Ottobre 11th, 2017 Riccardo Fucile
SI PROCEDERA’ SE NON VERRA’ CONFERMATO L’HABEAS CORPUS PREVENTIVO RICHIESTO DALLA DIFESA
Il presidente del Brasile Michel Temer ha deciso di revocare lo status di rifugiato politico a Cesare Battisti e di procedere con l’estradizione se la Corte suprema federale (Stf) non confermerà l’habeas corpus preventivo richiesto dalla difesa di Battisti.
La difesa di Battisti aveva presentato lunedì una nuova istanza alla Corte, chiedendo di sospendere qualsiasi procedura che abbia come scopo l’estradizione, l’espulsione o la deportazione dell’ex membro dei Proletari armati per il comunismo (Pac), fino a che non venga analizzato l’habeas corpus presentato dalla stessa difesa di Battisti a fine settembre, prima dell’arresto dell’italiano a Corumba’.
Lo scorso 5 ottobre, a seguito dell’arresto, la difesa aveva presentato, e ottenuto, un nuovo habeas corpus dal Tribunale Federale Regionale di San Paolo, grazie al quale Battisti era stato rilasciato.
Secondo gli avvocati di Battisti, una decisione del genere da parte del presidente Temer sarebbe passibile di irreversibilita’.
Il relatore del caso è il ministro Luiz Fux, che non ha ancora iniziato l’analisi dell’habeas corpus. I legali sottolineano che la decisione e’ stata presa dopo che sulla stampa brasiliana e’ trapelata la notizia che il governo stesse lavorando per permettere l’espulsione di Battisti dal Paese.
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 11th, 2017 Riccardo Fucile
NEL VOTO SEGRETO SAREBBERO NECESSARI 127 FRANCHI TIRATORI PER AFFOSSARE IL ROSATELLUM
Il governo incassa le prime fiducie sul Rosatellum bis tra le proteste in piazza e un’Aula pressochè vuota.
Sono stati poco oltre 300 i voti a favore: la fiducia è passata grazie ai sì di PD, AP e le altre forze che sostengono l’esecutivo.
Non hanno invece partecipato al voto gli altri sottoscrittori del patto sulla legge elettorale, Forza Italia e Lega, che però daranno entrambe il via libera finale alla riforma, così come i verdiniani e i fittiani.
Domani terzo ed ultimo voto di fiducia, poi in serata il voto finale.
Ed è il voto finale l’ultimo ostacolo prima del sì alla legge e del suo passaggio in Senato, dove probabilmente lo schema sarà ripetuto.
Scrive l’ANSA che i partiti che sostengono il Rosatellum Bis sulla carta hanno numeri “bulgari”: 441 voti alla Camera con cui affrontare l’insidioso voto finale sulla legge.
In particolare, il PD conta 283 deputati (ma 3 hanno detto che non voteranno la legge), AP ne ha 22, 19 la Lega, 14 Civici ed Innovatori, 50 Forza Italia, 6 le Minoranze linguistiche, 17 Scelta Civica-Ala, 12 Des-Cd, 11 Direzione Italia, 6 l’UDC e 4 il PSI.
In totale sono appunto 441.
Il Fronte del No conta invece su 164 voti: 43 sono di MDP, 11 di FDI, 88 di M5S, 17 di SI, 5 di Alternativa libera. Altri deputati del gruppo misto non si sono pronunciati.
L’attenzione, spiega l’agenzia, è tutta puntata sull’ultimo voto della maratona che si concluderà domani, quello per approvare la legge nel suo complesso: oltre a non essere coperto dalla fiducia (alla Camera il regolamento lo vieta), quasi sicuramente si svolgerà a scrutinio segreto (basterà che 30 deputati lo chiedano e la presidenza dovrà concederlo). E’ quella, dunque, l’occasione in cui i franchi tiratori potrebbero colpire.
Conti alla mano, se tutti i deputati parteciperanno al voto finale (tutti tranne la presidente della Camera, che per prassi non vota mai), per affossare la legge bisognerebbe che almeno 127 deputati cambiassero idea e trasformassero i loro sì in altrettanti no: i 441 voti del fronte del sì diventerebbero 314 e il Rosatellum sarebbe morto: a patto, però, che tutti gli altri deputati votassero no e nessuno si astenesse.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 11th, 2017 Riccardo Fucile
PROF, MANAGER, MORTI PER LEGGE: I TERRORISTI MILANESI LATITANTI DI CUI NESSUNO PARLA… AZIENDE MILIONARIE, CASE ESCLUSIVE A PARIGI, TRAFFICI DI COCAINA IN SUDAMERICA
Un palazzo d’inizio Novecento a Montmartre e una voce maschile che risponde in francese alla segreteria telefonica; la presentazione dell’anno 2014-2015 di un liceo cattolico vicino al jardin du Luxembourg e, nel ruolo di vice-preside e capo dei docenti d’informatica, un italiano dal doppio cognome: Ceriani Sebregondi.
Ovvero Paolo Ceriani Sebregondi, nobile, figlio di una coppia di grandi ed eroici partigiani, killer delle Brigate rosse, da tempo latitante a Parigi.
Anche se preferisce non farsi trovare o comunque non lasciare tracce profonde, per lui il passato è chiuso.
Non per la giustizia italiana e i famigliari delle vittime: Ceriani Sebregondi è uno degli otto milanesi nell’elenco dei trentasei terroristi che chiusero i loro «anni di piombo» scappando all’estero. Per sfuggire alla galera e spesso agli ergastoli.
Otto uomini. Ufficialmente ancora ricercati.
Pallettoni da cinghiale
Nell’elenco, il quarto in ordine alfabetico è Cesare Battisti, di recente arrestato al confine tra Bolivia e Brasile, dove s’era rifugiato, e forse ancora lontano dall’estradizione per l’ennesima volta.
In quella lista, subito prima di Battisti c’è Maurizio Baldasseroni, 66 anni (quattro in meno di Ceriani Sebregondi), deceduto oppure no.
Assassino di Prima linea, Baldasseroni era stato condannato per la strage a Milano in via Adige: tre clienti uccisi il primo dicembre 1978 in un locale con revolver e fucili a pompa caricati a pallettoni per cinghiali; un’azione considerata «inopportuna» perfino da quella stessa formazione eversiva e sanguinaria, che infatti li aveva «espulsi».
Per la legge italiana, il pluri-assassino è stato dichiarato defunto. Ma manca la prova che «certifichi» la morte.
Baldasseroni, che in via Adige operò con Oscar Tagliaferri, ugualmente sparito e latitante, era stato a lungo in Sudamerica e sembra che in Perù si fosse messo nel traffico di droga.
Dopo un primo arresto, era tornato in libertà fino a una seconda cattura, ancora in Perù. Ma la polizia di Lima aveva annunciato il buon esito dell’operazione salvo far sapere che Baldasseroni non era uno di quelli in cella.
L’imprenditore
Le esistenze dei terroristi latitanti seguono un doppio binario. L’allontanamento per appunto in Sudamerica oppure una tranquilla quotidianità appena oltreconfine, nella Francia e beneficiando della «dottrina Mitterand», che concesse il diritto d’asilo anche agli autori di crimini efferati.
Quello di Ceriani Sebregondi, a capo del commando che l’8 novembre 1978 uccise il procuratore capo di Frosinone Fedele Calvosa insieme all’agente di scorta e all’autista, non è l’unico caso.
Ermenegildo Marinelli, nato a Desio il 25 settembre 1956 e appartenente al Movimento comunista rivoluzionario, s’è riciclato con una carriera da imprenditore. La sua «pista» conduce a Vincennes, cittadina di 50mila abitanti e Est di Parigi, e a una società che si occupa di commercio all’ingrosso.
Le «informazioni commerciali» su Marinelli, che durante la stagione terroristica ebbe dei covi a Monza, non hanno riscontri «attuali».
Significa che magari si è ritirato dall’attività o che riposa in un cimitero. Difficile dirlo.
Come per Sergio Tornaghi, elemento di quella colonna Walter Alasia delle Br che mietè vittime (il direttore sanitario del Policlinico Luigi Marangoni e il maresciallo di San Vittore Francesco di Cataldo). E come Franco Coda, uno dei fondatori di Prima linea.
La visita ai fratelli
Manca l’esattezza temporale, comunque collocata a 25-30 anni fa.
Quando Coda, come ricorda l’avvocato che ha seguito la famiglia, dall’estero comparve a Milano per affidare ai due fratelli una «procura» relativa all’eredità di un appartamento. Come arrivò, sparì.
Anche per Coda, classe 1953, è giunta la dichiarazione dello Stato: «Morto». L’atto è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale.
La biografia criminale lo colloca in cima ai principali nemici: «Massimo esperto di esplosivi, Franco Coda è uno dei più pericolosi terroristi ancora latitanti».
Le indagini e le sentenze lo collegano all’omicidio dell’agente Fausto Dionisi, assassinato nella rivolta al carcere delle Murate di Firenze, il 20 gennaio 1978, durante un tentativo di evasione di detenuti di Prima linea.
Spagna, Brasile, Venezuela e Cuba sono soltanto quattro dei luoghi dove Coda potrebbe aver vissuto e vivere tutt’oggi. I suoi fratelli hanno smesso di cercarlo.
Lui, nel 1985, inviò una lettera alla mamma di Dionisi per chiedere perdono e dissociarsi dal sangue versato. Parole non seguite da nessun gesto.
C’è una sorta di comandamento che accomuna questi terroristi all’estero: godersi il presente, indipendentemente dalle tragedie commesse. E di questa scelta, Alvaro Loiacono Baragiola, nato in città nel 1955 e brigatista di «primissimo livello», è stato il massimo interprete.
Il «cecchino» modaiolo
Loiacono Baragiola (quest’ultimo è il cognome della mamma) è stato uno dei killer preferiti dai vertici delle Brigate rosse.
Meticoloso, glaciale, giudicato «un vero cecchino», è stato condannato per la strage di via Fani e coinvolto nelle indagini per l’assassinio dello studente di destra Miki Mantakas e del giudice Girolamo Tartaglione.
Nel 1988, Loiacono Baragiola fu stanato dalla polizia cantonale e dai carabinieri di Milano in un bar a otto chilometri da Lugano. Non faceva niente per passare inosservato, convinto che la seconda cittadinanza svizzera l’avrebbe protetto. Aveva ragione.
Utilizzò la potenza dei soldi e la rete di relazioni della famiglia: nella lussuosa villa della madre, si scoprì in seguito, vennero organizzati party a base di rosè del ’77 con fra gli invitati influenti membri del Consiglio di Stato.
La permanenza in prigione fu una parentesi istantanea. Scarcerato, preferì scomparire. Amante di belle compagnie e vestiti di lusso, Loiacono Baragiola tornò «pubblico» nel 1990, quando la giustizia italiana lo (ri)trovò su una spiaggia della Corsica. Investigazioni vane: il brigatista non fu estradato.
Il «nuovo gotha»
Formatosi in Lotta continua e divenuto uno dei «soldati» di Prima linea comandati da Sergio Segio, il 61enne Massimo Carfora è l’ottavo della lista di milanesi nell’elenco dei terroristi latitanti.
Nel gennaio 1983, messo a segno l’arresto dello stesso Segio, uno degli ultimi presunti grandi inafferrabili, polizia e carabinieri milanesi classificavano Carfora nel gruppo, «apparentemente di secondo piano agli occhi dell’opinione pubblica», che contava «pedine di rilievo nel nuovo Gotha del terrorismo».
Carfora abita a Parigi. Gode d’ogni privilegio da uomo libero quale è.
Ha avviato una società editrice e nel 2016 ha fatturato un milione e seicentomila euro.
(da “il Corriere della Sera”)
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Ottobre 11th, 2017 Riccardo Fucile
AL CAMERAMAN DEL “CORRIERE” : “SEI UN AGENTE IN BORGHESE?”
Rieccolo. Megafono in mano, davanti a Montecitorio, chiedendo la liberazione dai parlamentari “tutti abusivi”, il generale Pappalardo è rientrato sulla scena politica, che ha calcato con abiti di diverse stagioni.
La divisa dell’Arma, che rivendica anche in queste ore di proteste di piazza.
“Sono un carabiniere, voglio il ripristino della legalità ”, dice, annunciando un sit-in ad oltranza finchè non ci sarà lo scioglimento del Parlamento come “esecuzione della sentenza della Corte Costituzionale”.
“Ho dato notizia al responsabile della sicurezza pubblica della decisione del popolo sovrano di fare eseguire la sentenza nei confronti degli abusivi. Noi non ce ne andiamo di qui fino a che la sentenza non venga eseguita», grida da quella piazza che in realtà , legalmente, spettava alla Lega, autorizzata a protestare in favore del referendum per l’autonomia.
Ma Pappalardo ha indossato anche i panni del sindacalista, guidando a più riprese il Cocer dei carabinieri. Del parlamentare, quando, dopo aver occhieggiato all’ex Msi, voltò le spalle a Gianfranco Fini ed entrò a Montecitorio con i voti del Psdi.
Dell’aspirante sindaco, che fallà l’obiettivo, facendo un magro raccolto di voti.
E del sottosegretario da cui dovette dimettersi a causa dei guai giudiziari procuratigli dalla sua verve accusatoria colorita che aveva rivolto contro i vertici dell’Arma.
Via via fino all’ultima veste: quella di leader del Movimento Liberazione Italia da lui stesso fondato, ed erroneamente definito nell’alveo del Movimento dei Forconi.
In realtà è dall’inizio dell’estate che Pappalardo è entrato in rotta di collisione con Danilo Calvani e gli altri leader del Movimento dei contadini arrabbiati.
Anche per loro erano divenute troppo indigeste le sue uscite plateali che impazzano sul web. Dalle arringhe contro i “cialtroni” della politica a quella che ha suscitato più sconcerto, “l’arresto” di Osvaldo Napoli (Fi).
Un attivismo che ai più sospettosi tra gli esponenti dei Forconi ha fatto ricordare quelle voci messe in giro sul suo conto, di vicinanza ai servizi. Cosa che, nella paranoia pre-elettorale del timore degli infiltrati, ha influito non poco nel divorzio con il movimento.
Baffoni da don Peppone e sguardo luciferino, Antonio Pappalardo però tira dritto.
Ribalta le accuse: “Io sono libero come l’aria. Non come taluni Forconi”, dichiara nei suoi post su Youtube. E denuncia di essere “sorvegliato dalla Digos”.
Diffida il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, che non scioglie le Camere. E punta il tutto per tutto, chiedendo la rimozione dei parlamentari “abusivi”.
E giù slogan, tamburi, fischietti, grida di “ladri-ladri”.
Un clamore che ha attirato in piazza anche il Cinquestelle Alessandro Di Battista, subito acclamato da Pappalardo: “I cinquestelle sono nostri fratelli. se vorranno unirsi alla nostra battaglia li accoglieremo a braccia aperte, ma devono uscire da questo parlamento di abusivi».
Ma appena il deputato M5S ha prenso il megafono e ha citato a mo’ di esempio di “schifo”, Mussolini (”con la legge acerbo e De Gasperi con la legge truffa hanno messo la fiducia sulla legge elettorale”), è partita una raffica di fischi e di accuse: “Buffoni, dovete uscire, abusivi, ladri”.
Sereno il commento di Di Battista: “Dei fischi di Pappalardo non me ne frega niente”.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Ottobre 11th, 2017 Riccardo Fucile
DA IERI E’ CAPO DEL GOVERNO PROVVISORIO: GLI ITALIANI DEVONO SAPERE DI AVERE UN NUOVO ESECUTIVO LEGITTIMO E NON ABUSIVO
Antonio Pappalardo, ex generale dei Carabinieri ed ex parlamentare, ieri mattina è stato eletto a capo del Governo Provvisorio.
È stata una decisione storica, un centinaio di persone (il POPOLO SOVRANO) hanno eletto all’unanimità e per acclamazione diretta il Primo Governo Legittimo.
Chi credeva che il Popolo Sovrano fosse tutto il popolo italiano si sbagliava. Così come le manifestazioni di piazza ora si chiamano “rivoluzioni” ora la nuova lingua rivoluzionaria prevede che ai manifestanti ci si riferisca parlando di Popolo Sovrano
10 ottobre 2017: nasce il primo governo Pappalardo
Contestualmente sono stati presentati ed acclamati i ministri, tra cui un omeopata che è diventato Ministro della Salute e della ricerca scientifica.
Pappalardo ha ribadito più volte durante il procedimento di votazione che l’elezione dei componenti del Governo Legittimo di fatto “annullava” le cariche dei ministri del governo Gentiloni.
Il Popolo sovrano ha accolto festante la notizia con gridolini di giubilo. Qualcuno evidentemente ci crede davvero a questa farsa.
La premessa di questa rivoluzione è infatti che il Parlamento (e di conseguenza il governo) sono illegittimi e che quindi bisogna procedere allo scioglimento delle Camere.
Un mese fa Pappalardo, durante la precedente rivoluzione, aveva fatto notificare l’avviso di sfratto. Che in teoria avrebbe dovuto diventare esecutivo proprio ieri. Ma una volta giunti a Montecitorio i rappresentanti del Governo Legittimo hanno scoperto che i lavori del Parlamento continuavano come da ordine del giorno.
Non solo: quando Alessandro Di Battista è uscito ad arringare la folla nessuno lo ha arrestato. La cosa ha lasciato stupiti gli astanti perchè il Generale aveva promesso e giurato che tutti i parlamentari sarebbero stati arrestati e consegnati alle forze dell’ordine.
Pappalardo su Facebook ha spiegato che erano troppo pochi, appena 500 quando in realtà avrebbero dovuti essere molti di più: 5000 almeno. Ma il popolo preferisce andare alle partite di calcio e da Vasco Rossi. VERGOGNA!
Pappalardo non molla: oggi i rivoluzionari sono in piazza, mescolati a quelli del M5S che in queste ore sta protestando contro il Rosatellum.
Il problema principale però al momento sembrano essere i leoni da tastiera. Dopo i miserabboli e i giuda venduti alla Digos il Popolo Sovrano scopre di avere un altro nemico: quelli che non vanno in piazza a fare la rivoluzione.
Per paura di perdere il posto o che qualcuno nella notte tentasse di spostare Palazzo Montecitorio con dentro gli abusivi i Popolo Sovrano della rivoluzione di Pappalardo hanno passato la notte all’addiaccio.
Una decina di rivoluzionari ha sfidato i ratti romani e ha coraggiosamente pernottato su dei cartoni in Piazza Montecitorio.
Ci pare già di sentirli mentre si lamentavano dei lussi concessi agli immigrati, che se ne stanno sicuramente al calduccio nelle loro stanze d’albergo con WiFi.
Nel frattempo una delle ministre del Governo Legittimo, nonchè amministratrice della pagina Facebook del Popolo Unico, invitava tutti i romani e gli italiani ad essere presenti in piazza oggi.
Qualche eroe questa mattina stava ancora presidiando la piazza ma i soliti reazionari al soldo delle lobbies hanno imposto ai Popolo Sovrano di liberare l’area perchè era in programma un’altra manifestazione.
Con grande delusione i rivoluzionari hanno dovuto fare spazio ai manifestanti contro il Rosatellum. Chissà se anche loro vengono considerati del Popolo Sovrano o no.
Ma perchè è così importante? La rivoluzione non era ieri?
Il problema è che ieri tutto quello che Pappalardo è riuscito a fare si è limitato alla consegna di un altro ultimatum al Parlamento.
Se quello di settembre era l’ultimo avviso ai parlamentari quello di ieri è l’ultimissimo.
È un po’ come quando si conta fino a tre ma poi ci si trova a contare anche l’uno e un quarto, il due e mezza e così via nella speranza che l’altra parte smetta di riderci in faccia e inizia a prenderci sul serio.
Pappalardo però è soddisfatto, gli abusivi del Parlamento illegittimo hanno consentito una proroga alla manifestazione.
Una grande vittoria del Popolo Sovrano cui è stato anche concesso di consegnare il proprio ultimatum. Di più non si poteva fare e il Generale ha invitato i suoi “ad andare via un quarto d’ora prima” della fine della rivoluzione.
Al M5S Pappalardo ha rivolto un appello speciale: “uscite fuori e dimettetevi e abbiamo vinto”. Al momento però non risulta che i deputati del MoVimento 5 Stelle abbiano accettato l’invito.
(da “NextQuotidiano”)
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Ottobre 11th, 2017 Riccardo Fucile
ECONOMIA ILLEGALE E SOMMERSA PARI A 208 MILIARDI DI “NERO”… 3.700.000 PERSONE LAVORANO IRREGOLARMENTE
In calo la “sottodichiarazione“, leggi evasione fiscale realizzata dalle imprese dichiarando redditi più bassi di quanto siano in realtà .
In aumento il peso del lavoro irregolare e quello di altre componenti come gli affitti in nero.
Resta stabile intorno all’1% del pil il valore di traffico di droga, prostituzione e contrabbando di tabacco, ma continua ad aumentare la spesa delle famiglie per questi prodotti e servizi illegali: nel 2015 ha toccato i 19 miliardi.
A fare i conti è l’Istat nel report sulla cosiddetta economia non osservata.
Il valore aggiunto generato da sommerso economico e attività illegali è ammontato nel 2015 a 208 miliardi di euro, pari al 12,6% del pil, in calo rispetto al 13,1% del 2014 quando il valore era stimato in quasi 213 miliardi di euro.
In particolare il valore aggiunto generato dall’economia sommersa è ammontato nel 2015 a poco più di 190 miliardi di euro, quello connesso alle attività illegali (incluso l’indotto) a circa 17 miliardi di euro.
Di cui poco meno del 75% arriva dal traffico di stupefacenti: questa attività ha un valore aggiunto di 11,8 miliardi di euro che corrispondono a 14,3 miliardi di consumi delle famiglie.
I nuclei familiari hanno speso in totale 19 miliardi in prodotti o servizi illegali. La cifra è in costante aumento: dai 18,1 miliardi del 2012 è passata a 18,4 nel 2013 e 18,7 nel 2014.
I “servizi di prostituzione”, annota l’Istat, “realizzano un valore aggiunto pari a 3,6 miliardi di euro (poco meno del 25% dell’insieme delle attività illegali) e consumi per circa 4 miliardi di euro”.
Il valore delle attività di contrabbando di sigarette sale a circa 400 milioni di euro, con un aumento di poco inferiore a 100 milioni di euro rispetto al 2014.
Si mantiene invece costante l’indotto connesso alle attività illegali, principalmente riferibile al settore dei trasporti e del magazzinaggio, con un valore aggiunto pari a circa 1,3 miliardi.
La composizione dell’economia non osservata negli ultimi anni si è modificata in maniera significativa, nota l’istituto di statistica.
Nel 2015 la componente relativa alla sottodichiarazione pesa per il 44,9% del valore aggiunto (circa 2 punti percentuali in meno rispetto al 2014).
La restante parte è attribuibile per il 37,3% all’impiego di lavoro irregolare, in aumento rispetto al 35,6% nel 2014: le unità di lavoro irregolari sono stimate in 3,7 milioni, in aumento di 57mila rispetto al 2014. E si tratta in prevalenza di dipendenti. Le altre componenti come affitti in nero, mance e integrazione domanda-offerta valgono il 9,6% e le attività illegali l’8,2% (rispettivamente dall’8,6% e dall’8% dell’anno precedente).
Tra i comparti dove l’incidenza dell’economia sommersa è più elevata ci sono commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (24,6%) e le costruzioni (23,1%).
Il peso della sottodichiarazione sul complesso del valore aggiunto è maggiore nei servizi professionali (16,2% nel 2015) e, ancora, nel comparto commercio, trasporti, alloggio e ristorazione (12,8%) e nelle costruzioni (12,3%).
Mentre la componente di valore aggiunto generata dall’impiego di lavoro irregolare è più rilevante nel settore degli Altri servizi alle persone (23,6% nel 2015), dove è principalmente connessa al lavoro domestico, e nell’agricoltura e pesca, in cui incide per il 15,5%.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 11th, 2017 Riccardo Fucile
L’ORGANO DEI COSTITUZIONALISTI DEL CONSIGLIO D’EUROPA CONFERMA CHE L’ITER SEGUITO PER DECRETARE LA DECADENZA E’ STATO CORRETTO
L’iter seguito in Italia per decretare la decadenza di Silvio Berlusconi da parlamentare è in linea con le condizioni minime di tutela dei diritti umani.
È un parere tutt’altro che positivo per l’ex premier quello arrivato oggi alla corte europea dei diritti umani.
A Strasburgo, infatti, procede l’iter in vista del 22 novembre, giorno in cui è fissata l’udienza per discutere del ricorso di Berlusconi contro la legge Severino.
Un caso delicato per il quale i giudici europei avevano chiesto un parere alla Commissione di Venezia, organo d’esperti costituzionalisti del Consiglio d’Europa.
Dalla lettura delle dieci pagine del documento — che si basa sullo studio delle normative esistenti in 62 Paesi ed elenca i criteri da rispettare in questo tipo di procedure — emergerebbe che l’iter seguito in Italia sarebbe sostanzialmente in linea con le condizioni minime indicate dalla Commissione di Venezia.
Va sottolineano che il parere della Commissione di Venezia, definito in gergo amicus curiae, non ha l’obiettivo di schierarsi a favore o contro una delle parti in causa, ma di fornire informazioni utili ai giudici per valutare il caso.
Il diritto del parlamentare a presentare i propri argomenti, a comparire in persona davanti al Parlamento e a essere assistito da un legale.
La tenuta di un’audizione pubblica, e il carattere pubblico della decisione sulla decadenza del mandato.
Questi sono secondo la Commissione di Venezia i requisiti procedurali che devono essere garantiti negli stati in cui la decadenza del mandato parlamentare non è automatica, ma richiede una decisione del Parlamento perchè divenga effettiva.
Secondo la Commissione questi criteri associati a “una composizione pluralistica della commissione parlamentare chiamata a decidere, e al fatto che questa sia un organo permanente del Parlamento, prevengono il rischio che il potere discrezionale del Parlamento si trasformi in abuso politico”, cioè che si decida la fine di un mandato in assenza delle condizioni legali necessarie.
Nel documento si evidenzia anche che il potere discrezionale del Parlamento italiano (e di quello della Lituania) di decidere contro la decadenza di un mandato anche quando tutte le condizioni legali per farlo sono presenti non richiede l’introduzione di “altre salvaguardie“.
L’organo del Consiglio d’Europa fa esplicito riferimento al caso di Augusto Minzolini: la Giunta per le elezioni e l’immunità parlamentare del Senato aveva raccomandato il 28 luglio 2016 di porre fine al suo mandato ma Palazzo Madama ha votato contro questa decisione il 16 marzo 2017.
“Potere discrezionale tuttavia non significa potere arbitrario”, scrivono i giuristi della Commissione di Venezia, specificando che mentre “il Parlamento può decidere di non mettere fine a un mandato anche quando tutte le condizioni per farlo sono presenti, sarebbe inammissibile e contrario allo stato di diritto se decidesse la decadenza di un mandato quando non vi sono le condizioni legali per farlo”.
E dire che secondo gli stessi legali di Berlusconi, il caso Minzolini doveva essere una carta a favore del loro assistito. Il motivo? “Si tratta di fatti identici trattati in maniera diversa. Porteremo questa decisione immediatamente all’attenzione della corte di Strasburgo“, spiegava l’avvocato Niccolò Ghedini.
E invece all’attenzione dei giudici di Strasburgo c’è per il momento il parere della Commissione di Venezia.
“La legalità è il primo elemento dello stato di diritto — scrivono gli esperti — il che implica che le leggi devono essere rispettate da tutti, individui e autorità ”, e che quindi “l’esercizio del potere da parte di persone che hanno infranto in modo grave la legge mette a rischio questo principio, che è a sua volta un prerequisito della democrazia, e può quindi mettere in pericolo la natura democratica dello stato”.
Fondamentale il passaggio in cui i giuristi della Commissione bocciano l’idea che mettere fine a un mandato parlamentare sia un atto contrario alla volontà del popolo. I votanti di una circoscrizione — spiegano — sono solo una parte dell’intero corpo elettorale dalle cui scelte deriva la composizione del Parlamento.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 11th, 2017 Riccardo Fucile
LA STORIA DEL GESTO DI SOLIDARIETA’ DEL CONDUTTORE… IL PRECEDENTE A FAVORE DI MEDICI SENZA FRONTIERE
Flavio Insinna ha venduto Roxana, la sua barca di 15 metri e ha interamente donato il ricavato di 185 mila euro alla comunità di Sant’Egidio.
Lo scrive nel numero giovedì in edicola il settimanale OGGI, che partendo dall’atto di vendita dello yacht è riuscito a ricostruire tutti i passaggi che hanno preceduto il gesto di solidarietà del conduttore.
Che ha mantenuto la massima riservatezza sulla vicenda.
Già nell’autunno 2015, infatti, Insinna aveva donato Roxana a Medici Senza Frontiere perchè venisse impiegata in mar Egeo, per soccorrere i siriani che in fuga dalla guerra attraversavano sui barconi il tratto tra le coste turche e le isole della Grecia.
Quando quella rotta è stata chiusa Medici Senza Frontiere ha restituito la barca e Insinna ha deciso di venderla a vantaggio della comunità di Sant’Egidio per finanziare un corridoio umanitario che da un anno a questa parte ha permesso di soccorrere e trasferire dal Libano all’Italia alcune famiglie di profughi siriani.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Ottobre 11th, 2017 Riccardo Fucile
LA VITTIMA HA 14 ANNI… E POI C’E’ ANCORA CHI PENSA CHE LA SICUREZZA SIA MESSA IN PERICOLO DA 25 RAGAZZI PROFUGHI CHE STUDIANO PER IMPARARE UN MESTIERE
Non fu violentata una sola volta la ragazzina di 14 anni drogata e stuprata dal padre, 44 anni, lo scorso agosto in Valpolcevera.
Gli abusi furono tre, commessi in due giorni. È quanto emerge dal decreto di giudizio immediato notificato in questi giorni dal pm Giuseppe Longo.
L’uomo, difeso dall’avvocato Leonardo Nicotra, era stato arrestato dagli agenti della squadra mobile due giorni dopo le violenze.
Secondo quanto emerso dalle indagini, il padre era riuscito a ottenere un permesso per vedere la figlia.
L’aveva portata a casa e dopo alcuni minuti l’aveva portata in strada, dove in un vicolo le aveva fatto fumare crack.
Qui aveva abusato di lei una prima volta. Poi l’aveva portata in un deposito rifiuti e aveva violentato ancora la piccola.
Il giorno dopo aveva stuprato la figlia ancora una volta, in casa. La ragazzina era tornata a casa e aveva raccontato tutto alla nonna che aveva chiamato la polizia.
Al momento dell’arresto, il padre aveva negato tutto davanti al giudice per l’udienza preliminare che aveva disposto la custodia cautelare in carcere.
Il processo inizierà il prossimo 17 gennaio.
(da “il Secolo XIX”)
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