Aprile 30th, 2018 Riccardo Fucile
VITTORIO DI BATTISTA NON CONDIVIDE LA LINEA DI DI MAIO: “MAI MISCHIARE LA MERDA CON IL CIOCCOLATO, IL RISULTATO FINALE E’ SEMPRE E SOLO MERDA”
Alessandro Di Battista ha appoggiato su Facebook la linea di Luigi Di Maio, che ha cominciato a chiedere le elezioni anticipate dopo aver registrato il fallimento della politica dei due forni inaugurata dal MoVimento 5 Stelle nel chiedere convergenze alla Lega o al Partito Democratico.
Ma se il figlio è fedele alla linea, evidentemente il padre fatica ad esserlo.
Da giorni infatti Vittorio Di Battista, padre di Alessandro che si è già distinto in altre occasioni persino in piazza contro i forconi come desideroso di difendere l’ortodossia M5S, non è molto d’accordo con la linea politica di Luigi Di Maio, al quale contesta la strategia tanto da arrivare a parlare di “vittoria mutilata” come i nostalgici.
Vittorio però a differenza del figlio è capace di parlare per metafore, anche se si capisce benissimo quale sia il suo obiettivo.
Ad esempio in uno status intitolato “Il piccolo chimico” ha parlato del padre, laureato in chimica, e del suo insegnamento: “Per esempio, mi ha insegnato che, se è vero che da certe commistioni di sostanze si può arrivare ad una sostanza nuova, non tutte le commistioni sono possibili ed alcune sono pericolosissime”.
Così, oggi, approfitto delle nozioni ricevute per parlare di due sostanze, a diversa composizione, che non è consigliabile mischiare.
Una è costituita da vitamine, tante vitamine, da minerali, da carboidrati, da latte, da zucchero e da circa il 32,8% di cacao
L’altra, invece, è composta da batteri, residui di calcio, grassi, muco intestinale, enzimi della digestione, acqua, tanta acqua e da circa il 18,7% di residui alimentari
Ecco, il primo prodotto è il cioccolato ed il secondo è comunemente definito merda.
Che mi diceva il nonno dell’ex deputato di famiglia?
Mai mischiare la merda con il cioccolato.
Il prodotto finale è sempre e solo merda.
Ed è da notare che il nonno dell’ex, ignorava totalmente l’esistenza di Orfin
Insomma, Vittorio Di Battista non è per nulla contento della gestione politica della crisi da parte del MoVimento 5 Stelle e ce l’ha proprio con Di Maio, che viene attaccato anche per l’ultimo video in cui chiede le elezioni anticipate: “Continuare ad usare l’”io” al posto del noi è una visione del Movimento che non è la mia. E il nodo della cravatta è storto”, ha scritto poco fa.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 30th, 2018 Riccardo Fucile
FRANCESCHINI: “MATTEO FA IL SIGNORNO’, E’ ORA DI FARE CHIAREZZA”… CUPERLO: “UN PARTITO NON DECIDE LA LINEA NEGLI STUDI TELEVISIVI, QUANDO UN LEADER PERDE SI FA DA PARTE”
La misura è colma ed è grave quanto “accaduto in queste ore grave, nel metodo e nel merito. Così un Partito rischia solo l’estinzione e un distacco sempre più marcato con i cittadini e la società “.
Il segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, a poche ore dall’l’intervista di Matteo Renzi a Che tempo che fa, durante la quale l’ex premier ha espresso la definitiva chiusura all’ipotesi di un governo con il M5S, facendo intendere una sostanziale contrarietà all’avvicinamento tentato nelle ultime consultazioni dal suo sostituto, abbandona la sua caratteristica calma e insorge: “In queste ore stiamo vivendo una situazione politica generale di estrema delicatezza. Per il rispetto che ho della comunità del Partito Democratico porterò il mio punto di vista alla Direzione nazionale di giovedì, che evidentemente ha già un altro ordine del giorno rispetto alle ragioni della sua convocazione”.
E aggiunge: “Servirà una discussione franca e senza equivoci perchè è impossibile guidare un partito in queste condizioni e per quanto mi riguarda la collegialità è sempre un valore, non un problema”. Nonostante le tensioni, però, non pensa di lasciare il suo incarico: “Dimissioni? No, assolutamente. Il tema è un altro”
A lui fa eco il ministro per i Beni culturali, Dario Franceschini, che evidentemente irritato scrive su Twitter: “È arrivato nel Pd il tempo di fare chiarezza. Dalle sue dimissioni Renzi si è trasformato in un Signornò, disertando ogni discussione collegiale e smontando quello che il suo partito stava cercando di costruire. Un vero leader rispetta una comunità anche quando non la guida più”.
Sulla stessa linea il ministro della Giustizia Andrea Orlando :”Ha ragione Martina, non si può tenere un partito in queste condizioni se si ha a cuore il suo destino”, scrive su Facebook, ripercorrendo le tappe che hanno portato a questa situazione per arrivare a quanto sta succedendo in queste ore: “L’Assemblea Nazionale che avrebbe potuto fare chiarezza è stata rinviata per decisione della maggioranza.
Conclusione: le urne si avvicinano, non c’è una linea nè condivisa nè maggioritaria, non si capisce chi dirige il partito.
Nessuna discussione è stata fatta sulle cause della sconfitta che, peraltro, viene costantemente evocata. È ragionevole pensare che senza una correzione ci ripresenteremo agli elettori con gli stessi limiti del 4 marzo”.
Critiche dure per aver detto in tv quanto bisognava affrontare in direzione arrivano all’ex capo di Palazzo Chigi anche dal presidente della Regione Lazio, Nicola Zingaretti: “Se si vuole bene a un partito un leader ha mille occasioni per far valere un’idea o la sua linea. Se si va in tv, a poche ore dalla direzione, a fare uno show si genera solo caos e confusione. Questo dopo una lunga serie di sconfitte è molto grave. Il 10 giugno si voterà in centinaia di Comuni con sistema maggioritario. Ci sono migliaia di candidati che si stanno battendo per vincere e rischiano sempre di più l’isolamento. Una comunità non può consumarsi in questo modo.”
Gli interventi da più parti del Partito democratico arrivano dopo che l’ex premier, Matteo Renzi, ha definitivamente escluso qualsiasi alleanza con il Movimento 5 stelle: “Dialogo sì – aveva detto ai microfoni di Fabio Fazio -, fiducia al Governo 5 stelle no”.
Una giornata di attacchi ai quali l’ex leader Pd risponde in serata: “Sono stato eletto in un collegio. Ho il dovere, non solo il diritto, di illustrare le mie scelte agli elettori. Rispetto chi nel Pd vuole andare a governare con #M5S, ma credo sarebbe un grave errore”, scrive su Twitter.
E poi su Facebook: “Sono stato letteralmente inondato di messaggi, dopo la trasmissione di Fazio di ieri sera. Grazie ai tantissimi che mi hanno scritto.Ieri ho spiegato perchè non sono d’accordo a un Governo Di Maio o a un Governo Salvini. Tocca a loro governare, se ne sono capaci. L’ho spiegato senza rancore, senza ripicche, senza polemiche: guardate il video che abbiamo caricato qui su Facebook stamattina per verificarlo coi vostri occhi. Qualcuno dei miei compagni di partito vorrebbe invece fare un Governo con il Movimento Cinque Stelle. Hanno una opinione legittima. Li rispetto. Ma non sono d’accordo con loro. L’ho detto. Era mio dovere farlo anche per rispetto a chi ci ha votato. Chi è stato eletto ha un obbligo di trasparenza verso i propri elettori. Rispetto per tutti, censura per nessuno: davvero tutti possono andare in TV tranne uno? Non scherziamo, amici. Continuerò ad ascoltare tutti e a dire la mia ovunque: in direzione, in assemblea, in Parlamento, sui social, in TV”.
Le dichiarazioni di Renzi, oltre che ai colleghi di partito, non sono piaciute a Luigi Di Maio, che ieri aveva immediatamente risposto su Facebook, accusando il Pd di non riuscire a liberarsi dell’ex segretario dall’ego smisurato, e aveva annunciato per oggi delle novità .
E sono puntualmente arrivate: il leader M5s ha rivolto a Matteo Salvini un appello affinchè insieme chiedano al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, di tornare alle urne a giugno.
Un’ipotesi, quella del voto anticipato, che crea tensioni profonde all’interno del Pd, tanto che l’esponente della minoranza dem Gianni Cuperlo, la definisce “una cosa da far tremare le vene ai polsi”.
“A questo punto – ha detto nell’intervento a Radio Capital – la direzione di giovedì dovrebbe cambiare l’ordine del giorno, inserendo la preparazione di una nuova campagna elettorale. La verità è che non ci sono i numeri, ma la precondizione per avviare quel confronto sarebbe stato indice di compattezza del partito. Se una parte importante del Pd dice ‘mai’, allora sarebbe un atto di correttezza per il Paese evitare di perdere tempo”.
La proposta di una legislatura costituente, dice Cuperlo, “l’aveva già posta Franceschini, io nel mio piccolo avevo parlato di governo di scopo, non mi pare però che quell’idea abbia raccolto il consenso di altre forze politiche. A questo punto deve essere il presidente della Repubblica a trarre le sue conclusioni. Io penso che bisognerebbe non escludere che da qui a pochi mesi ci ritroveremo in campagna elettorale”.
Resta, per l’esponente dem, un tema di fondo da affrontare: che cos’è il Pd dopo l’uscita di ieri sera di Renzi?
“Ancora una volta, dopo il risultato catastrofico del 4 marzo, noi non abbiamo discusso, abbiamo operato una sostanziale rimozione di quanto è successo”.
Poi attacca: “Un partito non decide la sua linea politica negli studi televisivi, convoca gli organi dirigenti. Ieri sera vedendo l’intervista dell’ex segretario ho provato un senso di dispiacere perchè quella discussione avrei volto farla con lui nel luogo giusto, cioè la direzione del partito. E invece sitamo qui a commentare un’intervista attesa per ore come una finale di calcio. Così a politica si spegne, si spegne la vitalità di un partito”. E non usa mezzi termini verso l’ex segretario: “Io vorrei capire cosa intendiamo per leader: Renzi ha fatto anche cose giuste, ma ha perso le sfide fondamentali che ha affrontato, il referendum e le politiche, portando il Pd al minimo storico. Noi perdiamo per i tuoi errori, non per le nostre critiche. Io posso aver anche sbagliato, ma tu perdi le sfide e quando un leader perde si fa da parte, come ha fatto Veltroni”.
(da “La Repubblica”)
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Aprile 30th, 2018 Riccardo Fucile
IL QUIRINALE TENTERA’ LA STRADA DI UN GOVERNO ISTITUZIONALE PER LA FINANZIARIA… SOLO COME EXTREMA RATIO LE URNE IN AUTUNNO
Urne a giugno? Nemmeno per idea.
Al Quirinale Sergio Mattarella assiste preoccupato agli scontri delle ultime ore tra Pd e M5s, gli interessati all’ultimo giro esplorativo di questa settimana per formare un governo.
Ma il presidente della Repubblica non sconvolge i suoi piani: non ancora. E dunque: per il capo dello Stato un ritorno alle elezioni prima dell’estate è fuori discussione. Prima proverà a mettere in piedi un governo istituzionale che arrivi almeno a fine anno per l’approvazione della legge di bilancio. Se anche questo tentativo non andrà in buca, elezioni dopo l’estate: non prima.
Naturalmente, a Mattarella non sfugge che questo suo ultimo tentativo – in preparazione per la prossima settimana – potrebbe essere respinto al mittente da Luigi Di Maio e Matteo Salvini. Ma questo non vuol dire che il presidente non ci proverà prima di dichiarare persa la sua battaglia per dare un governo al paese.
E’ quanto trapela dal Colle, in una giornata che sembra aver spento ogni speranza sulla formazione di un governo dopo il voto del 4 marzo scorso.
Di Maio è sul piede di guerra, per la cattiva performance del M5s alle regionali in Friuli e per la chiusura di Matteo Renzi a qualunque accordo politico con i cinquestelle.
E’ per questo che il leader pentastellato lancia un appello a Salvini: il leader leghista è l’unico che potrebbe contemplare l’idea di associarsi alla richiesta di elezioni a giugno. Ma Salvini, forte della vittoria in Friuli con il suo candidato Federico Fedriga e tutta la coalizione di centrodestra, non fa asse con Di Maio. Non oggi.
Tra l’altro le elezioni a giugno non sono più possibili: fuori tempo massimo.
Se la Costituzione stabilisce un tempo minimo di 45 giorni dallo scioglimento delle Camere al giorno del voto, il regolamento applicativo del voto all’estero parla di 60 giorni.
Dunque, un eventuale ritorno al voto non potrebbe concretizzarsi prima di luglio. Ma, come si diceva, il Quirinale non contempla assolutamente il voto in estate: non esiste.
E allora? Secondo lo scenario che si prefigurano al Colle, anche lo scontro nel Pd, in vista della direzione del 3 maggio, assume la valenza di una resa dei conti interna che non cambia granchè i calcoli sul governo che verrà .
Perchè il no di Renzi ha di fatto eliminato dal tavolo una possibile intesa politica tra Pd e M5s. E non basta la parte dialogante del Pd – da Franceschini a Martina – a rimetterla in piedi: questione di numeri.
Certo nel Pd ormai volano gli stracci.
Ma anche Franceschini non può non rispecchiarsi nella parte della proposta di Renzi sulla legislatura costituente: è la stessa proposta che il ministro dei Beni culturali ha illustrato in un’intervista al Corriere a metà marzo, subito dopo le elezioni.
Non basta nemmeno questo per spegnere i fuochi di guerra nel Pd. La direzione del 3 maggio si annuncia comunque come una resa dei conti, ma il quadro è più che confuso.
I non renziani vorrebbero dare battaglia ma poi frenano. Martina prima minaccia le dimissioni (“In queste condizioni è impossibile governare un partito”), poi specifica: “Dimissioni? No, assolutamente. Il tema è un altro”.
I renziani già si stavano predisponendo ad una nuova reggenza fino all’assemblea nazionale, magari con gli stessi capigruppo Andrea Marcucci e Graziano Delrio. I pontieri hanno fatto rientrare Martina.
Ma tutto questo precipitare del quadro non fa scattare una corsa al voto anticipato. Non al Quirinale.
Il tentativo di governo istituzionale che si occupi almeno dell’approvazione della finanziaria a fine anno ci sarà . E’ il lavoro di lunga lena che Mattarella si propone di mettere in pratica nelle prossime settimane.
Se fallirà , c’è il ritorno al voto: dopo l’estate, non prima.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 30th, 2018 Riccardo Fucile
PERSI CONSENSI PERSINO RISPETTO ALLE REGIONALI DI 5 ANNI FA: DA 55.000 VOTI A MENO DI 30.000
La vittoria di solito ha molti padri mentre la sconfitta è orfana.
Forse per questo il MoVimento 5 Stelle non ha trovato ancora il tempo, in questo lunedì in cui è evidentemente piuttosto indaffarato, per commentare i risultati delle elezioni in Friuli Venezia Giulia.
Sul Blog delle Stelle, organo ufficiale del M5S, della sconfitta non si parla mentre Alessandro Fraleoni Morgera, candidato alla presidenza, ha inviato una nota stampa per riconoscere la sconfitta: “Non siamo stati capaci di spiegare in modo adeguato le nostre proposte ai cittadini del Friuli Venezia Giulia. Si tratta di una sconfitta molto amara per la nostra comunità , ma è sempre dalle sconfitte più brucianti che si apprendono le lezioni più importanti. Da qui ripartiamo”.
Eppure il giorno dopo la sconfitta in Molise, appena una settimana fa, il MoVimento 5 Stelle aveva tirato fuori un sacco di grafici per spiegare che nella regione aveva vinto perchè era il primo partito e aveva stracciato gli altri.
Stavolta però c’è un problema.
Il M5S ha perso voti non solo rispetto alle elezioni politiche di due mesi fa, ma anche rispetto alle regionali del 2013.
All’epoca il candidato Saverio Galluccio aveva portato a casa più di centomila voti e il M5S quasi 55mila. Stavolta per Alessandro Fraleoni Morgera hanno votato 62mila friulani e per il MoVimento nemmeno 30mila.
Un segnale della cronica incapacità del MoVimento 5 Stelle di conseguire risultati apprezzabili al Nord, che fa da contraltare al grande successo che periodicamente riscuote al Sud.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2018 Riccardo Fucile
IGNORANO I CONCETTI BASE DELLA POLITICA: COMPROMESSI, ACCORDI, ALLEANZE… USANO LA RETE PER SCATENARE LE TIFOSERIE, PER LORO VA BENE SOLO IL COMANDO ASSOLUTO
C ‘è un soggetto che avanza in questa crisi infinita, fanno due mesi il 4 maggio, un soggetto extraparlamentare, con cui pure bisogna comporre la maggioranza, perchè senza il suo appoggio non è possibile stipulare contratti, comporre alleanze, costituire i governi.
È la Rete, il popolo dei social network, su cui impazzano gli sciacalli che non si sono bloccati neppure di fronte alla salute di una persona anziana, Giorgio Napolitano.
Un convitato non certo nuovo, in realtà , ma che mai come in queste settimane ha assunto un peso determinante, soprattutto negli ultimi giorni di trattative incrociate, di colloqui estenuanti, tra il Movimento 5 Stelle e il Partito democratico, un percorso pieno di trappole e di vipere velenose pronte a mordere da sotto gli arbusti.
Nei giorni successivi al primo mezzo contatto ravvicinato tra il presidente della Camera in esplorazione Roberto Fico e la delegazione del Pd guidata dal segretario reggente Maurizio Martina (agghiacciante lo spettacolo offerto dal quartetto all’uscita: Graziano Delrio tormentoso-inquieto, Andrea Marcucci con lo sguardo perso nel vuoto a tormentarsi il labbro inferiore con i denti, Matteo Orfini che sembra sempre più il Flaminio Piccoli del Pd, quello che Aldo Moro chiamava «un misto di abnegazione e opportunismo», Martina improvvidamente esaltato…), la rete delle opposte tifoserie si è scatenata.
Pochi minuti dopo la pagina facebook Matteo Renzi News, che già tanto male ha fatto alla causa renziana (deve essere guidato dalla Casaleggio associati, nessun nemico di Renzi e del Pd sarebbe in grado di fare altrettanto), ha messo in rete un enorme No! e l’hashtag #senzadime per contrastare l’ipotesi di un dialogo con M5S.
E i commenti sono arrivati immediatamente: «Non farò mai parte di un partito che fa accordi con chi non conosce la democrazia. Per me sarebbe una grave delusione che mi imporrà di bruciare la mia tessera. Per me esiste solo il bene del partito, perciò nessun contratto con la Casaleggio associati e viva la libertà » (Vincenzo Leone). «Le forbici son pronte sulla tessera Pd del 2017. Quella del 2018 non l’ho ancora rinnovata per attendere gli eventi. #senzadime» (Dino Marocchi). «Pronta ad abbandonare il partito. Dov’è andata a finire la sovranità del popolo? Ma a chi stanno prendendo in giro? Se ci dovesse essere l’alleanza, saluterò per sempre il Pd» (Patrizia Vilardi).
Su Twitter ancora peggio: «M5S-PD Il solo pensiero che qualcuno possa ipotizzare simile accordo mi provoca un enorme disgusto emotivo. Ho votato quello che credevo essere l’opposto di un partito bugiardo, violento e antidemocratico come il M5S, eppure mi ritrovo ancora qui, a ribadire il mio #senzadime» (Andrea Cerri). «Caro Dario Franceschini, dici di essere sconcertato da chiusura di alcuni esponenti Pd nei confronti dei 5stelle, invece io sono altamente schifata dalla tua apertura, non hai il minimo rispetto per i militanti a cui è stato detto di tutto. Il NO è forte! #senzadime» (Angelina Scanu).
Sulla pagina Fb di Di Maio l’ipotesi di un accordo con il Pd non ha ricevuto migliore accoglienza, con 15mila commenti. «Grazie a te Luigi che stai per decretare la fine del M5S. Stai anteponendo la tua voglia di Presidenza del Consiglio al bene del Movimento. Le cose sono due, o avete sempre bluffato o sei un incapace» (Mattia Maffeis). «Ho votato cinque stelle per non avere tra le palle il Pd. Il Movimento Cinque Stelle è contro: jobs act, Fornero e banche. Invece il Pd ne è il paladino. Mi spieghi che razza di contratto farai e su cosa? Hai chiuso troppo presto la porta in faccia a Salvini… Noi ti abbiamo votato per il cambiamento!» (Carmelo Lo Faro). «Di Maio… alleati col Pd… se si andasse a votare ora cambierei il mio voto per te … fare un governo col Pd dopo che avete fatto una campagna elettorale contro di loro … vergogna .. siete tutti lo schifo della terra … lo schifo» (Peppe Grippi).
Toni e voci molto simili.
Con l’accusa per l’amico di partito che non la pensa come loro, ricorrente, di essere un rinnegato, un traditore.
In rete le differenze si appianano, e coloro che si presentano come alternativi si comportano allo stesso modo: lo stesso linguaggio, lo stesso comportamento, la stessa idea di politica.
Un mondo dove non esistono gli altri, ci sono solo i nostri.
Un tempo per sondare gli umori della mitica base della sinistra era necessario fare lunghi viaggi, tra le sezioni e le feste di partito, tra le pentole e i fornelli, sperando che si materializzasse quel che i semplici iscritti e militanti davvero pensavano delle tante svolte che i dirigenti stavano preparando blindati nel centralismo democratico, l’unanimità di facciata, oppure consultare faticosamente la rubrica delle lettere dell’Unità a caccia di un segnale di dissenso.
E per manifestare la critica o il sostegno ai leader di turno nella Dc si organizzavano i pullman di invitati, a riempire le gradinate del palazzo dello sport dell’Eur, per applaudire il capocorrente amico e fischiare quello avversario.
Oggi per misurare la temperatura delle presunte basi di riferimento basta fare un giro sui social e calcolare i click, le condivisioni, i like, non c’è più bisogno di andare fisicamente a cercarsi persone in carne e ossa che riversano le loro idee, i sentimenti e i risentimenti.
Ma non è questa la differenza con il passato.
Il vero cambiamento riguarda i leader, la classe dirigente diffusa, il rapporto che hanno con la base che ribolle, come si usa dire, sui social. E questa storia ha molto a che fare con la gestione di questa crisi: la spaventosa immaturità politica, ignoranza delle regole, incapacità di portare avanti una discussione sul futuro del Paese che sta ancora una volta e più che mai portando alla luce.
C’è un candidato premier, il capo politico del Movimento 5 Stelle Luigi Di Maio, che dopo aver preso undici milioni di voti sembra non sapere che farsene.
Affida a un professore autorevole e stimato, Giacinto della Cananea ( ne parla Denise Pardo nella sua rubrica ), l’analisi delle compatibilità programmatiche dei vari partiti.
Stabilisce un’equidistanza, o un’equivicinanza, tra M5S e Pd e Lega.
Promette di affidare il destino di un’eventuale alleanza con il Pd al pronunciamento della piattaforma Rousseau.
E infine minaccia il ritorno al voto se le sue condizioni non saranno esaudite.
Sul fronte opposto, il leader dimissionario Matteo Renzi ha approfittato della festività del 25 aprile per rompere un lungo silenzio che durava dall’indomani del voto, con una passeggiata a Firenze in cui ha chiesto ai cittadini simpatizzanti il loro pensiero sull’alleanza con M5S. E il ministro Carlo Calenda, neo-iscritto al Pd da un mese e mezzo, ha minacciato di restituire la tessera se ci farà l’accordo con Di Maio.
Sarebbe un record, nessuno sarebbe stato iscritto meno tempo di lui. Ma non sono soltanto trovate comunicative, dietro ognuna di queste uscite c’è l’effetto del cambiamento politico più profondo degli ultimi anni.
Le leadership che si presentano come fortissime, invincibili, unte dal Signore, consacrate dal voto di milioni di elettori, e che poi non sanno guidare, dirigere, comandare. Non sanno mettersi alla testa del loro popolo.
Semmai, preferiscono seguirlo, o simulare di farlo. Sempre che faccia comodo, naturalmente.
Michael Walzer ha spiegato più di trent’anni fa in “Esodo e rivoluzione” come nel racconto dell’uscita dall’Egitto del popolo ebraico in cerca di una terra promessa sia contenuto il significato della politica moderna e contemporanea: la spinta al cambiamento, al passaggio da uno stato all’altro, il cammino verso una terra promessa laicamente intesa, ovvero una missione da compiere, che ha bisogno di un condottiero.
Ma se Mosè avesse interrogato la piattaforma Rousseau o i suoi elettori in piazza, la carovana non sarebbe mai partita verso il deserto.
È questo il motivo per cui la classe dirigente italiana, i vecchi e i nuovi, faticano così tanto a confrontarsi con le parole base della politica: alleanza, compromesso, mediazione. Preferiscono, i leader attuali, restare incontaminati nell’innocenza delle posizioni pure: abbiamo vinto, tocca a noi, abbiamo perso, restiamo all’opposizione.
Faticano a comunicare alle loro basi di riferimento che senza alleanze in Parlamento e nella società non si costruisce cambiamento e non si fa movimento.
Preferiscono il governo di tutti al governo di alcuni che hanno fatto un patto di governo. Il documento del professor della Cananea nella pagina finale arriva a una conclusione paradossale: «Qualora, nel corso dell’azione di governo, emergano diversità per quanto concerne l’interpretazione e l’applicazione del presente accordo, le parti si impegnano a discuterne con la massima sollecitudine. Nel caso le diversità persistano, verrà convocato un comitato di conciliazione, i cui componenti saranno nominati in pari numero dalle parti. Le azioni riguardanti i temi controversi saranno sospese per almeno dieci giorni, in modo da dare al comitato di conciliazione il tempo necessario per raggiungere un’intesa e per suggerire le scelte conseguenti».
Così il mito della democrazia diretta si capovolge nel suo opposto, il trionfo della delega.
Quando l’alleanza va costruita si scatenano le opposte tifoserie sulla rete per tagliare alla radice ogni possibilità che l’accordo si faccia.
E qualora il governo dovesse nascere, i contrasti interni sarebbero affidati a un comitato di conciliazione chiamato a sciogliere l’impasse e a suggerire le soluzioni. Così muore la politica, che ha esattamente il compito di cercare accordi tra parti diverse e trovare vie di uscita che mettano d’accordo le parti che faticano a parlarsi, arrivando da posizioni opposte.
O il comando assoluto, di un solo partito o di un solo capo, o lo scaricabarile delle responsabilità da assegnare ai professori e ai tecnici, da anni la politica italiana si muove tra questi due estremi.
La lunga crisi della primavera 2018, qualunque sia la sua conclusione, rivela, una volta di più, leadership ansiose, nevrotiche, e alla fine evanescenti come un algoritmo. E sarà l’eredità più pesante di queste settimane alla ricerca del governo di tutti e del niente.
Per capire come andrà a finire ho ripreso in mano il romanzo anonimo del 1975 “Berlinguer e il Professore”, in cui si raccontava in chiave fantapolitica come sarebbe avvenuto il compromesso storico tra Dc e Pci. Dopo una crisi infinita, e una catena di omicidi che avevano riguardato gli incaricati a formare il nuovo governo, i capi della Dc si accordarono per affidare la guida del governo a uno sconosciuto. «Tutti si sarebbero accontentati di non veder prevalere i rivali», scriveva l’autore, si rivelò essere poi il giornalista Gianfranco Piazzesi. «E così fu. L’incarico fu dato a Ruggero Bertolon, un coltivatore diretto della campagna vicentina. I ministri furono sorteggiati, uno per regione. Nessuno protestò, e la saldezza del quadro politico venne nuovamente assicurata».
Chissà che non sia un’idea: un governo Bertolon.
(da “L’Espresso”)
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Aprile 30th, 2018 Riccardo Fucile
E SI RICOMINCIA A CHI LE SPARA PIU’ GROSSE, AGLI ITALIANI PIACE ESSERE PRESI PER I FONDELLI
Luigi Di Maio chiede di votare a giugno.
“Il M5S in modo serio si è impegnato totalmente per rispettare il voto dei cittadini – afferma in un video pubblicato su Facebook -. Visto che abbiamo ottenuto un risultato straordinario ma non abbiamo ottenuto la maggioranza assoluta dei seggi non ho mai pensato che sarebbe stato facile ma non avrei mai immaginato che sarebbe stato impossibile: è vergognosa la maniera in cui tutti i partiti stanno pensando tutti al proprio orticello e alle poltrone”.
Ovviamente si riferisce all’orticello e alla poltrone degli altri, come sempre.
“A questo punto non c’è altra soluzione – prosegue -, bisogna tornare al voto il prima possibile, poi ovviamente deciderà il presidente Mattarella. Tutti parlano di inserire un ballottaggio nel sistema elettorale ma il ballottaggio sono le prossime elezioni quindi io dico a Salvini, andiamo insieme a chiedere di andare a votare e facciamo questo secondo turno a giugno. Facciamo scegliere i cittadini tra rivoluzione e restaurazione”.
Quale sia la rivoluzione non è ben chiaro, ma per la logica dimaiana non ha molta rilevanza.
Di Maio aggiunge: “Tutti sanno che se Berlusconi avesse avuto i voti necessari per fare una maggioranza con Renzi avrebbe mollato Salvini la notte tra il 4 e il 5 marzo, altro che 50 giorni”.
Il leader M5s critica aspramente la legge elettorale: “Una legge elettorale assurda – afferma -, voluta dal Pd e dal centrodestra, permette anche a forze che perdono le elezioni come Forza Italia di rivendicare pseudo-vittorie in nome di una coalizione di comodo”.
E Di Maio continua a dimenticare che il sistema proporzionale con correzioni varie non è certo un attentato alla Costituzione, il problema sono i partiti incapaci di negoziare.
“Salvini ha preferito gli interessi di un condannato incandidabile a quelli degli italiani – continua -. Gli ho parlato a cuore aperto, niente, lui ha scelto Berlusconi, uno che ha creato Equitalia e ha fatto la legge Fornero, è una cosa per me incomprensibile mantenere una coalizione divisa su tutto costruita per arraffare posti in Parlamento piuttosto che fare qualcosa di buono per l’Italia”.
Andrebbe ricordato che Equitalia è nata per riscuotere crediti dello Stato che altri avevano lasciato correre, fermo restando i tassi da usura richiesti, non è l’istituto in sè che va additato al pubblico ludibrio. Se i debitori pagassero non ci sarebbe bisogno di riscuotere crediti.
Ma ormai siamo ritornati in campagna elettorale e a chi le spara più grosse.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2018 Riccardo Fucile
IL REGGENTE ESASPERATO DAL NIET DI RENZI CHE RENDE INUTILE LA DIREZIONE DI GIOVEDI’
Duro affondo del segretario reggente del Pd, Maurizio Martina, all’indomani delle parole di Matteo Renzi che a ‘Che tempo che fa’ ha bocciato l’alleanza di governo con il Movimento 5 Stelle, rendendo di fatto inutile la Direzione del partito in programma giovedì.
“Ritengo ciò che è accaduto in queste ore grave, nel metodo e nel merito. Così un Partito rischia solo l’estinzione e un distacco sempre più marcato con i cittadini e la società ; si smarrisce l’impegno per il cambiamento e non si aiuta il Paese. Per questo continuo a pensare che il Pd abbia innanzitutto bisogno di una vera ripartenza su basi nuove”, ha dichiarato Martina.
“In queste ore – ha aggiunto Martina – stiamo vivendo una situazione politica generale di estrema delicatezza. Per il rispetto che ho della comunità del Partito Democratico porterò il mio punto di vista alla Direzione Nazionale di giovedì che evidentemente ha già un altro ordine del giorno rispetto alle ragioni della sua convocazione”.
Ospite di Fabio Fazio, Renzi aveva stroncato l’ipotesi di una trattativa con i 5 Stelle per un governo Pd-M5S. L’ex premier, infatti, ha rimarcato, in più passaggi dell’intervista, la preferenza per una legislatura costituente.
(da agenzie)
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Aprile 30th, 2018 Riccardo Fucile
“INCAPACE DI QUALSIASI ELABORAZIONE, NON CAPISCE CHE PERDERE PEZZI DI PARTITO SAREBBE PER CHIUNQUE UN FALLIMENTO PERSONALE”
“Prendiamo atto che il signor Renzi non è capace di nessuna elaborazione. Annuncia di mantenere un potere politico e che lo eserciterà ”. Gianfranco Pasquino non sorride, anzi.
Si aspettava questa performance?
Mi aspettavo che almeno la smettesse di manipolare il sistema francese, che non è un ballottaggio tra partiti ma un doppio turno tra candidati. Se a Renzi piace tanto la Francia si ricordi che è una Repubblica presidenziale con un sistema elettorale adeguato. Che il referendum del 4 dicembre avrebbe rafforzato la possibilità di formazione di un governo è una balla che sarebbe meglio non sentire più.
Nessuna possibilità di un accordo Pd-M5S dunque…
Renzi ha deciso di stare all’opposizione, si augura che gli altri falliscano o che addirittura non riescano a formare un governo. Tutto costituzionalmente corretto ma politicamente evanescente.
Renzi dice: “Noi abbiamo perso, loro hanno vinto. Quindi tocca a loro”. Sbaglia?
Come ho detto, la sua posizione è costituzionalmente corretta, tuttavia avrei voluto domandargli che cosa effettivamente augura al popolo italiano. A me pare evidente che lui si auguri un governo Lega-5Stelle o addirittura un governo di centrodestra. Come a dire, facciamo quattro passi nel baratro, così gli elettori capiranno in quale guaio siamo finiti e torneranno da me… Ecco, questa non è la mia opzione. Bisogna evitare il baratro, anche perchè è falso che tra le due forze politiche ci sia più incompatibilità di quanta non ce ne sia tra Lega e 5S.
Renzi ha ancora in mano il Pd secondo lei?
Se non ha in mano il partito, sicuramente ha in mano i parlamentari, grazie al Rosatellum. E poi, questa storia che la sua azione è stata impedita dall’opposizione interna ha stufato. Non capisce che perdere un pezzo del tuo partito è un suo fallimento personale.
Cosa accadrà ora?
Ci vorrebbe un astrologo. È evidente che il presidente della repubblica voglia un governo e tenterà in ogni modo di far decantare le tensioni. Il Movimento 5 Stelle o rilancia con la Lega oppure si passa inevitabilmente a un premier incaricato di centrodestra. Il tempo delle esplorazioni è finito. E poi vorrei dire un’ultima cosa…
Dica.
Renzi ha citato Roberto Ruffili (senatore Dc ucciso dalle Brigate rosse nel 1988, ndr) ricordando correttamente le sue parole, secondo cui il cittadino deve essere arbitro. Ma quelle parole erano indirizzate alla creazione di una cultura della coalizione. Io credo che sarebbe un bene andare a vedere le carte, cercare i punti di accordo. Ma questo a quanto pare difficilmente accadrà .
(da “Il Fatto Quotidiano”)
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Aprile 30th, 2018 Riccardo Fucile
LA PROVOCAZIONE DI UN GRUPPO FEMMINISTA CHE FA RIFERIMENTO ALLE VIOLENZE COMMESSE DAGLI ITALIANI IN ERITREA NEL PERIODO IN CUI IL GIORNALISTA ERA SOTTOTENENTE… LUI STESSO RACCONTO’ DI AVER “COMPRATO” UNA DODICENNE ABISSINA
“Stupratore di bambine”. È la frase apparsa domenica sotto la statua dedicata a Indro Montanelli nei giardini di Piazza Venezia a Milano, intitolati proprio al giornalista scomparso nel 2001, fondatore del Giornale e de La Voce.
La scritta è stata attaccata al piedistallo da un gruppo di femministe di ispirazione Lgbt, le ‘Indecorose’, e fa riferimento alle violenze commesse dagli italiani in Eritrea nel periodo in cui Montanelli era sottotenente e al suo matrimonio con una dodicenne abissina che il giornalista aveva riferito di aver “comprato assieme a un cavallo e un fucile, tutto a 500 lire”, come affermato da lui stesso in un’intervista rilasciata a Enzo Biagi.
Durante la loro azione le manifestanti, che definiscono il grande inviato “un revisionista, un conservatore e un colonialista“, hanno anche esposto un’opera spray su tela in cotone che fonde una figura di ragazza con il cartello “vendesi”, in un intreccio di parole che restituisce “violentasi”.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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