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DINO GIARRUSSO NON SI CANDIDA PIU’ CON IL M5S

Gennaio 6th, 2018 Riccardo Fucile

LA IENA SI RITIRA

La Iena Dino Giarrusso, annunciato come candidato alle parlamentarie, si ritira. Sulla sua pagina Facebook Giarrusso spiega che aveva in effetti pensato alla possibilità  di candidarsi come il MoVimento 5 Stelle ma poi è giunto alla conclusione che la cosa più utile che possa fare è continuare a fare il suo lavoro:
Credo che servire il proprio paese sia bellissimo, e per questa ragione ho valutato molto seriamente la proposta di candidarmi al parlamento.
Dopo giorni di riflessione, però, sono giunto alla conclusione che la cosa più utile che io possa fare -oggi- sia continuare a fare il mio lavoro con cura e passione, come faccio da diversi anni
Resterò a Le iene, cercando di dare il mio meglio come sempre.
Ringrazio chi aveva pensato a me e mi rimetto immediatamente a lavorare sodo.
Vale la pena notare che in tutto il post il giornalista delle Iene non nomina mai il M5S. Giarrusso faceva parte di un buon numero di candidati vip che nei giorni scorsi avevano annunciato l’adesione al M5S in occasione dell’inizio della lotteria di Beppe.
Luca De Carolis stamattina sul Fatto scriveva di
Possibili candidati che però “pretendevano collegi blindati o posti da capilista”. Il M5S non è stato in grado di garantirli, e in tanti si sono tirati indietro. Bel guaio, e infatti Di Maio continua a lanciare appelli “a farsi avanti”per gli uninominali.
Finora sono arrivate soprattutto candidature di giornalisti, un paradosso per il Movimento che ha sempre avuto un rapporto difficile con la stampa (il blog di Grillo è sempre quello che ospitava “il giornalista del giorno”, gogna per i cronisti sgraditi).
Ora ce n’è uno in meno.

(da “NextQuotidiano”)

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LASCIATO MORIRE A NAPOLI CENTRALE

Gennaio 6th, 2018 Riccardo Fucile

UN UOMO RIVERSO A TERRA CHE VOMITA SANGUE… LE OTTO TELEFONATE SURREALI AL 118… “UN UOMO STA MORENDO, FORSE E’ MORTO”. “AH, E’ MORTO? ALLORA L’AMBULANZA NON SERVE PIU'”

È una storia che lascia senza parole quella di Mario Aiello.
L’uomo morto dopo aver vomitato sangue per 50 minuti su un binario della Stazione centrale, mentre la Polfer sollecitava disperatamente l’arrivo di un’ambulanza.
Era il 3 agosto 2017 alla stazione centrale di Napoli. Oggi il Corriere del Mezzogiorno è in grado di fornire in esclusiva l’audio delle telefonate in cui Polfer, guardie giurate e passanti chiamavano disperatamente l’ambulanza.
Marco infatti era talassemico e invalido al cento per cento e sarebbe bastata una flebo per salvarlo.
Si legge sul Corriere del Mezzogiorno:
Per quei comportamenti una commissione disciplinare ha deciso di sospendere temporaneamente gli operatori che la sera del 3 agosto 2017 risposero alle richieste di soccorso. Quello che segue è quanto ha registrato il sistema del 118 di Napoli.
Ecco una parte dell’audio:
Passante: «Ambulanza?».
Operatore: «Sì».
Passante: «Eh, sentite ma c’è un signore che sta vomitando sangue a Napoli Centrale, la stazione. Lo stanno facendo morire qui a terra. Io penso che già  è morto anche…».
Operatore: «Ah, quindi non serve più l’ambulanza…?».
Passante: «No, come non serve più?».
Operatore: «Lei ha detto che è morto».
Passante: «Noo, non lo sappiamo ancora. È a terra, ricoperto di sangue. Come non serve più?».
Operatore: «E lei ha detto che era deceduto, scusate».
A questo punto i toni si iniziano a scaldare.
Passante: «No, e che sono un medico io?».
Operatore: «E allora perchè dice cose non vere, mi faccia capire».
Passante: «Ma chi è che dice cose non vere?».
Operatore: «Lei ha detto che è morto. Lei ha detto che è morto. Ha affermato che è morto».
Passante: «No, io mica so se è morto».
Operatore: «Ah vabbe’, sta arrivando l’ambulanza. Arrivederci!».

(da agenzie)

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SENATO, CENTRODESTRA VERSO LA MAGGIORANZA ASSOLUTA

Gennaio 6th, 2018 Riccardo Fucile

ELABORAZIONE   YOUTREND: LA COALIZIONE DI BERLUSCONI A QUOTA 137 SEGGI, CON ALTRI 20 GOVERNA DA SOLA… PD CONFINATO IN REGIONI ROSSE E TRENTINO, IL M5S TIENE A ROMA E TORINO

La premessa è doverosa: molto dipenderà  dai candidati.
La battaglia per il Senato, così come quella per la Camera, si giocherà  collegio per collegio.
Il Rosatellum – la legge elettorale con cui andremo a votare il 4 marzo – funziona così: la maggior parte dei seggi saranno ripartiti con meccanismo proporzionale. Ma nonostante ciò, la differenza tra la vittoria e la sconfitta passerà  dai collegi maggioritari con cui si assegnerà  poco più di un terzo dei seggi totali.
In questi collegi chi prende un solo voto in più degli avversari conquista l’ambita poltrona. E quelle dei senatori sono poltrone decisive: Palazzo Madama è il ramo del Parlamento dove si sono giocati i destini delle ultime legislature.
Nella corsa per il nuovo Senato la prima notizia è che il centrodestra si presenta ai blocchi di partenza nel ruolo di grande favorito.
Sia il Pd che i 5 Stelle sono costretti a inseguire, con distacchi che, a due mesi dal voto, paiono già  incolmabili.
La valanga blu
I collegi uninominali del Senato ridisegnati dalla nuova legge sono 109, a cui vanno aggiunti i sei tradizionali del Trentino-Alto Adige e quello valdostano.
Il totale fa 116. In base agli ultimi sondaggi il centrodestra potrebbe vincerne circa il 60%. Ben 69 collegi, infatti, vedono una prevalenza – più o meno netta – della coalizione di Berlusconi, Salvini e Meloni.
La stima si basa sull’algoritmo di YouTrend, che assieme alla società  Reti ha elaborato un dossier dedicato alla legge elettorale e agli scenari del voto.
I colori della mappa che pubblichiamo qui a fianco mostrano qual è la coalizione favorita: la tonalità  più intensa indica un vantaggio netto (pari o superiore al 10%); il colore intermedio fotografa una forchetta tra il 5 e il 9,99%; la gradazione più tenue, infine, mostra uno scarto inferiore ai cinque punti percentuali.
Secondo il calcolatore – che proietta le attuali intenzioni di voto nazionali e regionali nei vari collegi basandosi sulla distribuzione delle elezioni passate – Pd e M5S ad oggi potrebbero giocarsi solo il secondo posto.
La “ridotta” regioni rosse
I democratici sono competitivi nelle regioni rosse, oltre che in alcuni collegi metropolitani e in Trentino-Alto Adige grazie all’alleanza con la Sà¼dtiroler Volkspartei. Mentre per i pentastellati la regione più favorevole è la Sardegna, seguita dall’Abruzzo.
I grillini potrebbero conquistare anche qualche collegio in Sicilia e nelle città  simbolo del Movimento: Roma e Torino, dove governano giunte M5S, alle quali si aggiunge Genova, terra di Beppe Grillo.
Maxi-torta per tre
In base all’elaborazione YouTrend   Forza Italia e Lega potrebbero portare a casa un bottino cospicuo: una settantina di seggi maggioritari a cui si aggiungerebbero 68 collegi conquistati con il proporzionale (35 Forza Italia, 22 Lega e 11 Fratelli d’Italia).
La somma fa 137: significa che a Berlusconi, Salvini e Meloni basterebbero una ventina di senatori in più per avere la maggioranza assoluta a Palazzo Madama.
Questi parlamentari mancanti potrebbero essere cercati anche all’interno degli altri gruppi, o magari tra gli eletti nelle circoscrizioni estere. La storia insegna che l’ex Cavaliere, se vuole, sa essere persuasivo.
«Se durante la campagna elettorale riuscirà  a crescere di altri due punti percentuali, il centrodestra avrà  ottime chance di controllare Palazzo Madama: non uno scenario inverosimile», spiega Lorenzo Pregliasco, fondatore di YouTrend.
In questo caso non ci sarebbe bisogno nè di grandi coalizioni nè di alleanze post-elettorali contro natura. «Secondo il nostro algoritmo la “soglia magica” è intorno al 39%; la coalizione che riuscirà  a raggiungerla avrà  con grande probabilità  i numeri per governare», aggiunge.
Per il centrodestra, che nella legislatura in conclusione conta una sessantina di senatori, la torta è ghiotta. Talmente ghiotta, che la rappresentanza parlamentare sarebbe più che raddoppiata. Tanta abbondanza di poltrone potrebbe aiutare a saziare tutti gli appetiti, dando un impulso decisivo alla trattativa tra Berlusconi, Salvini e Meloni per la spartizione dei collegi.
Il Sud abbandona Renzi
La mappa dell’Italia 2018 sembra quella del 2001. Come 15 anni fa il Nord si colora di blu. Le regioni settentrionali sono il vero bacino elettorale del centrodestra: su 55 collegi uninominali a disposizione, l’alleanza tra Forza Italia e Lega ne porterebbe a casa ben 38. Quindici andrebbero al Pd (quasi tutti in Emilia-Romagna e Trentino Alto-Adige) mentre il M5S conquisterebbe solo due seggi: a Torino e a Genova.
Più variegata la situazione al Centro, dove in ballo ci sono 22 seggi maggioritari: il centrosinistra ne vincerebbe 11, il centrodestra 6 e i grillini 5.
Al Sud i collegi uninominali sono 39: Berlusconi e alleati sono in vantaggio in 25 di questi, il partito di Grillo e Di Maio può spuntarla in 12, mentre a Renzi ne resterebbero solo due.
Il Movimento 5 Stelle, inoltre, è ulteriormente sfavorito da un fattore che i sondaggi non colgono: per Palazzo Madama votano solo gli over 25. Quindi i grillini, che hanno un elettorato giovane, rischiano di perdere qualche altro seggio.
Sembra invece destinata a restare a bocca asciutta la coalizione di sinistra guidata da Piero Grasso: Liberi e uguali, attestata circa a 7% a livello nazionale, rischia di non vincere alcun collegio uninominale.
Ma sarà  comunque determinante: facendo perdere non pochi seggi al Pd.

(da “Huffingtonpost”)

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BILL EMMOTT SI RICREDE: “ERA UNFIT MA OGGI BERLUSCONI PUO’ SALVARE L’ITALIA DAI CINQUESTELLE”

Gennaio 6th, 2018 Riccardo Fucile

E SPIEGA: “MEGLIO DI SALVINI E DI MAIO”

“Berlusconi unfit to lead Italy”.
Nel 2001 Bill Emmott con la copertina del suo Economist, allora da lui diretto, fece infuriare Berlusconi.
Oggi il giornalista torna sul Cavaliere in un editoriale sul sito Project Syndicate ma con un’idea diversa: “Berlusconi potrebbe finire per essere il salvatore politico dell’Italia? Non escludetelo”.
Bill Emmott ne è convinto: “Per quanto sia scioccante”, una sua vittoria andrebbe considerata un risultato stabile rispetto “all’alternativa di un governo di minoranza guidato dal M5s”.
Oggi in un’intervista al Corriere della Sera chiarisce la sua posizione.
Cosa è cambiato?
“Nulla, e io non ho mutato opinione. Berlusconi resta inadeguato a guidare l’Italia. Ma potrebbe essere determinante per formare una coalizione centrista in grado di impedire a M5s o Lega di essere forza trainante nella formazione del nuovo governo. Sarà  lui a presentarsi come salvatore politico, non dico sia una cosa buona. Ma Berlusconi non può diventare premier, sarà  un manovratore dietro le quinte, è in quel ruolo che dobbiamo valutarlo e in quel ruolo non credo possa essere così negativo. Le sue posizioni sono più moderate di quelle di Salvini e Di Maio”.
Emmott analizza come Berlusconi con FI sia stato abile nel rivolgersi per esempio ai pensionati.
Spiega sempre nell’intervista al Corriere
«Un attimo. Forza Italia è attorno al 16%, Renzi al 22. Quindi Renzi è più popolare di Berlusconi, ma Berlusconi ha più possibilità  di formare una coalizione perchè non ha irritato tanta gente quanto il leader dem. Può costruire una alleanza sia a destra con Lega e Fratelli d’Italia, sia al centro. È più abile per il sistema italiano. Renzi non ha amici nè alleati».
Vede ancora un futuro importante per lui?
«È talmente giovane che non potrei mai dire che non ha un futuro, ma ho il sospetto che un suo ritorno in grande stile sia improbabile. Resterà  una figura influente, ma credo abbia perso la capacità  di far sì che le persone collaborino con lui o lo seguano, cosa di cui ogni leader ha bisogno. Rispetto a Berlusconi quello che gli manca — oltre al vantaggio di avere dei canali televisivi! — è l’abilità  di fare compromessi e formare alleanze».
E sui 5Stelle chiude: “È rimarchevole che siano sopravvissuti così bene e siano rimasti popolari. Mi pare che le loro proposte politiche siano maturate. Restano però privi di esperienza e mancano di credibilità ”

(da “Huffingtonpost”)

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M5S, APPENA 15.000 ALLE PARLAMENTARIE E RICORSI IN ARRIVO

Gennaio 6th, 2018 Riccardo Fucile

ILLEGITTIMO IL MANCATO VOTO DELL’ASSEMBLEA DEGLI ISCRITTI

Immaginate di far parte insieme a una decina di amici di un’associazione per la diffusione del calcetto che organizza tornei; vi siete dati delle regole, le avete votate all’unanimità  e avete cominciato le vostre attività . Immaginate che il presidente e il segretario dell’associazione da un giorno all’altro vi avvertano di aver cambiato le regole che erano state votate con altre e che da oggi dovete attenervi a quelle. Considerato l’amore per il calcio degli italiani, il giorno dopo in quell’associazione scoppierebbe una rivoluzione.
Non è stato così nel MoVimento 5 Stelle: in quello che i sondaggi definiscono il primo partito italiano da un giorno all’altro sono state cambiate le regole votate appena un anno prima dagli iscritti, una decisione presa d’imperio dal candidato premier Luigi Di Maio e dal garante Beppe Grillo, quindi annunciate al popolo in occasione delle Parlamentarie.
Con le nuove regole si è permesso a chi non aveva fatto nemmeno un giorno di attivismo di potersi candidare per arrivare in parlamento a rappresentare il MoVimento 5 Stelle, alla faccia di tutti quelli che si sono ammazzati di fatica negli anni scorsi, quando i grillini prendevano percentuali da prefisso telefonico e in alcuni territori nemmeno riuscivano a candidarsi.
Eppure tutto questo — a parte le proteste di alcuni già  sottoposti a provvedimenti disciplinari, che non avevano chances di fare il bis — non ha in alcun modo scalfito i grillini e per un motivo ben preciso: nello stesso giorno in cui sono state cambiate le regole è stata riaperta la lotteria delle Parlamentarie.
E così chi doveva protestare ha avuto improvvisamente ben chiaro che così avrebbe rischiato di essere escluso dalle candidature.
Per questo è sceso un improvviso silenzio sulle decisioni di Di Maio, un silenzio che probabilmente arriverà  fino al giorno dopo le elezioni. Poi da lì, se Di Maio non dovesse vincere, si aprirà  il fronte: scatterà  di colpo il processo allo sconfitto, come in pura tradizione italica
I ricorsi in arrivo
D’altro canto, scrive oggi Luca De Carolis sul Fatto Quotidiano, sono appena 15mila coloro che hanno deciso di presentare la propria candidatura per il prossimo parlamento: se considerate che hanno votato in trentamila per Di Maio candidato premier, vi rendete conto della curiosa condizione in cui si trovano i grillini nella necessità  di selezionare la loro classe dirigente.
Resa ancora più difficile dagli errori come quello dell’indirizzo di spedizione dei documenti necessari a inviare la candidatura, dove via Piemonte 32 è diventata via Piemonte 3.
Per questo, spiega ancora il Fatto, nel M5S già  rischiano l’esaurimento per verificare dati e curricula incrociati.
E crescono i rimpianti per i no di tanti personaggi di peso.
Possibili candidati che però “pretendevano collegi blindati o posti da capilista”. Il M5S non è stato in grado di garantirli, e in tanti si sono tirati indietro. Bel guaio, e infatti Di Maio continua a lanciare appelli “a farsi avanti”per gli uninominali.
Finora sono arrivate soprattutto candidature di giornalisti, un paradosso per il Movimento che ha sempre avuto un rapporto difficile con la stampa (il blog di Grillo è sempre quello che ospitava “il giornalista del giorno”, gogna per i cronisti sgraditi).
Ma il vero banco di prova per i nervi grillini saranno i ricorsi in arrivo.
Dopo gli annunci dei giorni scorso e le tante debolezze individuate nella procedura che ha portato alle candidature, tra poco il contenzioso si sposterà  in tribunale: «L’eliminazione del voto dell’assemblea, elemento fondamentale della prima associazione, non appare legittima. C’è il codice civile a impedirlo, e una sentenza dell’81: l’assemblea non può essere eliminata d’emblèe, nè essere confinata al voto online. Per usare una metafora, stanno costruendo una nuova casa sopra la vecchia, senza demolire la vecchia. Gli abitanti della vecchia casa possono far valere i loro diritti. Che economicamente, sommati, possono costare molti soldi», ha detto qualche giorno fa l’avvocato Lorenzo Borrè in un’intervista alla Stampa.

(da “NextQuotidiano”)

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