Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile
ERNESTO CALOGERO, ARRESTATO NEL 2009 PER COMPRAVENDITA DI DIPLOMI, E’ STATO CONDANNATO A 4 ANNI, MA LA TIPOLOGIA DI REATO NON RIENTRA NELLA LEGGE SEVERINO… LO STAFF DI MUSUMECI: “NON NE SAPEVAMO NULLA”
C’è un altro candidato che risulta condannato in primo grado. 
Si tratta di Ernesto Calogero, ex consigliere provinciale di Catania arrestato nel 2009 nell’ambito di una operazione per la compravendita di diplomi a Gela.
Calogero, candidato nella lista #diventerà bellissima che fa riferimento direttamente a Nello Musumeci è stato condannato nel febbraio 2017 in primo grado a quattro anni ma il reato che gli viene contestato non rientra fra quelli previsti dalla Legge Severino e dunque non è ostativo della sua candidatura.
Ma tanto basta per una nuova polemica politica. Il primo a lanciare l’attacco è stato Claudio Fava “Adesso che il candidato condannato è nella sua lista, cosa dirà Musumeci: non votatelo o non votatemi?” dice Fava, dando notizia della condanna dell’ex Udc Ernesto Calogero.
“Avanti il prossimo! — scrive Cancelleri su Facebook — Mi è appena giunta la notizia. C’è un nuovo condannato nelle liste di Musumeci e questa volta è addirittura nella sua lista personale “Diventerà bellissima” che intanto è diventata impresentabilissima. Si aprono le scommesse sulle scuse che avanzerà questa volta Ponzio Pilato Musumeci.
Il condannato di oggi è Ernesto Calogero. L’ex consigliere provinciale è stato arrestato nel 2009 nell’ambito dell’operazione Atena, inchiesta sulla compravendita di diplomi scoppiata a Gela, e condannato nel febbraio 2017 in primo grado a quattro anni. Si viene a sapere solo oggi e chissà … magari da qui al 5 novembre ne usciranno fuori altri”.
“La credibilità di Musumeci è ridotta a zero — incalza Cancelleri — la sua proposta ai siciliani si sintetizza in 3 punti: impresentabili, Miccichè e Cuffaro. Programmi zero. Peggio di così non si può. Siciliani: il 5 novembre rifiutate chi ha distrutto la nostra terra, andate a votare in massa e accogliete il cambiamento!”
Arriva anche la replica di Ernesto Calogero “La mia posizione di candidato è in linea sia con la normativa vigente sulla candidabilità , con la legge Severino, sia con il codice etico sottoscritto dalla commissione antimafia — dice senza scomporsi l’ex consigliere provinciale dell’Udc.
“La lista #Diventerà Bellissima — spiegano invece dal movimento — ha adottato come criterio il protocollo della Commissione Nazionale Antimafia e tutti i candidati hanno dichiarato la propria posizione come conforme al protocollo. Non ci è bastata l’applicazione della legge Severino e siamo andati oltre. Il candidato Calogero — ricostruiscono — ha presentato un certificato del casellario giudiziale ed un certificato dei carichi pendenti, dai quali non risultava nulla. Non avremmo potuto esigere nulla di più di quello che abbiamo chiesto, ma — confermano da #Diventerà Bellissima — non abbiamo difficoltà a dire che ci saremmo attesi maggiore lealtà . Ciò nonostante il caso segnalato non rientra, lo ribadiamo, nei livelli segnalati dal protocollo che è stato varato anche con il voto del M5S”.
(da “SiciliaOggi“)
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Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile
IDENTIFICATA LA DONNA DELLE MINACCE A DON GIACOMO, TANTO PER CAMBIARE NEANCHE DENUNCIATA
Il classico «Multedo dice no» sulle magliette bianche. Davanti al corteo lo striscione con la frase di Papa Wojtyla «La fiducia non si acquista con la forza».
È una fiaccolata decisamente in tono minore quella partita nelle vie di Multedo verso Sestri Ponente per dire no al centro migranti nell’ex asilo Contessa di Govone.
In tono minore dal punto di vista dei numeri visto che in strada ci sono circa 200 abitanti, meno di un terzo di quanti avevano sfilato nella prima fiaccolata organizzata appena una settimana fa dal comitato abitanti Multedo.
La marcia con i lumini è partita nei pressi del casello autostradale di Pegli, fra la tiepida contestazione di una cinquantina di persone di Genova Solidale pro accoglienza che hanno gridato «vergogna» ai manifestanti.
Il tutto con poca tensione e un traffico bloccato che sta paralizzando la viabilità del ponente genovese.
Identificata la donna dele minacce a don Giacomo
“Ho scritto io il cartello contro don Giacomo. Non volevo minacciarlo ma solo sfogare la mia rabbia”. Lo ha detto stamane alla polizia una donna di Multedo che ha ammesso di avere scritto il cartello trovato ieri sull’ex asilo che accoglie i migranti. Sul cartello, la donna aveva scritto “Forse Don Martino non ha capito? Siamo tutti arrabbiatissimi con lui. La scorta non serve per i migranti”.
Parlando con i poliziotti della Digos, la donna ha aggiunto: “Non sono una violenta, ho scritto quelle parole solo per esprimere la mia delusione per come la Curia e don Giacomo, hanno gestito la vicenda dl centro migranti fra le nostre case”.
Per ora la donna, una casalinga incensurata, non sarà denunciata.
Cosa che sarebbe automatico per gli altri comuni mortali.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile
EMANAZIONE DELLA REGIONE LOMBARDIA, E’ L’ESEMPIO CHE CON L’AUTONOMIA LA SITUAZIONE NON CAMBIA
Il 29 aprile 2011 nascE di Trenord, il secondo vettore ferroviario italiano, società di
proprietà di Regione Lombardia e Fs, che ogni giorno trasporta 750 mila pendolari lombardi.
Secondo la narrazione, Trenord oggi offre il miglior servizio di trasporto pubblico locale in Italia e viene sempre citata dal presidente lumbard Bobo Maroni come esempio di società pubblica virtuosa. Ma è puro storytelling.
Come ogni pendolare ben sa, la società non è mai stata in grado di raggiungere le prestazioni minime richieste dal contratto di servizio in fatto di puntualità (lo standard dovrebbe essere il 95% dei treni, a stento ha raggiunto l’86%) nè, nonostante le promesse dei vertici regionali, ha mai dato tutti i treni nuovi promessi sulle varie tratte. Mancanza di fondi, è sempre stata la scusa di manager e politici.
In realtà , negli anni, Trenord e in generale la holding regionale che la controlla, Ferrovie Nord Milano, sono state foraggiate dalla politica a piene mani.
Ma le società , al posto di pensare al benessere dei pendolari, sono state utilizzate come parcheggio per politici indagati, condannati o semplicemente trombati (tutti di Forza Italia, Lega e Comunione e Liberazione); o come bancomat per dirigenti che hanno pescato a piene mani dai fondi pubblici; o come pozzo infinito di consulenze per gli “amici”, tra i quali anche l’avvocato impegnato a difendere lo stesso Maroni.
Tanto sotto il regno di Roberto Formigoni, quanto sotto quello dei “barbari sognanti” di Maroni, che era stato eletto, ramazza in mano, promettendo di fare piazza pulita del malcostume.
Letta a sette anni di distanza, la foto della inaugurazione mostra un ex presidente regionale, Formigoni, condannato a sei anni per le presunte tangenti per la fondazione Maugeri e San Raffaele; un ex ad di Trenord nonchè direttore generale di Ferrovie Nord Milano, Giuseppe Biesuz, condannato in primo grado per il fallimento della Urban Screen, una società che aveva amministrato fino al 2008; un ex presidente di Fnm, Norberto Achille, condannato oggi a due anni e otto mesi per aver depredato Fnm per spese personali.
Oggi, Fnm è guidata dal leghista Andrea Gibelli, l’uomo che Maroni, dopo lo scandalo che portò alla defenestrazione di Achille, ha scelto per “rimettere a posto le cose”. Peccato che lo stesso Gibelli è arrivato in piazzale Cadorna — una poltrona da 288 mila euro netti l’anno — con le vesti dell’indagato nello stesso processo che vede Maroni imputato per turbata libertà nel procedimento di scelta del contraente e induzione indebita.
La cronaca giudiziaria negli anni ha raccontato di una società depredata, un inquietante Far West dove girano miliardi, tra contratti di servizio per il trasporto pubblico (440 milioni di euro l’anno) e lavori pubblici affidati a Fnm dalla Regione (oltre un miliardo ogni quinquennio).
Uno tsunami di soldi (nostri) il cui utilizzo dovrebbe essere super controllato. Purtroppo tale controllo, negli uffici di piazzale Cadorna, Milano, non c’è mai stato. Con buona pace di migliaia di pendolari lombardi costretti spesso a viaggiare come bestie su treni vecchi e sporchi.
IL NEPOTISM
«In questa società non esistono i ladri e gli onesti, bene che vada esistono una serie di conniventi!» diceva nel 2015 — senza sapere di essere registrato — Carlo Alberto Belloni, per 21 anni presidente del collegio sindacale di Fnm. E non sbagliava certo. Prendiamo la vicenda di Giuseppe Biesuz, uno che aveva raggiunto la poltrona più alta della società , grazie all’appoggio diretto dell’amico Marcello Dell’Utri, nonostante non avesse uno straccio di laurea e che quindi il capo di Trenord non lo potesse fare…
Lauree fasulle a parte, agli atti della società esiste un report redatto dai controllori interni di Fnm (ma solo dopo l’arresto del non dottor Biesuz nel 2012), secondo il quale l’ex dg avrebbe affidato consulenze da centinaia di migliaia di euro ad amici e big della galassia ciellina senza avere i titoli per farlo. Un’elargizione durata anni, nota a tutti, ma che nessuno aveva mai avuto il coraggio di denunciare.
Idem per l’ex presidente Norberto Achille, condannato a Milano per peculato e truffa aggravata, che nel suo ventennale regno aveva messo macchine e telefoni aziendali a disposizione della moglie e dei figli.
Secondo la procura è arrivato a spendere circa 500 mila euro di fondi pubblici, oggi in buona parte restituiti, per pagare le multe prese dal figlio Marco (180 mila euro in 5 anni) con la macchina aziendale, le telefonate dei congiunti (120 mila euro in cinque anni) con le sim aziendali e una serie di altri “benefit”, tra cui film porno, scommesse sportive e serate al Twiga di Briatore. Una linea di credito privata (sui conti della società ) di cui moltissimi, se non tutti, sapevano.
Ma chi pensava che con le “spese pazze” di Achille, Fnm avesse toccato il fondo, non aveva ancora letto l’incredibile storia di Davide Lonardoni, alias “Mr milione di euro”, il dipendente di Nord Ing, società del gruppo Fnm, arrestato il 4 ottobre del 2016 nell’ambito di un’operazione del Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Milano, con l’accusa di aver intascato tangenti per pilotare alcuni appalti pubblici affidati a Fnm.
LE CONSULENZE AL FIGLIO DEL DIRETTORE
Davide Lonardoni non era un dipendente qualsiasi. È il figlio di Dario Lonardoni, ex direttore generale di Ferrovie Nord e attuale assessore ai lavori pubblici di centrodestra del Comune di Saronno.
Secondo un’indagine dell’ufficio Internal Audit di Fnm, che Business Insider ha potuto leggere, tra il 2005 e il 2013 la Sp.In, una società di cui Lonardoni jr è legale rappresentante, ha ottenuto da Nord Ing 14 commesse, per un valore totale di 987.940 euro. Nello stesso periodo Sp.In ha ricevuto altri 176 mila euro direttamente da Ferrovie Nord, altra società del gruppo Fnm, quella amministrata direttamente dal papà Dario.
In totale, cioè, Lonardoni in 7 anni incassa con la sua società privata 1.164.000 euro da due società del gruppo Fnm in cui il padre aveva un ruolo di primo piano. Ma non è finita qui: mentre otteneva consulenze su consulenze, Lonardoni Junior percepiva anche uno stipendio fisso da Nord Ing, prima come collaboratore a progetto e poi, a partire dal 1 marzo del 2013, come dipendente part-time a tempo indeterminato.
Anche questi magheggi sono più che noti ai vertici di Fnm, allora guidati da Achille: il report che li denuncia risale a luglio del 2014, ma non ha mai determinato alcun provvedimento.
“So, ma faccio finta di non vedere”, un atteggiamento che Fnm adotta spesso quando c’è di mezzo Lonardoni. Tant’è che un anno dopo quel report, la società ha ignorato un altro potenziale segnale d’allarme.
Il 16 ottobre del 2015 un dipendente di Fnm entrò nella stanza di Andrea Franzoso — il whistleblower che con le sue denunce in procura aveva fatto esplodere lo scandalo delle “spese pazze” di Achille — ammettendo di sapere che “molte ruberie non sono ancora state portate alla luce”, come “le presunte irregolarità nell’affidamento di un servizio al figlio dell’ex direttore di esercizio, Lonardoni”.
Il giorno stesso, Franzoso scrisse al servizio Risorse Umane di Fnm segnalando la confidenza, ma anche in questo caso la sua lettera non portò all’avvio di un’inchiesta interna.
Che Fnm avesse già pianificato un futuro luminoso per Lonardoni Jr diventa chiaro il 23 maggio del 2016, quando l’ex presidente di Nord.Ing, Roberto Ceresoli — in barba alle consulenze e alle segnalazioni — lo nomina responsabile dei servizi di ingegneria e della direzione lavori sicurezza e ambiente.
Una posizione che nell’organigramma si trova immediatamente al di sotto del direttore generale, la carica ricoperta per tanti anni da papà Dario. Una carriera splendente interrotta dall’intervento a gamba tesa della Guardia di Finanza di Milano, che ha arrestato Lonardoni jr con l’accusa di aver pilotato gli appalti della linea ferroviaria tra i terminal T1 e T2 di Malpensa. L’arresto ha obbligato l’attuale presidente di Fnm, Andrea Gibelli, a sospendere il contratto e lo stipendio di Lonardoni.
Le vicende di Biesuz, Achille e Lonardoni dimostrano che i controllori interni non si sono mai mossi prima dell’intervento della magistratura. Chi ci ha provato — come il whistleblower Andrea Franzoso, l’ex addetto dell’Internal Audit Luigi Nocerino, l’ex presidente dell’OdV Arnoldo Schoch e l’ex presidente del Comitato Controllo e Rischi di Fnm Laura Quaini — o è stato rimosso dall’incarico o non lavora più per Fnm.
(da “Business Insider”)
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Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile
ACCUSATO DI TRUFFA E PECULATO PER 429.00 EURO DI CUI 124.000 EURO DI TELEFONATE PER IL FIGLIO, 3.750 EURO PER SCOMMESSE SPORTIVE, 7.634 EURO PER PAY TV E FILM PORNO
Due anni e otto mesi di carcere: è la condanna che il gup Roberto Arnaldi ha stabilito per l’ex presidente di Ferrovie Nord Milano spa holding, Norberto Achille nel processo in abbreviato in cui l’ex dirigente era accusato di peculato e truffa.
In una lettera al giudice nell’udienza del 10 ottobre scorso, Achille, assistito dall’avvocato Gianluca Maris, aveva ammesso i fatti che gli venivano contestati. “Sono colpevole – queste le sue parole – ho subito ammesso i fatti e questa vicenda mi crea vergogna e imbarazzo”.
Il pm Giovanni Polizzi, che aveva chiesto esattamente la stessa pena, lo accusava di avere distratto dalla società , partecipata da Regione Lombardia e da Ferrovie dello Stato, 429mila euro, fondi di cui aveva disponibilità per via delle “funzioni svolte” e che avrebbe utilizzato, invece, per fini personali suoi e dei suoi familiari: la moglie e due figli.
La difesa aveva chiesto la derubricazione del peculato in appropriazione indebita (negata dal giudice), sottolineando che Achille ha risarcito 465mila euro.
Con la sentenza, il gup ha stabilito che alla parte civile Fnm spetterà un risarcimento da stabilire in separata sede civile. A denunciare le spese pazze di Achille era stato il funzionario Andrea Franzoso che presentò, in seguito, un ricorso al tribunale del lavoro per essere stato rimosso dal suo incarico, dopo aver presentato la denuncia contro il manager.
Secondo il capo di imputazione, Achille avrebbe “destinato” due “utenze telefoniche aziendali a uso esclusivo” della moglie e del figlio Marco e si sarebbe fatto “addebitare le telefonate effettuate dall’altro figlio” Filippo (arrestato nel giugno 2015 con l’accusa di aver aggredito il padre per avere soldi) sulla sua utenza aziendale, per un totale di oltre 124mila euro.
In più, avrebbe utilizzato le carte di credito aziendali “per spese personali proprie e dei propri familiari” per un totale di 74.144 euro: si va dai 3.750 euro spesi in “scommesse sportive” ai 7.634 in abbonamento alla pay tv, compresi i costi per la “visione di una serie di film pornografici”.
Tra le contestazioni anche l’uso improprio delle auto di Fnm “a lui assegnate” anche messe a disposizione, con tanto di autista, per “gli accompagnamenti” del figlio Filippo. Per l’accusa, tra l’altro, Achille non avrebbe comunicato alla società le multe prese dal figlio Marco con macchine aziendali, mettendole quindi in conto a Ferrovie Nord Milano che avrebbe pagato indebitamente oltre 158mila euro.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile
OBIETTIVO RILANCIARSI NELLA PROSSIMA COMPETIZIONE ELETTORALE: DOPO AVERNE SFRUTTATO I TRIONFI, ORA SCOMMETTE SUL DISSESTO DELLA SQUADRA
Tra gli argomenti che Silvio Berlusconi cavalcherà in campagna elettorale non mancherà
nemmeno stavolta il Milan. Ma diversamente dal passato, l’ex premier non potrà far leva sui successi sportivi della squadra di cui è stato per trent’anni il patron. Al contrario, vestirà i panni del padre deluso e un po’ tradito dalla “sua” creatura, che quasi non la riconosce più.
E ad ogni sconfitta sul campo farà seguire un nostalgico «ah, quando c’ero io non sarebbe mai successo».
Le miserie del presente rossonero verranno messe a confronto con un radioso passato di cui Silvio si ergerà a custode, per acchiappare i voti dei (tanti) tifosi scontenti. A costo di “gufare” apertamente contro. Anzi, ha già incominciato.
Prima certe confidenze riferite da Francesco Verderami, giorni fa sul «Corriere della Sera», dove Berlusconi ribadiva la sua insuperabile avversione nei confronti di Vincenzo Montella, “reo” di non averne seguito i dettami tecnici sul trequartista schierato dietro le punte e il resto.
Poi ieri nuove battute, sempre più virulente, riferite da TeleLombardia e indirizzate stavolta non solo contro l’allenatore ma indirizzate a un signore che ha sborsato oltre 700 milioni di euro per acquistargli la società di calcio, l’imprenditore cinese Yonghong Li: «Mi preoccupa il suo silenzio. Ho saputo che c’è già qualche problema finanziario. Se la squadra dovesse continuare ad andare così male, è possibile che subentri il fondo Elliot… Non è una bella prospettiva».
Di bello c’è semmai che proprio il Cav, all’atto di incassare i denari da Mr.Li, si rese garante presso la tifoseria dubbiosa della solidità finanziaria dell’operazione su cui oggi lui stesso proietta ombre sinistre.
Altro indizio sull’uso elettorale che Berlusconi intende fare della “delusione Milan”: nonostante la nuova proprietà l’abbia sempre coccolato in tutti i modi (salvo permettergli di interferire, si capisce, nelle decisioni tecniche e di mercato), il leader di Forza Italia ha declinato tutti gli inviti a recarsi allo stadio, di tornare a Milanello o di partecipare a uno dei tanti eventi che punteggiano il calendario calcistico.
La sua freddezza nei confronti della nuova gestione è stata manifestata dall’intero mondo che a Berlusconi fa capo (e ne è stato lungamente foraggiato), quasi fosse un ordine di scuderia.
Cosicchè siamo al paradosso: dopo avere sfruttato politicamente i trionfi rossoneri, l’uomo scommette adesso sul dissesto sportivo e societario della ex “squadra più titolata al mondo” per rilanciarsi nella prossima competizione elettorale.
(da “La Stampa”)
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Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile
“ESTIRPARE L’ANTISEMITISMO DALLA CURVA DELLA LAZIO”
“Io non posso impedire a nessuno di porre una corona di fiori davanti alla sinagoga, o di manifestare la propria vicinanza in qualsiasi modo alla comunità , ci mancherebbe. E’ un gesto simbolico, senz’altro positivo, ma insufficiente per una presa di coscienza collettiva”.
Dalla comunità ebraica romana, come spiega la presidente Ruth Dureghello, il blitz unilaterale del presidente laziale Claudio Lotito in sinagoga viene considerato come il punto di partenza di un impegno serio che dovrà portare a quello che, evidentemente, finora non è riuscito a nessuno: cacciare gli elementi razzisti e antisemiti dallo stadio. Per questo motivo, oltre a un problema di metodo che ha visto il numero uno biancoceleste annunciare l’iniziativa ai media senza prima avvertire i responsabili della comunità ebraica, l’atteggiamento di quest’ultima è stato ed è di estrema prudenza.
Tanto da non presenziare con nessuno dei propri esponenti alla deposizione della corona di fiori avvenuta stamani all’esterno del Tempio ad opera della società laziale. Nell’occasione, Lotito ha anche annunciato che la Lazio porterà ogni anno 200 giovani tifosi ad Auschwitz, per toccare con mano i luoghi della Shoah.
Nelle riunioni che si sono tenute nelle ultime ore, però, la riflessione fatta dai rappresentanti della comunità è che troppe volte, in passato, ad episodi come questo, perpetrati sempre dalle stesse frange di tifo, una volta esauritosi il clamore mediatico, non sono seguite azioni efficaci per la neutralizzazione dei responsabili.
Nessuna “copertura”, dunque, ad iniziative che rischiano di rimanere effimere come quelle precedenti.
In soldoni, si chiede una volta per tutte di far cadere quel velo di ambiguità e di omertà che spesso caratterizza i rapporti tra le società (non solo la Lazio, ovviamente) e gli ultrà più facinorosi o razzisti.
Nella sua nota, Ruth Dureghello chiede infatti che “il governo, le procure e le altre autorità preposte agiscano affinchè le leggi del nostro Stato vengano rispettate ovunque e non esistano più territori franchi come sono state alcune curve fino ad oggi. Serve una riflessione più ampia — ha aggiunto Dureghello – che coinvolga le istituzioni politiche, dello sport e le società di calcio affinchè il fenomeno venga definitivamente debellato”
Se è vero infatti che Lotito ha ricordato, anche stamani, che in passato lui stesso si è fatto carico di azioni giudiziarie volte a contrastare le ingerenze degli ultrà laziali in attività proprie della società , tanto da essere oggetto di minacce, è altrettanto vero che sul fronte del contrasto al razzismo e all’antisemitismo l’azione delle società di calcio italiane è finora stata piuttosto debole.
Nello specifico della situazione romana, a questo elemento si aggiunge la “tregua armata” (definita così dallo stesso Lotito) siglata tra la società e gli ultrà , che ha recentemente riportato allo stadio tutti i gruppi più estremi, tra cui appunto quello resosi autore dell’episodio in questione.
Allo stesso modo, le reazioni a tutti i livelli che ha suscitato questa vicenda inducono a pensare che l’azione di repressione potrà essere più dura ed efficace che in passato.
Sul fronte delle indagini, la polizia ha già provveduto a identificare tre dei responsabili, ma è su quello del contrasto al fenomeno nel suo complesso che la battaglia appare più dura.
Sollecitate fortemente in questo senso dal presidente della Repubblica e da quello del consiglio, oltre che da tutti i maggiori esponenti politici e religiosi (Cei in testa), le istituzioni sportive hanno già messo in campo una serie di iniziative per le prossime giornate di campionato: si parte con la lettura di una pagina del diario di Anna Frank a centrocampo, che a Bologna sarà preceduto dall’ingresso in campo dei calciatori laziali con una maglietta raffigurante l’adolescente ebrea morta nei campi di concentramento nazisti.
A queste, nelle prossime settimane, si aggiungeranno altre iniziative, tra le quali la già citata visita annuale dei giovani tifosi laziali ad Auschwitz
Resta però il punto fondamentale: l’isolamento e l’estromissione dalle curve, una volta per tutte, dei gruppi ultrà che hanno rapporti con le formazioni politiche razziste e antisemite.
Una rete spesso trasversale, composta di elementi noti ai più, che però riescono spesso a dribblare misure come il Daspo, godendo di una sostanziale immunità grazie a un sistema di minacce e ricatti nei confronti delle stesse società . E qualche volta, come appurato per altri versi nell’inchiesta della Procura Figc sul bagarinaggio allo Juventus stadium, anche di colpevole connivenza.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile
GOVERNO VERSO DECRETO SU AUMENTO DELL’ETA’ DI USCITA… ETA’ PENSIONABILE DESTINATA A SALIRE A 67 ANNI NEL 2019
Non ci sono più appigli per rinviare l’aumento dell’età pensionabile a 67 anni dal 2019. 
I nuovi dati Istat sulla speranza di vita degli italiani, infatti, attestano che per i neonati è salita a 82,8 anni (4 mesi in più rispetto al 2015) e per i 65enni arriva a 20,7 anni, allungandosi di cinque mesi rispetto a quella registrata nel 2013.
Quindi sulla base delle regole attuali l’età per la pensione di vecchiaia dovrebbe arrivare appunto dagli attuali 66,7 anni a 67 anni nel 2019: spetta ora al ministro del Lavoro Giuliano Poletti emanare il decreto ministeriale per l’adeguamento automatico previsto dalla manovra estiva del luglio 2010, governo Berlusconi.
La speranza di vita alla nascita — scrive l’Istat — risulta come di consueto più elevata per le donne, 85 anni, ma il vantaggio nei confronti degli uomini (80,6 anni) si limita a 4,5 anni di vita in più. A 65 anni la prospettiva di vita ulteriore presenta una differenza meno marcata tra uomini e donne (rispettivamente 19,1 e 22,3 anni) rispetto a quella che si registra alla nascita.
Il 2016 è stato l’anno più favorevole tra gli ultimi quattro sotto il profilo della sopravvivenza. Il tasso standardizzato di mortalità è pari all’8,2 per mille, inferiore anche a quello riscontrato nel favorevole 2014 (8,4 per mille).
Il picco di mortalità del 2015, anno in cui si rileva un tasso standardizzato dell’8,8 per mille risulta riassorbito. L’istituto di statistica precisa che nel 2016 tassi standardizzati di mortalità più alti si riscontrano nel Mezzogiorno: 8,8 per mille complessivo, 9,6 per mille in Campania, 9 per mille in Sicilia. I più longevi in Italia sono gli abitanti del Trentino Alto-Adige. Sono 2,7 gli anni che separano le donne residenti in Trentino-Alto Adige, le più longeve nel 2016 con 86,1 anni di vita media, dalle residenti in Campania che con 83,4 anni risultano in fondo alla graduatoria.
Rispetto a 40 anni fa la probabilità di morire nel primo anno di vita si è abbattuta di oltre sette volte, mentre quella di morire a 65 anni di età si è più che dimezzata.
Un neonato del 1976 aveva una probabilità del 90% di essere ancora in vita all’età di 50 anni, se maschio, e a quella di 59 anni, se femmina. Quaranta anni più tardi, un neonato del 2016 può confidare di sopravvivere con un 90% di possibilità fino all’età di 64 anni, se maschio, e fino a quella di 70, se femmina. L’aumento della speranza di vita nel 2016 rispetto al 2015 si deve principalmente alla positiva congiuntura della mortalità alle età successive ai 60 anni. Il solo abbassamento dei rischi di morte tra gli 80 e gli 89 anni di vita spiega il 37% del guadagno di sopravvivenza maschile e il 44% di quello femminile.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile
DOVRA’ SOLO RISPONDERE DI ESPORTAZIONE DI VALUTA, DECISIONE ALL’UNANIMITA’
Un tribunale federale regionale ha concesso all’unanimità l’habeas corpus a Cesare Battisti, confermando che l’ex terrorista dovrà rispondere, in stato di libertà , del reato di esportazione di valuta.
Il giudice Josè Marcos Lunardelli, del Tribunale federale regionale della terza regione, aveva già concesso l’ingiunzione per il rilascio di Cesare Battisti nel contesto dell’habeas corpus perpetrato dalla difesa dell’italiano.
Battisti era stato arrestato al confine con la Bolivia, con il sospetto di esportazione di valuta estera e riciclaggio di denaro.
Il tribunale ha disposto una serie di misure alternative alla detenzione preventiva: Battisti dovrà comparire periodicamente davanti a un giudice per riferire e giustificare le sue attività , avrà il divieto di allontanarsi dalla sua città di residenza senza autorizzazione giudiziaria e sarà monitorato attraverso braccialetto elettronico qualora ci sia disponibilità dell’apparecchio.
(da agenzie)
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Ottobre 24th, 2017 Riccardo Fucile
MA NON SI PREOCCUPANO DEI LORO MARITI CHE VANNO CON LE PROSTITUTE NIGERIANE… E UN GIORNALE SATIRICO LOCALE METTE ALLA BERLINA L’IPOCRISIA DEI “BENPENSANTI”
La storia delle “mogli di Camaiore” che vanno a spassarsela coi migranti del centro
accoglienza assume ogni giorno di più i contorni della farsa.
Non essendoci stati reati non sono state identificate quindi è impossibile dire se le donne viste entrare nel centro fossero o meno sposate.
Si sa solo che davanti al centro si fermavano auto dalle quali scendevano “donne bianche” che stavano all’interno per un paio d’ore.
E sicuramente non c’è margine per poter affermare che tutte le donne di camaiore sono andate a far visita al centro di accoglienza. Succede però che a Camaiore la storia degli incontri boccacceschi stia tenendo ancora banco.
In alcuni gruppi Facebook si discute animatamente sul danno alla reputazione del paese e delle sue donne.
Una reputazione che è stata rovinata dai giornali che parlano delle “mogli camaioresi annoiate” ma anche per colpa “di tre o quattro bagasce note, psicologicamente labili” che hanno rovinato il buon nome di tutte le donne di Camaiore.
Perchè, come tutti i paesi e le città , Camaiore “è piena di donne perbene, serie, lavoratrici e soprattutto di donne mamme che vivono per i loro figli e i loro mariti”.
Il che fa supporre che una donna per bene sia quella che sta in casa e si occupa di sfornare deliziosi pranzetti e — all’occorrenza — un pargoletto di pura razza camaiorese
Le donne che sarebbero andate al centro per i famosi incontri sessuali sono invece dei “catamarani poco serie che nulla hanno a che fare con la morale”.
Secondo questo ragionamento quindi il problema sono le donne che hanno fatto — si suppone liberamente — quello che volevano. Ma facendolo hanno rovinato la reputazione di tutte le donne. Non si capisce come mai solo di quelle di Camaiore e non delle italiane in generale, ma meglio non indagare su quell’aspetto.
Anche diverse donne camaioresi sono indignate dal fatto che si sia fatta “di tutta l’erba un fascio” e che ora in tutta Italia parlano delle donne del paese “come se fossero tutte colpevoli”. Il fatto è che al momento non risulta che ci siano donne di Camaiore “colpevoli”.
Il che se ci si pensa è un po’ lo stesso genere di ragionamento che fanno alcuni quando un terrorista di religione musulmana fa un attentato o quando un migrante commette un reato. Certo, quando la generalizzazione colpisce direttamente la propria comunità fa più male.
Sembra che alcune donne di Camaiore pretendano nei loro confronti una solidarietà che non sono disposte a dare a quelle “bagasce”. Perchè la donna che va con l’immigrato è ovviamente una poco di buono, a prescindere che lo faccia di mestiere o meno.
C’è anche però chi fa notare che a quanto pare il problema della “reputazione di Camaiore” si pone solo perchè le ipotetiche protagoniste di questa vicenda sono delle donne.
Quanto bravi padri di famiglia vanno a caccia di sesso a pagamento senza che nessuno dica nulla?
Eppure la presenza di prostitute in certe aree è indicativa dell’esistenza di un mercato abbastanza fiorente. Eppure sono solo le donne, per di più subito etichettate come “troie” a rovinare la reputazione del paese.
Ma alla fine il punto del discorso è solo uno: perchè se una donna fa sesso con chi le pare non è “una donna per bene”?
E perchè solo le donne che tradirebbero il marito con il migrante sarebbero “donne dalla scarsa morale” mentre le altre che tradiscono il marito con l’amico o il ganzo di turno invece non sono nè sgualdrine nè rovinano la nomea del paese e delle sue donne?
A quanto pare a Camaiore — come in tutta Italia — il problema non sono i migranti che ci stanno invadendo ma il modo di pensare il ruolo della donna.
Modo che è molto simile a quello “islamico” che i migranti sono accusato di importare in Italia.
(da “NextQuotidiano”)
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