Settembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
CHI VUOLE CRIMINALIZZARE CATEGORIE FA SOLO UNA SQUALLIDA OPERAZIONE POLITICA
La violenza sessuale è uno dei reati più schifosi partoriti dal genere umano, sia che la vittima sia
una donna, un adolescente o un disabile.
Non solo determina traumi psicologici indelebili a chi lo subisce ma crea anche un allarme sociale in qualsiasi comunità , minandone fiducia, sicurezza e integrazione tra i componenti.
Come tale è un reato che va perseguito senza sconti e con la massima severità , indipendentemente dal credo politico e religioso, dall’origine etnica e dalla categoria sociale dei responsabili del crimine.
Ma la responsailità penale è personale, mai collettiva o ascrivibile a categorie che si vogliono additare al pubblico ludibrio per la convenienza politica del momento.
Chi vuole criminalizzare tutti gli islamici per lo stupro di Rimini o tutta l’Arma dei carabinieri per i fatti di Firenze fa solo uno sporco gioco finalizzato a fomentare odio per averne un utile elettorale.
La legalità si fonda sul concetto base che “la legge è uguale per tutti”, e tutti devono trovare nella giustizia una entità etica nazionale che condanna o assolve senza distinzioni di razze, professioni, credi politici e religiosi, protezioni dovuti a una divisa o possibilità economiche, ma solo in base alll’accertamento del reato e alla giusta assegnazione della pena prevista dal codice.
E chi si indigna solo per un episodio e non per un altro, come se esistessero vittime di seria A e altre di serie B, chi scrive post indignati in un caso e minimizza nell’altro, se non addirittura giunge a giustificare lo stupro, dimostra solamente di essere uno squallido speculatore, oltre a un essere immondo.
Legalità vuol dire che “chi sbaglia paga”, anche se fosse il nostro miglior amico o familiare, senza questo fondamento non può esistere una comunità e una identità nazionale.
E non è un caso che chi abusa di quest’ultimo termine senza “viverne” il reale significato, sia tra coloro che per “bassa politica” condanna gli abusi solo a senso unico.
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Settembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
SE ESISTESSE UN GOVERNO E UN MINISTRO DEGLI INTERNI CHE FACESSERO APPLICARE LA LEGGE QUESTI RIFIUTI UMANI IN 24 ORE RIEMPIREBBERO LE PATRIE GALERE
Bugiarde, disoneste, drogate, prostitute.
Nessuna pietà per le presunte vittime: il caso di Firenze, che vede indagati due carabinieri per stupro, visto dai social mette i brividi.
Nessuna empatia o quasi per le studentesse americane ma, al suo posto, un’ondata d’odio e di scherno in ogni singolo post o notizia pubblicati sull’argomento.
Giovani ree, secondo gli umori dei commentatori, di aver peccato di ingenuità , di aver irretito i due appartenenti all’Arma o, nel peggiore dei casi, di essersela andata a cercare, perchè “se non vuoi andarci a letto, sulla macchina dei militari non ci sali”.
La giuria del web, insomma, ha già emesso il verdetto: le ragazze – e “non dimenticate che sono americane e gli americani sono famosi per il vittimismo” – sono le colpevoli e saranno loro a doversi discolpare agli occhi degli italiani e degli inquirenti.
Tanta, tantissima solidarietà invece per gli indagati, per molti “innocenti a prescindere”.
E fra le notizie trapelate finora dalle indagini in pieno svolgimento, più che colpire il fatto che siano stati trovati dei riscontri al racconto delle due ragazze – fra cui le immagini di alcune telecamere di sorveglianza che testimonierebbero l’effettiva presenza delle giovani sulla macchina dei carabinieri -, i lettori sembrano concentrarsi sul particolare dell’assicurazione contro lo stupro stipulata dalle ragazze. Un’assicurazione che, sempre secondo la giuria popolare online, certificherebbe senza ombra di dubbio la colpevolezza delle americane: “Hanno inventato tutto – sentenziano – per prendersi i soldi”.
E poco importa che questo tipo di assicurazioni – che riguardano ogni aspetto e ogni eventualità medica – siano pressochè la prassi per gli stranieri che risiedono in Italia per un periodo medio-lungo. Come del resto ha spiegato l’avvocato di una delle due giovani.
Ma non c’è solo l’analisi minuziosa delle indagini. C’è infatti anche chi si spinge più in là , magari vestendo i panni del medico che le ha prese in carico per gli accertamenti clinici: “Se non ci sono lesioni la violenza non c’è stata”, azzarda qualcuno, che evidentemente ha già il quadro chiaro pur non avendo in mano gli atti.
Fra gli esperti e i giudici, colpisce come siano tante le donne che non mostrano alcun tipo di compassione, ma che invece rincarano la dose nei ‘commenti tecnici’ al caso: “Saranno state loro a fare le zoccole”, l’opinione più diffusa.
Nel mezzo, una minoranza che ricorda – o almeno prova a far ricordare – come in Italia siano previsti tre gradi di giudizio per gli imputati, “di qualsiasi colore siano” aggiungono riferendosi ai recenti fatti di Rimini, che investigatori e scientifica sarebbero forse gli unici a dover indagare sul complesso caso e che le presunte vittime siano da tutelare e proteggere fino a prova contraria.
Una minoranza che purtroppo sembra avere la peggio, persa irrimediabilmente in quel girone infernale di commenti su Facebook e Twitter dove tutti diventano esperti di tutto, sostituendosi spesso e volentieri a inquirenti e tribunali.
(da AdnKronos)
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Settembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
PAGHIAMO IL PRINCIPE DEGLI SCAFISTI, D’INTESA COL GOVERNO LIBICO PER IL LAVORO SPORCO: IN ALTRI TEMPI CERTI POLITICI SAREBBERO FINITI DAVANTI ALLA CORTE MARZIALE… I CONTATTI TRA I SERVIZI SEGRETI ITALIANI E IL CAPO DELLA BRIGATA CRIMINALE NELL’HOTEL DI GAMMARTH, IN TUNISIA
Si chiama Ahmad Dabbashi ma è meglio conosciuto come “Al Ammu”, che in arabo vuol dire “zio”.![](https://s26.postimg.org/5nwea1bdl/5_MILIARDI.jpg)
Guida la brigata libica “Anis Dabbashi” ed è diventato uno degli uomini più potenti — e temuti — della Tripolitania occidentale.
Questo perchè ha saputo riconvertire il suo ruolo di “principe degli scafisti” in “collaboratore di primo piano” del governo italiano per il blocco dei flussi migratori. A raccontare la sua storia è il Corriere della Sera che pubblica un lungo reportage a firma dell’inviato Lorenzo Cremonesi.
Il servizio di intelligence della polizia locale ci dice “che ultimamente avrebbe ricevuto almeno 5 milioni di euro dall’Italia, se non il doppio, con la piena collaborazione del premier del governo di unità nazionale riconosciuto dall’Onu, Fayez Sarraj”.
Scrive ancora il Corriere:
Il capo del clan Dabbashi però è un ricercato, per lui è difficile viaggiare, specie all’estero. Tocca allora a Yihab, il fratello giovane più fidato, fungere da negoziatore e businessman del gruppo. Sulla rete difende il buon nome dei Dabbashi, oggi li rilancia come gruppo legittimo e garante della legge. “Yihab ha trattato per conto del fratello anche l’accordo sui migranti. Abbiamo le tracce dei suoi movimenti recenti. Sappiamo che tra fine luglio e fine agosto è volato a Malta con la compagnia privata Medavia. Di recente è stato a Istanbul, in Germania e in altre due nazioni europee. Con gli agenti dei servizi italiani si è incontrato più volte in alcuni hotel di Gammarth, la costa turistica di Tunisi. Sarraj e gli italiani si sono assicurati la sua collaborazione in cambio di almeno 5 milioni di euro e la promessa che i Dabbashi ne usciranno puliti e le loro milizie saranno legalizzate”, leggono dai loro documenti i capi dell’intelligence.
(da “il Corriere della Sera”)
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Settembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
140 TRIBU’ CON 230 MILIZIE GUIDATE DA CRIMINALI E TRAFFICANTI COLLUSI CON IL GOVERNO E LA GUARDIA COSTIERA…TRA MISURATA E SABRATA FANNO IL LAVORO SPORCO FINANZIATI DAL GOVERNO ITALIANO
Nessuno, al Viminale come alla Farnesina o a Palazzo Chigi, ammetterà mai che entrare in rapporto con alcune tribù o milizie libiche abbia portato l’Italia a pagarne i servigi, così come mai in passato c’è stato un premier o un ministro degli Esteri o dell’Interno che abbia ammesso il pagamento di un riscatto per la liberazione di cittadini italiani rapiti da milizie islamiche o da bande di criminali comuni.
Cosa sia il “caos libico” è così sintetizzabile: duecentomila combattenti, divisi in 230 milizie; 140 tribù, sparse su quello che per estensione è il quarto paese dell’Africa; due governi rivali, che si contendono il potere e non di rado si fanno la guerra.
La Libia è divenuta un Paese sommerso di armi, dove sono le milizie a controllare buona parte del territorio. In questo contesto, tutt’altro che pacificato, è necessario capire come le milizie siano ormai da tempo un pezzo costitutivo del potere in Libia.
A spiegarlo con parole di esemplare chiarezza, dalle colonne di Internazionale, è un regista libico, Khalifa Abo Khraisse:
“Tra la fine del 2011 e il 2013 mettere insieme una milizia era un affare redditizio ed era molto più semplice che avviare una nuova attività . Non si doveva fare altro che raccogliere armi, riunire amici e parenti, fare irruzione in un edificio e piazzarsi dentro, andare al locale consiglio militare, firmare i documenti necessari per registrare la propria brigata e fornire una lista dei componenti al capo di stato maggiore. E in men che non si dica, si finiva sul libro paga. Molti comandanti di milizia sono stati scarcerati all’inizio della rivolta; altri erano tecnici, ex appartenenti a movimenti terroristici, spacciatori, negozianti, tassisti e insegnanti. Alcuni erano solo disoccupati. Con l’incalzare degli eventi, le milizie hanno dovuto adattarsi ed evolvere: servono molti soldi per comprare armi e munizioni e per pagare i salari. Molte formazioni minori alla fine sono sparite e si sono sciolte, altre si sono accorpate…”.
E tra le milizie che contano di più, e con cui l’Italia ha intessuto rapporti, c’è quella di Misurata.
Un passo indietro nel tempo. Maggio 2015: l’Isis controlla Sirte, la città natale di Gheddafi, facendone la capitale del “califfato” in Nord Africa.
“Siamo pronti ad accantonare le divisioni pur di fermare lo Stato Islamico. Ne abbiamo già discusso con i comandanti di Sdabia. Loro stanno con Tobruk, noi con Tripoli, ma siamo entrambi libici e siamo pronti — dichiara il comandante del Consiglio Militare di Misurata Ibrahim bin Rajub — ad allearci con loro per accerchiare quei terroristi venuti dall’estero. Lo Stato Islamico è una palla di neve, ma può diventare una valanga. Ora è a Derna e a Sirte, ma domani può travolgere Tripoli”.
Nasce da quel momento il rapporto con i misuratini.
Non è un caso, dunque, che l’ospedale militare realizzato dall’Italia in Libia sia proprio in un’area controllata dai misuratini. Altrettanto importante è considerato il rapporto con e milizie legate alla minoranza tubu, un gruppo etnico del sud della Libia, che durante la rivolta contro Muammar Gheddafi erano schierate con i ribelli, mentre ora sono alleate del generale Khalifa Haftar, l’uomo-forte (anche per il sostegno che riceve dall’Egitto e dalla Russia) della Cirenaica.
I tubu controllano in particolare le città di Murzuk e Kufra. Le milizie legate al gruppo etnico dei tuareg, presente nel sudovest del paese, sono vicine alla coalizione Alba libica.
Le milizie più rilevanti sono almeno 5: Zintan, Misurata, Lybian Shield, la Brigata dei Martiri del 17 Febbraio e la milizia/Esercito del Generale Haftar.
Il Consiglio Militare di Zintan, dal nome della città , appunto, dove è basato, conta circa 4.000/5.000 uomini armati di tutto punto – armi leggere, sistemi di supporto del fuoco ed armi pesanti.
Quanto alla milizia di Misurata (appoggiata da elementi del Lybian Shield), si tratta di un altro degli attori forti di questa crisi. Di tendenze islamiste, la milizia conta qualche migliaio di uomini e da tempo ha ormai imposto un regime di sostanziale autonomia alla città costiera di Misurata dalla quale prende il nome.
“Le componenti militari di Misurata, come altri attori forti in Libia – i gruppi armati di Zintan, nelle montagne dell’Ovest, e l’esercito dell’Est al comando del generale Khalifa Haftar – hanno interesse a mostrarsi alla comunità internazionale come partner nella lotta al terrorismo”, annota Lacher.
Ma l’attenzione dell’Italia è rivolta soprattutto al Sud della Libia. E questo perchè è attraverso Sabha, capoluogo della regione desertica del Fezzan, si snoda la principale via del traffico di esseri umani verso l’Italia.
Per stabilizzare la Libia e Sabha il ministro dell’Interno, Marco Minniti, ha chiuso un accordo a Roma con i rappresentanti delle tribù del sud in particolare fra Abna Suleyman e i Tebu, con il supporto dei Tuareg.
Cosa che avviene anche in un’altra area strategica sul fronte migranti. L’area di Sabratha. Un’inchiesta pubblicata il 29 agosto da Associated Press ipotizza che per fermare il flusso di migranti dal Nord Africa il governo italiano abbia stretto degli accordi con due potenti milizie libiche che solo qualche tempo fa erano direttamente coinvolte nello stesso traffico.
Le due milizie di cui parla Associated Press si chiamano “Martire Abu Anas al Dabbashi” e “Brigata 48” ed entrambe hanno la sede a Sabratha, una piccola città non distante da Tripoli che negli ultimi mesi è diventata il principale punto di partenza dei barconi e gommoni dei migranti.
Secondo l’AP, circa un mese e mezzo fa entrambe le milizie hanno stretto un accordo “verbale” col governo italiano e quello di Sarraj per fermare i trafficanti.
In cambio del loro aiuto le milizie ottengono soldi, barche e quello che Associated Press definisce “equipaggiamento”.
La prima milizia è sicuramente nota ai funzionari italiani: dal 2015 si occupa della sicurezza dell’impianto di Eni per l’estrazione di petrolio nel vicino paese di Mellita.
La seconda è stata oggetto di una inchiesta di Reuters pubblicata il 21 agosto, che descriveva l’efficacia della campagna anti-trafficanti in corso a Sabratha. I giornalisti dell’agenzia di stampa britannica Aidan Lewis e Steve Scherer hanno raccontato con fonti locali che “un gruppo armato sta impedendo che le imbarcazioni che trasportano migranti salpino da Sabratha, città a ovest di Tripoli che è stata finora un trampolino per i trafficanti di esseri umani, e nell’ultimo mese ha provocato un drastico calo delle partenze, come riferiscono alcune fonti locali”.
I capi delle milizie sono due fratelli che provengono dal clan che controlla la città , quello dei Dabbashi. Abdel Salam Helal Mohammed, un dirigente del ministro degli Interni del governo di Tripoli che si occupa di immigrazione, ha raccontato che l’accordo è stato raggiunto durante un incontro fra italiani e membri della milizia Al Ammu, che si sono impegnati a fermare il traffico di migranti (cioè loro stessi o dei loro alleati, in sostanza). Il gruppo “lavora sulla spiaggia per impedire che i migranti si imbarchino verso l’Italia”, dice un attivista della società civile che preferisce restare anonimo.
Il gruppo è composto da centinaia di “civili, poliziotti, esponenti militari” dice la fonte. E sta conducendo “una campagna molto forte” lanciata da “un ex boss della mafia”, spiega una seconda fonte da Sabratha che segue da vicino le attività dei trafficanti.
Una terza fonte citata dalla Reuters con contatti in Libia dice che il gruppo di Sabratha “sta facendo uno sforzo significativo per pattugliare l’area” ma che, avvisano i miliziani, potrebbe interrompersi se non vi sarà il sostegno finanziario del governo di Tripoli. Un sostegno che passa per l’Italia.
Del delicatissimo tema si è occupato il Frankfurter Allegemeine Zeitung. “L’accordo pare funzionare per ora – scrive la Faz – ma il fatto stesso che l’Italia vi sia dovuta ricorrere è il sintomo di quanto essa stessa e l’Europa siano sotto pressione”.
Il quotidiano tedesco sottolinea “la debolezza intrinseca del principale interlocutore dell’Italia e dell’Ue in Libia, il premier sostenuto dall’Onu Fayez al Serraj, la cui autorità è minata da milizie, signori della guerra e soprattutto dal generale Khalifa Belgasim Haftar, capo dell’Esercito del governo rivale nella Libia orientale e interlocutore di Egitto, Russia e Francia”.
“Le sue milizie dominano le strade, controllano importanti impianti petroliferi e le vie di trasporto. Stringono accordi di comodo, ora con l’uno ora con l’altro. L’economia del paese è ferma al palo, soffocata dal proliferare del mercato nero e del contrabbando. Quest’ultimo a Sabratha è dominato da Ahmed Dabashi, detto Ammu, i cui uomini sono a guardia delle istallazioni petrolifere e di gas ad ovest di Sabratha, progetto congiunto quest’ultimo della compagnia petrolifera del Governo libico e della società italiana Eni”.
Il traffico di esseri umani è un business fra i tanti.
In un contesto così complicato e volatile – avverte il Frankfurter Allgemeine Zeitung – il drastico calo degli sbarchi potrebbe rappresentare solamente un sollievo temporaneo. Secondo un giovane impiegato libico “il numero in drastico calo di arrivi in Europa è ingannevole, perchè sempre più persone entrano nel paese dai confini meridionali e premeranno verso le città costiere”.
Ma quest’ultima è un’altra storia.
Il presente è il “lavoro sporco” che si dipana tra Misurata e Sabratha. E che chiama in causa milizie e tribù riconvertitesi in anti-trafficanti.
Ma fino a quando e, soprattutto, a quale prezzo?
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
L’ARTISTA JR RICORDA A TRUMP CHE IL FUTURO NON APPARTIENE A LUI
Non avrà più di due anni, ma è alto oltre venti metri ed è portatore di un messaggio politico
enorme.
È solo un bambino, ma il suo sguardo curioso e quelle manine/manone appoggiate al muro che separa il Messico dagli Usa sono già il simbolo di un’umanità che non vuole arrendersi alle politiche anti-immigrazione del presidente americano Donald Trump.
Il suo papà artistico è il francese JR, famoso per i suoi ritratti giganteschi installati in mezzo mondo.
Da venerdì “Kikito”, la sagoma del piccolo messicano che guarda al di là del muro, svetta sulla barriera tra Tecate e l’area di San Diego.
“Avevo avuto l’idea durante un sogno in cui mi era apparso un bambino che guardava oltre il muro al confine – ha spiegato JR – e mentre con un amico visitavo una casa di Tecate ho visto il piccolo. Mi ricordava quello del sogno”.
Così, dopo aver chiesto il permesso dalla mamma, lo ha fotografato.
Notevole il tempismo con cui l’opera ha fatto la sua comparsa al muro con gli Usa, pochi giorni dopo la stretta di Trump sui figli degli immigrati clandestini cresciuti negli Stati Uniti, i cosiddetti “dreamers”. In circa 800mila rischiano la deportazione, ma come mostra lo sguardo curioso di “Kikito”, il futuro è delle nuove generazioni.
(da “Huffingtonpost”)
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Settembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
UNO DEI DUE CARABINIERI, PRESSATO DALL’ARMA, SI PRESENTA IN PROCURA E AMMETTE QUELLO CHE FINO A IERI NEGAVA… NON SI E’ MAI VISTA UNA CHE INVITA A SALIRE A CASA SUA UN TIZIO, QUANDO IN CASA CI SONO ALTRE 4 COLLEGHE… SEMMAI SAREBBERO ANDATI IN UN MOTEL, NON IN UN ASCENSORE
Uno dei due carabinieri accusato di violenza sessuale si è presentato poco fa in procura a Firenze ammettendo di aver avuto un rapporto con una delle due ragazze, ma spiegando che “lei era consenziente”.
Ha riferito di essere stato invitato a salire.
E’ questa la linea di difesa contro la denuncia di stupro delle due studentesse, chiaramente studiata a tavolino nelle 48 ore di tempo che ha avuto.
A parte che il racconto contraddice quanto riferito ai superiori (aveva negato qualsiasi rapporto con le ragazze), è evidente che il dna lo avrebbe inchiodato ed è probabile che l’Arma lo abbia “spinto” in Procura, in quanto indifendibile.
La versione dell’invito a casa poi è ridicola, dato che la ragazza non vive da sola ma con altre tre connazionali che sono state loro a chiamare i soccorsi.
Non si è mai vista una che invita a salire un tizio sapendo che l’appartamento è occupato da molte altre persone. Semmai avrebbero cercato un motel, suvvia.
E l’atto sessuale non si è compiuto a casa, ma sulle scale e sull’ascensore, altro che invito…
“Le due ragazze sono sconvolte per quanto accaduto, si devono ancora riprendere dal terribile shock. La scuola aveva detto loro che dovevano fidarsi solo ed esclusivamente della polizia e dei carabinieri. Ex post, questo avvertimento suona paradossale”.
Così dice l’avvocato fiorentino Gabriele Zanobini, che difende una delle due studentesse americane, quella di 19 anni, che ha denunciato di aver subito violenza, con l’amica di 21 anni, da parte di due carabinieri.
“La violenza sessuale – spiega il legale – non si consuma solo con la violenza fisica o con la minaccia. Si consuma anche, e lo dice il codice penale, abusando delle condizioni di inferiorità psichica o fisica al momento del fatto. E le due ragazze erano in una situazione alterata, anche a causa dell’alcol. In questa fattispecie segnalata dal codice penale il non consenso è implicito”.
Secondo il legale, esiste poi un’aggravante nei confronti dei due carabinieri, prevista dall’articolo 61 del codice penale, che punisce “il fatto commesso con abuso del potere o con violazione dei doveri inerenti una pubblica funzione: qui siamo di fronte a due pubblici ufficiali che avrebbero dovuto proteggere e non abusare delle ragazze”.
Le ragazze adesso sono lontane dalla città , “in un posto sicuro, al riparo dal clamore” racconta chi le ha viste e le descrive come molto provate. Ventuno e diciannove anni, americane, a Firenze da pochi giorni, dalla fine di agosto, per studiare in una delle università . Si sono fidate dei carabinieri, della loro divisa per questo hanno accettato l’altra notte un passaggio in auto dalla discoteca fino a casa, in centro storico.
Un tragitto di tre chilometri percorso intorno alle 3. Adesso gli investigatori della squadra mobile stanno ultimando i controlli sulle telecamere della zona, ma hanno già trovato i riscontri che cercavano: la gazzella entra nella piccola e stretta via in cui abitano le studentesse e ne esce ventitrè minuti dopo. Cosa è successo in quel lasso di tempo? Le ragazze denunciano lo stupro, l’aggressione sulle scale e in ascensore. Loro nel terrore e nell’impossibilità di difendersi: avevano bevuto molto, una non era in grado nemmeno di camminare. L’altra è comunque in uno stato confusionale.
(da agenzie)
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Settembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
M5S 26,6%, PD 26,5%, FORZA ITALIA 15,6%, LEGA 15%, FDI 5%, MDP 3,6%, AP 2,2%… COME LEADER PREVALE BERLUSCONI 39%, SALVINI 32%, MELONI 14%
Il centrodestra unito stacca Partito Democratico e MoVimento 5 Stelle e soprattutto, a differenza di
altre rilevazioni, nel sondaggio di Nando Pagnoncelli pubblicato oggi dal Corriere della Sera l’unione dei tre partiti non sembra poter portare a un’emorragia di voti.
Per il resto, si conferma il testa a testa tra M5S (26,6%,in lieve flessione) e Pd (26,5%), si consolida il consenso per il centrodestra nel suo insieme (Forza Italia 15,6%, Lega 15% e FdI 5%), Articolo 1-Mdp (3,6%) si mantiene sopra la soglia di sbarramento e AP continua a faticare(2,2%).
Oltre un elettore su tre (34,8%) intende astenersi o è indeciso.
Anche in questa rilevazione il M5S rimane il primo partito ma il centrodestra diviso si attesta al 35,6%, mentre unito in una sola lista raggiungerebbe il 35%.
Risultato tutt’altro che scontato, perchè tradizionalmente la fusione di più partiti in un unico soggetto determina un consenso inferiore rispetto alla somma dei voti dei singoli partiti.
Forza Italia qui supera dello 0,6% la Lega .
I tre elettorati parteggiano in larga misura per il proprio leader e nell’insieme Berlusconi (39%) prevale su Salvini (32%), portando a + 7% il vantaggio registrato a luglio (+3%).
A seguire Meloni (14%), Toti (7%) e Zaia (5%).
(da agenzie)
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Settembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
LE CHAT DI MARRA E SAMMARCO, DOVE SI PARLA DI STRATEGIE E PERSONE… IL RUOLO DELL’ AVVOCATO DOVE LA RAGGI HA FATTO PRATICA… LE LAMENTELE DELLA CONSIGLIERA CHE GUADAGNA TROPPO POCO
Il grande ritorno delle chat dei Quattro amici al bar movimenterà la giornata di Virginia Raggi. Che oggi non sarà molto contenta nemmeno di leggere cosa dicevano Raffaele Marra e l’avvocato Pieremilio Sammarco.
Le discussioni sono agli atti del processo Scarpellini, che vede Marra imputato per corruzione e oggi ne parla Repubblica in due articoli a firma di Giuseppe Scarpa e Giovanna Vitale.
Sammarco sostiene Marra e parla con lui nella chat finora inedita su Telegram. Nella quale si racconta anche di Beppe Grillo:
«Beppe (Grillo, ndr) non capisce nulla – scrive Sammarco a Marra il 30 ottobre 2016 – si fa prendere in giro dai giornali. Mi sono dimenticato di dirti che giovedì Massimo F. va a Genova al ristorante con Grillo e gli dice di non rompere le palle su di te».
Ma Marra (all’epoca capo del Personale comunale) è preoccupato e invita l’avvocato ad accorciare i tempi: «Credo che giovedì sia troppo tardi. Dovrebbe farlo oggi». «Raffaele tieni duro – continua Sammarco – non mollare. Fammi sapere se posso fare io qualche cosa per agevolarti». «Prova a chiamare Massimo e digli di intervenire oggi con Beppe – insiste Marra – se veramente ne ha la forza». «Ok mi muovo ora», risponde Sammarco.
Al centro delle chat tra Marra e Sammarco c’è una presunta macchinazione nei confronti di Marra che proviene, sempre secondo Marra, dal M5S: «Vogliono indebolire V. (Virginia, ndr) e sono certo che parte degli attacchi provengano dall’interno (dal Movimento, ndr) forse proprio da quelli che sto cercando di contenere, sai a chi mi riferisco», spiega Marra a Sammarco il primo agosto dell’anno scorso.
«Non è casuale, ma viene da casa M5S. E immagino da chi. Sarà un cannoneggiamento costante che potrà finire solo se c’è da parte di V. la fermezza», sostiene Sammarco
I quattro amici in chat
Poi ci sono le chat dei quattro amici al bar. Dove si parla di strategie, tattiche e persone.
Come ad esempio di Stefano Vignaroli: Raggi: «Chiaramente non sono contenta di come stiano sparando sulla Muraro e su Stefano (Vignaroli, deputato 5S suo grande sponsor, OES) ma dobbiamo usare questa cosa a nostro vantaggio sul discredito che hanno gettato su Marra… “Come? Per voi non è vero e per lui sì?”». Frongia: «Vero, verissimo. Vignaroli come Marra». Marra: «Grazie cari vi voglio bene!».
Oppure si spiega come la sindaca abbia difeso Romeo ma soprattutto Marra dagli attacchi dei parlamentari 5S che li vogliono cacciare: «Accetto la vostra sfiducia, come anche accetto la vostra sfiducia su Salvatore (immagino sia a pelle, non posso farci nulla), ma se noi abbiamo fiducia in loro, se i nostri collaboratori storici la hanno, o siamo tutti vittima di un abbaglio o forse stiamo parlando di persone per bene e corrette (…) Vi abbiamo portato le referenze dei generali della Gdf, dei Carabinieri del Lazio. Ho l’atto di Pignatone (Pignatone signori, non il magistrato della Sgurgola) che dichiara che lui è pulito. Sapete bene che non c’è nulla se non le vostre rispettabili sensazioni e voci. Io devo governare per 5 anni e il mio obbiettivo come il vostro è farlo al meglio. (…) La faccia e il culo sono miei e io mi scelgo persone di fiducia. Punto. Adesso basta, avete avuto tutte le prove che potevamo darvi (lui ha faldoni di carte che non volete vedere ma che Luigi — Di Maio, OES — ha visto)».
La parte più interessante è quella in cui i quattro dipingono il presidente dell’Assemblea Capitolina Marcello De Vito come la longa manus che sta muovendo le fila del complotto contro di loro. Il 15 agosto i giornali titolano sull’irregolarità della nomina Romeo. Raggi scrive che il Pd «starebbe preparando un esposto».
Frongia: «È Marcello De Vito che sta fomentando il Pd a fare esposto…».
Romeo invia un messaggio vocale (non trascritto).
Marra: «Salva mi sa che non hai capito nulla! Ieri ho fatto delle verifiche (mie fonti) tutte queste cose arrivano da parlamentari M5S altro che Pd. Poi vi dico. Fonte certa!!!».
Il 16 settembre invece Frongia avverte a Marra in Aula. Frongia: «Occhio Raffaele a non dare troppe informazioni al nemico (dietro di me i sicari di Marcello)»
Raggi: «Mamma mia».
Frongia: «Con queste zavorre…».
Il direttorio di supporto a Virginia Raggi
Infine, il 16 agosto Raggi gira l’sms di una consigliera: si lamenta degli stipendi di Romeo & Co. mentre lei dovrà tirare la cinghia.
Raggi: «Alessandra Agnello scrive: “Buongiorno. Allora io da settembre sarò in aspettativa senza assegno da un lavoro che sebbene fosse in part-time mi permetteva una stipendio maggiore del gettone da consigliere comunale. La mia poteva essere una brillante carriera spazzata via dallo tsunami 5 stelle. Mie decisioni che hanno messo avanti il Movimento prima di tutto per la realizzazione del sogno Grillo-Casaleggio e anche mio e dedicare più tempo a Roma. Mi domando ora per chi ho fatto tutto questo. Mi sento il diritto di chiedere per trasparenza tutti nomi ed i compensi che date e che darete per lo staff sindaca e assessori (sono stufa di saperlo dai link di giornali girati da attivisti). E inoltre mi aspetto che queste persone si mettano una mano sulla coscienza e facciano il gesto di ridursi il compenso visto che farebbero parte del progetto grillino”».
(da “NextQuotidiano”)
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Settembre 9th, 2017 Riccardo Fucile
IL NEOASSESSORE AL BILANCIO DI ROMA SI PARAGONA AL PROTAGONISTA DELLA COMMEDIA CHE ARRIVA IN CITTA’ E DEVE ANCORA AMBIENTARSI
Parla al telefono lungo via del Tritone, poi si toglie le cuffie e si sbottona: «Come sto a Roma? Mi
sento un po’ come Renato Pozzetto in Il ragazzo di campagna».
Camicia grigia, giacca, jeans neri e sneaker. Così, ieri mattina, Lemmetti si è presentato alla sua prima commissione Bilancio.
Stretto in ascensore, racconta con ironia i suoi primi giorni capitolini: «Sono ancora spaesato. Una casa? Devo trovarla. Sono ospite da un po’… e, come si dice, dopo tre giorni il pesce puzza».
Quindi, breve dietrofront: «Sono un tecnico, non parlo».
Poi una piccola gaffe tra le risate, quando il cognome del presidente della commissione Marco Terranova viene storpiato in «Terracina», e un’altra battuta: «Quando mi hanno chiamato stavo andando in vacanza a Barcellona Pozzo di Gotto. Avevo le ferie fino al 3 settembre, ma mi son fermato qui».
A Roma, dove dovrà risolvere la grana Atac.
La soluzione? «Ci vuole suspense – scherza, ora diretto verso il Campidoglio – ma i lavoratori stiano tranquilli. Il metodo giusto non porta al licenziamento di nessuno. Stanno studiando il concordato Aamps per raggiungere quelle performance lì. L’importante è essere onesti e avere un modello funzionante».
Quello M5S, sperando che Livorno e Roma non siano poi troppo distanti.
(da “NextQuotidiano”)
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