Novembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
SI RISCHIA UN CLAMOROSO AUTOGOL QUANDO LA POLIZIA FERMA TUTTI PRIMA DI OSTIA NUOVA, ZONA DEL CLAN SPADA… POI IL CORTEO RIPARTE MA SI SPEZZA
“Allora è vero che è zona franca! Così alzate bandiera bianca e lasciate Ostia agli Spada e
ai Fasciani…e io che ho fatto anche delle iniziative con voi. Non mi vedrete mai più”.
La manifestazione organizzata dalle associazioni del territorio e della società civile di Ostia dopo la brutale aggressione di Roberto Spada – per cui è stato convalidato il carcere – nei confronti del cronista Daniele Piervincenzi ha rischiato di risolversi in un clamoroso autogol.
Una parte degli organizzatori, quella più vicina ai centri sociali e ai movimenti ha deciso, a sorpresa, di concludere il percorso del corteo prima di entrare a Nuova Ostia, nel feudo dei clan che dominano il X Municipio della Capitale, arrestandosi sul lungomare.
Una decisione repentina e per certi versi inspiegabile, che ha sorpreso lo stesso staff della sindaca Virginia Raggi, che ha dato vita ad un animato faccia a faccia con alcuni cittadini e militanti del suo stesso movimento, determinati a raggiungere il quartiere teatro delle intimidazioni e della stessa aggressione da cui è scaturita la manifestazione.
Un esito scongiurato con la decisione presa dalla prima cittadina di andare avanti, non senza momenti di tensione con alcuni residenti di Ostia Nuova che contestavano il marchio di territorio mafioso. Nella bagarre il corteo si spezza e alla fine solo in pochi raggiungono la fine del corteo.
Intoppo a parte, va subito detto che la partecipazione c’è stata, a dispetto di quanti paventavano un sanguinoso flop, che avrebbe avuto come prima vittima la prima cittadina romana e M5S, che su questo appuntamento aveva puntato molto anche in chiave ballottaggio, previsto domenica 19 tra la candidata grillina Giuliana Di Pillo e quella del centrodestra Monica Picca.
Circa duemila persone, molte delle quali militanti pentastellati, che hanno diligentemente seguito le indicazioni dei big del Movimento, in base alle quali si sarebbe dovuti sfilare senza vessilli di parte.
E sulle strade di Ostia, in effetti, i partecipanti hanno portato striscioni e intonato slogan che si ispiravano alla migliore stagione della lotta contro la mafia e ai suoi martiri, come Peppino Impastato, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino.
Con qualche voce stonata fuori dal coro, come ad esempio i fin troppo zelanti attivisti grillini che hanno dato vita, a pochi metri dalla sindaca, a una serie di dozzinali invettive contro la stampa e i presunti giornalisti di regime, forse ignorando che si trovavano a marciare in un corteo convocato proprio in seguito all’aggressione di un giornalista.
C’era, si è detto, la società civile, ma c’era anche la politica, e se è vero che tre indizi fanno una prova, il fatto che l’unica delegazione presente in maniera ufficiale oltre a quella grillina fosse quella di Mdp (che ha anche diramato un comunicato per ribadirlo) ha testimoniato anche oggi, dopo i ragionamenti e gli endorsement mascherati sul voto ostiense, che il dialogo tra le due forze è in fase più che avanzata.
C’erano, ovviamente, i pezzi da novanta nazionali di M5S che si sono tenuti distanti dalla sindaca Raggi per un ordine di scuderia in base al quale non si doveva rendere la manifestazione troppo caratterizzata politicamente.
Ma c’erano anche “cani sciolti” del Pd, che non hanno seguito le indicazioni del loro partito e hanno preso parte, seppure a titolo personale, al corteo: come il sindaco di Fiumicino Montino, presente con la fascia tricolore, oltre ovviamente all’adesione (senza presenza) della presidente della commissione Antimafia Rosy Bindi.
Proprio su questo punto, la polemica strisciante tra le due formazioni è proseguita per tutta la giornata, con l’ultima stoccata di Roberta Lombardi che ha giustificato l’assenza dei Dem con la “vergogna”per quanto fatto su questo territorio negli ultimi anni.
Scintille destinate a durare per molto tempo ancora, dato l’incalzare del ballottaggio e delle elezioni nazionali, e che di certo non saranno attenuate dalla necessità , invocata con forza oggi dai cittadini ostiensi, di una battaglia comune contro l’arbitrio dei clan.
(da “Huffingtonpost“)
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Novembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
CORTEO ANTIMAFIA A OSTIA, TENSIONI PER IL PERCORSO E INSULTI AI GIORNALISTI
Quella “fesseria”, con l’aggravante del metodo mafioso, vale il carcere. Resta infatti in carcere Roberto Spada, autore dell’aggressione al giornalista Rai Daniele Piervincenzi. Lo ha deciso il gip Anna Maria Fattori che nell’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa ha riconosciuto l’aggravante del metodo mafioso.
A Spada – che ha risposto alle domande del gip – la procura contesta il reato di lesioni e violenza privata aggravate dal metodo mafioso e dai futili motivi.
“Ho risposto a una provocazione”, ha detto l’accusato durante l’interrogatorio, ammettendo i fatti, e spiegando di aver fatto “una fesseria”.
“Non mi riconosco in quel video. So di aver fatto una fesseria a comportarmi in quel modo. Ma quando quello è entrato in palestra mi sono innervosito”.
Spada, invitato dal giudice a identificare il guardaspalla che lo ha aiutato nel pestaggio subito anche dal film-maker Edoardo Alessi, ha detto di non essere in grado di fornire elementi utili.
Un’aggressione brutale, quella subita dalla troupe Rai di ‘Nemo’ che pure non ha presentato querela nonostante la gravità delle lesioni, messa a segno da un soggetto come Spada che ha approfittato della presenza di numerosi testimoni, di un luogo pubblico, di un orario in cui sono aperti tutti i negozi, oltre che delle riprese di una telecamera, per documentare la propria forza e capacità di intimidazione con espressioni minacciose e molto esplicite.
Questo, in sintesi, il perchè il gip Anna Maria Fattori, seguendo il ragionamento della Procura, ha attribuito una valenza mafiosa al pestaggio di Ostia di martedì scorso.
Agendo in quel modo così manifesto, evocativo anche di un disprezzo per la reazione dello Stato, Spada, a parere del giudice, ha voluto dare forza ed efficacia al proprio potere in un territorio caratterizzato da uno stato di assoggettamento e da una garanzia di impunità che deriva dall’omertà di chi ci vive.
Altro che “una fesseria”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
I SONDAGGISTI: “MOLTO DIPENDERA’ DAL TIPO DI CAMPAGNA ELETTORALE CHE AVREMO E DALL’APPELLO DEL PD AL VOTO UTILE”
Una nuova creatura a sinistra guidata dal presidente del Senato Pietro Grasso potrebbe
arrivare fino al 10% al voto, dicono i sondaggisti oggi a La Stampa che ne parla in un articolo a firma di Andrea Carugati:
Tra i sondaggisti il nuovo soggetto di sinistra non è stato ancora ufficialmente testato. «Finora abbiamo raccolto la somma delle varie sigle, da Mdp a Sinistra italiana e sono intorno al 6,5%», spiega Fabrizio Masia di Emg.
«A nostro avviso il potenziale è tra il 9 e il 10%, ma non è un risultato scontato. Molto dipenderà dal tipo di campagna che avremo e dall’appello del Pd al voto utile».
Concorda il presidente di Ixè Roberto Weber: «Per noi si collocano tra il 6 e il 10%. Circa la metà dei voti arriveranno dalla ex sinistra radicale, altrettanti da elettori delusi dal Pd».
Secondo Weber, «la figura di Grasso non ha un potenziale elettorale in sè. Per la sinistra è indispensabile la figura di un federatore che trasmetta simbolicamente l’idea di unità ». Diverso il tema dei collegi delle regioni rosse.
Secondo Masia e Weber la divisione tra Pd e sinistra potrebbe far perdere ai dem tra 20 e 30 collegi.
«Quelli dove il vantaggio Pd è meno sensibile», dice Masia.
Weber annota che, «come è avvenuto in Sicilia con i voti al candidato grillino Cancelleri superiori a quelli della lista, il voto in uscita dal Pd si sta orientando più verso il M5S che verso la sinistra. I grillini vengono percepiti dagli elettori dem delusi come un più solido argine contro Berlusconi. Un argomento destinato a pesare soprattutto in Emilia e Toscana».
Si parla ovviamente di un soggetto unitario, con Pisapia, che permetterebbe di raddoppiare le percentuali che oggi sono indicate come appannaggio della sinistra da Nando Pagnoncelli nella rilevazione del Corriere.
Una percentuale che potrebbe far cambiare i risultati della corsa nei collegi uninominali:
Una preoccupazione, quella per i collegi a rischio, che continua ad animare la discussione dentro il Pd.
Le minoranze di Andrea Orlando, Gianni Cuperlo e Cesare Damiano hanno preparato un ordine del giorno per i gruppi Pd (che si potrà anche trasformare in un documento per la direzione) in cui si ribadisce la richiesta di costruire una coalizione anche con Mdp.
E per farlo si propone di «riaprire un confronto sulla disciplina dei licenziamenti disciplinari e collettivi», quando arriveranno in Aula (tra una decina di giorni) le proposte di legge delle sinistre sul ripristino dell’articolo 18.
(da agenzie)
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Novembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
“SPIACE DOVERVI DELUDERE, MA E’ SOLO UNA RICHIESTA DI INFORMAZIONI E DOCUMENTI”
“Indagata anche la madre di Renzi”. Questo il titolo del quotidiano La Verità che il legale della famiglia smentisce: “Nessun avviso di garanzia”.
Secondo il quotidiano diretto da Maurizio Belpietro la Procura di Firenze ha iscritto sul registro degli indagati sia Tiziano Renzi che Laura Bovoli, genitori del segretario del Pd.
“I nomi del padre e della madre dell’ex premier sono stati secretati dalla Procura di Firenze. Le contestazioni sono legate al crac della cooperativa fiorentina Delivery Service Italia, fallita nel 2015. L’ipotesi investigativa è che a tirare le fila dell’azienda dissestata, ma anche di altre società collegate e perquisite, come la Europe service e la Marmodiv srl, ci fosse la Eventi 6 che ha come presidente e rappresentante dell’impresa (con la figlia Matilde) Laura Bovoli ed è proprietà delle donne di casa Renzi (Laura 8%, Matilde 56% e l’altra figlia Benedetta 36%). Nel fascicolo risulta indagato anche il consigliere delegato di Eventi 6, l’ex autista del camper di Renzi durante la campagna per le primarie”.
L’avvocato dei genitori di Matteo Renzi smentisce la notizia. “Spiace dover deludere le attese – scrive l’avvocato Federico Bagattini – ma il presunto scoop odierno richiama una notizia già uscita oltre un mese fa. Non abbiamo ricevuto alcun avviso di garanzia, ma la sola richiesta di informazioni e documenti in merito al fallimento di una terza società che i signori Renzi hanno già presentato. Quanto alla notizia pubblicata dal sito del Corriere.it ricordiamo che il procedimento in questione, aperto dai pm di Genova tre anni fa, è stato definitivamente archiviato, a differenza di quanto riportato dal sito”.
(da agenzie)
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Novembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
“NON VOLEVO RESTARE UNO ZAPPATERRA ANALFABETA”
Peppino il barbiere dottore in Legge a 84 anni. Giuseppe Paventi, molisano d’origine e
romano d’adozione, una vita trascorsa “con le mani tra i capelli della gente” nel quartiere Africano a Roma.
La sua storia è raccontata dal Corriere della Sera nell’edizione romana.
Il lavoro e la decisione di “non restare uno zappaterra analfabeta”, come si definiva prima di intraprendere “un percorso lungo e ricco di ostacoli”, culminato con la laurea in Giurisprudenza.
“Nel ’90 presi la terza media, nel 2007 il diploma in ragioneria e quattro anni dopo, a 79 anni, mi iscrissi all’università , quella vera di Tor Vergata, mica quella della Terza Età “. Dopo ventinove esami, compresi inglese e informatica, due sole bocciature e una tesi in diritto del lavoro, Peppino è diventato dottore: “È stato il giorno più bello della mia vita anche se per arrivarci è stata dura. Studiavo quando non c’erano clienti. Camminavo per il negozio, mi guardavo allo specchio e ripetevo ad alta voce. Sembravo un matto e ogni tanto qualcuno mi chiedeva se stessi parlando da solo”.
Il barbiere ottantacinquenne ora punta alla toga:
“Sono ancora all’inizio: la laurea è solo la prima tappa. Il mio sogno? Diventare avvocato, aprire uno studio tutto mio e scrivere insieme ad altri colleghi un libro di diritto. Magari tra un taglio e l’altro”.
(da “Huffingtonpost”)
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Novembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
LA PRIMA VITTIMA NELL’86: UNA BIMBA DI DUE MESI… NEL MIRINO LE AUTOSTRADE
Era da 12 anni che un sasso lanciato da un cavalcavia non causava una vittima.
Ed è stata solo una questione di fortuna se, dopo l’impatto di giovedì sera sulla provinciale fra Cernusco sul Naviglio e Carugate, a cui è seguita la morte per choc della 62enne Nilde Caldarini, le vittime siano state solo sei negli ultimi 30 anni.
Un periodo nel quale il fenomeno non è scomparso anche se è caduto nell’oblio e rimosso dalla coscienza collettiva.
Ma secondo i dati raccolti dall’osservatorio Aspas sulla sicurezza stradale, ad agosto di quest’anno erano già 63 gli episodi registrati, sette dei quali lungo la rete autostradale il resto sulla rete viaria ordinaria.
Un trend che potrebbe superare gli 85 casi registrati del 2016 (di cui cinque in autostrada).
E, visti i numeri, che si ripetesse quanto avvenuto nel 2005 era solo una questione di tempo: ad agosto di quell’anno un masso di oltre 40 chili fatto cadere sulla carreggiata da un sovrappasso lungo la Roma-Napoli, all’altezza di Cassino, causò un incidente che portò alla morte di Natale Gioffrè, torinese di 46 anni, e il ferimento di altre cinque persone. I responsabili, allora come oggi, molto spesso sono minori: 30 quest’anno, 48 nel 2016. Al massimo ventenni.
Come i fratelli Sandro, Paolo e Franco Furlan che, assieme al cugino Paolo Bertocco, nel 1996 stroncarono la vita di Marialetizia Berdini. La donna, 31 anni, sposata da poco più di cinque mesi, perse la vita mentre era in viaggio sulla Torino-Piacenza con il marito per raggiungere Parigi dove avrebbe trascorso il Capodanno.
Un delitto assurdo, compiuto da un gruppo di ragazzotti «per scacciare la noia non sapendo come trascorre una serata d’inverno», come sostenne l’accusa al processo. Alla fine i quattro «idioti annoiati che uccidono per gioco» (come li descrisse un inquirente) furono condannati a 18 anni di carcere, poi abbreviati a 12 grazie a indulto, sconti di pena e buona condotta. Stessa sorte che toccò ai tre ventenni veronesi che, tre anni prima, la sera del 29 dicembre 1993, causarono la morte di Monica Zanotti. La donna, 25 anni, perse la vita dopo essere stata colpita da un sasso di 12 chili mentre stava percorrendo la A22.
Le altre vittime di un dramma fatto di emulazioni e bravate senza senso sono i coniugi Domenico e Rosa Fornale (1991 sulla autostrada del Brennero) e la 48enne Rosa Miscioscia (deceduta sulla Roma-Napoli).
Nell’ultimo caso, però, a uccidere la pediatra, originaria di Afragola e di ritorno da un convegno a Roma, fu un pezzo di metallo staccatosi da un pullman che poco prima aveva perso dei pezzi meccanici a causa di un’avaria alla trasmissione. Una fatalità che niente ha a che fare con il gesto di un singolo o di un gruppo. Episodi tutt’altro che isolati negli anni ’90, quando il drammatico fenomeno raggiunse il suo apice. Tanto che per far fronte all’emergenza e individuare il prima possibile i colpevoli e il luogo dell’accaduto, si decise di numerare ponti e cavalcavia con dei cartelli quadrati dallo sfondo marrone.
Una funzione che ora sembra demandata ai social network. Con una segnalazione su Facebook, a fine ottobre, è stato individuato un gruppo di ragazzi minorenni che nel Padovano avevano colpito un camion mentre viaggiava fra Pontevigodarzere e Altichiero. Una bravata che, fortunatamente, aveva causato solo un tamponamento senza conseguenze.
Stesso medium che Fabio Cecchinato, anche lui autista di camion, ha utilizzato per raccontare la sua disavventura. Il 30 ottobre, mentre viaggiava sulla A8 di ritorno da Cernusco sul Naviglio, un ragazzino che aveva scorto in lontananza sul nuovo cavalcavia costruito per Expo era riuscito a spaccargli il parabrezza del mezzo con un sasso. Penetrata nell’abitalo assieme ai frammenti di vetro, la pietra ha terminato la sua corsa sul sedile passeggero. Ma il primo episodio, in ordine cronologico, è del 1986.
Il 22 aprile, la famiglia Landriani stava viaggiando sulla Milano-Lentate. Papà alla guida, mamma al fianco con in braccio la piccola Maria Jlenia. Un viaggio tranquillo, finchè all’improvviso una pietra sfondò il parabrezza dell’auto colpendo la piccola di due mesi e mezzo che perse la vita sul colpo.
(da “La Stampa”)
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Novembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
A FINE 2016 ERANO 65,6 MILIONI, CON UN AUMENTO DI 300.000 CASI… OLTRE 40 MILIONI SONO SFOLLATI INTERNI E 22,5 I RIFUGIATI.. LA TURCHIA NE OSPITA 3 MILIONI… IL 55% DEI RIFUGIATI PROVIENE DA SIRIA, SUD SUDAN E AFGHANISTAN
Nel mondo nell’arco di ogni minuto che passa, 20 persone sono costrette a fuggire. Il 55%
di tutti i rifugiati proviene da solo tre Paesi: Siria, Afghanistan, Sud Sudan. La Turchia, con quasi 3 milioni di profughi, è lo Stato che ne ospita di più.
E l’Italia? Nel 2016 ha ricevuto 123mila domande di protezione internazionale: il 47% in più rispetto al 2015.
Record destinato a essere battuto quest’anno: le richieste di asilo registrano infatti un ulteriore aumento del 44% nei primi 6 mesi del 2017.
E ancora: oggi oltre il 40% dei comuni italiani accoglie migranti. È quanto fotografa il “Rapporto sulla protezione internazionale in Italia 2017”, curato da Anci, Caritas, Cittalia, Fondazione Migrantes e Sprar, con la collaborazione dell’Unhcr.
I popoli in fuga.
Alla fine del 2016 erano 65,6 milioni, con un aumento di 300mila casi rispetto all’anno precedente. Oltre 40 milioni sono gli sfollati interni e 22,5 milioni i rifugiati.
La metà è rappresentata da bambini. Il 55% dei rifugiati di tutto il mondo proviene da tre Paesi: Siria, Afghanistan, Sud Sudan. Con quasi 3 milioni di rifugiati la Turchia è il Paese che ne ospita di più. Gli Stati che hanno ricevuto il maggior numero di richieste d’asilo nel mondo nel corso del 2016 sono la Germania e gli Stati Uniti.
I rifugiati in Europa.
A livello di Unione europea, le richieste di protezione internazionale confermano invece un trend negativo già a partire dal 2016 con 1.259.955 domande (-4,8% rispetto all’anno precedente).
«Ci si attende — si legge nel rapporto — un’ulteriore flessione a fine 2017, dovuta tra l’altro alla diminuzione dei flussi dalla Libia a seguito dell’accordo siglato con l’Italia». I primi 6 mesi del 2017 confermano questa previsione con il 43,3% di domande in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
La Germania rimane il primo Paese per numero di richieste con oltre 745mila casi, seguita a grande distanza dall’Italia con circa 123mila.
Il flop dei ricollocamenti.
Il programma di ricollocazione, previsto dall’Agenda europea con l’obiettivo di alleggerire la pressione dei flussi sui due principali Paesi di ingresso, Italia e Grecia, si è dimostrato fallimentare.
Infatti a fronte di 160mila ricollocazioni previste dai due Paesi, a settembre 2017 se ne sono registrate appena 29.134, di cui solo 9.078 dall’Italia.
Le richieste d’asilo in Italia.
Nel 2016 sono state presentate complessivamente 123.600 domande di protezione internazionale (+47% rispetto al 2015).
Il profilo del richiedente è: africano (70% dei casi), uomo (85%), tra i 18 e i 34 anni (80,2%).
I primi cinque Paesi di origine: Nigeria (27.289), Pakistan (13.510), Gambia (9.040), Senegal (7.723) e Costa d’Avorio (7.419).
I dati sulle richieste di asilo registrano un ulteriore incremento nei primi 6 mesi del 2017, pari al 44% in più rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Le domande esaminate dalle Commissioni territoriali nel 2016 sono state oltre 91mila, con un esito positivo nel 40,2% dei casi, mentre i dinieghi sono stati il 56,2%.
La rete dell’accoglienza.
Al 15 luglio 2017 i migranti presenti nelle varie strutture di accoglienza erano 205mila (mentre a fine 2016 risultavano 188mila).
I Centri di accoglienza straordinaria (Cas) rimangono quelli più utilizzati con 158.607 accolti, segue il sistema dello Sprar (rete d’accoglienza gestita dai comuni italiani) con 31.313 presenze e i centri di prima accoglienza con 15mila persone.
Dal 2014 al 2016 la presenza di richiedenti nei Cas è aumentata del 286,5%, mentre lo Sprar ha registrato un incremento di circa il 50%. Il sistema di accoglienza comprende il 40,5% dei comuni italiani (3.231), un terzo dei quali è situato in Lombardia (20,3%) e Piemonte (10,8%).
I rimpatri.
In Italia, a fronte di poco più di 41mila migranti rintracciati in posizione irregolare, nel 2016 i rimpatri complessivamente adottati sono stati 5.800.
(da “La Repubblica”)
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Novembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
L’UNIVERSITA’ DI CAMBRIDGE STILA LA CLASSIFICA MONDIALE… IN SVEZIA PIU’ DEL DOPPIO, NEL BANGLADESH SOLO 48 SECONDI
«Chi è l’ultimo?». Dopo questa famigerata frase inizia l’attesa. È quanto accade in un qualsiasi studio di medicina di base.
Aspettando il proprio turno – tra una persona e l’altra il flusso è rallentato da chi dice «devo solo ritirare una ricetta» – il pensiero va subito al tempo che il medico dedicherà alla visita.
Nel nostro Paese, ultimi studi alla mano datati 2015, mediamente 9 minuti. C’è chi però sta peggio e chi molto meglio.
A tracciare una classifica di quanto durano i colloqui con il medico di base ci ha pensato Greg Irving della University of Cambridge in uno studio pubblicato sul British Medical Journal. I risultati non sono per nulla omogenei: meno di 5 minuti per metà della popolazione mondiale con un minimo di 48 secondi in Bangladesh e oltre 22 minuti in Svezia.
La classifica
Lo studio dei ricercatori inglesi aveva un preciso intento, ovvero studiare l’impatto potenziale su pazienti e sistema sanitario della lunghezza delle visite dal medico.
Per fare ciò gli autori dello studio hanno utilizzato i dati provenienti da 178 studi relativi a 67 Paesi per un totale di quasi 29 milioni di visite.
Oltre al caso limite della nazione asiatica si va da un minimo di 5 minuti per l’Austria a salire: Germania 7,6 minuti, Gran Bretagna (9,22), Danimarca (10), Olanda (10,2), Spagna (10,4), Malta (14), Lussemburgo (15), Francia (16), Svizzera (17), Finlandia (17,9), Bulgaria (20) e Svezia (22,5).
Nello studio non è stata analizzata l’Italia ma secondo un’indagine della Società Italiana di Medicina Interna il tempo medio di una visita non supera i 9 minuti. Un tempo dunque del tutto simile a quanto accade Oltremanica.
L’empatia con il paziente
La statistica italiana aggiunge però qualcosa che lo studio inglese non fa trasparire: in quei nove minuti totali già dopo 20 secondi il racconto del paziente viene interrotto dalle domande del dottore che, per due terzi del colloquio, tiene gli occhi incollati al computer. Una modalità che fa crollare così l’empatia tra medico e assistito.
Eppure nell’economia globale del nostro sistema sanitario un maggiore ascolto porterebbe benefici a non finire.
Diverse indagini dimostrano che il rapporto medico-paziente può considerarsi già una forma di terapia: un buon rapporto non solo riduce di quattro volte il rischio di ricoveri ma aumenta di oltre il 30% le probabilità di tenere sotto controllo ipercolesterolemia, diabete e rischio cardiovascolare riducendo il pericolo di complicanze e lo stress generato dagli accertamenti diagnostici.
Per contro – e lo studio inglese lo afferma chiaramente – a visite sempre più corte si associano prescrizioni di molti farmaci e un uso eccessivo di antibiotici.
La qualità dell’ascolto
Attenzione però a pensare che i medici non siano consci del problema. Da un’indagine presentata in febbraio dal Tribunale per i diritti del malato e da Cittadinanzattiva emerge che un medico su tre ritiene insufficiente il tempo dedicato ad ogni assistito.
Quanto dovrebbe allora durare una visita per essere considerata soddisfacente? In questo caso ci viene in aiuto uno studio dell’Università di Basilea.
Indipendentemente dalla durata della visita è il tempo dedicato all’ascolto a fare la differenza: durante lo studio i dottori hanno affrontato un percorso di formazione con un’attenzione particolare all’aspetto dell’ascolto attivo.
I risultati hanno indicato che i medici, in realtà , non rischiano di essere sommersi di parole dai loro pazienti. Per l’80% degli assistiti due minuti di racconto e di ascolto attivo da parte del professionista sono sufficienti per uscire soddisfatti dalla visita.
L’abito fa il monaco
Ma c’è di più e i medici di base dovrebbero prendere nota.
Il paziente medio non solo guarda al tempo dedicato con tanto di cronometro ma è molto attento al dress-code.
Anche in questo caso ci aiuta uno studio del British Medical Journal: l’apparenza è un fattore chiave per conquistare la fiducia di un paziente. Consigli? Per le donne vietate gonna sopra al ginocchio, sandali e orecchini vistosi.
Per l’uomo banditi i capelli lunghi. Per entrambi via anelli, piercing e scarpe da tennis. Ah, non dimenticatevi il camice.
(da “La Stampa”)
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Novembre 11th, 2017 Riccardo Fucile
UN MIGLIAIO DI PERSONE STA MARCIANDO PER MANIFESTARE CONTRO LA CRIMINALITA’
Un migliaio di persone sta marciando oggi ad Ostia per manifestare contro la criminalità .
La manifestazione è partita dalla stazione del Lido di Ostia e si sta snodando per circa 3 km in direzione di Ostia nuova.
C’è la sindaca Virginia Raggi, i deputati Castelli, Lombardi e Vignaroli, la senatrice Taverna, la candidata al municipio X Giuliana Di Pillo.
Presenti anche esponenti della sinistra: Stefano Fassina (Si) e Alfredo D’Attorre (Mdp), che ieri è stato definito l’acronimo di Mantenimento Delle Poltrone dall’account Twitter del M5S.
“Il laboratorio civico X ha lanciato la manifestazione insieme ad altre realtà . Siamo contenti che la sindaca abbia aderito ma è stato gravissimo il tentativo di strumentalizzare la manifestazione come se fosse del M5S quando non lo è. Questa non è una passeggiata e non l’ha organizzato la sindaca, è un corteo non solo antifascista ma anche antimafia. Noi vogliamo affermare la bellezza di questo territorio”, ha detto Mirella Arcamone del laboratorio Civico X.
Un altro manifestante e esponente del Laboratorio Civico X (realtà che ha corso con Don Franco De Donno al primo turno del X municipio) rincara: “Il M5S ha provato a mettere il capello per giunta in campagna elettorale”.
“In questo momento a Ostia centinaia di persone in strada a dire che la lotta alla mafia e al fascismo è la lotta contro la disoccupazione, perchè tutti abbiano un tetto sopra la testa, la lotta per un’educazione e una sanità pubbliche e gratuite”, scrive l’account Clash City Workers su Twitter.
Alla manifestazione, nata dopo l’aggressione di Roberto Spada a un giornalista della trasmissione Nemo, non mancano i militanti 5 stelle che si scagliano contro la stampa: “Fate schifo — gridano all’indirizzo dei giornalisti che circondano Raggi durante la passeggiata come racconta l’agenzia DIRE — siete delle mosche, servi del potere”.
Alcuni ipotizzano: “In tv raccontano solo quello che vogliono loro, danno tutte le colpe a Virginia, fanno vedere solo Prodi e Berlusconi. Perchè i nostri parlamentari, con i soldi che risparmiano, non aprono una bella tv?”.
La sindaca Raggi annuncia che sarà in piazza anche giovedì nella manifestazione organizzata da Libera e FNSI: “L’assenza del Pd? Oggi non voglio fare polemiche. Tra l’altro noi saremo anche alla manifestazione di giovedì prossimo, indetta da Libera ed Fnsi perchè la mafia è qualcosa che si deve combattere quotidianamente”.
Alla manifestazione sono presenti, tra gli altri, anche l’assessore alle politiche sociali della Regione Lazio, Rita Visini e il Presidente dell’Osservatorio regionale sulle Mafie, Giampiero Cioffredi, oltre a diversi rappresentanti dell’amministrazione capitolina.
(da “NextQuotidiano”)
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