Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
“CI ABBIAMO RIMESSO ENTRANDO NELL’EURO, NON VORREI CI RIMETTESSIMO DI PIU’ USCENDO DALL’EURO”… E ALLORA A CHE TITOLO PARLA BORGHI HA DETTO CHE LA LEGA VUOLE USCIRE DALL’EURO? METTETEVI D’ACCORDO, ALMENO TRA DI VOI
“Ci abbiamo rimesso entrando nell’euro. Non vorrei ora ci rimettessimo di più uscendo dall’euro. Come si dice, ‘cornuti e mazziati’”: il leader leghista Matteo Salvini, intervistato a Matrix in onda stasera, ha risposto così alla domanda sulla moneta comune postagli da Nicola Porro.
Il tema della moneta unica sarà giocoforza un tema politico con cui il centrodestra avrà a che fare se vincerà le prossime elezioni.
A Cartabianca di recente Giorgia Meloni ha detto di essere per la risoluzione controllata della zona euro (specificando: non per l’uscita unilaterale dall’euro) e quindi, giocoforza, per una decisione che dovrebbero prendere insieme tutti gli stati membri: in questo periodo però non sembra certo questo un tema che fa parte dell’agenda di Bruxelles a nessun livello, quindi l’ipotesi di Meloni passa in secondo piano (o forse l’intenzione della leader di FdI era proprio quella di proporre qualcosa che oggi non è in agenda per evitare la discussione sul punto).
Durante una polemica su Twitter con Carlo Calenda, il candidato della Lega all’uninominale di Siena Claudio Borghi, “cervello” della Lega sulla moneta, aveva specificato che la Lega è indiscutibilmente favorevole a uscire dall’euro:
Ora però Salvini dice che a uscire si rischia di finire “cornuti e mazziati”.
Forse ci sta ripensando?
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
CARLA FRANCINI, CANDIDATA A RIMINI-CESENA, SI AUTO-ELOGIA SU FB PERCHE’ NON HA RILASCIATO INTERVISTE
Carla Francini, candidata con il MoVimento 5 Stelle all’uninominale in Senato a Rimini-Cesena, ieri ha pubblicato su Facebook uno status in cui si autoelogiava perchè ha incontrato giornalisti ma ha resistito alla tentazione di farsi intervistare: “Mi hanno chiesto intervista. Ho declinato. Dicendo che, in quanto candidata al Senato, non sarebbe stato corretto nei confronti dei miei competitor. E poi gli ho scattato una foto!”
Curiosamente, il primo commento del profilo, che elogiava la Franchini per la sua signorilità e se la prendeva con “gli altri” che “sono semplici politicanti”, era firmato dalla stessa Franchini.
Evidentemente pensava di aver cambiato profilo, invece Carla Franchini scrive a Carla Franchini “sei una signora, gli altri sono semplici politicanti”
Cose che succedono.
Così come dopo può capitare che vengano a prenderti in giro con un “partecipa, scegli, cambia…profilo”.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
SU TWITTER L’ENDORSEMENT PER L’ATTUALE PREMIER
Ci mancava solo Enrico Letta. E’ arrivato, alla vigilia del 4 marzo. Dalla Polonia dove l’ex premier si trova in visita, ad incontrare Adam Michnik, editore e saggista, voce dell’anti-comunismo e dell’anti-totalitarismo polacco, parte il tweet di endorsement a Paolo Gentiloni, un tweet che non nomina il Pd e che guarda al dopo-elezioni. Meglio: guarda a un centrosinistra unito, cruccio di tutti i ‘padri nobili’ che hanno fatto un endorsement per l’attuale premier, da Letta a Prodi, Veltroni.
Matteo Renzi non c’è nel ragionamento di Letta. E questo aggiunge gelo al gelo tra i due.
E’ un Letta che, pur facendo ormai da tempo un altro mestiere (Sciences Po, Parigi), non ha mollato la politica attiva. E intende continuare a farla.
L’ex premier guarda all’attuale capo del governo come figura inclusiva del centrosinistra, una leadership che si è autoalimentata nei fatti di quest’ultimo anno in contrasto a quella di Renzi, sempre meno amato nelle frange non renziane del Pd.
E non è un mistero che un Pd senza Renzi dopo le elezioni faccia gola anche agli ex Dem confluiti in Leu. Massimo D’Alema lascia la porta aperta ad una futura reunion a queste condizioni.
Pierluigi Bersani commenta il tweet di Letta con nostalgia. Con Letta, dice l’ex segretario del Pd, “ogni tanto ci sentiamo. Lui credo che si trovi anche bene nella strada che ha preso. Certamente le cose sarebbero dovute andare diversamente, anche io non ho digerito quel campanellino lì”.
Il campanellino che Letta cedette a Renzi nel passaggio di consegne a Palazzo Chigi nel 2014 continua a riecheggiare nel centrosinistra.
Suona un allarme sinistro che potrebbe scoppiare dopo il 4 marzo, dipende dai risultati elettorali, certo. Il leader di minoranza Dem, Andrea Orlando, commenta l’uscita di Letta tra gli applausi in un incontro con il Pd di La Spezia: “Un segnale importante di apprezzamento per una leadership che si è consolidata in questi mesi. Il punto di ripartenza è Paolo Gentiloni, in grado di tenere insieme una coalizione più articolata. Gentiloni che non mai ha cercato il conflitto fine a sè stesso. Una certa arroganza, autosufficienza e prepotenza non credo abbia aiutato nei risultati il Pd”.
Ufficialmente, dal quartier generale del segretario arrivano commenti positivi su Letta. Luca Lotti: “Bene, se Enrico Letta sostiene il centrosinistra abbiamo qualche voto in più e questo è importante. Maurizio Martina: “Le parole di Enrico Letta sono importanti. Come Pd e centrosinistra andiamo avanti con impegno per un’Italia più forte e più giusta”.
Ma ugualmente filtra irritazione, in anonimato, perchè alla vigilia del voto nessuno vuole aprire scontri frontali. “Letta è parte di quel Pd che ha stentato a mobilitarsi per la campagna elettorale e che ora parla per rafforzare quell’area del Pd che usa Gentiloni per disarcionare Renzi…”, sbotta una fonte renziana. Già , ma a quale scopo preciso?
Forse per un governo di scopo. E’ l’idea che sta girando molto nei Palazzi della politica in questi ultimi di campagna elettorale.
Nel Pd renziano c’è la consapevolezza che, se le urne non dovessero dare una maggioranza definita, potrebbe mettersi in azione quello che chiamano ‘il partito del Quirinale’. Vale a dire il tentativo del presidente della Repubblica di mettere insieme una maggioranza europeista con Gentiloni, se non premier, quanto meno capofila dell’area dei parlamentari Dem certamente disponibili a fare una scelta di responsabilità e sostenere un governo con Forza Italia e Liberi Uguali.
Persino la seconda carica dello Stato, Pietro Grasso, leader candidato di Leu, non chiude a un governo con Forza Italia e Pd “solo per fare la legge elettorale”, seppure poi precisi che sarebbe disponibile ad appoggiare anche un governo con il M5s. E Renzi?
Qualche ora dopo il tweet di Letta, Renzi afferma che, se il Pd mancherà l’obiettivo di essere primo partito in Parlamento, “il Pd è pronto ad andare all’opposizione: non è che ce l’ha detto il dottore di andare al governo”.
Un modo per cominciare a esaminare ogni scenario possibile dopo il voto. Un modo per avvertire chi vorrebbe fare i conti senza l’oste: della serie, ‘il segretario sono io’. E il segretario avrà un gruppo parlamentare di sua espressione, scelto accuratamente al momento della composizione delle liste.
Avvertimenti. Tutto dipende da come andrà domenica. Certo, chiariscono dal quartier generale renziano, Renzi ha sempre detto no a un governo con gli estremisti, dalla Lega a M5s. Sul resto, si vede.
Si vedrà , ma nella pentola del centrosinistra più di qualcosa ha già cominciato a bollire.
(da “Huffingtonpost”)
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Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
DAL FINTO PREMIO AL PRETE PRO-ALLAH: E’ UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE QUELLA CHE AGISCE SUL WEB
C’è il post indignato per i benefici concessi ai migranti e quello sui deputati che votano per i colleghi assenteisti, ma anche l’annuncio dello scioglimento dell’Arma dei carabinieri.
In poco più di un mese sono 130 le fake news trattate dalla polizia postale – più di tre al giorno – , decine quelle «sparate» nel tentativo di condizionare il voto alle Politiche. All’appello del capo della polizia Franco Gabrielli, che il 18 gennaio aveva presentato il «red button» chiedendo ai cittadini di segnalare le false notizie veicolate sul web, hanno risposto in tanti.
Oltre 600 messaggi sono arrivati al commissariato online.
L’ultimo è stato registrato ieri sera: mail del ministero dell’Interno che invita i cittadini a partecipare a un sondaggio sullo Ius Soli in cambio di premi in denaro.
In realtà sono «malware» per infettare i computer e rubare i dati personali, trasmessi da due account Ecco perchè, in vista del voto di domenica, sul sito del Dipartimento di polizia sono state ribadite alcune regole fondamentali per evitare di avvelenare ulteriormente il clima: «Di fronte alla diffusione “virale” delle notizie è sempre importante: in caso di titolo particolarmente sensazionale, leggere bene il contenuto dell’articolo che potrebbe non corrispondere per usare il titolo come “acchiappa clic”; verificare l’effettiva datazione della notizia e se l’indirizzo (Url) corrisponde al reale indirizzo web del giornale/quotidiano. Se si è accertato che la notizia è falsa non divulgarla ulteriormente».
Il 17 febbraio sui social rimbalza «la notizia secondo la quale le schede elettorali inviate agli italiani residenti all’estero sono prive dei simboli dei partiti di centrodestra».
Non è vero ma in poche ore monta la protesta: «Sono tutti da arrestare».
Quattro giorni dopo tocca al Pd. Il tam tam via Internet assicura che «un cittadino italiano residente ad Edimburgo, e quindi regolarmente iscritto all’Aire (l’Anagrafe degli italiani residenti all’estero), ha ricevuto un plico contenente oltre alle schede elettorali anche dei volantini di propaganda politica».
Una simile procedura è vietata dalla legge, i consolati di Charleroi, in Belgio, e di Londra smentiscono specificando di essere «i titolari della distribuzione delle schede» e chiarendo che i plichi arrivano a destinazione sigillati, ma tanto basta per far montare la polemica sul voto estero truccato.
Le notizie che riguardano gli stranieri, meglio se irregolari, hanno una veicolazione da record.
E così il 3 febbraio appare su decine di siti l’annuncio che «l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in Liguria, ha indetto un bando di concorso per l’apertura di una tabaccheria a Ventimiglia, con prerequisiti che favoriscono gli immigrati/profughi rispetto ai cittadini italiani».
E il 6 febbraio, mentre il dibattito politico è tutto centrato su quanto accaduto a Macerata, viene diffusa la notizia che «Don Biancalani, parroco di un paese in provincia di Pistoia e noto per il suo impegno in favore dei migranti, ringrazia Allah per gli stranieri e prova amore per il presunto assassino della giovane Pamela Mastropietro».
È l’ennesima fake news, ma qualcuno ancora crede che sia vera.
(da “Il Corriere della Sera”)
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Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
GLI ESPERTI DI MARKETING: NESSUNO E’ RIUSCITO A BUCARE IL VIDEO… DIBATTITI FINTI E INUTILI, PROMESSE IRREALIZZABILI, IMPOSSIBILITA’ DI SCEGLIERE I PARLAMENTARI
Adesso ci si mette anche il «grande freddo» ad aggravare l’allarme. Già i più noti sondaggisti di casa nostra mettono in guardia dal pericolo che le loro previsioni siano alterate da un alto numero di astensioni e da moltissimi cittadini ancora indecisi sul loro voto.
Ma anche l’ondata di gelo che ha invaso tutte le regioni italiane potrebbe gelare pure i residui entusiasmi per recarsi domenica alle urne.
I timori sul rischio di bassa affluenza alle prossime elezioni, fondati su una tendenza ormai storica nel nostro Paese, tranne isolate eccezioni, trovano, questa volta, ulteriori motivi di preoccupazione.
Gli esperti di marketing politico giudicano sbagliata la campagna elettorale, un po’ di tutti i partiti. Nessuno è riuscito a «bucare» il video, come si dice fra gli addetti ai lavori delle tv, nè negli altri mezzi di comunicazione si notano segnali di soverchio interesse a un dibattito che si giudica sostanzialmente finto e inutile.
Finto, perchè ben pochi si illudono che le sovrabbondanti promesse di leader e comprimari possano essere mantenute, sia pure in piccola parte.
Sull’Italia grava un debito pubblico che proibisce qualsiasi tentazione di poterlo ulteriormente appesantire.
È significativo, a questo proposito, che tutti i grandi partiti abbiano messo il silenziatore su questo problema, forse il più importante per il futuro del nostro Paese, così che nessuno lo abbia messo al centro del programma elettorale.
La spiegazione di questa apparente assurdità è, forse, l’universale consapevolezza, sia degli elettori sia dei candidati, che la nostra politica economica sarà attentamente vigilata da una Europa e da una Banca europea, soprattutto dopo la successione a Draghi, che non lasceranno margini di ulteriore flessibilità finanziaria ai prossimi governi italiani, di qualunque colore e guidati da qualunque leader.
D’altra parte, non è realistico pensare, come confermano le ultime dichiarazioni di Di Maio e persino di Salvini, che l’Italia possa uscire dall’Unione europea o dall’euro. Una prospettiva che resta relegata ai sogni e alle promesse di una ridottissima parte del nostro schieramento politico.
Inutile, perchè agli italiani è stato espropriato il potere di decidere il nuovo governo da una legge che affida alle intese fra i partiti, solo dopo il voto, il compito di determinarlo.
Se ci fosse ancora bisogno di una prova di questo «scippo», lo dimostra eloquentemente la varietà delle possibili alleanze che si potrebbero stringere per arrivare a formare il prossimo esecutivo, alcune davvero irreali alla luce degli sdegnosi «mai» pronunciati dai leader durante la campagna elettorale.
Al di là della tanto deprecata volgarità del linguaggio e poca serietà degli argomenti, il panorama della scena politica italiana non è riuscito davvero a lanciare alla ribalta personaggi nuovi o dotati di particolare carisma.
Il riapparire dell’ultraottantenne Berlusconi può sorprendere, ma, se ci pensiamo bene, è la conferma della generale mancanza di un efficace ricambio generazionale di una classe politica che sembrava aver trovato in Renzi una personalità di altrettanto spicco mediatico, subito appannata, però, dalla sconfitta referendaria.
Alla buona volontà democratica di esprimere la propria opinione politica si oppone, infine, un’ultima difficoltà , quella di decifrare, nel segreto dell’urna, una scheda elettorale che sembra un rebus, con incomprensibili regole restrittive sulle scelte dei cittadini.
Così da rendere possibile un numero cospicuo di voti annullati.
È dilagante, in questi giorni, la giustificata e sacrosanta invidia per il sistema elettorale dei nostri vicini francesi.
Quel maggioritario a doppio turno che ha consentito a un leader nuovo e determinato di assicurarsi, prima, una netta vittoria e, dopo, un solido appoggio parlamentare.
Un risultato che, alla luce sia della campagna elettorale che si sta concludendo, sia dalle più attendibili previsioni, sembra davvero una chimera per le sorti del nostro Paese.
Se questo è il desolante spettacolo che, alla vigilia della giornata elettorale, si presenta agli elettori, gli italiani hanno il dovere di non sbagliare la reazione, anche se può apparire naturale.
Disertare le urne per protesta vorrebbe dire avallare l’esproprio di potere compiuto da una sciagurata legge elettorale e lasciare persino più facilmente ai partiti di decidere per noi.
Non rinunciare al diritto (e al dovere) di partecipare al momento più importante della vita democratica può, invece, dimostrare l’irriducibile volontà di esigere il rispetto della regola fondamentale, quella che sia il popolo a decidere il proprio futuro.
(da “La Stampa”)
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Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
RIGUARDA IL MECCANISMO ELETTORALE: I CONSENSI ESPRESSI SOLTANTO SUI CANDIDATI UNINOMINALI SARANNO RIPARTITI SULLE FORZE DELLA COALIZIONE
Il meccanismo elettorale del Rosatellum potrebbe concorrere a “regalare” altri voti e quindi altri posti in Parlamento al PD. È il meccanismo in base al quale Matteo Renzi nei giorni scorsi ha detto che il Partito Democratico “è già primo al Senato”. Sottintendendo: nei gruppi parlamentari.
Spiega oggi Tommaso Ciriaco su Repubblica:
Serve una breve premessa tecnica, per comprendere questa sfumatura della legge elettorale. Semplificando al massimo, in ogni singolo seggio gli scrutatori conteranno parallelamente i voti sui simboli e quelli espressi soltanto sui candidati uninominali.
A “lettura” completata, i dati raccolti saranno inviati agli ufficio circoscrizionali presso le Corti d’Appello.
E in quella sede, a notte fonda, i consensi espressi soltanto sul candidato uninominale non serviranno solo a decretare il vincitore del collegio, ma saranno anche ripartiti proporzionalmente tra le forze della coalizione. Come?
Rispettando le percentuali elettorali ottenute da quei partiti nel plurinominale.
E non c’è dubbio che il Pd farà la parte del leone, conquistando più o meno l’80% del tesoretto del centrosinistra. Mentre Forza Italia e Lega dovranno dividerselo in parti uguali.
C’è un caso di scuola che spiega più di mille tecnicismi questa potenziale dinamica. È concentrato nella letterina inviata da Gentiloni agli elettori del suo collegio, nel centro storico di Roma.
La missiva mostra un fac-simile con il simbolo del Pd e il nome del premier. La croce, però, barra soltanto il nome del candidato, che non a caso punta a fare il pieno di consensi personali e slegati dal partito.
Come lui, ministri di peso del calibro di Graziano Delrio e Marco Minniti, Pier Carlo Padoan e Dario Franceschini. Ecco, il Nazareno spera proprio che questi voti “personalizzati” aiutino il Pd a crescere più delle altre forze in campo:
Un effetto-traino, insomma. Che però potrebbe scontare nelle prime ore dello scrutinio una spinta opposta, capace di sovrastimare il Movimento o Liberi e Uguali, sottostimando invece il partito di Renzi.
La ragione? Il risultato definitivo sarà disponibile soltanto parecchie ore dopo la chiusura delle urne, quando i voti personali sui candidati degli uninominali saranno redistribuiti sulle percentuali di lista, modificandole.
Certo, il Viminale ha elaborato e trasmesso ai seggi una griglia per conteggiare e raccogliere i dati nel modo meno disomogeneo possibile.
Ma nella prima fase chi, come il Pd, spera di guadagnare da questo “suffragio del candidato” rischia di arrancare.
A questo meccanismo va aggiunto quello delle piccole liste alleate del PD: se raggiungono l’1% ma non sfondano il 3% i loro voti vanno ripartiti proporzionalmente tra le liste della coalizione che l’hanno superato.
Ovvero, sicuramente il PD.
(da “NextQuotidiano”)
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Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
IL CIPE HA ASSEGNATO 200 MILIONI A VALERE SUL FONDO EUROPEO PER LA COESIONE
La commissaria europea alla concorrenza Margrethe Vestager, giusto una settimana fa, aveva spiegato di non poter dare via libera alla proposta italiana di un “fondo contro le delocalizzazioni” per “mancanza di dettagli”.
Poco male per il ministro dello Sviluppo Carlo Calenda e il premier Paolo Gentiloni.
Che a quattro giorni dal voto hanno deciso di sfruttare la riunione del Comitato interministeriale per la programmazione economica (Cipe) chiamato ad assegnare quasi 5 miliardi di euro a valere sul Fondo europeo per lo sviluppo e la coesione per varare uno strumento ad hoc contro casi quello della Embraco.
Nel frattempo, in un clima di larghe intese, anche il presidente dell’Europarlamento Antonio Tajani — indicato da Silvio Berlusconi come possibile premier in caso di vittoria elettorale della sua coalizione — si muove incontrando una delegazione dei lavoratori Embraco e promettendo che “contatterà il ministro dell’Industria del Brasile per sottolineare la delicatezza del caso e chiedere un intervento a Brasilia”.
Partiamo dall’Italia: sui 5 miliardi assegnati dal Cipe 200 milioni sono andati, si apprende da un comunicato diffuso dal ministero di via Veneto, al “fondo per il contrasto alle delocalizzazioni”.
E altri 850 milioni “per i contratti di sviluppo”. In tutto, vanta il Mise, “1 miliardo e 50 milioni per gestire i processi di reindustrializzazione, le transizioni e le crisi industriali”. Una risposta al caso Embraco, ma con i soldi di Bruxelles.
Che, alla luce della normativa sugli aiuti di Stato, difficilmente potrà consentire a un Paese membro di usarli per offrire alle aziende condizioni più favorevoli rispetto a quelle garantite — per esempio — dai governi dell’Est Europa.
Gentiloni ha comunque pubblicamente rivendicato il risultato: “Sottolineerei l’importanza delle decisioni sul tema dei fondi per contrastare le delocalizzazioni industriali”, ha detto dopo la riunione, oltre a evidenziare le “decisioni molto rilevanti” sulle “infrastrutture“, il cui rilancio è “fondamentale per i nostri investimenti“, sui fondi per la cultura e il turismo, “con un’attenzione particolare alle Regioni meridionali”, sui “piani operativi per l’ambiente”.
“La politica industriale di sviluppo rappresentata da Impresa 4.0, dal piano straordinario Made in Italy e dalla Strategia Energetica Nazionale”, ha chiosato Calenda, “viene ora affiancata da una politica industriale di protezione per i lavoratori e le aziende spiazzate da innovazione tecnologica e globalizzazione”.
L’offensiva del ministro non finisce qui: secondo l’Ansa, ha “avuto dei contatti anche con l’amministratore delegato di Whirlpool, Marc Bitzer, sulla vertenza” e dalla società brasiliana Embraco, controllata dal gruppo americano, potrebbero arrivare nuove proposte.
Su Twitter però Calenda non parla di contatti con Embraco bens^ di sforzi “per raccogliere tutte le manifestazioni di interesse e presentarle ai sindacati. Chiesto di organizzare un incontro tra venerdì e lunedì al ministero dello Sviluppo economico”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
QUANDO DICEVAMO CHE ERA UN’OPERA INUTILE, COSTOSA E FUORI DAL TEMPO… ORA SE NE SONO ACCORTI ANCHE I SOLONI DELLA POLITICA
Scusate, ci eravamo sbagliati. La Tav Torino-Lione non è più l’anello strategico mancante all’Europa, non trasporterà più i quindici milioni di tonnellate di merci su ferro previsti per il 2035.
Le previsioni erano un tantino gonfiate vero, ma immaginate “in assoluta buona fede”. C’è stata la crisi economica — e chi mai la poteva prevedere? — e insomma, dovremmo ripensare, rivalutare, ridefinire il progetto.
Leggere il documento dell’Osservatorio della Presidenza del Consiglio sulla montagna di balle che ha permesso lo spreco della montagna di soldi destinati a bucare le montagne piemontesi è assai istruttivo.
Definisce in modo inconfutabile l’estremismo dei cosiddetti moderati e la ragionevolezza, il buon senso di chi si opponeva, con le armi della verità , a un’opera inutile, costosa e, come si vede, del tutto fuori tempo e fuori luogo.
“Ce lo chiede l’Europa”. Ricordate il leit motiv col quale vari ministri facinorosi, di centrodestra e di centrosinistra, hanno confermato oltre ogni ragionevole dubbio la necessità di fare e basta, in nome della modernità .
E adesso? Adesso si va avanti, nella certezza che l’opera è sì inutile e costosa ma va portata a termine.
Faremo dopo — tra qualche anno — il conto dello spreco.
Di quel che si è tolto dalle tasche di coloro che forse avrebbero avuto diritto a qualche soldo e di ciò che si è messo nelle tasche di coloro che non lo meritavano.
Del resto è questo l’abc del buongoverno
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Febbraio 28th, 2018 Riccardo Fucile
STEFANIA FEDERICI, ASSESSORE A CASSANO MAGNANO E CANDIDATA SINDACO NEL 2012, ARRESTATA PER PECULATO .. CON I SOLDI RUBATI SI E’ COMPRATA UNA CASA, AUTO, QUADRI E GIOCATO ALLE SLOT MACHINE
Era il tutore di oltre 60 persone, alcune delle quali gravemente malate, e grazie alla sua funzione, su nomina del giudice tutelare di Varese, le ha derubate.
Stefania Federici, già assessore ai Servizi Sociali a Cassano Magnago (2007-2012) e candidata sindaco della Lega Nord nel 2012, come riporta Varesenews, è stata arrestata per peculato dagli uomini dell Guardia di Finanza di Gallarate nell’ambito dell’inchiesta del pm Francesca Parola.
Secondo gli accertamenti delle Fiamme Gialle con i soldi rubati, oltre un milione e 200mila euro, si era pagata il mutuo della casa.
Il denaro sarebbe stato speso anche per giocare alle slot machine e comprasi una automobile.
Alla donna è anche l’abuso d’ufficio — per essersi intestata una polizza vita dle valore di 350mila euiro del proprio “amministrato”. La polizza è stata sequestrata come anche altri beni per quasi 600 mila euro, conti correnti e 78 quadri, alcuni di valore e altri da valutare.
Ai domiciliari, invece, su ordine del gip. è finita una funzionaria della Procura di Busto Arsizio. All’indagata sono contestati l’accesso abusivo al sistema informatico della Procura in tre occasioni, rivelazione di segreti d’ufficio, corruzione, abuso d’ufficio, ricettazione, reato elettorale.
L’indagata, invece, che avrebbe ricevuto incarichi pubblici in cambio di informazioni riservate, “avrebbe favorito il datore di lavoro del proprio coniuge in un’operazione immobiliare — si legge in una nota degli investigatori — facendo sottostimare un immobile amministrato” dalla Federici per conto di un suo assistito, che poi sarebbe stato alienato e venduto all’imprenditore.
La funzionaria, che alle ultime elezioni si era presentata in una lista di sole donne, si sarebbe anche sostituita nella votazione ad altra persona, senza alcun titolo legittimante e “col solo scopo di ottenere a proprio vantaggio il voto elettorale”. In totale sono cinque gli indagati.
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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