche, dove «c’erano più lampioni che abitanti», era rimasta una sola adolescente italiana, Carmela, adesso ci sono quindici rifugiati e tra poco aprirà un nuovo alimentari “etnico”.
Il cibo è memoria e gli odori che escono dalle cucine si mescolano, il riso e pollo dei migranti, i fusilli al pomodoro delle case italiane.
«Favorite – dice Zi’Ngiulina – la mia porta è aperta». Carmela ha un bel sorriso: «Studio a Benevento ma qui, a casa, mi sentivo davvero sola. Adesso con le ragazze e i ragazzi migranti è tornata la vita…». A Rocca Bascerana i rifugiati sono trenta, il sindaco Roberto Del Grosso dice con chiarezza: «L’integrazione c’è stata, possiamo ospitarne altri».
«Con i 35 euro al giorno destinati ai richiedenti asilo – spiega Francesco Giangregorio dello Sprar di Chianche – paghiamo i corsi, ma affittiamo anche case dai proprietari italiani. Gli ospiti, poi, con i cinque euro al giorno che vengono loro consegnati come pocket money, fanno la spesa nei negozi di qui che infatti stanno riaprendo».
Insomma una micro-economia che ricomuncia a muoversi grazie a un melting pot italiano e straniero che consuma e chiede servizi.
Donne, uomini e bambini che hanno vissuto l’orrore, i lager libici, gli stupri e adesso tra questi boschi che volgono all’autunno sembrano respirare. Hayatt, etiope, bella e riservata, oggi diventata “operatrice agroalimentare”, fuggita dopo lo sterminio della sua famiglia. Mercy e Evelyn, nigeriane, scampate (forse) alla tratta.
E tanti, ottenuto lo status di rifugiati scelgono di restare. Noman, ad esempio, assunto legalmente come edile alla fine del tirocinio, così come Seck, del Mali, in una ditta di compostaggio.
«Il nostro obiettivo è che restino, ripopolino i nostri comuni e si integrino in percorsi di legalità », spiega con passione Angelo Moretti, responsabile comunicazione della Caritas, cuore e anima della rete dei “Comuni Welcome”.
«I grandi centri di accoglienza del Sud sono in mano alla criminalità , lo sappiamo. Nei nostri progetti gli ospiti invece devono formarsi, vivono in piccoli gruppi, i bambini vanno a scuola. E questo dà dignità . Abbiamo lavorato molto prima che i migranti arrivassero per preparare l’integrazione. Oggi raccogliamo i frutti. E anche questa economia inizialmente assistita, si sta trasformando in economia reale, con le cooperative tra italiani e migranti».
Alle 5 del pomeriggio sulla piazza di Petruro quindici bambini giocano a pallone. Italiani, afghani, nigeriani, sudamericani, ghanesi. «Goal» lo sanno dire tutti. «Quante voci – dice Zio Ubaldo – sembra di essere cinquant’anni fa…»
(da “La Repubblica”)
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Settembre 30th, 2017 Riccardo Fucile
A SANREMO UN MILITARE SI PORTA LE RAGAZZE IN CASERMA, FILMA E CONSERVA SUL PC L’IMPRESA… LA RABBIA DEL COMANDO: “AZIONE SCELLERATA E GRAVISSIMA, NESSUNA CLEMENZA”
Per due volte si è portato una ragazza in caserma e ha avuto con lei un rapporto sessuale. In entrambe le occasioni, consenziente. Nessuna costrizione, nessuna violenza, e di questo c’è la prova: ha filmato tutto.
E sono proprio quei video che hanno permesso alla guardia di Finanza di scoprire le “gesta” di un suo giovane militare.
Gli incontri proibiti sono avvenuti alcuni mesi fa. A pochi giorni di distanza l’uno dall’altro, e con due ragazze diverse, e sempre intorno a mezzanotte.
L’edificio che ospita la Finanza, a Sanremo, si trova in via Hope, una strada stretta e senza uscita: vi passano solo i residenti delle numerosi palazzine. Pochi oltretutto, visto che gli alloggi sono quasi tutte seconde case. Per accedere al comando delle Fiamme gialle bisogna oltrepassare un cancello e il portone principale, e poi salire ancora due piani, prima di trovarsi davanti una porta blindata. Ma in entrambe le occasioni il militare avrebbe avuto gioco facile, vista la sua conoscenza del posto.
Poi, ha raggiunto uno stanzone con un paio di scrivanie. E lo ha trasformato in un set. Per riprendere le scene, ha usato il proprio cellulare. Lo ha posizionato con attenzione, in modo che l’inquadratura fosse quella desiderata. Per poi scatenarsi assieme all’amica di turno.
L’avrebbe fatta franca, se non avesse commesso un errore madornale. Quello di trasferire i due video sul suo computer, al lavoro. E nemmeno in una cartella protetta, ma salvandoli sul desktop. Come i file siano stati scoperti non si sa.
Forse il giovane ha fatto un altro errore, quello di guardarli con un collega nei paraggi, o forse – la versione più probabile – è bastato un aggiornamento da remoto per individuare i filmati “privati”. Che, una volta aperti, hanno rivelato il suo contenuto. E a mettere nei guai il regista e attore in divisa non sono state tanto le scene hard, quanto ovviamente la location: l’interno della caserma.
La vicenda ha risalito la scala gerarchica della Finanza in un attimo. Passando dal comandante della compagnia della città dei fiori, il capitano Luana Pelagalli, a quello provinciale, il colonnello Giovanni Battaglia, che pochi giorni fa ha lasciato la sua scrivania e la scottante pratica al colonnello Alfonso Ghiraldini. E ancora su, al generale Francesco Mattana, a Genova.
Tra imbarazzo, sconcerto e rabbia, la guardia di Finanza ha messo in moto una macchina implacabile per punire l’azione del militare. Definita «scellerata», e «gravissima».
Nei confronti del finanziere è stato aperto un procedimento disciplinare, con immediato cambio di incarico e avvio della procedura di trasferimento in un’altra sede. Non è finita.
Altrettanto celere è stata la segnalazione alla Procura militare, che ha aperto un fascicolo per accertare se siano stati commessi reati. Un doppio binario, amministrativo e penale, che potrebbe portare fino al congedo, da un lato, e a una condanna, dall’altro.
Al di là delle conseguenze ufficiali, per lui ci sono state quelle meno formali, facilmente immaginabili. Ai suoi superiori, ha chiesto scusa, e clemenza.
Non la avrà : quella di avere rapporti sessuali in caserma, e per due volte, è stata forse una sfida. Ma l’ha persa.
(da “La Repubblica”)
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Settembre 30th, 2017 Riccardo Fucile
APERTA UN’INDAGINE INTERNA DOPO IL CLAMORE CHE HA GENERATO IL PROVVEDIMENTO: “SE NON FOSSE MOTIVATO SAREI MOLTO ARRABBIATO CON CHI L’HA EMESSO”
La Cidiu spa ha aperto un’indagine interna sul licenziamento di Aicha Elisabethe Ounnadi, la dipendente allontanata con l’accusa di aver rubato un monopattino che voleva regalare a suo figlio di 8 anni.
“Ho chiesto una relazione dettagliata al direttore generale di Cidiu Servizi con tutti gli atti del provvedimento disciplinare per poter valutare quello che è accaduto”, spiega Marco Scolaro, presidente e amministratore delegato della Cidiu Spa, la holding di cui fa parte Cidiu servizi, la controllata che materialmente ha firmato il provvedimento.
La donna aveva raccontato di aver ricevuto quel monopattino, finito tra i rifiuti, da una collega. “Quello che è accaduto mi lascia perlesso, voglio capire meglio perchè mi colpisce molto che sia stato adottato un provvedimento cosi estremo”.
E aggiunge: “Voglio sperare, anzi sono sicuro che il provvedimento sia motivato perchè altrimenti sarei molto arrabbiato con chi lo ha emesso non solo perchè una donna ha perso il posto ma anche per il grave danno di immagine fatto all’azienda”.
Aicha era stata licenziata il 30 giugno e ora ha intenzione di impugnare il licenziamento: “Voglio riavere il mio lavoro perchè lo amo e voglio tornare dalle mie colleghe”, spiega. La relazione che sarà consegnata la prossima settimana a Scolaro sarà spedita anche ai sindaci di Rivoli, Collegno e Grugliasco, soci di maggioranza dell’azienda che si occupa della raccolta rifiuti nella zona ovest della provincia di Torino.
Il regolamento aziendale vieta ai dipendenti di appropriarsi di qualsiasi cosa nei capannoni della Cidiu. “Il provvedimento però è estremo e bisogna capire in che contesto è nato – dice Scolaro – La nostra azienda ha sempre avuto un profilo di grande serietà e anche di severità per certi versi ma con il pugno di ferro non sono d’accordo e quindi servirà fare chiarezza. Voglio che chi ha prodotto quella decisione ora la giustifichi”.
Nel frattempo su change.org è partita una raccolta di firme per chiedere il reintegro della donna.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2017 Riccardo Fucile
PER PROTESTA GLI ATTIVISTI LOCALI CHIUDONO LA SEDE: “E’ SOLO UNA BOLLA MEDIATICA”
Il messaggio è chiaro: dare una risposta alle polemiche scatenate dall’infelice frase sulla salvaguardia dell'”abusivismo di necessità ” chiamando nella sua squadra un simbolo delle demolizioni, l’ex sindaco di Licata Angelo Cambiano, sfiduciato ad agosto dal consiglio comunale anche a causa del pugno duro contro le costruzioni fuorilegge.
Ma nel giro di poche ora la scelta di Giancarlo Cancelleri, candidato governatore di 5 Stelle, si è rivelata un boomerang.
Perchè a Licata, proprio nel paese di Cambiano, è scoppiata una rivolta animata dagli attivisti grillini. Culminata in una decisione clamorosa: sospendere la campagna elettorale. “Abbassiamo le saracinesche e spegniamo le luci”, è scritto in un post del meet up licatese.
I militanti di M5S annunciano la chiusura della sede appena inaugurata. A loro la designazione di Cambiano ad assessore nell’eventuale giunta Cancelleri non piace affatto.
Per i grillini l’ex sindaco, minacciato e costretto ad andare in giro scortato per avere dato il via alle ruspe, è solo “una bolla mediatica” che “ha reso vulnerabile agli occhi degli italiani una città come Licata che ha invece ampie potenzialità “.
Viene contestato il metodo adottato nella scelta (“Non è stata consultata la base”) e il fatto che Cambiano provenga dal centrodestra, essendo stato tra l’altro appoggiato da Forza Italia alle elezioni del 2015.
Cancelleri è accusato di avere omesso “di raccogliere tutte le informazioni sulla storia politica dell’ex primo cittadino”.
Su Facebook le decine di messaggi di critica al candidato governatore si mescolano alle congratulazioni per il “colpaccio” da calciomercato. “Giovedì sera abbiamo incontrato Cancelleri e gli abbiamo espresso tutte le nostre perplessità : lui ci ha detto che si assume tutte le responsabilità di questa mossa politica”, dice Gianluca Ciotta, che fu candidato sindaco di M5S proprio contro Cambiano.
E’ una strana curva, per il movimento, che “adotta” un amministratore che nella narrazione diffusa è stato defenestrato solo per avere fatto il proprio dovere (come il protagonista del film di Ficarra e Picone), ma deve misurarsi con il dissenso interno e un’improvvisa e aperta spaccatura.
I militanti che protestano, non solo a Licata ma anche nelle zone vicine, sottolineano di continuare ad augurarsi una vittoria di 5Stelle alle Regionali siciliane.
Ma si dicono pubblicamente “mortificati”.
Esprimendo a bassa voce il timore che adesso scattino provvedimenti disciplinari nei loro confronti. I deputati regionali si sono stretti a Cancelleri e Luigi Di Maio ha subito fatto sapere che ci sarà anche lui, lunedì, a presentare ufficialmente Cambiano. Ma le polemiche non si spengono.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 30th, 2017 Riccardo Fucile
DONAZIONI CROLLATE DEL 61%, I PARTITI VIVONO DEI CONTRIBUTI DEI PARLAMENTARI AD ECCEZIONE DEL M5S E IN PARTE DI FORZA ITALIA
Uno studio realizzato da Openpolis certifica che i contributi arrivati da persone fisiche e giuridiche sono passati dai 40,8 milioni del 2013 ai 13,4 del 2016.
In particolare, le donazioni sono crollate del 61% dall’inizio della legislatura mentre il cosiddetto due per mille, introdotto dal governo Letta, non riscontra ancora il successo che ci si aspettava.
E questo influisce su una crisi del finanziamento sempre più visibile, che intacca gli strumenti per fare politica ma costringe anche alla razionalizzazione del personale interno alle strutture, con il risultato che le tante persone che prima “campavano” di politica sono drammaticamente diminuite a colpi di cassa integrazione.
L’unico “finanziamento” che regge è quello dei parlamentari che donano parte del loro stipendio di onorevoli o senatori o consiglieri al partito.
Per alcuni partiti, come Fratelli d’Italia, la quota che sborsano gli eletti è il 100% del totale.
Per il M5S, sul lato opposto, non c’è alcun contributo dei parlamentari. Zero.
Nel mezzo ci sono forze come Pd e Lega (88% delle donazioni da persone fisiche sono di eletti), mentre Forza Italia e Ncd viaggiano attorno al 30%, e dunque nei loro bilanci godono di un’alta percentuale di donazioni da esterni.
Nel caso di Forza Italia pesa molto la famiglia Berlusconi. Nel 2013 ha contribuito per il 99% alle donazioni verso il partito (15 milioni).
Nel 2015 e 2016 il peso del Cavaliere e dei suoi familiari ha oscillato tra il 30 e il 35% delle donazioni. Percentuale che arriva fino al 50% se si contano i soldi sborsati dai dirigenti del gruppo Fininvest.
(da agenzie)
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Settembre 30th, 2017 Riccardo Fucile
“QUANDO E’ STATO ELETTO HA PRESTATO GIURAMENTO SULLA COSTITUZIONE, FAREBBE BENE A LEGGERLA”
Matteo Errico, 26 anni, è gay.
Fino all’anno scorso ha vissuto a Pontida, la roccaforte della Lega Nord diventata celebre in questi giorni per la crociata anti-omosessuali del suo sindaco, Luigi Carozzi.
Da quando ha deciso di andare a convivere con il suo compagno, Matteo ha cambiato città . “Pontida per noi sarebbe diventata invivibile”, dice ad HuffPost. “Ci torniamo solo per trovare la mia famiglia. Ma poi giriamo alla larga”.
Da quando è cambiata l’amministrazione comunale, il clima è peggiorato, racconta il ragazzo che di giorno lavora a un supermercato e alla sera studia per preparare gli esami di Scienze della comunicazione.
Il suo sogno è diventare uno scrittore e lavorare come addetto stampa. Ma non tornerà a Pontida perchè per gay e lesbiche “non è un paese accogliente”. E non lo è mai stato.
Matteo ha scoperto il suo orientamento sessuale a 15 anni. “Sono stato il primo ragazzo della scuola a dichiararmi. E anche nella mia squadra di pallavolo”.
Ma non è stato facile. “Ho avuto un’adolescenza travagliata. Mi sono fidanzato per la prima volta a 19 anni, ma con lui non mi sono mai fatto vedere a Pontida”.
Nella vita di tutti i giorni, Matteo non ha mai ostentato il suo orientamento sessuale. “Tendenzialmente lo nascondevo, non perchè mi vergognassi ma perchè temevo che la mia famiglia avesse delle ripercussioni nella vita sociale. Mi preoccupavo per loro, per questo ho sempre cercato di mantenere un profilo basso”.
Ma, nonostante questo, “quando giravo per il paese mi sentivo sempre gli occhi addosso”, racconta Matteo ad HuffPost.
“La gente mi faceva sentire diverso”. E adesso? “Il clima è sempre lo stesso. La comunità di Pontida è arretrata, bigotta e molto chiusa. Se non rientri nei loro canoni ti guardano con sospetto e tendono a emarginarti”.
Ma oggi, osserva Matteo, non sono più tutti così. “Da quando siamo diventati famosi in tutta Italia per i provvedimenti di questo sindaco, c’è una parte di pontidesi arrabbiata a cui non piace passare per omofoba e razzista”. Anche se, ammette, “sono solo una minoranza”.
E così, oltre agli sguardi storti della gente, adesso ci si è messa anche la giunta.
Un sindaco che, dice Matteo ad HuffPost, “ti giudica una persona di serie B, anche se le tasse le paghi come tutti, e che fa qualsiasi cosa per escluderti dalla comunità “.
Un motivo in più per gli omosessuali pontidesi per non esporsi ma, dice Matteo, qualcosa deve cambiare perchè non è giusto che i gay siano costretti a scappare “come se avessero commesso un crimine”.
Quando si vive in un luogo “è giusto sentirti incluso, come tutti. Ognuno nella comunità può portare qualcosa di buono. Solo così si può migliorare”.
Ma Matteo è sicuro che non sarà il primo a rompere il tabù e a costituire una coppia di fatto a Pontida. “Per fare domanda, la giunta ha previsto una quota di 100 euro per i residenti e di 300 per chi viene da fuori”.
Ancora peggio se si sceglie l'”l’opzione premium”: per firmare il registro nella sala civica il costo è di 250 euro per chi vive a Pontida e di 600 per tutti gli altri.
E a fronte di tutte queste ostilità nei confronti dei gay, Matteo manda il suo personale messaggio al sindaco Carozzi, che non ha mai avuto il piacere di incontrare di persona: “Quando è stato eletto ha prestato giuramento sulla Costituzione, ma io la inviterei a rileggerla meglio così vedrebbe che molte cose che porta avanti sono incostituzionali”.
(da “Huffingtonpost”)
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