Settembre 4th, 2017 Riccardo Fucile
I DUE EX FINIANI SPONSOR DI MUSUMECI FANNO FINTA DI DIMENTICARE CHE SIA LAGALLA, EX ASSESSORE ALLA SANITA’, CHE IL VICE ARMAO, ERANO LEGATI A CUFFARO E LOMBARDO, ORA SONO “GALANTUOMINI”
“Lo scontro all’interno del Pdl fa parte di un’altra era geologica. Ho chiuso con quella fase e non ho
nessun conto nè rivalsa da saldare con Berlusconi. Adesso penso al bene della Sicilia e Armao e Lagalla sono entrambi dei galantuomini che posso fare molto per questa Regione”.
A parlare è Fabio Granata, l’uomo dietro l’investitura di Nello Musumeci alla presidenza ella Regione Sicilia e l’era geologica di cui parla ha una data: 22 aprile 2010.
Vi ricordate il “Che fai? Mi cacci?” Che Gianfranco Fini rivolse alla direzione nazionale del Pdl a Berlusconi? Insieme all’ex presidente della Camera, furono cacciati anche i suoi sherpa e ora main sponsor di Musumeci. ” Non voglio più vedere in tv Granata, Briguglio e la banda di finiani”, disse in quell’occasione il Cavaliere.
Screzi e rancori che non si sono placati a distanza di sette anni e che solo il profumo della vittoria nella corsa alla presidenza della Sicilia sembra aver placato.
E’ il paradosso dell’isola di Sciascia dove diventano possibili alleanze e campagne elettorali impossibili in nessun’altra parte d’Italia.
Del resto il Cavaliere vuole vincere in Sicilia e i sondaggi sembrano essere chiaramente a favore di Musumeci.
Ed il profumo di vittoria è talmente forte che sembra aver addolcito anche i giudizi di Granata e Briguglio sugli ex compagni di strada, tanto che per la corsa alle elezioni siciliane hanno accettato di buon grado sia il ticket di Armao con il “loro” Musumeci, che il possibile ruolo di Roberto Lagalla in giunta, già potentissimo assessore alla Sanità ai tempi di Totò Cuffaro e ora di nuovo in corsa per quel ruolo.
Anche Gaetano Armao ha un passato nei gabinetti di Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro, è invece noto sia per lo scandalo dell’autoblu regionale prestata alla compagna in quegli anni – anche se va detto che la Procura archiviò il caso in quanto non ravvisò “lesione all’interesse patrimoniale o all’attività funzionale dell’ente”- sia per essere stato il fiduciario dell’immobiliarista Stefano Ricucci, per il quale curò diverse consulenze in Paesi più o meno esotici.
Due nomi, quindi, che i maligni considerano un po’ ingombranti per il “Diventerà bellissima” di borselliniana memoria.
Insomma, sembra quasi impossibile che solo qualche anno fa l’ex colonnello di An tuonasse: “Berlusconi e i suoi accoliti sono un pericolo per la democrazia e il gigantesco potere economico e mediatico di cui dispone verrà sempre più utilizzato per delegittimare e tentare di distruggere l’opposizione”.
Erano le 12.09 di venerdì 28 Gennaio 2011, “un’era geologica” fa appunto.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 4th, 2017 Riccardo Fucile
DIECI ANNI DI METAMORFOSI, COSI’ IL M5S SI E’ FATTO SISTEMA
«Gli imprenditori non sono meglio dei politici», diceva Beppe Grillo all’indomani del primo Vday – piazza Maggiore, Bologna, 8 settembre 2007, davanti a tantissimo popolo e pochissimi giornalisti – in un’intervista alla Stampa in cui si lanciò all’attacco dei politici, sì, ma anche dei manager e delle èlite tipo quelle di Cernobbio.
«In Italia abbiamo imprenditori liberi e belli con le finanziarie in Svizzera, libero mercato ma sovvenzioni statali, una Borsa fatta di consiglieri d’amministrazioni che lo sono in 9 società diverse, oltretutto concorrenti tra loro…».
La promessa, dieci anni dopo, ha prodotto un Luigi Di Maio che si reca tutto contento al Forum più importante di manager, imprenditori, economisti, e dice: «Dobbiamo parlare con tutti». Diceva Alberto Arbasino: non volevano distruggere il salotto della nonna, volevano solo entrarci.
Sono passati dieci anni o diecimila anni, da quel Vday che anticipa la nascita del Movimento.
Tutto è cambiato; ogni slogan ribaltato, ogni promessa, giusta o sbagliata che fosse, tradita (o, per i simpatizzanti, evoluta), ogni purezza estinta.
È quasi scontato partire dal giudizio che Grillo e Casaleggio davano del mondo dell’impresa e del capitalismo di relazione, quello riunito a Cernobbio.
Il blog di Grillo nasce con due campagne, e sono campagne contro le aziende, prima che contro i politici: una contro Parmalat, l’altra contro Telecom.
La prima, il nemico personale di Grillo, la seconda (Telecom) un’antica delusione per Gianroberto Casaleggio, che vi aveva diretto un’importante società , e era stato poi fatto fuori all’arrivo di Marco Tronchetti Provera (Casaleggio peraltro andrà anche lui a Cernobbio, avendo con la grande impresa la stessa relazione di amante deluso che Grillo ha con la Rai).
Il Movimento tuonava contro l’euro, l’establishment, la Trilateral, diceva di difendere i piccoli azionisti: tutti slogan e campagne poi stravolti, una metamorfosi così totale che ne fa più che sospettare il carattere strumentale fin dall’inizio o – in alternativa – che il giocattolo sia totalmente sfuggito di mano.
Il comico dei Vday sull’euro proclamava: «Il problema vero non è uscire dall’euro: è uscire il più velocemente possibile».
E anche sette mesi fa, a gennaio 2017, quando il Movimento provò a iscriversi nell’Alde – il gruppo dei liberali europeisti – ma fu costretto poi a tornare a capo chino da Nigel Farage, toccò a Luigi Di Maio, in diretta da Floris, andare a dire: «In un referendum sull’euro? Io non voterei per restare nell’euro, io voterei per un’uscita da questo euro».
Di Maio che ora a Cernobbio dice «noi vogliamo restare nell’Ue, il referendum sull’euro è solo un’extrema ratio per contrattare meglio».
Grillo durante lo Tsunami Tour sosteneva che «con 2500 euro si vive bene in Italia, noi tutto il resto di quanto incassiamo da parlamentari lo restituiremo».
Non è andata così, perchè i parlamentari M5S incassano in media tra diaria e rimborsi spese cifre al di sopra dei diecimila euro. «Noi siamo i francescani, i pazzi della politica», promise Casaleggio; e fece nascere il Movimento il giorno di San Francesco, il 4 ottobre, nel 2009: ma una serie di grotteschi eventi hanno dato prova di ben poco francescanesimo nel gruppo dirigente, dai weekend coi selfie a Montecarlo al parlamentare che si fotografa con la moto potente appena comprata, alle case in centro a Roma tra piazza Navona e Trastevere.
Nulla di male, sia ben chiaro, ma Grillo parlava di «sobrietà » e «povertà virtuosa».
Il doppio mandato era una regola intoccabile per Casaleggio senior: gli eletti faranno due mandati, poi a casa. Ma ce li vedete Di Maio e Di Battista tornare a Pomigliano o alla chiesa di piazza dei Giuochi Delfici, a neanche quarant’anni?
Ora nel gruppo parlamentare gira l’idea di allungare almeno il tempo a dieci anni di incarichi elettivi. Vedremo.
Grillo disse, citando Gaber, «la tv è una merda, non andate nei talk show».
I grillini sono tutte le sere impancati in talk show generalmente compiacenti. Grillo comiziò di controinformazione, non della ricerca spasmodica del giornalista amico, o dell’intimidazione del dissenso via web.
C’erano attivisti, un tempo, non interviste patinate a Vanity Fair con foto della fidanzata. Grillo criticò il meccanismo delle querele, «arma dei potenti»: oggi i grillini minacciano querele ogni giorno.
Facevano le battaglie ambientaliste in Sicilia, oggi giustificano «l’abusivismo di necessità ».
Erano con Anna Politkovskaja, la giornalista ammazzata dal regime di Putin, oggi elogiano Putin e incontrano i suoi emissari.
Grillo disse, una volta: «Sììì, siamo populisti, siamo gente del popolo. Estremisti, chi dice la verità è un estremista».
Il leader del Movimento attuale, Di Maio, a Cernobbio: «Non vogliamo un’Italia populista, estremista, antieuropeista».
(da “La Stampa”)
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Settembre 4th, 2017 Riccardo Fucile
“NON SI DA’ PRIORITA’ A CHI MERITA PROTEZIONE, MA SI PENSA SOLO A RESPINGERE, VE NE ASSUMETE LA RESPONSABILITA'”…PHOENIX FA ROTTA VERSO L’ASIA PER AIUTARE I PROFUGHI ROHINGYA PERSEGUITATI
Tre anni fa era la prima volta che la Phoenix prendeva il largo e si dirigeva nella zona di ricerca e soccorso (Sar) pronta per la sua nuova missione di salvare vite in mare.
Da allora oltre 40mila bambini, donne e uomini sono stati salvati grazie alle nostre operazioni.
Eravamo determinati a ridurre l’intollerabile bilancio di decessi nel Mar Mediterraneo e disposti a metterci in prima linea usando le nostre risorse e competenze professionali.
Così è nato Moas: come progetto pionieristico e missione di misericordia, come mano tesa in mare per aiutare chi fuggendo da violenze, persecuzioni e povertà è costretto ad affidarsi a trafficanti senza scrupoli a causa della mancanza di vie sicure e legali.
Al centro della missione Moas ci sono sempre state le persone: persone che sognano una vita migliore al sicuro e persone che le assistono con assoluta dedizione per non farle morire in mare.
Durante la nostra missione 2017 iniziata lo scorso aprile abbiamo salvato e assistito 7.826 vite umane. Fra queste 2.820 solo nel mese di aprile quando abbiamo affrontato sfide senza precedenti, ripagate soltanto dalla gioia di vedere le persone finalmente salve.
Al momento sono troppe le domande senza risposta e i dubbi in merito al destino di chi è intrappolato o viene riportato in Libia.
Le terribili testimonianze di chi sopravvive raccontano un inferno di abusi, violenze, torture, rapimenti ed estorsioni.
Moas non vuole diventare parte di un meccanismo in cui, mentre si fa assistenza e soccorso in mare, non ci sia la garanzia di accoglienza in porti e luoghi sicuri.
Perchè non si dà priorità a chi merita protezione, ma si pensa solo a evitare che le persone arrivino sulle coste europee senza chiedersi quale destino le aspetti
Attualmente non è chiaro cosa succede in Libia ai danni delle persone più vulnerabili i cui diritti andrebbero salvaguardati in ottemperanza al Diritto internazionale e per difendere il principio di umanità . Pertanto, abbiamo deciso di sospendere la nostra missione di ricerca e soccorso nel Mediterraneo.
Ma questo non vuol dire che Moas si arrenderà .
Abbiamo costantemente monitorato le violazioni dei diritti umani a livello mondiale e concentrato impegno ed attenzione laddove si verificano gli abusi più gravi.
Nel Settembre 2015 quando, dopo un naufragio nell’Egeo, il corpo di un bambino siriano di soli 3 anni venne ritrovato senza vita, abbiamo ricevuto abbastanza donazioni da poter utilizzare una seconda nave sulla rotta fra Turchia e isole greche. Inoltre, abbiamo anche tenuto sotto controllo la situazione in Myanmar dove la minoranza musulmana e apolide dei Rohingya è vittima di gravi persecuzioni.
I Rohingya sono stati definiti “la minoranza più perseguitata al mondo” dalle Nazioni Unite, sono oggetto di una crescente ondata di violenza e hanno bisogno di assistenza umanitaria. Il 27 agosto Papa Francesco ha richiamato l’attenzione della comunità internazionale affinchè sostenga i nostri fratelli e sorelle Rohingya e si metta fine a scontri interni e persecuzioni.
Per questo motivo, vista la crescente instabilità nel Mar Mediterraneo e la catastrofe umanitaria ai danni della minoranza Rohingya, nel suo terzo anniversario Moas ha deciso di riposizionare l’imbarcazione Phoenix nel Sud-Est asiatico per fornire assistenza ed aiuti umanitari.
Attualmente è in corso un esodo mortale alla frontiera fra Bangladesh e Myanmar. Solo nei giorni scorsi, migliaia di Rohingya sono fuggiti nel vicino Bangladesh per mettersi al riparo dalle violenze in Myanmar. Molti sono morti durante la fuga e c’è sempre più bisogno di aiuti umanitari.
Determinati a continuare le nostre attività umanitarie, abbiamo deciso che il giorno 4 settembre la nave del Moas, Phoenix, partirà per la sua seconda missione nel Golfo del Bengala per distribuire aiuti e assistere e aiutare le persone più vulnerabili che sono state colpite dalle violenze in corso.
Inoltre, continueremo a lavorare con slancio anche maggiore per l’apertura di canali umanitari sicuri e legali su cui ci impegniamo dall’anno scorso per consentire ai gruppi più vulnerabili di mettersi al sicuro senza correre rischi e ad attuare progetti di sviluppo in loco.
Ancora una volta, ci impegniamo a essere in prima linea guidati dal coraggio, dalla misericordia e dalla fratellanza universale che ci impedisce di restare indifferenti alla sofferenza di persone in fuga da contesti invivibili.
Terremo viva la speranza dove ce n’è più bisogno.
Regina Catrambone
Moas
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Settembre 4th, 2017 Riccardo Fucile
PERCHE’ NON USARE LO STESSO CRITERIO ADOTTATO IN LIBIA? BASTA BLOCCARE I PROFUGHI NELLE PRIGIONI LIBICHE E NON ARRIVANO DA NOI
Per limitare il traffico automobilistico si potrebbero confiscare le ruote di tutte le auto. Sicuramente
apprezzeremmo in quel caso il miglioramento della qualità dell’aria e la diminuzione dell’inquinamento acustico, l’azzeramento degli incidenti stradali e delle risse per motivi di viabilità .
Naturalmente ci sarebbero gravissimi contraccolpi sull’economia: l’attuale, e in molti casi deplorevole situazione del trasporto pubblico, impedirebbe a molti di andare a lavorare, il mercato dell’auto crollerebbe, per non parlare di quello assicurativo. Bloccando drasticamente le auto, il problema non verrebbe risolto, ma semplicemente riconvertito in altri problemi, almeno apparentemente più gravi.
Scena finale, un paio di signori vestiti di bianco prelevano il ministro responsabile del provvedimento che, mentre viene accompagnato in una confortevole casa di cura, dichiara di aver agito in vista di un boom dei trasporti in elicottero.
In questi giorni, molti commentatori apprezzano il benefico effetto degli accordi italo-libici e dei nuovi regolamenti sulle Ong.
Qualcuno sottolinea che il nuovo step della politica governativa dovrà essere quello di assicurare trattamenti al di sopra del livello di umana decenza per gli immigrati che finiscono nelle mani della guardia costiera libica, attrezzata coi soldi del contribuente italiano: ammettendo con ciò implicitamente che, al momento, l’asticella dei diritti di queste persone è precipitata negli scantinati delle relazioni bilaterali.
Secondo molti osservatori, i servizi di guardia anti-immigrati nell’area di Tripoli sono gestiti da capibanda legati al traffico di armi, petrolio, uomini ecc.
In Italia prevale il legittimo compiacimento, trascurando il piccolo particolare che, una volta smarrita la bussola dell’umanità , si possono trovare soluzioni di quei problemi anche più efficaci: ad esempio cecchini appostati sul bagnasciuga o campi minati. Non bisogna dimenticare che in epoca recente una buontempona come Daniela Santanchè suggeriva al governo Renzi di “fare come in Albania”, di affondare le barche dei trafficanti forse dopo essersi accorta che era stato un errore chiedere che tutti gli emigranti salvati in mare sbarcassero in Italia.
Bloccare i migranti in Libia e compiacersi per il calo degli annegamenti, in queste condizioni, è come cantare le lodi delle autostrade vuote dopo un’ipotetica confisca generalizzata delle ruote.
La differenza è che, nel secondo caso, scatterebbe una rivolta popolare e sulle barricate salirebbero anche molti parlamentari, mentre le vicende libiche, apparentemente più lontane dalle nostre tasche, faticano a sollecitare la nostra curiosità .
Se nel caso degli immigrati si evita un’emergenza umanitaria per aprirne altre, significa semplicemente che la soluzione non è una soluzione. Non ci si può affidare, come fa il ministro dell’Interno Marco Minniti, alla speranza che l’Onu possa, in un futuro al momento indefinito, entrare nei centri di detenzione.
Le condizioni di vita in quei luoghi al di là del Mediterraneo non sono un dettaglio secondario, ma il problema centrale, che va affrontato immediatamente.
Chi fugge da guerre e persecuzioni certo non spera di evitare una gabbia per finire in un’altra, magari peggiore. Sicuramente non può essere questo l’obiettivo del governo di un paese civile.
Forse è vero che non ha molto senso discutere se la politica scelta dal governo sia di sinistra o di destra.
Il problema è che riesce difficile persino definirla “una politica”.
Basterebbe poco per renderla tale. Per cominciare, controlli efficaci sul trattamento delle persone trattenute in Libia affidati magari a nostre missioni governative e parlamentari, sospensione di ogni finanziamento in caso di accertate violazioni dei diritti umani , la perfetta tracciabilità delle condotte di uomini e organizzazioni a cui è affidato il compito di gestire il flusso di esseri umani.
Se non si fa così, la soluzione non è imperfetta o di destra: è semplicemente sbagliata (e disumana).
Mentre il ministro, in Italia, dice di giocarsi la faccia, nel Paese di El-Serraj qualcuno si gioca la vita.
E non può aspettare il boom dei trasporti in elicottero.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Settembre 4th, 2017 Riccardo Fucile
“NESSUNO HA RIPRESO LA SCENA CON UN CELLULARE O UN VIDEO? CHI SA PARLI”… E POI STIAMO A GIUDICARE LA MENTALITA’ ISLAMICA
Forse un colpo di casco in testa, forse un’aggressione a pugni e calci. Non è ancora chiaro agli investigatori il modo con cui l’ispettore della polizia municipale Luigi Licari è stato aggredito sabato sera in via del Rotolo, una strada del centro di Catania. Unica certezza, invece un grosso ematoma alla testa che ieri è stato rimosso in ospedale. La sua situazione clinica resta stazionaria.
Sottoposto ieri ad un delicato intervento di neurochirurgia per la rimozione dell’ematoma, Luigi Licari è ancora in coma indotto farmacologico nell’unità di anestesia e rianimazione dell’ospedale Cannizzaro.
La situazione complessiva è molto grave e la prognosi riservata.
Sull’aggressione a colpi di casco, avvenuta sabato in una strada chiusa a pochi passi dal lungomare di Catania indagano gli agenti della squadra mobile, effettuata una sommaria ricostruzione dei fatti avvenuti: Licari si trovava alle transenne ed ha vietato ad un giovane in scooter di oltrepassare la zona chiusa.
E’ stato quest’ultimo, poco dopo, a ripresentarsi spalleggiato da una decina di suoi amici e a colpire alla testa con un casco l’ispettore della polizia municipale.
L’aggressione avvenuta in una zona di via del Rotolo che durante il fine settimana diventa isola pedonale, ha sconvolto i colleghi del vigile urbano: “E’ impensabile che avvengano fatti del genere — spiega il collega di Licari, Mimmo Rizzo — siamo sulla strada per garantire l’ordine e il decoro di una città metropolitana e invece succedono episodi così gravi che mettono a rischio la vita degli operatori di polizia. E’ davvero incredibile”.
Gli operatori della polizia municipale fanno appello ai tanti passanti che si trovavano nel luogo dell’aggressione: “Stiamo cercando di capire se qualcuno ha ripreso la scena con un cellulare, se qualcuno ha girato un video che possa esserci d’aiuto”
Parla di omertà il vice sindaco di Catania Marco Consoli che affida il suo pensieri a Facebook: “Troppi catanesi hanno assistito all’aggressione ma nessuno ancora si è fatto vivo. Questa si chiama omertà . Chi sa parli, tanto è solo questione di ore. Troveremo chi ha ferito il nostro ispettore”.
(da agenzie)
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Settembre 4th, 2017 Riccardo Fucile
CON MINNITI I RAZZISTI RESTANO IMPUNITI, LA LEGALITA’ E’ ARCHIVIATA
Twitter ha bloccato l’account di Fabrizio Bracconeri dopo gli insulti all’europarlamentare del Pd
Cecile Kyenge.
In due tweet, ritenuti violenti dal social network, l’attore televisivo si era rivolto con frasi irrispettose nei riguardi dell’ex ministro dell’Integrazione e legate agli stupri di Rimini, commessi da quattro giovani stranieri di origine africana.
Noto al pubblico per la partecipazione al programma di Mediaset, Forum, Bracconeri ha scritto in un primo momento “Non mi viene in mente il nome della buzzicona muslim che era ministro”.
Dopo ha cinguettato di nuovo attaccando direttamente Kyenge: “Ti ho trovata @ckyenge non dici niente dei tuoi fratelli merde muslim? Sei abituata, conosci i vostri usi con capre, no? Fate schifo!! Viaaa”.
Twitter ha così deciso di rimuovere l’account del volto televisivo che, nel frattempo, era stato inondato di commenti dagli altri utenti.
Bracconeri, nel 2014, si era candidato alle europee con Fratelli d’Italia nella circoscrizione Centro Italia, ma non venne eletto.
Per far sapere che esiste ormai non gli restano che i post razzisti sul web.
(da agenzie)
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Settembre 4th, 2017 Riccardo Fucile
IL PRIMO CITTADINO DI PONTINVREA E’ RECIDIVO, MA PER MINNITI PUO’ CONTINUARE A VIOLARE LA LEGGE, IL COMMISSARIAMENTO PER I RAZZISTI NON ESISTE
Nella miriade di invettive, oscenità e insulti rivolti alla presidente della Camera Laura Boldrini mancava quella di un sindaco ligure.
Ci ha pensato Matteo Camiciottoli, leghista, e primo cittadino di Pontinvrea, nell’entroterra di Savona
Camiciottoli, sulla sua pagina Facebook, sfrutta la drammaticità dello stupro di Rimini per linkare un articolo riguardante il capo branco dei violentatori e ironizzare (se così si può dire) con una frase agghiacciante: “Potremmo dargli gli arresti domiciliari a casa della Boldrini magari gli mette il sorriso… …che ne pensate?”.
Il suo post riceve i consueti like ma anche commenti critici.
Tra questi anche quello di una signora che oltre a criticare il contenuto, fa notare a Camiciottoli di aver qualche problema, nonostante la sua difesa dell’italianità , proprio con la lingua italiana: “Innanzitutto LE mette il sorriso, e poi queste basse, becere insinuazioni razziste e sessiste trovano il tempo che trovano e non attecchiscono sulle persone intelligenti, per fortuna. Quanto ai deficienti purtroppo ci sono e ci saranno sempre”.
Ps Che ne direste di mandare qualche senzatetto italiano a soggiornare a casa Camiciottoli, così può dimostrare concretamente la sua dedizione agli indigenti italiani?
(da agenzie)
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Settembre 4th, 2017 Riccardo Fucile
LA CANCELLIERA EVITA I COLPI E RISULTA PIU’ CONVINCENTE PER I TEDESCHI: “MAI CON I RAZZISTI E MAI CON L’ESTREMA SINISTRA”
Martin Schulz ha perso quella che era probabilmente la sua ultima chance per battere Angela
Merkel alle elezioni tedesche del 24 settembre: non ha trovato il colpo del knock-out, anzi.
Nel dibattito faccia a faccia che si è tenuto ieri sera su quattro canali televisivi, il candidato socialdemocratico alla cancelleria ha cercato di attaccare l’avversaria su una serie di temi: soprattutto sull’immigrazione; poi sul disagio sociale e la disuguaglianze, gli scandali nell’industria dell’auto e la politica estera di Merkel troppo morbida verso Trump e verso Erdogan.
La cancelliera, però, non è mai è sembrata in difficoltà .
Schulz doveva sfondare, per recuperare almeno un po’ dello svantaggio a cui lo condannano i sondaggi, tra i 13 e i 17 punti percentuali: non c’è riuscito e l’obiettivo di mettere in moto un recupero virtuoso è sfumato. A tre settimane dalle elezioni.
Merkel e Schulz si confrontavano a quattrocchi per la prima volta. E non ce ne sarà una seconda.
La candidata cristiano-democratica, il cui partito Unione Cdu-Csu è in vantaggio nelle previsioni, aveva da un lato tutto da perdere dal confronto.
Dall’altro, però, le sarebbe bastato pareggiare lo scontro diretto per uscirne indenne e tenere l’avversario a distanza.
Lo sfidante socialdemocratico doveva invece attaccare senza sembrare eccessivo, tenendo conto che il suo partito, la Spd, è alleato di governo di Merkel, nella Grande Coalizione, da quattro anni.
Operazione non facile di fronte alla cancelliera da 12 anni, la quale è capace di assorbire ogni attacco e soprattutto è parsa stare per l’intera ora e mezza del confronto su un gradino più alto: lei, leader riconosciuta e rispettata nel mondo, garanzia di una Germania soddisfatta di sè; lui, Schulz, non certo intimidito ma in posizione minoritaria, con pochi risultati personali da mostrare agli elettori, senza un piedestallo.
La cosa più rilevante che entrambi hanno affermato – sotto la pressione di Schulz – è che la Turchia di Erdogan non entrerà mai nell’Unione europea.
Per il resto, il candidato socialdemocratico ha attaccato su pensioni, mettendo in dubbio le promesse di Merkel sul non alzare l’età del ritiro, sulla proposta del partito della cancelliera di tagliare le tasse ai ceti medi, sulla capacità di integrare gli immigrati, sulla criminalità e sulla sicurezza.
Di base, però, la discussione non ha avuto momenti di scontro interessanti al punto di cambiare l’andamento della campagna elettorale: anche noiosa.
Schulz ha messo in campo una performance seria ma non ha trovato il colpo della svolta. Soprattutto, è stato messo un po’ alle corde quando Merkel ha detto che non si alleerà mai, nel prossimo governo, con i nazionalisti anti immigrati della Alternativa per la Germania e con la sinistra-sinistra della Linke e ha chiesto Schulz se può dire lo stesso.
Il candidato socialdemocratico non ha escluso un governo con la Linke, cosa che non può piacere alla maggioranza dei tedeschi.
I primi sondaggi dicono che Merkel avrebbe vinto il confronto 44 a 32. Schulz non ha sfondato.
(da agenzie)
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Settembre 4th, 2017 Riccardo Fucile
DIETRO LO PSEUDONIMO “DIDIMO CHIERICO” E “PENSIERO DEBOLE”… UN PASSATO CHE DIMOSTRA I “VALORI ETICI” DEL REFERENTE DEI PATACCARI SOVRANISTI
C’era un tempo in cui Diego Fusaro non era ancora il campione dei rossobruni e il difensore dell’identità (sessuale, culturale) e sovranità (monetaria, nazionale) contro l’avanzata del mondialismo.
In quel tempo, all’inizio degli anni Duemila, Diego Fusaro era uno studente di filosofia, autore di un sito dedicato alla Filosofia e i suoi Eroi, la versione digitale dei manuali di filosofia del liceo oppure — come lo ha definito qualche tempo fa Raffaele Alberto Ventura — “una galleria di santini animata da una visione schematica della storia del pensiero”.
Quando Diego Fusaro insultava mezza Internet su Usenet
In quel tempo Fusaro non era il fustigatore dei costumi degli studenti Erasmus e per ovvie ragioni non imperversava su Twitter (che non esisteva) o nei talk show.
Non aveva ancora dato alle stampe il suo primo libro e non si preoccupava ancora di difendere la gioventù e la famiglia dai pericoli del Gender chiedendo ad esempio il ritorno della leva obbligatoria.
All’epoca Fusaro era noto sull’Internet con i nickname dietro i quali imperversava su vari gruppi di discussione legati alla filosofia.
Il suo alias principale era Didimo Chierico (dal nome del protagonista di uno scritto di Ugo Foscolo) ma utilizzava anche quello di Pensiero Debole (in omaggio a Gianni Vattimo).
La cifra stilistica di Fusaro, questo entusiasta scolaro della filosofia, era quella di avere il butthurt facile e di passare altrettanto facilmente agli insulti nei confronti degli utenti
Al di là del bene e del dialler
Fusaro già all’epoca si vantava di guadagnare con i banner del sito ma aveva qualche problemino con i dialler, quei programmini che ai tempi delle 56k facevano levitare il conto della bolletta telefonica.
A chi gli faceva notare il problema Fusaro rispondeva così
“stai all’occhio, io so più cose di quel che immagini sul tuo conto… so come ti chiami, di che ti occupi, e tutto il resto, la versione Microsoft Outlook Express che usi (6.00.2800.1123). ora non ti conviene farmi girare i coglioni, sennò ti sputtano sulla home page del mio sito (=1600 visite al giorno) e ti sputtano a vita, sai brutto pezzettino di merda mal cagato? quindi fai attenzione, giocare col fuoco è rischioso. avvertito.”
Mentre in privato si dilettava ad insultare utenti di origine ebraica scrivendo cose come “di voi ebrei e del vostro fantomatico dio in nome del quale uccidere e sentirsi superiori me ne infischio”.
Il motivo di cotanti insulti? A quanto pare Fusaro stava cercando traduttori e traduttrici dal francese disposti a lavorare per lui #ovviamentegratis.
In realtà , confessa ad un certo punto, lui potrebbe benissimo tradurre tutto da solo, ma a causa del suoi molteplici impegni non ne ha il tempo.
A volte adottava il nickname “Marxiano” per poter meglio insultare qualche utente che aveva avuto la sorte di incrociarlo nei meandri del Web.
Alla luce delle posizioni odierne del filosofo torinese fa sorridere rileggere oggi dell’eroica resistenza di Fusaro/Didimo Chierico contro “le squadracce fasciste”, l’ideologia nazi-fascista e tutti coloro “che in nome di Dio e del Duce” vogliono imporre la moderazione nei newsgroup e “picchiare i comunistacci” come lui.
Diego Fusaro “filosofo copia-incolla”
In altri casi, colto sul fatto per aver copiato gli interventi di alcuni utenti del newsgroup it.cultura.filosofia e averli utilizzati sul suo sito Fusaro ha fatto finta di cadere dalle nuvole. A chi lo accusava di essere “un filosofo copia-incolla” invece ha preferito non rispondere.
Fusaro insomma era (è?) un giovane di belle speranze che si è gettato a capofitto nell’Internet.
Dal tempo in cui accusava i fascisti di volerlo censurare perchè “comunista” è molto cambiato visto che va a braccetto con quelli di Casa Pound.
Ma nel profondo è rimasto sempre lo stesso: il bullo da tastiera di Usenet ha solo un’audience più vasta e ora può parlare dei complotti demo-pluto-giudaici direttamente in televisione.
(da “NextQuotidiano”)
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