Aprile 26th, 2018 Riccardo Fucile
MARTINA: “PASSI AVANTI MA RESTANO DIFFERENZE”… DI MAIO: “ANDIAMO OLTRE LE LOGICHE DI SCHIERAMENTO”
Luigi Di Maio chiede al Pd, ma anche al M5s, di fare un passo avanti per il bene del Paese. Senza
rinnegare distanze che, evidentemente, esistono.
Il leader pentastellato propone ai dem non un compromesso, ma un accordo di governo “al rialzo”. E se non si arriverà al risultato, non resterà che tornare alle urne. Con la personale certezza, sottolinea Di Maio, che il M5s crescerà ancora.
Questa la sintesi del pensiero del candidato premier del M5s dopo la seconda consultazione con il presidente della Camera Roberto Fico. A esprimere la posizione del Pd, due ore prima, era stato Martina: “Passi avanti importanti, ma restano differenze. Decideremo in direzione”.
“Dobbiamo abbandonare il vocabolario della prima e seconda Repubblica – esordisce Di Maio – e nella terza Repubblica non ci sono alleanze tra le forze politiche, che fanno un passo indietro. Abbiamo il 32 per cento. Non siamo autonomi e quindi stiamo cercando di portare a casa un buon contratto di governo al rialzo, non al ribasso”.
“Potevamo fare anche noi gli interessi di parte, potevamo fare come la Lega – spiega ancora il leader pentastellato -. Ma io non vedo l’ora di mettermi al lavoro” sui problemi dei giovani, degli anziani, delle famiglie e delle imprese, dice Di Maio. “Credo – insiste – che dal voto del 4 marzo siano uscite delle richieste sui problemi dei pensionati rispetto alla legge Fornero, i problemi del precariato rispetto alle leggi sul lavoro, problemi legati a insegnanti che devono fare mille chilometri per andare a lavorare, problemi sulle grandi opere inutili”.
Quindi, l’invito a fare un passo avanti, guardando non solo al Pd ma anche in “casa”. “Io capisco chi tra i nostri dice ‘mai col Pd’, come capisco chi tra gli elettori del Pd dice ‘mai con il M5s’. Ma qui non si è mai parlato di andare con qualcuno. Qui si sta parlando non di negare differenze anche profonde. Stiamo semplicemente cominciando a ragionare in un’ottica non di schieramento. E’ un’opportunità , questa diciottesima legislatura. Se si riescono a fare le cose bene, altrimenti si torna al voto. E se si torna al voto io sono convinto che il Movimento 5 stelle ne uscirà rafforzato”.
Poi una bella bordata a Silvio Berlusconi, che ieri, 25 aprile, nonostante i continui richiami di Matteo Salvini a finirla con gli insulti, ha paragonato l’ascesa del M5s agli occhi degli italiani a quella di Hitler per gli ebrei, un “pericolo per il Paese”.
Ed ecco la replica di Di Maio: “Bisogna mettere mano a questo continuo conflitto di interesse che c’è in Italia. Penso ad esempio al fatto che Berlusconi usando le sue tv continua a mandare velate minacce a Salvini”.
Un paio di ore prima, Fico e il Pd, atto secondo. Il presidente della Camera e la delegazione dem guidata dal reggente Maurizio Martina, si sono ritrovati questa mattina a 72 ore di distanza dal loro primo incontro.
Tre giorni in cui i vertici del Movimento e quelli del Pd hanno dovuto far fronte soprattutto ai reciproci malumori interni: militanti in rivolta, malumori tra i gruppi dirigenti, accordo sì, accordo no.
Per adesso, a prevalere nel Pd sembra essere la linea del dialogo: una convergenza che potrebbe, a quasi due mesi di distanza dalle elezioni, dare un governo al Paese. Ma le divisioni di fondo nel partito su una alleanza di governo con i 5Stelle restano. Sarà decisiva la direzione del Pd convocata per il 3 maggio.
“Ci sono stati passi avanti”, dice il reggente del Pd alla fine dell’incontro con Fico. Ancora: “In particolare rispetto ad una richiesta fondamentale che avevamo avanzato e ciò che si chiude definitivamente una fase, quella della trattativa tra M5s e Centrodestra”.
Poi parla del lavoro all’ordine del giorno nella prossima direzione del partito: “Abbiamo deciso di convocare la direzione nazionale Pd il 3 maggio prossimo per decidere se e come accedere a questo confronto con i 5s da comunità collettiva. Insieme discutiamo e poi insieme lavoriamo”.
Una chiosa arriva da Andrea Marcucci, capogruppo dem al Senato e vicino a Renzi: “Se il dialogo partisse, la nostra base sarebbe il programma in 100 punti del Pd”.
Centrale sarà il fattore tempo. I Cinque Stelle potrebbero chiedere a Mattarella di allungare il mandato esplorativo affidato al presidente della Camera per poter permettere al Pd di affrontare tutti i passaggi interni che consentano di arrivare a una decisione.
Tempo che i Cinque Stelle potrebbero utilizzare per una sorta di sondaggio lampo tra gli elettori che consenta di valutare, senza l’approssimazione fornita dalle reazioni social, l’indice di gradimento di un accordo di governo con gli ex avversari.
Un percorso che però potrebbe essere complicato proprio dai trascorsi tra i due partiti.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2018 Riccardo Fucile
LA DIREZIONE DEL CENTRO SOCIALE DI FRASCATI HA DECISO DI SOSPENDERE PER UN MESE IL GIOCO DELLE CARTE… HA FATTO BENE, LA GENTE IMPARI A CIVILIZZARSI
Niente briscola per un mese al circolo per anziani di Frascati (Roma).
La direzione del centro sociale di via Matteotti ha infatti deciso di sospendere per tutto maggio le partite a carte a causa delle troppe parolacce e bestemmie durante il gioco. “Ripetute sollecitazioni indirizzate ai frequentatori del gioco delle carte, di attenersi ad un comportamento di civile convivenza, non hanno prodotto alcun risultato”, si legge nella nota diffusa dal Comitato di gestione.
“La situazione non è più sostenibile – prosegue la nota -. Pertanto a partire dal 1 maggio e per la durata di un mese il gioco di carte è sospeso”.
Secondo quanto riportato da Il Messaggero, nel centro si sarebbero formate due fazioni: la maggior parte degli anziani è favorevole alla scelta della direzione, mentre un ristretto numero di avventori non è disposto ad andare altrove per giocare a carte.
Bestemmiatori a casa propria o a casa altrui?
La radice di ignoranza è quella.
(da agenzie)
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Aprile 26th, 2018 Riccardo Fucile
DI MAIO SI E’ PERMESSO DI NON RISPONDERE A UNA SUA MAIL, ORA RISCHIA L’ARRESTO PURE LUI
Avevamo lasciato il generale Antonio Pappalardo impegnato in un ricorso per invalidare le elezioni
del 4 marzo e ad “arrestare”, dopo Mattarella, anche Beatrice Lorenzin.
Lo ritroviamo oggi impegnato nell’ennesima chiamata alle armi del popolo, stavolta per “invadere Roma per occupare il parlamento e cacciare via gli abusivi e incostituzionali. Mai governo 5S, PD, Gentiloni”.
Il generale Pappalardo anche stavolta promette fuoco e fiamme contro “gli abusivi” e minaccia esplicitamente il presidente della Repubblica Sergio Mattarella:
“Noi del Movimento Liberazione Italia lo abbiamo detto prima delle elezioni che questo Rosatellum era anticostituzionale e nullo e di non andare a votare. Molti cialtroni ci hanno coperto di insulti quando dicevamo che avrebbero fatto la grande ammucchiata. Ci hanno pure deriso quando siamo andati ad arrestare Mattarella. Ma il verbale del suo arresto è presso la Stazione carabinieri di Roma Quirinale e prima o poi lo tireremo fuori. Noi carabinieri abbiamo oltre 200 anni di storia e vediamo lontano nel tempo.
E ci svela anche un gustoso retroscena su Luigi Di Maio, che addirittura si sarebbe permesso di non rispondere alle sue mail per parlare dei soldi alle forze armate e alle forze dell’ordine.
Infine, il generalissimo ci svela il problema vero dell’Italia: il comunismo, anche da noi, è duro a morire (grrr, maledetto Ginko).
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 26th, 2018 Riccardo Fucile
“NON HANNO CAPITO CHE NON MI FACCIO INTIMIDIRE, NEI GRUPPI HO LA MAGGIORANZA”…MA CI SI CHIEDE: QUESTO E’ CAPO DI UN PARTITO PERSONALE O PENSA A RAPPRESENTARE L’INTERESSE DEL PAESE?
L’ex premier, secondo Il Giornale, si sente messo con le spalle al muro ma avverte: “Scelgo il muro. Io in Parlamento ci torno, Franceschini non so. Questi non hanno capito che non mi faccio intimidire”. E si affida al pallottoliere: “Per fare l’accordo non basta avere il 51% della direzione, devi assicurarti almeno l’85% dei gruppi. Numeri che non avranno mai”. Mattarella pronto a dare più tempo a Fico.
“Hanno impostato una trattativa violenta, con minacce e ultimatum. Vogliono mettermi con le spalle al muro: o dico sì al governo con i grillini o c’è il muro, cioè le elezioni. Ma io scelgo il muro, cioè le elezioni. Tanto io in Parlamento torno, Franceschini non so. Questi non hanno capito che non mi faccio intimidire. Sono pronto a trattare pure con Belzebù, ma certo non ho paura di chi nelle trattative politiche si comporta come sul web, con i metodi delle baby gang“.
Sono i commenti attribuiti dal Giornale a Matteo Renzi, che avrebbe “comunicato agli amici” queste valutazioni rispetto all’ipotesi — che per l’ex segretario dem è da escludere — di un esecutivo M5s-Pd.
Prospettiva che il presidente della Camera Roberto Fico cercherà giovedì di concretizzare con un nuovo giro di consultazioni nell’ambito del mandato ricevuto dal capo dello Stato Sergio Mattarella.
Pronto, secondo i quotidiani di oggi, a concedere altro tempo all’esponente pentastellato: probabilmente fino a metà della prossima settimana, quando è in calendario la direzione dem.
Il giorno dopo il “sondaggio” dell’ex premier tra i fiorentini sull’opportunità di un accordo, Yoda — alias Augusto Minzolini — sulle pagine del quotidiano berlusconiano dà conto anche di come Renzi si senta forte dei calcoli al pallottoliere sui voti in direzione Pd e in Parlamento.
Non a caso, come ricorda La Stampa, ha fatto convocare una riunione del gruppo al Senato per mercoledì 2 maggio, lo stesso giorno in cui si terrà la direzione, dove i numeri sono a suo favore.
“Per fare un governo con i grillini”, è la riflessione che gli attribuisce il Giornale, “non basta avere il 51% della direzione, devi assicurarti almeno l’85% dei gruppi parlamentari. Numeri che non avranno mai, specie con la rivolta che c’è nel partito”.
L’ex segretario: “Possiamo dare il Paese ai giustizialisti?” — Secondo il Giornale, il senatore di Rignano imputa a chi ha aperto al dialogo di aver impostato male la trattativa, o di puntare solo a mantenere salda la poltrona.
E annota che tra i “colpevoli” verrebbe annoverato pure il Colle, che “ha accelerato i tempi del confronto e non ha impedito che i grillini usassero l’arma di ricatto delle elezioni”. Insomma, Renzi si sente messo al muro da “minacce, ricatti e ultimatum”, per di più da parte di quelli che — annota Yoda — giudica “giustizialisti” per le reazioni alla sentenza palermitana sulla trattativa Stato-mafia.
Pd spaccato. Bindi: “Valutare accordo ma non sulle poltrone”
Il Pd però è spaccato, con il reggente Maurizio Martina schierato tra gli aperturisti insieme — come riporta il Corriere — al governatore pugliese Michele Emiliano, al deputato Francesco Boccia e ai compagni di corrente, da Dario Ginefra a Beppe Lumia. E anche Dario Franceschini, Piero Fassino, Andrea Orlando, Graziano Delrio e Anna Finocchiaro, tra gli altri, spingono per il confronto.
Per Rosy Bindi, intervistata da Repubblica, “prima vengono gli interessi del Paese, poi quelli del Pd. Perciò penso che occorra valutare se un accordo con i 5Stelle sia possibile. Ma attenzione, non è che si vanno a vedere le carte in nome di un nobile motivo e poi lo si trasforma in un accordo di potere, sulle poltrone, sul numero dei ministeri, su chi va a Palazzo Chigi e chi no”.
Scalfarotto: “Distanza enorme sui valori, nascerebbe mostro incomprensibile” Contrari invece i fedelissimi renziani Luca Lotti, Maria Elena Boschi, Matteo Orfini, Michele Anzaldi, Simona Bonafè, Silvia Fregolent, Alessia Morani, Alessandra Moretti.
Ma anche il ministro dello Sviluppo uscente Carlo Calenda che ribadisce: “Tra noi e il M5S c’è una distanza siderale, bisogna avere un minimo comune denominatore”. Un’alleanza con M5s “sarebbe un voltafaccia ai nostri elettori”, dice dal canto suo Anzaldi in un’intervista al Foglio.
“Per tutta la campagna elettorale abbiamo detto ‘mai con gli estremisti’ e ora ci alleiamo con chi non soltanto ci ha dato per cinque anni dei ladri, dei mafiosi e via insultando, ma ha anche un programma che è opposto al nostro? Credo che nessun elettore Pd capirebbe. Basta vedere come reagiscono i nostri militanti sui social, ma lo stesso avviene con le persone nei bar o per strada”.
“A un governo con i grillini sono decisamente contrario, e non solo per le differenze programmatiche. Esiste una distanza enorme sui valori“, aggiunge il deputato dem Ivan Scalfarotto intervistato da Repubblica.
Dall’intesa tra Pd e M5S “verrebbe fuori un mostro incomprensibile per gli elettori di entrambe le forze”. “Poche ore fa ero in piazza per il 25 aprile, a Milano. Non c’era una bandiera dei Cinquestelle. Come dice Di Battista, per loro fascismo e antifascismo sono categorie superate. Per noi no, la libertà deriva dalla Resistenza”.
“Io sono per rispondere no all’offerta di Di Maio”, commenta Sandro Gozi. “I dieci punti dei Cinque Stelle saranno anche di buon senso. Ma loro sono per abolire il Jobs act? Bene, noi no. Loro sono per l’abolizione della riforma Fornero? Noi no”.
Il Corriere attribuisce anche a Paolo Gentiloni la valutazione che un accordo con M5s è “implausibile“. Ma in mattinata fonti di palazzo Chigi hanno smentito le frasi sulle “scelte che attendono il Partito democratico”.
(da “Huffingtonpost”)
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Aprile 26th, 2018 Riccardo Fucile
“SERVE TEMPO E SERVE RENZI” SECONDO MARTINA
Il presidente della Camera Roberto Fico salirà al Colle per chiedere l’unica cosa che può rendere
possibile quello che oggi sembra impossibile: tempo.
In questa lunga epopea di trattative e capovolgimenti, il tempo è una categoria che tutto contiene e tutto trasforma, come una sorta di divinità che muove i destini dei protagonisti inconsapevoli della meta finale.
«Serve tempo e serve Matteo Renzi» dice il reggente del Pd Maurizio Martina, ed è quello che i democratici ribadiranno a Fico, alle 11.30 di questa mattina.
È prevedibile che il presidente della Camera, grillino, riporterà a sua volta una domanda che assilla il suo Movimento: cosa vuole fare Renzi?
Perchè il Pd vale nella sua compattezza, e senza Renzi, principale azionista dei gruppi parlamentari, l’accordo è impossibile.
Lo dicono i numeri: Pd e M5S uniti valgono al Senato 161 seggi, uno in più della maggioranza.
Sono cifre che al Quirinale compulsano da giorni, consapevoli di quanto tutto si regga sulle intenzioni dell’ex premier.
Il timore che filtra dal Quirinale è figlio della confusione percepita, di notizie che rimbalzano dal Pd, poco incoraggianti sulla tenuta del partito. Una spaccatura non servirebbe a nulla, nè avrebbe senso continuare se le condizioni poste da Renzi (un suo ruolo, o quello di Maria Elena Boschi nel governo, per fare un esempio che circola in queste ore) fossero irricevibili.
Non resterebbe che il voto anticipato, a settembre, un fantasma che è tornato ad aleggiare tra Quirinale e il Parlamento.
Per evitarlo, l’esploratore Fico dovrà inoltrarsi nella giungla dem, cercando di capire in fretta se in un margine temporale più ampio potrebbero smussarsi le ostilità . Alle 13 ne parlerà con Luigi Di Maio e il resto della delegazione grillina. Subito dopo, nel pomeriggio, andrà a riferire a Sergio Mattarella che a quel punto avrà il potere di dilatare ulteriormente i tempi.
Due date fanno propendere per l’ipotesi che le trattative si inoltreranno per più giorni. La resa dei conti interna al Pd si terrà il 2 maggio, in direzione.
Mentre questa sera i parlamentari 5 Stelle si riuniranno in un’assemblea per discutere la svolta, che anche se annunciata nella abusata dialettica dei due forni, ha avuto dei contraccolpi.
Cambiato il partner, devono cambiare le priorità politiche. E non è così semplice passare dal populismo sovranista anti-Bruxelles della Lega al riformismo europeista del Pd.
C’è da analizzare un trauma in casa 5 Stelle, in ore incandescenti, mentre i social network che veicolano l’umore dei militanti sono scatenati contro Renzi.
Per questo motivo a Fico che gli chiederà se è disposto a dare il tempo necessario al Pd per provare a rimettere insieme i cocci, Di Maio dirà di sì, soprattutto se sentirà il sostegno del Colle.
Concederà tempo, perchè lui stesso ha bisogno di tempo. Anche perchè il messaggio che gli ha recapitato ieri un 5 Stelle vip, new entry del Movimento, come Gianluigi Paragone è stato chiaro: «Sono entrato nelle istituzioni con un’idea di cambiamento e se qualcuno pensa di allearsi col M5S deve partire da ciò che ho detto in campagna elettorale».
Altre voci, invece, esultano all’idea che sia a sinistra che deve guardare Di Maio.
Il leader comunque, con astuzia e furbizia, si è tenuto due exit strategy.
Una esplicita: il referendum su Rousseau per dare alla base l’ultima parola su un eventuale accordo di programma con il Pd.
L’altra invece è quella che nessuno dei suoi più stretti collaboratori oserebbe confessare: riaccendere il forno con la Lega, se, di fronte alla prospettiva di un governissimo tecnico, Matteo Salvini trovasse il coraggio di rompere con Silvio Berlusconi. Uno scenario che in cuor suo Fico, fiero antileghista, vorrebbe evitare.
Ma anche in questo caso bisogna aspettare. Almeno fino a lunedì, quando il voto in Friuli sancirà il dominio del centrodestra al Nord.
(da “La Stampa”)
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Aprile 26th, 2018 Riccardo Fucile
LA COMUNICAZIONE HA ORDINATO DI RAFFREDDARE I TONI NEI CONFRONTI DEL PD E DI TROVARE UN NUOVO NEMICO, MATTEO SALVINI
In un articolo a firma di Pasquale Napolitano, il Giornale oggi racconta che ci sarebbe un ordine di scuderia all’interno del MoVimento 5 Stelle volto a raffreddare gli animi nei confronti dell’alleanza con il Partito Democratico e a indicare in Salvini il nuovo nemico:
Il partito del rottamatore è stato il principale bersaglio della battaglia politica del M5s. Ora quel partito può diventare un alleato di governo. Rocco Casalino, uomo comunicazione del M5s, è già al lavoro con i collaboratori per derenzizzare la propaganda grillina: la macchina social dei Cinque stelle ha bisogno di nuovo nemico. Già individuato in Matteo Salvini, che nel Di Maio pensiero ha la grave colpa di aver rispettato il patto con gli eletto rimantenendo fede all’alleanza di centrodestra.
L’ordine della scuderia grillina è partito, dopo l’apertura del reggente del Pd Maurizio Martina alla trattativa con il M5s: far dimenticare l’antirenzismo, colpendo Salvini.
La comunicazione social dei Cinque stelle viaggia su un doppio binario: le pagine ufficiali dei gruppi di Camera, Senato, Regioni e Comuni, direttamente gestite da Casalino e il suo staff, e quelle non certificate (W Il M5s, Notizie sul Movimento di Beppe Grillo, Tutti uniti nel M5s), delle quali il guru grillino ne ha sempre negato la paternità ma che concorrono a veicolare i messaggi della battaglia del Movimento.
A onor del vero, c’è da segnalare che finora sono state le risorse web di Matteo Salvini a lanciare i militanti contro Di Maio e non il contrario.
Ma c’è anche da segnalare che alcune pagine non ufficiali sembrano davvero aver cambiato verso nei giorni scorsi e se la stiano prendendo più con Salvini che con Renzi
Il Giornale sostiene che però tutto questo sia gestito dal vertice pentastellato.
Una macchina da guerra perfetta, svelata in un’intervista a La Stampa di Arnaldo Capezzuto, ex capo della comunicazione del M5s in Campania, guidata da Casalino in persona attraverso la gestione delle pagine, affidata ai suoi più stretti collaboratori. L’ex concorrente del Grande Fratello nei gruppi Whatsapp detta tempi e temi della comunicazione dei Cinque stelle.
Il primo compito dello staff comunicazione del M5s sarà quello di ripulire tutte le pagine da messaggi, post e foto contro Renzi.
Far sparire dalla propaganda social gli attacchi contro i democratici. Attacchi su cui Di Maio e il suo cerchio magico hanno fondato la battaglia politica: dalle accuse a Maria Elena Boschi per l’affare di Banca Etruria agli insulti contro Renzi per il caso Consip. E per evitare incidenti politici nella delicata fase della trattativa tra Martina e Di Maio, Casalino avrebbe suggerito, sempre attraverso i gruppi Whatsapp, di ammorbidire i toni contro il Pd.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 26th, 2018 Riccardo Fucile
NON UNA CONSULTAZIONE SU ROUSSEAU PER I SOLI ISCRITTI MA UNA RICHIESTA AGLI ELETTORI
Il MoVimento 5 Stelle sta per commissionare «un sondaggio vero e proprio», dunque diverso e
indipendente dal referendum annunciato sulla piattaforma Rousseau, per misurare il reale gradimento del patto 5S-PD.
Un’indagine, racconta oggi Giovanna Vitale su Repubblica, non limitata ai soli iscritti, solitamente più attivi sui social e dunque in grado di condizionare il dibattito, bensì allargata all’intera platea degli elettori.
In grado di far capire ai vertici se spegnere il forno di destra per accendere quello di sinistra sia stata o no la scelta giusta.
I pentastellati quindi pensano che le reazioni a caldo al messaggio di Di Maio di qualche giorno fa siano soltanto l’inizio di un dibattito in cui le voci a favore devono ancora farsi sentire.
E mentre Il Giornale scrive che c’è un (improbabile) ordine di scuderia dei vertici per evitare le polemiche con il Partito Democratico e cancellare gli insulti degli ultimi tempi, i grillini cercano conferme che però tardano ad arrivare: anche sul post di Di Maio sul 25 aprile ieri è arrivato un nuovo diluvio di reazioni indignate: «No agli inciuci col Pd!», «Hai tradito 11 milioni di elettori», «Infame», «Mai con Renzi, meglio al voto».
Un’onda che ha sorpreso anche i più governisti fra i Cinquestelle. Da monitorare e sondare. Per poter mettere a punto le contromisure.
Cominciando dalla più urgente: prendere tempo, che poi è la stessa necessità del potenziale alleato, per consentire alle rispettive famiglie di digerire un simile matrimonio. «L’odio che reciprocamente abbiamo alimentato in questi anni non lo risolvi in un attimo», spiega uno dei custodi dell’ortodossia dimaiana.
«Specie in alcune realtà , penso per esempio alla Campania dove abbiamo attaccato persino i sospiri del governatore De Luca, dobbiamo avere i margini per spiegare perchè il contratto con il Pd è l’unica strada per dare un governo di cambiamento al Paese».
È la sola cosa che preoccupa i davvero i vertici del Movimento.
Convinti invece che l’assemblea dei gruppi parlamentari convocata per il tardo pomeriggio di oggi a Montecitorio si risolverà in un passaggio poco più che formale.
(da “NextQuotidiano“)
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Aprile 26th, 2018 Riccardo Fucile
SI PARLA DI BENEDETTI, CECCONI, VITIELLO, CAIATA E TASSO… E’ IL MOVIMENTO DEGLI ITALIANI AL’ESTERO
In un articolo a firma di Salvatore Dama Libero oggi racconta che cinque deputati eletti con il Movimento 5 Stelle hanno annunciato la propria adesione al Maie, il Movimento associativo degli italiani all’estero.
Ed è una cosa che fa anche un po’sorridere. Perchè i transfughi in questione sono tutti stati eletti sul suolo patrio.
Sono la padovana Silvia Benedetti, il pesarese Andrea Cecconi, il campano Catello Vitiello, il lucano Salvatore Caiata e il pugliese Antonio Tasso.
A differenza di quanto scrive Libero, non ci sono annunci ufficiali da parte dei cinque deputati riguardo la loro adesione al MAIE.
I cinque sono finiti al centro della campagna elettorale per i motivi più strani.
Catello Vitiello è stato accusato di aver nascosto il suo passato massone, Salvatore Caiata avrebbe nascosto al M5S un’indagine per riciclaggio che lo vedeva coinvolto, Antonio Tasso non aveva comunicato ai capi una condanna per contraffazione. Cecconi e Benedetti invece sono stati abbattuti dalla Rimborsopoli scatenata dalle Iene (nei confronti della deputata padovana le accuse non sono state mai chiarite). Durante la campagna elettorale Di Maio aveva sostenuto che gli “impresentabili” avrebbero rinunciato al seggio (impossibile) e si sarebbero dimessi (nessuno di loro ha presentato dimissioni).
Con molta franchezza, Cecconi ha detto pubblicamente che la rinuncia al seggio era “un patto firmato sulla carta igienica” e non aveva alcun valore.
Quelle che con poca eleganza Luigi Di Maio definì “mele marce” sono quindi rimasti in parlamento.
Tornano in mente oggi le parole profetiche di Luigi Di Maio che disse: «Tutti coloro che erano in posizioni eleggibili nei candidati delle liste plurinominali mi hanno già firmato un modulo per rinunciare alla proclamazione altrimenti gli facevo danno d’immagine».
Una richiesta che non ha alcun senso perchè la proclamazione è un passaggio tecnico e automatico che avviene in conseguenza del fatto che un candidato ha ricevuto un numero sufficiente di voti per essere eletto.
Ciononostante il M5S è andato avanti per tutto il proseguo della campagna elettorale a spiegare che “gli eletti avrebbero rinunciato” al seggio, che gli impresentabili non erano un problema perchè candidati in collegi uninominali perdenti nei quali non sarebbero stati eletti.
Il modulo “per gli impresentabili” però era una bufala, un trucchetto da campagna elettorale.
(da “NextQuotidiano”)
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Aprile 26th, 2018 Riccardo Fucile
IL 21ENNE HA SIMPATIE DI ESTREMA DESTRA E POI SCRIVE: “MAI DALLA PARTE DI CHI INDOSSA LA DIVISA”
Si chiamano Filippo Lombardi, 21 anni, e Daniele Sciusco, 28 anni, i due tifosi romanisti arrestati
martedì sera a Liverpool con l’accusa di tentato omicidio nei confronti del 53enne Sean Cox, in questo momento in coma al centro neurologico di Walton.
Ci sono stati altri arresti: un italiano di 38 anni è accusato di rissa e di possesso di arma contundente. Un altro di 28 anni è stato fermato per aver divelto un seggiolino all’interno dell’Anfield. Il quinto italiano, 28 anni, è accusato di possesso di arma pericolosa.
I quattro inglesi, due di 35 anni, uno di 40 e uno di 42 anni, sono stati arrestati per rissa, ubriachezza, danni e possesso di cocaina.
Sean, irlandese, 53 anni, originario di Dumboyne, direttore vendite di Precision Cables, stava andando allo stadio Anfield insieme al fratello. Sean si trovava di fronte al The Albert pub in Walton Breck Road, storico punto d’incontro dei tifosi Reds, sotto la Kop. È stato colpito da alcune cinghiate ed è caduto sbattendo la testa sull’asfalto.
Secondo le ricostruzioni fornite dai testimoni 30-35 ultras romanisti del gruppo dei Fedayn sono arrivati poco prima del fischio d’inizio della gara in una zona tra la Kop, il settore dei tifosi inglesi, e l’Albert Pub.
Il giornalista della BBC David Ornstein ha raccontato che il gruppo è spuntato da Venmore Street, è arrivato a Walton Breck Road e ha attaccato quelli del Liverpool usando le cinture. Lì è stato colpito Sean Cox, e lì è ritratto anche un uomo con un martello, un modello acquistabile in Gran Bretagna al costo di 3 sterline.
La moglie di Cox, Martina, sta valutando se lasciare andare il marito, ovvero staccare la spina. Filippo Lombardi e Daniele Sciusco, riconosciuti dai video — secondo alcune cronache di oggi grazie alla Digos — sono trattenuti con l’accusa di tentato omicidio. Loro hanno respinto le accuse, confermando solo di trovarsi in zona e sostenendo di aver subito un lancio di bottiglie prima della rissa. Giuseppe Scarpa racconta su Repubblica chi sono i due:
A testimoniare la loro cieca fede calcistica ci sono i rispettivi profili facebook intasati di foto in mezzo ai sostenitori più accesi della Roma. Dall’account del 21enne emerge anche una certa simpatia nei confronti degli ambienti di estrema destra.
Tra i vari “mi piace” cliccati da Lombardi c’è infatti quello dedicato a “Opposta Fazione Roma”, un gruppo ultrà di ispirazione neofascista.
Tra l’altro la bacheca di Lombardi, prima di essere chiusa, è stata presa d’assalto da parte di diversi utenti.
Sotto a un post in cui il 21enne offende le forze dell’ordine — “mai dalla parte di chi indossa la divisa” — sono numerose le persone che l’accusano di aver compiuto un gesto scriteriato: “Prima dell’immagine della Roma — scrive una donna — hanno rovinato la vita di un uomo e della sua famiglia. Ora questo poveraccio è in coma con danni irreversibili al cervello e non si sa se potrà sopravvivere”. Il più giovane è uno studente, l’altro è un impiegato. Nessuno dei due ha mai avuto problemi con la giustizia.
A difendere i due è l’avvocato Lorenzo Contucci insieme a un collega inglese.
La polizia inglese ha 24 ore di tempo (più dodici di proroga) per formalizzare l’accusa. Attualmente sono fortemente indiziati e per questo in stato di fermo. Una volta confermata l’imputazione entro 96 ore dovrebbero comparire di fronte a un giudice per la convalida dell’arresto. Davanti al magistrato i due — dietro il pagamento di una cauzione — potrebbero essere rilasciati.
Ci sono versioni contrastanti su cosa rischia la società A.S. Roma per i fatti di Liverpool. Secondo la Gazzetta dello Sport la sanzione più probabile, visti i precedenti Uefa in casi simili, sarebbe il divieto di vendere biglietti ai tifosi per una o più trasferte. Meno facili le porte chiuse in casa, proprio perchè i fatti si sono svolti altrove. Inoltre è da non escludere una multa.
Secondo La Repubblica invece la pena massima è giocare a porte chiuse tutta la prossima stagione. Ma la Roma — e pure il Liverpool, a oggi — rischiano di più: extrema ratio è l’esclusione dalle coppe per un anno.
I due club intanto cooperano in vista del ritorno, il 2 maggio all’Olimpico.
(da “NextQuotidiano”)
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