Ottobre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
DOPO L’INCHIESTA DE L’ESPRESSO, IL M5S SI ACCODA: “SALVINI E MARONI HANNO USATO I SOLDI RUBATI”… E RITORNA LA FRASE DI BELSITO: “SALVINI PRESE SOLDI IN NERO QUANDO ERO TESORIERE”, MA SALVINI SI GUARDO’ BENE DAL QUERERARLO
La procura di Genova ha depositato il ricorso al Riesame contro la decisione del tribunale di fermare
i sequestri alla somma trovata finora, ovvero a poco meno di due milioni di euro.
La data per la discussione dell’istanza non è stata ancora fissata e nei prossimi giorni anche i legali del Carroccio potrebbero presentare a loro volta un ricorso contro il blocco dei soldi.
L’orientamento giurisprudenziale, a oggi, è quasi sempre stato quello di continuare a sequestrare somme di denaro alle persone giuridiche beneficiarie del frutto del reato commesso da un altro soggetto fino al raggiungimento di quanto previsto dalle sentenze.
Nei giorni scorsi, invece, il tribunale genovese ha invertito la tendenza, stabilendo che il blocco si ferma a quanto trovato al momento dell’esecuzione del provvedimento.
I sequestri erano scattati due settimane fa quando la Gdf aveva bloccato il denaro nei conti sparsi in tutta Italia. Era stata la stessa procura a chiederlo dopo che il tribunale, a luglio, aveva disposto la confisca di quasi 49 milioni di euro in seguito alla condanna di Umberto Bossi, dell’ex tesoriere Francesco Belsito, e dei tre ex revisori contabili.
Il provvedimento aveva sollevato polemiche tra il segretario della Lega Matteo Salvini, che aveva parlato di un attacco alla democrazia, e il procuratore Francesco Cozzi, che aveva sottolineato come si fosse agito a tutela di Camera e Senato. Era stato lo stesso procuratore a cercare di sedare gli animi in un incontro con i legali del Carroccio, proponendo uno sblocco delle somme dietro garanzie.
Cinque Stelle: i soldi della truffa usati da Salvini e Maroni
«A due anni dalla prima denuncia del Movimento 5 Stelle, emerge sempre più con forza che anche Salvini e Maroni hanno utilizzato parte dei 48 milioni di euro pubblici frutto della truffa orchestrata da Umberto Bossi e dall’ex tesoriere Belsito, entrambi già condannati per la vicenda `Tanzania & diamanti’» .
Così il M5s attacca i vertici della Lega sul blog di Beppe Grillo in un post rivolto a Salvini e Maroni: «Toc, toc. Vi ricordate di quando avete utilizzato i soldi pubblici rubati da Bossi e Belsito? Parliamo di un partito, la Lega, che mentre gridava Roma ladrona in 20 anni ha incassato oltre 180 milioni di euro di finanziamento ai partiti-rimborsi elettorali. Il tutto senza mai rinunciare ad un solo privilegio o tagliarsi stipendi. Nelle Regioni come in Parlamento».
Il post sul blog cita le ricostruzioni di due giornalisti, Giovanni Tizian e Stefano Vergine, che «hanno trovato una ulteriore conferma alla denuncia che partiva dai bilanci depositati e dalla costituzione in parte civile del Parlamento.
Spulciando le carte della Lega tra la fine del 2011 ed il 2014 hanno scoperto che esiste un filo diretto tra la truffa firmata dal fondatore della Lega ed i suoi successori.
In quel periodo prima Maroni e poi Salvini hanno incassato e usato i rimborsi elettorali frutto del reato commesso dal loro predecessore.
Lo hanno fatto quando ormai era chiaro a tutti che quei denari rischiavano di essere sequestrati.
Si parla di quasi 12.9 milioni di euro da parte di Maroni e 820mila euro Salvini. Quest’ultimo, non a caso, in un primo tempo si costituì parte civile contro Bossi e Belsito, ma a novembre 2014 fece dietrofront e rinunciò a chiedere i danni all’ex tesoriere.
Nel 2013 sempre Belsito accusò Salvini di avere preso `fondi in nero’. Anche qui, non risulta nessuna querela da parte di Salvini.
Quando nel 2014 in diretta tv il Movimento 5 Stelle gli chiese conto di questi fatti, Salvini stizzito non rispose nel merito. Intanto emerge che in questi anni il Carroccio ha speso 4,3 milioni di euro pubblici in avvocati, alcuni di questi poi piazzati da Maroni in diverse partecipate».
Per il M5s Salvini e Maroni sono ancora in tempo a dare le risposte ai cittadini: «Toc, toc. Salvini e Maroni rispondete. Perchè è stata ritirata la causa contro Bossi e Belsito. Salvini perchè non hai mai querelato Belsito?» chiede il M5s.
(da “il Secolo XIX”)
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Ottobre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
PD 28,1%, M5S 27%, LEGA 13,9%, FORZA ITALIA 13,5%, FDI 5,1%, MDP 2,3%, AP 2,3%, SIN. IT. 2%
Nel sondaggio settimanale di Emg- La7 l’unica novità consistente è l’ulteriore crescita di Forza Italia che con un incremento dello 0,5% si porta ormai a un soffio dalla Lega.
Il partito di Salvini perde un altro 0,5% anche questa settimana ( 1,5% in tre settimane) e scende al 13,9%.
Per quanto riguarda la lotta al vertice il Pd resta in testa con il 28,1% ( meno 0,3%) davanti al M5S con il 27% (meno 0,1).
Stabile al 5,1% Fdi della Meloni, sale al 2,3% AP di Alfano (+ 0,1%).
A sinistra del Pd in calo Mpd al 2,3%, stabile Sinistra Italiana al 2%.
La somma della coalizione di centrodestra arriverebbe quindi al 32,5%, Pd al 28,1%, M5s al 27%.
In ballo un 4,3% della sinistra-sinistra unita e un 2,3 di Alfano.
Resta confermato dal sondaggio che nessuna coaliziione avrebbe la maggioranza in Parlamento, quindi i giochi restano aperti per il dopo.
(da agenzie)
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Ottobre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
L’AUTORE DI “HUMAN FLOW”, PERSEGUITATO DAL GOVERNO CINESE, RACCONTA IL SUO PERCORSO ARTISTICO
«Non me ne sono accorto fino a quando non ho realizzato questo film. Sono anche io un rifugiato».
Perseguitato dal governo cinese per le sue idee politiche, incarcerato nel 2011 in una cella di 27 metri quadrati per 81 giorni, minacciato con un’accusa di evasione fiscale, nonostante la sua fama gli abbia garantito l’attenzione di tutto il mondo, Ai Weiwei, a 60 anni, è entrato a far parte di quella categoria di esseri umani che chiamiamo migranti.
E ora da Berlino, dove vive, racconta il percorso artistico e politico che lo ha portato a «Human Flow», in uscita oggi in Italia.
Il flusso umano, come lo ha chiamato lei, è davvero inarrestabile, nonostante le barriere che governi e Stati costruiscono per fermarlo?
«Mio padre (il poeta Ai Qing, ndr) scrisse questa poesia prima della caduta del Muro. Si intitola The Wall e recita: ”Cosa succede se un muro è alto tre metri, spesso 50 centimetri e lungo 50 chilometri? Non può bloccare le nuvole, il cielo, la pioggia e il sole. E non può nemmeno fermare milioni di pensieri, più liberi del vento”. È il problema: continuiamo a pensare di poter mettere un muro alla libertà ».
Human Flow è stato realizzato in 23 Paesi, dall’Afghanistan alle coste siciliane, dal Kenya all’Iraq. Lei ha incontrato migranti da ogni parte del mondo. Come si è sentito durante questo viaggio?
«Ero perfettamente a mio agio e la risposta sta nella mia infanzia. La mia educazione non è stata molto diversa da quella di un rifugiato. Sono sempre stato percepito come uno straniero a causa delle mie idee. Questa sensazione mi ha accompagnato per tutta la vita, anche dopo aver lasciato la Cina per New York. Ecco perchè non ho fatto fatica a comprendere».
Si è fatto fotografare nella stessa posizione del corpo di Aylan Kurdi e con la sua arte ha cercato di smuovere le coscienze. Si può cambiare il destino dei migranti con un’immagine?
«Ho cercato di mostrare come le migrazioni siano parte della condizione naturale dello sviluppo umano. In questo processo, l’empatia e la tolleranza sono l’elemento più importante. La diversità sta alla base di ogni cultura. Senza questo scambio la società non si sarebbe sviluppata. Ma sono consapevole: per la maggior parte degli esseri umani è difficile aprire gli occhi di fronte alla sofferenza altrui».
Domani è la giornata in memoria delle vittime dell’immigrazione. La rotta del Mediterraneo è una delle più pericolose. Come si ferma questa strage?
«È mancata da parte dell’Europa la comprensione e la visione di questa crisi umanitaria. Ma non succede solo qui. Penso alla Birmania dove 500 mila Rohingya sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Eppure non vediamo i leader politici seduti a un tavolo per creare dei corridori umanitari. Stesso discorso per la stampa che dà più spazio ad un’esplosione nella metropolitana di Londra o a un attacco a Nizza che alle stragi in mare. C’è una sproporzione enorme di attenzione. I nostri cuori e le nostre menti sembrano essere già danneggiati e offuscati da questo meccanismo e nessuno sembra preoccuparsene».
In Italia molto si è discusso del ruolo delle ong. Per alcuni i salvataggi provocano un aumento delle partenze. Per altri le ong svolgono un ruolo che spetterebbe ai governi. Che idea si è fatto?
«Ho una grande ammirazione per chi di mestiere aiuta chi si trova in difficoltà . Criticare gli operatori umanitari significa ribaltare la prospettiva e perdere di vista le priorità . Quello che manca, piuttosto, è la critica ai governi che non solo dovrebbero preoccuparsi del destino dei migranti ma dovrebbero sostenere le ong».
Anche la Cina ha visto migliaia di persone lasciare il proprio Paese per l’estero. Allo stesso tempo è diventata una potenza internazionale.
«Da un lato il governo non gode della legittimità del popolo, molti se ne vanno perchè non hanno fiducia nella società cinese. Dall’altro lato la ricchezza sta trasformando la Cina in un Paese appetibile. Ma pensi a cosa dovrebbe accadere se ci fosse una guerra con la Corea del Nord. Una marea di persone si riverserebbe oltre i confini. Un nuovo human flow».
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
I CARABINIERI: “MERITI DI GIUSTIZIA, AVRA’ DOCUMENTI E LAVORO”
Chiamarlo eroe è forse troppo. Ma sicuramente un cittadino che non si è voltato dall’altra parte.
Un immigrato che chiede qualche spicciolo fuori da un supermercato di Centocelle aiutando i clienti a svuotare il carrello della spesa e che l’altro ieri ha bloccato da solo un rapinatore rischiando anche di essere colpito a una spalla con un’accetta.
Nessuno conosce il nome del giovane con il giaccone avana e il berretto da baseball che ha ingaggiato con il bandito una violenta colluttazione fuori dal grande magazzino fino a farlo cadere rovinosamente con il motorino sul marciapiede impedendogli di fatto la fuga e facendolo così arrestare dai carabinieri
E lui non è nemmeno tornato davanti al supermercato dove qualcuno lo aveva notato in passato stazionare all’ingresso. Il ragazzo è sparito nel nulla, forse preoccupato dal fatto di essere clandestino e di non volere problemi con la giustizia.
Ma i carabinieri della compagnia Casilina sono pronti a rassicurarlo: «Ci sono varie fattispecie applicabili a questo caso – spiegano – se dovesse presentarsi o noi dovessimo rintracciarlo, anche se il caso è comunque chiuso, il giovane potrebbe beneficiare del permesso di soggiorno per motivi di giustizia e nell’eventualità che qualcuno, visto quello che ha fatto, volesse offrirgli un’occupazione, anche il permesso per lavoro».
D’altra parte le immagini della videosorveglianza del supermercato sono inequivocabili: quando il rapinatore, Aldo Panosetti, 37 anni, irrompe nel locale in piazza delle Conifere con il casco in testa, una bandana bianca sul volto, occhiali da sole e la mannaia stretta in pugno, l’unico a insospettirsi è proprio il ragazzo alla porta che lo segue con lo sguardo, ma non interviene.
Probabilmente già sa che lo farà all’uscita. E così è stato: anche il rapinatore, peraltro già sorvegliato speciale, con alcuni precedenti di polizia, si è reso conto che quel ragazzo era l’unico ostacolo fra lui e la fuga.
E così lo ha minacciato con la mannaia. Ma lo straniero non si è spaventato, anzi lo ha afferrato per il collo e lo ha immobilizzato arrivando anche a disarmarlo prima e a scaraventarlo a terra con tutto lo scooter.
Per qualche attimo, nonostante chiedesse aiuto e implorasse i passanti di chiamare la polizia, nessuno è andato a dargli una mano. Poi finalmente qualcuno si è mosso.
Nel frattempo però il trentenne è riuscito a divincolarsi ma non è andato lontano: i carabinieri della stazione Centocelle lo hanno inseguito e bloccato di nuovo. Ma quando si sono voltati per ringraziare chi aveva collaborato alla cattura il ragazzo con il berretto era scomparso.
Non è chiaro se qualcuno lo abbia visto correre via dalla parte opposta. E non è possibile visionare le telecamere di altri esercizi commerciali perchè in fondo, dal punto di vista investigativo e anche penale, quel giovane coraggioso di Centocelle non ha commesso alcun reato.
Ma c’è stato comunque più di qualcuno che, mentre i carabinieri concludevano i rilievi nel supermercato, ha fatto notare che di solito nessuno interviene in episodi come questo.
Che le cronache sono piene di rapine, in pratica più volte al giorno in tutta Roma, dove gli esercizi commerciali (supermercati, tabaccherie, farmacie, soprattutto) vengono utilizzati dai delinquenti come fossero dei bancomat, senza che nessuno osi alzare un dito per fermare balordi spesso anche disarmati ma in molte occasioni sotto effetto di stupefacenti e pronti a tutto.
Non è stato il caso del giovane africano. Proprio per questo i carabinieri, e non solo loro, vorrebbero incontrarlo per stringergli la mano e fare qualcosa per lui.
(da “La Repubblica”)
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Ottobre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
MA PER CANCELLERI “IL M5S A LICATA NON ESISTE”
Non è piaciuta alla base del MoVimento 5 Stelle siciliano la scelta di Luigi Di Maio e Giancarlo
Cancelleri di designare l’ex sindaco di Licata Angelo Cambiano come assessore di un’eventuale giunta regionale targata M5S.
Non si sa ancora quale sarà il ruolo di Cambiano ma c’è chi ritiene che potrebbe ottenere la delega agli enti locali della Regione Siciliana assumendo il ruolo di “sindaco dei sindaci”.
Sia Cancelleri che Cambiano sono entusiasti per questa decisione che senza dubbio segna un punto di svolta nel M5S.
Non solo perchè Cambiano — eletto sindaco nel 2015 con l’appoggio di quattro liste civiche tra cui una legata a Forza Italia — non è iscritto al M5S ma anche perchè le sue posizioni sugli abusi edilizi e sull’abusivismo sono diametralmente opposte a quelle sostenute da Cancelleri riguardo all’abusivismo di necessità e così ben esemplificate dalla situazione del sindaco “autosospeso” di Bagheria Patrizio Cinque.
Ad agosto, mentre Cancelleri varava la linea soft del M5S sugli abusi Cambiano infatti è stato sfiduciato dalla sua stessa maggioranza proprio a causa delle sue posizioni contro l’abusivismo.
Tant’è che visto che voleva procedere alle demolizioni degli edifici abusivi l’ex sindaco di Licata viene definito il “sindaco anti abusi”.
In un’intervista rilasciata a Repubblica dopo le sue dimissioni Cambiano stigmatizzava la posizione di Cancelleri sugli abusi edilizi.
E l’abusivismo è un grande aggregatore di consenso. Anche il candidato del M5S ha assunto una posizione precisa.
“Avevo incontrato Cancelleri mesi fa e mi aveva incoraggiato ad andare avanti con le demolizioni. Ora gli sento dire che agli “abusivi per necessità ” non verrà demolita la casa. Ma chi sono gli abusivi per necessità ? Sono solo slogan per avere i voti di questa gente”.
I voti di quella stessa gente che, vale la pena di ricordare, lo aveva sfiduciato. Cambiano infatti ha denunciato come sette dei ventuno consiglieri comunali che hanno votato la sfiducia erano nella “lista nera” dei proprietari di immobili abusivi che Cambiano avrebbe voluto fare abbattere. (e a Licata all’epoca era appena emerso come molte sanatorie fossero illegittime).
Da una parte quindi il M5S liscia il pelo ai proprietari di immobili abusivi dicendo che si tratta di “abusivismo di necessità ” mentre dall’altro imbarca un sindaco che anche il ministro Delrio ha definito “eroe” e che proprio a causa della sua battaglia contro l’abusivismo edilizio vive sotto scorta.
Evidentemente Giancarlo Cancelleri ha pensato che la sua giunta aveva bisogno di un cambio d’immagine per far dimenticare come i paladini della legalità ad ogni costo si fossero schierati nettamente a favore di una delle forme di illegalità più diffuse.
Di Maio e Cancelleri sono riusciti a fare entrare in squadra Cambiano. Un’impresa non semplice se si considera che l’ex sindaco di Licata nei giorni scorsi fosse uno tra i più corteggiati. Come lui stesso ha dichiarato anche Claudio Fava gli aveva proposto di fare l’assessore.
A Licata il M5S non era entrato in consiglio comunale alle ultime amministrative quindi non ha partecipato direttamente alla sfiducia di Cambiano.
Ciò non toglie che Cambiano non fosse il candidato sindaco del MoVimento e che il meetup locale abbia assunto posizioni molto critiche nei confronti dell’ex sindaco. Dopo l’annuncio della nomina di Cambiano a futuro assessore dell’esecutivo regionale Cancelleri i pentastellati di Licata sono scesi sul piede di guerra.
La pagina Facebook MoVimento 5 Stelle Licata ha chiesto un richiamo ufficiale da parte di Cancelleri nei confronti di Cambiano che in un’intervista a MeridioNews aveva definito “polemiche di bassa lega” quelle sollevate dal Meetup di Licata.
Meetup che in un comunicato stampa stigmatizzava la decisione di Cancelleri di arruolare Cambiano.
Non ci allineiamo a Giancarlo Cancelleri, candidato presidente della Regione Siciliana, per la noncuranza nel raccogliere tutte le informazioni sulla storia politica dell’ex sindaco. Con amarezza questo ci porta a non gradire questa scelta. Non abbiamo mai messo in discussione l’operato dell’ex sindaco in merito le demolizioni delle case dichiarate, per sentenza della Magistratura, abusive. Consideriamo invece una bolla mediatica creata la figura di Cambiano considerato il paladino della legalità , il cui effetto è stato quello di rendere vulnerabile agli occhi degli italiani una città come Licata, che invece ha ampie potenzialità in campo turistico e storico. Chi ne ha giovato di questo è stato solo Cambiano, che adesso si ritrova carezzato dalle forze politiche regionali e nazionali. Nulla di più sbagliato nel considerare questo vestito perfetto per fare scalpore e raccogliere consensi. Non si conosce nulla sul gruppo che Cambiano ha consultato prima di accettare, se non il fatto che appartengono ai gruppi di centro destra. Non si conosce chi siano tutti questi giovani che hanno confortato Cambiano, da dove vengono, se sono tesserati a partiti e come mai non abbiano sposato mai il programma del Movimento. Non è ammissibile non considerare questi fattori.
Secondo i pentastellati di Licata Cancelleri avrebbe sbagliato a non consultare gli iscritti del M5S di Licata.
Nel comunicato si accusa Cambiano di essere alla ricerca della ribalta dei riflettori politici e si fa notare che non si sa chi sia il gruppo di “giovani” che ha sostenuto Cambiano. Ci va giù più duro Gianluca Ciotta, “coordinatore” del M5S a Licata che ricorda ai vertici che la forza del MoVimento sta nella base.
Da parte sua Cancelleri bolla come insussistenti le polemiche attorno alla figura di Cambiano nel modo più assurdo possibile: ovvero dichiarando che il M5S a Licata non esiste.
«Il M5S a Licata non esiste. Lo abbiamo sempre detto che se non c’è una persona eletta nelle istituzioni, il M5S non esiste, non c’è alcuna una spaccatura perchè non c’è il M5S a Licata. È semplice».
Questo significa che in tutti quei comuni d’Italia dove il MoVimento non ha eletto nessun consigliere comunale allora il M5S non esiste.
Ci si chiede quindi come fa il partito di Grillo a considerarsi il primo partito a livello nazionale (o siciliano) se in molte parti del Paese non esiste. Senza contare che per anni il M5S ci ha ricordato che la sua vera forza erano quegli attivisti che allestivano i banchetti informativi del M5S in tutte le piazze italiane, anche in quelle dove il M5S non si è presentato alle elezioni.
Inoltre non risulta che Grillo abbia fatto mandare scomuniche o abbia minacciato di ritirare il simbolo del MoVimento al meetup di Licata. Almeno fino ad ora.
Ma dire che il M5S a Licata non esiste sembra essere più un modo per nascondere la testa sotto la sabbia che prendere atto che alla base (quella della famosa democrazia diretta) e a molti attivisti la scelta di Cambiano proprio non va giù.
In Sicilia il M5S sta operando in vero e proprio cambiamento diventando un partito trasformista (pro-abusivismo ma con il sindaco eroe della legalità in giunta) e verticistico dove l’ascolto del territorio non è più una priorità .
(da “NextQuotidiano“)
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Ottobre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
SORPRESA: LA SINDACA NON HA AFFATTO CHIUSO IL CAMPING RIVER COME AVEVA INVECE SOSTENUTO
Che fine ha fatto il Camping River?
Dove sono andati a finire gli oltre 400 abitanti del campo di via Tenuta Piccirilli nel XV Municipio che è stato ufficialmente chiuso il 30 settembre?
Da nessuna parte. Delle oltre 100 famiglie residenti nel campo solo una è riuscita a sottoscrivere un contratto di locazione.
Le altre sono ancora tutte lì in quello che da sabato è diventato un insediamento abusivo.
Il Comune di Roma ha sì chiuso il campo, ma gli abitanti sono ancora al suo interno.
La situazione non è delle migliori, perchè dal momento che il campo non è più un insediamento autorizzato il rischio è che a breve vengano sospese la fornitura di acqua potabile e di energia elettrica così come il funzionamento dei depuratori per gli scarichi fognari.
Da campo modello per i rom e i sinti della Capitale il River potrebbe trasformarsi rapidamente in un nuovo Castel Romano.
Ma cosa è successo allora questo fine settimana al Camping River? Sostanzialmente nulla.
Come spiega il Presidente dell’Associazione Nazione Rom Marcello Zuinisi l’unica cosa che è stata fatta è stata la rimozione di uno dei cinque moduli abitativi che non erano occupati.
È la “casetta” che nel video diffuso dal MoVimento 5 Stelle Roma viene demolita e caricata su un camion.
In buona sostanza l’Amministrazione ha “chiuso” il Camping River e per dimostrarlo ha fatto portare via un modulo abitativo che era vuoto.
Gli altri invece sono rimasti lì, e le famiglie che ci abitano sono ancora nel campo. Nessuno in questi mesi è riuscito a ottenere una sistemazione alternativa, impossibile stipulare un contratto d’affitto se non hai un reddito.
Ma il Comune di Roma non ha fornito nessun sostegno all’inclusione. I soldi, i famosi soldi che non sono dei cittadini romani (ma di tutti gli europei), verranno al limite utilizzati per l’acquisto di moduli abitativi o roulotte.
Da mettere ovviamente in altri campi. Qualcuno potrebbe anche chiamarlo il gioco delle tre carte del MoVimento sui campi rom.
Se non fosse che in gioco ci sono le vite delle persone che in quegli insediamenti ci abitano.
Da oggi il Camping River è stato chiuso, con le persone dentro. Un metodo assai curioso di “superare” i campi rom legali facendo finire gli abitanti nell’illegalità .
Il M5S su Facebook canta vittoria, e spiega che è stato innescato “un cambiamento epocale”.
Ma sarebbe da spiegare ai cittadini come mai dei 65 moduli abitativi di proprietà del Comune ne sia stato rimosso solo uno.
Forse perchè — fa notare Zuinisi — non si sa nemmeno di chi siano gli altri.
C’è il dubbio infatti che alcuni moduli siano stati acquistati con i fondi distratti durante il periodo di “Mafia Capitale” e per questo domani mattina Simonetta Lanciani, presidente della Cooperativa Isola Verde (che fino a sabato ha gestito il campo) sarà ascoltata come persona informata sui fatti dalla Procura di Roma.
Per scongiurare il peggio l’Associazione Nazione Rom chiederà domani ai PM il sequestro del Camping River. L’obiettivo è quello di arrivare alla nomina di un commissario di gestione per consentire il funzionamento del campo.
Secondo il MoVimento 5 Stelle di Roma “i dati iniziali lasciano ben sperare nella riuscita del progetto” di superamento del campo rom. Perchè il fatto che dopo mesi di lavoro “svolto lontano dai riflettori dei media” e soprattutto “a diretto contatto con il territorio” il 30 settembre una famiglia su 94 ha lasciato il campo. Tutti gli altri — sottolinea il trionfante comunicato stampa — hanno firmato “la richiesta di adesione al progetto”.
Firma che — come hanno denunciato Associazione Nazione Rom e Associazione 21 Luglio — è arrivata dopo forti pressioni da parte degli uffici comunali nei confronti dei residenti del campo, il tutto senza ascoltare le rappresentanze di Rom, Sinti e Caminanti.
Fin’ora il Comune non ha saputo dare una risposta ai residenti del campo ma siccome la delibera di luglio prevedeva la chiusura del River “entro tre mesi” si è deciso di procedere ugualmente.
Risulta al momento che solo una minoranza delle famiglie del Camping non ha i requisiti per rientrare nel piano di accoglienza del Comune ma dopo gli accertamenti della Guardia di Finanza, che dovevano servire ad individuare le famiglie “fragili” i residenti del River sono stati abbandonati a loro stessi.
Carlo Stasolla riferisce che «solo una metà dei nomadi sono stati chiamati dal Dipartimento per capire quale sistemazione potevano trovare.
Ad oggi, non c’è una soluzione. Sono previsti al massimo 800 euro per nucleo come rimborso, ma non sarà certo facile per persone che hanno un Isee uguale a zero trovare chi affitta loro una casa».
E per tutti lasciare “i vecchi moduli” significherà sostanzialmente trasferirsi in nuovi moduli acquistati con il contributo del Comune.
Moduli che saranno posizionati “altrove”, molto probabilmente in altri campi, magari in quelli non autorizzati.
Zuinisi denuncia che il nuovo status dell’insediamento del Camping River desta preoccupazione anche tra i residenti del XV Municipio. Il fatto che ora sia ufficialmente un campo non autorizzato e che quindi gli abitanti siano senza acqua e assistenza spaventa gli abitanti del quartiere che temono che si possa venire a creare una situazione esplosiva come quella di Castel Romano dove le Associazioni da tempo denunciano il diffondersi di malattie e l’aumento costante della mortalità .
Della questione di Castel Romano si è interessato anche il Ministero della Salute e Zuinisi ha denunciato Virginia Raggi — che in qualità di sindaca è la massima autorità sanitaria del Comune — per omissione di soccorso.
Non si spiega infine come mai l’Amministrazione abbia deciso di iniziare a “superare” i campi Rom proprio dal Camping River, inserito all’ultimo nel Piano che riguardava inizialmente solo i campi de La Barbuta e de La Monachina.
(da “NextQuotidiano“)
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Ottobre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
ESCLUSA LA LISTA “UNIONE CRISTIANA”
“Ricorreremo al Tar contro la decisione dell’Ufficio centrale elettorale della Regione siciliana presso
la Corte d’Appello di Palermo di escludere Unione Cristiana dall’appuntamento elettorale regionale del 5 novembre, solo perchè nel suo contrassegno è rappresentata una croce”.
A dirlo è il senatore di Forza Italia e presidente di Unione Cristiana, Domenico Scilipoti Isgrò, per il quale lo stop al simbolo è “una decisione inaccettabile poichè si inserisce in un clima culturale pericoloso che si sta diffondendo soprattutto nel nostro Paese. Non permetteremo che le Istituzioni nazionali e locali favoriscano il laicismo, ostacolando così la partecipazione dei cristiani, che costituiscono il 98 per cento della popolazione italiana, alla vita pubblica”.
“Ci prepareremo anche alle elezioni parlamentari, come ribadiremo durante il prossimo congresso nazionale di Unione Cristiana che si terrà il 25 novembre a Roma, in difesa della sana laicità dello Stato” conclude.
(da agenzie)
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Ottobre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
300.000 ASSOCIAZIONI, 7 MILIONI DI OPERATORI, UN MILIONE DI LORO RICEVE UNO STIPENDIO DA 400 A 1200 EURO
“Prima con i pompieri, poi da 18 anni alla Croce Bianca di Bressanone. Una volta alla settimana, dalle 7 di sera alle 7 della mattina dopo. Non lo sento come un lavoro, siamo un bellissimo gruppo di amici. Penso di aver salvato la vita almeno a due persone e una madre ha chiamato suo figlio con il mio nome», racconta Stefan Brà¼gger, 42 anni, di professione elettricista-manutentore.
Valeria Mazerti è volontaria all’Auser di Mirandola: «Tre ore tutte le mattine, da lunedì a venerdì. Sono andata in pensione e ho iniziato. Trasportiamo anziani, malati, disabili. C’è sempre qualcosa da fare. Ti senti utile, si riceve molto più di quello che si dà ».
Maurizio Debanne, 36 anni e due figli piccoli, lavora al centro accoglienza Intersos di Roma: «Mettere in circolo qualcosa di positivo nella mia città , alleviare la sofferenza di qualcun’altro mi fa sentire appagato. In questi anni nel nostro centro sono passati 4500 minori stranieri non accompagnati, che significa completamente soli. Penso a Sayed e sono felice: per non essere arruolato dai talebani è scappato dall’Afghanistan nascosto in un Tir. Oggi è iscritto a Scienze Politiche».
«Il numero delle persone che hanno bisogno aumenta e le nostre responsabilità crescono. Servono prospettive lunghe, la politica invece pensa a breve termine, a soluzioni spettacolari, buone per la tv o per i social», dice Maurizio Mulas, 59 anni, docente di Scienze della natura all’Università di Sassari e responsabile del settore progetti dell’organizzazione non governativa sarda Osvic, attenta alla tutela del territorio e alle prospettive di lavoro che offre.
Sono 6.630.000 milioni i nostri connazionali attivi nel mondo del volontariato, organizzati in 300.000 associazioni.
Se tutti assieme decidessero di smettere, l’Italia si fermerebbe, come per una improvvisa paralisi, oppure esploderebbe di tensioni, di conflitti, di dolore.
Un milione di loro riceve uno stipendio, che nella media varia dai 400 ai 1200 euro mensili, gli altri offrono gratuitamente il proprio tempo, le proprie competenze.
In larghissima parte i volontari sono pensionati o lavoratori occupati; i disoccupati rappresentano una netta minoranza.
Dallo scorso luglio questo esercito di persone, una realtà censita dall’Istat soltanto a partire dal 2001 e che costituisce un’imponente realtà economica — 75 miliardi all’anno di fatturato — ha una nuova legge.
Prima industria del Paese
«Lo chiamano Terzo Settore, dopo lo Stato e l’impresa privata, ma ormai è il primo. Dà forma e sostanza al principio costituzionale della solidarietà , sostiene la coesione sociale, combatte la disgregazione e la disperazione, rappresenta un’importante realtà occupazionale», dice Luigi Bobba, sottosegretario al Ministero del lavoro e promotore della legge.
E chi imbroglia, chi lucra sulle somme che riceve dagli enti pubblici? «Abbiamo istituito un registro unico per tutte le associazioni. Grazie alla trasparenza e ad una chiara rendicontabilità , non potranno più esistere delle zone opache».
Del Terzo settore — precisa il testo della legge – possono far parte tutte le associazioni che perseguono «senza scopo di lucro finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale e che promuovono e realizzano attività di interesse generale mediante forme di azione volontaria e gratuita o di mutualità o di produzione e scambio di beni e servizi».
2 miliardi per i migranti
L’accoglienza ai migranti muove circa 2 miliardi all’anno, in gran parte affidati alle cooperative, alle Misericordie, alla Croce rossa.
Somme impiegate per offrire assistenza e integrazione, o per ridurre al minimo i costi di gestione e gonfiare al massimo gli utili? «Si va da situazioni di collaborazione tra Comuni e organizzazioni che utilizzano fino in fondo il contributo pubblico e ottengono ottimi risultati, ad altre dove i prefetti pur di liberarsi del problema affidano centinaia di rifugiati a cooperative nate da qualche settimana, prive di competenze e con obiettivi dubbi», dice Carlo Borzaga, presidente dell’istituto di ricerca Eurispe. «Ogni impresa ha una funzione sociale, basti pensare all’occupazione che crea, ma la differenza è semplice. L’impresa profit tende a massimizzare l’aspetto economico, il guadagno, invece per l’impresa sociale — o non profit — il vincolo è la socialità . Generiamo valore sociale, senza pesare sul bilancio dello Stato, senza andare in perdita e senza distribuire utili».
Felice Scalvini è presidente di Assifero, l’associazione che raggruppa circa 90 enti filantropici italiani, tutti privati: fondazioni familiari, di impresa, legate a comunità locali, o di “filantropia istituzionale”, come l’Associazione per la ricerca sul cancro, la prima in Italia a usufruire delle donazioni del 5 per mille; possibilità ora estesa a tutte le associazioni del Terzo Settore.
Assifero eroga 300 milioni di euro all’anno: «In un’epoca di inedita concentrazione della ricchezza nelle mani di pochi privati, di finanziarizzazione dell’economia e di contrazione delle prestazioni pubbliche, abbiamo un effetto volano sul benessere della società ».
Anche l’ospedale San Raffaele di Milano era un’impresa sociale. E’ andato in dissesto, alcuni manager hanno sottratto circa 50 milioni di euro e sono stati condannati con sentenza passata in giudicato. Come è stato possibile?
«Il San Raffaele, come altre imprese sociali, non aveva l’obbligo di depositare i bilanci. La non trasparenza genera il malfunzionamento, o peggio. Con la nuova legge non sarà più possibile».
Qual è la vostra forza?
«Riusciamo ad operare in modo meno burocratico, che è il limite dell’azienda pubblica. Possiamo risolvere problemi che nè lo Stato, nè il mercato riescono a risolvere. Non serve il gesto una tantum, occorre dotarsi di strategie per svolgere in modo continuativo la propria azione, generando lavoro, ricchezza, non solo assistenza».
Orario di lavoro
Massimo Bray, presidente della Fondazione Salone del Libro di Torino che, come tutti i tanti festival culturali italiani, non potrebbe vivere senza il lavoro di migliaia di volontari, quasi sempre studenti, ragiona in prospettiva: «In tempi brevi la tecnologia e la robotica faranno perdere molti posti di lavoro. Lavorare quattro giorni la settimana e dedicarne uno all’assistenza, all’ambiente, alle tante esigenze del territorio potrà diventare una risposta positiva a questa emergenza. Creare un senso di comunità che abbiamo perduto e che ci ha spinto a un individualismo sfrenato, è un’urgenza etica e sociale. La bravura della politica sarà arrivare prima e non troppo tardi».
E’ passato quasi un secolo dall’uscita di Possibilità economiche per i nostri nipoti, il breve saggio di John Maynard Keynes, scritto nel 1930, mentre gli Stati Uniti attraversavano la Grande Depressione, nel quale l’economista americano già intravvedeva questo scenario e giudicava necessaria una diffusa riduzione dell’orario di lavoro.
Nel suo ufficio Valeria Maserti sta verificando se uno dei tre pulmini dell’Auser di Mirandola sia disponibile per accompagnare all’ospedale un malato e rispettare l’orario della terapia.
Doveva pensarci il figlio, ma ha avuto un imprevisto al lavoro e adesso il tempo stringe. «Più si va avanti, più serviamo, ma si fa fatica a trovare persone nuove. Bisognerebbe rendere obbligatoria questa esperienza per tutti i lavoratori e tutti gli studenti, per capire come vive chi soffre».
Pullmino trovato, problema risolto. Valeria è soddisfatta. «Capisce perchè è facile entrare nel mondo del volontariato, ma molto difficile uscirne?».
(da “La Stampa”)
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Ottobre 2nd, 2017 Riccardo Fucile
LA GARANZIA DEL SECONDO EMENDAMENTO, IL DIRITTO AD AVERE UN’ARMA, E’ ANACRONISTICA E SUPERATA
In attesa di capire le motivazioni della strage di Las Vegas, di sicuro non si sbaglia a dire una cosa: se
finalmente gli Stati Uniti si decidessero a limitare la vendita delle armi, queste tragedie diventerebbero più difficili e forse più rare.
Non sarebbe l’unico rimedio, perchè insieme andrebbero gestite le questioni delle malattie mentali, dell’emarginazione sociale, dell’odio razziale, delle divisioni politiche, mentre nel caso degli attacchi terroristici ci sono altre dinamiche in atto. Però sarebbe certamente un primo passo utile.
In America ci sono oltre 300 milioni di armi, ossia più di una per abitante.
Pistole, fucili, ma anche strumenti di morte automatici e da assalto pensati per la guerra.
Costruirle e venderle è legale a causa del Secondo emendamento della Costituzione, che garantisce il diritto dei cittadini ad avere armi.
La logica di questo provvedimento, però, è ormai completamente superata e anacronistica. I padri fondatori lo inserirono nella Costituzione perchè gli Usa erano nati da una rivoluzione contro la monarchia britannica, e temevano che Londra cercasse di riconquistare con la forza l’ex colonia.
A questo punto però è abbastanza chiaro che la regina Elisabetta non sta pianificando l’invasione degli Stati Uniti, e quindi il Secondo emendamento non ha più alcuna necessità di esistere.
Nel corso degli anni, il secondo elemento che si era aggiunto a giustificare la sua esistenza era l’illegalità diffusa nel Paese.
Gli Usa erano una terra di frontiera e di conquista, e in regioni come il Far West la legge era spesso un’opinione. Quindi le persone avevano bisogno di difendersi, e avevano usato il Secondo emendamento per poter comprare le armi.
Anche questa motivazione, però, è svanita. L’America resta un Paese spesso violento, ma ormai il rispetto della legge è assicurato dalle forze dell’ordine federali come l’Fbi, e da quelle locali che esistono in ogni città , contea e stato.
La gente non ha più bisogno di armarsi per proteggersi.
Anzi, sarebbe molto più sicura se in giro non ci fossero così tante pistole e fucili, che finiscono nelle mani di squilibrati, odiatori di professione e criminali.
Per quale ragione, ad esempio, un uomo di 64 anni come Stephen Paddock doveva e poteva avere una decina di fucili?
Gli inquirenti ora stanno cercando di capire se le aveva comprate legalmente, e se le avesse ottenute violando le regole, i produttori saranno rapidi a sostenere che le regole e le limitazioni in vigore bastano, ma il problema è che non vengono applicate. Questo però è un argomento che serve solo a difendere i loro interessi, perchè se le armi fossero vietate non ci sarebbe neppure il bisogno di discuterne.
Infatti i titoli delle loro aziende sono subito saliti in borsa, prevedendo nuovi affari stimolati dalla paura.
La verità è che la lobby dei produttori, la National Rifle Association, è così forte, da tenere in pugno gli stessi politici. In particolare i repubblicani, ma anche diversi democratici.
Sfrutta bene pure il tema culturale, sostenendo che gli americani hanno sempre avuto la libertà di armarsi, e lo stato non deve impicciarsi delle loro scelte private. E così continuano le stragi, qualunque siano le loro motivazioni.
L’ex presidente Obama aveva cercato di limitare le vendite dopo il massacro nella scuola di Sandy Hook, ma nemmeno la morte di tanti bambini innocenti era bastata a sbloccare il dibattito.
Il nuovo capo della Casa Bianca Trump sostiene il Secondo emendamento della Costituzione senza limiti o compromessi, e infatti non lo ha citato nel suo discorso di condoglianze, anche perchè se non lo difendesse perderebbe di sicuro le prossime elezioni.
Quindi chi vorrà andare in strada ad ammazzare qualcuno continuerà ad avere la possibilità e il diritto di comprare le armi per fare strage.
(da “La Stampa”)
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