Aprile 5th, 2018 Riccardo Fucile
MODO INDEGNO DI UN PAESE CIVILE, PROTESTE SUI SOCIAL… DOVEVANO INTERVENIRE POLIZIOTTE DONNA, NON CAZZARI IN DIVISA
In un video postato una settimana fa su Facebook si vedono degli agenti della polizia francese ordinare in modo brusco a una famiglia di migranti di scendere da un treno a Mentone, finendo per trascinare giù dal vagone una donna incinta, presa per braccia e gambe.
I fatti sono accaduti il 16 febbraio scorso e sono stati ripresi in un video condiviso sulla rete alla fine di marzo da tre studenti francesi di ritorno da Ventimiglia dove si erano recati per realizzare un reportage al seguito delle associazioni che si occupano di migranti sul confine franco-italiano.
Come hanno raccontato i ragazzi, citati dal quotidiano Nice-Matin, i poliziotti sono “saliti e hanno individuato le persone di colore e le hanno controllate”.
Di fronte al rifiuto di un uomo, in compagnia della moglie incinta e dei figli, di presentare i documenti, gli agenti hanno intimato loro di scendere, “senza alcuna umanità . Era assurdo vederli così minacciosi e violenti”, hanno sottolineato i giovani, “la maggior parte dei passeggeri erano schockati, alcuni hanno lasciato il vagone”.
L’uomo resiste, i toni salgono, la donna grida e l’uomo urla di non toccarla perchè è incinta.
Le immagini la mostrano presa di peso dai poliziotti per braccia e gamba, portata giù dal vagone. Una volta montato, il video viene inviato all’Osservatorio nazionale delle violenze della polizia, per poi essere postato su Internet da un utente, condiviso dall’associazione ‘Roya citoyenne’.
Da allora è stato visto quasi 440mila volte. Ferma la reazione della prefettura delle Alpi Marittime che ha sottolineato come “se c’è violenza in questo video, non è dalla parte della polizia”.
(da agenzie)
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Aprile 5th, 2018 Riccardo Fucile
“I PARTITI MI CHIEDONO TEMPO, FARO’ TRASCORRERE QUALCHE GIORNO DI RIFLESSIONE”…SECONDO GIRO LA PROSSIMA SETTIMANA
“È indispensabile che vi siano delle intese tra più parti politiche per formare una coalizione che possa avere la maggioranza in Parlamento per far nascere un governo”, ma “nelle consultazioni questa condizione non è ancora emersa”.
Lo afferma il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, al termine delle consultazioni.
Il Capo dello Stato aggiunge: “Nel corso della prossima settimana avvierò un nuovo ciclo di consultazioni per verificare se sia maturata la possibilità di formare un governo che oggi non è emersa”.
“Farò trascorrere qualche giorno di riflessione – continua -, anche sulla base della esigenza di maggior tempo che mi è stata prospettata da molte parti politiche. Sarà utile anche a me per analizzare e riflettere su ogni aspetto delle considerazioni” fatte dai partiti e “sarà utile a loro per valutare responsabilmente la situazione, le convergenze programmatiche, le possibili soluzioni per dare vita a un governo”.
(da agenzie)
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Aprile 5th, 2018 Riccardo Fucile
DENUNCIATO PER INTERRUZIONE DI PUBBLICO SERVIZIO… GLI STRANIERI ERANO TUTTI IN POSSESSO DI REGOLARE BIGLIETTO
Quando è salito a bordo del pullman che collega Forlì a Santa Sofia e ha visto che vi erano molti stranieri, ha iniziato a inveire contro di loro accusandoli di viaggiare a scrocco. Ha poi chiesto al conducente di farli scendere e liberare i posti, ma non trovando una sponda nell’autista, l’uomo – 60 anni – si è persino messo a chiedere personalmente il biglietto ai passeggeri stranieri.
A quel punto, nel timore che la situazione potesse degenerare, il conducente ha chiamato la polizia, che lo ha denunciato per interruzione di pubblico servizio, perchè il pullman era rimasto fermo per mezz’ora.
Gli agenti hanno verificato che tutti gli stranieri che stavano viaggiando in autobus erano tutti in regola con il biglietto.
Quando ho letto questa notizia non mi sono stupito più di tanto perchè, appena pochi giorni fa, quando si è parlato dell’autista trentino che non faceva salire a bordo del suo autobus quelli con la pelle scura, un discreto numero di coglioni razzisti ha commentato: “ha fatto bene, sicuramente non avevano il biglietto”.
Perchè? Perchè erano neri, e i neri, nella testa della scimmia leghista media, non fanno mai il biglietto, oltre a fare le solite cose: spacciare, rubare e via dicendo.
Il sessantenne in questione, semplicemente, è la dimostrazione del fatto che quello che leggete qui sopra non è solo virtuale, è lo specchio esatto della realtà , insulti al congiuntivo compresi.
Mandrie di lobotomizzati che ripetono ad oltranza il mantra che gli ha insegnato il loro felpatissimo Capitan Disagio.
Futuri ospiti delle patrie galere quando l’Italia tornerà civile.
(da agenzie)
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Aprile 5th, 2018 Riccardo Fucile
TROPPE RICHIESTE, NON BASTANO I SOLDI PER IL LABORATORIO SARDO… TANTE STORIE DRAMMATICHE SU CUI MEDITARE
Alle 11 di mattina del 6 marzo, un signore di 51 anni con i pantaloni militari e il giaccone rigonfio è entrato nell’ufficio dell’assessorato delle politiche sociali del comune di Cagliari per farsi ascoltare.
Aveva appena comprato un’ascia in ferramenta. Era venuto per chiedere il Reis, il reddito per l’inclusione sociale.
«È stata una situazione molto difficile», ricorda l’assessore Ferdinando Secchi. «Quell’uomo voleva essere ricevuto a tutti i costi, anche se non era il giorno giusto. Ha tirato fuori l’arma. Voleva passare. Una guardia giurata, con bravura, l’ha fronteggiato. E dopo una lunga discussione, l’ha convinto ad andarsene. Urlava: “Vi ammazzo! Non seguitemi”.
Uscendo, ha sfogato la sua rabbia contro il distributore delle bevande. Sappiamo che alle 9 di sera di quello stesso giorno si è costituito alla polizia».
La Sardegna sta sperimentando forse il futuro. Qui dove il Movimento 5 Stelle ha vinto ovunque, promettendo il reddito di cittadinanza, i dati sulla disoccupazione del 2017 sono appena stati corretti al rialzo: 17% contro la media italiana all’11%, con punte del 21,4% nel Sud dell’isola. A Cagliari, quindi.
Il Reis è stato una specie di esperimento. Una legge regionale voluta da una giunta di centrosinistra, che dopo molte difficoltà ha trovato applicazione negli ultimi mesi dello scorso anno.
Consiste in un assegno mensile da 200 a 500 euro per le persone e per le famiglie povere. Le domande sono state 20.813, per un fabbisogno complessivo che ha superato di oltre 22 milioni la cifra stanziata per il provvedimento: 66 milioni di euro. Questo è il bilancio solo a Cagliari: 2300 domande, 2188 pareri favorevoli.
Dopo ritardi, intoppi e molte altre tensioni agli sportelli, sono state pagate da quattro a sei mensilità . Ma, nel frattempo, nessun corso di aggiornamento professionale è stato avviato. Così come prevedeva la legge stessa.
«Quando si innova, si incontrano sempre delle difficoltà » dice l’assessore Secchi. «Non si può dare il sostegno a tutti indiscriminatamente. Serve un’istruttoria. Serve tempo. Bisogna capire. E poi ci sono stati problemi di collegamento con la banca dati dell’Inps, lentezze dovute al trasferimento dei fondi dalla Regione al Comune, problemi di coordinamento. I corsi di formazione non sono ancora partiti».
Via Nazario Sauro 19. Il porto dei traghetti è pochi passi più giù.
Oggi in coda ci sono 84 persone, 5 agenti della polizia municipale a sorvegliare, più 3 di una società di vigilanza privata.
C’è il vecchio Reis da prolungare, c’è il nuovo Rei che è stato istituito a livello nazionale, e c’è la promessa del reddito di cittadinanza di cui molti vengono a chiedere notizie.
«Dobbiamo spiegare e distinguere», dice l’assessore. Si stanno sommando, cioè, vecchie e nuove domande di aiuto in questa sala d’attesa dove c’è odore di giacche vecchie e miseria. E dove tutto, subito, esce dalle discussioni per diventare reale, urgente. Carne viva.
Il pastore Stefano Marini, 53 anni: «Ho fatto anche il manovale in continente, nelle Marche. Andrei a fare qualsiasi lavoro. Pulirei giardini. Laverei pavimenti. Ma non trovo niente. Questo è il momento più difficile di tutta la mia vita. Invece di andare avanti, sto andando sempre più indietro. Ho perso la casa. Ho dormito per sei mesi fuori, alla marina».
L’ex carpentiere e pescatore Raffaele Sanna, 60 anni: «Sono nato nel quartiere Sant’Elia. Andavamo con le nasse e con le reti. Prendevano polpi, murene, gronghi, triglie e scorfani meravigliosi. Poi la cooperativa è fallita. Ho tre figli disoccupati. E anche mia moglie Roberta, che lavorava negli asili nido, ora è casa».
Sono vite declinate al passato. Attese.
Frustrazioni e pubbliche ammissioni di debolezza. Perchè ognuno si presenta all’usciere, circondato dalle guardie, dice il suo nome, che viene ripetuto ad alta voce, e si mette in coda.
Maria Laura Galliu: «Ho fatto domanda per il Reis l’anno scorso, ma ancora nulla. Mi hanno detto che c’era un problema nei documenti. Sono andata a rifarli. Penso sempre a mio marito Ennio, morto in un incidente stradale, a come sarebbe stata diversa la mia vita se ci fosse ancora lui».
E i Cinque Stelle? «Certo che li ho votati. Lo abbiamo fatto tutti. Sono ragazzi. Mi fido. Hanno capito che serve un aiuto concreto, altrimenti non ce la facciamo. Io ho grande fiducia. Ma se si mettono con Salvini viene giù il mondo, non voglio crederci».
Chiamano un altro nome. Un altro ancora. E poi un altro.
Un giornalista di 61 anni. «Scaricare i moduli è stato complicatissimo. Qui c’è sempre una marea di gente. Ressa continua. È dal 2007 che mi arrabatto, ma quest’anno è stato particolarmente grigio. I tagli alla cultura hanno fatto chiudere gli ultimi uffici stampa che ancora mi davano lavoro. Io, per fortuna – fra virgolette – sono solo. Tirare avanti significa rinunciare a tutto. Ho un tetto e quel minimo che basta per non fare il barbone. Ma sono anni che non so cosa sia un viaggio, una cena fuori. È durissima».
Fuori il sole scalda le ossa.
In cima alla salita che costeggia l’orto botanico c’è la Caritas di Cagliari. Ogni sera si allunga la coda per mangiare. Sono state 8 mila le persone che hanno chiesto aiuto nel 2017.
L’identikit è questo: maschio, età media 46 anni, disoccupato, italiano. Don Marco Lai, però, ha un’idea diversa del futuro: «I sussidi possono aiutare, ma le persone hanno bisogno di un’opportunità ».
Voi come fate? «Con il microcredito. Le banche italiane sono per gente già ricca: questo è il problema. Noi finanziamo piccoli progetti di indipendenza. Massimo 25 mila euro. Penso a un ragazzo che aveva bisogno di comprare l’auto per fare il tassista. O una ragazza molto preparata, che ha aperto un negozio da parrucchiera. La grande notizia è che i nostri prestiti hanno un indice di restituzione dell’85%. Significa che basta dare una speranza concreta e po’ di fiducia per ritrovarsi davanti a delle persone libere. Con un lavoro».
(da “La Stampa“)
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Aprile 5th, 2018 Riccardo Fucile
IL M5S VUOLE TUTTO IL PRIMO PIANO CHE E’ STATO DEL PD (E DEI SUOI ANTENATI)
Che la legislatura non sia partita bene è sotto gli occhi di tutti. Ma, dopo il difficoltoso superamento del primo scoglio con l’elezione degli uffici di presidenza di Camera e Senato, vengono a mancare proprio i fondamentali per un avvio ordinato dei lavori parlamentari.
Al Senato infatti M5S e Pd stanno ancora litigando sugli uffici dei gruppi.
C’era una volta un accordo: il Pd, passato da 97 senatori a 52, si sarebbe tenuto solo una piccola parte degli attuali uffici, al M5S che ha conquistato 112 seggi a Palazzo Madama sarebbe andato il resto.
Sostanzialmente con questa intesa, per la verità solo abbozzata subito dopo il voto del 4 marzo, le due forze rivali di Pd e M5S sarebbero finite vicine di casa in Senato. Anzi vicinissime: separate solo dal busto di don Luigi Sturzo che sarebbe rimasto lì a limitare la parte dem, in gran parte i vecchi uffici che storicamente furono del Pci.
Il M5S si sarebbe preso la parte ex Dc. E invece no.
I locali in questione sono molto ambiti: sono situati al primo piano di Palazzo Carpegna, collegati al Transatlantico di Palazzo Madama dal breve corridoio dei busti. Sono i più vicini all’aula: comodi per quando si deve scappare a votare all’ultimo minuto, a un parlamentare capita spesso.
Bene: ora il M5s reclama tutto il piano che è stato del Pd e chiede di spedire i Dem al secondo piano.
Da qui lo scontro. I Dem stanno cercando di far valere i ‘diritti’ conquistati storicamente. Della serie: “Qui hanno abitato i nostri avi politici, dal Pci alla Dc ma in tempi più recenti anche i Popolari”.
Niente da fare: i pentastellati non mollano, dall’alto dei loro 112 seggi. È stallo e guerra anche sulla logistica del nuovo Parlamento uscito dal voto del 4 marzo: nemmeno la base per la convivenza condominiale.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 5th, 2018 Riccardo Fucile
PROVE DA OPPOSIZIONE PROTAGONISTA PER MARTINA AL COLLE
Una proposta di legge per raddoppiare le risorse per il reddito di inclusione.
È questa l’idea che spiega il lungo discorso del reggente del Pd Maurizio Martina davanti alla stampa al Quirinale, dopo mezz’ora circa di colloquio con il presidente della Repubblica Sergio Mattarella.
Affiancato dai capigruppo del Pd Graziano Delrio e Andrea Marcucci e dal presidente del partito Matteo Orfini, dopo il turno dei dem nelle consultazioni con Mattarella sul governo, Martina si è dilungato in un vero e proprio intervento per i media che è sembrato ai più irrituale, date le circostanze. E invece no.
Stamane prima di salire al Colle, i quattro rappresentanti del Pd si sono incontrati al Nazareno e hanno deciso la linea.
Opposizione, certo, perchè, ha spiegato Martina, “la sconfitta elettorale non ci permette di avanzare ipotesi di governo che ci riguardino in coerenza con il nostro programma elettorale”. Ma quel programma, hanno deciso i 4 prima di salire da Mattarella, non deve restare lettera morta visto che secondo i dem va a sfatare i miti propagandistici costruiti da 5 Stelle e Lega.
Primo ‘mito’ il reddito di cittadinanza. “Si renderanno conto che non esiste, i conti non lo permettono”, spiega all’Huffpost una fonte dem dopo il colloquio con Mattarella. “Esiste invece il nostro reddito di inclusione che vogliamo allargare”, come ha spiegato lo stesso Martina in conferenza stampa.
E allora l’idea è di presentare subito una proposta di legge per “raddoppiare le risorse” destinate al reddito di inclusione, misura già avviata dal governo Gentiloni. L’obiettivo è di prendere in contropiede Lega e M5S dall’opposizione ed esercitare in Parlamento un ruolo di opposizione “propositiva”. Una sorta di prova della verità sulle proposte leghiste e pentastellate, questo è il ragionamento Pd.
Stessa ratio sugli altri punti indicati da Martina: Europa, tenuta dei conti pubblici e immigrazione. I quattro rappresentanti del Pd ne hanno parlato anche nello Studio alla Vetrata con Mattarella, ben consapevoli che il rispetto dei trattati europei e l’equilibrio dei conti sono temi cari al presidente, veri e propri paletti per il conferimento di un incarico di governo
Mattarella si è limitato ad ascoltare, come sta facendo con tutti i gruppi ricevuti al Quirinale in questo primo giro di consultazioni a un mese dal voto. Il Pd ha circostanziato la scelta di stare all’opposizione rappresentando al presidente l’allarme su come sono state gestite le elezioni degli uffici di presidenza di Camera e Senato: “Centrodestra e M5S si sono presi tutto, a conferma che esiste già una maggioranza parlamentare: la devono solo circostanziare sul governo…”.
Il punto è che l’incarico di governo a chicchessia non è all’orizzonte. “Siamo soggetto protagonista del dibattito nazionale e possiamo essere utili all’Italia in questa fase nuova”, ha detto Martina. Significa che se Lega e Cinquestelle non dovessero formare un governo, se fosse messa in campo l’ipotesi di un governo di tutti, il Pd sarebbe disponibile? Questo è un film che per ora dal Nazareno non vogliono vedere. Del resto non è in proiezione nemmeno al Colle per ora. E se dovesse finire in campo, “ci saranno altre consultazioni”, ci dice una fonte dem. Si vedrà .
Per ora Martina ha tenuto un discorso che prepara sia l’opposizione parlamentare che l’assemblea congressuale del Pd: il 21 aprile infatti il reggente Martina verrà eletto segretario del partito, con il sostegno dell’ex segretario Matteo Renzi.
(da “Huffingtonpost“)
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Aprile 5th, 2018 Riccardo Fucile
BERLUSCONI VUOLE UN GOVERNO “DI ALTO PROFILO” E SENZA CINQUESTELLE… SALVINI VUOLE ALLARGARE AI GRILLINI
Divisi alla Vetrata. Uscendo dallo studio di Sergio Mattarella dopo i colloqui previsti dalle consultazioni, Matteo Salvini e Silvio Berlusconi enunciano soluzioni divergenti sull’atteggiamento da tenere nei negoziati per la formazione del governo.
Il leader di Forza Italia risponde al veto di Luigi Di Maio sulla sua persona con un altro veto.
Dice no all’alleanza del centrodestra con i 5 Stelle, e si dice disposto a sostenere un governo con una “presenza di alto profilo”, in grado di rassicurare l’Unione europea. Un’apertura dunque a nomi suggeriti dal capo dello Stato, in gergo giornalistico al “governo del Presidente”.
Per Salvini, l’intero centrodestra deve invece “coinvolgere i 5 Stelle” nella maggioranza, per dare luogo a un esecutivo stabile, capace di durare per tutta la legislatura. Se così non sarà , meglio tornare alle urne.
Tra le righe, c’è un messaggio rivolto al capo politico del Movimento, atteso al Colle questo pomeriggio. Il senso è questo: rompere con Berlusconi si può, ma a condizione di creare un esecutivo capace di consolidare nel tempo la centralità di 5 Stelle e Lega. Se la prospettiva sono le elezioni a ottobre, tagliare i ponti con Forza Italia non può essere un’opzione.
Sono da poco passate le 11 e 30 quando il leader di Forza Italia, al termine dell’appuntamento con il capo dello Stato, scandisce che l’Europa “non perdonerebbe certo populismi, dilettantismi e improvvisazioni” al potere.
Tradotto: mai un governo con il Movimento. Si dice non disposto a sostenere un esecutivo “in cui prevalgano invidia odio sociale pauperismo giustizialismo”, malgrado alle urne abbia prevalso un voto fondato su “dispetto, protesta, malcontento”.
Con accanto le due nuove presidenti dei gruppi parlamentari, Anna Maria Bernini e Maria Stella Gelmini, il leader evoca una “spirale recessiva, fatta di disoccupazione, tasse, fallimenti a catena a partire dal settore bancaria”, qualora a Palazzo Chigi si insediasse un premier sostenuto da forze populiste.
Tutt’altra musica, come si diceva, suona all’esterno dello studio del Presidente della Repubblica circa un’ora dopo, quando a parlare è Salvini.
Il numero uno del Carroccio è accompagnato dai capigruppo al Senato e alla Camera, Gian Marco Centinaio e Giancarlo Giorgetti: “Faremo di tutto per dare un governo che duri cinque anni ovviamente partendo dal centrodestra, coinvolgendo il Movimento 5 Stelle, senza altre soluzioni temporanee e improvvisate”.
Salvini contraddice l’alleato, e lo fa nella sua veste di leader della coalizione. Il segretario leghista ripete di voler partire dai programmi e di non essere interessato alle poltrone. Non è disposto a far nascere un esecutivo a tempo, o ad andare in parlamento “senza numeri certi”.
Significherebbe bruciarsi, e questo vuole evitarlo a ogni costo. Se la prende con i “personalismi” e le “impuntature” che impediscono la nascita del governo, e promette di essere al lavoro per “smussare degli angoli che altri per il momento almeno a parole non intendono smussare”, come accaduto per l’elezione dei presidenti delle due Camere.
Salvini non rinuncia però a sfoderare l’arma del voto anticipato. Senza margini per un accordo, allora “l’unica soluzione, che non auguriamo ma che non escludiamo, è quella delle elezioni”, dice il segretario leghista.
Su una cosa, almeno a parole, gli alleati sono d’accordo: bisognerà partire dal sostegno alle ambizioni da premier di Salvini. Il capo della Lega si è calato nel ruolo: “Ci sono scadenze internazionali che spero di rappresentare da protagonista come premier di questo Paese, difendendo l’interesse nazionale italiano”.
Il capo della Lega mostra un atteggiamento accomodante (“molti dicono dei no, noi abbiamo offerto dei sì al Presidente della Repubblica”), e promette che continuerà a dialogare con gli altri partiti, dalla prossima settimana “formalmente”. L’incontro con Di Maio, dice il segretario leghista ai cronisti, “non c’è ancora stato”. Quando ci sarà , Salvini potrà tastare la disponibilità dei grillini a stringere un patto di ferro, che duri tutta la legislatura. E che permetta ai leghisti di abbandonare Berlusconi senza troppi rimpianti.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 5th, 2018 Riccardo Fucile
PRIMA ACCUSA GLI ALTRI DI FARE IL MERCATO DELLE VACCHE, ORA SPERA NEI NUOVI “SCILIPOTI”
Era da tempo che un’assemblea congiunta del M5S non durava così tanto. Quasi tre ore di discussione ininterrotta. Martedì sera Luigi Di Maio era seduto nell’aula dei gruppi alla Camera, di fronte a una folla di parlamentari ansiosi di conoscere dove il leader li stia portando, mentre sullo sfondo la sagoma di Silvio Berlusconi agita i sogni di governo.
I più spaventati dall’idea che l’asse con la Lega possa ampliarsi anche all’ex Cavaliere sono i veneti, scottati dallo scandalo politico-affaristico delle banche locali, e i campani, quelli che tifavano per la leadership di Roberto Fico, come Paola Nugnes.
A parlare però è anche Nicola Morra, il primo a mettere in discussione il valzer d’amore con Matteo Salvini.
Molti deputati e senatori confessano di essere entrati nel M5S proprio contro Berlusconi e chiedono rassicurazioni a Di Maio. Il capo politico le concede.
Ma insiste più su Berlusconi che su Forza Italia, una differenza che qualcuno nota, qualcun altro no.
Tutto potrebbe ancora succedere ma intanto, armarsi di difese contro l’ex Cavaliere, come lasciare per inerzia la porta aperta al Pd, serve a uso interno, contro le critiche che cominciano a piovere pesanti.
Come quella di Aldo Giannuli, storico, amico di Gianroberto Casaleggio che sezionò a puntate sul blog la legge elettorale e contrario all’intesa con la Lega: ieri ha annunciato l’addio ai grillini, «perchè il potere li ha cambiati» e perchè «il M5S sta imboccando una strada decisamente di destra».
Oggi, di fronte a Sergio Mattarella, Di Maio dirà di «no a governi istituzionali o tecnici», e no a un premier che non sia stato battezzato dal consenso popolare. Poi, dirà che è pronto a fare un governo «sui temi» con «un contratto alla tedesca».
Non dirà invece ciò che i tifosi di un governo con il Pd sperano: che non farà accordi con il centrodestra. Nella testa di Di Maio lo schema perfetto sarebbe quello in cui la Lega si stacca da Fi per aderire a un «governo del cambiamento».
Avrebbe un doppio vantaggio: preserverebbe la purezza simbolica dell’anti-berlusconismo, ma soprattutto ridurrebbe la forza contrattuale di Salvini, che a quel punto non sarebbe più il leader di una coalizione del 37%, ma di un partito sotto il 20%, alleato di un esecutivo a trazione a grillina.
Di Maio però non è ingenuo e ha capito dalla diretta voce di Salvini che il leghista non può rinunciare alla conquista del centrodestra, rompendo di netto con Fi. Non così, non ora.
Ed è per questo che il leader del M5S e i suoi si stanno convincendo di quello che un deputato, sotto la rigida garanzia dell’anonimato, spiega così: «I nostri senatori parlano con i colleghi leghisti e di Fi. Sono sicuri che qualcuno per fare una maggioranza si troverà ».
Scommettono, insomma, su un’implosione di Fi, su una pattuglia di nuovi «responsabili» pronta ad attaccarsi al carro di Salvini al momento opportuno.
Quando? Quando le trattative diverranno frustranti, senza un’apparente via d’uscita che non sia il voto. Qualcuno nella Lega la chiama una «scissione controllata», insinuando il sospetto che una pattuglia potrebbe staccarsi con il beneplacito di Berlusconi.
Quel che è certo è che Fi è in sommovimento.
La fronda del Nord, guidata da Giovanni Toti, spinge per il partito unico del centrodestra. Una soluzione che rafforzerebbe Salvini, permetterebbe un’operazione di «make up» per nascondere Berlusconi e renderebbe l’intesa più digeribile per i grillini, magari in cambio della premiership a Di Maio e di ministeri d’area a Fi.
In fondo tra i 5 Stelle già si parla di spartizione di dicasteri, visto che dal M5S filtra l’indiscrezione che alla Difesa dovrebbe andare Guido Crosetto, di Fdi.
E anche le nomine dell’azzurra Maria Elisabetta Casellati al Senato o del grillino Vito Crimi alla commissione speciale sono segnali che indicano una rotta rischiosa ma possibile.
È vero che Berlusconi ha chiesto ai leghisti di reagire con più durezza dopo il pallido comunicato di Salvini contro i veti di Di Maio, e Giancarlo Giorgetti lo ha fatto, agitando lo spettro del voto.
Ma è anche vero che il grillino ha risposto con un sondaggio di Demopolis che dà il M5S al 35% e la coalizione di destra inchiodata al 37%.
(da “La Stampa”)
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Aprile 5th, 2018 Riccardo Fucile
UN ALTRO CHE SI DEVE ESSERE SVEGLIATO TARDI
Aldo Giannuli, storico collaboratore del MoVimento 5 Stelle e del blog di Beppe Grillo, annuncia sul suo blog che non è più vicino al MoVimento 5 Stelle e fa sapere di aver votato alle ultime elezioni Potere al Popolo, non considerandosi più in sintonia con la svolta governista di Luigi Di Maio.
“Non sono io che mi sono man mano allontanato dal M5s: io sono rimasto fermo, è il M5s che ha preso altre strade. Il M5s al quale mi ero avvicinato era quello dell’ “Uno vale uno” che, pur non senza contraddizioni anche evidenti, rifiutava l’idea di un capo politico che decidesse tutto. Oggi, nel movimento vige un regolamento che nessuno ha mai approvato e che dà pieni poteri al capo politico, sino al punto di dargli la possibilità di nominare i capigruppo parlamentari non più eletti (cosa che non ha precedenti nella storia del parlamento repubblicano)
Il M5s cui mi ero accostato miscelava temi di destra (come l’ostilità verso gli immigrati) con temi di sinistra (come la difesa dell’art. 18) ma aveva una decisa avversione ai poteri finanziari (ricordiamoci le partecipazioni di Grillo alle assemblee degli azionisti Telecom), oggi il “Capo politico” del movimento dice che i governi devono tener conto dell’orientamento dei mercati finanziari.
Giannuli, che aveva già accusato il M5S di aver perso le sue radici e sul blog di Beppe Grillo aveva pubblicato la bufala sul nonno di Maria Elena Boschi, fa un percorso simile a quello di Paolo Becchi, che ha lasciato rumorosamente qualche tempo fa i grillini.
Anche Giannuli non compariva più da molto tempo come autore sul blog di Grillo e non era stato più invitato alle iniziative della Casaleggio Associati. Oggi è arrivato il redde rationem:
Il M5s delle origini si diceva “Nè di destra nè di sinistra”, ma in realtà ospitava nel suo seno sia destra che sinistra, oggi quella ambiguità è sciolta e, pur continuando a dirsi nè di destra nè di sinistra, il Movimento sta imboccando una strada decisamente di destra. Io ero e sono sempre rimasto di sinistra, potevo convivere con l’ambiguità iniziale, ma non con una cosa esplicitamente di destra.
Per cui, sapete che sono anticonformista ed, in un paese in cui (quasi) tutti salgono sul carro del vincitore, io scelgo di scendere dal carro del vincitore
In realtà , e a differenza di quanto sostiene Giannuli, i regolamenti del M5S non sono mai stati discussi con la base e sono stati approvati con lo stesso metodo con cui è stato approvato il regolamento vigente, e la “normalizzazione” che lo storico imputa a Di Maio era in atto da anni, mentre è curioso che Giannuli potesse convivere con Beppe Grillo che dice a quelli di Casapound che il MoVimento è aperto a tutti ma oggi è un problema che Di Maio proponga un contratto a Salvini.
Ma evidentemente anche lui deve essersi svegliato tardi.
(da “NextQuotidiano”)
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