Destra di Popolo.net

E ALLA FINE SI SCOPRE CHE VISCO NON INCONTRO’ BOSCHI MA IL GRILLINO VILLAROSA

Dicembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

IL PARLAMENTARE DEL M5S E’ ORA COMPONENTE DELLA COMMISSIONE D’INCHIESTA, MA NEL 2013 INCONTRO’ VISCO… HA LAVORATO DUE ANNI IN UNA FINANZIARIA DEL FRATELLO, CANCELLATA DA BANKITALIA PER IRREGOLARITA’ E SOSPETTI DI USURA… COSA C’ERA ANDATO A FARE DA VISCO?

“Come dobbiamo interpretare il fatto che nel 2013 il governatore della Banca d`Italia Visco abbia incontrato nel 2013 Alessio Villarosa, componente della Commissione d`inchiesta sul sistema bancario?”.
Lo dichiara Franco Vazio, deputato del Partito democratico e componente della Commissione d`inchiesta sul sistema bancario.
“Oggi – spiega – il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, ha rivelato di aver incontrato Alessio Villarosa. Ma Villarosa ha lavorato un paio d’anni   in una finanziaria del fratello Massimiliano, poi cancellata da Bankitalia per gravi irregolarità  e sospetti d’usura”.
Poi l’affondo: “Una società  che, pare abbia dato proprie azioni in pegno alla Banca popolare di Vicenza per 550mila euro. Sono stati restituiti?”
Con quale faccia proprio loro vengono a parlarci di conflitto d’interesse e di inopportunità ?”, conclude.
Ma non erano i grillini quelli che combattono il sistema bancario?

(da agenzie)

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PAGATI UN EURO L’ORA: IL CAPORALATO VERGOGNA DEI CALL CENTER

Dicembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

CHI VIENE PAGATO 92 EURO AL MESE, CHI LAVORA IN UN SOTTOSCALA, CHI DEVE RESTITUIRE META’ DELLO STIPENDIO

Lavoratori dei call center equiparati ai braccianti agricoli: ad accomunare le due figure apparentemente molto distanti è lo sfruttamento al quale vengono sottoposti, tanto che la Slc Cgil di Taranto ha deciso di utilizzare la legge contro il caporalato nell’ennesima vertenza che vedrà  coinvolti operatori di un call center.
«Vent’anni fa fu pubblicato “Cira e le altre. Braccianti e caporali”, il libro cult che raccontava la situazione nei campi: da allora nulla è cambiato nel mondo del lavoro, tranne il fatto che ora c’è una legge e gli avvocati della Cgil hanno intenzione di utilizzarla nel settore del call center perchè in una sorta di “Far West” dei diritti, a donne e uomini alla ricerca disperata di lavoro non venga più calpestata la dignità », dice Andrea Lumino, segretario generale di SLC Cgil Taranto, che ha chiuso la conferenza stampa nella quale insieme a sette donne ha denunciato l’ennesimo caso di sfruttamento in un call center del capoluogo jonico.
«Un annuncio — ha spiegato Lumino — sul sito Subito.it parla di una azienda di Lecce con sede a Taranto in Via Bari, che offriva ben 12mila euro all’anno, ma la realtà  non solo era differente, ma superava di gran lunga la più macabra immaginazione».
A raccontare la realtà  sono state proprio le lavoratrici che hanno trovato nel sindacato il sostegno per rompere la gabbia nella quale erano state rinchiuse.
«Dopo un periodo di lavoro iniziato a metà  ottobre e terminato a dicembre, hanno scelto di licenziarsi dopo aver avuto, non la busta paga, ma il primo allucinante bonifico allucinante di appena 92 euro per un intero mese di lavoro», racconta Lumino, «alle loro rimostranze, l’azienda ha risposto che se per 5 minuti si lascia il posto per andare al bagno si perdeva una intera ora di lavoro. Anche per un ritardo di tre minuti l’azienda non riconosceva alle lavoratrici la retribuzione oraria».
“Ho calcolato l’effettiva paga oraria con la calcolatrice e quando ho visto il risultato di 33 centesimi di euro all’ora ho pensato di aver sbagliato. Ho rifatto il calcolo più e il risultato era sempre lo stesso. Non riuscivo a crederci», ha aggiunto.
Durante l’incontro con la stampa Lumino ha chiarito che la vertenza assume ora un valore pubblico della tutela dei diritti delle lavoratrici da una condizione di palese sfruttamento: «Abbiamo già  interessato i nostri legali che hanno valutato la possibilità  di collegare questa situazione alla legge contro il caporalato». Subito dopo la conferenza stampa è stato preparato un esposto denuncia delle lavoratrici e del sindacato da inviare alla Procura della Repubblica, ma anche al Sindaco, al Presidente della Provincia e al Prefetto.
«Siamo certi — ha aggiunto Lumino — che vorranno intervenire su una vicenda come questa schierandosi a tutela dei diritti delle persone e del lavoro». Ma per Slc Cgil Taranto si tratta di un tema da sottoporre a tutto il mondo politico istituzionale: all’assenza di regole certe si aggiunge anche l’assenza di etica da parte della committenza e talvolta coinvolge anche lo Stato dato che lavoratori sottopagati sono stati individuati anche nei call center che operavano per conto dell’Inps.
Per Lumino «quello del call center è un settore “malato”: leggi sfavorevoli, aziende che andrebbero controllate addirittura dall’antimafia e dove i grandi committenti, come ad esempio Fastweb, pensano solo al massimo risparmio disinteressandosi dell’ovvio e conseguente sfruttamento di chi lavora che è l’anello più debole della catena. Noi continuiamo a stare al fianco di questi anelli deboli e se Fastweb non interverrà  immediatamente lo riterremo corresponsabile di questa situazione: quello che hanno subito queste donne non deve essere considerato lavoro e questi call center vanno chiusi. Le istituzioni si schierino al nostro fianco e firmino il protocollo sulla legalità  per i call center che abbiamo proposto lo scorso mese: non è più in ballo solo il rispetto di un contratto, ma la dignità  di esseri umani e di una intera comunità . Queste donne sono state trattate allo stesso modo in cui sono state trattate le lavoratrici nei campi e quindi, come prima cosa, lotteremo perchè la legge che punisce i caporali possa finalmente essere estesa anche al settore dei call center».
Andrea Lumino ha subìto in passato diverse minacce: «La prima nel 2014», dice, «mi hanno fatto trovare un biglietto sul parabrezza della mia macchina, in un’altra occasione lo avevano chiamato sul cellulare: “Fai pure il comunista, ma non venire a rompere il c… a noi”».
E’ stato lui il primo ad aver scoperchiato un vero e proprio sistema, quello dei call center “sottoscala”: «Ne abbiamo scoperti cento nella sola provincia di Taranto, ma sono sicuramente molti di più. Nel settore ha cominciato a vedere una fonte di reddito anche la malavita organizzata. I call center si sono rivelati un ottimo strumento per il riciclaggio di denaro sporco, metterne in piedi uno fuorilegge è semplice ed economico: basta allestire qualche postazione telefonica. Chi dà  commesse a questi soggetti, però, è colpevole quanto loro. A Grottaglie, in provincia di Taranto, abbiamo scoperto un call center in un garage, le operatrici lavoravano accedendo dall’unico ingresso, quello di una saracinesca che poi si richiudeva per tutto il tempo alle loro spalle. Retribuzione? Un euro all’ora, anche in quella occasione», si indigna Lumino.
«Gli operatori non solo si ritrovano a svolgere il proprio lavoro in garage e sottoscala ma spesso lo fanno anche senza database o addirittura senza computer. Il più delle volte ai dipendenti viene chiesto di usare i cellulari privati con la promessa di rimborsare i costi delle chiamate in uscita», spiega Lumino.
«Le società , quando sono registrate alla Camera di commercio, il che non accade sempre, durano alcuni mesi, il tempo di svolgere la commessa ricevuta. Sfruttano al massimo gli operatori, quindi scompaiono nel nulla come fantasmi per poi riaprire da un’altra parte con un nuovo nome. I pochi dipendenti che hanno trovato la forza di denunciare raccontano di un clima di terrore, fatto di minuti cronometrati anche per andare in bagno, divieto di socializzare fra colleghi, mobbing, minacce e violenza psicologica verso chi avanza il più basilare dei diritti: essere pagati per il lavoro svolto».
Lumino racconta anche di una società , al servizio di un grosso gruppo telefonico, che versa ai dipendenti un regolare stipendio, ma, dopo l’accredito, pretende che restituiscano la metà  del compenso: una vera e propria tangente per continuare a lavorare», commenta. Come i caporali in agricoltura, forse anche peggio.

(da “NextQuotidiano“)

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IL LATO D DEL CENTRODESTRA: SETTE LEADER PER UN NUOVO PARTITO

Dicembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

IL NOME POSSIBILE: ITALIA DELLE LIBERTA’… NON CI STANNO PARISI E GLI EX DC CON LO SCUDO CROCIATO

Lo squadrone del centrodestra ha la quarta gamba (i «magnifici sette» liberal popolari) e anche la quinta (gli ex democristiani di Cesa, Mastella e Rotondi), con il possibile innesto di «Energie per l’Italia» di Stefano Parisi nella lista dello scudocrociato.
Così le due (o tre) liste remeranno per superare la soglia del 3% sotto la quale i loro voti saranno ridistribuiti ai partiti maggiori della coalizione (FI, Lega e FdI).
Come contropartita i «cespugli» avrebbero una manciata di posti nei collegi uninominali sicuri dove piazzerebbero i candidati di rango.
Questo è lo schema di gioco.
Ma l’accordo con i tre big ancora non c’è: tant’è che Matteo Salvini e Giorgia Meloni avrebbero fatto sapere a Silvio Berlusconi che la lista dei «magnifici sette» sarà  sul conto di Forza Italia quando si tratterà  di fare le quote per i collegi.
Diverso il discorso per gli ex dc di Lorenzo Cesa che in Sicilia, con i loro 140 mila voti, sono diventati azionisti della vittoria del governatore Musumeci.
Oggi all’Hotel Minerva con vista sul Pantheon, si presenta la lista dei sette liberal popolari dei quali cinque sono ex Forza Italia: Enrico Costa (Ala per la costituente liberale), Raffaele Fitto (Direzione Italia), Maurizio Lupi (Ap), Gaetano Quaglieriello (Idea), Saverio Romano (Ala-verdiniani), Flavio Tosi (Fare, ex sindaco di Verona) ed Enrico Zanetti (Scelta civica) sotterreranno i rispettivi simboli e aderiranno al soggetto politico che dovrebbe chiamarsi «Italia delle Libertà » o «per le Libertà ».
La dislocazione territoriale delle truppe indica in Veneto un punto di frizione tra Tosi e la Lega.
Ma anche i presìdi di Romano in Sicilia, di Fitto in Puglia, di Costa in Piemonte, di Lupi a Milano, di Quagliariello a Napoli e di Zanetti nel Nord Est potrebbero essere determinanti nella competizione tra Berlusconi e Salvini.
Invece la quinta gamba è tutta giocata sulla identità  democristiana.
L’ostinazione a non voler rinunciare allo scudocrociato con la scritta «Libertas» ha portato l’Udc di Lorenzo Cesa, rompendo le trattative con i sette liberal popolari, a correre da sola: «Portiamo a Silvio un po’ di Dc», ha detto Cesa a Libero.
Ma il progetto unitario si è arenato: «Se andavamo noi con lo scudocrociato facevamo ridere», ha detto Quagliariello, «noi scendiamo in campo per recuperare chi non vota i partiti».
Poi nella lista di Cesa sono arrivati Clemente Mastella con l’Udeur, Gianfranco Rotondi con la Dc e Stefano Tassone (Cdu).
Insieme ora fanno una piccola «balena bianca» che ha le roccaforti in Calabria, Campania, Sicilia, Lazio e Veneto.
Spiega Antonio De Poli (Udc), vice presidente del Senato: «A noi interessa l’identità . Udc e Udeur fanno parte, con Forza Italia, della grande famiglia europea del Ppe».
Sono in corso colloqui e trattative anche con «Energie per l’Italia» di Stefano Parisi che in questi giorni ha inaugurato in Campania il suo camper elettorale.
L’ex candidato di Berlusconi al Comune di Milano ha detto no ai sette («Non hanno identità  politica») ma ha aperto un canale di dialogo con Cesa: «Vedremo. Siamo nel campo del centro destra e abbiamo un forte radicamento nel modo cattolico, con noi c’è anche Gian Luigi Gigli del Movimento per la Vita, ma alle elezioni potremmo anche correre con il nostro simbolo».
E sarebbe la sesta gamba del centro destra.

(da “il Corriere della Sera“)

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ZAIA NON HA SOLDI PER FINANZIARE IL FESTIVAL TEATRALE “SCENE DI PAGLIA”: SI SONO SPUTTANATI 14 MILIONI CON IL REFERENDUM FARLOCCO

Dicembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

DOPO OTTO ANNI LA REGIONE VENETO SI DIMENTICA DI UN FESTIVAL CONOSCIUTO A LIVELLO INTERNAZIONALE CAUSA “LIMITATE DISPONIBLITA’ FINANZIARIE”

Scene di Paglia — Festival dei Casoni e delle acque è un festival teatrale che si svolge in Provincia di Padova.
Nel 2018 la rassegna festeggerà  la decima edizione. La sua esistenza però è a rischio perchè — è notizia di questi giorni — la Regione Veneto non ha concesso un finanziamento da 20 mila euro per coprire parte delle spese dell’edizione 2017.
La comunicazione è stata qualche giorno fa al Comune di Piove di Sacco che è il comune capofila degli otto comuni che compartecipano alla realizzazione del Festival.
La Regione ha fatto sapere che “alla luce delle limitate disponibilità  finanziarie complessive” non è stato possibile accogliere tutte le istanze di finanziamento.
Amaro lo sfogo di Davide Gianella, sindaco di Piove di Sacco, sorpreso dal fatto che dopo 8 anni la Regione Veneto abbia deciso di togliere l’interno contributo al Festival. Secondo il Sindaco i motivi sono politici, si tratterebbe di un dispetto da campagna elettorale visto che l’anno prossimo a Piove di Sacco ci saranno le elezioni amministrative per la scelta del Sindaco e del nuovo consiglio comunale.
Gli anni scorsi infatti la Regione, che era sempre guidata dalla stessa giunta attuale (e in Veneto anche prima di Zaia la Regione ha avuto dal 2000 una guida a trazione leghista), ha sempre concesso il finanziamento per le attività  del Festival.
La rassegna del resto non si basa unicamente sull’apporto dei contributi pubblici ma anche degli sponsor e dei finanziamenti privati.
A quanto pare quest’anno — ma sul sito della Regione non si trova la delibera di giunta — altri eventi organizzati “dagli amici” (scrive Gianella) sono stati regolarmente finanziati. Evidentemente erano prioritari.
A lasciare l’amaro in bocca è il fatto che nel 2015   il Festival abbia ottenuto il riconoscimento ufficiale da parte del Ministero dei Beni Culturali e che l’edizione 2017 si sia svolta con il patrocinio della Regione.
Questo perchè il Festival ha una profonda attenzione per il territorio e chi lo abita. Quando però l’assessora alla cultura Paola Ranzato, che è anche una delle fondatrici della manifestazione, ha chiesto spiegazioni all’assessorato regionale alla Cultura le è stato risposto che se voleva i finanziamenti avrebbe dovuto andare a presentare il progetto che “era sconosciuto” all’Assessore.
Ed in effetti è curioso che l’assessore alla Cultura della Regione Veneto non fosse a conoscenza dell’esistenza di un Festival che la Regione stessa ha patrocinato e al quale la Regione ha concesso i finanziamenti negli ultimi otto anni.
Il Comune fa sapere di aver inoltrato la richiesta entro i termini stabiliti dalla legge regionale per la concessione di contributi per l’organizzazione di iniziative e manifestazioni culturali finalizzate alla promozione delle risorse e tradizioni del Veneto e all’approfondimento dei temi di attualità  di interesse regionale.
Del resto la valenza turistica della rassegna non può essere messa in discussione visto che contribuisce alla valorizzazione dei comuni compresi tra Padova e Venezia. L’assessore Ranzato fa sapere che oltre agli spettacoli teatrali vengono organizzati anche percorsi che portano gli spettatori anche alla scoperta dei prodotti del territorio. Il dubbio è che il Festival non abbia patito solo del clima da campagna elettorale imminente ma anche dello spreco di fondi pubblici che si è visto in Veneto in occasione del tanto sbandierato Referendum sull’Autonomia del Veneto.
Nella consultazione popolare fortemente voluta da Luca Zaia il Veneto ha buttato 14 milioni di euro.
Soldi che sarebbero potuti essere spesi meglio, magari proprio per valorizzare le eccellenze di quel territorio per il quale la Lega Nord ha fatto richiesta di maggiori competenze.

(da “NextQuotidiano”)

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PAZZA IDEA: LA BOSCHI CANDIDATA A POMIGLIANO CONTRO DI MAIO

Dicembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

LA PROVOCAZIONE DI RENZI IN UN COLLEGIO SIMBOLO E DATO PER INCERTO

Da quando Maria Elena Boschi è tornata nell’occhio del ciclone dopo la testimonianza di Vegas in commissione banche, si è aperto di nuovo il toto-candidatura.
La sottosegretaria alla presidenza del Consiglio sembrava destinata a correre a Roma, nella zona in cui è stata votata alle primarie del Partito Democratico, ma piano piano le ipotesi su candidature alternative hanno cominciato a pullulare.
Lei da Lilli Gruber ha detto che spera di essere candidata in Toscana, mentre qualcuno ha proposto il Trentino Alto Adige.
Oggi un articolo della Stampa dà  conto dell’intenzione di Renzi di candidarla a Pomigliano D’Arco contro Luigi Di Maio:
Per quanto riguarda la Boschi, è convinto di sapere già  quello che Visco potrà  raccontare, un incontro con il vicedirettore generale dell’istituto Panetta che lei, giocando d’anticipo, ha già  commentato ieri in un’intervista. Minimizzandone il significato e il peso, come ripete anche il segretario a chi gliene chiede conto. «Leggo agenzie che parlano di una Boschi che si aggira negli uffici di Bankitalia: da quanto ne so non ci è mai andata».
Superato il primo cerchio di fuoco, oggi, domani ne arriva un altro, con la deposizione di Ghizzoni, a cui, secondo Ferruccio De Bortoli, la ex ministra delle Riforme si sarebbe rivolta chiedendo di valutare l’acquisizione di Banca Etruria da parte di Unicredit.
Frase per la quale lei ha intentato una causa civile contro l’ex direttore del Corriere della sera.
«Non c’è nulla da temere», ripete Renzi, «anche altri ministri si sono occupati di banche: Delrio, ma anche Poletti quando abbiamo fatto la riforma delle Bcc o Franceschini sulla Banca di Ferrara».
E intanto, a Largo del Nazareno si ragiona su come trattare la candidatura della Boschi. Non farà  un passo indietro, sarà  nelle liste.
Un modo per garantirle l’elezione potrebbe essere nel listino del proporzionale, sfuggendo al confronto diretto con altri candidati.
Eppure, l’idea che ronza in testa al segretario è quella di spingerla alla battaglia campale: candidarsi nel collegio uninominale di Di Maio. Che dovrebbe essere Pomigliano, per la regola del M5S di cercare l’elezione nel luogo di residenza.
Una scelta da ponderare bene, però: quel collegio è considerato incerto, il rischio di schiantarsi è molto alto, ma non solo per la Boschi..

(da “NextQuotidiano”)

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ANDREA ORLANDO SI BECCA UNA SEQUELA DI INSULTI PER L’INTERVISTA SU MARIA ELENA BOSCHI

Dicembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

ELETTORI PD E RENZIANI LO ACCUSANO DI ESSERE UN TRADITORE E LO INVITANO AD ANDARSENE… LUI PRECISA E GLI INSULTI AUMENTANO

L’altroieri il ministro della Giustizia ed ex candidato alle primarie Andrea Orlando ha rilasciato un’intervista alla Stampa in cui si diceva favorevole alla candidatura di Maria Elena Boschi nel Partito Democratico ma aggiungeva che ognuno dei candidati doveva valutare che tipo di contributo potesse dare alla campagna elettorale. T
utto il ragionamento è stato sintetizzato nel titolo: ““Boschi candidata? Valuti il Pd chi porta più voti”.
E ha scatenato una marea di insulti e inviti ad andarsene da parte dei renziani nei commenti a un altro suo status:
Ieri allora Orlando è tornato sull’argomento per spiegare che la situazione è disperata, ma non seria:
Su questa bacheca e su altre sono apparsi diversi commenti (sulla base di quel titolo)che meritano attenzione. Alcuni, i più misurati, mi invitavano a traslocare a Leu. I più fantasiosi mi additavano come complice di D’Alema, altri ancora mi imputavano un’intelligenza con il nemico pentastellato. A poco, evidentemente, era valso il fatto che nella stessa intervista denunciavo la pericolosa tendenza di Leu a corteggiare i grillini che mettevo sullo stesso piano della destra. Tralascio gli insulti sul piano personale e persino su quello fisico (alcuni devo dire divertenti). Non erano trolls nè avversari politici, scorrendo i loro profili ho constatato come fossero sostenitori del Pd e di Renzi. Per questo, meritano rispetto e considerazione
E ancora
Se il Pd diventa un partito nel quale non ci si può distinguere senza diventare traditori, siete certi che sarà  più forte? Se per contrastare giustamente una campagna di aggressione si usano le stesse parole ( non metto per dimensioni le due cose sullo stesso piano ) non si rischia di legittimare, sicuramente involontariamente, chi promuove tale campagna?
La parte curiosa della vicenda è che dopo il post di Orlando gli attacchi nei suoi confronti sono scesi di tono ma non sono affatto diminuiti di intensità .

(da “NextQuotidiano“)

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“CONTINUEREMO A PORTARE THE CALDO E BISCOTTI A CHI DORME PER STRADA”: I VOLONTARI SFIDANO L’ORDINANZA DEMENZIALE DEL SINDACO DI COMO

Dicembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

LA CARITAS CHIEDE LA REVOCA DELLA DECISIONE…   MA I SOVRANISTI SPECIALIZZATI IN PACCHI VIVERI PER I POVERI QUANDO ORGANIZZANO UNA MANIFESTAZIONE DI PROTESTA SOTTO IL COMUNE?

“Continueremo a portare tè caldo e biscotti a chi dorme per strada”. Non arretrano e hanno deciso di disobbedire al sindaco i volontari che qualche giorno fa, a Como, sono stati allontanati dai vigili mentre distribuivano la colazione ai senzatetto sotto ai portici dell’ex chiesa di San Francesco, nel centro storico.
“I nostri semplici gesti sarebbero contrari alla nuova ordinanza. Ci è stato detto che non potremo portare un piccolo simbolo d’amore a queste persone perchè in vista del Natale non è decoroso”, spiegano.
Un divieto che durerà  fino al 10 gennaio e che colpirà  clochard della città  lombarda.
Ma nessuno, a Como, ha intenzione di rispettare l’ordinanza “a tutela della vivibilità  e del decoro”, firmata il 15 dicembre dal sindaco, Mario Landriscina (sostenuto da una coalizione di Forza Italia, Lega Nord e Fratelli d’Italia).
A partire dal gruppo di uomini e donne, capitanati da un prete, don Roberto Malgesini, che da anni, ogni mattina, si svegliano all’alba per portare la colazione a chi non ha niente: preparano pentoloni di tè caldo e li mettono nei termos, per tenerli al caldo.
Poi insacchettano pane, biscotti e brioche donati da panettieri e pasticceri della città .
Una squadra infaticabile di volontari che da sette anni fa il giro nella città  murata cercando chi non ha un tetto per dormire per dare loro il buongiorno con un sorriso, qualcosa da mangiare e una coperta.
Il cibo è un modo per non farli sentire soli e “restituire loro un po’ di dignità  e di conforto”, spiega ad HuffPost Rossano Breda, uno degli operatori Caritas.
I senzatetto a Como sono circa 150. Ma da qualche anno, a dormire per terra, sui cartoni o sulle panchine, ci sono anche i migranti che passano da qui per provare a varcare il confine con la Svizzera per raggiungere il nord Europa.
Se si conta anche loro, il numero di chi dorme al freddo ogni notte raddoppia. “Quest’anno l’inverno è arrivato presto. La situazione è drammatica a causa delle temperature rigide”, spiega Breda, che racconta di avere appena scritto al sindaco e all’amministrazione per provare a fargli cambiare idea.
Perchè “Como è una città  di pace”. L’ordinanza contro i poveri? “Una scelta ipocrita”. Intanto anche la Caritas di Como, tramite il suo direttore, Roberto Bernasconi, ha invitato il sindaco a fare un passo indietro.
Ma non solo. In città  sono tante le manifestazioni di protesta già  in programma nella settimana che precede il Natale. Per il 23 dicembre, la rete di associazioni Como senza frontiere invita tutti i cittadini a scendere in piazza portando panini, biscotti e tramezzini per un ‘bivacco solidale’.
“Chiediamo l’immediato ritiro di un’ordinanza che colpisce i più deboli”, spiega Gianpaolo Rosso, vice presidente di Arci Como.
E la Vigilia di Natale si tornerà  in piazza con un flash mob che strizza l’occhio a Enzo Jannacci: “Dalla parte dei barbun”.
Tutti i comaschi sono invitati a presentarsi con le “scarp del tennis” e un cappello, che sarà  poi posato simbolicamente a terra come nel gesto di chiedere l’elemosina, mentre un gruppo di musicisti suonerà  il ritornello della celebre canzone.
Dal cibo alla musica, c’è una parte di Como che resiste e si ribella sotto le coreografie di luci e colori della Città  dei balocchi.

(da “Huffingtonpost”)

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DA TRIESTE A COMO ORDINANZE DEL CENTRODESTRA “MISERICORDIOSO” CONTRO CHI CHIEDE UN AIUTO PER STRADA DURANTE LE FESTE NATALIZIE

Dicembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

MA I SOVRANISTI NON ERANO QUELLI CHE PORTAVANO I PACCHI DI CIBO AI POVERI?… NE VA DEL “DECORO” DELLA CITTA’, I TURISTI POTREBBERO RIMANERE IMPRESSIONATI

Da Trieste a Como, ancora e anche sotto le festività  natalizie i comuni ripropongono provvedimenti per fermare (con scarsi risultati) chi chiede le elemosina in centro città . Non è la prima volta che succede e già  in altri casi i dispositivi sono stati bocciati dal Tar se non revocati addirittura dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella (come a Molinella in Emilia Romagna ad aprile scorso).
A Trieste la giunta di centrodestra ha lanciato una vera e propria campagna con poster e slogan contro la presunta “falsa povertà ”.
A Como il divieto dovrebbe durare 45 giorni e i primi ad accorgersene sono stati i volontari a cui è stato impedito di distribuire la colazione alle persone senzatetto.
COMO-Via i mendicanti dal centro storico di Como.
Per quarantacinque giorni “all’interno della città  murata e nelle immediate vicinanze” sarà  vietato mendicare “in forma dinamica” così come “in forma statica occupando spazi pubblici anche con l’utilizzo di cartoni, cartelli ed accessori vari che arrecano disagio al passaggio dei pedoni”.
Lo ha deciso il sindaco Mario Landriscina che ha firmato un’ordinanza che prevede sanzioni amministrative da 50 a 300 euro. I primi ad accorgersi di questo provvedimento sono stati i volontari del gruppo “Welcom — Osservatorio migranti Como” che domenica mattina non hanno potuto incontrare i senza tetto. Una denuncia lanciata dalla loro pagina Facebook: “Come tutte le mattine da più di sette anni, ci siamo recati presso l’ex chiesa di san Francesco a Como per distribuire la colazione (ma soprattutto un’occasione di relazione), alle persone che dormono fuori perchè senza casa. Ci è stato proibito di farlo perchè i nostri semplici gesti sarebbero contrari alla nuova ordinanza del Comune di Como firmata dal sindaco per ripristinare “la tutela della vivibilità  e il decoro del centro urbano”.
Ci è stato detto che fino al 10 gennaio non ci è possibile portare un piccolo simbolo d’amore a queste persone, non ci è possibile perchè in vista del Natale non è decoroso”.
L’atto del primo cittadino non lascia spazio a fraintendimenti.
Secondo il sindaco “il fenomeno si manifesta ormai in maniera costante ed impattante sulla vivibilità  della città  murata attraverso l’azione di soggetti — cita l’ordinanza — che in forma dinamica chiedono l’elemosina dopo aver fermato i pedoni con motivazioni capziose”.
Landriscina non vuole che i turisti che arrivano a Como abbiano a che fare con queste persone: “Le festività  natalizie — scrive ancora il sindaco — con il conseguente afflusso di persone che giungono in città  per turismo, si traducono in una ragione d’incremento della presenza dei soggetti dediti all’accattonaggio”. Un no secco anche ai bivacchi sotto i portici perchè “pregiudicano il decoro e la vivibilità  urbana, anche in ragione del fatto che i soggetti interessati sono spesso ubriachi e espletano nelle adiacenze i loro bisogni fisiologici”.
Parole che non sono piaciute nemmeno alla rete “Como senza frontiere” finiti sotto i riflettori per aver subito a fine novembre scorso   l’incursione di quindici militanti di Veneto Fronte Skinheads   durante una riunione.
Il 23 dicembre hanno organizzato un “bivacco solidale” dalle 10 alle 11 proprio davanti all’ex chiesa di San Francesco per protestare contro la decisione del sindaco: “Chiederemo — spiega la portavoce Anna Maria Francescato — la revoca dell’ordinanza. Il provvedimento è vergognoso ed ingiusto. Chi chiede l’elemosina non ha mai dato fastidio a nessuno. Si tratta di un atto per assecondare i commercianti in occasione delle feste natalizie ma non è servito a nulla: stamattina erano ancora tutti lì. Il sindaco sa che i dormitori sono pieni e una persona può dormire solo quindici giorni al mese. Quali soluzioni alternative propone l’amministrazione? Inutile dire che sono ubriachi e che fanno i loro bisogni per strada se il Comune non aumenta il numero dei bagni aperti. Con trecento senza tetto ci sono solo otto docce aperte”.
TRIESTE
“Fare l’elemosina per strada e dare soldi ai posteggiatori abusivi arricchisce solo le attività  illecite”, sentenzia un manifesto nel centro di Trieste. Ce ne sono oltre duecento sparpagliati nella città , tutti con il logo del Comune in evidenza. Sotto, la foto di un mendicante che allunga la mano, inginocchiato dentro un sottopassaggio. È questa la nuova iniziativa della giunta comunale di centrodestra, che invita a “spezzare la catena” delle attività  illecite.
Nel mirino del vice sindaco leghista Pier Paolo Roberti finisce il così detto “accattonaggio organizzato”, con “questuanti e posteggiatori abusivi, che porta a veri e propri fenomeni di sfruttamento”.
I manifesti invitano a sostenere, invece, le realtà  che aiutano i “veri poveri”. Ma è proprio a partire da queste realtà  che arrivano le prime critiche nei confronti dell’iniziativa: “In sè l’idea di sconfiggere un racket non sarebbe sbagliata — dichiara Don Alessandro Amodeo, direttore della Caritas diocesana, al fattoquotidiano.it — il problema è quello di salvare la persona. Chi vende per strada abusivamente è la prima vittima, non la causa del problema”.
Senza contare che, per il cittadino, è impossibile distinguere chi fa parte del “racket” da chi invece no: “E’ illusorio eliminare il problema partendo dall’ultimo anello della catena, per contrastare la criminalità  organizzata ci sono strumenti più adatti”.
Le critiche sono state mosse anche dalle forze di opposizione nel consiglio comunale, dall’ex sindaco Pd Cosolini al capogruppo pentastellato Menis, che hanno bollato come demagogica l’iniziativa.
La guerra alla povertà  (quella “falsa”) è stata inaugurata dall’attuale giunta già  a pochi mesi dall’insediamento: nell’autunno dello scorso anno era stata emessa, dallo stesso Roberti, un’ordinanza per allontanare i senzatetto dal centro cittadino. Qui si vietava di dormire all’aperto, si prevedevano sgomberi forzati e il sequestro di coperte e cartoni. Tutto per garantire il «decoro della città », a detta del leghista.
Ma a fermare l’ordinanza era allora arrivata la bocciatura del Tar del Friuli Venezia Giulia.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL CONSIGLIERE GRILLINO CHE SCAMBIA UN MONUMENTO AI CADUTI PER UN ALBERO DI NATALE

Dicembre 19th, 2017 Riccardo Fucile

SIMONE SAID HA PENSATO DI DARE UN “TOCCO NATALIZIO” CON LE STELLE FILANTI ALL’OBELISCO DI PIAZZA DEL TUFELLO, A ROMA… DI FRONTE ALLE PROTESTE POI CHIEDE SCUSA

Simone Said è consigliere municipale del MoVimento 5 Stelle in III Municipio, dove i grillini hanno di recente perso la maggioranza.
Lui però è un fedelissimo di Roberta Capoccioni, tanto da sfottere la consigliera Di Giacinti, di recente passata al gruppo misto insieme a Francesca Burri, per un errore nella lettera di dimissioni.
Ma Said è anche un genio dell’arredo urbano, come dimostra questa fotografia di un suo status su Facebook, nel frattempo rimosso, in cui si vanta di aver regalato “un tocco natalizio” all’obelisco di piazza del Tufello grazie a delle poetiche stelle filanti di Natale, che in effetti hanno contribuito alla valorizzazione del paesaggio.
Dopo che la sua creatività  è stata giustamente festeggiata sulla pagina Facebook del PD Roma, però, il consigliere Said ha improvvisamente cambiato idea e ha deciso di scusarsi sulla sua pagina Facebook per l’iniziativa:
“Quando ho addobbato la stele in onore ai caduti, l’ho fatto senza avere la benchè minima intenzione di offendere o mancare di rispetto a nessuno.Tanto meno a chi ha dato la vita per rendere il nostro un paese libero e democratico. Porto rispetto alla memoria dei caduti, l’ho sempre fatto e lo farò sempre.   Sono dunque andato a deporre dei fiori sul basamento della stele. Chiedo scusa a chi si fosse sentito offeso. Non era mia intenzione”
I livelli raggiunti dalla politica dellaggente nei municipi romani sono sempre più alti: sarebbe davvero un peccato se cadesse anche il III Municipio.

(da “NextQuotidiano”)

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