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SEGNALE DI FUMO NON ARRIVATO, MA CRESCE NEL M5S L’INSOFFERENZA VERSO DI MAIO E CHI SI AUGURA CHE SI VADA A SCHIANTARE

Aprile 22nd, 2018 Riccardo Fucile

ALLA VIGILIA DEL MANDATO ESPLORATIVO A FICO NESSUN AVVICINAMENTO TRA SALVINI E DI MAIO… LA PAURA DI DI MAIO CHE FICO POSSA TROVARE UN APPOGGIO A SINISTRA

Per tutto il giorno Luigi Di Maio ha atteso un segnale: “Entro domenica sera Matteo Salvini deve farci sapere se molla Berlusconi”, è il ragionamento che circola tra i vertici pentastellati e rimbalzato alla Lega.
Ma le ore scorrono nel silenzio e il segnale non arriva.
Non si tratta del silenzio legato al voto in Molise, bensì all’impossibilità  da parte di Salvini e Di Maio di dire o fare qualcosa di concreto che possa diminuire la distanza tra loro. Quindi, riflettono ancora i 5Stelle, “Lunedì inizia un’altra storia e vediamo cosa succede con il Pd”.
I due leader, quello del Carroccio e quello M5s, non riescono a trovare un’intesa nonostante lo scambio di messaggi che va avanti ormai da settimane.
Prova ne è il fatto che il capo grillino non ha ricevuto dalla Lega la risposta tanto attesa dopo l’invito a fare un governo insieme senza Silvio Berlusconi.
Anzi, Salvini per ora ribadisce che il centrodestra resterà  unito e in questo contesto un nuovo mandato esplorativo, questa volta a Roberto Fico, si avvicina.
Stando così le cose non è difficile pensare che si tratti di un secondo tentativo, dopo quello portato avanti dalla presidente Maria Elisabetta Casellati, che difficilmente porterà  a un inizio di trattativa credibile tra Lega e M5s.
A differenza del passato, questi ultimi metteranno sul tavolo una carta in più, cioè le due proposte di contratto alla tedesca.
Di Maio ha infatti chiesto al comitato scientifico da lui incaricato di terminare in anticipo, prima del 30 aprile, il lavoro sulla compatibilità  dei programmi con un’attenzione rivolta in particolare alla Lega e al Pd.
È da qui che il capo politico grillino vuole provare a intavolare una trattativa, presentandosi quindi con carte alla mano davanti all’esploratore incaricato da Sergio Mattarella.
Ma l’intento sembra già  naufragare. Il tweet di Salvini a favore della flat tax, “una tassa unica per far ripartire le imprese”, è apparso come una provocazione.
Le giravolte sono state tante in questi mesi, è vero, anche su questo tema.
Ma a marzo scorso un post sul blog parlava dell’argomento definendo la proposta una “flop tax”.
Di Maio oggi non ha risposto alla provocazione, ma parlare di tassa unica in questo momento così delicato è come mettere un masso lungo la strada di un programma condiviso.
Perchè c’è un’anima del Movimento che ribolle, che in silenzio finora ha provato ad accettare questo tentativo di trattare con la Lega ma adesso non ne può più.
Ad andare su tutte le furie è stato il senatore Nicola Morra: “Così i poveri vengono dimenticati”.
A rimettere la macchina in corsia, sempre in attesa di ricevere una risposta positiva dalla a Lega, ci ha pensato il capogruppo al Senato Danilo Toninelli: “Se è costituzionale e non svantaggia i poveri siamo d’accordo”.
Sta di fatto che Di Maio inizia a fare i conti con i malumori interni finora sopiti.
Non manca chi, nel Movimento, spera addirittura che la conquista del governo da parte del giovane di Pomigliano d’Arco possa fallire pur di vederlo finire all’angolo. Tutti attendono di vedere l’evolversi della trattativa per la formazione del governo e se Di Maio la spunterà  diventando il più giovane inquilino di Palazzo Chigi.
Ma c’è chi, in queste ore, si frega le mani sperando in un sorpasso a sorpresa -e a sinistra- di Fico, visto di buon’occhio dal Pd e considerato a capo degli ortodossi e custode dei valori grillini prima di arrivare a sedere sullo scranno più alto di Montecitorio.
Da lunedì se dovesse concretizzarsi l’ipotesi di un incarico esplorativo al presidente della Camera saranno diversi, nel Movimento, a sperare nel colpo di scena.
Adesso è presto per dirlo. Di certo dai dem arrivano segnali. Se nelle prossime ore la possibile trattativa tra M5s e la Lega sarà  definitivamente archiviata, “può iniziare un confronto e vediamo che succede”.
Nessun esito è scontato.

(da “Huffingtonpost”)

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TONINELLI INDECOROSO, ORA GLI VA BENE PURE LA PATACCA DELLA FLAT TAX

Aprile 22nd, 2018 Riccardo Fucile

CINQUESTELLE DIVISI: TONINELLI APRE A SALVINI, MORRA INVECE CHIUDE SULLA TASSA CHE FAVORISCE SOLO I RICCHI

“La semplificazione della tassazione è nel nostro programma. Se c’è un meccanismo per cui la flat tax è costituzionale e non svantaggia i poveri, noi siamo d’accordo”. Lo afferma il capogruppo del M5S al Senato Danilo Toninelli.
Il dibattito sulla flat tax ha visto oggi il senatore M5S Nicola Morra criticare la misura rilanciata da Matteo Salvini nel pomeriggio. “E se poi si innesca una competizione fra Stati ad abbassare l’aliquota, con i Paperoni che godranno ed i poveri cristi che verranno sempre più “dimenticati”? aveva scritto in un tweet di replica il senatore M5S Nicola Morra.
“La semplificazione fiscale – prosegue Toninelli – è anche una nostra priorità . Una flat tax che non svantaggi le fasce più deboli e rispetto il criterio di progressività  scolpito nella Costituzione per noi va bene”.
“Il principio della tassa unica, esteso a tutti i cittadini e a tutte le imprese, è quello giusto per far ripartire economia, produzione e consumi! #rivoluzionefiscale #rivoluzionedelbuonsenso”, aveva scritto su twitter il segretario della Lega, Matteo Salvini.

(da “Huffingtonpost”)

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DOVE LA FLAT TAX C’E’ (E NON FUNZIONA)

Aprile 22nd, 2018 Riccardo Fucile

COSA E’ SUCCESSO NEGLI STATI CHE L’HANNO UTILIZZATA E CHE FINE HANNO FATTO I SERVIZI FINANZIATI CON LE TASSE

Mentre Matteo Salvini non ha ancora deciso se accordarsi o meno con Luigi Di Maio, il quale dice che con il leader della Lega “si potrebbero fare grandi cose”, Report dedica una puntata a una di quelle cose grandi che la Lega ha promesso insieme al resto del centrodestra nella sua campagna elettorale: la flat tax.
La puntata di lunedì della trasmissione d’inchiesta condotta da Sigfrido Ranucci si dedica alla “tassa piatta”, come la chiama Giorgia Meloni in omaggio al passionale idioma italico e contro gli inglesismi del popolo dei cinque pasti, dovrebbe sostituire i cinque scaglioni di IRPEF oggi in vigore: da un minimo del 23% a un massimo del 43%.
La proposta della Lega, invece, farebbe un favore ai ricchi: ogni anno, le famiglie con più di 70 mila euro di reddito guadagnerebbero 12 mila euro; solo 24 euro il vantaggio per chi ne guadagna meno di 10 mila.
Gli estimatori della flat tax, tra cui c’è l’Istituto Bruno Leoni, sostengono però che i vantaggi di sistema derivati dall’abbassamento delle tasse superano di gran lunga gli svantaggi: maggiori consumi e investimenti e quindi maggiore crescita.
Roberto Rotunno sul Fatto Quotidiano racconta in anteprima i risultati dell’inchiesta di Report sugli effetti:
Emblematica è l’esperienza dell’Illinois, dove le persone pagano il 4,95% del reddito e le imprese il 7%.
Le cose —ha notato l’inviato di Report volato nello Stato Usa —, non vanno bene: il debito raggiunge i 148 miliardi di dollari e il pubblico non riesce neanche a sistemare le buche per strada.
Nella città  più grande, Chicago, servirebbero decine di miliardi per migliorare il sistema dei trasporti e riparare le tubature dell’acqua, ma “il gettito fiscale — ha spiegato a Report il presidente del Metropolitan Planning Council di Chicago — sono insufficienti”
Per finanziare la scuola, si usano i proventi delle imposte sulle case: quindi nelle comunità  più povere, dove le abitazioni costano poco, i fondi sono scarsi, questo ha portato a un aumento delle rette universitarie e tanti giovani studenti sono andati a studiare in altri Stati.
E gli effetti positivi sull’economia?
Come i pangloss nostrani (non) dicono, in realtà  nulla obbliga persone e imprenditori a rimettere in circolo i soldi risparmiati grazie a sconti fiscali.
Ma c’è di più, spiega ancora il Fatto: semmai accade il contrario, come dice l’Ocse: dal 2000 è cresciuta la quota di soldi rimasti nelle casse delle aziende americane (dal 5 all’8,5% del Pil),ma gli investimenti netti sono scesi di un terzo.
Le imprese si sono tenute ciò che lo Stato non ha chiesto loro sotto forma di tributi, insomma.
In Europa dell’Est c’è chi ha provato ad “appiattire” il fisco per scucire imprese alle nazioni concorrenti.
La Slovacchia, per esempio, ci è riuscita con l’Embraco: l’azienda, che produce compressori per Whirlpool, sta per lasciare il Piemonte e trasferirsi in Slovacchia. L’esempio però non deve far pensare che sia tutto oro
Bratislava riserva alle imprese un trattamento fiscale di favore (e i salari sono molto bassi), ma l’esperimento della flat tax non è stato positivo: è stata introdotta nel 2004 al 19% per tutti, ma nove anni dopo si è dovuto fare marcia indietro e rimettere le aliquote.
Nel frattempo, non sono mancati enormi scandali di evasione.
Chi ci guadagna con la flat tax
Con l’ipotesi di tassa fissa al 23%, ovvero la stima “prudenziale” fornita da Forza Italia che secondo Silvio Berlusconi dovrebbe essere l’ipotesi di partenza su cui operare tagli — secondo Salvini deve essere più bassa — i risparmi rilevanti partono dai redditi da 25mila euro annui in su e i benefici più tangibili sono per gli stipendi più alti.
Spiega oggi Andrea Bassi sul Messaggero che con l’aliquota unica al 23% sparirebbero tutte quelle superiori: il 27%, il 38%, il 41% e il 43%.
La «no tax area», il livello di reddito al di sotto del quale non si pagano tasse, salirebbe dai circa 8.150 euro attuali (circa 8 mila per i pensionati), a 12mila euro.
Su questo primo scaglione di reddito non pagherebbero tasse tutti coloro che guadagnano fino a 28 mila euro.
Dai 28mila euro questo vantaggio andrebbe calando e si azzererebbe a 55 mila euro. Le detrazioni per i figli a carico, invece, aumenterebbero leggermente: da 950 a mille euro. Quella per i figli al di sotto dei tre anni, salirebbe invece in maniera consistente, da 1.220 euro a 2mila euro.
Verrebbero invece eliminate le detrazioni sul lavoro dipendente, su quello autonomo e sulle pensioni. Via anche il bonus da 80 euro del governo Renzi.
Per i redditi dai 12 ai 13mila euro il risparmio annuo netto sarebbe di 123 euro, mentre per quello dai 18mila ai 19mila si arriverebbe a 534 euro; 1284 euro di tasse si risparmierebbero dai 24 ai 25mila euro e così via.
Chi guadagna tra i 90 e i 100mila euro risparmierebbe ben 12mila euro di tasse. Infine, spiega il quotidiano, in una famiglia in cui lavorano sia la moglie che il marito, con un reddito di 70 mila euro lordi e due figli a carico, uno dei quali minore di tre anni, il risparmio sarebbe di quasi 4mila euro l’anno (3.918 per l’esattezza).
L’incognita più grande dell’aliquota unica sono i costi.
Ammonterebbe a 65 miliardi per le casse dello Stato il minor gettito derivante dalla flat tax.

(da “NextQuiotidiano”)

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ITALIANI SENZA GOVERNO DA 50 GIORNI

Aprile 22nd, 2018 Riccardo Fucile

GLI ITALIANI IN ATTESA CHE QUALCUNO MANTENGA LE PROMESSE

Dal 4 marzo sono trascorsi quasi 50 giorni e le forze politiche continuano invano a cercare un accordo per il nuovo esecutivo.
Gentiloni si è dimesso il 24 marzo, da allora i ministri sono in carica per “gli affari correnti”.
Nel frattempo gli italiani aspettano le riforme e i provvedimenti economici promessi
L’IMPRENDITORE BRIANZOLO   “Aspettiamo che taglino le tasse e che riattivino i voucher ”  
Suo nonno faceva il vino nel 1855. Suo padre faceva il vino. Francesco Cassetti, 79 anni ben portati, in attesa di passare il testimone a figli e nipoti, fa il vino. A Odolo in Valsabbia, in provincia di Brescia. Alla Cantina Ferliga una volta si producevano 1 milione di bottiglie l’anno. Oggi meno, ma il fatturato sfiora sempre i 2 milioni. «Quando vedo i politici in televisione sono solo amareggiato. Sono quasi due mesi che noi imprenditori stiamo aspettando un governo che si dia da fare. Abbiamo bisogno che vengano ridotte le tasse, si faciliti la burocrazia e si faccia ripartire l’economia».
Dal 1994 Francesco Cassetti ha sempre votato Forza Italia, anzi Silvio Berlusconi. «Prima votavo Giuseppe Saragat. Poi Bettino Craxi che ha pagato per tutti. Ma Silvio è il migliore. È uno che sa fare le cose. È un imprenditore. Lo conosco da bambino. Era mio compagno di scuola dai Salesiani all’Opera Don Bosco».
Ammirare il generoso compagno di classe, poi l’imprenditore e il politico, per questo vignaiolo che ancora oggi va in cantina tutti i giorni è stato inevitabile. Fare, fare e ancora fare, il suo unico credo. «Per questo non mi piacciono i 5 Stelle. Troppe parole. Troppe promesse. Il reddito di cittadinanza mi fa inorridire. Molto meglio se Silvio si mette d’accordo con il Pd. E Matteo Salvini se ne faccia una ragione: con i 5 Stelle non si va da nessuna parte. A me poi Matteo Renzi piaceva. In politica non ha sbagliato niente. Aveva le idee giuste per far ripartire il Paese. Anche al referendum ho votato sì. Ma poi si è fregato con le sue mani facendo il bulletto. Se avesse vinto il sì non avremmo più il Senato e sarebbe un bel risparmio. E sarebbe più facile fare il governo».
Per questo vignaiolo della Valsabbia abituato a temere solo la grandine e a seguire l’inesorabile passaggio delle stagioni, certi arzigogoli della politica sembrano incomprensibili. Che il futuro sia dei giovani, anche in politica, lo convince poco. «Per fortuna siamo nelle mani di Sergio Mattarella.
Alla fine sarà  lui a decidere e si farà  il governo del Presidente. Si faccia un governo per mettere in cantiere le cose più urgenti come abbassare le tasse. La mia azienda paga quasi il 70%. Poi ci vuole una legge elettorale che funzioni per tornare a votare».
Da anni il Parlamento si tormenta sulla legge elettorale. Francesco Cassetti imprenditore della Valsabbia ce l’ha bella e pronta. «Facciamo alla francese. Al primo turno Macron aveva il 24 e la Le Pen il 21. Al ballottaggio ha vinto Macron e governa».
Fatto il governo non resta che governare. «Così magari rimettono i voucher che in agricoltura servono tanto. Ho otto dipendenti e durante la vendemmia prendo 30 stagionali all’ufficio di collocamento. Negli ultimi anni mi mandano solo immigrati che non hanno mai visto una vite».
IL DISOCCUPATO CAMPANO     “Di Maio si metta all’opera per il reddito di cittadinanza”
Odore di pasta e fagioli. I fagioli li coltiva il papà  che a novant’anni ancora prende la zappa ogni giorno e sale fino ai campi. La pasta la cucina la mamma.
A mangiarla a pranzo saranno tutti insieme – madre, padre e figlio – nonostante il figlio abbia 43 anni e dovrebbe da tempo vivere altrove. Raffaele Scotti sorride: «E come potrei? Non lavoro da un anno e a questo punto non so quando ricomincerò».
Raffaele di mestiere farebbe l’informatico, ha lavorato per il Ministero della Giustizia e per la Treccani.
Ha vissuto a Roma finchè ha avuto uno stipendio poi à  dovuto rientrare a casa dei genitori, a Somma Vesuviana, comune di oltre 35mila abitanti a nord di Napoli, dove un abitante su 4 è disoccupato e più della metà  degli elettori hanno votato Movimento Cinque Stelle alle ultime politiche.
Raffaele è uno di loro. «Sì, l’ho votato. Avevo dato una possibilità  anche a Berlusconi quando si presentò la prima volta nel ’94 e sembrava capace di cambiare la politica italiana. Poi mi ha deluso, infatti per molti anni ho annullato il voto scrivendo sulla scheda frasi delle band rock che ascolto, per dare un segno di presenza ma anche di protesta. Alle ultime elezioni i Cinque Stelle mi sono sembrati l’unica speranza di un’Italia diversa». Di speranze sono piene le urne ma nel frattempo si sta per toccare quota cinquanta giorni senza un governo, tra liti, intese, accordi segreti, veti che si trasformano in aperture verso appoggi esterni, seguendo un copione che sembra uscito dalle cronache della Prima Repubblica.
E intanto di reddito di cittadinanza nemmeno a parlarne. «E’ un provvedimento che mi farebbe piacere ma non ero fra quelli in fila subito dopo le elezioni per chiedere informazioni su come ottenerlo. Vorrei soprattutto che Di Maio e i suoi si dessero una mossa, che capissero che stanno andando troppo per le lunghe, che non si può aspettare ancora. Per gli osservatori esterni come me, la sensazione è che si stia solo perdendo tempo. Di Maio dovrebbe essere più deciso, rilascia troppe dichiarazioni generiche. Mi sembra più netto Salvini. È giusto chiudere la porta a Berlusconi ma allora bisogna farlo anche con Renzi».
Che cosa chiede Raffaele a Di Maio? Una legge elettorale e un governo in tempi rapidi. «Vorrei svegliarmi e sentire che si sono messi d’accordo. Questi scontri sul premier, sui ministri appaiono incomprensibili per quelli come me che sono in attesa di qualcuno che faccia ripartire l’economia. Se si va avanti così ancora a lungo, alle prossime elezioni di sicuro non li voterò più». L’alternativa? «Tornare a scrivere frasi di protesta sulla scheda e annullare il voto».
LO STARTUPPER TORINESE     “Il centrosinistra entri in gioco questo orgoglio è dannoso”  
Startupper, torinese ed elettore del Partito democratico. Stefano Pistillo è un giovane imprenditore che alle ultime elezioni ha deciso di barrare sulla scheda il simbolo del partito guidato da Matteo Renzi: «L’ho votato perchè gli altri non mi convincevano – spiega – ma detto questo penso che nella situazione attuale, con nessuna maggioranza certa uscita dalle urne, la cosa più importante a cui devono pensare i politici è quella di mettersi d’accordo per formare un governo che guidi il Paese».
Per Stefano, quindi, il Pd dovrebbe mettere da parte l’orgoglio e tentare di intavolare un confronto con il Movimento 5 Stelle: «La priorità  è evitare uno stallo e impedire che la futura riforma dell’Unione europea che si intravede all’orizzonte sia portata avanti soltanto da Francia e Germania – racconta lo startupper – L’importante è mettere paletti chiari intorno a un possibile governo allargato e prefiggersi degli scopi che vadano bene a entrambi e che guidino il mandato. Indipendentemente dalla sua durata».
Stefano ha fondato una start up particolarmente innovativa che si occupa di elaborare dati diffusi dalle pubbliche amministrazioni. Un settore, quello che gira intorno ai big data, che ha conosciuto una diffusione recente. «E c’è ancora molto da fare per aiutarci – racconta l’imprenditore – Da un lato ci scontriamo con i problemi di tutte le imprese, anche quelle tradizionali, dall’altro riscontriamo disagi tipici per le attività  innovative. Nel primo caso lo scoglio più pericoloso è quello rappresentato dall’incertezza relativa ai tempi di pagamento dei clienti: rischiamo di essere pagati anche dopo tanti giorni ma siamo costretti a versare l’iva su fatture su cui non abbiamo ancora guadagnato nulla».
Ci sono poi i mille trabocchetti della burocrazia, che rendono più difficile e dispendioso assumere lavoratori, ma anche una notevole difficoltà  nel relazionarsi con la pubblica amministrazione. «Parliamo lingue diverse – racconta – Spesso dobbiamo relazionarci con persone che non hanno la minima idea di quello che facciamo. Lo scorso mese l’Agenzia delle entrate, per fare un esempio, ci ha mandato delle domande per verificare se esistessimo realmente e ci ha chiesto la nostra “licenza di internet”.
Non abbiamo idea di cosa volessero dire perchè non esiste nulla del genere». Occuparsi di dati, poi, vuole dire attingere agli schedari che la pubblica amministrazione deve rendere pubblici: «Ma spesso non sanno come si fa e caricano sul web documenti in formati inutilizzabili».

(da agenzie)

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IL PM DI MATTEO: “CI VORREBBE UN PENTITO DI STATO, I CARABINIERI NON HANNO CERTO AGITO DA SOLI”

Aprile 22nd, 2018 Riccardo Fucile

DOPO LA SENTENZA SULLA TRATTATIVA STATO-MAFIA: “MI HA FATTO MALE IL SILENZIO DI ANM E CSM”

“I carabinieri non hanno agito da soli. Non abbiamo avuto prove concrete per agire nei confronti dei livelli più alti. Noi riteniamo che i carabinieri siano stati incoraggiati a fare una trattativa. Ho sempre sperato che quei carabinieri avrebbero dato un contributo ulteriore di conoscenza. Il fatto che siano stati condannati solo i carabinieri non significa che il livello politica non fosse a conoscenza o fosse il mandante. Ci vorrebbe un pentito di Stato, qualcuno che appartiene alle istituzioni che faccia chiarezza”.
Lo dice Nino Di Matteo, pm della direzione nazionale antimafia, intervistato a ‘1/2h in più’ su Rai3 sulla trattativa Stato-mafia.
“Ho sempre creduto nella fondatezza della nostra tesi accusatoria. Avevamo la consapevolezza di aver fatto il nostro dovere e di aver fatto emergere fatti mai emersi. La sentenza non ci coglie di sorpresa. È stata emessa da una corte particolarmente qualificata, attendiamo le motivazioni, ma un punto fermo è importante: nel momento in cui la mafia faceva 7 stragi e ne falliva altre, c’era qualcuno nelle istituzioni che trattava con i vetrici e trasmetteva le richieste per far cessare la strategia stragista”, continua Di Matteo. “E’ un punto importante – ha spiegato – che può costituire un input per la riapertura anche delle indagini sulle stragi che probabilmente non furono opera solo di uomini di ‘Cosa nostra’”.
“La sentenza è precisa e ritiene che Dell’Utri abbia fatto da cinghia di trasmissione nella minaccia mafiosa al governo anche nel periodo successivo all’avvento alla Presidenza del Consiglio di Berlusconi. In questo c’è un elemento di novità . C’era una sentenza definitiva che condannava Dell’Utri per il suo ruolo di tramite tra la mafia e Berlusconi fino al ’92. Ora questo verdetto sposta in avanti il ruolo di tramite esercitato da Dell’Utri tra ‘Cosa nostra’ e Berlusconi”, ha detto Di Matteo.
“Dal processo viene fuori un quadro, c’era una parte dello Stato che ha preferito trattare con la mafia. Dell’Utri ha fatto da cinghia di trasmissione tra politica e mafia. Dovrebbe essere spunto di riflessione per ulteriori approfondimenti perchè dopo il fallimento dell’attentato allo stadio Olimpico la mafia si fermò con le stragi, adottando una strategia di sommersione”, ha aggiunto Di Matteo.
“Quello che mi ha fatto più male è che rispetto alle accuse di usare strumentalmente il lavoro abbiamo avvertito un silenzio assordante e chi speravamo ci dovesse difendere è stato zitto. A partire dall’Anm e il Csm”, ha detto il pm della Dna intervenendo alla trasmissione “1/2 ora in più”.
“Il reato contestato è minaccia a corpo politico dello Stato, i mafioso hanno minacciato a suon di bombe e richieste. Uomini delle istituzione hanno concorso nel reato dei mafiosi facendo da tramite tra mafiosi e Governo. Ogni volta che è stato cercato il dialogo con la mafia si è rafforzato il prestigio di Cosa Nostra. Trattare con la mafia non è neutro ma rafforza la mafia”.
Quanto ai suoi rapporti con M5S, “non mi devo difendere da niente. A Ivrea ho partecipato a un dibattito a organizzato da un’associazione legata ai 5 stelle, sarei andato ad altri dibattiti organizzati da altri partiti. Mio ingresso in politica? “Ho sempre detto che non vedo nulla di scandaloso se un magistrato con determinati paletti possa dismettere la toga e dare un suo contributo al Paese soprattutto nei settori che conosce sotto un’altra veste, partecipando alla vita politica e accettando incarichi di governo. Credo, però, debba essere regolata meglio la possibilità  di tornare in magistratura”.
Il magistrato ha ribadito di non aver avuto alcuna richiesta da nessuna forza politica. “Se qualche forza politica manifesta stima per me non posso impedirlo, nè me ne vergogno”, ha detto a proposito degli apprezzamenti espressi nei suoi confronti dai 5 Stelle.

(da “Huffingtonpost”)

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IL PIANO DI SICUREZZA DI PIAZZA SAN CARLO A TORINO? “RISULTATO DI UN COPIA E INCOLLA RELATIVO AD ALTRI EVENTI”

Aprile 22nd, 2018 Riccardo Fucile

GLI ESPERTI NOMINATI DALLA PROCURA: “SBAGLIATO ANCHE IL RECINTO DI TRANSENNE E NESSUN SERIO FILTRO DI CONTROLLO”

Aveva ipotizzato che il 3 giugno in piazza San Carlo ci fosse il vento forte, un incendio, un terremoto, un alluvione, un ordigno o un’esplosione.
Ma non c’era traccia, nel piano di emergenza ed evacuazione stilato dall’architetto Enrico Bertoletti, di pressioni collettive ai cancelli, o di fenomeni come il caldo estivo e la lunga attesa in piedi tipici di manifestazioni pubbliche.
Ma non solo, oltre a essere gravemente carente sul piano della gestione dell’emergenza, in alcune parti quel piano era chiaramente concepito – e copiato – per altri eventi.
Nel documento si suggerisce infatti di ” rimanere all’interno dell’edificio ” , oppure al contrario si parla di “evacuazione totale dell’edificio ” , e di ” sgombero del fabbricato”.
Si indicano persino alberi ad alto fusto, chiaramente assenti in piazza San Carlo. Quella tragica sera una donna è morta e i feriti sono stati 1.526.
“Tali elementi fanno pensare a un documento derivato da altri, trasposto senza adattementi adeguati e non studiato ad hoc”.
Lo scrive chiaramente il consulente della procura Fabio Sbattella, incaricato di studiare il fenomeno del panico collettivo, come potesse essere contenuto, e di rispondere alla domanda se l’allestimento della piazza e la gestione dell’evento abbiano potuto influire sulla reazione della folla.
“L’assenza di scenari previsionali di rischio adeguati ha precluso l’apprestamento di azioni di formazioni e prevenzioni”, scrive il consulente, come a dire che non si è potuto prevenire e contenere nulla, dato che il rischio di un fenomeno di panico collettivo non era stato in alcun modo preventivato.
“Risulta assente, in fase di pianificazione, una progettazione dei tempi di coordinamento sul campo e, a posteriori, tra i vari componenti della catena di comando che avrebbe dovuto avere responsabilità  della piazza in caso di emergenze ” : la piazza insomma è stata lasciata in balia di se stessa. L’allestimento mostra anche delle carenze. I controlli ai varchi sono stati sommari.
Scorrendo le testimonianze sono in tanti ad affermare di essere entrati senza verifiche. C’è persino un ex procuratore generale Silvana Ruschena, in piazza quella sera con il marito, che ha voluto mettere a verbale: “Non mi è stata nemmeno fatta aprire la borsa” .
Già  solo a causa dei venditori abusivi di alcolici la gente percepiva un senso di insicurezza. ” La presenza di una rete organizzata di abusivi che distribuiscono alcolici rende evidente ai partecipanti la vulnerabilità  della piazza stessa e l’impossibilità  a intercettare realmente ogni soggetto potenzialmente pericoloso” , scrive il perito. Quando alle 22.12 sul lato sinistro del palco si scatena un brusco movimento a raggiera, la gente comincia a urlare e fuggire.
“Una scintilla iniziale che ha prodotto l’effetto domino ” , in cui ognuno ha cercato di dare un senso agli eventi. Senza riuscirvi.
Mancava una voce guida che aiutasse gli spettatori a capire o organizzarsi, mancavano indicazioni visive e luminose utili per dirigere i flussi in uscita. La gente cercava di capire passandosi di bocca in bocca frammenti di informazioni.
“Resta certa la mancanza di un riferimento comune a cui rivogersi. Il grande schermo continuava a proiettare la partita come se nulla fosse successo – scrive Sbattella – dal palco antistante non venivano impartite istruzioni ” . Anzi.
“Spicca il silenzio dell’impianto audio e una presenza vocale comparirà  solo dopo diverse ore ” . Alle 22.23 c’è la seconda ondata, anche in questo caso la gente cerca di capire attaccandosi anche al cellulare.
“La mancata interruzione della partita genera un contesto surreale: le immagini continuano a scorrere come se nulla fosse accaduto, accompagnate da commenti audio che mostrano la perfetta efficienza dell’impianto di diffusione sonora” . Questo silenzio di informazioni mentre la partita prosegue ha contribuito al panico, che è stato aumentato anche dalla ” percezione di una rapida saturazione delle vie di fuga ” . Le vie di esodo sono ” risultate insufficienti e non fruibili correttamente in quanto erano ostruite dalle transenne che non sono state rimosse.
È risultato proprio errato il concetto ispiratore della chiusura di piazza San Carlo lungo il suo perimetro in quanto non c’erano logiche motivazioni tecniche e di sicurezza capaci di giustificare questa scelta ” è la conclusione in cui arriva invece il perito Mauro Esposito.

(da “La Stampa”)

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ALTRA COPPIA GAY AGGREDITA DAL BRANCO IN CENTRO A ROMA

Aprile 22nd, 2018 Riccardo Fucile

“CHE TRISTEZZA, LA CITTA’ E’ DIVENTATA LA CAPITALE DEL DEGRADO URBANO, DEL RAZZISMO E DELL’OMOFOBIA”

Tra venerdì e sabato una coppia gay è stata aggredita “da un branco” a Trastevere. A denunciare il fatto sono Gay.it e Imma Battaglia.
“Dopo essere stati accerchiati, aver ricevuto calci e pugni, i due sono scappati da questa insensata furia omofoba – denuncia Gay.it – hanno chiamato il 113 e sono corsi in ospedale, con un referto medico che ha sentenziato escoriazioni varie e un orecchio perforato. Domani mattina, passato lo choc, scatterà  la denuncia ai carabinieri”.
“Che tristezza, una città  ‘capitale del degrado urbano’, del razzismo e dell’omofobia, specchio di un paese alla deriva, senza regole, incapace di trovare accordi per il bene comune -scrive Battaglia – abbiamo lottato tanti anni perchè non ci fosse più discriminazione, perchè nessuno più potesse temere di amare liberamente il proprio compagno o la propria compagna e invece ci troviamo di nuovo a leccarci le ferite dell’omofobia, del bullismo; e come al solito il vile si muove in branco, haters reali, odiatori seriali, nichilisti, figli del vuoto nutriti dalla politica del nulla; a voi branco di omofobi, dico: noi non vi temiamo, non ci fate paura; noi non ci nascondiamo più e oggi più che mai è tempo di Gay pride!”.
Imma Battaglia si rivolge anche alla sindaca Virginia Raggi: “Prendi esempio dalla tua collega Chiara Appendino e batti un colpo contro l’omofobia, partecipa al #gapride a #Roma, condanna questo gesto e convoca subito associazione per un piano di azione contro l’omofobia!”.

(da “Huffingtonpost”)

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IL REDDITO DI CITTADINANZA FA FLOP: LA FINLANDIA METTE FINE ALLA MISURA

Aprile 22nd, 2018 Riccardo Fucile

L’ESPERIMENTO E’ DURATO SOLO UN ANNO: EROGATI 560 EURO A 2.000 FINLANDESI… “SERVE UN NUOVO SISTEMA”

Il reddito di cittadinanza, che tanto piace ai Cinque Stelle, è un flop.
Non lo dicono soltanto illustri economisti, ma è provato anche dai fatti.
Come racconta il Corriere della Sera, la Finlandia ha infatti deciso di mettere fine all’esperimente perchè, appunto, non funziona.
Dopo che, per un anno interno, sono stati versati 560 euro al mese a duemila cittadini senza lavoro, il governo si è infatti messo a cercare un nuovo sostegno contro la disoccupazione.
L’esperimento del reddito di cittadinanza è durato un anno soltanto. La Finlandia ha deciso, in questi giorni, non solo di non farlo diventare strutturale ma nemmeno di rinnovarlo.
Per dodici mesi duemila cittadini disoccupati, di età  compresa tra i 25 e i 58 anni, hanno ricevuto una assegno di 560 euro (esentasse) al posto dei normali sussidi contro la disoccupazione.
La somma erogata è leggermente più bassa dai 780 euro al mese proposti dal Movimento 5 Stelle in campagna elettorale.
I disoccupati ricevevano i soldi direttamente sul proprio conto corrente e continuavano ad arrivargli anche quando accettavano una lavoro dal centro per l’impiego.
“La cosa più strana – ha detto alla Cnbc una dei beneficiari del reddito di cittadinanza, Mika Ruusunen – è che anche se dovessi cominciare a guadagnare un milione di euro all’anno continuerebbero a darmeli”.
In Finlandia, come ricorda L’Inkiesta, il reddito di cittadinanza è stato fortemente voluto dal primo ministro Juha Sipilठdel Partito di Centro Finlandese.
“Per il governo non è tanto o non solo una misura di lotta alla povertà , in un Paese che ha già  strumenti di welfare molto robusti (sussidi di disoccupazione, sussidi per la casa, sussidi per i figli eccetera) – si legge – è, piuttosto, un modo per tagliare la burocrazia e per ridurre i disincentivi alla ricerca di lavoro e alla creazione di nuovo lavoro”.
Ora il passo indietro. Il ministro delle Finanze Petteri Orpo ha fatto sapere che “il Paese andrà  verso un percorso più simile al modello inglese” che cerca di mettere insieme i benefici e i crediti d’imposta in un solo sistema.

(da agenzie)

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TUTTI AL MARE, CROLLA L’AFFLUENZA IN MOLISE: ALLE 19 HA VOTATO SOLO IL 38,98% CONTRO IL 56,46% DELLE POLITICHE DI MARZO

Aprile 22nd, 2018 Riccardo Fucile

LA PRESENZA QUOTIDIANA DI DI MAIO, SALVINI E BERLUSCONI UN RISULTATO L’HA OTTENUTO: I MOLISANI SE NE SONO STATI A CASA

Seggi aperti dalle 7 in Molise per eleggere il nuovo presidente e consiglio regionale. Alle 19 l’affluenza è al 38,98 % pari a 129.125 votanti sui 331mila aventi diritto.
Alle scorse elezioni politiche del 4 marzo, alle 19 aveva aveva votato il 56,46%. Alla fine andarono alle urne il 71,62% degli aventi diritto.
Alle 19 quindi il calo è enorme, pari al 17,48%.
La posta in gioco è alta soprattutto per Movimento 5 stelle e centrodestra.
Si parte dai numeri del 4 marzo: M5S con il 44,79% e 78 mila voti, centrodestra 28,9% e 51 mila voti.
In mezzo l’incognita del centrosinistra raggruppato ad arrocco che riparte dalla debacle del 18,1% con 31 mila voti mentre nel 2013 il presidente uscente Frattura raccolse 85 mila voti.
Bisognerà  capire se i 5Stelle riusciranno a conservare il vantaggio ma anche come si distribuiranno i voti all’interno del centrodestra.

(da agenzie)

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