Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile
I VITALIZI SONO STATI ABOLITI DA MONTI NEL 2011, ORMAI LA PENSIONE DEI PARLAMENTARI E’ SU BASE CONTRIBUTIVA… AUGURATEVI CHE IL DDL RICHETTI CHE VUOLE RENDERE LA NORMA RETROATTIVA PER PURA DEMAGOGIA NON SIA MAI APPROVATA, ALTRIMENTI MILIONI DI ITALIANI SI VEDREBBERO DIMEZZARE LA PENSIONE
Non passa giorno che gli italiani non siano bombardati dalla bufala che vede uniti non a caso i due ballisti professionisti Di Maio e Salvini: “appena governeremo aboliremo i vitalizi”.
Come si sono sentiti al telefono, l’unica cosa su cui si sono dichiarati d’accordo i due vincitori delle elezioni del 4 marzo, è stato quello di mandare questo messaggio tarocco agli italiani, noti creduloni.
Allora facciamo chiarezza, poi liberi di farvi prendere per il culo da chi vi pare.
I vitalizi — una pensione aggiuntiva che in diversi casi in Italia superava i contributi effettivamente versati — sono stati aboliti alla fine del 2011 dal governo Monti.
Il nuovo regolamento di Camera e Senato li ha ribattezzati “pensione dei deputati” e “pensione dei senatori”.
Il metodo con cui vengono calcolate è diventato “contributivo”: significa che l’assegno è legato ai contributi che vengono effettivamente versati.
Il risultato è stata una significativa riduzione dell’importo.
Secondo i calcoli della Camera dei deputati, un deputato neoeletto e che concluderà il suo mandato senza ricandidarsi potrà godere di una pensione aggiuntiva di poco meno di 1000 euro una volta compiuti i 65 anni.
Se invece sarà rimasto in carica per due legislature, potrà andare in pensione a 60 anni ottenendo circa 1.500 euro (una cifra comunque piuttosto contenuta).
QUINDI I VITALIZI SONO STATI ABOLITI DA OLTRE SEI ANNI.
Secondo punto: sia il M5s che Matteo Richetti (Pd), hanno proposto una ulteriore modifica, estendendo le nuove norme previste anche agli ex eletti.
In pratica una estensione retroattiva puramente demagogica e palesemente INCOSTITUZIONALE come hanno fatto notare il vice ministro Morando e qualificati giuristi.
Non solo, ma estremamente pericolosa per i cittadini comuni che sono andati in pensione solo in parte con il metodo contributivo perchè metterebbe le mani in tasca a chi è già in pensione.
Una volta applicato IL PRINCIPIO DELLA RETROATTIVITA’ ai legislatori si passerebbe ai comuni cittadini e milioni di italiani si troverebbero con una pensione dimezzata.
Tanto per capire in che mani siamo finiti.
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Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile
LA SINTESI: BERLUSCONI E ‘ LA COPIA SBIADITA DEL LEADER CHE FU, SALVINI UN INCAPACE A GUIDARE UNA COALIZIONE CHE USA SOLO COME UN TAXI
Si può riassumere così, in modo un po’ gergale, ma efficace: il centrodestra non riesce a mettersi d’accordo neanche sul candidato di una piccola regione del Nord come il Friuli, dove si vota tra poche settimane, figuriamoci sulle presidenze delle Camere. Per non parlare del governo del paese.
E qualcuno questa considerazione l’ha fatta, in una tante nervose riunioni di queste ore.
Non è solo una questione di “metodo”, o meglio di assenza di metodo, a determinare la confusione dal Friuli in su: a chi spetta la Camera, a chi il Senato, chi incontra chi per tessere alleanze.
L’assenza di metodo è solo la punta dell’iceberg di un “pasticciaccio” ben più profondo. E non è un caso che, gira e rigira, si è arrivati al punto, proprio oggi.
Il punto lo ha esplicitato, con adamantina chiarezza, il professor Renato Brunetta, uno che, quando si arriva al dunque, non si sottrae dalla pugna per rifugiarsi in formule ambigue o nelle timidezze di circostanza.
Brunetta dice due cose.
Primo: “Salvini non è il leader del centrodestra, è semplicemente il leader del partito che all’interno del centrodestra ha avuto più voti e che sulla base delle regole che ci siamo dati ha il compito di fare, se riusciremo a farlo, il governo.
La leadership di una coalizione si conquista giorno per giorno con la condivisione e la pari dignità “.
Secondo: “Non sta nè in cielo nè in terra che Salvini sia candidato premier e ottenga la presidenza del Senato. O c’è collegialità e pari dignità o salta tutto”.
Parole che suonano come un warning ma anche, al tempo stesso, come un grido di dolore, da parte di un partito che, per la prima volta da cinque lustri, viene bistrattato e trattato con poca dignità da un leader, arrivato primo e autoproclamatosi leader di tutti.
E rivelano un enorme non detto in questa storia c’è: che cosa succede se Salvini rompe tutto, tirando dritto sulle presidenze in accordo coi Cinque Stelle, poi giocando a modo suo la partita del governo, ovvero del non governo, e magari arrivando a un punto in cui la scelta è tra la padella di un governo della Lega con i Cinque Stelle e la brace delle elezioni anticipate?
La risposta non c’è, perchè questa prospettiva terrorizza gli azzurri (e non solo) costretti ad affrontare questa fase in una condizione psicologica nuova: senza dare le carte e senza tanti margini di manovra, rispetto al gioco di sponda tra Di Maio e Salvini, perchè le due debolezze di Forza Italia e Pd non fanno una forza.
Andate a parlare con i colonnelli del leader della Lega per capire come sono cambiati i rapporti di forza. Fanno un ragionamento molto semplice. Questo: “In questa situazione una presidenza ci spetta e basta, vediamo se Camera o Senato. Dice Berlusconi: se ti prendi il Senato poi non puoi avere il premier pre-incaricato. E chi lo ha detto? Quando comandava lui e aveva i numeri, Berlusconi era a palazzo Chigi, Schifani Senato e Fini alla Camera, tutti del Pdl. Ora i numeri dicono che tocca a noi. Anche perchè il pre-incarico vai a vedere come va a finire. Una presidenza ci spetta, la prendiamo, poi si vede”.
È un po’ la famosa teoria che è meglio l’uovo oggi che la gallina domani. E che rivela quanto la prospettiva di formare un governo stia a cuore a Matteo Salvini.
Assai poco, perchè questo richiederebbe, da subito, una logica di coalizione e anche un lavoro per “allargare”, dal momento che i numeri non ci sono. Invece ognuno segue un suo schema, tutti parlano con tutti, non si capisce chi comanda, dove si decide, il ruolo dei singoli leader nell’alleanza.
E poi, parliamoci chiaro: Silvio Berlusconi è solo la copia sbiadita di quel che è stato e non è più, incapace di calarsi nella nuova situazione che si è creata, di prendere una iniziativa, di immaginare una mossa per il dopo voto dopo una campagna elettorale sbagliata, con un alleato-avversario più forte di lui che ha, definitivamente consegnato al passato la suggestione di un centrodestra berlusconi-centrico.
L’altra sera, durante il vertice, aveva mostrato apertura ai grillini quasi spingendosi a prospettare un governo di tutti, il giorno dopo ha dichiarato che li caccerebbe dalla porta.
Voi capite che è assai difficile ravvisare in questi cambi repentini la lucidità di una tattica o la coerenza di un pensiero. Piuttosto, e chi lo conosce bene se ne duole, certificano solo che, diciamo così, il tempo passa. Quella vecchia volpe di Ignazio La Russa ha capito dopo il vertice che, andando avanti così, si rischia davvero di favorire che, in mancanza di alternative, si creino le condizioni per l’abbraccio tra Salvini e Di Maio.
Si sa come vanno certe cose in politica: cammin facendo, ci si prende gusto e ciò che oggi è tattica per spaventare gli altri domani può diventare strategia in assenza di alternative.
E per sparigliare ha candidato per la presidenza della Camera Giorgia Meloni.
Un nome assolutamente spendibile, anche a giudizio di parecchi del Pd, lasciato cadere — almeno per ora – da Forza Italia, dove l’argomento del giorno era il candidato in Friuli.
Neanche lì c’è l’accordo, figuriamoci sul resto. Un pasticciaccio, anche abbastanza brutto.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile
NELLA PAGINA LINKEDIN AVEVA INSERITO UN TITOLO INESISTENTE
Quel master in “business administration” è scomparso ieri pomeriggio all’improvviso: era il titolo più prestigioso che Rocco Casalino, responsabile della comunicazione di 5 Stelle, vantava nel suo curriculum.
La pagina Linkedin che conteneva il master in economia nell’università di Shenandoah, in Virginia, è stata fatta bloccare dallo stesso Casalino, nel pieno della bufera esplosa sui social.
Casalino, uno dei guru dell’immagine di M5S, da anni esibiva un titolo falso: “Nessun studente con quel nome e quel cognome ha frequentato la Shenandoah University e ha conseguito alcun titolo nell’anno indicato”, scrive in una mail la segreteria dell’istituto, svelando la bufala.
E’ stato un imprenditore toscano, Paolo Polverosi, a insospettirsi e a chiedere informazioni all’Università statunitense.
Casalino, fra l’altro, avrebbe dovuto frequentare i corsi nello stesso anno, il 2000, in cui ha partecipato al Grande fratello. Falso. Tutto falso.
E, seppur senza riferimenti specifici, il “master in economia negli Stati Uniti” è un titolo che Casalino aveva scritto nel curriculum allegato alla scheda di candidatura alle Regionali lombarde del 2013.
“Non so cosa sia successo, non mi occupo io dei miei social e dopo l’esperienza del Grande fratello, facendo il giornalista, non ho posto grande attenzione all’elaborazione dei miei curriculum”, dice Casalino. “L’unica cosa vera è che ho una laurea in ingegneria elettronica con indirizzo gestionale e ho fatto il giornalista. Ho già provveduto a fare bloccare tutto”.
Resta la gaffe, se non l’onta, di quei titoli fantasma, dichiarati per anni.
Lo show, adesso, sembra non piacere più neppure all’interessato: “Mi spiace davvero per quello che è accaduto”.
(da “La Repubblica”)
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Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile
DI MAIO 98.471 EURO, TONINELLI 94.086 EURO, DI BATTISTA 113.471 EURO, PAOLA TAVERNA 103.456 EURO, CARLA RUOCCO 94.239 EURO, GIULIA GRILLO 100.219 EURO, BONAFEDE 186.708 EURO
Quanto guadagnano i grillini in parlamento? Il capo politico e candidato premier del Movimento 5 Stelle, Luigi Di Maio, nel 2017 ha dichiarato 98.471,04 euro.
Dei suoi nuovi capigruppo, al momento, si conosce la documentazione patrimoniale del solo Danilo Toninelli, che guiderà la squadra pentastellata al Senato, il quale ha dichiarato un reddito imponibile di 94.086 euro.
Alessandro Di Battista nel 2017 dichiara 113.471 euro mentre Paola Taverna ne dichiara 103.456. Seguono Laura Bottici con 99.699 euro, Nicola Morra che dichiara 99.465 e Carla Ruocco che si piazza a quota 94.239.
La capogruppo alla Camera per il M5S Giulia Grillo ha dichiarato nel 2017 un reddito imponibile pari a 100.219. Lo si legge nella documentazione pubblicata sul sito della Camera.
Il deputato M5S Alfonso Bonafede, avvocato e indicato come ministro della Giustizia nella squadra pentastellata di governo, dichiara nel 2017 un reddito imponibile pari a 186.708 euro. E’ quanto si legge nella documentazione pubblicata online sul sito della Camera.
Il garante del M5S Beppe Grillo ha dichiarato nel 2017 420.807 euro: l’anno precedente aveva dichiarato ‘appena’ 71.957 euro.
Per quanto riguarda i capigruppo in pectore, il deputato uscente e neo-senatore Danilo Toninelli ha dichiarato nel 2017 un reddito di 94.086 euro, mentre l’imponibile della collega Giulia Grillo si attesta a 100.219 euro.
Ma ci sono anche i morosi 5 stelle. Sono oltre 400 mila euro i redditi dichiarati dai deputati del Movimento 5 Stelle sospesi o espulsi per non aver versato la quota al fondo per il microcredito.
All’appello manca la dichiarazione patrimoniale di Andrea Cecconi, che dovrà essere disponibile da lunedì prossimo, per legge.
Nel dettaglio, Ivan Della Valle ha guadagnato 98.471 euro nel 2017, mentre Girolamo Pisano 109.487, Silvia Benedetti 98.471,04 ed Emanuele Cozzolino 97.819.
L’altra deputata citata tra i “morosi” lo scorso 14 febbraio, Giulia Sarti, infine, ha dichiarato 98.471,04. Maurizio Buccarella ha dichiarato un reddito imponibile di 105.086 euro nel 2017; Carlo Martelli 100.255 euro; Elisa Bulgarelli di 99.699 euro. La senatrice Barbara Lezzi, coinvolta nella vicenda restituzioni ma soltanto multata, ha dichiarato 95.922 euro.
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile
DISCONTINUITA’ DALL’ERA RENZIANA: PARTITO ALL’OPPOSIZIONE MA SI CONSULTA LA BASE
“Penso alla Spd che ha costruito alcuni passaggi chiave con la partecipazione diretta degli iscritti”, dice Maurizio Martina intervistato da Repubblica.
Un passaggio non da poco, quello pronunciato dal neo-reggente del Pd: passaggio notato dai più nel partito.
Il riferimento all’esperienza dei socialisti tedeschi, che con un referendum tra gli iscritti hanno sciolto il dilemma sul sostegno ad una nuova grande coalizione con Angela Merkel, ha fatto il giro dei commenti tra i dirigenti dem stamattina.
Che vuol dire? È un cambio di marcia netto rispetto all’era Renzi, concordano i non-renziani del Pd, quell’area che va dai renziani delusi, alla cerchia tra Zanda, Gentiloni, Minniti, Calenda e altri ministri, fino alle minoranze.
Un cambio di marcia che nel breve termine potrebbe anche significare referendum tra gli iscritti sulle scelte di governo: modello tedesco, insomma.
È chiaro che per il Pd il prossimo passaggio chiave potrebbe essere quello sul governo. È il nodo sul quale il partito potrebbe anche dividersi: non serve la sfera di cristallo, basta sentire gli umori nel partito per capirlo.
Perchè per ora i dem sono tutti vincolati al documento approvato quasi all’unanimità (astenuti solo i 7 dell’area Emiliano) in Direzione nazionale solo lunedì scorso: il Pd sta all’opposizione, recita il documento e lo stesso Martina ripete la formula a Repubblica. Sebbene aggiunga: “Non saremo indifferenti a ciò che dirà Mattarella, ma il nostro compito è prepararci a essere minoranza parlamentare e da lì dare un contributo al paese”.
Ecco, il nodo: sta tutto in ciò che dirà il presidente della Repubblica, soprattutto se un primo giro di consultazioni non dovesse dare la soluzione del rebus di governo. Probabile che il capo dello Stato lanci un nuovo richiamo alla responsabilità .
Oppure: cosa succede nel Pd se M5S dovesse lanciare altri segnali di pace, oltre a quello di ieri sul Def? Si aprirebbe come minimo una discussione: i non-renziani nel Pd la stanno aspettando, non perchè non vedano l’ora di appoggiare un governo con il M5S ma perchè non escludono a priori questa prospettiva, ma ovviamente adesso non lo dicono apertamente. E’ ancora troppo presto.
Però le parole di Martina preparano il terreno. Tracciano quanto meno una prospettiva, una modalità per riaprire i giochi, per rimescolare le carte impacchettate in direzione nel documento voluto fortemente dai renziani e votato quasi all’unanimità .
E si spacchetta consultando gli iscritti: una formula cui Renzi non ha mai fatto ricorso. La sua platea preferita era infatti fuori dal Pd, quella larga che lo ha eletto segretario alle primarie.
Adesso invece, con le dimissioni di Renzi dalla segreteria, le aree non-renziane nel partito non escludono un referendum tra gli iscritti sulle scelte strategiche.
Sergio Chiamparino, uno di quelli che dall’inizio non ha escluso la possibilità di dialogare con i cinquestelle, candidato a guidare il Pd nella prossima sfida congressuale, ha proposto in direzione di consultare la base per prendere una decisione.
Ecco, il partito che sta cercando di liberarsi definitivamente da Renzi sta ragionando in questa direzione. A piccoli passi e senza fanfare, con l’idea di recuperare la vecchia idea di partito (e chissà in quest’ottica le primarie aperte che fine farebbero, ma questa è un’altra storia, di là da venire)
Attento a non provocare strappi (“Attenzione a cercare capri espiatori: senza Renzi l’argine del Pd sarebbe crollato con quattro anni di anticipo”), Martina cerca di portare il partito su un orizzonte diverso dal renzismo.
Domani, per dire, sarà presente al convegno organizzato da Sinistra Dem, l’area di Gianni Cuperlo. In passato, non è mai accaduto che Renzi partecipasse o inviasse suoi rappresentanti a iniziative di altre aree, seppure invitato.
Invece domani, a questa iniziativa pubblica che non a caso si tiene proprio nella sede nazionale del Pd, ci sarà non solo Martina, ma anche Andrea Orlando, Carlo Calenda. Sembra la ‘presa’ del Nazareno da parte delle truppe non-renziane in assenza dell’ex segretario, per usare un’immagine che rende l’idea della guerra per ora a bassa intensità nel Pd.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile
TRAVOLTO DA RIMBORSOPOLI, L’EX DEPUTATO PIEMONTESE ESPULSO ORA SI E’ ACCORTO DELLA MANCANZA DI DEMOCRAZIA E TRASPARENZA DEI GRILLINI
Ivan Della Valle, l’ex deputato del MoVimento 5 Stelle scoperto a truccare i conti dei rimborsi e ad essersi trattenuto la bellezza di 270mila euro, ha finalmente trovato il coraggio di denunciare.
Non sè stesso, perchè dal punto di vista penale non ha fatto nulla di male, ma il suo vecchio partito.
Dopo essere stato espulso dal M5S per la vicenda rimborsopoli l’ex deputato piemontese si è accorto che nel partito di Grillo e Casaleggio c’è del marcio. Finalmente libero dagli impegni parlamentari Della Valle ha deciso così di inaugurare la stagione, tardiva, della trasparenza.
Si inizia con un post pubblicato a due giorni dal voto delle politiche nel quale Della Valle trova la forza (dopo quindici giorni dalla sua espulsione) di criticare la posizione del candidato alla presidenza della Regione Lombardia Dario Violi sulla Bolkestein.
Secondo l’ex deputato il M5S ha cambiato completamente la sua posizione sulla famigerata direttiva europea. Violi in particolare è “colpevole” di aver detto che non è possibile uscire dalla Bolkestein. Il MoVimento però ha sempre sostenuto il contrario. E non è certo l’unico cambiamento di rotta.
Evidentemente però quando Di Maio cambiava la politica estera del M5S Della Valle stava facendo altro.
Quello del “tradimento” è un tema ricorrente nella lettura che Della Valle dà dei fatti della politica. Poco dopo la deflagrazione del caso rimborsopoli il deputato si era giustificato dicendo che “Se io ho tradito il movimento per le restituzioni, il Movimento che io avevo contribuito a fondare, perchè sono stato il primo consigliere comunale eletto in Piemonte e tra i primi in Italia, ha tradito gli elettori su tantissime tematiche”.
Una volta trovato finalmente il coraggio di uscire allo scoperto Della Valle è un fiume in piena.
Il 12 marzo si diletta a postare un passaggio tratto da La fattoria degli animali di Orwell, testo a quanto pare imprescindibile per tutti coloro che hanno aperto gli occhi sul funzionamento della democrazia diretta nel M5S.
In sostanza il nostro coraggioso portavoce sta dicendo che nel MoVimento la democrazia non esiste. Non proprio una novità visto che ci sono persone (e giornalisti) che lo dicono e lo scrivono da anni.
In questi cinque anni però Della Valle non ha detto nulla. Come tutti gli ex-grillini scopre tutto dopo.
E come tanti ex pentastellati (o trombati alle Parlamentarie) è solo dopo che le cose non sono andate come sperava che trova la forza di parlare democrazia violata.
Lui però non ci sta a passare per uno che non ha mai avuto il coraggio di criticare la linea ufficiale del MoVimento. Ed è per questo che per dimostrarlo posta il link della sua convinta difesa della scelta di fare gruppo con lo UKIP di Farage (nel 2014) lasciando intendere che contiene una critica alla decisione di passare in ALDE. Decisione che per altro è stata presa con un voto in assemblea (nel 2017) prima di venire rigettata dal M5S (più o meno..).
Ma ci sono tanti sassolini che Della Valle si vuole togliere dalle scarpe.
L’ok dato dalla Giunta Appendino a costruire un centro commerciale nell’area ex-Westinghouse contrariamente a quanto promesso in campagna elettorale oppure la decisione di criticare la candidatura di Torino alle Olimpiadi 2026.
Ieri Della Valle ha detto di condividere “ogni parola” dell’intervista rilasciata dal consigliere regionale Davide Bono che esprime tutta la sua contrarietà alle Olimpiadi invernali a Torino. Ed è curioso perchè quando era deputato Della Valle non ha concesso interviste in merito.
Scrive Della Valle che all’epoca questo suo essere non allineato gli costò caro: “Tutto ciò portò alla mia totale esclusione, messo in un angolo ma non zittito continuai a criticare le scelte che io ritenevo sbagliate”. E c’è da chiedersi perchè non sia uscito dal MoVimento dopo aver visto tutti questi “tradimenti”.
Dopo le risposte Della Valle passa alle domande: «Non trovate strano che in 5 anni nessuno abbia mai controllato un’iniziativa così importante come quella della restituzione?».
Probabilmente non è poi così strano, visto che è esattamente la modalità con cui il M5S gestisce le sue iniziative democratiche e trasparenti ovvero secondo il collaudatissimo metodo quanno ce pare.
Ed ecco che si profila all’orizzonte l’ipotesi di complotto (non la prima a dire il vero). A cosa è servita tutta la cagnara mediatica sui rimborsi se alcuni deputati “traditori” hanno già ottenuto il perdono?
Secondo Della Valle è semplice, sarà utilizzata come pretesto «per cambiare il sistema delle restituzioni e passare, così, ad un sistema forfettario e rendere la destinazione del fondo da pubblico ad iniziative di partito esattamente come fanno tutti gli altri». Fortunatamente c’è Della Valle, che ora che non ha nulla da perdere trova il coraggio di puntare il dito contro un partito di cui ha fatto parte, nonostante fosse stato “messo in disparte” fino ad un mese fa.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile
E “SOLO CASUALMENTE” L’AFFERMAZIONE DI DI MAIO COINCIDE CON I SUOI INTERESSI PERSONALI
Il vincolo dei due mandati è sacro e va rispettato, ha detto l’altroieri Luigi Di Maio alla Stampa Estera dove ha catechizzato i giornalisti sullo strano concetto di democrazia adottato dal MoVimento 5 Stelle per queste elezioni.
Proprio per questo, spiega Francesco Verderami sul Corriere della Sera, il M5S è pronto all’eccezione che conferma la regola.
“Ogni volta che deroghi ad una regola praticamente la cancelli”, diceva la buonanima di Gianroberto Casaleggio. Ma non aveva fatto i conti con il contingente, spiega oggi il Corriere:
«E se si dovesse tornare al voto entro un anno – dice Di Maio –non faremmo le parlamentarie per le liste. Confermeremmo i candidati di questa legislatura». L’argomento è stato affrontato giorni fa dal vertice del Movimento, ed è una scelta che verrà formalizzata se e quando ce ne sarà bisogno.
In prospettiva garantirebbe al leader – che è al secondo giro in Parlamento – la possibilità di ricandidarsi a Palazzo Chigi. Nell’immediato servirà a blindare i gruppi di Camera e Senato, perchè dovrebbe agire come deterrente verso quanti sono già al secondo mandato e potrebbero cadere in tentazione, cambiando casacca pur di non tornare subito a casa.
La strategia è chiara e lungimirante: chi è al secondo mandato con il M5S sa che questa è la sua ultima avventura parlamentare. Perciò potrebbe “cadere in tentazione” per farsi una carriera politica al di là del grillismo.
Al costo, certo, di finire additato come traditore e rischiando un crollo di popolarità presso chi l’aveva portato in politica. Con questa affermazione di principio Di Maio offre prima di tutto un cambio di prospettiva alla sua truppa parlamentare: se la legislatura dura poco avreste di nuovo il posto confermato al prossimo giro, per lo meno nella corsa alle elezioni, poi il voto deciderà i sommersi e i salvati.
Certo, a nessuno sfugge la coincidenza con gli interessi personali dello stesso Di Maio: anche lui è al secondo mandato e anche lui beneficerebbe del vantaggio della conferma generalizzata per farne un terzo.
Così come Fabio Fucci, a cui è stata negata la corsa con il M5S a Pomezia nonostante il suo primo mandato fosse durato appena un anno e mezzo, avrà sicuramente qualcosa da ridire sulla vicenda.
D’altro canto anche Alessandro Di Battista alla Festa del Fatto qualche tempo fa aveva detto che “noi abbiamo sempre interpretato la regola dei due mandati come massimo dieci anni nelle istituzioni”.
La notizia forse verrà accolta con gioia anche a Roma, dove Daniele Frongia, Enrico Stefà no, Marcello De Vito e soprattutto Virginia Raggi hanno interrotto anzitempo la consiliatura quando era sindaco Ignazio Marino e quindi hanno diritto ad un altro giro di giostra, anche se non completo ma di altri due anni e mezzo.
E la “riforma” interpretativa apre anche a interessanti problematiche sostanziali: se la regola dei due mandati in realtà si interpreta come “massimo dieci anni”, allo scoccare del decimo anno il consigliere o il parlamentare eletto per tre volte si deve dimettere? E se per caso è un sindaco in carica, che fa? Fa cadere il consiglio e la Giunta?
Certo, magari la questione non sarà presa benissimo dagli attivisti storici, che invece magari contavano proprio sul “naturale ricambio” per proporre la loro candidatura mentre il MoVimento 5 Stelle ha il vento in poppa.
Ma si sa, l’attivismo politico è pura generosità totalmente disinteressata, soprattutto quello grillino. Quindi non ci saranno di sicuro problemi di sorta da questo punto di vista…
Mentre la possibilità di fornire una squadra “collaudata” al prossimo giro di urne potrebbe sostanzialmente avvantaggiare il MoVimento 5 Stelle, a patto che questo non finisca per partecipare anche alle ipotesi di governissimo circolate in questi giorni. D’altro canto ormai è appurato che si stiano aprendo spazi di collaborazione con la Lega mentre quelli con il PD sono restati chiusi sin dall’inizio. La partita della legislatura non sembra per niente chiusa. Anzi.
(da agenzie)
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Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile
SFRUTTATI E SENZA DIRITTI, DOVE SI FATICA IL DOPPIO, GLI STIPENDI SI RIDUCONO E LE GARANZIE SONO EVAPORATE
Ci sono i lavoratori Amazon che spostano pacchi a ritmi “infernali, pericolosi per la salute”. E raccontano dei “controllori” che monitorano ora per ora la loro produttività rimproverando pubblicamente i meno performanti.
Ci sono i piloti Ryanair senza ferie nè malattia, costretti a volare dopo pochissime ore di riposo per rispettare i turni, e l’operaio Fca che si è urinato addosso perchè i capi gli avevano impedito di andare in bagno.
Ma anche i dipendenti Lidl che raccontano una routine fatta di turni extra in cui però si lavora gratis e i rider del cibo a domicilio con retribuzioni a cottimo, senza alcuna tutela se si fanno male mentre pedalano sotto la pioggia o la neve per consegnare pizze e sushi.
Per non parlare degli operatori di call center: “Dobbiamo riuscire a riattaccare in meno di tre minuti e mezzo”, racconta un’operatrice.
Sono loro i protagonisti di Italian Job — Viaggio nel cuore nero del mercato del lavoro italiano (Sperling & Kupfer), libro-inchiesta di Maurizio Di Fazio, collaboratore de ilfattoquotidiano.it e delle testate del gruppo Gedi (ex Espresso).
Un racconto “delle viscere dell’Italia contemporanea, di un Paese che lavora anche il doppio o il triplo di prima per non perdere un posto non più fisso, e pazienza se gli stipendi si sono assottigliati (…) e sono evaporate in un batter di ciglia tutele e garanzie che si pensavano acquisite per sempre”. Tra “lavoratori della notte e di qualsiasi giorno festivo, nuovi operai-massa della logistica, addetti alle consegne delle merci e dei piatti che compriamo su internet, al servizio “esclusivo ma indiretto” di aziende e app multinazionali. Testimonianze della negazione dei diritti più banali e fisiologici, in catena di montaggio o alla cassa, come quello di andare in bagno”.
Da Mondo convenienza “ormai sono quasi tutti part time”, racconta una addetta alle vendite.
Peccato che a volte chi ha il part time venga chiamato al lavoro anche di domenica salvo rimandarlo a casa “dopo una o due ore” e scalargli lo straordinario, “nel senso che proprio non glielo pagano”.
Il sindacato “E’ una bestia nera. A un mio collega hanno promesso: “Se ti cancelli dal sindacato ti agevoliamo con i turni”. Siamo rimasti in pochi a essere iscritti”.
Non stanno molto meglio gli infermieri liberi professionisti, gli operatori socio-sanitari che arrivano a vedersi offrire meno di 2 euro l’ora, i giornalisti precari a duecento euro al mese..
Il capitolo sui supermercati aperti 24 ore su 24 e sui centri commerciali con le serrande alzate pure a Pasqua e Natale evidenzia come gli orari impossibili e la richiesta di disponibilità no stop vadano soprattutto a scapito delle lavoratrici donne. “Il 78% delle dimissioni convalidate dall’ispettorato del lavoro nel 2016 è stato di donne con figli”, ricorda Di Fazio. Che cita il caso della Puglia: la stragrande maggioranza delle 600 donne dal 2008 al 2016 hanno bussato all’ufficio della consigliera di parità pugliese Serenella Molendini ha lamentato che la causa della discriminazione o del licenziamento è stata la maternità . “Le aziende tendono a mettere subito le cose in chiaro: se hai figli, e soprattutto se stai per averne uno, non sei una lavoratrice gradita”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Marzo 16th, 2018 Riccardo Fucile
LA FOTO DEL BIMBO IN FUGA IN UNA VALIGIA: SONO QUESTI I “FINTI” PROFUGHI CHE IN ITALIA QUALCHE INFAME VORREBBE VEDER ANNEGARE
Non si placano le bombe sulla Ghouta orientale, l’enclave ribelle siriana alla periferia est di Damasco oggetto da oltre un mese di una pesante offensiva del regime e dei suoi alleati. Secondo l’Osservatorio siriano per i diritti umani, nelle ultime ore più di 40 civili hanno perso la vita nei raid siriani e russi. I bombardamenti più intensi si sono verificati questa mattina su Zamalka, Kfar Batna, Jisrin e Saqba, tutte località chiave della Ghouta a est di Damasco.
Fonti mediche parlano di bombe a grappolo e bombe incendiarie ma le informazioni non sono verificabili in maniera indipendente sul terreno.
Difficile avere certezze sul numero di persone che nelle ultime ore stanno lasciando la regione: un vero e proprio esodo, con migliaia di persone che cercano di mettersi in salvo da una delle offensive più letali dall’inizio del conflitto, sette anni fa, raggiungendo località in mano al regime.
È una “sofferenza insopportabile” quella nella Ghouta orientale assediata, dove continuano a morire i civili bombardati dai caccia russi e del regime di Bashar al-Assad.
Lo ha dichiarato l’inviato delle Nazioni Unite per la Siria Staffan de Mistura, lanciando un appello per la protezione dei civili che vivono nel sobborgo a est della capitale Damasco. Intervenendo in videoconferenza da Bruxelles a un briefing del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite a New York, de Mistura ha poi parlato di “violazioni confermate dell’uso di armi vietate” nella Ghouta e di “donne abusate sessualmente durante l’evacuazione” dall’enclave.
Il diplomatico italo-svedese ha poi parlato delle decine di feriti che non possono ricevere l’assistenza medica di cui hanno bisogno a causa dei continui bombardamenti. De Mistura ha poi dichiarato che la Risoluzione 2401 del Consiglio di sicurezza Onu non viene applicata e che non è stato rispettato l’impegno per la formazione della Commissione costituzionale.
L’inviato Onu ha quindi affermato che il popolo siriano ha il diritto di scegliere i propri rappresentanti e il sistema politico da cui essere governato.
Intanto, però, nell’immobilismo della comunità internazionale, si continua a morire, a Ghouta come ad Afrin. Qui, nel nord del Kurdistan, le forze turche continuano a bombardare la città . Solo oggi sono stati uccisi almeno 20 civili, secondo fonti delle Forze democratiche siriane, formazione guidata dai turchi e sostenuta dagli americani. Anche qui migliaia di persone stanno cercando di fuggire, un’impresa non facile vista l’intensità dei raid condotti da Ankara.
“Siamo molto preoccupati per l’alto rischio che corrono i civili, che sono di fatto intrappolati, di rimanere uccisi, feriti, essere usati come scudi umani o ritrovarsi sfollati a causa dei combattimenti”, ha dichiarato Ravina Shamdasani, portavoce dell’Alto commissario Onu per i diritti umani.
“Abbiamo ricevuto notizie molto allarmanti da Afrin”, ha detto durante un briefing a Ginevra, riferendo di informazioni che “parlano di morti e feriti tra i civili a causa dei raid aerei e degli attacchi da terra così come di notizie di civili ai quali viene impedito dalle forze curde di lasciare la città di Afrin”.
“Centinaia di migliaia di civili sono a rischio, anche gli sfollati delle aree conquistate di recente dalle forze a guida turca – ha proseguito Shamdasani – Abbiamo ricevuto notizie secondo cui sono riusciti a uscire solo quei civili che hanno contatti con le autorità curde o con le forze armate curde, ma anche loro hanno dovuto percorrere un tragitto pericoloso, rischiando bombardamenti e trappole esplosive solo per raggiungere i checkpoint gestiti dai gruppi armati sostenuti dal governo dove è stato loro consentito il passaggio solo dietro pagamento”.
L’Onu denuncia “forti pressioni sull’ospedale di Afrin, l’unica struttura medica dotata di attrezzatura per le operazioni più invasive, che fa difficoltà a gestire l’afflusso di feriti”. “C’è anche una grave mancanza di acqua a causa della presunta distruzione di stazioni di pompaggio così come per il controllo delle risorse idriche da parte delle forze a guida turca”, ha aggiunto la portavoce, riferendo di “notizie di combattenti dell’opposizione che in alcune aree saccheggiavano le case di chi era fuggito dall’area”.
La guerra siriana, entrata ormai nel suo ottavo anno, ha già provocato la morte di mezzo milione di persone. Più di undici milioni sono stati cacciati dalle loro case, di cui quasi sei milioni sono fuggiti all’estero.
(da agenzie)
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