Destra di Popolo.net

FESTA SENZA IL FESTEGGIATO: LA ESILARANTE MARCIA DEI GRILLINI DA ACI TREZZA A CATANIA

Ottobre 28th, 2017 Riccardo Fucile

DOPO UN CHILOMETRO CANCELLERI, DI MAIO E GRILLO SALGONO SU UN PULMINO E SPARISCONO, LASCIANDO I 200 ATTIVISTI SCONCERTATI A CAMMINARE PER GLI ALTRI 8 CHILOMETRI PREVISTI

È una festa senza il festeggiato. O per meglio dire, sul più bello, quando la marcia M5s stava per entrare nel vivo, il candidato governatore siciliano Giancarlo Cancelleri sale su un pulmino e va via lasciando gli invitati sul Lungomare di Acicastello senza un punto esatto di riferimento.
Tutti un po’ smarriti sanno solo che devono camminare per altri otto chilometri e arrivare a Catania, dove alle 21 è previsto il comizio.
Qualcuno li cerca: “Dove sono andati tutti?”.
E infatti, insieme a Cancelleri, dopo un chilometro e mezzo, anche Beppe Grillo e Luigi Di Maio si dileguano a bordo di questo pullmino battente bandiera M5s e alle loro spalle rimangono i circa 200 attivisti in marcia, che chilometro dopo chilometro diventano sempre di meno.
Eppure il pomeriggio era iniziato nel migliore dei modi.
La pioggia aveva lasciato spazio a un timido sole, che comunque garantiva una marcia senza troppe complicazioni.
Grillo si è fatto attendere un po’, ma poi arriva e dà  il via al suo show: “Noi prospettiamo un salto di qualità . Se i siciliani capiscono e vogliono tentare di darci la fiducia è un voto di fede. Chi siamo in noi? Siamo dilettanti allo sbaraglio? Può darsi. Siamo incapaci, può darsi, ma impariamo”.
Di Maio continua a colpire lo sfidante diretto del centrodestra: “Chi vota Musumeci, vota Miccichè”. Ma gli occhi sono tutti puntati sul leader M5s, è circondato: “Siate curiosi”, dice. Cancelleri cammina mano nella mano con la compagna, si posiziona accanto a Grillo ma parla pochissimo.
Gli attivisti in marcia indossano tutti scarpe da ginnastica, jeans e maglietta possibilmente M5s. Anche Alessandro Di Battista, che insieme a Paola Taverna, Roberta Lombardi e a qualche altro deputato, cammina fino alla fine: “Più persone vanno a votare, più possibilità  abbiamo di vincere e di ridurre gli impresentabili”, va dicendo.
Il candidato governatore e Di Maio sono gli unici due in abito. E con le loro scarpe poco adatte a marciare vanno via verso Augusta, dove c’è un altro comizio in programma.
“Ma ad Augusta non potevano andare un altro giorno, dal momento che oggi c’era la marcia?”, domanda un deputato arrivato per questa marcia che doveva essere una festa.
Ma qui gli invitati sono rimasti soli.

(da “Huffingtonpost”)

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SICILIA, LO STRANO APPELLO AL VOTO DI BERLUSCONI: “VOTATE FORZA ITALIA”, MA NON NOMINA MAI MUSUMECI

Ottobre 28th, 2017 Riccardo Fucile

ATTACCA IL M5S: “INCAPACI”

“Domenica 5 novembre vi toccherà  una grande responsabilità : dovrete scegliere il vostrofuturo, quello dei vostri figli, quello della vostra terra. Una terra straordinaria devastata da anni di cattivo governo della sinistra”.
Lo afferma Silvio Berlusconi, nel suo video messaggio su Facebook.
“Molti di voi sono arrabbiati, scoraggiati, delusi, e -aggiunge- si sono rassegnati, hanno deciso di non andare neppure a votare. Vi capisco: sono indignato anch’io per come la Sicilia è stata trattata dallo Stato centrale e dai governi regionali”.
“Ma voglio rivolgermi anche -prosegue — a chi intende esprimere un voto di protesta. A chi vuole dare il voto ai grillini, dico: non fatevi ingannare da chi non ha nessuna esperienza, nessuna capacità , come è provato dalle città , ad esempio Roma e Torino, in cui hanno responsabilità  di governo”.
La soluzione? “Votate Forza Italia”.
Ma di Musumeci, candidato governatore, nessuna traccia nell’appello.

(da agenzie)

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IL M5S NON SI E’ SPOSTATO A DESTRA, HA SEMPRE RAPPRESENTATO UNA CERTA DESTRA REAZIONARIA E AUTORITARIA

Ottobre 28th, 2017 Riccardo Fucile

LE CONVINZIONI DI GRILLO E CASALEGGIO, LA CONVENIENZA A CAVALCARE I PEGGIORI UMORI DEGLI ITALIANI, L’UNIFORMARSI AI SONDAGGI, IL PARTITO AZIENDA… DEL M5S DELLE ORIGINI E’ RESTATO BEN POCO

Se è difficile etichettare compiutamente il Movimento cinque stelle sull’asse destra-sinistra, è innegabile che nel corso degli anni, su due temi in particolare, la connotazione a destra della creatura di Casaleggio e Beppe Grillo si è fatta via via più evidente: non fosse altro che per le posizioni sull’immigrazione, e la sempre più percepibile vicinanza geopolitica con Vladimir Putin (ancor più che con Nigel Farage), e persino col pensiero “rosso-bruno” di Aleksandr Dugin, anti-Nato ed “eurasiano”.
Ogni volta che avete letto di “svolta a destra del Movimento” (sui migranti) vi siete trovati, insomma, dinanzi a un titolo fuorviante: semplicemente perchè non c’è stata nessuna svolta.
Il Movimento, se parliamo della sua cellula fondativa – la Casaleggio associati, e il suo fondatore Gianroberto Casaleggio – non è mai stato strutturalmente orientato a sinistra. Anzi.
Nasce con un forte spirito polemico contro la sinistra, identificata con la piaga del politically correct. Casaleggio senior raccontava ai suoi dipendenti che il Movimento doveva essere una rete, ma anche andare a stare nei luoghi fisici, un po’ come Umberto Bossi e la Lega delle origini nei bar delle valli padane.
C’erano quattro gatti a sentirlo, diceva sempre Casaleggio, «e ve lo dico perchè uno di quei quattro ero io».
Peraltro, se è vero che – almeno alle origini – l’elettorato grillino è stato molto trasversale, è anche un dato – mostrato da tanti sondaggi, e confermato dall’ultima analisi del Mulino di Piergiorgio Corbetta – che si sono assottigliati notevolmente gli elettori di sinistra, mentre quelli di destra sono cresciuti, o almeno rimasti stabili: chiara conseguenza di alcune precise scelte politiche cinque stelle.
Sui migranti, per dire: a ottobre del 2013 il gruppo parlamentare era a favore dell’abolizione del reato di immigrazione clandestina, Casaleggio senior e Grillo rimisero pesantemente in riga i senatori con un post sul blog – scritto di suo pugno da Gianroberto – in cui si diceva: «Se durante le elezioni politiche avessimo proposto l’abolizione del reato di clandestinità , presente in Paesi molto più civili del nostro, come la Francia, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, il M5S avrebbe ottenuto percentuali da prefisso telefonico».
L’inclinazione a destra è stata dunque un mix tra le convinzioni dei due fondatori, e le convenienze di un partito (il Movimento è sempre più diventato un partito) costruito da e su un’agenzia di marketing, dunque una forza politica costantemente governata sulla base di sondaggi, umori, “sentiment”.
Quando il sentimento dominante diventerà  anti-migranti, nessuna sorpresa nel vedere il candidato Luigi Di Maio cavalcare la campagna contro le Ong.
Nessuna “svolta”. Come nessuna sorpresa deve destare Grillo che definisce Trump e Putin (al Journal du Dimanche) «uomini di stato forti di cui la politica internazionale ha bisogno».
La verticalità  proprietaria del Movimento è un altro elemento che rimanda – foss’anche nella memoria collettiva italiana – al conflitto d’interessi che abbiamo a lungo sperimentato nel centrodestra italiano di Silvio Berlusconi.
Il tutto con un elemento di infingimento in più, la negazione di ciò che stava avvenendo: come successo anche per gli incontri – numerosi – dei cinque stelle con gli emissari di Vladimir Putin, e la sempre più smaccata propaganda pro Russia nella macchina social pro Movimento.
Tutto questo è compiutamente destra, o è una nuova, più sfuggente forma di populismo autoritario?
In attesa di rispondere in maniera definitiva, sfogliamo inquieti l’album di famiglia, le foto di Grillo con Farage, la predilezioni russe alla Casaleggio, la fine di un Movimento che era nato inneggiando ad Anna Politkovskaja.

(da “La Stampa”)

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EMMA BONINO E LE PROVE TECNICHE DI UNA “LISTA DI SCOPO”

Ottobre 28th, 2017 Riccardo Fucile

SOTTO GLI OCCHI ATTENTI DI ROBERTO SAVIANO…. “VEDIAMO SE ESISTE SPAZIO PER UNA NUOVA PROPOSTA POLITICA”

Lo spirito di Altiero Spinelli aleggia sull’albergo romano del “Nuovo inizio” radicale. Il titolo della due giorni sembra proiettare l’evento in un futuro ancora indefinibile: “Stati Uniti d’Europa: una nuova sfida radicale”. Ma la sfida più pressante, che già  bussa alle porte è quella che attende Emma Bonino e i Radicali italiani da qui a pochi mesi: le elezioni legislative.
Il meeting europeista apertosi nel pomeriggio all’Hotel Ergife segna l’inizio di un percorso politico-elettorale che guarda al mondo “oltre” il Pd ma non “contro” il Pd; un mondo che non s’identifica nella “Ditta” degli “scissionisti” di Articolo1-Mdp.
E’ un’avventura che i Radicali italiani non possono e, soprattutto, non vogliono, affrontare da soli. Domani sarà  Emma Bonino, nelle conclusioni della due giorni, a cui seguirà  nel pomeriggio il XVImo dei Ri che si concluderà  l’1 novembre, a indicare una possibile direzione di marcia.
Quella che potrebbe portare da una “lista di scopo” che metta a frutto l’esperienza di questi mesi di mobilitazione attorno alla campagna “Ero straniero-L’umanità  che fa bene”, che ha portato alla raccolta di 85mila firme a sostegno di una legge d’iniziativa popolare che, sottolineano i radicali, rappresenta “l’unica risposta politica organica, istituzionale e di governo del fenomeno per opporsi alla dilagante deriva populista”.
Si parte da lì, e dal manifesto dei valori che ha sostanziato la campagna, per delineare i contenuti programmatici, la visione ideale, il profilo progettuale di una lista che tenda ad unire laici e cattolici democratici, liberali e radicali, federalisti europei e associazioni che hanno fatto dei diritti umani il centro del proprio agire politico. Idealisti e non ideologici. Col coraggio di andare controcorrente, rilanciando il sogno degli Stati Uniti d’Europa nel tempo del risorgere delle piccole patrie, del secessionismo indipendentista (la Catalogna), delle Brexit e di un preoccupante sovranismo nazionalista.
Della partita intende essere il sottosegretario agli Esteri Benedetto Della Vedova e il suo neonato movimento “Forza Europa”, vicino all’afflato europeista è il ministro dello Sviluppo economico Carlo Calenda.
“Il nostro — spiega ad Huffington Post Riccardo Magi, il segretario dei Radicali italiani che ha aperto i lavori — è un tentativo di andare a vedere se esistano le condizioni per costruire una proposta politica ed elettorale che cambi radicalmente l’attuale assetto delle coalizioni così come si stanno definendo”.
Insomma, l’ambizione è quella di sparigliare le carte con una un’offerta elettorale diversa nella sostanza delle priorità  indicate e nelle modalità  di formazione: diritti di cittadinanza, superamento della Bossi-Fini, europeismo, riforma del welfare per combattere la povertà  assoluta.
E ancora: un pacchetto di leggi da porre al centro dell’agenda del prossimo Parlamento: Ius soli — “una legge per l’integrazione, su cui ricercare già  in questo fine legislatura una maggioranza parlamentare, come è stato fatto sulla legge elettorale” dice ad Hp Mario Giro -, il testamento biologico, la liberalizzazione della cannabis (sostenuta fortemente da Roberto Saviano, presente alla manifestazione, insieme a Guy Verhofstadt, Enrico Letta, Benedetto Della Vedova, Roberto Saviano e Calenda).
Non v’è dubbio che il volano principale di questa operazione politico-elettorale sia proprio lei, l’infaticabile Emma.
Il suo valore aggiunto non lo si misura solo in qualità  ma quantità : Secondo una recente ricerca di Demos & Demetra che non si è limitata a sondare soltanto i leader in campo, il 49% esprime fiducia in Paolo Gentiloni, mentre al secondo posto compare proprio lei, Emma Bonino, col 43%.
Personalmente sarebbe orientata a non candidarsi in prima persona, anche se sono in tanti in questi giorni a provare a farle cambiare idea, comunque, ribadisce Bonino, “ogni decisione sarà  presa dal Congresso, i radicali hanno ancora la vecchia, buona abitudine di ragionare in termini di ‘noi’ e non di ‘io’. E sarà  cosi anche stavolta. E poi, aspettate domani…”, rimandando al suo intervento conclusivo del meeting sull’Europa.
Prima, prenderà  la parola Giuliano Pisapia. Sono in tanti, e non solo all’Ergife, a lavorare alla costruzione di una “tenda comune” tra i due

(da “Huffingtonpost”)

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“IL COMIZIO DI RENZI IN CHIESA A PAESTUM? NEANCHE LA DC ERA ARRIVATA A TANTO”

Ottobre 28th, 2017 Riccardo Fucile

IL VICEPRESIDENTE DELLA CEI, MONS. RASPANTI: “MI SEMBRA TUTTO MOLTO STRANO”

“In una chiesa dove si celebra regolarmente non si possono fare comizi dall’altare. Nemmeno la Democrazia Cristiana lo faceva, anche perchè non ne aveva bisogno dato che a volte erano proprio i preti a dare chiare indicazioni di voto durante l’omelia”.
Lo ha detto il monsignor Antonino Raspanti, vicepresidente della Cei per il Sud e vescovo di Acireale interpellato dal Fattoquotidiano.it.
Dopo le critiche, raccolta da HuffPost, del parroco della Chiesa paleocristiana di Paestum, don Johny Kaitharath per il comizio improvvisato dal segretario del Pd Matteo Renzi nella sua parrocchia, arrivano i rilievi dell’esponente della Conferenza episcopale italiana per il Sud.
Breve riassunto: il segretario Pd, a bordo del suo trenino in giro per l’Italia, il 25 ottobre si ferma a Paestum. Qui la chiesa si è prestata per un evento culturale, la Borsa mediterranea per il turismo archeologico, non politico.
Eppure l’ex premier si fa largo e guadagna il pulpito dal quale attacca i suoi avversari politici e sponsorizza i risultati del suo governo. Insomma, un comizio in chiesa, di cui nè il vescovo nè tantomeno il parroco sapevano nulla.
“Siamo turbati”, ha detto il prete all’HuffPost, “la diocesi non sapeva nulla, se avesse saputo non avrebbe dato il permesso per la propaganda del partito”.
Al fatto.it, Monsignor Raspanti ha sottolineato di “non comprendere come Renzi si sia convinto ad andare a fare un comizio dall’altare. Mi sembra tutto molto strano. Si tratta di un’iniziativa quanto meno sopra le righe. Sicuramente la vicenda è scappata di mano. Comprendiamo tutti con un po’ di buon senso che il comizio di un eminente segretario di partito in un luogo di culto non è opportuno”.
Secondo il presule le occasioni di confronto politico in chiesa non sono da escludere, ma si devono realizzare con modalità  diverse: “Si potrebbe, invece, immaginare un incontro in un altro spazio della chiesa, per esempio il salone parrocchiale, visto anche che non siamo ancora in campagna elettorale. Oggi talvolta accade che nel teatrino parrocchiale il politico di turno chieda di poter incontrare i cittadini. La prassi è differenziata: c’è chi lo concede a chiunque lo chieda e chi invece lo nega. Generalmente sarebbe sempre meglio non farlo in campagna elettorale”.

(da “Huffingtonpost”)

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IN ITALIA CI SONO 117.000 POSTI DI LAVORO VACANTI

Ottobre 28th, 2017 Riccardo Fucile

MANCANO PIZZAIOLI, BAGNINI, SARTE E PERSINO MEDICI… IL 10% DELLE RICHIESTE DI LAVORO RIMANE INEVASO… NELLL’INFORMATICA MANCANO 4.400 LAUREATI

In Italia non c’è gente disposta a fare il panettiere per 1.400 euro al mese?
Ed è realtà  o fantasia che la disoccupazione è figlia anche della poca propensione al lavoro o del fatto che i giovani sono troppo «choosy» (copyright dell’ex ministra Elsa Fornero)?
Volendo andare oltre le discussioni social, va registrato un dato oggettivo: in Italia i posti di lavoro effettivamente vacanti sono 117.000.
Non abbastanza, insomma, per cancellare l’emergenza disoccupazione ma che qualcosa comunque dicono a proposito dell’incomunicabilità  tra chi cerca e chi propone un impiego.
Mancano sarte, bagnini e persino medici
Quello dei posti di lavoro rifiutati è tema che periodicamente torna a galla; a volte dando vita a leggende metropolitane, altre volte trovando riscontro nella realtà .
E’ accertato ad esempio che nel corso della stagione appena conclusasi gli esercenti romagnoli hanno fatto fatica a trovare personale per i loro stabilimenti balneari e che solo sull’Adriatico ben 1.000 posti hanno rischiato di rimanere scoperti.
E’ altrettanto vero che l’Azienda ospedaliera di Matera non riesce a trovare medici per alcune specialità , benchè offra una busta paga di 3.000 euro netti.
Anche alcuni settori del made in Italy però, faticano a trovare personale; ad esempio, le aziende del settore moda del Veneto sono alla disperata ricerca di sarte e ricamatrici: un’indagine a campione, su una piccola porzione di aziende ha rivelato un vuoto di 122 posizioni.
E molti ristoranti e pizzerie della penisola dovrebbero chiudere i battenti per mancanza di cuochi e pizzaioli che dobbiamo far arrivare dal Nord Africa.
Cercansi 4.400 laureati. In informatica
A sorpresa si scopre che persino un settore proiettato nel futuro come il mondo dei computer non riesce in Italia a tenere il passo con la ricerca di personale.
Una recente ricerca delle associazioni di categoria di Confindustria sostiene che nel settore ITC c’è un deficit di 4.400 laureati, deficit che si traduce in una difficoltà  di crescita per le aziende italiane del settore.
Che potrebbe tradursi entro il 2018 in 85mila nuovi posti di lavoro.
La sentenza definitiva però la scrive il rapporto Excelsior-UnionCamere che registra una difficoltà  nel reperire di circa il 10% di personale per nuove assunzioni pari a 117mila opportunità  di lavoro non coperte .
Secondo l’istituto McKinsey 65mila di queste potrebbero riguardare under 35 in cerca di lavoro.

(da “il Corriere della Sera“)

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“CHIESERO I VOTI DEI BOSS, PROCESSATELI”: A GIUDIZIO A GENOVA DUE EX AN

Ottobre 28th, 2017 Riccardo Fucile

L’EX CONS. REGIONALE SASO E L’EX CONS. COMUNALE PRATICO’ DOPO OTTO ANNI A PROCESSO PER PROMESSA ELETTORALE AGGRAVATA, LA PRESCRIZIONE NON SCATTA

Sapevano di avere di fronte gli emissari della ‘ndrangheta in Liguria, secondo la Procura, e a loro si sono presentati per chiedere voti, promettendo in cambio vantaggi. A sette anni dai fatti, la Direzione distrettuale antimafia di Genova chiude le indagini su Alessio Saso e Aldo Praticò, rispettivamente ex consigliere regionale del Pdl e consigliere comunale candidato (non eletto) alle elezioni regionali del 2010.
L’accusa nei loro confronti è di promessa elettorale, reato aggravato dall’aver favorito un’organizzazione mafiosa.
Non è solo un passaggio burocratico, ma il nodo che tiene in piedi le accuse: senza l’aggravante sarebbero già  prescritte; in questo modo l’orologio della prescrizione slitta al 2025.
La vicenda giudiziaria che vede coinvolti i due politici nasce con l’inchiesta antimafia «Maglio 3», coordinata dal pm Alberto Lari.
Un fascicolo che ha avuto esiti giudiziari controversi: gli imputati erano stati assolti in primo e secondo grado; poi la Corte di Cassazione ha ribaltato quei due verdetti, e ha ordinato un nuovo appello.
Le posizioni dei due politici erano state separate, e sono rimaste formalmente ancora in indagine fino a pochi giorni fa.
A entrambi vengono contestati incontri con boss di spicco della ‘ndrangheta, come Mimmo Gangemi, condannato in Calabria a 19 anni e 6mesi perchè ritenuto il rappresentante delle cosche in Liguria:
«Mimmo – diceva Praticò, in un’intercettazione con Gangemi – spiegagli bene come fare la ics sul mio nome… ti portassero dentro l’urna…». «Alessio, Alessio, Alessio – dice a Saso Vincenzo La Rosa, procacciatore di voti considerato vicino ai clan del Ponente – dalla nostra collaborazione escono mille voti, garantito al limone…».
E ancora: «Io – risponde Saso a La Rosa – nel mondo che conoscete anche voi, sono conosciuto anche come una persona affidabile. Se io dico una cosa, cerco di mantenere le promesse».
Aldo Praticò ha abbandonato la politica e oggi fa il broker assicurativo.
La sua replica arriva attraverso l’avvocato Giuseppe Maria Gallo: «Siamo molto stupiti da queste contestazioni. All’epoca dei fatti non esisteva un’associazione criminale riconosciuta sotto il profilo giudiziario a Genova».
Alessio Saso, difeso da Sabrina Franzone, dal 2015 è ritornato al suo lavoro di dipendente della Provincia di Imperia: «Dopo tutto questo tempo non so cosa dire, ho un ricordo sfumato di quegli episodi, non so nemmeno come mi difenderò. Questa vicenda mi perseguita. Come ho già  detto in passato, sono stato un ingenuo, ma non sono mai stato colluso. Ho lasciato la politica anche per gli strascichi di questa vicenda, e i rischi che ho capito ».

(da “il Secolo XIX”)

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LA SCHEDA DEL ROSATELLUM E LE DUE POSSIBILITA’ DI VOTO

Ottobre 28th, 2017 Riccardo Fucile

PERCHE’ SI PUO’ VOTARE IN DUE MODI E COME FUNZIONA

Vi sono due possibilità  di voto date dal nuovo sistema.
Si può infatti mettere una croce sul nome del candidato di collegio e il voto si estende “pro quota” anche ai partiti collegati e contribuisce al risultato nella parte proporzionale; oppure si può mettere una croce sul simbolo di uno dei partiti (o del partito) collegati al candidato del collegio: in questo caso il voto si estende al candidato del collegio.
Nella simulazione dei risultati alla Camera pubblicati da “Repubblica”, a differenza di quelle pubblicate nei giorni scorsi, un’alleanza tra Partito Democratico e Alternativa Popolare porterebbe 180 seggi al centrosinistra e 168 al MoVimento 5 Stelle, mentre il centrodestra arriverebbe a 246, ben lontano dalla maggioranza necessaria a Montecitorio.
Il professor Roberto D’Alimonte aveva invece pubblicato una tabella qualche giorno fa sul sito del Centro Italiano Studi Elettorali della Luiss in cui i calcoli rendevano ancora più difficile la conquista della maggioranza alla Camera da parte di uno dei tre poli: «Se anche immaginassimo che uno dei contendenti arrivi al 40 per cento dei seggi proporzionali dovrebbe pur vincere il 70% dei seggi maggioritari per ottenere una maggioranza risicata di 317 seggi totali. Se invece ipotizziamo che uno dei tre competitori vinca il 55 per cento dei seggi maggioritari dovrebbe ottenere la percentuale straordinariamente elevata del 50 per cento dei seggi proporzionali per arrivare a 321 seggi totali. Pur nell’incertezza che caratterizza in questa fase il comportamento degli elettori queste combinazioni appaiono decisamente poco credibili».
E quindi, spiegava D’Alimonte, «il prossimo governo dovrà  necessariamente nascere dalla scomposizione delle coalizioni che si presenteranno davanti agli elettori in campagna elettorale e dalla loro ricomposizione in una maggioranza di governo che non corrisponderà  alle solenni promesse fatte agli elettori al momento del voto».

( da “NextQuotidiano”)

argomento: Parlamento | Commenta »

VIA LA PAROLA NORD E BOSSI APOSTROFA SALVINI: “FASCISTA”

Ottobre 28th, 2017 Riccardo Fucile

CALDEROLI “LASCIA” IL PARTITO PER IL BLOCCO DEI CONTI…. SI E’ DISSOLTO “NOI CON SALVINI”

«Sei un nazionalista fascista». Umberto Bossi si rivolge a Matteo Salvini e va all’ultima battaglia, ma il consiglio federale della Lega lo lascia da solo.
A dirglielo è il governatore veneto, Luca Zaia: «Umberto, i tempi sono cambiati».
Il fatto è che Salvini l’altra sera aPiazzapulita su La7 ha detto che nel simbolo elettorale della Lega non ci sarà  la parola Nord: «Secondo voi vado a Taranto con la parola Nord? Che la Lega si chiamerà  solo Lega mi sembra chiaro da mesi. Sono tre anni che ci battiamo a livello nazionale per trasformare l’Italia in un Paese federale. I risultati ci premiano, e all’ultimo congresso la mia linea politica è passata con più dell’80%».
A breve, cambierà  soltanto il simbolo elettorale, la modifica del nome richiederebbe un congresso per il cambio dello Statuto.
In ogni caso, entro un mese dovrebbe essere presentato un nuovo logo blu che in alcune versioni è sotto test con la scritta «Salvini premier».
In via di superamento anche il simbolo «Noi con Salvini»: alle politiche non comparirà .
Il percorso è verso il definitivo addio al famoso articolo 1 dello Statuto con la Lega per «l’indipendenza della Padania».
L’umore bellicoso di Bossi
Ma la giornata di ieri prende un valore simbolico anche per un’altra decisione approvata all’unanimità : Roberto Calderoli, uno degli esponenti storici e più noti del movimento, lascerà  il gruppo leghista al Senato per approdare al gruppo misto.
Non un fatto ideologico o polemico nei confronti della Lega non più nordista. Va infatti messo in relazione con il blocco dei conti stabilito dal tribunale di Genova nel processo nel quale sono stati già  condannati Bossi e l’ex tesoriere Belsito.
Il federale era convocato soprattutto sul dopo-referendum per l’autonomia.
Sennonchè, mentre Zaia sta parlando, arriva Umberto Bossi.
Di umore bellicoso: «Non voglio rimanere in un partito in cui il segretario decide da solo il cambio del nome».
Secondo il fondatore, anzi, nel simbolo «la parola Nord andrebbe scritta più in grande».
A richiamarlo è proprio Luca Zaia. Che sottolinea il «risultato senza precedenti» del referendum e riprende Bossi, sia pure in modo definito affettuoso: «Umberto non devi andare via, quello di cui stiamo discutendo è il messaggio più adeguato al 2017».
Fava: «La battaglia nordista continuerà »
L’opposizione interna leghista, rappresentata dall’assessore lombardo Gianni Fava, promette che la battaglia nordista continuerà . Sul suo (e altri) profili Facebook dai ieri è comparsa la scrittà  «C’è chi dice Nord»: «Trovo la scelta di cancellare la parola Nord profondamente sbagliata. Mi adeguerò, come è sempre successo, ma non ne condivido le ragioni, proprio ora che il patrimonio storico della Lega è diventato patrimonio di tutti».

(da “Il Corriere della Sera”)

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