Aprile 25th, 2018 Riccardo Fucile
AL QUIRINALE PERDE QUOTA L’IPOTESI DI UN GOVERNO PARACADUTE… SE FICO FALLISSE CRESCE IL RISCHIO DI NUOVE ELEZIONI A SETTEMBRE (CON IL RISCHIO CHE NON CAMBI NULLA)
Chi volesse attirarsi i fulmini del Quirinale, non dovrebbe fare altro che alimentare la chiacchiera sparsa da quanti, e non sono pochi, tentano di presentare il Capo dello Stato come se fosse lui il regista della trattativa M5S-Pd.
Facile capire perchè cercano di tirarlo per la giacca.
I fautori dell’intesa non trovano di meglio che appellarsi all’autorità somma del Presidente («se è lui a domandarcelo, come potremmo rispondergli di no?»); agli avversari del patto grillo-dem, invece, fa comodo allontanare la colpa da se stessi e trascinare il Colle nella mischia.
Peccato che Sergio Mattarella, in linea con il suo personaggio, se ne stia totalmente alla larga da questi giochi.
I rari frequentatori del suo studio ne sintetizzano così l’atteggiamento: «Non commenta gli sviluppi, non formula giudizi, non manifesta sentimenti di ansia, di sollievo, di preoccupazione o di altro. Semplicemente ascolta. E osserva con attenzione». Tuttavia, proprio perchè la visuale da lassù è parecchio migliore, certe novità non sono sfuggite.
Margini ristretti
Ad esempio, al Quirinale si è preso nota che Luigi Di Maio sgombera il terreno dai sospetti di doppio gioco. Dichiara solennemente che con Salvini ha chiuso. Comunque andrà l’esplorazione di Roberto Fico, il governo grillo-leghista non potrà essere riesumato. È defunto e stop.
Altra svolta importante datata ieri: il capo politico dei Cinque stelle scarta con fermezza i governi «del Presidente, di garanzia, di scopo » (e avrebbe potuto aggiungere alla sua lista quelli di tregua, di transizione, balneari).
La somma delle due novità fa sì che, se pure il tentativo con il Pd fallisse, Mattarella avrebbe serie difficoltà a mettere in campo soluzioni ulteriori.
Compreso, appunto, un governo calato dall’alto come fece Giorgio Napolitano ai tempi di Mario Monti.
Torna il fantasma
Ecco come mai sta tornando a circolare il fantasma del voto bis. Non tra un anno, magari in concomitanza con le elezioni europee, e nemmeno a ottobre ma addirittura in settembre, con le liste dei candidati da presentare intorno a Ferragosto e le Camere sciolte ai primi di luglio: uno scenario da vero incubo per la nostra democrazia.
Non sarebbe una scelta di Mattarella, la cui ostilità a nuove elezioni è stranota, ma la conseguenza del no leghista e grillino a un governo «del Presidente».
Tradotto nel linguaggio di tutti i giorni, ciò significa che il tentativo messo in campo da Fico rappresenta davvero l’ultima spiaggia. Dopodichè non ci sarebbe più alcun paracadute, nè potrebbe garantirlo il Capo dello Stato i cui margini di intervento si sono notevolmente ristretti.
Di nuovo al bivio
Chi, tra deputati e senatori, non vorrà tornare da dove è venuto, dovrà dunque incrociare le dita e sperare che tra M5S e Pd qualcosa maturi, magari nella formula che più sta prendendo piede in queste ore di confusione: un governo a guida politica, però con ministri «di area», in parte indicati dai «Dem» e i parte dai Cinque stelle. Lasciando fuori tutte quelle figure che potrebbero aggiungere motivi di discordia, come se non ce ne fossero già abbastanza.
(da “La Stampa”)
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Aprile 25th, 2018 Riccardo Fucile
IL PD RISCHIA LA SCISSIONE DOPO LA RESA DEI CONTI IN DIREZIONE
Inchiodare i grillini e fargli rimangiare, anche simbolicamente tutti gli attacchi subiti per quattro
anni: ponendo pure una condizione capestro irricevibile sulla carta, il riconoscimento dell’azione di governo di Matteo Renzi, fino al punto di pretendere nel caso una sua presenza di primo piano nell’ipotetico esecutivo guidato da Di Maio. Questa suggestione che aleggia nei discorsi dei colonnelli del «giglio magico» renziano, fa capire bene come l’approccio sia quello di chiedere una sorta di abiura sapendo che non arriverà , per complicare, se non sabotare in partenza il tentativo di costruire un governo politico con i 5 Stelle.
Una richiesta che in questi termini non è stata posta ieri a Fico, ma che verrebbe messa sul tavolo dai renziani se si sviluppasse una trattativa.
Nell’incontro burrascoso ieri al Nazareno prima del colloquio con Fico tra i quattro della delegazione Martina, Orfini, Marcucci e Delrio, presente Guerini, sono volate urla captate a distanza da tutti: tra Martina, che avrebbe aperto ai grillini senza condizioni sul passato e Marcucci, che invece ha preteso fosse rivendicata l’eredità dei governi Renzi-Gentiloni.
«Così è una follia», gli ha ribattuto il capogruppo al Senato, «e per tenere insieme il rispetto che si deve a Mattarella e l’orgoglio del Pd, dobbiamo andare da Fico con i cento punti del nostro programma elettorale, solo quelli possono essere la base di partenza di un dialogo».
Renzi infatti bolla come sconsiderata la gestione di Martina e avrebbe condotto la partita in tutt’altro modo: con un percorso più lungo, senza accelerazioni, col metodo adottato per l’elezione di Mattarella al Colle. Convinto che si possano superare dubbi e perplessità del partito solo con una sua conduzione del gioco, e dopo aver fatto maturare nel tempo il divorzio tra 5 Stelle e Lega.
Conscio di aver perso di credibilità in vari passaggi, dall’ascesa a Palazzo Chigi senza passare per il voto, fino alle dimissioni a metà dopo il referendum, ora l’ex leader si rimangerebbe il suo no ai grillini solo per una mission più alta e non sotto il ricatto delle urne.
Che secondo lui è la vera arma di pressione sui «governisti» del Pd.
Il segretario dimissionario non vuole un governo con una maggioranza politica, altra cosa sarebbe un governo istituzionale. Per questo prova a mettere una zeppa tra le ruote del carro. «Per noi – alza il tiro un falco renziano – è arduo far digerire un accordo con i grillini ai nostri e il solo modo sarebbe se Matteo facesse da garante assumendo un ruolo centrale nel governo, come quello di super ministro dell’Economia».
E siccome le voci girano, pure i big del «partito dei governisti» del Pd sono preoccupati della piega che possono prendere gli eventi. Dario Franceschini ne parlava l’altro ieri con un politico di lungo corso che da mesi tesse la tela con il mondo grillino: dopo aver pronosticato lo «scongelamento» del Pd, il ministro della Cultura spiegava appunto che il problema sta in Renzi che vorrebbe condurre la partita rivestendo un ruolo da protagonista, addirittura come vicepremier.
Di fatto, una sorta di reciproco riconoscimento politico tra l’ex segretario e Di Maio, che a quel punto verrebbe sdoganato come premier.
Ma al di là di questa che suona come minaccia per far saltare il tavolo, il confronto con i 5 Stelle deve passare il fuoco della Direzione Pd: dove i renziani dispongono di una maggioranza, a sentir loro blindata, per dire no all’insegna dell’hashtag «#senzadime».
Su 209 componenti, Renzi ne avrebbe 117, Orfini 8 e Delrio 3, Martina 9, Franceschini 20, Orlando 32 ed Emiliano 14, più altri sparsi. Insomma, la strada del governo 5 Stelle-Pd è una via crucis. Un bagno di sangue che rischia di produrre un’altra scissione nel Pd.
(da “La Stampa”)
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Aprile 25th, 2018 Riccardo Fucile
IL CENTRODESTRA NETTAMENTE FAVORITO: HA AVUTO A MARZO IL 43%, POI M5S 24,6% E CENTROSINISTRA 23%
Dopo il Molise, il Friuli Venezia Giulia. Le urne non osservano turni di riposo e domenica prossima, 29 aprile, saranno aperte per eleggere il nuovo governatore che succederà a Debora Serracchiani, appena ripescata alla Camera con il plurinominale, al termine di un travagliato mandato in cui si è divisa tra la guida della Regione e il delicato – e contestato – ruolo da vice segreteria nazionale del Pd durante il governo Renzi.
Gli sfidanti
*Sono in quattro a contendersi lo scranno triestino: Sergio Bolzonello, per il Centrosinistra, attuale vice della Serracchiani e già amatissimo sindaco di Pordenone per dieci anni. Massimiliano Fedriga, per il Centrodestra, che ha rinunciato al prestigioso ruolo di capogruppo alla Camera della Lega, dopo una mini rivoluzione degli elettori: quando nei salotti romani era stato indicato Renzo Tondo – già due volte presidente Fvg in passato – secondo accordi di spartizione delle cariche presi prima delle Politiche, i militanti del Carroccio hanno minacciato le barricate.
E a Roma hanno dovuto prenderne atto. Alessandro Fraleoni Morgera, romano, trapiantato a Trieste da una decina d’anni, ricercatore universitario, indicato dal Movimento 5 Stelle senza dover passare dalle Regionarie on line, essendo l’unico candidato che aveva presentato le necessarie credenziali.
Sergio Cecotti, già presidente Fvg e sindaco di Udine con la Lega una quindicina di anni fa e ora a capo di Patto per l’Autonomia che si ispira alle Province di Trento e Bolzano per garantire al territorio maggiore indipendenza decisionale ed economica.
La guerra dei numeri
La vera battaglia si gioca in seno al Centrodestra, forte del 43% alle Politiche del 4 marzo alla Camera. La Lega parte dal 25,8% e quasi 178 mila preferenze, oltre 100 mila in più di Forza Italia, che ha ottenuto uno striminzito 10,7% doppiando a propria volta Fratelli d’Italia, che si è fermata al 5,3%.
In chiave governo nazionale si capisce perchè Salvini abbia messo le tende in Friuli Venezia Giulia, dove, da inizio aprile, ha trascorso più tempo che a casa sua.
Una sorta di invasione cui Silvio Berlusconi ha reagito con una controffensiva senza precedenti: arrivato ieri, si fermerà in regione fino a venerdì. Emblematico il suo appello nel primo comizio di Pordenone: nemmeno una parola sugli avversari, ma un’invocazione affinchè Forza Italia abbia più preferenze della Lega. Obiettivo comune – per il momento l’unico – è quello di salire oltre il 45% e portarsi a casa un sostanzioso premio di maggioranza.
Il terzo sta fuori
La sfida per il secondo posto è serrata: il Movimento 5 stelle alle Politiche ha ottenuto il 24,6% e 170 mila voti, diecimila in più del Pd, che però, dopo la batosta rimediata, può ora contare su una tregua armata con il resto della Sinistra, che dovrebbe portare in dote allo schieramento i 22 mila voti di due mesi fa di Liberi e Uguali.
Ossigeno arriverà anche dalla galassia delle Civiche, accreditate di qualche punto percentuale, tra cui quella dell’ex sindaco di Udine, Furio Honsell, già rettore universitario, famoso per essere stato l’ospite fisso di Fabio Fazio nel «Che tempo che fa» degli albori. La legge regionale Fvg è però spietata: in aula entra solo il primo degli sconfitti, gli altri candidati restano a casa.
Il paradosso economico
L’ondata che, secondo gli analisti – e i sondaggi pubblicati fino ad inizio mese -, è destinata a spazzare via anche alle Regionali il governo del Centrosinistra uscente prescinde dai dati economici: il Fvg ha appena registrato il record storico del proprio export, la disoccupazione è in netto calo, gli occupati aumentano sensibilmente, i turisti sono cresciuti di un milione l’anno, la costruzione della terza corsia dell’A4 procede più velocemente del previsto, il porto di Trieste vola ed è il primo in Italia.
(da agenzie)
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Aprile 25th, 2018 Riccardo Fucile
IL VERSANTE EMOTIVO DELL’ATTUALITA’
Per capire chi è davvero un politico, il mio consiglio è di guardarlo in televisione togliendo l’audio.
Spegnendolo, proprio. Non sentire cosa il politico dice durante un talk show, solo osservarlo.
Scrutare i suoi gesti, cogliere gli sguardi, le ombre, notare le pieghe inconsulte delle labbra, il tremito delle mani o delle ginocchia. Se il politico parlasse, questi segnali così rilevanti ci sfuggirebbero. Saremmo concentrati a cogliere le parole che dice. L’essenziale, che non sono i discorsi, lo perderemmo.
La macchina della verità dei politici è, secondo me, la televisione. Ma in pochi, tra coloro che la politica la chiamano “mestiere”, lo sanno. Altrimenti, starebbero più attenti.
Da 51 giorni , l’Italia cerca un Governo. E, da 51 giorni, i politici percorrono su e giù la piazza di Montecitorio, e il marciapiede davanti al Senato, da alcune settimane anche la scalinata e la Piazza del Quirinale.
Come?
Alcuni avanzano da soli, altri infilati dentro un gruppetto di colleghi e portaborse.
Sempre attenti a restare miracolosamente al centro.
Il Re Sole e la sua Corte.
Alcuni, la maggioranza, vengono avanti a piedi. Altri in bicicletta, in motorino, o scendono svelti dal taxi. Auto blu pochissime.
E’ interessante guardare le facce dei politici mentre si avvicinano alla meta, cioè all’ingresso di Montecitorio o del Senato o del Quirinale.
Girano impercettibilmente lo sguardo per capire dove si trovano i giornalisti.
Noi non vediamo il contesto, ma è plausibile che, il più delle volte, questo sguardo di ricognizione scopra con rammarico che le telecamere e i microfoni e i telefonini e i taccuini sono assiepati intorno a qualcun altro.
Osservate bene. Il politico in avanzamento rallenta il passo. Frena la giovanile baldanza. Magari si infila la mano in tasca per cercare il cellulare, o si volta per cercare qualcuno (che forse non esiste).
Appena la folla dei cronisti lo nota e si avvicina, il politico indossa un sorriso lieto.
Un sorriso che nulla ha a che fare con la situazione di certo non allegra in cui si trova il Paese. Ma è il tipo di sorriso che gli hanno detto è «rassicurante». Fa parte del pacchetto «onorevole». Lo trovi dentro la tessera di parlamentare eletto.
Finalmente arrivano i cronisti. E il politico scompare felice nella selva. E che fa?
Alcuni sorridono, chinano la testa in un grazioso inchino e sillabano «Grazie, grazie», dopo di che entrano nel portone. Tutti compiaciuti della bella figura appena fatta: discrezione e educazione.
Altri si fermano, prendono un respiro, gonfiano il petto. E parlano. Parlano come se fossero i detentori dell unico Verbo, nel senso del Vangelo. Ma è un piccolo cedimento alla vanità che subito controllano. Alla terza frase di queste interviste in piedi, i politici scuotono la testa, come a chiedere scusa . Allontano la selva dei microfoni che tanto avevano agognato con un gesto veloce della mano. Ma in favore di telecamera.
E poi salutano e si allontano con un passo ancora più svelto e brioso. Che sta a significare «Elettori, io sono uno che lavora per voi, guardate come mi sto dando da fare, come corro al lavoro».
E’ un red carpet che a me sembra tragico, più che triste.
Osservatelo e poi ditemelo.
(da “La Stampa“)
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Aprile 25th, 2018 Riccardo Fucile
INSULTI E MINACCE SULLA PAGINA FB DEL CAPO POLITICO DEL M5S… SI APRONO LE FOGNE DEI NAZI-GRILLINI, SARANNO QUELLI DEI TAXI DEL MARE
La torsione del Movimento verso il Pd è stata, forse, un po’ troppo improvvisa persino per i suoi standard.
È indicativo che i commenti del blog delle stelle, quello rimasto alla Casaleggio (dopo la migrazione di Grillo altrove), siano spessissimo di questo tenore: «Dopo 11 anni, prendo atto che si è passato dal vaffanculo, al Pd. Credo che il prossimo vaffanculo gli italiani lo daranno a voi. Che delusione».
Oppure: «Ritorniamno al vaffa e ci prendiamo il 50%». O ancora: «La più grande cazzata dopo il week-end è questa qui (storpiando una famosa canzone di Jovanotti). Sono contrario a qualsiasi accordo con il Pd e se il Pd dovesse dire di si io andrò via e mi tessererò con la Lega».
Se ne potrebbero citare tanti altri, più virulenti. Oppure dalla bacheca Facebook di Di Maio, dove gli danno del «traditore», ci sono punte di rabbia tipo questa: «Tra poco andrai ad elemosinare voti anche ai kebabbari, che finaccia che avete fatto».
E questo per quanto riguarda ciò che avviene in luoghi ufficiali del partito. Nella propaganda non ufficiale le cose sono più esplicite, e a volte violente e cupe.
Ai tempi del referendum costituzionale l’account antonio_bordin fu il terzo nodo twitter, in Italia, della campagna del no.
Ieri scriveva: «Fossi in @luigidimaio non mi preoccuperei molto dei quattro gatti renzisti che twittano #senzadime. Mi preoccuperei piuttosto dei milioni di elettori che, in caso di governo col #PD, scriveranno sulla scheda elettorale #SenzailM5S». Oppure, con ancora maggiore violenza: “Il #PD detta le condizioni a #DiMaio: “agenda europeista” ovvero sottomissione alla #UE Euronazista, “politiche del lavoro” ovvero #jobsact per sempre, “equilibri di finanza pubblica” ovvero austerità e tagli. Accettate pure, tanto poi il popolo vi verrà a prendere sotto casa».
Altro account molto centrale nell’analisi di rete: Teladoiolanius, fortissimo nella propaganda pre-elettorale, molto anti-migranti, dedito alla bastonatura del Pd.
Ieri scriveva: «Abbiamo lottato per anni per far sparire il Pd ed ora che c’eravamo riusciti come per miracolo risorge. La Lega fa risorgere Berlusconi e il M5S il Pd. Andatevene a fanculo tutti e due».
Oppure, abbastanza minaccioso: «DiMaio chiude a Salvini e inizia percorso col Pd. Anche se riuscirà a fare un governo, prevedo che non durerà molto e sarà anche l’ultimo. Di Maio ha tradito buona parte dell’elettorato: ne pagherà le conseguenze». @Valy_S spiega chiaramente che il M5S, se si andrà al voto, avrà bruttissime sorprese: «Come chiesto da Martina “di cui ha APPREZZATO LE PAROLE”, DiMaio chiude il forno Lega per aprirlo col Pd “ci sono temi comuni”. Il Pd però propone punti #leuropeisti ed imprescindibili. Speriamo si vada presto al voto. Per qualcuno sarà un’amara sorpresa».
Un secondo network di account, molti dei quali erano spesso citati nel blog di Grillo quand’era gestito dalla Casaleggio, tacciono, per esempio @carlucci_cc. Oppure, come @Oinot49, ripetono: «Mattarella, questa volta la volontà popolare va rispettata. L’unico governo votato dagli italiani è M5S Lega». Qualcuno prova a rigirarla in favore di Di Maio, ma è una difesa politichese. @tranellio, per esempio: «Preferisco un contratto di governo del M5S, che pur rischiando di più politicamente, può però avere un maggior controllo sull’eventuale partito democratico… piuttosto che l’opposizione e dover subire nuovi abusi di fiducia di una qualsivoglia accozzaglia simil Nazareno».
Altri si assegnano il compito delle difese d’ufficio: «Scintille pd, tensione al Nazareno!!! Allora devo riconoscere che questa mossa tattica di Di Maio non ha fatto altro che finire di distruggere il Pd» (@lvoir ritwitta @serebellardinell).
Beppe Grillo nel suo nuovo blog i commenti li ha chiusi; ma l’esercito digitale è molto ascoltato, dalle parti della Casaleggio.
(da “La Stampa”)
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Aprile 25th, 2018 Riccardo Fucile
NON SI E’ ACCORTO CHE QUELLI STANNO A PENSARE AL CONTO IN BANCA E AI CAZZI LORO COME HANNO SEMPRE FATTO
“Chi dovesse consentire e siglare il sodalizio M5S-Pd si assumerebbe una grande responsabilità ,
non solo perchè verrebbe lasciata fuori dal governo la coalizione che ha vinto le elezioni a vantaggio dei secondi e dei terzi, ma ancor più perchè verrebbe escluso dall’area di governo tutto il Nord produttivo. L’esasperazione delle regioni che continueranno a tirare la carretta non so se sarà ancora contenibile”: è un Giancarlo Giorgetti in forma bossiana quello che si presenta oggi in un’intervista a Repubblica per paventare addirittura pericoli per la democrazia da un governo formato da forze liberamente elette in Parlamento.
Un po’ come i 300mila martiri bergamaschi che il Senatùr era pronto a scatenare ai bei tempi in cui ancora guadagnava i titoli delle prime pagine dei giornali.
E infatti anche Giorgetti dice che “faremo fatica a contenere certe spinte perfino secessionistiche. Penso al Veneto, per esempio, con forti propensioni autonomistiche da noi canalizzate responsabilmente nel referendum autonomista”.
Sembra proprio di essere tornati ai bei tempi in cui la Lega minacciava lo sciopero fiscale (tutte le volte, alla vigilia dell’estate) e poi puntualmente non succedeva nulla perchè il ricatto politico del momento era andato a buon fine con due sottosegretari in più.
(da agenzie)
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Aprile 25th, 2018 Riccardo Fucile
ODIO SUI SOCIAL E SUL BLOG A 5 STELLE E IPOCRISIA DEI POLITICI CHE SI SCANDALIZZANO: ANDATE A PRENDERLI A CASA UNO A UNO E VEDRETE CHE IN UNA SETTIMANA TUTTI DIVENTANO EDUCATI
Neppure il delicato intervento all’aorta a cui è stato sottoposto Giorgio Napolitano ha fermato i messaggi di odio sul web che si sono ripetuti anche nella notte persino con l’augurio della morte al presidente emerito.
Quotidiani – come anche Repubblica – hanno deciso di cancellare i post degli hater offensivi, otrlaggiosi e dall’ironia macabra, che di prima mattina si erano accumulati anche sul blog delle Stelle.
“Sui social c’è un esercito di miserabili che augura la morte al presidente Napolitano #mifateschifo”. È la denuncia della deputata pd Alessia Morani su quanto sta accadendo in queste ore su alcuni dei social più diffusi.
Su twitter, ad esempio, sono decine e decine gli insulti contro il presidente emerito operato nella notte.
Qualche esempio. Chiara: “me ne sbatto altamente i coglioni… Per dire #napolitano”. Famar67: “Chi ha calpestato la Costituzione e svenduto la sovranità popolare non merita alcuna onorificenza. Che l’uomo sopravviva… Ma il politico e personaggio bruci all’inferno #napolitano”.
Sui social c’è un esercito di miserabili che augura la morte al presidente Napolitano #mifateschifo
Alessia: “Napolitano se n’è sempre fregato del popolo italiano. Perchè a me dovrebbe fregare qualcosa del suo stato di salute…”.
E ancora, Antonio: “#napolitano dovremmo provare dispiacere per lo stesso delinquente che ha continuato l’opera di insabbiamento della #terradeifuochi? ma per cortesia”. Eticamenteconfede: “Attenzione #napolitano ricoverato d’urgenza per problemi cardiaci!!!!! stanno arrivando i corpi…. Era ora!!!!! godoooo!!!! eticamente”. Vito: “Non ho mai augurato la morte a nessuno/a #napolitano ricoverato d’urgenza ! mi sarei fatto schifo da solo…! Ma….Consentitemi una battuta molto cattiva….Domani si festeggia anzi festeggiano…La #liberazione…Chissà …..”.
ODIO CONTRO NAPOLITANO ANCHE TRA I COMMENTI NEL BLOG DELLE STELLE
Ironia macabra anche sul blog delle Stelle. Alcuni militanti 5 Stelle – rivela l’agenzia Dire – nella parte dedicata ai commenti delle parole di Luigi Di Maio dopo l’incontro con il presidente della Camera, legano il malore di Napolitano al possibile accordo Pd-M5s. Un commento di odio dopo l’altro sempre piu violento dove finiscono al centro delle deliranti invettive anche molti giornalisti, tra questi anche alcuni di Repubblica, dal fondatore Scalfari a Massimo Giannini a Vittorio Zucconi.
Nel blog 5 Stelle, infatti, la bolognese Viviana Vivarelli scrive: “Alla notizia di un possibile incontro del M5s col Pd, il cuore di Napolitano ha ceduto. E quello di Scalfari come sta? e come stanno Giannini, Zucconi, Franco, la Gruber, Floris, Iacoboni, Feltri, Ferrara…? Tutti tarantolati?”. “Guardate cosa avete combinato! avete fatto venire un infarto a Napolitano appena ha saputo di una possibile alleanza M5s+Pd!!”. “Sembra che l’operazione sia andata bene! aveva il cuore a dx!”.
I TWEET CONTRO L’ODIO SUI SOCIAL
Dal mondo della politica, e non solo, si è alzato un muro di protezione nei confronti del presidente emerito della Repubblica, a partire dal presidente del Consiglio, Paolo Gentiloni: “Il 25 aprile fu il giorno del riscatto dell’Italia. È dovere di tutti ricordare chi ha combattuto per la nostra libertà contro gli orrori della dittatura. Un pensiero speciale oggi a Giorgio Napolitano, protagonista della Repubblica. Forza Presidente!”,.
Tra chi attacca gli hater sui social, anche il ministro Carlo Calenda. A chi gli domanda: “cosa ne pensa degli insulti arrivati al Napolitano?”, l ministro risponde così: “Che mi fanno orrore. Comunque la si pensi un grande italiano e un grande europeo”. “Un abbraccio e un augurio a Napolitano in questo momento operato al cuore. Quelli che si augurano la sua morte su Twitter sono bestie”, ha scritto il dem Emanuele Fiano. “Lo schifo in rete: #Napolitano ricoverato in Ospedale e gli schifosi odiatori gli augurano la morte. Siamo al capolinea della civiltà “, scrive David Parenzo.
“Verrà un giorno nel quale gli zombie che stanno twittando per augurare la morte a Napolitano divoreranno quelli che li hanno evocati per conquistare il potere. È sempre stato e sempre sarà così. Forza Napolitano”, scrive il giornalista Vittorio Zucconi. “Riuscito l’intervento chirurgico subito da Giorgio Napolitano. Ma sul web troppa violenza. Ne siamo stati avversari politici, ma vogliamo continuare a contrastarne le idee, non danzare in oltraggio alla vita”, si legge sul profilo twitter di uno dei leader della Destra, Francesco Storace.
(da agenzie)
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