Marzo 11th, 2018 Riccardo Fucile
IL DOCUMENTO ECONOMICO FINANZIARIO DOVREBBE CONTENERE GLI SPUNTI PER LA POLITICA ECONOMICA DEL PAESE NEI PROSSIMI MESI… DI MAIO E SALVINI FANNO SOLO PROPAGANDA INTERNA, NESSUNO DICE COME EVITERANNO L’AUMENTO DELL’IVA
Luigi Di Maio ha detto ieri che senza il MoVimento 5 Stelle il DEF non si fa. Matteo Salvini ha fatto sapere che la Lega sta lavorando a una proposta economica «esattamente opposta alle richieste di tasse e tagli arrivate da Bruxelles e supinamente approvate dalla sinistra negli ultimi anni».
Ma perchè tutti sono all’improvviso così interessati al DEF?
Il Documento di Economia e Finanza, meglio noto come DEF, è un testo programmatico che contiene gli indirizzi di politica economica per l’anno in corso e per il triennio successivo.
Non vi trovano spazio misure concrete, destinate invece alla legge di bilancio che si approva in autunno. Piuttosto, l’aggiornamento delle principali variabili macroeconomiche: deficit, debito, Pil, avanzo primario, interessi, occupazione.
Uno specchietto riepilogativo di Repubblica ricorda oggi che il DEF deve essere pubblicato entro il 10 aprile ed è strutturato in tre documenti: il Def vero e proprio con l’analisi e le tendenze di finanza pubblica, il Programma di stabilità dell’Italia e il Programma nazionale di riforma, in cui viene riassunta la strategia riformista, con un orizzonte di medio-lungo periodo.
Ai tre documenti, dallo scorso anno, si aggiungono anche gli indicatori del Bes, il Benessere equo e sostenibile
IL DEF viene approvato dal Consiglio dei Ministri e trasmesso alla Commissione Europea e alle commissioni parlamentari; deve essere poi approvato da Camera e Senato. Dovrà contenere, una volta concluso l’iter, le intenzioni dell’Italia rispetto a scadenze anche importanti.
Ad esempio, si dovrebbe capire cosa intende fare l’Italia con le clausole di salvaguardia, ovvero l’aumento dell’Iva per 12,4 miliardi nel 2019 e 19,1 miliardi nel 2020: disattivarle facendo deficit contro le regole Ue o lasciarle scattare?
Essendo un atto di indirizzo politico e senza misure concrete, MoVimento 5 Stelle e Lega vogliono marcare il territorio riguardo le prossime scelte dell’esecutivo, qualunque esso sia.
Proprio per questo oggi Luigi Di Maio sul Blog delle Stelle ha indicato le sue priorità programmatiche: “Abbiamo messo al primo posto la qualità della vita dei cittadini che vuol dire eliminazione della povertà (con la misura del Reddito di Cittadinanza che è presente in tutta Europa tranne che in Italia e in Grecia), una manovra fiscale shock per creare lavoro, perchè le tasse alle imprese sono le più alte del Continente, e finalmente un welfare alle famiglie ricalcando il modello applicato dalla Francia, che non a caso e’ la nazione europea dove si fanno più figli, per far ripartire la crescita demografica del nostro Paese”.
La stessa cosa ha fatto ieri la Lega, disegnando la sua scala di priorità che vanno dall’abolizione della Legge Fornero al fisco più leggero con la flat tax.
Nonostante il Documento Economico Finanziario debba avere una sua coerenza interna, l’intenzione di Di Maio e Salvini è quella di utilizzarlo per scrivere quelle proposte che invece andrebbero messe nella legge di bilancio, anche perchè è quello il luogo in cui dovrebbero essere realizzate (sempre che sia possibile farlo).
Entrambi giocano una partita di propaganda interna che li vede in aperta concorrenza. Il tutto mentre dovrebbero essere impegnati a cercare di formare una maggioranza plausibile per un governo, non per il DEF.
Il tutto mentre nessuno propone come evitare l’aumento dell’IVA.
Ci sarà da divertirsi.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 11th, 2018 Riccardo Fucile
HA PURE PERORATO UN RICORSO CONTRO L’ACCOGLIENZA CHE ILTRIBUNALE HA RESPINTO E ORA I CITTADINI DEVONO PURE PAGARE LE SPESE LEGALI PARI A 10.000 EURINI… CHE GRAN COLPO POLITICO
Nelle urne di Multedo i grillini alla Camera hanno preso il 33,8 per cento dei voti e il centrodestra il 30,6. Il centrosinistra sta in coda, con il 25,9 per cento: più che il risultato nazionale, si dirà . «In linea con il risultato genovese», commenta il segretario provinciale del Pd, Alberto Pandolfo.
«Multedo meritava solo attenzione, almeno pari a quella di altre zone della città », si limitano a dire ex elettori del Pd. «E invece la sinistra non si è nemmeno accorta che i suoi referenti sul territorio non rappresentavano più nessuno. Gli elettori, alla fine, sono fuggiti»
Il capogruppo di Fdi in consiglio comunale, l’avvocato Alberto Campanella, grazie all’arrivo dei migranti nel quartiere aveva addirittura costruito la sua notorietà nel quartiere.
A Multedo il suo partito ha però preso appena il 3,08 per cento – meno che a livello nazionale – qualcuno sussurra che sia colpa del ricorso che ha perduto in Tribunale costringendo gli abitanti da lui assistiti al pagamento di diecimila euro di spese legali
Se si sommano gli 87 voti di Fratelli d’Italia ai 20 di Casapound, è comunque chiaro che l’estrema destra a Multedo sia rimasta ai margini.
E la Lega con il suo 18% è rimasta nella media ligure, nulla di più.
(da agenzie)
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Marzo 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA SCALZABANDA E’ NATA NEL 2012 NEL QUARTIERE MONSANTO: “MODELLO DI INTEGRAZIONE SOCIALE, QUI NON ESISTONO DIFFERENZE”
Imboccate la Salita Pontecorvo, fermatevi al numero 65 e chiedete della Chiesa barocca di San Giuseppe delle Scalze: vi risponderanno con una sola parola: la Scalzabanda.
È questo il nome di una vivace e variegata banda musicale nel cuore dei vicoli di Napoli, composta da ragazzi e bambini, immigrati e giovani musicisti del quartiere Montesanto.
Il nome viene dalla chiesa barocca dove la ScalzaBanda si riunisce e ha la sua sede, e dal Coordinamento ‘Le Scalze’, un insieme di associazioni no-profit che si occupano di promuovere la cittadinanza attiva e l’inclusione sociale.
Oggi la banda conta 75 bambini e ragazzi, dai 5 e i 18 anni, divisi in 8 classi di strumento: “In un quartiere come questo il nostro metodo è quello dell’apprendimento collettivo: i ragazzi imparano suonando insieme, stando insieme”.
Tutto è nato nel 2012, tra mille difficoltà , grazie ad un bando della Fondazione del Banco di Napoli per l’Assistenza all’Infanzia. “Una piccola cifra che ci ha consentito di fare partire il progetto — racconta Antonella Liccardo, ricercatrice presso l’Università Federico II e responsabile dell’iniziativa —. L’idea era quella di lavorare sull’integrazione sociale attraverso la pratica musicale collettiva”.
In un quartiere come questo il nostro metodo è quello dell’apprendimento collettivo: i ragazzi imparano stando insieme
Il team della ScalzaBanda è costituito da un corpo insegnante di nove musicisti professionisti (professori d’orchestra, docenti di conservatorio e di scuole medie e superiori), due direttori di banda, un arrangiatore/compositore, un insegnante di canto corale, un insegnante di ascolto guidato di musica classica, due addetti ai rapporti con le istituzioni musicali e uno staff organizzativo di sei persone.
Le lezioni si svolgono due volte a settimana: un incontro sulla tecnica strumentale e un altro dedicato alla musica d’insieme.
Le otto classi di banda contano flauto traverso, clarinetto, oboe, tromba, trombone, corno, bassotuba e percussioni, più una classe di propedeutica. La presenza nel quartiere di un elevato numero di musicisti professionisti, inoltre, ha favorito il coinvolgimento di professionalità di altissimo livello.
Dal giugno 2012, dopo soli tre mesi dall’inizio del progetto, la ScalzaBanda ha iniziato a esibirsi pubblicamente. Ad oggi si contano una cinquantina di concerti in teatri, monumenti, piazze, strade e parchi, da soli o insieme ad altri artisti.
Le reclute delle nuove leve avvengono praticamente mediante un lavoro d’informazione e un coinvolgimento diretto degli abitanti del quartiere. La musica, così, riesce a strappare i bambini da situazioni “difficili e in certi casi disastrate”, aggiunge Antonella, combattendo la dispersione scolastica e l’allarmante aumento della criminalità giovanile.
I quartieri in cui la banda è protagonista sono, rispettivamente, Montesanto “punto di snodo dei diversi flussi che quotidianamente attraversano le città ”, e piazza Mercato, dove “si percepisce una massiccia eterogeneità di etnie e dove è fortissima la percezione di disagio sociale”, continua.
I ragazzi della ScalzaBanda spaziano tra vari generi: suonano i Deep Purple e Pharrell Williams, collaborano con Vinicio Capossela e Stefano Benni.
Negli anni si contano numerosi gemellaggi con alcune Brass Band parigine (Les Meteores, ad esempio, che vengono a trovarli a Napoli ogni anno) con l’orchestra sud-americana dei Grillitos Sinfonicos, dalla regione de Las Misiones, in Argentina e con una serie di artisti napoletani, dai Foja a Gnut, fino a Daniele Sepe.
Nel 2014, in più, la ScalzaBanda ha lanciato MusBa Fest, il primo festival regionale dedicato alle bande e orchestre giovanili, con oltre 300 bambini e ragazzi provenienti da tutta la Campania.
Le attività vanno avanti con passione ed entusiasmo, seppur tra mille difficoltà . “Anno per anno riusciamo faticosamente a raccogliere quanto basta per portare avanti la banda, con un lavoro di stesura progetti e ricerca fondi enorme — racconta Antonella —. Ogni finanziamento copre solo l’arco di un anno. Vorremmo poter garantire continuità sia per numero di bambini coinvolti che per modalità ”.
Obiettivi per il 2018? La ScalzaBanda si è aggiudicata un bando per l’Adolescenza del Comune di Napoli dal titolo BandaLarga, che prevede la creazione di un secondo polo a piazza Mercato e l’attivazione di una Music Factory, una vera industria con lo scopo di favorire la nascita di nuovi gruppi tra gli adolescenti, mediante anche uno spazio multifunzionale, gratuito, attrezzato e professionale.
La strada è lunga, la consapevolezza di far bene tanta.
“Qui non esistono differenze — concludono i giovani musicisti — Ed è tutto merito della musica”.
(da “il Fatto Quotidiano“)
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Marzo 11th, 2018 Riccardo Fucile
14 SONO MINORENNI, TUTTI DEL LEVANTE, AVEVANO DISTRUTTO PIANTE E MERCATINO DI NATALE, RUBATO BOTTIGLIE DI VINO E CAPI ABBIGLIAMENTO, VERSATO OLIO PER STRADA, CAUSANDO INCIDENTI CON FERITI
Sono occorsi tre mesi per vagliare e confrontare le immagini delle telecamere, ma infine l’occhio elettronico ha consentito di individuare tutti i responsabili della follia vandalica della Vigilia a Santa Margherita Ligure.
Sono 19 i ragazzi nei guai per la notte brava di anarchia a Santa Margherita appena prima di Natale: tutti fra i 16 ed i 22 anni, riferisce il Secolo XIX di oggi, in gran parte — 14 — sono minorenni, e tutti provenienti da varie aree del Levante, sebbene nessuno di essi sia residente di Santa Margherita.
A Santa infatti erano giunti per il party della vigilia al Covo di Nord Est: e al ritorno da esso, lungo la strada che li ha portati alla stazione, si sono dati ai più svariati atti vandalici.
Tanto per cominciare l’olio versato per strada, a causa del quale nelle ore successive si sono verificati una serie di incidenti stradali persino con feriti — seppur fortunatamente non gravi.
E poi il raid al Santa Claus Village, in cui diverse casette sono state sfondate e dove i giovani hanno rubato bottiglie di vino e capi d’abbigliamento. E laddove non hanno trovato di che rubare, allora la distruzione è stata fine a sè stessa.
A permetterne l’identificazione le immagini delle telecamere: sia quelle cittadine che quelle interne della discoteca sammargheritese, il confronto fra le quali ha permesso di identificare anche chi, al momento degli atti vandalici, aveva il volto coperto da cappucci o cappelli.
Nonchè l’arroganza — e disarmante idiozia — di chi fra i giovani vandali ha avuto la brillante idea di vantarsi di quanto commesso attraverso i propri profili instagram e social.
Ora i ragazzi sono denunciati per furto e danneggiamento aggravato oltre al getto pericoloso di cose. Oltre alle ammende, nei casi più estremi tali reati possono prevedere pene anche reclusive dai 4 ai 10 anni.
(da agenzie)
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Marzo 11th, 2018 Riccardo Fucile
LA TRADUZIONE “INTERESSATA” HA OMESSO ANCHE DI DIRE CHE “LA SUA ASCESA E’ STATA CASUALE, NON SI E’ MAI LAUREATO E HA FATTO LO STEWARD”… “AMICO DEI RUSSI, SCETTICO SUI VACCINI, HA ATTACCATO LE ONG SALVO POI RIMANGIARSI TUTTO, FA PROMESSE IRREALISTICHE”
Ieri un lancio dell’agenzia di stampa ANSA parlava del ritratto del Financial Times dedicato a Luigi Di Maio e firmato da James Politi sintetizzando il tutto con un interessante «Ft, ‘Di Maio il moderato M5S che viene dal sud’».
Il Fatto Quotidiano riprendeva il lancio dell’agenzia ANSA in cui si parlava del “vincitore delle elezioni italiane”: “I giovani, i poveri e gli italiani del Meridione in maniera sproporzionata si sono accodati dalla sua parte, sulla base della promessa di fermare la corruzione, le politiche di austerity dell’Unione Europea e altre misure in favore degli oppressi ”.
Sulle colonne del quotidiano, secondo la sintesi del Fatto e dell’ANSA, si sottolineava anche che il leader del Movimento 5 Stelle può diventare “il primo premier dall’impoverito Mezzogiorno dal 1989”, anno dell’ultimo governo Ciriaco De Mita, campano come Di Maio.
“A differenza dell’altro vincitore del voto populista, Matteo Salvini, Di Maio ha cercato di guidare il Movimento 5 Stelle verso posizioni più moderate, in particolare sull’euro. Si incontra regolarmente con leader industriali e ambasciatori europei ed è volato anche a Londra per rassicurare gli investitori”.
Ma davvero il FT vuole bene a Luigi Di Maio?
L’articolo del Financial Times, firmato da James Politi, sembra però essere stato oggetto di una sintesi un po’ brutale, diciamo.
Nell’articolo ad esempio si definisce l’ascesa politica di Di Maio “casuale”, si ricorda che il padre era un missino, quindi si ricorda che il nuovo De Mita non si è mai laureato e ha fatto lo steward, esattamente come fanno alcuni cattivoni che non vogliono esattamente benissimo a Giggino: “He never clicked with university, switching from engineering to law and eventually dropping out. He held a series of odd jobs from internet marketing to steward at the San Paolo football stadium, home of SSC Napoli“.
Poi, subito dopo la frase su Di Maio che incontra ambasciatori e leader industriali, l’articolo prosegue così:
But Five Star remains no ordinary party: its angry vitriol, pro-Kremlin tilt in foreign policy and scepticism of mandatory vaccines still lurk. Mr Di Maio set them aside during the election. When anti-immigrant sentiment flared last spring, he attacked charities rescuing migrants in the Mediterranean, but then toned down his rhetoric during the campaign. He is “a chameleon who adapts to changing circumstances”, says Massimiliano Panarari of the school of government at Luiss university in Rome.
Ovvero dipinge i 5 Stelle come come amici dei russi in politica estera e scettici sui vaccini. Ricorda che Di Maio ha attaccato le ONG che salvavano uomini nel Mediterraneo e poi di recente si è rimangiato tutto e lo si definisce “un camaleonte che si adatta alle circostanze”.
Se poi qualcuno di voi dovesse essere ancora scettico, allora si potrebbe citare la chiusura dell’articolo:
Mr Di Maio may be just the latest Italian politician to make unrealistic promises to a generation and a region desperate for change. But this time, voters gave him the benefit of the doubt as he seeks to become the first Italian premier from the impoverished Mezzogiorno since 1989. “We opened a breach in the old way of doing politics and statehood, and we are not going back,” he told a victory party in Pomigliano on Tuesday.
Insomma, come qualche tempo Wolfgang Muenchau definiva “ciarlatani” Grillo, Di Maio e Marine Le Pen, oggi Politi spiega che Di Maio sembra essere solo l’ultimo dei tanti politici italiani che si è dedicato a fare promesse irrealistiche ai giovani che vogliono un cambiamento, ma gli elettori evidentemente vogliono dare anche a lui — come hanno dato ad altri — il beneficio del dubbio. Tutti i gusti sono gusti, si potrebbe chiosare ad essere cattivi.
Di certo il Financial Times non sembra puntarci poi molto.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 11th, 2018 Riccardo Fucile
IL 79% DEI DELEGATI HA VOTATO IL NUOVO STATUTO CHE SOPPRIME LA CARICA DI PRESIDENTE ONORARIO… L’AVVOLTOIO RAZZISTA BANNON BENEDICE L’ASSEMBLEA
Una rielezione snza soprese e che mette la parola fine a una guerra familiare divenuta in seguito anche una battaglia legale.
Come previsto il Front National, partito francese di estrema destra, ha eletto presidente per la terza volta Marine Le Pen e, allo stesso tempo, ha tolto al padre e storico fondatore il ruolo di presidente onorario.
Le Pen, 49 anni, era candidata unica ed ha ottenuto il 100% dei consensi con un 2.87% di schede bianche o nulle. Il voto si è tenuto per corrispondenza.
I 1500 militanti presenti al congresso del partito sovranista in corso a Lille nel nord della Francia hanno invece espresso parere favorevole nel 79.7% dei casi al nuovo statuto.
Il documento prevede la soppressione della carica di presidente onorario per l’89enne padre Jean-Marie che, in seguito alle sue polemiche ripetute sulla Shoah, era già stato escluso dal partito da parte della figlia nel 2011 dopo una lunga battaglia giudiziaria
Il voto è stato annunciato dal vicepresidente del partito Jean-Francois Jalkh all’inizio della seconda giornata di un congresso che secondo Marine Le Pen intende rilanciare il partito e che, nel suo discorso programmatico di oggi pomeriggio, proporrà anche un cambio di nome.
Presente al congresso Steve Bannon, ex stratega di Donald Trump. La sua partecipazione era stata annunciata da uno dei dirigenti del Fn, Louis Aliot, in un tweet. “Benvenuto Steve Bannon – ha scritto Aliot -. I popoli si risvegliano e riprendono in mano il loro destino”.
Già responsabile di un sito di estrema destra, Bannon ha vissuto da vicino l’ascensione di Trump. Ha diretto la sua campagna nella fase finale, poi è stato suo consigliere nei primi 7 mesi di presidenza. Il sodalizio si ruppe lo scorso agosto, quando fu costretto a lasciare la carica di consigliere strategico alla Camera dopo la scoperta di fughe di notizie sulla stampa da lui stesso orchestrate.
(da agenzie)
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Marzo 11th, 2018 Riccardo Fucile
I PRECEDENTI DELLA DECISIONE DI TRUMP E I PRINCIPALI ACCORDI DI LIBERO SCAMBIO… HANNO CAUSATO SEMPRE CONSEGUENZA CATASTROFICHE PER L’ECONOMIA
Cosa sono i dazi?
Il dazio è un’imposta indiretta che si applica alla dogana ai prodotti che vengono venduti e acquistati da uno Stato all’altro. Di solito viene calcolato in percentuale sul valore del prodotto, e riscosso quando questo arriva nello Stato dove risiede l’acquirente
A cosa servono
Il loro effetto principale è quello di far salire il prezzo del prodotto venduto all’estero, proteggendo quindi dalla concorrenza i beni e servizi dello stesso tipo prodotti nello Stato d’importazione.
Tutti i Paesi applicano dazi?
Ci sono tracce e testimonianze dell’applicazione dei dazi in documenti molto antichi, di oltre 2.000 anni fa. Tuttavia ormai da molto tempo gli Stati cercano di evitare l’applicazione di dazi penalizzanti, per evitare ritorsioni sui propri prodotti, e ci sono anche molti accordi commerciali, che eliminano o riducono fortemente i dazi. Nell’Unione Europea per esempio vige la libera circolazione delle merci, che comporta l’abolizione di qualunque dazio tra gli Stati membri.
Quali sono gli altri principali accordi di libero scambio?
Dal 1947 opera il Gatt, General Agreement on Tariffs and Trade, un accordo internazionale, firmato il 30 ottobre 1947 a Ginevra, in Svizzera, da 23 Paesi (che negli anni sono diventati oltre 120), per stabilire le basi per un sistema multilaterale di relazioni commerciali con lo scopo di favorire la liberalizzazione del commercio mondiale. Nel 1995 al Gatt è subentrato il Wto, Organizzazione Mondiale del Commercio, che si pone come obiettivo principale proprio quello dell’abolizione o della riduzione dei dazi doganali. Operano poi moltissimi trattati bilaterali e multilaterali di libero scambio: l’ultimo firmato dall’Unione Europea (e non ancora ratificato da tutti gli Stati membri) è il Ceta, con il Canada.
Perchè il presidente Usa Donald Trump vuole imporre nuovi dazi?
Secondo quanto ha dichiarato, “per proteggere i lavoratori e le aziende Usa”, rendendo meno convenienti le importazioni di acciaio e alluminio rispetto alla produzione nazionale.
Cosa accadrà adesso?
Molti Paesi stanno considerando significative ritorsioni nei confronti dei principali prodotti Usa esportati.
Ci sono precedenti rispetto all’attuale “guerra dei dazi”?
Nel 2002 l’allora presidente George W. Bush avviò una guerra dei dazi per difendere ancora una volta l’acciaio di produzione americana, ma l’Unione Europea rispose con una rete articolata di contromisure e Bush dovette fare marcia indietro rapidamente. La più celebre guerra dei dazi scatenata dagli Stati Uniti risale però al 1930: a farla esplodere lo Smoot Hawley Tariff Act, che fece salire i dazi dei principali prodotti importati negli Stati Uniti al 40% e poi negli anni successivi anche oltre. Le ritorsioni degli altri Paesi non si fecero attendere, le conseguenze furono catastrofiche per l’economia..
(da agenzie)
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