Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
L’AGENZIA REUTERS SVELA COSA HA DETTO DI MAIO NEL CORSO DI UN INCONTRO A PORTE CHIUSE CON INVESTITORI BRITANNICI… E POI IN ITALIA FINGONO DI SCANNARSI
Il leader del Movimento 5 stelle Luigi Di Maio ha detto oggi, parlando a Londra ad una platea di investitori, che il suo partito sarebbe disponibile ad un governo di larghe intese con Pd, Forza Italia e Lega nel caso in cui il voto del 4 marzo non consegnasse un risultato chiaro.
Lo ha detto a Reuters una fonte che ha partecipato all’incontro.
Di Maio ha incontrato oggi i rappresentanti dei maggiori fondi di investimento mondiali in un club privato nel quartiere londinese di Knightsbridge per spiegare le politiche del suo partito e le prospettive per l’Italia all’indomani delle elezioni
“Di Maio ha detto ripetutamente che se non avrà seggi sufficienti per governare da solo, vede la probabilità di un governo sostenuto da tutti i principali partiti, inclusi i 5 stelle”, ha detto la fonte.
Il leader grillino ha gradatamente ammorbidito la posizione anti-establishment del suo partito negli ultimi tempi ma non aveva mai detto esplicitamente che appoggerebbe un governo di larghe intese con Pd, Fi e Lega.
“Ha detto che, se le elezioni porteranno ad uno stallo politico, prevede una maggioranza di governo a quattro costituita da M5s, Pd, Forza Italia e Lega”, ha ribadito la fonte, chiedendo di rimanere anonima per la delicatezza del tema.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
PIROZZI E PARISI SONO CAPITATI A FAGIOLO PER FARE DA RAMPA DI LANCIO DEL GOVERNATORE USCENTE
“Quello di Romano Prodi non è un endorsement a Renzi. Il professore si è semplicemente voluto porre come federatore del centrosinistra anche per la fase che verrà dopo il voto del 4 marzo”.
Nel Pd il partito del 5 marzo è già al lavoro. Al di fuori della ridotta renziana del partito, i musi lunghi per ‘l’operazione liste’ non vanno via.
Da queste parti si esaltano i toni critici del prof bolognese nei confronti di Matteo Renzi. “Non c’è dubbio che la gestione delle candidature non sia andata bene”, dice del resto lo stesso Prodi a Repubblica.
E allora? Il partito del 5 marzo guarda alla sfida delle regionali nel Lazio. “Per noi è un test nazionale”, dice una fonte di minoranza orlandiana, “se Renzi va male alle politiche, Nicola Zingaretti diventa l’alternativa per il Pd: in automatico”.
Alternativa per il Pd o per un altro partito di sinistra?
La domanda inquadra la posta in gioco. Dipende da chi si prende il Pd.
Fonti della minoranza Dem dicono chiaramente, seppure in anonimato (“perchè dovremo comunque fare campagna elettorale”), che “se Renzi perde male, se ne deve andare dal partito”.
Insomma, il giorno dopo il voto, chiederebbero un congresso e Zingaretti sarebbe il loro candidato segretario.
“Viene dalla sinistra del partito, mentre ai posti di comando vero nel Pd sono rimasti solo i democristiani. E ha dimostrato di saper guidare una coalizione larga”, dal Pd a Liberi e uguali, che invece non hanno voluto allearsi al renziano Giorgio Gori in Lombardia. “La scommessa è su di lui: Nicola”.
I sondaggi gli danno oltre il 40 per cento. Certo, è tutto da vedere nelle urne. Ma in questi giorni di febbre alta nel Pd, la minoranza ha intensificato i contatti con gli ex Dem confluiti in Liberi e Uguali: Massimo D’Alema e anche Pierluigi Bersani.
Per la verità , con loro il filo non è mai stato reciso. Ma comunque adesso si mettono a fuoco i ragionamenti, le ipotesi, a seconda di come finirà il 4 marzo.
Si parte dal presupposto che dentro Liberi e uguali ci sono culture politiche troppo diverse tra loro: gli Mdp e Sinistra italiana.
Insomma, l’avventura elettorale capitanata da Pietro Grasso viene data per ‘defunta’ già in partenza, dopo il voto non sopravvivrà nei termini in cui la si conosce oggi.
Gli ex Dem fanno progetti futuri con gli anti-renziani rimasti nel Pd e non con Nicola Fratoianni e i suoi.
L’idea è di tornare insieme in una creatura di sinistra lontano da Renzi: fuori dal Pd, se il leader fiorentino ci resta. Nel Pd, se Renzi decidesse invece di fondare un partito suo alla Macron. E’ chiaro che la seconda ipotesi è quella che fa più gola ai non renziani del Pd.
Domani intanto il governatore del Lazio partecipa ad un’iniziativa di campagna elettorale a Roma con Paolo Gentiloni.
Non con Renzi, con il quale i rapporti non sono mai stati idilliaci. Men che meno in questa fase.
Sia nel gruppo del governatore che nelle minoranze Pd si sospetta che sia stato Renzi a spingere Beatrice Lorenzin a minacciare di candidarsi governatrice del Lazio in alternativa a Zingaretti per scalfire quel 40 e passa per cento di vittoria che i sondaggi assegnano al governatore.
Alla fine, la ministra non si candida alle regionali (corre a Modena per la Camera), ma ‘Civica popolare’ va comunque da sola nel Lazio, niente accordo con Zingaretti, il loro candidato presidente è l’ex deputato Dem Jean Leonard Touadi.
Naturalmente sono progetti da verificare sul campo dopo il voto. Ma segnalano bene il malessere ormai generale nel partito.
Michele Emiliano lo dice chiaramente: “Io invito con forza a sostenere il Pd, perchè il 5 marzo si apre una nuova fase della storia e si può riprendere il progetto originario che Veltroni aveva intuito. Dobbiamo evitare che questo grande soggetto che raccoglie esperienze importanti e diverse si degradi e salti per aria. Se tutti lo abbandonano, chi ricostruirà il centrosinistra?”.
Ma non con Renzi segretario: “La deriva di Renzi è perdente, con lui si rischia un processo di disgregazione inarrestabile. Dobbiamo convincerlo a lasciare, perchè il suo modo di fare il segretario non porta risultati”.
Questo è lo stato dell’arte. Si chiama ‘scommettere sulla debacle del Pd così renzizzato’. Perchè per le minoranze diventa tutto più maledettamente complicato se il Partito Democratico si attesta sul 25 per cento, tanto quanto prese il Pd di Bersani nel 2013. Invece uno scenario di sconfitta — tradotto in numeri dal 23 per cento in giù — alimenta anche le speranze che altre aree di maggioranza si stacchino dal segretario: Franceschini, Martina.
Perchè con le liste Renzi ha scontentato anche i suoi.
Oggi su Facebook c’è il duro sfogo di Ermete Realacci, uno degli esclusi vicini a Gentiloni, deputato da sempre attivo sui temi ambientali, schierato sul sì al referendum ‘No triv’. “In questi anni la prospettiva della centralità della sfida ambientale si è molto rafforzata nel mondo”, scrive. E via con gli esempi dei leader mondiali che, ad “eccezione di Trump, si sono mossi su questa strada: da Obama a Macron, dalla Merkel a Trudeau a Xi Jinping”.
Invece, scrive Realacci, “Matteo e chi gli è più vicino è convinto che questo tema non sia centrale e non sia pagante dal punto di vista elettorale. Nonostante i miei tentativi, pensa di coprirlo con qualche battuta e qualche allusione sparsa. Ma quel tempo è finito…”.
Fermenti e progetti che vanno incastrati con lo scenario di governo.
“Se Berlusconi vince insieme alla Lega, se la loro percentuale si avvicina al 40 per cento, Renzi si deve dimettere…”, è un altro pezzo di ragionamento nelle minoranze.
“Se non vince nessuno e Mattarella chiama ad un governo del presidente”, quello ipotizzato da D’Alema in una recente intervista al Corsera, “è chiaro che il premier non sarebbe Renzi”.
Insomma i giochi andrebbero avanti comunque, dal 5 marzo in poi.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
WIRTSCHAFTSRAT SMENTISCE LA RICOSTRUZIONE DELLA CANDIDATA: “LA SUA POSIZIONE E’ STATA ESAGERATA DAL SUO PARTITO IN ITALIA PER FINI ELETTORALI”
“Fungo da intermediario tra le imprese tedesche e il mondo politico. Coordino 22 commissioni che trattano temi che vanno dalle energie rinnovabili, alla ricerca e sviluppo fino alle politiche monetarie europee”.
A leggere l’intervista rilasciata al Corriere della Sera da Alessia D’Alessandro, candidata con i 5 Stelle, l’impressione è quella di un legame molto forte con la Cdu di Angela Merkel, con cui sostiene di collaborare.
Un ruolo su cui tutta la stampa italiana ha indagato _ e in alcuni casi ricamato – negli scorsi giorni.
Dalla Germania ora arriva una netta presa di distanza su tutta la vicenda: “Abbiamo l’impressione che la sua posizione alla Wirtschaftsrat sia stata esagerata dal suo partito nei media italiani”, ha detto all’agenzia tedesca Dpa l’organizzazione dove ha lavorato la candidata, che è un think tank economico legato alla Cdu, ma non è un organo del partito.
Lo stesso candidato premier dei 5 Stelle, Luigi Di Maio, intervistato da Giovanni Floris a Di martedì su La7, aveva rivendicato la candidatura di D’Alessandro, affermando: “Abbiamo fatto un appello pubblico alle migliori energie del paese. Hanno risposto persone come la dottoressa Alessia D’Alessandro, che lavora con la Cdu in Germania, è un economista, l’abbiamo candidata contro il PD, contro quello delle fritture e ci vengono a dire che siamo pericolosi”.
La giovane ha vantato un suo ruolo nel partito Cdu, ma il think tank la pensa in modo ben diverso: “D’Alessandro lavora come assistente alla Wirtschaftsrat sin dal primo aprile 2017, la settimana scorsa ci ha informati della sua candidatura. Non è mai stata attiva in campi politicamente rilevanti e non ha contatti politici. La nostra impressione è che la sua posizione alla Wirtschaftsrat sia stata esagerata dal suo partito sui media italiani. Non vogliamo aggiungere commenti a questo gioco politico. D’Alessandro ha lasciato oggi la Wirtschaftsrat su sua richiesta”.
Non solo. Come riporta Il Foglio, anche il portavoce della Wirtschaftsrat der Cdu, Klaus-Hubert Fugger, spiega come D’Alessandro non si occupa, in realtà , “di alcuna questione politica”. Per le questioni politiche ed economiche, ha spiegato il portavoce “abbiamo una ventina di economisti, ma per il suo lavoro D’Alessandro non è legata ad alcuna questione politica”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
IL LEGHISTA GARAVAGLIA SOTTO PROCESSO PER TURBATIVA D’ASTA E FALSA TESTIMONIANZA CANDIDATO DA SALVINI NEL COLLEGIO BLINDATO DI LEGNANO
Legati dall’appartenenza allo stesso territorio (e pure allo stesso processo), volevano entrambi tornare a Roma.
Il leghista Massimo Garavaglia, ex braccio destro di Roberto Maroni, ce l’ha fatta; il ‘berlusconiano’ Mario Mantovani, ex vicegovernatore della Lombardia, invece no.
E non l’ha presa bene, abbandonando gli ‘azzurri’ dopo oltre vent’anni e preparando il trasloco in Fratelli d’Italia, dove porta in dote la figlia Lucrezia, candidata in extremis alla Camera con il partito di Giorgia Meloni.
Ma tanti altri casi, in provincia di Milano, fanno discutere: nella Lega, in Forza Italia, nel Movimento 5 Stelle, in Liberi e Uguali e persino in CasaPound.
Cominciamo da Garavaglia, che è sotto processo a Milano per turbativa d’asta. La vicenda riguarda una gara da 11 milioni di euro indetta da Regione Lombardia, di cui il leghista è assessore al Bilancio, per il trasporto degli ammalati dializzati.
Secondo la Procura, nel 2014, Garavaglia si è attivato per fermare illecitamente l’assegnazione del servizio, perchè le Croci dell’Altomilanese, territorio nel quale l’assessore regionale vive e fa politica, erano stato escluse.
Un sms del politico leghista all’allora vicegovernatore e assessore alla Sanità , Mario Mantovani, avrebbe innescato l’intervento del capo dell’Asl e il conseguente annullamento di una gara regolare.
Ma Garavaglia ha pure un altro fronte giudiziario aperto, raccontato da ilfattoquotidiano.it in esclusiva nel luglio 2015: è indagato per una falsa testimonianza che avrebbe reso al processo sui rapporti tra la politica lombarda e la ‘ndrangheta, che portò alla condanna a 13 anni e 6 mesi di carcere dell’ex assessore della giunta Formigoni, Domenico Zambetti, per voto di scambio con la mafia.
Garavaglia, in quell’occasione, fu chiamato a riferire circa una causa tra un comune del Milanese e il Consorzio Cav.To.Mi., la società che costruì una tratta lungo l’asse Milano-Torino del treno ad alta velocità .
In sintesi, l’ex braccio destro di Maroni sarebbe intervenuto su un amministratore locale per convincerlo a non procedere contro il Consorzio, a sua volta accusato di aver provocato un danno da 400mila euro per escavazioni non autorizzate.
Da 5 marzo Garavaglia, che due settimane fa avrebbe confidato ai colleghi di giunta di essere preoccupato per il processo in corso, potrà guardare ai suoi guai giudiziari con più serenità , dal momento che Matteo Salvini lo ha piazzato nel collegio ‘blindato’ di Legnano.
Diverso il caso di Mantovani, imputato assieme a Garavaglia per turbativa d’asta, ma anche per corruzione, concussione e abuso d’ufficio, nonchè indagato a Monza per corruzione nell’inchiesta brianzola sui legami tra amministratori locali e imprenditori in odor di ‘ndrangheta e indagato, di nuovo a Milano, per peculato e false fatture in un’indagine sul denaro (anche pubblico) sottratto dal politico di Forza Italia alle Onlus e alle cooperative sociali a lui riconducibili mediante una serie di affitti fittizi.
Nonostante Mantovani fosse un fedelissimo di Berlusconi, Forza Italia l’ha escluso dalle liste. E lui — che in un video qualche giorno fa aveva giurato fedeltà a Silvio: “Deciderà Berlusconi e noi ci adegueremo” — non ha gradito: “Questo partito non merita più il nostro impegno e il nostro cuore”.
Per poi rivolgersi su Facebook ai suoi elettori: “Messi alla porta da Forza Italia e dovendo sostenere un nuovo leader nel centrodestra, chi indichereste tra Meloni, Parisi, Salvini e Lupi?”.
Finale scontato, il giorno dopo: “Prendo atto — scrive oggi Mantovani — delle vostre indicazioni per Giorgia Meloni. Avvierò subito i contatti opportuni”.
In realtà , questa sorta di consultazione on line ha il volto di una grande finzione, perchè l’ex delfino di Silvio, già ieri, aveva deciso di traslocare in Fratelli d’Italia.
Non a caso le liste del partito di Meloni erano state riaperte per inserire nel listino della circoscrizione Lombardia 1 Lucrezia Mantovani: la figlia 32enne del politico pluri indagato, benchè priva di qualsivoglia esperienza politica, è in ottima posizione, al secondo posto dietro Carlo Fidanza.
Per essere eletta, però, FdI deve arrivare attorno al 6-7 per cento nell’Altomilanese. Opzione possibile, se Mantovani trasferirà una fetta importante dei suoi elettori (che sono tanti): nel 2013 alle Regionali fu il primo degli eletti con 15 mila preferenze) da Forza Italia a Fratelli d’Italia. Le operazioni sono già in corso.
Altre polemiche scuotono i partiti in provincia di Milano, dove due sindaci appena eletti sono pronti a dimettersi per una poltrona più importante.
Corre per un posto al Senato con Liberi e Uguali il primo cittadino di Canegrate, Roberto Colombo. È in carica da appena 16 mesi.
Stessa situazione per Christian Garavaglia (Forza Italia), sindaco di Turbigo, già noto alle cronache per le sue simpatie nei confronti dell’estrema destra e per le sue antipatie nei confronti della libertà di stampa: arrivò al punto di chiedere al prefetto di bloccare la pubblicazione di un giornale.
Eletto nel 2016, è pronto a rimandare il suo comune al voto pur di volare al Pirellone: è in attesa della conferma della sua candidatura.
In casa Lega, invece, si registra più di un malumore per il cumulo di poltrone di Silvia Scurati, pupilla dell’ex assessore regionale Davide Boni: è consigliere comunale a Bareggio, è vicesindaco a Corsico e ora si prepara a correre per un posto in Regione. Identici mal di pancia anche in CasaPound, dove il leader dell’Altomilanese, Stefano Casari, ha preteso e ottenuto di essere l’unico candidato, sia alla Camera sia al Pirellone. Da ultimo, lo strano caso del ‘grillino’ Francesco Ippolito, di Bareggio, agita le acque nel Movimento 5 Stelle: candidato alle ‘parlametarie’ per il Senato ed escluso dal voto on line, i militanti si sono ritrovati il suo nome nel collegio uninominale della Camera, dove sfiderà , tra gli altri, l’animalista Michela Vittoria Brambilla.
Capire come ciò sia stato possibile è un mistero.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
IN 15 COLLEGI UNINOMINALI IN LOMBARDIA HANNO PRESENTATO DOCUMENTI INSUFFICIENTI… 48 ORE PER IL RICORSO IN CASSAZIONE
Fuori (per ora) l’ex ministro del Turismo Michela Vittoria Brambilla.
La pasionaria della causa animalista è una delle 15 candidature dei collegi uninominali contestate dalla Corte d’Appello di Milano alla lista “Noi con l’Italia”, il quarto polo apparentato con Forza Italia, Lega e Fratelli d’Italia, nel collegio Lombardia 1.
Oltre alla fondatrice della Lega italiana difesa animali e ambiente e amica personale di Silvio Berlusconi (tanto da consigliare al leader di Forza Italia la svolta animalista) ci sono anche gli assessori della Regione Lombardia Massimo Garavaglia (Lega) e Valentina Aprea (Forza Italia) e l’avvocato Cristina Rossello, che ha assistito Silvio Berlusconi nella fase iniziale della causa di separazione da Veronica Lario.
Gli altri candidati «a rischio», in attesa del ricorso in Cassazione che dovrà essere presentato entro 48 ore, sono Andrea Crippa, Paola Frassinetti, Andrea Mandelli, Jari Colla, Luca Squeri, Guido Della Frera, Alessandro Morelli, Igor Iezzi, Laura Molteni, Federica Zanella e Graziano Musella.
Al deposito mancherebbero dei documenti, come la dichiarazione di accettazione della candidatura da parte dei rispettivi candidati di coalizione.
Documenti che, secondo i rappresentanti del centrodestra, sarebbero però stati depositati dalla Lega per Lombardia 1, e da Forza Italia per Lombardia 4. I quattro partiti della grande coalizione di centrodestra si erano divisi, per motivi organizzativi, la presentazione delle candidature comuni.
Nelle prossime ore sarà depositato il ricorso di “Noi con l’Italia”, che dovrà essere vagliato dalla Cassazione.
Polemiche per la candidatura al Pirellone di Pagani nella lista di Fontana.
«Che Pagani fosse la persona sbagliata al posto sbagliato l’abbiamo sempre denunciato e saputo — attacca Chiara Cremonesi, consigliere regionale di Lombardia progressista – solo nella Lombardia governata dalla destra ha potuto diventare garante per l’infanzia un esponente di partito, che inneggiava via Facebook all’utilizzo delle ruspe contro i rom e pubblicava pistole in nome della legittima difesa. Ma ora che addirittura risulta candidato alle prossime regionali nella lista Fontana, è la legge a dire che deve dimettersi».
(da “La Stampa”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
PRIMA LE CHIEDONO DI CANDIDARSI, POI LA FANNO SPARIRE DALLA LISTA PER FAR POSTO A UNA ATTIVISTA CHE NON HA NEANCHE PARTECIPATO ALLE PARLAMENTARIE
Il MoVimento 5 Stelle fatica a venire a patti con la sua nuova identità “ibrida”.
Da un lato c’è il M5S che ascolta la Rete e convoca le Parlamentarie ma come da tradizione evita accuratamente di pubblicarne i risultati (sono passate ormai due settimane).
Dall’altro quello che apre le porte alla società civile, alla ricerca non di attivisti ma di persone competenti, legate al territorio, che possano dare al partito di Grillo&Di Maio quel qualcosa in più.
Avvocati, ammiragli, professionisti hanno risposto alla chiamata del MoVimento, che ha chiesto loro di mettersi al servizio del Paese.
Sono i candidati nei collegi uninominali, selezionati personalmente da Luigi Di Maio e dallo staff della Casaleggio.
Una selezione che — come ha dimostrato il caso dell’ammiraglio Veri o quello di Nicola Cecchi non è stata poi così ferrea. Pochi però sanno come funziona il meccanismo che porta alla candidatura.
Una quasi candidata, Barbara Silli, lo ha rivelato a tutti con il suo post su Facebook.
La dottoressa Silli, medico ospedaliero dell’ospedale di Valli di Lanzo dove si occupa anche del punto di primo intervento, è arrivata ad un soffio dall’essere candidata all’uninominale alla Camera ad Ivrea. Candidatura sfumata all’ultimo, senza alcuna motivazione.
La storia che la Dottoressa Silli racconta inizia il 21 gennaio, quando viene contattata dal consigliere pentastellato del Comune di San Carlo Canavese Stefano Audino.
È stato lui, che aveva avuto modo di conoscere la dottoressa durante le visite della Commissione Sanità all’ospedale di Lanzo, a proporle di presentarsi alle prossime elezioni per il MoVimento.
Il M5S era alla ricerca di una persona fuori dalla politica, non schierata, che fosse espressione del territorio.
Due giorni dopo, il 23, l’incontro con il consigliere regionale Davide Bono. Una stretta di mano suggella l’accordo ed iniziano gli adempimenti burocratici necessari alla presentazione delle liste.
Servono i vari certificati ma non solo. La dottoressa ne parla con il Direttore Generale dell’ospedale e prende un mese di ferie per seguire la campagna elettorale.
Il tempo stringe, il 29 bisogna consegnare i nominativi.
Si discute dello stipendio e del regolamento sul trattamento economico dei futuri parlamentari a 5 Stelle.
Si fanno anche le foto di rito per i volantini da stampare e viene girato il video di presentazione. Manca solo la firma sul famoso contratto, quello che vincola gli eletti al MoVimento 5 Stelle.
All’improvviso, dopo cinque giorni di contatti frenetici tutto si interrompe.
La dottoressa spiega di aver ricevuto sabato 27 un messaggio da Bono che disdiceva la riunuione che era in programma e le annuncia di avere “una brutta notizia”: non sarà più candidata.
Al suo posto è stata scelta Valentina Pretato, di Ivrea, che aveva già partecipato alle Parlamentarie ma non era riuscita ad entrare nemmeno nell’elenco dei “candidati di riserva”.
Al telefono con Nextquotidiano la dottoressa Silli racconta di aver avuto poche spiegazioni in merito all’improvviso dietrofront. L’unica cosa che le è stata detta è che «è stato deciso di privilegiare il territorio di Ivrea rispetto a Lanzo».
Chi lo ha deciso? Non si sa.
La dottoressa è convinta che non sia stata una decisione di Davide Bono, perchè con lei si era impegnato apertamente e «una stretta di mano ha un significato profondo e molto chiaro».
Chi allora? La quasi candidata ipotizza che siano arrivati “ordini dai vertici”.
Una decisione politica che privilegia una persona “non laureata .. non esperta.. non immersa nel territorio” come invece è la dottoressa.
La delusione della dottoressa, è palese. «I 5 Stelle hanno ammesso — dice — di aver cambiato le carte in tavola dopo essersi impegnati con me».
Uno schiaffo ad una persona che si è “messa totalmente in gioco per ideali che credevo fossero comuni” ma soprattutto “uno schiaffo al territorio che ancora una volta è stato volutamente dimenticato dai vertici”.
Qualcuno su Facebook ha suggerito che si tratta di una montatura, di una bufala. Ma la dottoressa fa sapere di avere i messaggi che si è scambiata con Bono e nei quali si parla della candidatura.
E a confermare l’imbarazzo del M5S arrivano le scuse di Stefano Audino che dalle pagine del Canavese spiega che la legge parla chiaro: “in caso di Collegi Uninominali l’ultima parola spetta ai vertici e così è stato”.
Il MoVimento aveva scelto Barbara Silli “perchè la ritenevamo la candidata giusta ed ancora oggi è così. Ma qui sono le decisioni politiche a contare a scapito delle persone”.
Il consigliere pentastellato ribadisce che “non c’è nulla di personale contro Barbara” e si rammarica perchè “la questione poteva essere gestita meglio di come lo è stata”.
Cosa farà ora la dottoressa, sosterrà lo stesso il MoVimento?
La Silli non vuole parlare delle sue intenzioni di voto: “continuerò ad occuparmi dei miei pazienti e del mio territorio, come ho sempre fatto in questi ultimi quattordici anni” e confermando così il radicamento con Valli di Lanzo.
Su Facebook la dottoressa ha postato una foto emblematica, in un cerchio rosso che ricorda molto il logo del MoVimento ha scritto: “non sono riusciti a toGliermi il sorriso”. Anche la G è rossa, come la V di MoVimento.
(da “NextQuotidiano”)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
PRIMI EFFETTI NEI SONDAGGI… GENTILONI E CALENDA SI FANNO VEDERE ALLE SUE INIZIATIVE… SAVIANO SI SCHIERA CON LEI: “E’ UNA COMBATTENTE CONOSCIUTA IN TUTTO IL MONDO PER LE SUE BATTAGLIE DI LIBERTA'”
Se non è ancora «effetto-Bonino», poco ci manca.
Le intenzioni di voto per la lista “Più Europa” cominciano a muoversi e le percentuali si fanno meno esangui.
Sondaggi che sembrano indicare una tendenza in un segmento di elettori: mentre il Pd è in stallo, comincia a salire la lista “Più Europa”.
Se è ancora troppo presto per capire se si tratta di vasi comunicanti, sul fronte dei radicali la novità più corposa per ora è un’altra: alcune personalità non usurate dal presenzialismo televisivo e partitico si preparano a dare una mano alla lista guidata da Emma Bonino.
Il primo fra questi è il ministro Carlo Calenda, un non-allineato che da qualche tempo è dentro una luna di miele con parte dell’elettorato progressista: sabato, allo Spazio Novecento di Roma, il ministro dello Sviluppo economico interverrà al lancio della campagna elettorale della lista. Assieme a lui – ecco un altro segnale – prenderà la parola anche Paolo Gentiloni.
Certo, Gentiloni sarà lì nella sua veste “super partes” di presidente del Consiglio.
Certo, Gentiloni è – e resta – un esponente del Pd.
Ma avere accettato l’invito di Emma Bonino a partecipare alla prima manifestazione elettorale di “Più Europa” è un segnale, del tutto intenzionale.
In questo modo Gentiloni si pone plasticamente come unico personaggio capace di unire la coalizione e lo è per due motivi: perchè Bonino ha invitato lui e non Renzi, ma anche perchè il premier ha accettato di esporsi in una manifestazione di lista.
Di una lista che non è la sua. E da quel che trapela da casa radicale la manifestazione di sabato avrà almeno una replica.
Certo Gentiloni (alla Camera) e Bonino (al Senato) sono candidati in collegi concentrici e una collaborazione è fisiologica, ma la reiterata presenza del presidente del Consiglio a manifestazioni di “Più Europa” trasforma il premier in un simpatizzante della lista.
L’altro asso nella manica di Emma Bonino è Roberto Saviano.
Qualche giorno fa, su Facebook il popolare scrittore ha scritto un post che, se non diventerà una dichiarazione di voto, ci si avvicina: «Il nome lo abbiamo, ed è Emma».
E ancora: «Bonino ha combattuto, sempre», conquistando «l’autorevolezza che in tutto il mondo le riconoscono» e lei «può essere colei che rinnova i principi di libertà dentro una politica ormai diventata solo scambio, imbroglio, tattica».
E qualche giorno fa Carlo Calenda aveva usato parole altrettanto gratificanti: «Emma Bonino è un pilastro fondamentale dell’alleanza riformista liberal democratica che serve all’Italia. Il Pd ne ha bisogno».
Ancora tutti da interpretare gli ultimi sondaggi. Pur in presenza di letture diverse, in genere i principali istituti segnalano che si sarebbe arrestata la caduta libera del Pd, che ha perso circa 7 punti in 9 mesi e che i potenziali elettori dem (in parte attratti da LeU, in gran parte finiti nell’area dell’astensione) si starebbero redistribuendo, in particolare verso “Più Europa”: nell’ultima settimana la lista Bonino è data in crescita dal’Istituto Piepoli, da Ixè, Emg.
Ma con percentuali ancora sotto il 3%, lontanissime da quelle che indicano la Bonino nella hit parade dei personaggi più popolari.
Lei obietta: «Se abbiamo tentato questa scalata è perchè cerchiamo di arrivare alla testa oltre che al cuore degli italiani».
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
“VENITE QUI A VEDERE QUELLO CHE STIAMO FACENDO”
“L’Olanda è stata scelta come nuova sede dell’Ema in modo giusto e onesto, basato su una procedura concordata da tutti gli Stati membri. Qualsiasi passo facciamo nel progetto di ricollocazione è in stretto contatto con l’Agenzia. Un edificio temporaneo è sempre stato parte della nostra offerta”.
Così il ministro della Salute olandese Bruno Bruins, dopo i due ricorsi presentato da Italia e da Comune di Milano per impugnare la decisione sulla sede dell’Ema attribuita ad Amsterdam.
“L’edificio” temporaneo “che abbiamo selezionato è completamente funzionale agli spazi di uffici richiesti e nella stessa location si trova il centro conferenze. E oltre a questo, stiamo costruendo un nuovo palazzo, specialmente disegnato per rispondere ai requisiti dell’Ema per i decenni a venire”, aggiunge il ministro.
“Accolgo con favore chiunque voglia venire ad Amsterdam per vedere tutto ciò che stiamo facendo per assicurare un’ordinata transizione dell’Ema”, ha detto Bruins.
Fine della polemica strumentale che è servita al governo italiano per illudere gli allocchi, insomma.
(da agenzie)
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Gennaio 31st, 2018 Riccardo Fucile
SPRECO ALIMENTARE: FRUTTA E VERDURA FINISCONO PIU’ SPESSO NEI RIFIUTI… MENTRE A CASA LE FAMIGLIE SONO PIU’ ATTENTE
E’ un paese a due velocità , con comportamenti diversi tra pubblico e privato, quello che si legge nei dati che verranno presentati domani in occasione della giornata nazionale contro lo spreco alimentare.
Grazie ad un’indagine del ministero dell’ambiente e Waste Watchers, l’associazione legata all’università di Bologna che da anni si batte per lo spreco zero, si scopre che le famiglie italiane in un anno hanno dimezzato la quantita di cibo, di rifiuti alimentari commestibili ma buttati nei rifiuti.
Lo hanno calcolato consegnando a 400 famiglie un diario quotidiano da compilare attentamente segnando spesa, pranzi cucinati, cibi pesati prima e poi come i rifiuti.
Così si è passati da un chilo cibo gettato stimato a settimana, a circa 500 grammi reali, cifre che portano lo spreco annuale domestico, la fontre principale dello spreco alimentare, a circa 8, 5 miliardi di euro.Contro i 13 stimati fino a pochi mesi fa.
Segno che le campagne educative, e anche la crisi, aiutano a modificare i comportamenti. Che però parlano ancora di cibo sprecato nelle scuole: quasi un terzo dei piatti preparati per i bambini delle elementari e medie finisce nella pattumiera.
Il dato emerge da uno studio che ha coinvolto 73 plessi di scuola primaria (35 in Emilia-Romagna, 25 in Lazio e 18 in Friuli-Venezia Giulia). Una ricerca che ha visto partecipare più di 11500 persone, tra studenti e personale, per un totale di 109.656 pasti monitorati.
La quantità di cibo non consumato durante il pasto corrisponde al 29,5% della quantità preparata, così ripartito: avanzi dei piatti (tutte e cinque le pietanze): 16,7%; cibo intatto lasciato in refettorio (tutte e cinque le pietanze): 5,4%; cibo intatto portato in classe (pane e frutta): 7,4%.
La quantità totale di cibo preparato è pari a 534 g pro-capite, di cui 120 g pro-capite sono sprecati: avanza dai piatti: 90 g pro-capite; cibo intatto lasciato in refettorio (tutte e cinque le pietanze): 30 g pro-capite.
A chiedere ai bambini e ragazze cosa lasciano nel piatto, si capisce che le cattive abitudini alimentari casalinghe si trascinano a scuola: frutta e verdura sono i cibi che più facilmente finiscono tra i rifiuti , dimenticati nel frigo, andati a male, o sbocconcellati e abbandonati.
La scala di apprezzamento (% della quantità consumata a pranzo rispetto alla quantità preparato) delle cinque pietanze: vede il secondo in testa alle preferenze 79%;, poi la pasta, il contorno, 70,3% (soprattutto grazie a pure patatine, il pane 57% e la frutta 58,7%.
Dati che raccontano come ci sia ancora molto da fare dal punto di vista educativo per convincere i più piccoli a mangiare frutta e verdura, cosi utili per la salute.
E se un terzo del cibo delle mense va sprecato, bisogna ricordare che si moltipicano nelle città , a partire da Milano che è stata anni fa la capolfila con Milano ristorazione, le iniziative per fare sì che il cibo intoccato dalle mense aziendali e pubbliche e scolastiche vada direttamente ad organizzazioni che lo portano alle persone bisognose. ancora caldo. E nella lotta allo sprecco e per una maggiore solidarietà , iniziative, come la legge che ha favorito la donazione di cibi dalle grandi aziende, che ha portato ad un aumento del 21% delle tonnellate di alimenti donati al Banco Alimentare e quindi distribuiti a più di un milione e mezzo di persone.
(da “La Repubblica”)
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