Marzo 29th, 2018 Riccardo Fucile DI MAIO INCARTATO, CENTRODESTRA UNITO PER NECESSITA’, PD ALL’OPPOSIZIONE… E GLI ESPERTI LA VEDONO NERA
Il governo della Camera, per offrire agli elettori lo scalpo della Casta con la solita questione dei vitalizi, nell’incertezza del governo del paese.
È chiaro il senso della forzatura dei Cinque Stelle sulle vice-presidenze: è come dire: noi siamo pronti, ad ogni evenienza…
È quel che ha spiegato Matteo Salvini ai suoi, piuttosto contrariato, per la violazione del “patto”: la maggioranza o quasi in quegli uffici significa poter realizzare una parte del programma senza andare al governo, anzi magari in vista di un ritorno al voto.
E non è un caso che poi ha diffuso una nota per ricordare che “siamo pronti al dialogo con tutti, ma mai subalterni”, come a dire che la Lega non farà la stampella dei Cinque Stelle, rompendo una coalizione che è arrivata prima alle elezioni.
Sembrano questioni da addetti ai lavori, le vicepresidenze, ma il dettaglio rivela lo stato dell’arte.
Bastava parlare con qualche colonnello della Lega: “Se davvero ci fosse stato tra noi non un accordo sul governo, ma uno schema di accordo, sarebbe andata in modo diverso. Non ci sarebbe stato motivo di umiliare il Pd. Noi, per quel che ci riguarda, abbiamo lavorato per il bene della nostra coalizione rinunciando a un posto per darlo a Fratelli d’Italia”.
E invece lo schema non c’è in quella che appare la più classica delle pause di riflessione, prima decantazione pasquale che precede l’annunciata decantazione quirinalizia.
La verità è che Luigi Di Maio si è incartato, sottovalutando la tenuta del centrodestra nel suo insieme perchè il leader della Lega non ha dato un solo segnale di smarcamento da Berlusconi.
E durante il pranzo a Maccheroni, a due passi del Parlamento, anche di questo si è parlato: “Noi — dice un commensale — Berlusconi non lo reggiamo, con quel che ci siamo detti in campagna elettorale, noi gli abbiamo dato del mafioso, lui del pericolo democratico”.
E anche se l’ambizioso leader pentastellato si è realisticamente dedicato all’oblio di ciò che è stato nel corso della trattativa sulle presidenze delle Camere, il 24 aprile uscirà nelle sale il film di Sorrentino, ad accompagnare le consultazioni proiettando sui maxischermi qualche ora di bunga bunga e nipoti di Mubarak.
Ve lo immaginate Di Maio che prepara il governo anche con Berlusconi, mentre i suoi attivisti vanno a cinema e postano sui social coloriti commenti sulle abitudini edonistiche del Cavaliere.
Sarebbe, quello sì, uno spettacolo. Parliamoci chiaro: il giovane leader non reggerebbe alla pressione di un pezzo della sua opinione pubblica, attivisti, intellettuali opinion maker che gli ricorderebbero, come Marco Travaglio oggi, che “Berlusconi è un criminale, un pregiudicato, nella sentenza c’è scritto che è un delinquente naturale, lo dice la Cassazione”.
Il problema non è che “Berlusconi deve nascondersi”, magari non andando al Quirinale per le consultazioni o indicando, altra chiacchiera che gira, un paio di “ministri di area”.
È la sua stessa presenza in maggioranza, anche silente, che farebbe esplodere i Cinque Stelle, perchè l’abbraccio col Caimano equivale alla mutazione genetica: “Noi — prosegue il commensale — confidiamo che col tempo Salvini possa smarcarsi da Berlusconi. Mettiamo in conto almeno tre settimane di attese”.
E nel conto sono state messe una serie di offerte, recapitate a Salvini, di ministeri chiave – Interni, Economia, ruolo di vicepremier — per agevolare il grande passo, con la disinvoltura di quei politici di una volta che ti promettevano la scoperta del bel mondo, se ti fossi arruolato nella loro marina.
Nel labile confine tra calcolo e speranza, al momento non arrivano segnali di cedimento in tal senso. Anzi, parlottando tra loro, Giorgetti e Fontana, braccio destro e sinistro di Salvini, si sono detti che la vedono “nera”.
Perchè non c’è nessun motivo politico per cui Salvini dovrebbe rompere, interrompendo un processo già in atto che lo sta consacrando capo di una coalizione del 37 per cento.
E chissà se anche il giallo sull’incontro tra il leader pentastellato e il leader leghista è una conferma di questa previsione “nera”. Perchè ciò che fino a qualche giorno fa era scontato, scontato non è, nel senso che non è affatto detto che i due, Salvini e Di Maio, si vedranno martedì o mercoledì, prima di salire al Colle.
C’è addirittura, tra fonti degne di questo nome, chi sostiene — si sa che il mistero alimenta misteri — che l’incontro sarebbe già avvenuto nei giorni scorsi e il suo esito negativo spiegherebbe la dinamica che si è prodotta. Chissà .
E ora, la famosa pausa di riflessione su una situazione che appare bloccata.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 29th, 2018 Riccardo Fucile ORA COME VICEPRESIDENTE DEL SENATO DOVREBBE “MODERARE” QUELLI CHE HA CHIAMATO “MAFIOSI, SCHIFOSI, MERDE, DOVETE MORIRE”
Oggi parliamo di un vero e proprio patrimonio dell’umanità , la senatrice del MoVimento 5 Stelle
Paola Taverna, che ieri è stata eletta Vicepresidente del Senato. La senatrice Taverna ottiene così il giusto riconoscimento per tutto quello che ha fatto in questi cinque anni sui banchi dell’opposizione.
La scelta di candidare la senatrice romana che più romana non si può (è del Quarticciolo, come ama ripetere spesso) forse ha sorpreso i più, ma non sì può dire che sia giunta inaspettata.
Paola Taverna è la gente e voi non siete gnente
Alle Parlamentarie Paola Taverna è infatti risultata essere la candidata più votata in assoluto (2.136 clic). Un risultato del quale senza dubbio il MoVimento non poteva non tenere conto. E c’è da dire che a fianco di altri due senatori del calibro di Roberto Calderoli (quello da ministro che bruciava le leggi col lanciafiamme) e Ignazio La Russa la Taverna è sicuramente una scelta azzeccata.
Da sempre nota per il suo carattere verace e sanguigno la Taverna si è distinta per la sua notevole vis polemica. Durante una seduta al Senato dell’autunno 2013 la Taverna disse «Voi non siete Gnente» rivolta ai senatori degli altri partiti.
Una performance surreale dove la Taverna elenca tutti i crimini di PD e PDL lanciando una serie di fortunati slogan a 5 Stelle che vengono ripetuti tali e quali ancora oggi. L’intervento in Aula della Taverna deve essere talmente piaciuto alle alte sfere del M5S che su YouTube c’è una versione che è stata sapientemente mixata dal gruppo comunicazione ufficiale del MoVimento 5 Stelle Roma.
Che Paola Taverna sia una che buca il video e che sa andare dritta al cuore degli elettori non ce lo dicono solo i risultati delle parlamentarie.
Nel 2015 fu scritturata per il famoso spot dove il M5S “spiegava” che uscire dall’euro è possibile, ed anzi molto facile. Tre anni dopo il MoVimento 5 Stelle ha cambiato idea e uscire dall’euro pare che non si farà .
Rimarrà negli annali il trucco di magia con cui la Vicepresidente del Senato trasforma una monetina da un euro una banconota da mille lire. Dimenticandosi di restituire al malcapitato le restanti 936,27 lire.
Dal minidirettorio alla vicepresidenza di Palazzo Madama
Grillina ortodossa e appartentente all’aria movimentista la Taverna ha fatto parte del mini-direttorio romano che fino allo scandalo delle email non lette da Luigi Di Maio ha fatto da tutor alla sindaca di Roma Virginia Raggi.
«La macchina amministrativa è partita ed è giusto che ora proceda spedita. Per questo, riteniamo che oggi il nostro compito non sia più necessario» annunciavano sul blog nel settembre 2016. Siamo a marzo del 2018 e il MoVimento cerca di coprire le difficoltà della giunta Raggi dicendo che “serve altro tempo”.
Roma è sempre nel cuore della senatrice. Durante la campagna elettorale per le amministrative 2016 arrivò ad ipotizzare che ci fosse un complotto per far vincere i 5 Stelle. Abbiamo visto poi come sono andate a finire le cose, gli imbarazzi dei pentastellati a Roma non hanno impedito al M5S di prendere il 33% alle politiche. Un’ altra volta se ne venne fuori con l’idea di posticipare le Olimpiadi. Ma non ci volle molto perchè la senatrice tornasse a parlare di macchinazioni occulte, come ad esempio i brogli sul referendum costituzionale.
Memorabile la frase della Taverna riportata da Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera il giorno dell’approvazione della Riforma Renzi-Boschi (che prevedeva l’abolizione del Senato elettivo): «Ma lo sa che io quanno so’ arrivata qua me la so’ studiata tutta la Costituzione? Cioè, no, capito? Io me so’ voluta fa’ trovà preparata. E questi invece mo’ ce chiudeno er Senato…».
E come dimenticare di quando, rispondendo alle contestazioni dei residenti del quartiere romano di Tor Sapienza che la invitavano a tornarsene “al Quarticciolo” ricordandole che loro non volevano politici disse «Io non sono politica». Chissà se non lo è ancora.
Paola Taverna e il rispetto per gli altri
Si potrebbe pensare che le frequentazioni nei palazzi del Potere abbiano cambiato Paola Taverna. La risposta è no: nel 2016 durante un comizio elencava con orgoglio le sue definizioni nei confronti del PD e dei suoi parlamentari «Il Corriere dice che io mi sono girata dalla parte del PD, e quindi gli ho detto “zozzoni”. No, rettifichiamo: io al Pd ho detto mafiosi, schifosi, siete delle merde, ve ne dovete andare, dovete morire!». Non che a sua volta Taverna non si sia presa qualche insulto, ad esempio quando deputato del Partito Democratico Gerardo Giannone la insultò su Facebook, dandole della “zoccola”.
Ora la Taverna è chiamata dal suo ruolo istituzionale a moderare il dibattito parlamentare tra “i suoi” e tutti gli altri eletti che considera a vario titolo schifosi o mafiosi e ai quali augura la morte.
(da “NextQuotidiano”)
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Marzo 29th, 2018 Riccardo Fucile CHI ALLORA PIAGNUCOLAVA UN POSTO GIURANDO DI “ESSERE GARANTE DI TUTTI”, OGGI LO NEGA AGLI ALTRI
Ma quanto sono importanti gli uffici di presidenza delle Camere? Nelle ore febbrili delle trattative con i capigruppo 5 stelle Grillo e Toninelli che chiedono il voto Pd sui questori in cambio dell’offerta di due vicepresidenze ai dem, può essere utile tornare a 5 anni fa, e ricostruire come da una vicepresidenza della Camera, al di là dei consueti giochi di posizione nel parlamento, può nascere anche una rilevante carriera politica.
Erano i giorni tumultuosi del marzo 2013, i grillini in Parlamento ancora “scatola di tonno” erano il fenomeno del momento, e l’allora ventiseienne Luigi Di Maio iniziò a essere “preso d’assalto” – parole sue – per essere stato nominato il più giovane vicepresidente della Camera della storia della Repubblica.
Una partenza che, col senno di poi, – “sarò garante” di tutti i deputati – rivelerà tutte le doti del politico di Palazzo piuttosto che di Movimento, il che, considerati i tempi caldi, era primizia assoluta.
Ma oltre che dallo stile, il destino manifesto di Di Maio si annuncerà a partire dalle modalità della sua nomina, arrivata con il sostegno decisivo del Partito democratico, allora perno della legislatura, che, complice “la non vittoria” alle elezioni aveva l’arduo compito di cercare una qualche forma di governo da sottoporre a Napolitano.
Fu così che per lasciarsi aperte tutte le strade, i dem decisero di dividere tutte le cariche istituzionali con le opposizioni.
Anche in ossequio al regolamento che chiede massima rappresentanza “di tutti i gruppi parlamentari nell’Ufficio di presidenza”.
Complice anche la decisione del Popolo della libertà di indicare un solo vicepresidente (Maurizio Lupi), via libera dunque allo sconosciuto webmaster studente di giurisprudenza di Pomigliano, “mollato dalla fidanzata” per il troppo impegno “nel progetto a 5 stelle” (e ok anche a un questore del Senato, ma non anche alla Camera, come richiesto dai grillini “per sapere tutto, anche sulle caramelle”).
Fu il primo riconoscimento formale del ruolo del Movimento, che passò all’incasso ma non aprì – come sappiamo – alcuna linea di credito col Pd.
Anzi, ci fu persino chi palesò l’insoddisfazione. “Abbiamo preso il 25% e non mi sembra che una carica su sette rispecchi il risultato delle urne”, commentò il neodeputato Alfonso Bonafede. Fedeli al dogma del “no all’inciucio” con altri partiti, i 5 stelle continuarono a votare soltanto i loro.
Tanto da far perdere la pazienza a Pier Luigi Bersani: “Ho sentito cose curiose: che noi dobbiamo votare i loro per rispetto degli elettori, ma loro non votano i nostri. Noi oggi abbiamo dimostrato rispetto per i loro elettori, loro non hanno dimostrato rispetto per i nostri”. Sei giorni dopo arrivarono le consultazioni Pd-5stelle e il fatidico streaming
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 29th, 2018 Riccardo Fucile PROTESTA ANCHE LA MELONI: “DI MAIO SCORRETTO”… UN UFFICIO DI PRESIDENZA DEGNO DEI REGIMI MILITARI PER CONTINUARE A PRENDERE PER IL CULO GLI ITALIANI CON LA BUFALA DEI VITALIZI
È come se i 5 Stelle avessero calato sul tavolo un asso-pigliatutto incassando sei componenti
dell’ufficio di presidenza della Camera su 15, oltre lo scranno più alto con Roberto Fico.
“Con Fico alla presidenza e Fraccaro questore per i vitalizi non c’è più scampo”, esulta Luigi Di Maio.
Peccato che i vitalizi siano stati aboliti dal governo Monti già da anni e che il tentativo di renderli retroattivi anche per i vecchi parlamentari è destinato a essere dichiarato incostituzionale al primo ricorso, lo capirebbe persino un fuoricorso di giurisprudenza.
Ma finche’ ci saranno dei coglioni che amano farsi prendere per il culo, problemi loro.
“Hanno deciso di occupare tutto”, si sente dire dal dem Francesco Boccia un po’ perplesso davanti a questa spartizione quanto mai irrituale.
Nell’en plein grillino infatti c’è anche un vicepresidente, Maria Edera Spadoni, nonostante i pentastellati abbiano già la presidenza.
La mossa lascia spiazzato il Pd che ottiene il vicepresidente Ettore Rosato, ma non il questore, stesso schema del giorno prima al Senato, e scatena l’ira di Fratelli d’Italia che pensava di eleggere il vicepresidente al posto del Movimento 5 Stelle e invece deve accontentarsi del questore
I deputati pentastellati si muovono con arrogante spavalderia, non curanti dei malumori attorno a loro.
I toni sono questi, di chi nel 2013 era entrato con l’apriscatole in tasca e adesso invece è partito alla conquista delle poltrone.
Nulla contro il regolamento, sia chiaro, piuttosto si può dire che sia venuta meno la buona creanza tra i partiti. Ammesso che ci sia mai stata. Oggi pare proprio di no.
Alla fine la composizione è la seguente, al netto della necessità di integrare l’ufficio di presidenza con un componente del gruppo Misto non ancora rappresentato.
Vengono eletti vicepresidenti Mara Carfagna (Fi), Maria Edera Spadoni (M5S), Lorenzo Fontana (Lega) e Ettore Rosato (Pd). I questori sono Riccardo Fraccaro (M5S), Gregorio Fontana (Fi) ed Edmondo Cirielli (Fdi). Cappotto di M5s e Lega anche sui segretari. Sono stati eletti Francesco Scoma di FI, tre del Carroccio Silvana Comaroli, Marzio Liuni, Raffaele Volpi, e quattro pentastellati Azzurra Cancelleri, Mirella Liuzzi, Vincenzo Spadafora e Carlo Sibilia.
Guido Crosetto, il cui nome era stato fatto per la vicepresidenza in quota FdI, è seduto su un divanetto del Transatlantico. Il suo partito ha portato avanti la decisione di non andare all’incontro con i capigruppo M5s per parlare di programma.
La rottura si è consumata proprio sulle cariche degli uffici di presidenza. “Di Maio non è stato in grado di mantenere la parola data. È inutile andare a parlare con lui”
Se al Senato il capogruppo dem Andrea Marcucci si era detto “preoccupato per la concezione che i 5Stelle hanno della democrazia, il suo omologo alla Camera Graziano Delrio usa toni più miti, come è nel suo stile, ma il concetto è simile quando sottolinea il fatto che il Pd “non ha partecipato alla trattative perchè crediamo che il Parlamento debba rappresentare tutti”. Il risultato è che anche i capigruppo dem non si sono seduti al tavolo con il Movimento.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 29th, 2018 Riccardo Fucile “CONTENTO, RISTABILITA LA VERITA’ STORICA”
Il sindaco di Milano Giuseppe Sala è stato prosciolto, “perchè il fatto non sussiste”, dall’accusa di abuso di ufficio.
Sala era finito sotto inchiesta non per il suo incarico di sindaco, ma per essere stato amministratore delegato di Expo.
L’indagine riguardava l’affidamento senza gara della fornitura di 6 mila alberi alla ditta Mantovani Spa. Il gup Giovanna Campanile, in relazione all’inchiesta, ha dichiarato il non luogo a procedere.
L’ex ad di Expo non andrà a processo dunque. “Ho sentito il sindaco è contento – ha detto l’avvocato Salvatore Scuto – dice che è stata ristabilita la verità storica. Questa decisione ha dimostrato che l’affidamento era legittimo e non era necessaria alcuna gara”.
L’ex manager di Expo Angelo Paris, invece, è stato rinviato a giudizio per l’accusa di falso (prosciolto, invece, dall’accusa di abuso d’ufficio) e il processo per lui e per gli altri imputati Piergiorgio Baita, ex ad della Mantovani, e per l’ex dg di Infrastrutture Lombarde, Antonio Rognoni, si aprirà il prossimo 7 giugno davanti alla decima sezione penale di Milano.
Il processo a carico di Franco Morbiolo, ex presidente della Coveco, consorzio di Coop rosse del Veneto, per l’architetto Dario Comini e per lo stesso Baita oltre che per le due società Coveco e Mantovani Spa, invece, si aprirà il prossimo 11 ottobre a Como. Il primo cittadino è a processo in un’altra tranche dell’indagine con l’imputazione di falso, per questa prima tranche il sindaco ha chiesto il giudizio immediato.
Positive, ovviamente, le reazioni che arrivano dalla giunta. Tra i primi a commentare gli assessori Pierfrancesco Majorino (“Andiamo avanti a lavorare, molto felice per Beppe)” e Pierfrancesco Maran (“Ottima notizia, davvero contento per Beppe Sala”).
(da agenzie)
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Marzo 29th, 2018 Riccardo Fucile “MAI NESSUNA ALLEANZA CON LORO: SONO DEMAGOGICI, POPULISTI ED EUROSCETTICI”
L’Europe en Marche, l’associazione affiliata a La Rèpublique En Marche del presidente francese
Emmanuel Macron, smentisce in una nota qualsiasi discussione con il Movimento Cinque Stelle per formare un’alleanza a livello europeo.
La presa di posizione della componente europea del movimento fondato dal presidente francese arriva dopo le notizie di stampa pubblicate in Italia tra ieri e oggi che riferivano di una ‘svolta macroniana’ di Luigi di Maio e di ‘segnali’ da parte di ambienti vicini all’inquilino dell’Eliseo nei confronti del Movimento Cinque Stelle per iniziative politiche comuni in Europa.
“L’Europe en Marche, associazione affiliata a LaREM, non ha in alcuna maniera ingaggiato delle discussioni con il Movimento Cinque Stelle per formare una qualunque alleanza a livello europeo”, si legge nella nota firmata a nome dell’ufficio esecutivo dalla presidente Marianne Escurat.
E ancora, prosegue Europe en Marche:
“I valori progressisti di apertura e umanesimo che formano la colonna vertebrale di Europe en Marche non sono compatibili con le posizioni demagogiche e populiste, e apertamente euroscettiche, del Movimento Cinque Stelle.
L’Europe en Marche si iscrive in un partito apertamente riformista per fermare la strumentalizzazione, la paura e la diffidenza e ritrovare uno spirito pioniere.
L’Europe en Marche si impegna per fare del progetto europeo un plebiscito di tutti i giorni […].
Più in generale, Europe en Marche chiede ai diversi media che diffondono questo tipo di informazioni sbagliate di verificare le loro fonti per non propagare inutilmente delle fake news.
(da “Huffingtonpost”)
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Marzo 29th, 2018 Riccardo Fucile CONFERENZA STAMPA A POZZALLO DOPO CHE IL GIP HA DATO LORO RAGIONE: “DALLA PROCURA DI CATANIA ACCUSE STRUMENTALI E PROVVEDIMENTO ABNORME”
«Il respingimento dei migranti è vietato per legge. Se la nave Open Arms avesse consegnato i migranti alla Guardia costiera libica avrebbe fatto respingimento. È doveroso non aver consegnato i migranti».
Alessandro Gamberini è uno dei due legali di fiducia dell’Ong spagnola ProActiva Open Arms incaricato di seguire la vicenda giudiziaria che ha portato al sequestro dell’imbarcazione da parte della procura di Catania.
Oggi, con l’altra collega e con i responsabili della ProActiva, ha incontrato i giornalisti al porto di Pozzallo, dove la loro nave è sotto sequestro dal 18 marzo: una difesa pubblica dell’operato della Ong in attesa di poterla rappresentare anche ai pm della procura di Ragusa che hanno ricevuto dal gip di Catania l’inchiesta. «Il provvedimento della procura di Catania è stato abnorme. L’accusa di associazione a delinquere è stata strumentale per portare la competenza alla direzione distrettuale antimafia, non a caso il gip di Catania non l’ha accolta.
Non aver considerato quest’ipotesi di reato lo consideriamo un successo. Ora sarà il gip di Ragusa a pronunciarsi entro il 16 aprile sul definitivo sequestro dell’imbarcazione dell’Open Arms», ha aggiunto Gamberini.
«Abbiamo sempre agito nella legalità — ha detto il capo missione di ProActiva Riccardo Gatti -. Non c’è nessun accanimento da parte nostra di voler portare a tutti i costi i migranti in Sicilia. Il nostro unico obiettivo è portare i migranti salvati in mare, nel posto più sicuro è più vicino e nel più breve tempo possibile».
La Ong spagnola è alla ricerca di un’altra imbarcazione da noleggiare perchè vorrebbe subito tornare in mare, dove al momento la presenza di navi umanitarie è ridottissima: dopo il sequestro della Open Arms, infatti, nel Canale di Sicilia è rimasta solo la Aquarius di Sos Mediterranee e Medici senza frontiere che proprio ieri ha effettuato il primo soccorso davanti alla Libia, dopo il contestato e controverso salvataggio della Open Arms del 15 marzo scorso: a 23 miglia dalla costa libica sono stati recuperati 112 migranti, tra loro 30 minori non accompagnati e 15 donne, che erano a bordo di un gommone.
Oggi, in zona Sar è riapparsa, dopo mesi di stop, la Seefuchs, la nave di soccorso della Ong tedesca Sea Eye che ha ripreso le operazioni di soccorso dopo uno stop di parecchi mesi: «La minaccia in corso da parte della guardia costiera libica e i tentativi della magistratura italiana di fermare il salvataggio privato in mare non possono impedirci di adempiere al nostro dovere umanitario», ha detto il fondatore della Ong tedesca, Michael Buschheuer.
(da agenzie)
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Marzo 29th, 2018 Riccardo Fucile RAPPRESENTANO DEGNAMENTE QUELLA DESTRA IPOCRITA, OMOFOBA DI GIORNO E CHE VA A TRANS DI NOTTE… UNIVERSITA’ E CONSOLATO USA CONCEDONO IL PATROCINIO
Quest’anno il Comune di Genova non darà il patrocinio alle iniziative organizzate dal
coordinamento Liguria Rainbow: il Liguria Pride del 16 giugno e la ColorataCena del 17 maggio, per la giornata internazionale contro l’omofobia.
Ed è la prima volta che accade da quando la nostra città ospita queste iniziative in nome dei diritti delle persone lesbiche, gay, bisessuali e transgender.
Lo ha deciso la giunta Bucci e lo ha comunicato ieri al municipio Centro Est che, a sua volta, ha informato gli organizzatori.
Da quando, con questa amministrazione, l’iter per la concessione dei patrocini – anche non onerosi, come in questo caso – è stato accentrato a Tursi, infatti, i municipi devono adeguarsi. «Io non ho letto le motivazioni delle manifestazioni e, quindi, non posso dire se sarei stato d’accordo» commenta il presidente leghista del Centro Est Andrea Carratù (non aveva ancora chiesto a un esperto come suo cognato cosa doveva dire… N.D.R.)
A Tursi, invece, non avrebbe avuto problemi a concedere il patrocinio l’assessore Elisa Serafini, che non ha mai fatto mistero delle sue posizioni a favore dei diritti degli omosessuali: «Rispetto la decisione del sindaco che – osserva Serafini – è coerente con quanto affermato in campagna elettorale. Io, in accordo con lui, continuerò a dare disponibilità per celebrare le unioni civili, che sono poi il vero strumento di avanzamento dei diritti civili».
Però, visto che inizialmente, nella comunicazione del diniego arrivata agli organizzatori, il coordinamento Liguria Rainbow, c’era scritto che era stata Serafini a non dare il patrocinio l’assessore ci tiene anche a sottolineare che «quella decisione non è di mia competenza e quindi ho chiesto che fosse precisato che sul patrocinio al gay pride a me potevano chiedere un parere ed era un parere positivo».
Quando Bucci disse: «Il Gay Pride non riguarda tutti i genovesi» (come se le sue cazzate sulla multa ai poveri che rovistano nei cassonetti fosse condivisa dai genovesi.. N.D.R.)
Resta il significato politico della decisione: «Il Municipio ci ha fatto sapere che non avremo il patrocinio perchè il sindaco Bucci ha dato parere negativo, senza alcuna motivazione» riferisce Ilaria Gibelli, presidente del comitato Liguria Pride.
L’anno scorso Bucci era stato eletto dopo che la giunta Doria aveva già dato il patrocinio alle due iniziative, ma non aveva partecipato al Liguria Pride, facendo capire quale era la sua posizione.
E così quest’anno Palazzo Tursi si è allineato alla giunta Toti.
«Bucci aveva detto che sarebbe stato il sindaco di tutti ma, evidentemente – denuncia Gibelli – di tutti tranne che delle persone omosessuali, anche se al corteo dell’anno scorso eravamo in cinquemila».
Alle due iniziative, invece, ha già dato il patrocinio il Consolato degli Usa, mentre l’Università lo ha dato per la cena del 17 maggio.
«A questo punto il Liguria Pride – annuncia Gibelli – sarà una manifestazione politica, per protestare contro queste scelte e contro il clima che si respira anche in città ».
Liguria Rainbow: «Non ci hanno dato un motivo»
In una nota, il Coordinamento Liguria Rainbow ha ricordato che il Comune ha negato il patrocinio attraverso una comunicazione del Municipio Centro Est «che definire stringata o laconica è un eufemismo. Con quale motivazione non è dato saperlo, forse perchè non vi possono essere argomentazioni sensate ed è meglio non esprimere nero su bianco la propria insensibilità e intolleranza, per non doversi vergognare. Il “sindaco di tutti” ha una sua interpretazione personale della promozione del diritto alla dignità , una responsabilità ridotta quando si tratta di contrastare intolleranza e pregiudizio, bullismo e omofobia».
(da “il Secolo XIX”)
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Marzo 29th, 2018 Riccardo Fucile LO STOP DI GUERINI: “VALE LA DIREZIONE DEL 5 MARZO, LINEA DI OPPOSIZIONE”… MARTINA MEDIA
“È da troppo tempo che stiamo in silenzio…”. Il Parlamento uscito dalle elezioni del 4 marzo ha preso corpo, dalle presidenze agli uffici di presidenza oggi all’ultimo step in aula alla Camera.
Di primo mattino, poco prima della seduta di Montecitorio, si riuniscono i 111 deputati del Pd e lì prende la parola Dario Franceschini. “È da troppo che non parliamo”, dice il ministro dei Beni culturali che chiede una discussione all’interno dei gruppi parlamentari democratici. “Riuniamo deputati e senatori prima delle consultazioni di Mattarella con i partiti”, è la richiesta che gela la parte renziana del partito.
Non è roba da niente. Franceschini non parlava dall’intervista al Corriere della Sera a metà marzo, in cui con sforzo molto ottimistico proponeva di fare di questa legislatura “una legislatura costituente”, mettendo insieme tutti intorno a un tavolo per modificare la legge elettorale, abolire il bicameralismo e tornare al voto.
Finora per il Pd ha prevalso nettamente la linea dettata da Matteo Renzi la notte della debacle elettorale: “Stiamo all’opposizione”. E su questa linea la direzione nazionale dem ha votato compatta (ad eccezione dell’area Emiliano) il 5 marzo scorso.
Ecco, Franceschini pensa che sia tempo di cominciare a rimescolare le carte, quanto meno ad aprire una discussione tra tutte le anime del partito, finora silenti rispetto all’Aventino che è stato deciso da Renzi ma accomodato da tutti. Perchè quelle stesse anime sono molto in fermento, impegnate in una discussione interna che fino a oggi non ha raggiunto i media.
L’uscita del ministro alla riunione dei deputati quanto meno stappa il dibattito interno. Con quali esiti, ancora non è chiaro.
Per la parte più vicina all’ex segretario Renzi non c’è molto da discutere. “Vale la direzione del 5 marzo”, avrebbe risposto Lorenzo Guerini nella riunione di gruppo. “E la direzione ha deciso che stiamo all’opposizione”. Semmai “dovremmo discutere però di come stare all’opposizione”, è la linea di Andrea Orlando, leader della minoranza interna che ieri ha eletto una propria esponente, Anna Rossomando, alla vicepresidenza del Senato.
Messa così, sembrerebbe che la richiesta di Franceschini non abbia seguito. Eppure non è così.
Nella riunione del gruppo di questa mattina, guidata dal neocapogruppo Graziano Delrio, è stato il reggente Maurizio Martina ad assumersi il compito di mediare, aprendo di fatto alla possibilità di convocare i gruppi di Camera e Senato prima che Mattarella inizi il suo giro di consultazioni sul governo con i partiti, mercoledì.
La riunione dunque molto probabilmente si farà martedì prossimo. Anche se i renziani restano convinti che la sede deputata a discutere sia la direzione nazionale, che si è riunita subito dopo il voto e a caldo ha deciso di stare all’opposizione.
Ecco, Franceschini pensa il quadro sia in movimento, che siano successi dei fatti dal giorno della sconfitta elettorale, che il Pd non possa esimersi dall’interrogarsi su quanto gli sta succedendo intorno.
Condizione essenziale: mantenere unito il gruppo, cruccio di Franceschini ma in questa fase anche di tutti gli attori Dem in campo.
Per il resto, il passo compiuto oggi dal ministro dà fiato a quanti nel Pd ricevono gli sfoghi di colleghi pentastellati che chiedono un aiuto per evitare l’accordo con Salvini-Berlusconi.
E certamente fa riemergere dalla polvere l’intervista di Walter Veltroni al Corriere della Sera, rilasciata qualche giorno dopo quella di Franceschini: “Il Pd dialoghi con il M5s sotto la regìa di Mattarella”.
Per ora Renzi sbarra la strada, numeri alla mano, convinto di poter controllare il grosso dei gruppi parlamentari.
A Franceschini e quanti nel Pd si interroghino sul ‘dove porti l’Aventino’ serve avere tutti i deputati e tutti i senatori, per non spaccare il partito. Da oggi, alla vigilia delle consultazioni al Colle, inizia la sfida interna, rimandata dal 4 marzo.
(da “Huffingtonpost”)
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