Marzo 21st, 2018 Riccardo Fucile
SI ALLARGA LA SOLIDARIETA’ ALLA ONG SPAGNOLA COLPEVOLE DI NON AVER FATTO AFFOGARE I PROFUGHI… ZUCCARO HA SOTTRATTO L’INCHIESTA ALLA PROCURA COMPETENTE DI RAGUSA CONTESTANDO UN REATO SU MISURA… ORLANDO COSA ASPETTA A MANDARE UNA ISPEZIONE ALLA PROCURA DI CATANIA?
“Non permetteremo mai l’introduzione del reato di solidarietà , chi salva vite sta facendo quello
che dovremmo fare tutti noi e quello che è alla base dei nostri valori”. Roberto Saviano, con un video messaggio inviato alla conferenza stampa tenuta oggi pomeriggio a Roma dai leader di Proactiva Open Arms organizzata al Senato dal presidente uscente della commissione diritti umani Luigi Manconi, scende in campo a fianco della Ong indagata dalla procura di Catania
I volontari, ha aggiunto, “non erano in acque libiche e hanno salvato 281 persone, anche dalla guardia costiera libica. Cosa si doveva fare? Lasciarle annegare? Lasciarli ai proiettili della guardia costiera libica? Lasciare che tornassero nei campi in Libia dove, anche pochi giorni fa, l’Onu ha denunciato stupri e violenze? Sono accusati di solidarietà ma noi non permetteremo mai – ha ribadito – l’introduzione del reato di solidarietà “.
La decisione del gip di Catania sul decreto di sequestro della nave, ferma da sabato al porto di Pozzallo, è attesa per la prossima settimana.
Il team di legali della Ong, guidato dall’avvocato Alessandro Gamberini, ha intenzione di chiedere al presidente del gip di Catania di dichiararsi incompetente a decidere per la manifesta infondatezza dell’accusa di associazione per delinquere, che è quella che ha consentito al procuratore Carmelo Zuccaro di avocare l’inchiesta che avrebbe il suo giudice naturale a Ragusa.
“L’unico scopo dei magistrati etnei – ha detto l’avvocato Gamberini – è bloccare l’attività dei soccorsi ma il castello d’accuse è destinato inevitabilmente a cadere”. Quanto al coordinamento dei soccorsi da parte della Libia, l’avvocato ha sottolineato che Tripoli “non ha un vero centro di coordinamento riconosciuto a livello internazionale e, dunque, è illegittimo sostenere che loro lo abbiano e possano coordinare un soccorso”.
Presenti alla conferenza stampa il fondatore della Proactiva Oscar Camps e il capo missione Riccardo Gatti.
“Nell’operazione dell’altro giorno – ha detto – non c’e’ stato niente di diverso rispetto le altre, se non che il governo italiano per la prima volta ci ha detto che doveva essere il governo spagnolo a fare la richiesta. Della guardia costiera libica non possiamo fidarci perche’ nel corso del tempo ci ha dato vari problemi: ci ha minacciato, ha sparato colpi in aria e una volta ci ha sequestrato per ore”.
“Siamo molti orgogliosi di essere riusciti a portare tutte le persone vive a Pozzallo senza cadaveri, come invece è accaduto purtroppo in altre occasioni – ha aggiunto Oscar Camps – Le autorità però non hanno reso questa cosa facile. Secondo le norme internazionali la priorità deve essere quella di salvare vite e portare tutte le persone soccorse in un porto sicuro. Ed è quello che abbiamo fatto anche se ci hanno accusato di molte cose e molte altre sono state dette con l’obiettivo di generare un conflitto”.
Solidarietà alla Proactiva è stata espressa da Medici senza frontiere e Sos Mediterranee che hanno chiesto l’intervento di Europa e Italia anche in considerazione del fatto che, dopo il sequestro di Iuventa a Trapani e Open Arms a Pozzallo, ad operare nel Mediterraneo è rimasta solo una nave umanitaria: la Aquarius.
Una interrogazione parlamentare sul caso è stata preannunciata dal segretario di Radicali Italiani Riccardo Magi. “Il caso della nave della Ong Open Arms solleva questioni molto gravi, che hanno a che fare con il rispetto del diritto internazionale e dei diritti umani, e sulle quali è urgente che il governo italiano faccia chiarezza. Non è chiaro in base a quali convenzioni internazionali la guardia costiera italiana, che aveva allertato la nave di Open Arms perchè corresse in soccorso di decine di persone tra cui donne e bambini, abbia poi ceduto alla guardia costiera libica la guida dell’intervento che si stava svolgendo in acque internazionali. È noto che nel Mediterraneo non è stata riconosciuta nessuna zona Sar libica”.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Marzo 21st, 2018 Riccardo Fucile
OGGI NON TROVA DI MEGLIO DA DIRE CHE DEFINIRE OLTRAGGIOSE LE VERITA’ DEL PROCURATORE ZUCCA… E CHI HA NOMINATO AI VERTICI DELL’ANTIMAFIA CALDAROZZI, CONDANNATO A 3 ANNI E 8 MESI? MINNITI, OVVIO
«Chi ha coperto i nostri torturatori ora è al vertice della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori?» così aveva commentato il caso di Giulio Regeni il sostituto procuratore generale di Genova Enrico Zucca.
Il riferimento era evidentemente alla decisione di nominare Gilberto Caldarozzi ai vertici dell’Antimafia (e di promuovere a questore il vicequestore Adriano Lauro).
La tesi è semplice: Caldarozzi è stato condannato a tre anni e otto mesi per falso (mai scontati) con sospensione per cinque anni dai pubblici uffici per aver collaborato alla creazione di false prove finalizzate ad accusare chi venne pestato dagli agenti alla scuola Diaz durante il G8 di Genova 2001.
Ma che c’entra Regeni? Il parallellismo tra i torturatori di Regeni e le violenze compiute dalla polizia durante il G8 di Genova riguarda proprio la tortura.
Per quello che è successo alla Diaz l’Italia venne condannata dalla Corte europea dei diritti dell’Uomo per violazione delle norme sulla tortura.
I giudici della Corte europea dei diritti dell’uomo hanno condannato l’Italia per le torture perpetrate dalle forze dell’ordine nella scuola Diaz e le violenze commesse dagli ufficiali di polizia a Bolzanato.
Ed è per questo che Zucca ha detto che «Noi violiamo le convenzioni è difficile farle rispettare ai Paesi non democratici».
Secondo Zucca infatti «La rimozione del funzionario condannato è un obbligo convenzionale, non una scelta politica, e queste cose le ho dette e scritte anche in passato. Il Governo deve spiegare perchè ha tenuto ai vertici operativi dei condannati. Fa parte dell’esecuzione di una sentenza».
Nella sentenza la Cassazione scrisse che a Caldarozzi e gli altri condannati “hanno gettato discredito sulla Nazione agli occhi del mondo intero”.
Successivamente il Ministro dell’Interno Marco Minniti ha nominato Caldarozzi Vice direttore tecnico operativo della Direzione Investigativa Antimafia.
Sempre secondo la Cassazione l’ex capo del Servizio centrale operativo della polizia (SCO) si «è prestato a comportamenti illegali di copertura poliziesca propri dei peggiori regimi antidemocratici».
Quando qualche mese fa esplose la polemica per la scelta di nominare Cadarozzi all’Antimafia i vertici della Polizia si giustificarono dicendo che non si trattava di una promozione e che non era stato possibile “procedere ad alcuna forma di destituzione”. La sentenza dice che il comportamento di Caldarozzi fu degno dei peggiori regimi, non è un mistero che in molti considerino l’Egitto un regime antidemocratico. Il parallelismo, con tutti i limiti del caso, è lecito.
Franco Gabrielli non ha gradito l’uscita di Zucca definendole “parole oltraggiose”: «mi risuonano ancora più oltraggiose le parole di chi non più tardi di ieri ha detto che ai vertici della Polizia ci sono dei torturatori».
In realtà Zucca ha detto che ai vertici ci sono persone che “hanno coperto i torturatori” e la sentenza a carico di Caldarozzi parla chiaro.
Ogni giorno — prosegue Gabrielli — «i nostri uomini e le nostre donne garantiscono serenità , sicurezza e tranquillità . Ed in nome di chi ha dato il sangue, di chi ha dato la vita, chiediamo rispetto. Gli arditi parallelismi e le infamanti accuse, qualificano soltanto chi li proferisce».
Nel frattempo il procuratore generale della Cassazione, Riccardo Fuzio, ha avviato accertamenti preliminari sul sostituto procuratore generale di Genova. E il vicepresidente del Csm Giovanni Legnini ha dichiarato che quella di Zucca «è stata una dichiarazione impegnativa con qualche parola inappropriata».
È curioso che proprio a proposito della Diaz all’epoca della sentenza Gabrielli disse che la gestione dell’ordine pubblico a Genova durante il G8 “fu semplicemente una catastrofe” e che “se io fossi stato Gianni De Gennaro mi sarei assunto le mie responsabilità senza se e senza ma. Mi sarei dimesso. Per il bene della Polizia”. Sappiamo poi come sono andate le cose.
De Gennaro non si è dimesso e si è trovato (grazie a Enrico Letta) ai vertici di un’azienda di Stato. Caldarozzi non si è dimesso e Minniti non ha trovato niente di meglio per lui che la direzione dell’Antimafia.
Si potrebbero prendere sul serio le parole di Gabrielli contro la tortura se solo riconoscesse che davvero oggi, ai vertici della Polizia c’è una persona che coprì i torturatori della Diaz.
Dovrebbe farlo per il bene della Polizia.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Giustizia | Commenta »
Marzo 21st, 2018 Riccardo Fucile
“SEMBRA UN SOGNO”
«Lei è una nuova deputata?». «No, una vecchia impiegata». 
In questo viavai di giacche e cravatte, messe in piega fresche di parrucchiere e trolley trascinati in attesa di individuare dove stia il guardaroba, ogni equivoco è possibile, nella giornata dell’assalto delle matricole, quando centinaia di volti nuovi si affacciano alla sala del Mappamondo di Montecitorio per completare le procedure di registrazione e frotte di giornalisti cercano un primo approccio, prendendo talvolta funzionari della Camera per neoeletti.
«Di qua per la registrazione?», chiedono senza fiato salendo dal grande scalone Claudio Durigon e Francesco Zicchieri, leghisti al primo mandato.
«Veneti? Lombardi?»; «No: io di Latina, lui di Terracina», tra i primi esemplari di Carroccio espanso al Centro-sud.
Poco dopo, altra coppia altro partito: l’ex sindaco forzista di Pavia, Alessandro Cattaneo, già noto a svariati talk show, e il collega toscano Giorgio Silli, modi gentili e capello brillantinato, uscito vincente dal corpo a corpo nell’uninominale di Prato contro il sottosegretario Della Vedova: «Renzi si è ostinato a candidare da noi uno di Sondrio…».
Si sente il «dlin» dell’ascensore e sbuca Giuseppina Occhionero, molisana eletta con LeU, capelli in ordine e abito scuro: «Sono una sportiva, odio il parrucchiere ma stavolta ci sono andata. Essere qui è un’emozione incontenibile, mi sembra un sogno».
Lungo il corridoio da cui le rigide disposizioni del Palazzo vorrebbero allontanare i giornalisti spunta la veterana Giorgia Meloni, al debutto della quarta legislatura: «Che altre generalità volete da me? Avete già tutto!», ride allontanandosi.
Termina la riunione del M5S con il leader Di Maio ed eccoli arrivare, a grandi gruppi, come in gita scolastica, i neodeputati stellati.
Andrea Mura indossa una giacca grigia ricamata «Vento di Sardegna», con soddisfazione apre una pagina della Gazzetta dello Sport dedicata a lui, velista oceanico in solitaria: «Sono allibito che non esista una Commissione del mare».
Poco più indietro, Cristian Romaniello, Elisa Siragusa e Giovanni Currò, più o meno novant’anni in tre, si mostrano intimiditi dall’attenzione dei cronisti, «un numero di telefono no, rivolgetevi all’ufficio comunicazione».
Giorgio Trizzino, direttore sanitario di un ospedale pediatrico, si attarda per fare una foto col cellulare all’imponente sala in prospettiva: «Sono quello che ha fatto fuori Grasso, metaforicamente s’intende», ha vinto il collegio uninominale di Palermo.
Si mette in coda verso la grande sala Matilde Siracusano di Forza Italia, ex collaboratrice parlamentare ma molto prima, a 19 anni, aspirante Miss Italia.
E per questo già nel mirino dei media: «Sono stata massacrata – sospira lei – un po’ me l’aspettavo, ma si è parlato solo dell’esperienza da miss, come se non ci fosse stato poi un percorso di studi e di lavoro…».
Poco più in là , Claudio Borghi, economista vicino a Salvini: «Usciamo dall’euro? Sì ma non so dire quando». «Fatta la registrazione: mi sembra di essere tornato al militare», scherza all’uscita il grillino Michele Gubitosa. A fine giornata sono accreditati in 176. Oltre un centinaio non ha ancora ricevuto la comunicazione di avvenuta proclamazione: ma c’è ancora tempo fino a venerdì.
(da “La Stampa”)
argomento: elezioni | Commenta »
Marzo 21st, 2018 Riccardo Fucile
SUI SOCIAL I MILITANTI NON SONO D’ACCORDO SU UNA INTESA CON IL CENTRODESTRA
Un possibile accordo con il centrodestra, compreso Silvio Berlusconi, fa discutere non poco la base del Movimento 5 stelle.
Luigi Di Maio ha già presentato la sua squadra per Palazzo Chigi, e, in campagna elettorale e dopo, ha a gran voce spiegato che non farà alleanze ma, in mancanza di numeri, lancerà un appello pubblico per verificare se ci siano margini per una convergenza sui temi.
Scorrendo la pagina Facebook di Di Maio, fino a poco fa si poteva leggere commenti di questo tenore: “In questi giorni i giornali vogliono promuovere un’alleanza tra Movimento e la destra. Spero che sia solo un’abile mossa delle testate giornalistiche che dalla nascita del Movimento 5s l’hanno sempre osteggiato e tentato di ridicolizzare, escluso il Fatto Quotidiano. Spero davvero sia così perchè se questo dovesse mai succedere sarebbe una trappola mortale per il Movimento e una sciagura per l’Italia intera. Come sarebbe possibile combattere la corruzione, le mafie, le lobbie, le massonerie sotterranee che da decenni affliggono il nostro splendido paese con una persona come Berlusconi? Come sarebbe possibile avere equità sociale alleandosi con un partito che in base alle opportunità ha quasi sempre sostenuto Forza Italia e i suoi componenti? E ovviamente sto parlando della Lega… Come è possibile allearsi con il diavolo per combattere l’inferno?”, ci si chiede.
“È una tela di ragno, uno specchietto per allodole contro il quale prego i vertici del movimento di riflettere molto attentamente”, viene aggiunto e la chiosa è: “No agli uomini di B.”
“Ho sentito che Berlusca apre ai 5 Stelle per un governo insieme. Non sono assolutamente d’accordo!!!!” esordisce un altro post.
E sul blog delle Stelle campeggia un altro commento: “Ieri sera a Ballarò c’era un’aria ipocrita. Sarebbero felici di rimettere in sella il Berlusca, a cominciare dal vecchio Scalfari che dice tutto e il contrario di tutto. Una la azzeccherà , sicuramente! Attento Luigi Di Maio. Tira dritto e diventa Premier”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Grillo | Commenta »
Marzo 21st, 2018 Riccardo Fucile
EFFETTO DOMINO DOPO IL SECONDO RICONTEGGIO: ORSOMARSO NON E’ STATO ELETTO IN PARLAMENTO E NON PUO’ LASCIARGLI IL POSTO IN REGIONE
Prima no, dopo si e poi di nuovo no. Nonostante abbia visto il suo nome pubblicato e proclamato
nei verbali della Cassazione, il candidato calabrese di Fratelli d’Italia Fausto Orsomarso è fuori dal Parlamento.
Lo ha deciso il secondo riconteggio dalla Corte d’Appello di Catanzaro che riassegna il seggio alla candidata di Forza Italia Maria Tripodi la quale, da una prima verifica, se l’era visto sfilare a favore dell’esponente del partito della Meloni.
Chi di casacca ferisce, di Rosatellum perisce.
Solo che a morire, politicamente, in questa tornata elettorale non è Fausto Orsomarso, che sicuramente è rimasto male (“Dalla Patria del diritto alla Repubblica delle banane” è il suo commento a caldo) ma che tuttavia per un altro anno e mezzo continuerà a sedere tra i banchi del Consiglio regionale della Calabria.
Il più danneggiato dalla nuova riassegnazione dei seggi è Giacomo Mancini, il suo ex compagno di partito che sarebbe entrato al suo posto a Palazzo Campanella come primo dei non eletti alle regionali del 2014 quando insieme erano candidati nella lista di Forza Italia.
Nipote omonimo del più noto ministro socialista ed ex sindaco della città di Cosenza, Mancini è un politico per “discendenza”: nel 2001 era stato eletto alla Camera con i Ds e nel 2006 con la “Rosa nel pugno”.
Diversi anni di militanza nel centrodestra hanno rappresentato la parentesi chiusa con il ritorno al centrosinistra, alla corte di Denis Verdini che lo ha imposto come candidato alle politiche del 4 marzo.
Il suo destino politico era, però, legato al secondo seggio che in Calabria stava per essere assegnato al partito di Giorgia Meloni. Come per Orsomarso, anche per lui: prima no, dopo si e poi di nuovo no.
Il gioco degli incastri, Mancini l’aveva studiato bene e, nonostante sia stato candidato dal Partito democratico perdendo nel collegio di Cosenza alla Camera, grazie ai voti raccolti da Fratelli d’Italia fino a ieri sarebbe entrato in Consiglio regionale grazie all’elezione dell’aspirante deputato Fausto Orsomarso.
Per il giovane “vecchio” della politica cosentina sarebbe stato un ritorno. Ma sempre in maggioranza. Dopo aver fatto, in quota Forza Italia, l’assessore regionale al Bilancio nella giunta dell’ex governatore Giuseppe Scopelliti (centrodestra), infatti, questa volta avrebbe sostenuto il presidente della Regione Mario Oliverio (Pd) portando in dote i suoi “7mila voti personali” che, per poco, nel 2014 non gli avevano consentito di essere eletto nelle file del centrodestra.
Una poltrona che la decisione della Corte d’Appello di Catanzaro adesso restituisce a Fausto Orsomarso.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: elezioni | Commenta »
Marzo 21st, 2018 Riccardo Fucile
LA CARTA NAZIONALE SUI SITI CHE DOVREBBERO OSPITARE I RIFIUTI RADIOATTIVI PRODOTTI DA INDUSTRIE E OSPEDALI… VENTI LOCATION CHE COME AL SOLITO NESSUN COMUNE VORRA’
«Faremo il decreto ministeriale congiunto Ambiente-Sviluppo. Quindi, conto di fare il decreto tra questa e la prossima settimana»: il ministro dello sviluppo economico Carlo Calenda conta di pubblicare entro questa o la prossima settimana il decreto per la Carta nazionale per le aree potenzialmente idonee al deposito nucleare di superficie, che sarebbe quasi pronto: «Il documento ci sta arrivando. Ha fatto delle correzioni l’Ispra e le ha rimandate al ministero dell’Ambiente, abbiamo fatto il punto ieri. Il ministero deve rimandarla a noi».
Di cosa stiamo parlando?
Di quella che potrebbe diventare a breve l’ennesima polemica complottistica italiana dopo la fortuna che ha indubbiamente avuto il Trattato di Caen, ma anche di un problema irrisolto che pesa nelle bollette italiane per miliardi di euro.
Prima del referendum del 1987 infatti l’Italia visse una breve “stagione” di sfruttamento dell’energia nucleare, cominciata nel 1966 con la costruzione di tre centrali nucleari (Latina, Sessa Aurunca e Trino) a cui si aggiunse Caorso e, a partire dal 1982 quella di Montalto di Castro, che rappresenta un po’ l’emblema del concetto di Italiano Vero ben più che le canzoni di Toto Cutugno: fu infatti ultimata nell’anno in cui una consultazione popolare disse no all’utilizzo dell’energia nucleare, finendo di essere costruita quindi senza poter mai essere accesa.
L’eredità di quella stagione breve ma intensa e i rifiuti radioattivi prodotti attualmente in Italia dovrebbero, nelle intenzioni di molti governi che si sono succeduti in questi anni, trovare dimora in un deposito nazionale dove verrà completato il ciclo nucleare italiano iniziato con la costruzione delle centrali e la definitiva bonifica dei siti che hanno ospitato gli impianti.
Nel deposito andranno anche i rifiuti radioattivi prodotti nell’industria, nella medicina e nella ricerca che attualmente sono stoccati in decine di siti a livello nazionale.
Attualmente il decommissioning, ovvero quella procedura di smantellamento di centrali e siti nucleari retaggio del passato atomico dell’Italia, è finanziato con una voce in bolletta elettrica che ha tolto agli italiani 3,3 euro l’anno generando 1,7 miliardi di fondi per SOGIN, la società italiana che si occupa dello smantellamento, dal 2012 al 2016.
Il punto centrale è stato, da vent’anni, la mancanza di un deposito nazionale per le scorie. Il governo Berlusconi nel 2003 indicò Scanzano Jonico come sede del deposito di profondità dei rifiuti nucleari delle nostre centrali in via di smantellamento creando una vera e propria mobilitazione che investì tutto il Sud e nacque il comitato Scanziamo le scorie: alla fine il governo cedette e rinviò il problema. La stessa cosa hanno fatto gli altri governi negli anni successivi.
Nel 2014 l’ISPRA, l’Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale, ha pubblicato la Guida Tecnica n. 29, contenente 28 criteri per individuare le aree idonee ad ospitare il Deposito Nazionale dei rifiuti radioattivi.
L’insieme delle aree che al termine della fase di indagine risultano non escluse è andato a costituire la proposta di Carta Nazionale delle Aree Potenzialmente Idonee (CNAPI) a ospitare il Deposito Nazionale.
Dopo la consegna della CNAPI dovrebbe aprirsi una fase di consultazione pubblica della durata di quattro mesi in cui le Regioni, gli Enti locali e tutti i soggetti portatori di interesse possono formulare osservazioni e proposte tecniche.
Nel documento dovrebbero essere registrate decine e decine di aree — si parla in totale di una ventina — che potrebbero essere considerate idonee a ospitare il deposito nazionale per le scorie nucleari.
Poi, si darà inizio «all’ascolto » dei territori individuati da SOGIN e Ispra (l’istituto superiore per la prevenzione e la ricerca ambientale) secondo una serie di criteri di «sicurezza». Iter che durerà altri quattro anni e mezzo.
E se alla fine un territorio sarà definitivamente scelto, sarà soprattutto conseguenza delle sollecitazioni arrivate da un altro Stato, la Francia, che vuole riconsegnare all’Italia (non oltre il 2025) i rifiuti nucleari ad alta pericolosità mandati oltralpe ormai nel lontano 2006.
Rifiuti che sono stati “riprocessati” e che per altro ci sono costati quasi un miliardo di euro (insieme all’altra parte del “riprocessamento” avvenuto in Inghilterra).
Oggi subito dopo le dichiarazioni del ministro Calenda è tornato a farsi sentire proprio il comitato Scanziamo le scorie che nel 2003 vinse la battaglia contro il deposito nucleare a Scanziano Jonico in Basilicata: secondo l’associazione il governo “va oltre il campo. Deve ancora rispondere su qual è il programma per la gestione dei rifiuti nucleari sul quale l’Italia è in procedura di infrazione europea ma pensa già dove volerle mettere”.
La Basilicata “non è disponibile ad accogliere un’area potenzialmente idonea ad ospitare il deposito di scorie nucleari: l’economia agricola e turistica del nostro territorio Capitale della cultura europea non deve essere compromessa”.
Insomma, già si capisce perfettamente il clima.
Il governo Gentiloni ormai agli sgoccioli dovrebbe quindi procedere alla pubblicazioni delle venti aree potenzialmente idonee ma è intuibile cosa potrebbe succedere dopo.
Ovvero: quando si conosceranno le venti aree potenzialmente ritenute idonee molti degli amministratori locali, spinti dalla popolazione, diranno no.
Ma qui non c’è soltanto questo rischio. Visto che il governo Gentiloni è dimissionario verrà accusato di avvelenare i pozzi e nessuno si prenderà la responsabilità di portare a compimento il dossier.
Per la gioia di chi paga le bollette.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Ambiente | Commenta »
Marzo 21st, 2018 Riccardo Fucile
CENTO MIGRANTI, MOLTI CON REGOLARE PERMESSO DI SOGGIORNO, DA OGGI SONO IN MEZZO A UNA STRADA… MA MINNITI NON AVEVA DETTO CHE NON SI SAREBBE PIU’ PROCEDUTO SENZA UN PIANO B DI ACCOGLIENZA?
Un ingente spiegamento di uomini della Polizia di Stato si è presentato questa mattina al civico
78 di Via di Vannina a Roma.
Per la seconda volta è stato sgomberato questa mattina lo stabile occupato da circa un centinaio di migranti che sono stati caricati su due pullman e portati in Questura a via di Tor Cervara. Dopo lo sgombero e il trasferimento degli occupanti la polizia ha fatto sigillare l’edificio abbandonato installando, stando a quanto riferisce DinamoPress, anche del filo spinato.
A dare notizia dello sgombero è stata l’associazione Alter Ego — Fabbrica dei Diritti che da tempo è impegnata nel fornire assistenza alle persone che occupavano lo stabile.
L’Associazione denuncia anche che in questi mesi non è stato effettuato nessun intervento (nemmeno un censimento) da parte delle istituzioni e che nè il Comune nè il IV Municipio hanno messo in campo delle azioni per aiutare le persone che avevano occupato l’edificio fatiscente.
Secondo Alterego lo sgombero — che è stato richiesto dalla proprietà — è «l’ennesima conferma che, ancora una volta, si trattano problematiche sociali come mere questioni di ordine pubblico».
Non è infatti un caso che Baobab Experience metta in correlazione lo sgombero di Via di Vannina con quello, drammatico, di Palazzo Curtatone e dei fatti di Piazza Indipendenza.
Durante l’operazione di sgombero di Via di Vannina avvenuta quest’estate un ragazzo gambiano «in seguito ad una manganellata della polizia ha perso la vista da un occhio» ha scritto Alterego su Facebook questa mattina.
Così come in piazza Indipendenza anche nell’edificio a pochi passi dalla Tiburtina gli occupanti non erano tutti irregolari. Circa una ventina di ragazzi con regolare permesso di soggiorno stanno tentando di recuperare le proprie cose. Gli altri sono tutti in Questura.
Al di là di tutto quello che stupisce è la completa assenza del Comune.
Alterego riferisce che alcuni funzionari di Polizia interpellati questa mattina hanno detto che sono stati avvertiti dello sgombero sia il Municipio sia la Questura.
A quanto pare però sul posto c’erano solo le forze dell’ordine e non si è vista neanche un’unità della Sala Operativa Sociale.
Il rischio è che gli ex occupanti si trovino buttati per strada come è già successo nel giugno del 2017 quando Medici senza Frontiere denunciò l’emergenza sanitaria conseguente allo sgombero.
Quello sgombero durò ben poco e a pochi giorni di distanza molti ex occupanti erano riusciti a farvi rientro.
Alcuni avevano un permesso di soggiorno e lavoravano, altri erano in attesa del responso della Commissione alla richiesta di Asilo politico, insomma gli immigrati irregolari erano una minoranza.
Le persone che ci vivono sono tutte fuoriuscite dall’accoglienza — ha spiegato a Redattore sociale Federica Borlizzi, dell’associazione Alterego, L’Associazione segue da mesi i casi degli «occupanti: alcuni sono ricorrenti, hanno cioè ottenuto un diniego dalla commissione che deve decidere sulla loro richieste di protezione internazionale, altri hanno il permesso di soggiorno scaduto. Noi li stiamo aiutando nella procedura di regolarizzazione, resa difficile dal fatto che in questo momento la questura di Roma rifiuta la residenza fittizia via Modesta Valenti».
Cosa succederà ora non è così difficile immaginarlo. Qualcuno proverà a fare ritorno in via di Vannina, altri si riverseranno in altri “ghetti” ed edifici occupati.
Tacciono la Presidente del IV Municipio Roberta Della Casa e l’assessora al sociale Laura Baldassarre. Quello che è certo è che l’operazione di sgombero, senza nessun preavviso, senza nessun “piano B” per gestire la situazione abitativa degli occupanti finirà per alimentare le tensioni tra i movimenti per la casa di Roma e la Giunta Raggi, che sul versante delle politiche abitative e dell’accoglienza ha fino ad ora fatto ben poco.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Roma | Commenta »
Marzo 21st, 2018 Riccardo Fucile
C’E’ CHI SI ORGANIZZA PER CHIEDERE I SOLDI INDIETRO VISTA LA SITUAZIONE DELLE STRADE
Giusto un paio di giorni fa la Giunta Raggi ha annunciato uno sconto sulla TARI (la tariffa sui rifiuti) pari allo 0,73% per i cittadini e allo 0,93% alle imprese.
Roba da far accapponare la pelle di felicità , e che si sostanzia in uno sconto medio di circa 3 euro per chi ne paga 270 l’anno per il servizio che tutti ammiriamo oggi in città . Ma non è finita.
Posto infatti che la spesa media di ogni romano è pari a 307 euro l’anno, è importante anche ricordare cosa è successo negli ultimi anni alla tariffa rifiuti per avere una buona approssimazione dell’enorme sconto che ci sta regalando la Giunta Raggi. L’ultimo rincaro risale al 2014, quando l’amministrazione di Ignazio Marino, dopo aver lasciato l’imposta invariata l’anno precedente, ha applicato un aumento del 4 per cento della tariffa.
La stessa giunta di centrosinistra, però, nel 2015 ha invertito la rotta, riducendo la Tari dell’1,5 per cento.
L’anno successivo, nella manovra firmata dal commissario straordinario Francesco Paolo Tronca, viene inserita un’ulteriore riduzione del 2 per cento.
Con l’amministrazione a 5 stelle nel 2017 la Tari è ancora scesa: meno 1,59 per cento nel 2017.
Numeri alla mano, è quindi evidente che la Giunta a 5 Stelle ha più che dimezzato il già magro sconto dell’anno scorso e questo è l’unico effetto concreto dell’azione dell’amministrazione rispetto a una tassa che si paga con rabbia viste le pessime condizioni della raccolta della città , della pulizia delle strade e della cura dei giardini, di competenza di AMA.
E non è finita qui.
Perchè proprio il Messaggero ci racconta che c’è chi si sta organizzando per chiedere il rimborso della TARI:
«Ci stiamo organizzando per chiedere collettivamente i rimborsi sul pagamento della Tari — spiega Emanuele Venturini, a capo del comitato di quartiere San Lorenzo — considerato lo stato in cui versano le strade e gli androni dei palazzi. Abbiamo già presentato un esposto all’Ama, al Municipio e al Comune per l’inaccettabile gestione del porta-a-porta».
Lo stesso succede poi a La Rustica ma anche a Fidene. Il Codacons, che da mesi ha pubblicato sul proprio sito il modello per chiedere i rimborsi sul pagamento della Tari, conta centinaia di famiglie (proprio nei quartieri sopracitati) che hanno presentato istanza di risarcimento.
Si tratta di oltre 300 nuclei. E la cifra finale è molto più alta, in ragione del fatto che poi ogni singolo utente potrebbe attivare una procedura senza darne sfoggio.
In totale, analizza il Codacons, la cifra che il Comune dovrebbe restituire ai romani per gli ultimi 5 anni di tassa pagata senza reale beneficio è di 1,5 miliardi di euro.
Sul piede di guerra, poi, la Cna Roma: «Se non verranno escluse dalla tassazione le aree dei rifiuti speciali, faremo ricorso al Tar, chiedendo l’immediata sospensiva della tariffazione Ama, in quanto imposta illegittima».
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Roma | Commenta »
Marzo 21st, 2018 Riccardo Fucile
ANCHE LA FRANCIA CONFERMA CHE LA STORIA DEL MARE “CEDUTO” AI TRANSALPINI ERA UNA PATACCA, MA I NOSTRI EROI RIVENDICANO LA BATTAGLIA SUL NULLA
Nicolas Hulot, ministro dell’Ecologia, Sviluppo Sostenibile e Energia del governo francese, ha
diramato il 19 marzo una nota dove parla degli errori nella compilazione dei documenti e delle carte per la consultazione pubblica che si sta tendendo in Francia nell’ambito della concertazione partecipata di “un documento strategico” sul Mediterraneo.
La mappa in questione è quella dell’accordo italo-francese del 21 marzo 2015 noto come “Accordo di Caen“.
Un trattato internazionale che non è mai stato ratificato dal Parlamento italiano e che quindi non è mai entrato in vigore.
Un accordo che, come precisava nel 2016 il sottosegretario Benedetto Della Vedova «non solo non “cede” nulla, ma anzi per la prima volta, fissando in modo chiaro le aree di competenza tra Italia e Francia, potrà dare concreta attuazione all’obiettivo di proteggere i mari italiani anche oltre le 12 miglia dalla costa, che costituisce attualmente il limite del mare territoriale».
In attesa di un accordo di delimitazione dei confini marittimi, la Francia ha creato — in conformità alla Convenzione ONU — la Zona di Protezione Ecologica (2004) e la Zona Economica Esclusiva (2012) che le consente di estendere la propria giurisdizione sull’alto mare (quindi le acque internazionali e non quelle territoriali). Allo stesso modo anche l’Italia ha istituito la propria Zona di Protezione Ecologica (2011) fissando in via provvisoria i limiti esterni delle rispettive aree di giurisdizione, in attesa dell’accordo di delimitazione con il Paese vicino.
La Zona Economica Esclusiva (o ZEE) è quel tratto di mare che si estende a partire dalla costa fino a 200 miglia dalla costa.
Gli stati confinanti devono accordarsi sulla delimitazione delle rispettive ZEE. Attualmente con tra Francia e Italia sussiste solo la Convenzione Italo-Francese del 28 novembre 1986 che regola le frontiere marittime nell’area delle Bocche di Bonifacio. Vale la pena di ricordare che non è mai esistito nè esiste a questo momento, un accordo internazionale di delimitazione fra Italia e Francia e che quindi l’accordo di Caen (giusto o sbagliato che sia) va nella direzione di sanare quella mancanza.
Già il 18 marzo la Farnesina precisava con una nota che «le cartine circolate nel quadro della consultazione pubblica contengono degli errori (in particolare le delimitazioni dell’accordo di Caen, non ratificato dall’Italia)».
La notizia che dal 25 marzo il mare “italiano” sarebbe diventato “francese” (siamo oltre le 12 miglia dalla costa, quindi in acque internazionali) per effetto di una decisione unilaterale francese è anch’essa priva di fondamento perchè quella consultazione non è volta in alcun modo a “modificare le delimitazioni marittime nel Mediterraneo”.
Nè potrebbe farlo perchè per farlo serve appunto un trattato internazionale.
Ed infatti i francesi il 19 marzo scrivono: «Un tel document n’a èvidemment pas vocation à modifier les frontières maritimes en Mèditerranèe qui restent inchangèes», ovvero: il documento non andrà a modificare le frontiere marittime nel Mediterrano che restano immutate.
Le bufale quindi sono due: la prima è che il 25 marzo l’accordo di Caen entrerà automaticamente in vigore, la seconda è che la cartina descrive la realtà dei confini attuali.
Dal momento che però la cartina incriminata è frutto di un errore grafico, come già detto giorni fa, non si capisce bene per quale motivo il deputato della Lega Claudio Borghi stia cantando vittoria dopo la pubblicazione del comunicato stampa di Hulot. Un comunicato che non fa che confermare quello che ha scritto il Ministero degli Esteri italiano e che hanno detto molti giornali.
La “mobilitazione”, come la chiama Borghi non ha prodotto una marcia indietro francese, per il semplice fatto che i francesi non avevano fatto alcun passo avanti.
Ma secondo Borghi è già cambiata l’aria, è bastato solo che si insediasse un nuovo Parlamento (per la verità deve ancora insediarsi) che le fake news si rivelano non essere tali.
Il punto è che nessuno ha negato che l’Accordo di Caen esistesse e fosse stato firmato dall’allora ministro degli Esteri Gentiloni.
Già in tempi non sospetti abbiamo fatto notare che quell’accordo non era al momento valido, e che quindi non c’era stato alcuno “spostamento dei confini” perchè non era stato ratificato dal Parlamento italiano.
La situazione di oggi, 21 marzo 2018, è esattamente identica a quella del febbraio 2016, quando senza dubbio non era “cambiata l’aria”
La bufala è quella di chi scrive cose come «OGGI la Francia mette i nuovi confini su un documento ufficiale e chiede di ricevere osservazioni entro il 26 marzo. È troppo domandare che il governo PROVVISORIO mandi 2 righe di diniego? La Farnesina dice che “sono un errore”. È troppo non fidarsi?».
Questo Borghi lo scriveva il 20 marzo, due giorni dopo la smentita della Farnesina e un giorno dopo la precisazione del Ministro francese Hulot. Borghi non solo sta fraintendendo la consultazione pubblica con l’entrata in vigore di un trattato internazionale ma dice che non si fida di quello che dice il Ministero degli Esteri che a sua volta riportava un comunicato dell’Ambasciata di Francia a Roma.
Sempre ieri Borghi spiegava ad un commentatore che “adesso la Francia si muove unilateralmente”, che come detto, è una bufala perchè è solo una consultazione pubblica e che bisognava agire “prima della scadenza del 25 marzo”.
Scadenza che però non avrebbe comportato l’entrata in vigore del trattato, neppure dal punto di vista francese. Non si capisce quindi in base a cosa Borghi canti vittoria per il comunicato francese che non fa altro che ripetere quanto già detto dall’Ambasciata (e dalla Farnesina) e ammette semplicemente l’errore sulle carte.
Lo stesso “errore” del quale Borghi invitava a non fidarsi.
Ieri, sulla pagina Facebook di Enrico Mentana Borghi si chiedeva «se non sia il caso di non accontentarsi delle rassicurazioni informali “dell’ambasciata francese” e di provvedere entro il termine del 25 con un atto ufficiale?» tornando quindi sulla storia che il 25 marzo l’accordo sarebbe entrato in vigore (che è una balla).
Mezz’ora dopo cantava vittoria su Twitter accontentandosi delle rassicurazioni del ministro Hulot anche in assenza di un atto ufficiale da parte del governo italiano in carica.
Giorgia Meloni era stata più rapida nell’intestarsi la vittoria, si era fidata della smentita della Farnesina e delle sue rassicurazioni.
Non è fantastico?
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Costume | Commenta »