Aprile 9th, 2018 Riccardo Fucile
I GABINETTI CHIMICI C’ERANO E BEN VISIBILI, MA UNA DECINA DI INCIVILI TESTE DI CAZZO HA DECISO DI NON USARLI … LA PROSSIMA VOLTA PORTATELI DI CORSA A REBIBBIA
La foto di una decina di maratoneti che orina contro un muro a pochi passi dal Colosseo è stata pubblicata ieri sera su Facebook nel gruppo Roma Pulita!
Decine i commenti indignati, soprattutto dopo che lo scatto è stato pubblicato sulla pagina Facebook del blog Roma fa Schifo.
La foto è vera, non è un fotomontaggio e molti romani si sono arrabbiati perchè alcuni runner hanno deciso di utilizzare la città come se fosse una latrina. Lo hanno fatto tutti e 100mila i partecipanti? È poco probabile
L’inciviltà di pochi corridori non ha a che fare con le carenze organizzative
L’immagine però racconta solo una parte della verità .
E rischia al tempo stesso di rovinare la bella immagine della città che è riuscita ad affrontare (e vincere a detta di molti) un evento sportivo di quella portata.
C’è infatti chi ha approfittato di questo episodio per dare la colpa agli organizzatori della Maratona di Roma o alla sindaca Raggi.
La verità è che l’organizzazione aveva predisposto centinaia di bagni chimici, sia all’uscita della metro Colosseo, che lungo i Fori Imperiali o a Piazza Venezia (e in altri punti “strategici”).
Qualcuno ha però pensato che non era il caso di aspettare e fare la coda di fronte al WC chimico e quindi ha pensato di approfittare delle mura. C’è chi spiega che è un po’ il segno che alcuni runner — quelli che hanno questa brutta abitudine — sono poco civili e rispettosi delle città che li ospitano.
Nella foto che pubblichiamo si vede chiaramente come a lato del percorso fossero stati installati i gabinetti portatili.
Il sito della Maratona conferma che nella sola zona di partenza/arrivo in via dei Fori Imperiali c’erano circa 300 bagni chimici.
L’organizzazione invitava i maratoneti a rispettare l’ambiente e ad usare i bagni per i bisogni fisiologici. Alcuni corridori testimoniano che nel complesso i maleducati erano pochi mentre la maggior parte ha utilizzato i WC chimici.
Insomma la situazione è sempre la stessa, che si tratti di rifiuti ingombranti abbandonati per strada o di urinatori selvaggi il problema è sempre la maleducazione di chi non usufruisce del servizio.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 9th, 2018 Riccardo Fucile
SPUNTA ANCHE UN GRUPPO GIAPPONESE GIA’ ATTIVO IN ITALIA, DETERMINANTE IL RUOLO DI CALENDA
Dopo i primi due gruppi che hanno fatto qualche passo avanti verso la Embraco ora spunta un terzo, possibile, interessato per lo stabilimento di Riva di Chieri.
Secondo i sindacati ci sarebbero “tre aziende” pronte a scendere in pista e non più solo due: “Ce n’è una israeliana con fondi cinesi, una italiana e, la grande novità di oggi, una multinazionale giapponese che ha già degli stabilimenti nel nostro Paese” spiegano i sindacati, all’uscita dal tavolo al Mise, aggiungendo che il prossimo incontro è in programma per il 23 aprile.
Dopo di che le parti si “rivedranno ogni dieci giorni”.
«Il nostro obiettivo è sapere chi sono i soggetti interessati, qual è il loro piano industriale, se hanno solidità finanziaria, se la produzione sarà ad alto valore aggiunto e quanti lavoratori sono pronti ad assorbire» spiega Arcangelo Montemarano della Fim.
Ma i sindacati intendono sapere anche dall’azienda quanti lavoratori hanno manifestato interesse per gli incentivi all’esodo: 60.000 euro lordi per i lavoratori che decideranno di lasciare l’azienda entro aprile, 50.000 euro per coloro che lo faranno entro maggio, 35.000 per giugno-agosto e 30.000 euro da settembre in poi. «È presto per sapere quanti lavoratori aderiranno – sottolinea Federico Bellono, segretario provinciale della Fiom di Torino – ma noi immaginiamo qualche decina».
«Tra il personale – aggiunge Montemarano – c’è un clima di forti aspettative visto l’impegno assunto da Calenda e da Invitalia di garantire tutta l’occupazione». «Nell’assemblea con i lavoratori – riferisce Bellono – il ministro, alla presenza dell’amministratore delegato di Invitalia Domenico Arcuri, ha detto che Invitalia si farà carico dei lavoratori.
(da agenzie)
argomento: Lavoro | Commenta »
Aprile 9th, 2018 Riccardo Fucile
L’UNICA STRATEGIA E’ SEMPRE QUELLA DI PRENDERE TEMPO, IN ATTESA DELLE ELEZIONI IN FRIULI E MOLISE
La scena madre, raccontano, è stata questa. Due contro uno. I giovani “Matteo” e “Giorgia” contro l’Ottuagenario “Silvio”. I primi due al terzo: “Caro Berlusconi se andiamo insieme al Quirinale è per evitare quello che è accaduto giovedì scorso: Fratelli d’Italia e Lega in una direzione e tu nell’altra”.
Il retropensiero di Matteo Salvini e Giorgia Meloni su B. ieri ad Arcore è stato poi esplicitato così: “Sia chiaro che noi accordi con il Pd non ne facciamo”. Punto.
Arcore, domenica pomeriggio. I tre leader del centrodestra si rivedono per un vertice che poi dalla Lega stroncano in modo netto: “Un vertice inutile”.
In ogni caso un vertice sul breve periodo che serve a blindare la delegazione unitaria per giovedì prossimo al Quirinale, al secondo giro di consultazioni del capo dello Stato. E forse sarà il solo Salvini a parlare al termine del colloquio. Queste le uniche certezze.
Gli schemi usciti dalla riunione sono ufficialmente due, destinati però a convergere in uno solo. Nel comunicato congiunto dei tre (stilato da Meloni) si rivendica un “presidente del Consiglio espressione dei partiti di centrodestra” che vada a cercarsi i voti in Parlamento grazie a nuovi Responsabili da convincere uno per uno.
In pratica, un governo di minoranza senza numeri certi che difficilmente il presidente Sergio Mattarella potrebbe far partire. Subito dopo però ci ha pensato lo stesso Salvini a chiarire il sentiero da percorrere: la ricerca, cioè, di un’intesa (improbabile) tra centrodestra e Cinquestelle.
Ai pentastellati, già in settimana, il leader della Lega potrebbe offrire un accordo che preveda dieci punti e che comprenda Forza Italia ma non Berlusconi.
Ma sul tavolo c’è un’altra condizione indigesta per Luigi Di Maio, a parte il Condannato sbiadito o meno: rinunciare a Palazzo Chigi (imitare quindi il passo indietro di Salvini) e puntare su un nome terzo, un leghista alla Giancarlo Giorgetti tanto per fare un nome.
Insomma l’ennesima missione impossibile che serve solo a guadagnare tempo per arrivare a fine mese, quando si terranno le regionali in Molise (22 aprile) e Friuli Venezia Giulia (29 aprile).
La stroncatura leghista del vertice di ieri, con immediata “correzione” salviniana, si spiega infatti con la sensazione che anche in questo secondo giro di consultazioni non si arriverà a nulla.
Non solo: il leader leghista non ha alcuna voglia di bruciarsi con un incarico o pre-incarico che sia per un governo di minoranza. “I voti non si cercano come i funghi”, giusto per liquidare Meloni.
Senza dimenticare che in agguato ci sono poi formule pasticciate, o istituzionali, che piacerebbero sì a Berlusconi ma non al Carroccio.
È il solito paradosso dell’unità elettorale e sinora politica del centrodestra.
Salvini su una linea, B. su un’altra (e per nulla disposto a fare il secondo) e Meloni a mediare. Andrà avanti così almeno sino a fine mese.
Stando a quello che i tre leader hanno rivelato ai loro fedelissimi: “Se in questo secondo giro non succederà nulla di nuovo, il capo dello Stato ci darà ancora più tempo. Lo stallo durerà altre tre settimane per continuare a trattare e aspettare l’esito delle elezioni regionali in Molise e Friuli”.
L’occasione, questa, per Salvini per contarsi e capire se la Lega sta continuando a mangiarsi Forza Italia.
Un obiettivo possibile visto che in Friuli Venezia Giulia l’ipersalviniano Massimiliano Fedriga è favoritissimo per la vittoria finale. Solo in quel momento potrebbe verificarsi il fatidico choc o trauma per staccarsi da B. e Forza Italia e sbloccare lo stallo.
Sullo sfondo, comunque, aumentano in maniera costante le probabilità di un voto anticipato in autunno, al più tardi nel 2019 (con quale governo per gli affari correnti è ancora tutto da vedere).
Salvini ne parla apertamente ormai e questo non è solo un paletto tattico.
Lui e Di Maio sono vincitori “gemelli”: sanno che non possono sacrificare le loro vittorie in formule trasversali o incomprensibili.
Doveva essere lunga questa fase e lunga sarà . La fine di aprile sarà solo il primo approdo dello stallo. A meno che da qui a giovedì tra Di Maio e Salvini non accada qualcosa di clamoroso. Ma dopo il vertice di ieri l’ottimismo non è proprio l’umore prevalente nel centrodestra.
(da “il Fatto Quotidiano”)
argomento: elezioni | Commenta »
Aprile 9th, 2018 Riccardo Fucile
IL RICONTEGGIO DEI VOTI A FORZA ITALIA IN CALABRIA RISERVA CLAMOROSE SORPRESE, IN UNA SEZIONE PERSINO 15O VOTI IN BIANCO DEL CENTRODESTRA ATTRIBUITI ALLA LEGA…IN TOTALE LE HANNO RUBATO 2700 VOTI
Fulvia Michela Caligiuri è la candidata di Forza Italia al Senato nel listino proporzionale in Calabria che potrebbe finire per sbattere fuori Matteo Salvini dal Senato della Repubblica.
La settimana scorsa la Caligiuri ha chiesto a Palazzo Madama di riconteggiare i voti che l’hanno portata fuori dal Parlamento a vantaggio del leader della Lega perchè ci sarebbero una serie di errori nell’assegnazione dei voti nei verbali ma non nelle minute.
Le regole del Rosatellum hanno portato all’elezione di Salvini in Calabria, nella circoscrizione in cui la Lega ha ottenuti il quoziente più basso.
Nella regione Forza Italia ha portato a casa un solo senatore: ul secondo non è scattato perchè il riparto dei seggi, “operato dall’ufficio elettorale centrale e dell’ufficio elettorale regionale”, è stato “in favore della Lega”.
Ciò è avvenuto, secondo la candidata Caligiuri, perchè “in Corte d’Appello a Catanzaro sono state invertite le colonne dei voti di Forza Italia con le colonne dei voti di Fratelli d’Italia”.
“In molte sezioni,di cui ho acquisito i verbali — aggiunge — i voti erano riportati al contrario. Questo è avvenuto un po’ in tutta la Regione. Rifacendo i calcoli, in realtà il seggio era scattato per Forza Italia e non per la Lega”.
Oggi lei a colloquio con il Messaggero spiega:
«In tutta la campagna elettorale i vari leader sono venuti a parlarci di legalità , di rispetto delle regole. E nel mio caso non sono state rispettate perchè non è stato tenuto conto di errori grossolani. Si tratta di difendere proprio quella legalità di cui hanno parlato. E lo faccio anche perchè mi sento in dovere di tutelare i 66.500 calabresi che mi hanno votata».
Di che errori sta parlando?
«Abbiamo chiesto e siamo riusciti ad ottenere 70 copie dei verbali agli uffici elettorali dei comuni e abbiamo scoperto che in molte sezioni sono stati invertiti i voti di Forza Italia con quelli di Fratelli d’Italia. In una sezione poi, 150 voti in bianco del centrodestra sono stati attribuiti tutti alla Lega. Nella sezione 3 del comune di San Fili mi sono stati attribuiti addirittura -56 voti. Un risultato in negativo che non avevo mai visto. Alla fine abbiamo recuperato 2.700 voti per Forza Italia che farebbero scattare il mio seggio».
Con una situazione del genere, non sarebbe stato meglio fare ricorso in Corte d’Appello e magari oggi era già in Senato e avrebbe tutelato lo stesso Salvini, che così avrebbe ottenuto un altro seggio anzichè rischiare di restare fuori?
«Ci ho provato. Ho mandato una Pec di diffida il 14 marzo ma loro hanno proclamato comunque il 16»
Il Rosatellum non ha regole per gli eventuali ripescaggi, visto che Salvini sarebbe stato eletto anche in altre zone dove ha presentato la candidatura ma nel frattempo i senatori sono stati proclamati.
Se Fulvia Michela Caligiuri avesse ragione e trovasse un tribunale pronto a dargliela, Salvini sarebbe fuori da Palazzo Madama per questa legislatura.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: elezioni | Commenta »
Aprile 9th, 2018 Riccardo Fucile
SABATO A IVREA HA AVALLATO LA DECISIONE DI IMPEDIRE L’ACCESSO AL CONVEGNO DI CASALEGGIO AL GIORNALISTA IACOBONI DICHIARANDO IL FALSO SUL PALCO… E CHI HA ORGANIZZATO IL CONVEGNO DI CASALEGGIO? LA SOCIETA’ DI CUI E’ TITOLARE LA MOGLIE DI NUZZI
Sabato Jacopo Iacoboni non ha potuto entrare a Sum #02, l’evento organizzato in memoria del cofondatore del MoVimento 5 Stelle Gianroberto Casaleggio.
A Iacoboni è stato più volte negato l’accredito e quando ha provato ad entrare con un badge di un collega gli è stato impedito l’accesso.
Enrico Mentana, che era presente al meeting, se ne è lamentato dal palco con Gianluigi Nuzzi, che ha risposto «È entrato, ma con un badge tarocco e tutti i tarocchi noi non li vogliamo»
Secondo Gianluigi Nuzzi Iacoboni non era potuto entrare perchè la sala aveva raggiunto la capienza massima e il M5S, dopo aver fatto entrare tutti i giornalisti già accreditati, aveva fatto allontanare chi ha provato ad entrare con un “pass tarocco”.
VisVerbi, l’agenzia di comunicazione della quale Valentina Fontana (la moglie di Nuzzi) è Amministratore Delegato ha fatto sapere che “Il collega non ha chiesto l’accredito nè ci ha contattato successivamente quando i termini per farlo erano scaduti. Se ci avesse contattato e chiesto l’accredito anche all’ultimo minuto sarebbe entrato”.
Una ricostruzione smentita da Iacoboni che ha ha raccontato invece di aver provato a chiedere in ogni modo l’accredito.
Su Repubblica di oggi Annalisa Cuzzocrea ricorda poi che “ad arrivare a Ivrea — per vari motivi — senza accredito, sono stati in molti. A non poter entrare, soltanto uno”.
E del resto fonti vicine al M5S hanno fatto poi sapere che la questione non era professionale ma “personale” perchè Iacoboni aveva “insultato” Gianroberto Casaleggio. Il giornalista della Stampa del resto è persona non grata dalle parti del MoVimento a causa dei suoi numerosi articoli sul ruolo della Casaleggio e sul M5S.
Peter Gomez, direttore del Fattoquotidiano.it, in un tweet ha precisato poi che non è vero che Iacoboni avesse un pass falso, come invece aveva detto Nuzzi dal palco
Quando Nuzzi difendeva la libertà di stampa per i giornalisti “sgraditi”
Stupisce però che un giornalista come Nuzzi invece che difendere un collega (e la libertà di stampa) abbia preferito schierarsi dalla parte del M5S.
Qualche anno fa, nel 2013, Nuzzi si lamentava sui social di non aver ricevuto l’accredito stampa per poter seguire il Conclave. Era l’11 marzo 2013 e su Twitter Nuzzi definì la decisione del Vaticano una “scelta oscurantista, altro che trasparenza libertà di stampa”. Le ragioni dell’esclusione di Nuzzi sono abbastanza chiare.
Come Iacoboni per il M5S Nuzzi rappresenta la classica spina nel fianco per il Vaticano a causa delle sue inchieste con la pubblicazione di documenti riservati e dei suoi libri sugli intrecci segreti dei palazzi vaticani.
All’epoca molti giornalisti si schierarono con Nuzzi stigmatizzando la decisione del Vaticano. Alcuni, come Gad Lerner, hanno duramente criticato la decisione di impedire l’accesso a Iacoboni.
Nuzzi invece si è trincerato dietro la scusa che Iacoboni “aveva un pass falso” e che “la sala era piena”. Quasi che i documenti riservati ottenuti dal maggiordomo del Papa Nuzzi li avesse invece ottenuti tramite una regolare richiesta di accesso agli atti in Vaticano.
Sabato Nuzzi invece ha preferito assecondare Casaleggio dimenticandosi di quando si lamentava — a ragione — per non aver ricevuto l’accredito dal Vaticano. All’epoca Nuzzi aveva avanzato una richiesta di accredito per poter seguire il Conclave per La7.
Permesso negato senza che dalla sala stampa vaticana venissero chiariti i motivi. Allo stesso modo Iacoboni ha più volte tentato di ottenere l’accredito ricevendo sempre risposta negativa e nessuna spiegazione. Eppure così come Nuzzi è un giornalista scomodo e sgradito nelle stanze vaticane allo stesso modo Iacoboni lo è per il M5S. Entrambi però hanno il diritto di fare il proprio mestiere, che è quello di giornalista.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: denuncia | Commenta »
Aprile 9th, 2018 Riccardo Fucile
E AL SUMMIT CON GRILLO E CASALEGGIO IL PD NON VIENE NOMINATO
Arduo chiamarlo vertice, visto che si è trattato di una grigliata, qualche partita di biliardino e i soliti onori tributati al santone della comicità venuto a fare capolino nelle più terrene questioni politiche, nella giornata in cui tutto sembra incartarsi e l’ipotesi di un premier terzo rispuntare con insistenza.
Ogni cosa si mescola nel M5S, privato e pubblico, associazioni, fondazioni e partito, battute comiche e dichiarazioni sul governo.
La scena è questa: villa a Ivrea, poco fuori il centro, proprietà di Davide Casaleggio, ideatore dell’Associazione intitolata al padre e del Sum#02, seconda giornata annuale dedicata a Gianroberto.
Di Maio incredibilmente non indossa la cravatta, ma maglioncino e jeans. Scatta un selfie con Beppe Grillo e Davide. Tutti sorridenti, tutti in attesa.
La strategia funziona così: dichiarare e aspettare la replica, dichiarare e aspettare di nuovo.
In mattinata Di Maio è ad Aosta, per lanciare la campagna elettorale in vista delle elezioni del 20 maggio. Bagno di folla e primi messaggi, diretti a Matteo Salvini, tuttora il più probabile partner di governo: «Capisco che Salvini abbia difficoltà a sganciarsi da Berlusconi, ma da Arcore non può partire nessuna proposta di cambiamento». Non «un governo di cambiamento ma solo un governo-ammucchiata. E per noi questo film non esiste».
Il film infatti sarebbe un altro, nella testa di Di Maio: Salvini deve spezzare il cordone che lo tiene legato a Berlusconi, ma sa che per farlo «ha bisogno di tempo».
Tutti sembrano avere bisogno di tempo, e ormai è convinzione anche del leader grillino «che si arriverà quasi sicuramente a maggio», forse addirittura oltre il terzo giro di consultazioni, sempre che il presidente Sergio Mattarella non posticipi, come desiderano i grillini, il secondo giro.
La sensazione è che ci sia un congelamento e i grillini lo confidano a Grillo, aggiornandolo.
Il comico, costretto a rispondere fuori dalla villa, esprime ottimismo: «Un governo si farà » e lo dice convinto che con Salvini alla fine una soluzione si troverà . Del Pd si parla poco o nulla. L’attenzione è tutta sul vertice del centrodestra ad Arcore. Da lì arriva un comunicato congiunto che manda su tutte le furie Di Maio.
Il centrodestra è blindato, si parte da lì per il governo, dicono i tre leader, compreso Salvini. «Ah sì?» reagisce il grillino.
Prima invia un sms al leghista, poi pubblica un post su Facebook: «Vedo che la Lega preferisce tenersi stretto Berlusconi e condannarsi all’irrilevanza. Adesso per completare l’opera, consiglio a Salvini di chiedere l’incarico di governo al presidente Mattarella e di dimostrare come possa governare con il 37%. Da noi la grande ammucchiata non avrà un solo voto. Quando Salvini vorrà governare per il bene dell’Italia ci faccia uno squillo, gli diremo se saremo ancora disponibili a lavorare con lui al contratto di governo».
Il messaggio di Di Maio a Salvini non ha proprio i toni gentili. Tant’è che il leghista intervenendo a Treviso sembra ammorbidire il precedente comunicato, smarcarsi dagli alleati e ribadire il coinvolgimento del M5S. Altrimenti, minaccia, «non resta che il voto».
Di Maio potrebbe forzare le trattative e disertare il tavolo che la Lega ha intenzione di offrire ai grillini.
Serve a prendere tempo e a concederlo, a logorare le certezze degli interlocutori.
Ma Di Maio sa che, a sua volta, Salvini è pronto a usare un’altra arma contro di lui: la poltrona di premier, a cui il capo politico del M5S sembra non voler rinunciare, a differenza del leghista.
Il terzo nome, evocato da tutti ma senza un corpo a vestirlo, è un veleno che potrebbe insinuarsi e intossicare la compattezza del Movimento, soprattutto se il veto su Berlusconi reggesse fino alla fine, e Di Maio quindi si trovasse costretto a dover anche lui rinunciare a qualcosa per far nascere il governo.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: Grillo | Commenta »
Aprile 9th, 2018 Riccardo Fucile
IL CONSIGLIO DEL MOLLEGGIATO ALL’EX SEGRETARIO DEL PD
Renzi incontri Di Maio e guariscano l’Italia insieme. È questo il consiglio che Adriano Celentano dà all’ex segretario del Pd. Il Molleggiato lo fa con una lettera pubblicata sul Fatto Quotidiano.
Ecco cosa farei se fossi al tuo posto: prenderei la bicicletta e, da SOLO, andrei a trovare il vincitore del 4 Marzo: Luigi Di Maio. E in religiosa umiltà gli direi: eccomi qui pronto al tuo fianco per guarire l’Italia. Una mossa che spiazzerebbe persino il Papa. Non riesco e non voglio neanche pensare quali benefiche ripercussioni potrebbe avere, anche in campo internazionale, una mossa del genere. E… non voglio neanche pensare cosa succederebbe se tu non la facessi…
Prima di arrivare a questo consiglio finale, Celentano ripercorre la “fulminea” ascesa di Renzi a Palazzo Chigi.
Quel giorno tutti ti guardavamo come un’improvvisa apparizione che prometteva grandi cambiamenti, tre quarti di Italia davanti ai monitor e dentro ogni monitor c’eri sempre tu. (…)
Poi il cantante arriva all’oggi, con il Pd che ha perso le elezioni.
Il 4 marzo, sia tu che il PD siete stati sbaragliati dalla vittoria schiacciante dei Cinque stelle. Con al secondo posto la sorpresa Salvini all’interno di una coalizione che, solo “grazie” a Berlusconi, l’uomo che da anni danno per spacciato, ha potuto realizzare il più alto numero di voti, anche sopra i Cinque stelle. Per cui cosa si fa?…Certo sbagliare è umano, ma risbagliare potrebbe essere da DEFICIENTI. So che in politica non si usa, perchè per i politici l’unico binario percorribile è quello del risentimento. Ma tu forse sei diverso. Perchè magari sai anche perdere. E d’altra parte non c’è altro modo per RIVINCERE.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Costume | Commenta »
Aprile 9th, 2018 Riccardo Fucile
L’EX GOVERNATORE PREVEDE: “AL VOTO CON UNA NUOVA LEGGE ELETTORALE CON PREMIO DI MAGGIORANZA”… “SE FANNO PASSARE UN ANNO SENZA DARE IL REDDITO DI CITTADINANZA E SENZA FLAT TAX CHI LI VOTA PIU'”
Le dichiarazioni di Di Maio, con il veto a Forza Italia, “mi sembrano nette. E rafforzano quello che secondo me è lo scenario più probabile: i due leader del centrodestra e dei Cinque Stelle faranno saltare il banco e a ottobre si tornerà alle urne”.
È di questa idea Roberto Maroni, intervistato da Repubblica.
“Se io fossi Salvini o Di Maio non avrei dubbi – dice l’ex governatore lombardo – C’è una data già certa ed è il 26 maggio del 2019. Quel giorno si andrà a votare per le Europee, non si scappa. E se entro quel giorno non avranno fatto il reddito di cittadinanza e l’abolizione della legge Fornero i due leader perderanno la faccia. E un vagone di consensi. A loro conviene votare prima”.
Tornando al voto non si rischia di replicare il risultato del 4 marzo, a suo avviso,
“se si fa una legge elettorale con un premio di maggioranza alla lista. In quel caso Salvini e Berlusconi sarebbero costretti a fare una lista unica, Forza Lega o Lega Italia non importa. A quel punto Salvini avrebbe in mano l’intero centrodestra e, con il Pd ridotto ai minimi termini, la partita elettorale sarebbe tra Salvini e Di Maio. Chi vince governa per cinque anni, chi perde fa il capo dell’opposizione. E finalmente si entra a vele spiegate nella Terza Repubblica. Conviene a entrambi, no?”
Poi aggiunge:
“Ma quello che io continuo a giudicare più utile per il Paese è l’accordo tra il centrodestra unito e i Cinque Stelle. Con la leadership al centrodestra: Salvini o altri non è granchè importante”.
(da “Huffingtonpost”)
argomento: Maroni | Commenta »
Aprile 9th, 2018 Riccardo Fucile
ARRESTATI A REGGIO QUATTRO IMPRENDITORI, RIFERIMENTO DEL CLAN TEGANO
Per tutti erano noti imprenditori, nomi di peso nel mondo dell’edilizia reggina. In realtà Carmelo Ficara, Francesco Andrea Giordano, Michele Surace e il figlio Giuseppe erano i palazzinari di riferimento del clan Tegano, per conto del quale hanno cementificato la città e la provincia di Reggio Calabria.
Per questo motivo, per ordine della procura antimafia della città calabrese dello Stretto sono stati fermati questa mattina dai carabinieri. A vario titolo, sono accusati di associazione mafiosa, fittizia intestazione di beni e autoriciclaggio.
Sempre attenti a tenere un basso profilo e a non farsi mai notare, i quattro imprenditori fin dagli anni Ottanta hanno lavorato come braccio imprenditoriale del clan.
A loro sono riconducibili due delle più importanti società di costruzioni attive a Reggio Calabria e provincia, ma i Surace e Giordano controllano da sempre anche l’unica sala bingo della città , trasformata da anni in una straordinaria lavatrice dei soldi dei clan.
Ad affermarlo non sono solo tre importanti pentiti di ‘ndrangheta, Giovambattista Fracapane, Enrico De Rosa e Mario Gennaro, ma anche le straordinarie intercettazioni audio e video registrate all’interno del bingo, che documentano, anticipa il procuratore vicario Gaetano Paci, il continuo passaggio di denaro dai titolari agli uomini del clan. “Questa operazione affonda le radici nel cuore economico e finanziario della ‘ndrangheta reggina ed è straordinariamente importante – spiega il magistrato – perchè mostra il profilo imprenditoriale di alto livello del clan Tegano”.
Un dato che emerge in maniera plastica dall’immenso patrimonio finito sotto sequestro.
Questa mattina, i carabinieri hanno messo i sigilli a beni, società e attività commerciali del valore di oltre 50 milioni di euro. Ufficialmente erano tutti riconducibili ai quattro imprenditori, ma in realtà , dicono i magistrati, erano parte del patrimonio di uno dei clan più importanti del panorama criminale di Reggio Calabria, che dei quattro imprenditori era il reale dominus.
Un rapporto ai più sconosciuto. Nomi di peso dell’imprenditoria reggina, titolari di imprese importanti e dal volume d’affari invidiabile nell’asfittico panorama economico della città calabrese dello Stretto, Ficara, Giordano e i Surace sono sempre stati attenti a tenere un basso profilo. In passato erano stati lambiti da qualche indagine antimafia, ma ne erano sempre usciti puliti.
Per Ficara, lo scivolone giudiziario risale agli anni Novanta. All’epoca, era impegnato nella cementificazione della costa di Bocale, piccolo centro dell’hinterland sud di Reggio Calabria, coperto di villette costruite fin troppo vicino alla spiaggia.
Per questo l’imprenditore era finito nel mirino della task force anti-abusivismo, in quella zona guidata dall’agente della municipale Giuseppe Macheda, ucciso in un agguato sotto casa.
Un omicidio di cui Ficara per lungo tempo è stato considerato il mandante, ma il processo a suo carico, affrontato dall’imprenditore da latitante, si è concluso con una piena assoluzione. E da allora, Ficara è sempre stato attento a non farsi notare.
Identico atteggiamento hanno avuto per anni Giordano e i due Surace, titolari non solo di una nota impresa di costruzioni, ma anche dell’unica, enorme sala bingo di Reggio Calabria, nel quartiere di Archi, feudo storico dei Tegano.
Un affare che qualche tempo fa hanno tentato di replicare nell’hinterland milanese, a Cernusco sul Naviglio. È lì che sono finiti nella rete tesa dagli investigatori milanesi che stavano indagando sulla rete di affari della ‘ndrangheta reggina sotto la Madonnina.
Arrivato al Nord, prima di aprire la propria attività , Surace senior si era infatti premurato di chiedere “il permesso” al clan Martino, imparentato con i De Stefano, storici alleati del clan Tegano.
E sempre a loro ha chiesto la cortesia di dare fuoco alla sala bingo per poter coprire con il risarcimento dell’assicurazione le perdite causate da un business sbagliato e incapace di decollare.
Circostanze che all’imprenditore sono costate qualche guaio giudiziario, poi prescritto, mentre quel risarcimento ha continuato ad affiorare in altre indagini. Secondo quanto svelato di recente dall’inchiesta Martingala-Vello d’oro, Surace non si sarebbe limitato
a incassare un risarcimento non dovuto, ma avrebbe anche tentato di far sparire quei soldi in Svizzera, grazie al “sistema Scimone”, la rete di società fittizie e scatole cinesi che ha permesso ai clan di tutta la provincia reggina di lavare centinaia di milioni di euro.
(da agenzie)
argomento: mafia | Commenta »