Gennaio 27th, 2018 Riccardo Fucile
LIBERA DI RINCORRERE UNA POLTRONA CON CHI LE PARE E DI RINNEGARE IL PROPRIO PASSATO, MA NON CI DIA LEZIONI DI COERENZA
Giulia Bongiorno è stata ospite a “L’Intervista di Maria Latella” su Sky Tg24 nella sua nuova
veste di difensore d’ufficio di Matteo Salvini e candidata della Lega in quattro collegi.
Sulla candidatura della Bongiorno ci siamo già espressi e ci interessano poco le sue “nuove” argomentazioni politiche, in palese contrasto con la sua storia politica precedente.
Ci soffermiamo solo su passaggio della intervista in cui, di fronte a una domanda della brava giornalista di scuola genovese, la Bongiorno rivendica la sua “coerenza politica”, nel percorso che l’ha vista prima con Gianfranco Fini e il Pdl e ora con Matteo Salvini e la Lega.
“A me aveva offerto la candidatura Fini nel 2006. Poi che Fini abbia fatto una serie di percorsi, a me interessa poco, io sono un soldato, è lui che ha cambiato etichetta. Non ci sono stati cambiamenti personali”.
A parte che i soldati hanno anche un cervello e si arruolano o meno spesso in base a quello, scegliendo da che parte combattere, a parte che i soldati si dividono in ogni caso in quelli che “combattono per un ideale” e i “mercenari” che si arruolano per interesse, a parte che la Storia è piena di esempi di poco nobili “cambi di campo” nel corso delle guerre e di relativi disertori, sarebbe meglio che la Bongiorno non cercasse di “riscrivere” la sua storia politica.
Giulia Bongiorno non ha seguito Fini nella avventura di Futuro e Libertà perchè aveva una baionetta puntata alla schiena, ma di sua libera iniziativa e convinzione, diventando una delle politiche di punta del partito, rappresentandolo spesso sia a livello di media che nella battaglia sulla giustizia in Parlamento in contrapposizione a Ghedini, tanto per non fare nomi.
Se Fini, con Fli, aveva “cambiato etichetta” rispetto al Pdl, era evidentemente una “etichetta” che alla Bongiorno piaceva, tanto che si era ventilato persino una sua nomina a segretaria politica. Senza dimenticare che si presentò per rappresentare quelle idee persino alle Regionali del Lazio, non solo alle Politiche.
E dato che le tesi di Futuro e Libertà erano in netta contrapposizione alla deriva xenofoba leghista, è evidente che chi ha cambiato idea è solo lei.
Perchè si può legittimamente cambiare partito nella vita, ma non le idee e i valori per cui si combatte.
Negare “cambiamenti personali” è una offesa alla intelligenza degli Italiani e di tanti amici che avevano creduto nella avventura di Futuro e Libertà , con tutti i limiti che ha dimostrato di avere.
Nella vita c’è sempre qualche aspirante soldato di complemento o caporale di giornata, la Bongiorno viene da An e quindi di colonnelli dovrebbe saperne qualcosa.
Continui pure nelle sue esercitazioni belliche nella caserma xenofoba padana, ma almeno eviti di darci lezioni di vita e di coerenza.
Da persone come lei non ne sentiamo il bisogno.
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Gennaio 27th, 2018 Riccardo Fucile
ESISTE DAL 2007 PER “AIUTARE DONNE VITTIME DI ABUSI”, MA UN ARTICOLO CIRCOSTANZIATO E DIVERSI TESTIMONI AVANZANO PESANTI DUBBI… LA BONGIORNO ANNUNCIA QUERELE, MA LA LUCARELLI REPLICA A MUSO DURO: “BENE, PORTERO’ I TESTIMONI”
Ieri sul Fatto Quotidiano è stato pubblicato un articolo molto critico scritto da Selvaggia Lucarelli su Doppia Difesa, un’associazione no profit a sostegno delle donne che hanno subito violenze e abusi fondata nel 2007 dalla conduttrice televisiva Michelle Hunziker e da Giulia Bongiorno, avvocata penalista di cui si è recentemente parlato perchè alle prossime elezioni sarà candidata con la Lega Nord.
Fondazione Doppia Difesa, si legge sul sito, «svolge la sua attività su un duplice binario, psicologico e giuridico, credendo anche nella necessità della sensibilizzazione, perchè la violenza contro le donne è una conseguenza delle discriminazioni di cui sono vittime, in casa e sul posto di lavoro» ·
Si dice anche che per la fondazione lavora «uno staff di collaboratori: operatori, psicologi e avvocati che si occupano della prima accoglienza, della consulenza e dell’assistenza psicologica e/o legale, seguendo le vittime attraverso colloqui telefonici e incontri personali in sede, oltre alle prestazioni rese, in loro favore, presso le Autorità giudiziarie di volta in volta competenti. In casi particolarmente critici, la Fondazione procede al rimborso delle spese di viaggio sostenute dalle vittime sì da agevolarle nel raggiungimento della sede per incontrare gli avvocati e gli psicologi».
L’articolo sul Fatto Quotidiano si intitola: «Bongiorno, associazione o spot?».
Lucarelli comincia col raccontare che la sezione “eventi” sul sito della fondazione è aggiornata al 2012, che nella sezione notizie sono stati pubblicati otto articoli in tutto il 2017 e che tre di questi riguardano la borsa Trussardi creata per sostenere l’associazione (Hunziker è sposata con Tomaso Trussardi).
Anche sulla pagina Facebook, scrive Lucarelli, l’attività non sembra essere molto aggiornata (tra maggio e settembre 2017 non è stato fatto alcun aggiornamento), si insiste molto sugli spot girati da Bongiorno e Hunziker, sulla richiesta di donazione del 5 per mille, ma sembra seguire molto poco le questioni di attualità .
Lucarelli scrive infine che in diversi commenti si legge di ripetute richieste di contatto all’associazione, tramite il numero di telefono segnalato sul sito o per mail, a cui non è mai stata data risposta.
E ne vengono riportati alcuni, che risalgono anche a un anno fa.
Lucarelli scrive di aver contattato le donne che hanno postato quei commenti, le quali hanno confermato di non essere riuscite a parlare con l’associazione quando ne avevano bisogno.
Lei stessa ha fatto delle prove, telefonando: o la linea non funzionava o rispondeva una segreteria telefonica. Alle mail inviate e in cui diceva di essere una donna che aveva subito un abuso, ha ricevuto solo una risposta automatica con scritto “la richiameremo”. Scrive infine Lucarelli:
«Ho chiamato un’avvocato che lavora per l’associazione, le ho chiesto se avesse fornito assistenza legale a qualche donna passata attraverso Doppia Difesa nell’ultimo anno, mi ha risposto ‘Non posso parlare dell’attività dell’associazione senza consultare la Bongiorno. Comunque tra qualche ora le invierò dei dati’.
Mai pervenuti. Eppure era una domanda semplice. Se raccogli dei fondi e fai spot in tv, un po’ di trasparenza non guasterebbe».
Un’altra storia legata a Doppia Difesa riguarda invece la showgirl Miriana Trevisan, una delle donne che negli ultimi mesi — a seguito del caso Weinstein — ha parlato pubblicamente delle molestie ricevute. Lo scorso 19 gennaio Trevisan ha pubblicato un tweet in cui faceva riferimento all’avvocata Bongiorno e sembrava indicare di aver avuto qualche problema con lei.
Una fonte che ha chiesto di restare anonima ha detto al Post che Trevisan si era rivolta a Doppia Difesa per una questione legale in corso, e che aveva ottenuto un appuntamento con le avvocate dell’associazione solo a seguito di un sollecito.
Durante l’appuntamento (a cui Bongiorno non sarebbe stata presente) Trevisan sarebbe stata però scoraggiata con insistenza sulle possibilità di difendersi efficacemente.
Lo stesso parere, sostiene la stessa fonte, avrebbero ricevuto anche alcune altre donne che avevano accusato di molestie il regista Fausto Brizzi.
Trevisan sarebbe stata infine ricontattata da Doppia Difesa, ma solo il giorno prima dell’incontro durante il quale avrebbe avuto bisogno di assistenza legale, e le sarebbe stato detto che «per statuto» Doppia Difesa non poteva occuparsi del suo caso.
Trevisan aveva quindi trovato un nuovo avvocato.
Dopo la pubblicazione dell’articolo sul Fatto Quotidiano Selvaggia Lucarelli ha ricevuto sempre su Facebook altre testimonianze di donne che hanno raccontato di aver provato invano a cercare sostegno presso la Fondazione.
Lucarelli ha aggiunto su Facebook che Doppia Difesa — dopo la pubblicazione dell’articolo — ha cominciato a rispondere al telefono «pure al numero che è sempre risultato staccato».
Dopo l’articolo del Fatto Quotidiano Hunziker e Bongiorno hanno pubblicato una dichiarazione in cui si dice:
«Da dieci anni combattiamo contro la violenza sulle donne attraverso un’attività di sostegno alle vittime (consulenza legale e psicologica, assistenza legale e psicologica, comunicazione). Crediamo così intensamente in questa battaglia da aver anche finanziato personalmente la fondazione Doppia Difesa onlus, da noi creata nel 2007. L’attacco sulle pagine del “Fatto Quotidiano” è gravissimo perchè fornisce informazioni false che potrebbero scoraggiare altre vittime di violenza dal rivolgersi alla nostra fondazione.
Abbiamo pertanto deciso di presentare querela e porteremo come testimoni tutte le donne che abbiamo aiutato in questi anni e che stiamo aiutando in queste ore».
Selvaggia Lucarelli subito dopo la replica delle fondatrici, scrive sui social che magicamente all’associazione hanno iniziato a rispondere a telefono e all’email di settimane fa. E dichiara che anche lei eventualmente, porterà le testimonianze di donne che hanno provato a chiamare e scrivere all’associazione senza ricevere risposta.
(da “il Post”)
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Gennaio 27th, 2018 Riccardo Fucile
LA STRATEGIA DI RENZI MIRA SOLO AL POTERE E STA PORTANDO ALL’AUTODISTRUZIONE DEL PARTITO
Ormai a chi non era ancora chiaro, lo è diventato. 
Venerdì notte — repetita iuvant —, Gianni Cuperlo, Michele Emiliano e Andrea Orlando hanno ricevuto una rivelazione: il concetto che Matteo Renzi ha della democrazia è tutto suo particolare.
Devono avergli spiegato, quando era piccolo, che, se hai la maggioranza, puoi fare tutto quello che vuoi. Anche mancare di rispetto alla minoranza, ignorarne i diritti, evitare o sbeffeggiare il dialogo.
Il dialogo per Renzi, infatti, può consistere sì nell’ascoltare, come atto di buona educazione, ma si conclude sempre confermando quelle che erano le sue idee di partenza. Lo ha mostrato e finanche dichiarato in vario modo.
Se poi non ha tempo, anche l’educazione viene messa da parte. Ruit hora. Bando alle ciance: “Si gioca a quello che dico io”. Una volta diventato grande, ha visto l’esempio di Silvio Berlusconi e si è convinto del concetto.
La storia politica di Matteo Renzi è di una chiarezza esemplare. In ordine sparso, basta evocare i nomi di Fassina, Letta, Cuperlo, Marino e Bersani, e a chi ha seguito, anche distrattamente, la politica italiana degli ultimi anni, apparirà un panorama evidente.
Si assiste, ormai da tempo, a un curioso esperimento su cui in futuro sociologi politici e politologi potranno lavorare e divertirsi in vario modo.
Dopo essersi impossessato di una struttura di partito, Renzi ha portato avanti una strategia di potere che si riassume così: conforta gli amici, spaventa e isola i nemici.
L’effetto che ottiene è quello di un progressivo conformismo dei membri del partito, un’omologazione a quelle che sono le sue decisioni e le sue idee: chi non è d’accordo è fuori.
Renzi, tuttavia, non caccia. Induce alla fuga. Non censura. Suscita autocensura. Sia chiaro, però. In generale non è un comportamento riprovevole in politica, se questa ha come fine la conservazione del potere. Lo è, riprovevole, se lo scopo che si attribuisce alla politica è il bene comune, scaturito da un processo democratico.
Il Pd (Partito democratico), fondato all’insegna di determinati ideali, si sta trasformando. Valorizza ideali non originari, che erano presenti in forma minoritaria, e che ora stanno diventando dominanti, grazie a due fenomeni contestuali: il fuoriuscitismo di diversi leader di partito e il progressivo spostamento a destra dell’elettorato.
Il nemico, sì, era a destra, e Matteo Renzi per sconfiggerlo, ormai è noto, ha deciso di conquistare anche i suoi elettori.
Immagina che, per atto di fiducia (in un simbolo, in una sigla) o per legge d’inerzia, gli elettori tradizionali di sinistra con difficoltà si allontaneranno dal Pd.
La storia del Movimento 5 Stelle e la nascita di Liberi e Uguali iniziano, forse, a creare qualche incrinatura in questa sua convinzione.
Senza, tuttavia, modificare un comportamento che, con molta probabilità , s’ispira a ragioni ben più profonde.
Quali? Diverrà chiaro, a tutti, nel giro di pochi anni. Forse anche dopo le imminenti elezioni.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 27th, 2018 Riccardo Fucile
QUESTO E’ IL RISULTATO DELL’ACCORDO CON IL GOVERNO CRIMINALE LIBICO, GENTILONI E MINNITI NON HANNO NULLA DA DIRE?
Un gommone in difficoltà con un centinaio di persone a bordo, la nave Aquarius di Sos Mediterranèe arriva in soccorso inviata dalla sala operativa della Guardia costiera di Roma ma una motovedetta libica le intima l’alt e le impedisce le operazioni di salvataggio.
Poche ore dopo, “dirottata” da Roma su un altro soccorso, la Aquarius arriva che i migranti sono già in acqua, il gommobe ormai semiaffondato, due donne annegano sotto i loro occhi, altri sette bambini vengono recuperati con i polmoni pieni di acqua e portati d’urgenza nell’ospedale di Sfax in Tunisia.
Due di loro sono in condizioni gravissime.
E’ stata una giornata ad alta tensione nel Mediterraneo con le navi umanitarie inviate dalla sala operativa della Guardia costiera di Roma a soccorrere gommoni e barconi in difficoltà nonostante l’ostilità dei libici.
Dalla nave Aquarius di Sos Mediterranèe, che ha a bordo un team di Medici senza frontiere, arriva una denuncia e un documento fotografico: “Siamo stati mandati dalla sala operativa di Roma a soccorrere un gommone in difficoltà ma arrivati a cento metri di distanza una motovedetta della Guardia costiera libica ci ha imposto di girare la prua e tornare indietro. Una cosa orribile: abbiamo visto i volti delle persone e sentito le loro voci che chiedevano aiuto ma non ci è stato permesso di soccorrerli”.
Poi, dopo il secondo soccorso: “Una giornata devastante, due donne sono morte e hanno lasciato due bambini orfani”
Ottocento persone in tutto su due barconi, due gommoni e un barchino, sono state soccorse dal dispositivo di Eunavformed e da alcune navi umanitarie.Trecentocinquanta, e tra loro moltissimi donne e bambini, le persone a bordo di un grosso peschereccio già prese a bordo dalla Proactiva Open Arms e trasferite su una nave militare per consentire agli spagnoli di continuare le ricerche di altre imbarcazioni segnalate in difficoltà .
“Tre barche alla deriva con circa 700 persone a bordo, in un’area di 265 miglia marine, come la distanza tra Madrid e Valencia – dice polemico il fondatore di Proactiva Oscar Camps – navigando a 21 miglia all’ora. Tutto molto semplice… Per quelli che dicono che facilitiamo il traffico”.
(da “Huffingtonpost”)
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Gennaio 27th, 2018 Riccardo Fucile
“NON VOGLIAMO BARESI CANDIDATI A TARANTO”
La sede del Partito Democratico di Taranto è stata occupata in segno di protesta. 
Si contesta soprattutto la candidatura di Ubaldo Pagano, segretario provinciale del Pd di Bari come capolista a Taranto — Pagano è di Fronte Dem, la corrente del governatore pugliese Michele Emiliano — e l’esclusione di Ludovico Vico, della corrente del ministro Maurizio Martina, deputato uscente con tre legislature anche se non tutte complete.
Sotto accusa anche il segretario provinciale Dem di Taranto, Giampiero Mancarelli, perchè, si sostiene, non avrebbe adeguatamente rappresentato le ragioni di rappresentanza della seconda città della Puglia ai vertici del proprio partito.
“Federazione occupata. Non vogliamo i baresi candidati a Taranto”, si legge su uno striscione comparso al primo piano della sede del Pd tarantino, un altro striscione è stato sistemato nella sala riunioni, mentre sui social si è scatenata la protesta dei militanti jonici lamentando che nel tarantino “l’unico eletto sicuro sarebbe il segretario di Bari”.
(da agenzie)
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Gennaio 27th, 2018 Riccardo Fucile
UNA SETTIMANA TRA PIATTOFORME ONLINE, PROCURA E VOTAZIONI… MA I NUMERI SONO ANCORA IGNOTI E LA CERTIFICAZIONE E’ UN MIRAGGIO, NESSUN CONTROLLO TERZO SULLE VOTAZIONI
Ci ho provato, ma è andata male. Ho partecipato alle Parlamentarie del Movimento 5 Stelle, la selezione “punta e clicca” dei candidati alle prossime elezioni politiche, tutta rigorosamente online sul sito di Rousseau.
Una carriera politica nel 2018 può iniziare dallo smartphone, in una sorta di “gioco della politica” in cui si puntano una cinquantina di euro (il costo di certificati penali, bolli e raccomandate) con la possibilità di vincere una candidatura e forse un posto in Parlamento.
Visti i numeri dei partecipanti e i posti disponibili, è una scommessa più invitante che comprare 25 gratta e vinci da due euro.
E poi c’è l’impegno verso il Paese come motore primario, non scherziamo, non è che si va in Parlamento a pascolare.
Parlamentare fai-da-te, perchè no? Verificata la volontà di impegno con un serio esame di coscienza, e la presenza di qualche pur vago appunto politico nel bloc notes personale, decido di giocare alla “Roulette Rousseau”.
Subito dopo aver ricevuto le istruzioni su come autocandidarmi, viste le finestre strette dei tempi utili, prenoto i certificati penali richiesti su un sito di pratiche e contemporaneamente li prenoto sul sito del casellario giudiziale.
Per una volta la burocrazia è più veloce dell’online e nel giro di un paio di giorni vado in procura a ritirare il certificato penale e quello dei carichi pendenti.
Entrambi per fortuna “puliti”, altrimenti avrei dovuto allegare un altro modulo e probabilmente non ce l’avrei fatta a consegnare tutto entro il 15 gennaio.
Spesa complessiva per i certificati e la raccomandata (compresi quelli di “backup”) circa duecento euro.
Molto meno dei trentamila richiesti da Forza Italia, finora mi è andata alla grandissima.
E’ una prima fase molto “analogica” per un movimento che punta così tanto sul digitale ma , il comitato elettorale ha voluto i certificati in formato cartaceo e per raccomandata. Sarebbe bastato un Pdf chiuso e autenticato spedito via Pec, per ridurre tempi e costi.
Ma al M5s hanno deciso che le candidature dovevano andare col piccione viaggiatore anzichè alla velocità della luce. A volte la lentezza ha i suoi innegabili vantaggi, ma in questo caso forse no.
Dopo aver inviato i documenti richiesti, apro una pagina Facebook apposita in cui enuncio visioni ed intenzioni, ed interagisco con la gente, altri esseri umani perduti nel dominio digitale.
Il primo risultato mi lascia interdetto e ammaliato: è il raggiungimento della perfetta par condicio dell’odio online, essendo contemporaneamente insultato dai grillini (“servo di Repubblica”, e come ti sbagli) e dai piddini (“Vaneggi? Il M5S è una cloaca”, uno dei meno astiosi).
Come in una battaglia tra moderni oriazi e curiazi dei social, che però se ci capiti in mezzo e non identificano bene chi sei, nel dubbio menano. Pochissime le posizioni bilanciate: “Leggo i commenti e rimango basita” scrive l’utente Augusta, e mi rassereno un po’, in questa guerra civile elettronica.
Con qualche utente della pagina riesco a stabilire una conversazione civile, dopo aver superato una sorta di “firewall” fatto di paura, diffidenza, fede e appartenenza. Una miscela effettivamente pesante.
Il 15 gennaio è il giorno X per lo spoglio, apro Rousseau e, sorpresa, ci sono: risulto candidato al Senato.
Grillo e Di Maio non mi hanno masticato e vomitato, almeno non per ora, c’è sempre tempo. Un po’ li capisco perchè molti colleghi stanno antipatici pure a me. E poi possono farlo perchè – si è visto con le estromissioni di candidati a ciel sereno – hanno diritto imperiale di veto e di voto su chi si presenta.
Sul sito però per votarmi però bisogna cercare bene, tra i giornalisti, oppure per fascia d’età , muovendosi su pagine web che evidentemente non sono strutturate adeguatamente per eventi di questo tipo e di questa complessità .
Quella che in linguaggio tecnico si chiama “interfaccia utente”, ovvero la parte del sito che permette alle persone di interagire, non restituisce un’esperienza ottimale di selezione. E’ confusa e farraginosa e insomma, il web design abita decisamente altrove, ma del resto Rousseau è costruito su Movable Type che nasce come piattaforma per i blog, e nella gestione di elezioni online fatica in modo evidente.
E quando un essere umano deve interagire con una macchina, capire subito come funziona il sistema è fondamentale per usarlo al meglio.
Comunque riesco a votarmi (e so che ci è riuscito anche qualcun altro), premendo un pulsante sotto la mia faccia e confermando il voto. Un po’ come girare la ruota della fortuna. Lo si può fare una sola volta per candidato ovviamente, e il tutto sembra proprio un gioco. Nei fatti non è successo ancora niente, ma nella mia testa già sto accendendo un mutuo per quella casa al mare che ho visto l’estate scorsa e già vedo l’immobiliarista che mi accoglie con un “Buongiorno senatore”.
Seguendo le regole del M5s insomma mi sono autocandidato e autovotato con una decina di clic sullo schermo e un video su Youtube. Che ci piaccia o meno, il futuro sarà (anche) così.
Addio volantinaggi al freddo e noiose scuole politiche, per poi fare se va bene anni da portaborse precario: benvenuto parlamentare istantaneo o almeno candidato, e anche con un certo divertimento. E’ un processo che si chiama gamification (possiamo tradurlo con “giochizzazione”), il portare le dinamiche del gioco in contesti completamente differenti. La tecnologia ha portato le sue categorie ovunque, anche nella vita pubblica. Così, provare a diventare deputato o senatore non è troppo diverso da mettere un “mipiace” o mandare un messaggio su WhatsApp. Ti iscrivi alla piattaforma del M5s, carichi foto e documenti, scrivi chi sei e da dove digiti, cosa pensi e cosa vuoi.
Ma la trasparenza e l’entusiasmo purtroppo finiscono qui. Anche se dopo aver seguito le regole che garantiscono il Movimento, mi aspetto che ce ne siano altre che garantiscano me.
Ovvero, che il sistema di voto online su Rousseau sia certificato da un ente terzo ed esterno a Grillo, a Casaleggio e all’Associazione che gestisce il tutto.
E’ un punto su cui non si può derogare perchè è a monte della regolarità di tutto il processo.
A meno che le Parlamentarie non siano solo un giochino, ci deve essere un agente indipendente che dica a chi vota e a chi partecipa come sono andate le cose.
Ossia che dichiari la regolarità o meno del voto, che verifichi l’integrità del database, che dica che i numeri sono effettivamente quelli riportati a fine spoglio e che non ci siano state intrusioni esterne nel sistema.
Però questo ente non c’è, o meglio non c’è più: lo stesso M5S si era avvalso in precedenti tornate digitali della certificazione di aziende esterne come la Dnv.
Tra l’altro oggi questo tipo di procedimenti passa anche attraverso la blockchain, ovvero il sistema di funzionamento, inviolabile, delle criptomonete come il Bitcoin. Insomma gli strumenti ci sono.
Non utilizzarli significa azzerare a prescindere il valore delle Parlamentarie, anche in assenza di qualunque tipo di possibile manomissione. Oltre ad una certa mancanza di riguardo per chi si candida e pure per chi vota.
Senza certificazioni indipendenti, nel grande gioco online delle Parlamentarie non saprò mai se la mia aspirazione è sfumata per effettiva volontà degli elettori, per un attacco hacker, perchè un sistemista magari è impazzito, perchè qualcuno ha gestito male la piattaforma, o perchè magari si diverte a spostare i contenuti del database.
Non sarà così, ma d’altro canto io non ho le certezze che dovrei avere, ed è un grande rammarico.
Posso pensare che sia tutto regolare ma anche che non lo sia affatto. O anche arrivare – legittimamente – a credere che magari non ci fosse un vero sistema di voto dietro quei bottoncini da premere e che in realtà le liste fossero già pronte.
O forse no, i candidati sono stati votati realmente. Voglio credere alla seconda possibilità , ma non avrò mai la certezza.
Mi devo fidare e nello specifico devo fidarmi di due notai, che il Movimento 5 stelle ha posto a ratifica del voto. Ma due notai per quanto capaci non hanno i requisiti tecnici e nemmeno gli strumenti tecnologici per accertare il corretto funzionamento di una piattaforma di voto online. Per quello, ci sono strumenti e protocolli appositi. Che magari riescono anche a dare i numeri del voto dopo le liste: dopo una settimana ancora non si conoscono cifre, la prima cosa che un computer sa comunicare.
Così arrivo allo spoglio del 21 gennaio. Nelle liste dei candidati non ci sono, mi viene in mente quella frase di Arbasino sulla rapidità di decadenza delle “brillanti promesse”.
Però so di aver giocato alle Parlamentarie con onestà intellettuale e curiosità professionale, non da “infiltrato di Repubblica” o da “servo della kasta” che vuole provocare.
Seguo il M5S da diverso tempo, ne condivido alcune posizioni e non me ne piacciono altre. Più di tutto mi sembra rilevante l’approccio digitale alla partecipazione pubblica, che nell’era dell’automazione e dell’intelligenza artificiale è un fondamentale.
Riconosco volentieri che Rousseau è un tentativo unico in Italia, nonostante i suoi evidenti limiti, ma di fronte ad applicazioni imbarazzanti come “Bob” del Pd fa una figura meravigliosa, proprio come un congiuntivo corretto di fronte ad uno coniugato male. Ma non ho ricevuto in cambio nulla di adeguato.
Non volevo cinque anni di stipendio d’oro ma un’esperienza di cittadinanza contemporanea all’altezza di quello che viene proclamato. E allora visto che Grillo stesso ha sdoganato flussi e reflussi gastrointestinali, mi viene in mente che una goccia d’acqua in un barile di letame non fa differenza, ma una goccia di letame in un barile d’acqua purtroppo cambia tutto.
E questo svilimento nemmeno dell’auspicabile ma del possibile a fronte dell’onestà richiesta e sbandierata dal M5S, è la goccia che inquina irrimediabilmente una trasparenza necessaria, e la serietà che merita, ovvero l’opposto del vuoto, dell’opaco e del dubbio.
Con una certezza non piacevole: forse non ho vinto, forse non ho perso, sicuramente però ho giocato. Ma era un voto, non un videopoker in cui la macchina, e chi la programma, può fare quello che vuole.
(da “La Repubblica”)
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Gennaio 27th, 2018 Riccardo Fucile
“CI RIVEDREMO ALLE REGIONALI DI APRILE, CON UNA MIA LISTA”… “MI HANNO USATO COME SPECCHIETTO PER LE ALLODOLE”
Nel Pd quindi sono state definite le candidature per le prossime elezioni politiche con alla
Camera, per il proporzionale, la segretaria regionale dem, Micaela Fanelli; nel maggioritario di Campobasso, l’assessore regionale Vittorino Facciolla, in quello di Isernia l’altro esponente dell’Esecutivo regionale, Carlo Veneziale.
Al Senato, per il proporzionale, la parlamentare uscente dem Laura Venittelli, mentre al Senato maggioritario, Enrico Colavita, presidente di Assindustria Molise.
L’ex leader dell’Italia dei Valori, si dice “amareggiato” sulla mancata candidatura.
A Di Pietro i dem locali avevano proposto il collegio di Campobasso al Senato, ma a sbarrare la strada all’ex pm è stato Matteo Renzi.
Al suo posto è stato inserito, nelle ultime ore, il presidente di Confindustria del Molise, Enrico Colavita.
E proprio su questa candidatura Di Pietro è convinto che “parta da lontano, e non sia frutto di una decisione improvvisa”. “Sono stato usato come lo specchietto per le allodole” ha detto.
Antonio Di Pietro non esclude una sua discesa in campo alle regionali molisane del 22 aprile prossimo, ma precisa: “Non farò accordi con nessuno, solo con gli elettori”.
(da agenzie)
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Gennaio 27th, 2018 Riccardo Fucile
STAVANO FACENDO DEI RILIEVI CON STRUMENTI A ULTRASUONI… RFI: “L’UTILIZZO DI SPESSORI IN LEGNO NON E’ PREVISTO DAI PROTOCOLLI OPERATIVI”
Quattro operai con pettorine di Rete Ferroviaria Italiana sono stati sorpresi dalla polizia questa mattina a Pioltello a un centinaio di metri dal “punto zero” della linea Cremona-Milano dove giovedì scorso è deragliato il treno 10452, provocando 3 morti e 46 feriti.
I quattro operai si trovavano all’interno dell’area posta sotto sequestro dalla magistratura e per questo sono stati accompagnati in Questura per essere identificati.
Nei loro confronti è scattata una denuncia per violazione di sigilli.
Secondo quanto riferito da fonti della polizia e da alcuni testimoni, gli operai stavano effettuando rilievi con strumenti ad ultrasuoni, di solito utilizzati per verificare fratture sulle rotaie. Nell’area la polizia scientifica e la Polfer stanno segnando i punti di interesse che poi verranno analizzati attentamente, con il sussidio anche di riprese dai droni.
Intanto la stessa Rfi a proposito dello spessore al di sotto di una rotaia che appare nel luogo dove è avvenuto il cedimento di un binario fa sapere che: “L’utilizzo di spessori in legno non è previsto dalle normative tecniche e dai protocolli operativi di Rete Ferroviaria Italiana” e ribadisce che “le cause dell’incidente di Pioltello sono attualmente oggetto delle indagini degli inquirenti, che determineranno la dinamica e le cause del deragliamento”.
(da agenzie)
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Gennaio 27th, 2018 Riccardo Fucile
NASCE IL PrD DI RENZI… IL CONTATTO DI ORLANDO CON LA BONINO
Tra urla e pianti, nella lunga e patetica notte consumata al Nazareno, sede del Pd, è diventato
più chiaro quel che accadde 11 mesi fa, quando l’ala sinistra di Bersani e D’Alema lasciò il partito.
Allora Matteo Renzi non fece nulla per impedire la scissione, perchè già aveva in mente quel che ha messo in pratica nelle ultime 48 ore: la «normalizzazione» dei futuri gruppi parlamentari del Pd. I numeri hanno una loro eloquenza.
Alle Primarie di maggio che lo avevano incoronato segretario, Matteo Renzi aveva ottenuto il 69,2% dei consensi popolari, ma ieri notte quando la direzione del Pd si è riunita per l’okay alle liste, quasi il 90 per cento dei posti «sicuri» appartenevano all’area del leader.
Le minoranze congressuali (Orlando ed Emiliano) sono state strette all’angolo: avranno un manipolo di parlamentari, così come li avranno gli alleati più riottosi del segretario (Franceschini), ma si tratta di rappresentanze frammentate, piccole percentuali, gruppi destinati all’irrilevanza, quando arriverà l’ora delle grandi scelte.
Una «libanizzazione» del dissenso interno che tornerà utile fra 40 giorni.
Dopo le elezioni del 4 marzo incombono decisioni decisive nella vita del Pd e in quella personale di Renzi.
Se il partito dovesse restare sotto il minimo storico, il 25,4% raggiunto nel 2013 da Bersani, potrebbe aprirsi un processo al leader e per Renzi disporre di una pattuglia parlamentare ad alta fedeltà rappresenta un’assicurazione sulla vita.
E gruppi renziani serviranno anche davanti a scenari meno drammatici ma potenzialmente divisivi: quale governo? Quale maggioranza? Quale presidente del Consiglio?
Naturalmente quando si fanno le liste per le elezioni più che ai massimi sistemi, i notabili di partito guardano ad interessi più prosaici.
E nella giornata di ieri gli sherpa di Renzi hanno tirato la corda in modo così teso che ad un certo punto, senza che la notizia trapelasse, Andrea Orlando è stato costretto ad accarezzare un’idea clamorosa: lasciare il partito e trovare accoglienza elettorale nella lista «+Europa» di Emma Bonino.
Uno degli amici del Guardasigilli ha fatto un sondaggio preliminare e non impegnativo ma poi l’ipotesi – che poteva diventare dirompente – è stata lasciata cadere. Almeno per ora.
È stata davvero una giornata di passione quella che si è consumata al piano nobile del Nazareno. L’orario di inizio dei lavori della Direzione è slittato per ben tre volte, dalle iniziali 10,30 si è via via andati sino alle 22,30: uno scivolamento di dodici ore, quasi un record.
E a forza di rinvii l’«assedio» a Matteo Renzi si è fatto assillante: lo guatavano amici, nemici, alleati, semi-alleati. Qualcuno urlando («ci ha imbrogliato»), qualcuno piangendo. Un giovane democratico confida di aver visto Debora Serracchiani con gli occhi lucidi, ma chissà se era lei, chissà cosa è vero, o verosimile nel racconto di una delle giornate umanamente più intense nella storia del Pd.
Lui, Matteo Renzi, ad un certo punto ha staccato il cellulare, per ore non ha risposto più agli sms, ha scritto e cancellato nomi di candidati assieme al suo amico Luca Lotti.
Un assedio anche umano, come racconta lo stesso Renzi: «E’ una disperazione far fuori 150 uscenti… C’è quello che ti dice, ho il mutuo da pagare, l’altro che ti fa sapere che gli manca una legislatura per la pensione, un altro che accampa un buon motivo….».
Certo, nella grande «mattanza» che ha accompagnato la febbrile fattura delle liste del Pd c’è stato anche un cotè patetico.
Ma il grande sospetto dei non-renziani è che, con la scusa del dimagrimento che doveva investire tutte le «aree» interne del Pd, il leader ne stesse approfittando per aumentare il proprio peso specifico, per dare un’accelerata a quel progetto di trasformazione del Pd in «PdR», quel «Partito di Renzi» che è la sintesi un po’ grossolana ma preferita dai detrattori del leader.
I conti si potranno fare soltanto quando le liste saranno definitivamente vistate e approvate, ma ieri sera quando si è aperta la Direzione del Pd chiamata al formale via libera, i pesi interni erano ridistribuiti, con una presenza massiccia dell’area Renzi.
Alle Primarie quell’area aveva conquistato il 69,2% dei consensi, contro il 20% di Andrea Orlando e il 10% di Emiliano: dei 200 posti “sicuri” (tra listini e collegi), quasi il 90% andranno a candidati vicini al segretario.
In questo «correntone» di maggioranza, il 70-72% dei parlamentari sarebbero renziani doc, l’ 8-10% amici di Martina e Orfini, il 5-7% amici di Franceschini. Alle minoranze restererebbe il restante 10% .
(da “La Stampa”)
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