Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
NESSUNO HA MAI PROTESTATO PER L’ARRIVO DI UNA NAVE, TRANNE QUELLA RAZZISTA DELLA C-STAR… SALVO CHE LA PROTESTA NON L’ORGANIZZI SALVINI CON TRUPPE CAMMELLATE … SE FOSSIMO UNA ONG PUNTEREMMO LA PRUA SU PALERMO, POI VEDIAMO SE E’ PIU FACILE CHE UNA ONG L’ITALIA LA VEDA IN CARTOLINA O SALVINI LA LOMBARDIA DIETRO LE SBARRE DI SAN VITTORE
Ipocrisia allo stato puro che dà la cifra dell’onestà intellettuale e morale del sedicente governo del Cambiamento, in realtà un esecutivo xenofobo monopolizzato da Salvini con a fianco i travicelli Conte e Di Maio e lo scudiero Toninelli.
L’ultima scusa è davvero vergognosa: le “vicende giudiziarie” in cui è stata coinvolta la nave delle Ong, le “manifestazioni” che si sono verificate in occasione di precedenti approdi in Italia dell’imbarcazione e il rischio che l’attracco possa provocare proteste e “rischi per la sicurezza”.
Sarebbero questi motivi “di ordine pubblico” alla base della decisione del ministro dell’Interno Matteo Salvini di vietare l’accesso ai porti italiani alla Open Arms.
Una motivazione ipocrita e da Stato di polizia, oltre che illecita.
1) Non ci sono mai state manifestazioni contro l’attracco di una nave Ong in porto italiano
2) L’unica manifestazione c’e’ stata a Catania contro la C-Star, la nave razzista che la scorsa estate ha goduto di impunità scorazzando nel Mediterraneo senza che nessuna autorità italiana la intercettasse.
3) La vicenda giudiziaria in cui la nave “è stata coinvolta” si è conclusa con l’archiviazione disposta dalla procura di Palermo per manifesta infondatezza (come ricordato anche oggi da Fico)
Quindi consigliamo alla nave della Ong di puntare su Palermo e chiedere l’attracco.
In caso di diniego si proceda alla denuncia di tutta la catena di responsabilità , nessuna autorità esclusa, a cominciare da Salvini e Toninelli, fino ai funzionari che hanno avallato con la loro firma un atto illecito.
Si quantifichi il danno e si proceda anche in sede civile ad personam, chiedendo il blocco preventivo per equivalente di beni e conto corrente di Salvini e Toninelli.
In caso di morti a bordo per mancanza di cure e cibo si chieda di procedere per strage.
Poi vediamo se è più facile che una Ong l’Italia la veda in cartolina o qualche ministro la Lombardia da dietro le sbarre.
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
DENUNCIA DEL CENTRO ASTALDI: “RIMANDARE INDIETRO I PROFUGHI E’ UN REATO PENALE”
La rabbia è pari al dolore per l’ennesima strage di innocenti consumatasi nel “Mare mortum”: il Mediterraneo.
Le immagini dei corpi senza vita di tre neonati, morti sulla rotta mediterranea, hanno scavato un abisso incolmabile tra il mondo della solidarietà e coloro che governano il Paese.
Un abisso etico, prima ancora che politico.
La sintesi di una storia senza lieto fine è nel testo che accompagna il video di Medici senza Frontiere.
Operazione Mare nostrum: CANCELLATA. Accordo per il trasferimento dei rifugiati: INCOMPIUTO. Confini europei: CHIUSI. Navi delle Ong: BLOCCATE.
Le politiche europee condannano le persone a rimanere intrappolate in Libia o annegare in mare. Presidente Giuseppe Conte, è questa l’Europa che vogliamo?
Msf dà conto di uno stato d’animo che attraversa il variegato universo delle Ong, che non è mai stato un indistinto monolite ma che oggi trova una unità sostanziale nel denunciare la deriva securista e la criminale ipocrisia dell’Europa e dei suoi leader.
C’è una coincidenza temporale che suona come una sentenza senza appello, vista dal fronte della solidarietà : nelle stesse ore in cui a Bruxelles si varava un “accordicchio” tanto per provare a salvare la faccia ad una Europa marchiata dai sovranismi più retrivi, al largo delle coste libiche oltre 100 persone morivano affogate.
Oltre le dichiarazioni ufficiali, ciò che da quel “fronte” emerge con assoluta nettezza è la convinzione che dietro la guerra dichiarata alle Ong impegnate nei soccorsi in mare c’è la volontà di liberarsi di testimoni scomodi.
“Quella che è stata imbastita a livello europeo è una campagna di demonizzazione delle ‘non-governmental search and rescue operations'”, dice all’HuffPost Karline Kleijer, responsabile degli interventi di emergenza di Msf. Ed ora le cose sono destinate a peggiorare ulteriormente — sì è possibile -, ora che a comandare, per volontà europea, è la Guardia costiera libica: “I governi europei — rimarca ancora Kleijer — sanno bene cosa significhi riportare le persone che fuggono in mare nei lager libici, dove la tortura è la normalità e le condizioni di vita sono disumane”.
La situazione è tragica.
Il portavoce dell’Agenzia delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) Charlie Yaxlei fa parlare i dati. Agghiaccianti. Nei primi cinque mesi del 2018 oltre 1000 migranti sono morti nel Mediterraneo. E a giugno il bilancio di una tragedia annunciata è cresciuto ancora. Ora, avvertono le Ong, siamo in mano della Libia. E i risultati si vedono. Ma ciò che conta, aggiungono, per coloro che sbandierano come un successo la diminuzione degli sbarchi, facendo finta di non sapere in quale inferno vengono ricacciati quelli riportati indietro nei lager libici, è che non vi siano più testimoni scomodi di quelle atrocità . E Tripoli alza la voce sui migranti.
L’Unione europea “è venuta meno ai suoi impegni” perchè, “ad eccezione dell’addestramento (della guardia costiera) che non era una priorità , abbiamo avuto solo briciole. Nessun supporto tecnico, materiale o finanziario. Solo promesse, parole, polvere negli occhi”.
A proclamarlo è il generale Ayoub Kacem, portavoce della Marina libica, precisando che al momento le motovedette usate dai suoi uomini sono “prestate” da Roma dal 2010 e ormai “hanno raggiunto il loro limite”.
Il capitano di una delle navi libiche, colonnello Abou Ajila Abdelbari, ha aggiunto: “Abbiamo comunicato tutte le nostre esigenze, per quanto riguarda navi e attrezzature, al nostro cosiddetto partner europeo, su sua richiesta. Ma abbiamo solo ricevuto promesse”.
Bussa a soldi, Tripoli. E tanti. Ma anche su questo punto, l’Italia non l’ha spuntata: all’Europa si chiedevano 6 miliardi di euro, gli stessi concessi alla Turchia di Erdogan, per bloccare i flussi migratori sulla rotta libica: Bruxelles ne ha concessi 500 milioni, un dodicesimo.
“Con 220 persone morte annegate la settimana scorsa si è registrato il maggior numero di morti nel Mediterraneo dall’inizio dell’anno. Tutte tragedie evitabili”, scrive Medici senza Frontiere in un appello lanciato ai governi europei che “hanno bloccato le operazioni di ricerca e soccorso in mare delle Ong, consegnando la responsabilità dei soccorsi alla Guardia costiera libica”.
“I governi europei — scrive Msf — stanno finanziando, formando ed equipaggiando la Guardia costiera libica per intercettare barche alla deriva e rispedire le persone a bordo in Libia dove vengono detenute in condizioni disumane. In uno sviluppo senza precedenti, circa 2000 persone sono state rispedite in Libia durante lo scorso fine settimana.
All’arrivo sono stati condotti in centri di detenzione arbitraria senza alcun processo legale”, sottolinea la Ong.
“La priorità dei leader Ue sarebbe dovuta essere quella di affrontare le carenze del sistema di accoglienza a livello europeo, dando una risposta efficace e umana alla crisi migratoria, non solo rispondere ai problemi politici interna – afferma Elisa Bacciotti, direttrice delle campagne di Oxfam Italia —. Invece, in un momento in cui sarebbe necessario dimostrare una vera leadership europea, i capi di stato europei e i governi continuano a scaricare le loro responsabilità per il controllo delle frontiere fuori dall’Unione sui Paesi africani. Paesi come la Libia che si sono già dimostrati non in grado di garantire la tutela dei diritti umani dei migranti: nelle carceri di questo paese le persone sono quotidianamente vittime di abusi e torture. A tutto questo si aggiunge il via libera degli Stati Membri alla creazione su base volontaria di centri “controllati” chiusi, che rischiano di assomigliare a veri e propri centri di detenzione. Un altro punto che rappresenta l’ennesimo fallimento di un approccio europeo che minaccia direttamente i diritti di donne, uomini e bambini in fuga da guerre e persecuzioni nei propri Paesi di origine”.
La Libia non è un Paese sicuro. Rimandare i migranti indietro è “vietato oltre che disumano”, denuncia il Centro Astalli, il Servizio dei gesuiti per i rifugiati in Italia. Per il Centro Astalli, “sulla base di testimonianze dei rifugiati che accogliamo e di cui certifichiamo le torture e le violenze subite nei centri di detenzione libici, la Libia non può essere considerata in alcun modo un Paese sicuro. Come denunciano le Nazioni Unite e le principali Ong umanitarie, le condizioni nel Paese sono tali da rendere inaccettabile la soluzione di affidare alla guardia costiera libica, che in varie occasioni si è tra l’altro resa responsabile di abusi, i migranti che tentano di attraversare il Mediterraneo. E’ concreto il rischio che le persone, sistematicamente soggette a detenzione, subiscano trattamenti inumani e degradanti. Favorire dunque il loro rinvio in Libia si configura come violazione di importanti principi giuridici, quali l’art. 3 della Carta Europea dei Diritti Umani e il principio di non respingimento previsto dall’art. 33 della Convenzione di Ginevra sullo status di rifugiato”.
“I leader dell’Ue hanno preferito la paura alla compassione” con la firma delle Conclusioni del Consiglio europeo che “potranno mettere in pericolo uomini, donne e bambini tra i più vulnerabili al mondo”, incalza” Amnesty International.
L’Ue e l’Italia stano garantendo assistenza alla Guardia costiera libica, affinchè intercetti I barconi dei migrantinel Mediterraneo, nelle acque libiche ma anche in quelle internazionali, malgrado la preoccupazione delle associazioni umanitarie che questo possa condannare i migranti a detenzioni arbitrarie e indefinite ed esporli a torture, violenze, lavori forzati, sfruttamento ed estorsione. Quelli detenuti potrebbero non avere la possibilità di contestare l’illegalità della loro detenzione e non avere accesso all’assistenza legale”, annota L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, Zeid Ra’ad Al Hussein.
Ma le conclusioni del vertice Ue hanno ribadito la necessità di non interferire con il lavoro delle autorità libiche. “Abbiamo inviato un messaggio a tutti, anche alle Ong — conferma il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk — devono rispettare la legge e non devono ostacolare il lavoro della Guardia Costiera libica”.
Parole alle quali le Ong si ribellano. “Distruggere il lavoro delle organizzazioni e la capacità di salvataggio nel Mediterraneo — twitta Msf — porterà solo a più morti inutili in mare. Un costo umano orrendo”.
“Non è una buona notizia” aggiunge Sos Mediterranee che però conferma l’impegno: “Fino a quando degli esseri umani rischieranno la loro vita in mare, noi proseguiremo la nostra missione per cercare, soccorrere, proteggere e testimoniare”.
La denuncia di quello che viene percepito come un “attacco finale” si accompagna alla determinazione a non mollare.
Un messaggio che viene anche dal Cini, il Coordinamento italiano Ong internazionali a cui aderiscono Actionaid, Amref, Cbm, Save the children, Terre des hommes, Vis, che non nasconde la “forte preoccupazione” per la proposta Ue per contenere i flussi migratori sulla rotta del Mediterraneo centrale e la Libia.
“Le Ong aderenti al Cini – sottolinea il portavoce Antonio Raimondi – sono fortemente preoccupate dall’approccio securitario volto al controllo delle frontiere esterne dell’Unione europea, condiviso e supportato dagli Stati membri per una gestione dei flussi migratori basata principalmente, se non esclusivamente, su sicurezza, controllo dei confini, rimpatri, respingimenti e quote di ingresso…”.
Il direttore delle operazioni di Sos Mèditerranèe Frèdèric Penard, ha rimarcato nei giorni scorsi che “il clima non è più favorevole alle Ong” in Italia, anche se vengono registrate con favore, e in controtendenza alla linea di chiusura totale del vice premier leghista, le parole del presidente della Camera, Roberto Fico, che dall’hotspot di Pozzallo, dice: “Io i porti non li chiuderei… Dalle Ong un lavoro straordinario”.
Sos Mèditerranèe ha precisato inoltre che lo scalo tecnico a Marsiglia, deciso dopo la chiusura dei porti italiani e maltesi alle Ong, “non è una buona notizia perchè rappresenta 5 giorni di navigazione supplementari e una presenza nuovamente ridotta nella zona di salvataggio, mentre nel Mediterraneo centrale le traversate proseguono”. Le Ong, ormai sono state ridotte quasi all’impotenza: 3 navi di altrettante Ong tedesche, la Lifeline, la Sea Watch 3 e la Seefuchs, sono ferme nel porto della Valletta. Malta non consente loro di ripartire. La Lifeline per via dell’inchiesta, dopo lo sbarco di 4 giorni fa; le altre due, che erano a Malta per rifornimenti, perchè le autorità della Valletta hanno bloccato accesso e uscita dai porti alle navi Ong.
Per lo stesso motivo, la Aquarius di Sos Mèditerranèe e Msf ha dovuto fare rotta per la Francia ed è arrivata giovedì a Marsiglia.
Nel Mediterraneo centrale restano solo due imbarcazioni, entrambe della spagnola ProActiva Open Arms: la Open Arms, tornata in mare in questi giorni dopo lo stop per il sequestro a Pozzallo e lavori in Spagna, e il veliero Astral.”
La strage dei bimbi, in un Mediterraneo senza Ong”: titolava “La Stampa”.
Mai titolo fu così azzeccato. Tragicamente vero.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
SU INDICAZIONE DI SALVINI E TONINELLI, LA GUARDIA COSTIERA ITALIANA NON E’ INTERVENUTA E NON HA DATO IL PERMESSO ALLA ONG DI SOCCORRERE I PROFUGHI ANNEGATI…COSA ASPETTA LA MAGISTRATURA AD APRIRE UN FASCICOLO DI FRONTE A UNA NOTIZIA DI REATO?
La ong Open Arms accusa la Guardia costiera italiana e quella libica della morte dei migranti annegati in un naufragio al largo della Libia.
“Ieri 100 persone sono morte nel naufragio di una barca di fronte alle coste della Libia”, afferma la ong, che ha in queste ore nel Mediterraneo la nave Astral, a bordo della quale si trovano 59 migranti soccorsi oggi.
Open Arms – prosegue il tweet dell’europarlamentare spagnolo Javi Lopez, che si trova a bordo e che in un filmato si sofferma in un colloquio con Oscar Camps, fondatore della ong spagnola – “avrebbe potuto salvarle ma il suo appello è stato ignorato dalla Guardia costiera italiana e da quella libica”.
Il gommone naufragato tra ieri e giovedì scorso aveva a bordo almeno 120 migranti. Al naufragio sono sopravvissuti in 16.
Tra i morti ci sono almeno tre bambini.
Ecco, invece il racconto dell’europarlamentare italiana Eleonora Forenza. “Sono a bordo della Open Arms, che stamattina ha effettuato un salvataggio di 60 persone. Più volte la Open Arms ha contattato le autorità italiane segnalando il pericolo di naufragio, sentendosi rispondere di contattare la guardia costiera libica. Il mancato soccorso in mare è un reato grave, oltre che un atto disumano. Le persone a bordo ci urlavano ‘NO LIBIA’. A differenza di Salvini, le persone che erano su quel barcone sapevano che la Libia è spesso detenzione, tortura, stupro.”
“Sono migranti a bordo della imbarcazione? Sono naufraghi, rispondevano giustamente dalla Open Arms. prosegue Forenza -. Ieri abbiamo letto le dichiarazioni del Ministro dei Trasporti italiano che dichiarava la chiusura dei porti per Open arms per ragioni di ordine pubblico. Oggi leggiamo quelle del Ministro degli interni, ‘scordatevi l’Italia’. Io invece non me la scordo. Perchè è il mio Paese, che sta sprofondando in una voragine di vergogna e disumanità . Ora siamo in viaggio nel Mediterraneo. Se la presenza di quattro parlamentari ha evitato che queste persone fossero riportate in Libia, ecco è la cosa più utile che abbiamo fatto nella nostra vita. Ho visto queste donne e questi uomini delle pericolose Ong abbracciarsi commossi dopo aver salvato 60 persone. Loro sì, fanno politica. Non c’è gesto politico più importante che salvare vite. Prima le persone. Restiamo umani”.
Sulla vicenda interviene anche Malta, che accusa Matteo Salvini.
L’intervento di Open Arms è avvenuto “tra Libia e Lampedusa, Italia. Matteo Salvini la smetta di diffondere notizie scorrette tirando in ballo Malta senza alcuna ragione”, scrive su Twitter il ministro dell’Interno Maltese Michael Farrugia, pubblicando una mappa con le distanze tra il punto dove si trova la nave della Ong, Lampedusa e Malta. “Questi sono fatti – aggiunge – non opinioni”.
“Basta con le bugie Matteo Salvini” scrive invece il portavoce del governo di La Valletta rilanciando il tweet.
(da agenzie)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
IL SINDACO DI MORTARA (PV) TRE ANNI FA AVEVA IMPEDITO AI PROFUGHI (TRA CUI DUE PROFESSIONISTI LIBICI) DI ALLENARSI SUI CAMPI DI CALCIO DEL COMUNE…. MA NESSUNO HA MAI PENSATO DI COMMISSIONARE IL COMUNE
C’è chi vuole chiudere i porti e chi elimina le panchine.
A Mortara, comune in provincia di Pavia, l’amministrazione comunale del sindaco leghista Marco Facchinotti ha deciso di togliere le sedute dalla piazza del quartiere San Pio X, dove spesso sostavano dei ragazzi richiedenti asilo di un centro d’accoglienza.
Lo riporta la stampa locale.
“Una scelta amministrativa”, spiega l’assessore ai Lavori pubblici Marco Vecchio, “ho dato mandato di toglierle visto che è arrivato questo input”.
“Se l’intento della giunta è quello di non far uscire dal centro i ragazzi, non andrà a buon fine”, ha commentato il responsabile della cooperativa, “Si siederanno sul marciapiede o altrove sulla città . Di sicuro non resteranno chiusi tra quattro muri durante tutta l’estate”
Lo stesso sindaco, nel 2015, aveva impedito ai profughi – tra cui due professionisti libici – di allenarsi sui campi di calcio del Comune, come riportato da Repubblica:
“Far giocare queste persone – dice il sindaco Marco Facchinotti – ci sembra uno sgarbo alle famiglie che portano i loro ragazzi a calcio. Noi non vogliamo che persone con uno status ibrido si allenino sui campi da calcio del Comune di Mortara”
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
QUATTRO DELINQUENTI ITALIANI HANNO FATTO IRRUZIONE NEL BAR DELLE DUE DONNE: ARRESTATI PER TENTATO STUPRO CON AGGRAVANTE DELL’ODIO RAZZIALE
Vorremmo sapere i nomi, ora. Di questi quattro delinquenti. Cosa non difficile visto che vengono da paesi piccolissimi dove tutti si conoscono.
Questi balordi hanno bevuto fino a ubriacarsi, poi hanno iniziato a rompere bicchieri e suppellettili, urlando insulti a sfondo razziale si sono denudati in un bar e tentato di violentare la proprietaria e sua figlia, due donne rumene di 40 e 20 anni.
E’ accaduto a Sturno, ieri sera, in provincia di Avellino.
I quattro — denunciati dai carabinieri — sono di Grottaminarda e Flumeri, due frazioni. Clienti abituali del bar. Sono stati identificati e denunciati per tentata violenza sessuale, violenza privata, minacce, danneggiamento aggravato e insolvenza fraudolenta. Reati aggravati dalla finalità di discriminazione e odio razziale.
Dopo aver esposto gli organi genitali, si sono avventati contro mamma e figlia. Urlando: «Fate quello che fanno le rumene». Riferendosi in modo esplicito al sesso orale.
Hanno tentato di palpeggiare le parti intime delle due donne. Che terrorizzate si sono rifugiate dietro il bancone, hanno chiesto al branco di smetterla. Di rivestirsi. Di andare via. Tutto inutile.
Una delle due è riuscita ad agguantare il cellulare e avvisare i carabinieri.
Solo allora i quattro indagati hanno desistito. Si sono rivestiti e sono scappati. Gli investigatori hanno ascoltato le vittime, visibilmente sconvolte. E poi visionato i filmati ripresi dalle telecamere a circuito chiuso installate nel bar.
Immagini che hanno avvalorato il racconto delle due donne.
(da Globalist)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
NELLO STATO NIGERIANO DEL PLATEU SCONTRI ETNICI, VIOLENZE E MIGLIAIA IN FUGA, MA PER QUALCHE INFAME IN NIGERIA C’E’ PACE E PROSPERITA’
Lui è sopravvissuto per miracolo. Lo hanno colpito al collo con un machete durante una delle tante guerre interne alla Nigeria.
Un bambino di due anni che da quando è nato ha visto solo miseria, violenza e guerre.
Nello Stato nigeriano del Plateau negli ultimi giorni oltre 200 persone sono rimaste uccise negli scontri che vedono contrapporsi i contadini Berom e i pastori Fulani.
Uno scontro per il controllo del territorio, dell’accesso all’acqua, l’uso delle risorse.
Berom e Fulani si combattono da molti anni. Ultimamente le violenze sono aumentate. I primi sono principalmente stanziali, i secondi nomadi.
Nel mezzo i bambini e i più deboli che muoiono. Qualcuno fugge.
Ma continuano a chiamarli ‘migranti economici’ visto che in Nigeria – dicono – c’è la pace e la prosperità
(da Globalist)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
ALTRO CHE FINANZIARE IN DEFICIT LE MISURE PREVISTE NEL PROGRAMMA DEL GOVERNO CHE COSTANO 125 MILIARDI DI EURO
Fra i 108 e i 125 miliardi di euro: a questa cifra da brivido ammonterebbe l’onere per le finanze pubbliche del famigerato “contratto” che Lega e M5S sono tuttora impegnati a onorare – fra flat-tax, penali per opere pubbliche “riviste”, riforma della Fornero, reddito di cittadinanza – malgrado la ferma opposizione dello stesso ministro dell’Economia, Giovanni Tria.
E’ l’ultimo calcolo dell’Osservatorio sui conti pubblici italiani, fondato e diretto da Carlo Cottarelli presso l’Università Cattolica di Milano.
Solo una minima parte di questa somma sarebbe recuperabile con manovre di rientro, il grosso finirebbe inevitabilmente ad aumentare il deficit e il debito pubblico.
Con conseguenze potenzialmente rovinose, specialmente per il rapporto debito/Pil, tenuto sotto stretta osservazione da Bruxelles e dai mercati.
Questo è il senso dell’ennesimo “memento” che Carlo Cottarelli lancia al governo, e questa volta utilizza l’arma della dimostrazione scientifica per documentare i pericoli per il debito di manovre avventate e troppo costose.
L’ultimo dossier del Cpi, che Repubblica è in grado di anticipare e verrà pubblicato durante questo week-end sul sito dell’Osservatorio , si intitola “L’andamento del debito dopo la stretta fiscale del 2012”.
“Il riferimento all’epoca del governo Monti, anche se può sembrare obsoleto, è utile per comprendere la situazione attuale”, spiega Cottarelli. “Allora ci fu una decisa stretta fiscale con la legge Fornero, la reintroduzione dell’Imu, l’aumento dell’Iva, dell’Ires e delle accise su benzina e alcolici. Si disse: sono misure recessive. Però senza quella stretta il rapporto fra debito e Pil sarebbe aumentato ancora più rapidamente e oggi sarebbe fra il 142 e il 145 per cento, con conseguenze drammatiche per l’Italia. Lo spread sarebbe molto più alto, il credito bancario più difficile, l’isolamento internazionale del Paese ancora peggiore, i rapporti con la Bce compromessi”.
È come una dimostrazione “al contrario”: tutte le voci che si levano a favore di misure di espansione in deficit senza coperture (e quindi foriere di aumento del debito) dovrebbero riflettere.
Allora il pericolo fu scampato, guai a rimettersi sulla stessa china oggi, è il messaggio di Cottarelli. Quanto all’ipotesi che misure espansionistiche agendo sul denominatore e quindi alzando il Pil influiscano favorevolmente sul rapporto con il debito, “non si è mai verificata in nessun Paese”, taglia corto Cottarelli.
Insomma, il debito se non è arrestato seccamente e possibilmente ridotto corre sempre più veloce, con un effetto di accumulo degli interessi “imprendibile” da qualsiasi aumento del Pil. Se si finanziano in deficit le misure espansive, come vorrebbero fare le forze politiche che sostengono l’attuale governo, il debito, spiega Cottarelli, aumenta ancora più rapidamente a causa appunto dell’alto livello del deficit e non solo per l’anno di riferimento ma per tutti gli anni successivi per lo stesso effetto accumulo. In una delle simulazioni, il Cpi ha anche provato a prevedere un aumento permanente del Pil con moltiplicatori sempre positivi: ma comunque non era sufficiente perchè il rapporto debito/Pil si abbassasse.
Il debito pubblico, riconosce Cottarelli, è cresciuto dal 116,5% del Pil a fine 2011 al 131,8 di fine 2017, un aumento avvenuto in un periodo di presunta “austerità fiscale” (che peraltro per tutti gli anni successivi tanto “austera” non è stata): “Questa circostanza – si legge nel dossier coordinato da Silvia Gatteschi, uno dei ricercatori della Cattolica che lavorano con Cottarelli – viene addotta dai sostenitori di politiche di espansione fiscale per sostenere che viceversa le manovre restrittive sono controproducenti: per effetto di queste politiche il Pil scende, sostengono, e il rapporto tra debito pubblico e Pil aumenta.
Per rispondere a quest’obiezione, e per capire cosa sarebbe successo al debito/Pil se non ci fosse stata la stretta fiscale, abbiamo condotto una simulazione utilizzando stime dell’effetto della stretta fiscale sull’economia, i cosiddetti moltiplicatori fiscali”. Questi moltiplicatori vengono indicati dal ministero del Tesoro per ogni misura che comporti aumenti di spesa: investimenti pubblici, sussidi a investimenti privati, consumi intermedi, occupazione pubblica e gli altri tipici veicoli di intervento statale sull’economia.
Lo stesso è valido per le misure di entrata (cioè di aumento delle tasse, il caso preponderante con il governo Molti dato che le misure si sono riversate sulle entrate per quattro quinti).
L’Osservatorio Cpi ha utilizzato gli stessi moltiplicatori pubblicati dal Mef nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza del settembre 2017, che agiscono nei due sensi: in aumento in caso di espansione, in diminuzione in caso di restrizione (caso Monti). I moltiplicatori delle entrate ovviamente agiscono in modo opposto: all’aumento della pressione fiscale il Pil diminuisce, a una riduzione della pressione aumenta.
“Il rapporto debito/Pil, in assenza della stretta operata da Monti, una manovra restrittiva pari al 2,4% del Pil stesso – conclude lo studio – sarebbe cresciuto più rapidamente di quanto accaduto, arrivando nel 2018 al 142,1 per cento (circa 11 punti in più di oggi). Se si usasse per tale stima la valutazione contenuta nel Def 2012 della potenza restrittiva di quella manovra (3,1 punti di Pil) la simulazione porta a un rapporto del 145,4%.
Cosa sarebbe successo all’economia italiana in presenza di una tale dinamica del debito?
Cottarelli non esita a valutare un destino greco per il Belpaese: “Il “whatever it takes” di Draghi e il quantitative easing non sarebbero stati possibili in presenza di una mina-Italia di tali proporzioni innescata”, dice Cottarelli.
“La crisi si sarebbe approfondita andando probabilmente fuori controllo, con una caduta del Pil nonostante la presenza di politiche fiscali espansive ancora peggiore di quella che c’è stata, con tutte le conseguenze nefaste che si possono immaginare”.
(da agenzie)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
NON VOGLIONO AIUTARLI NE’ A CASA NOSTRA, NE’ A CASA LORO, L’UNICA COSA CHE GLI STATI CRIMINALI VOGLIONO E’ CHE NON LI DEVONO AIUTARE LE ONG, GLI UNICI DISPOSTI A FARLO
Diceva don Milani ai ragazzi che definiva “i sovrani del futuro”: Che te ne fai delle mani pulite se poi le tieni in tasca?
E noi, ditemi, cosa ce ne facciamo dell’Europa se si benda gli occhi e si lega mani e piedi pur di non prendere posizione, di non scegliere, di non aiutare, di non risolvere le contese tra gli Stati membri?
Cosa ce ne facciamo di questa Europa che nel verbale di intesa dei capi di Stato non coniuga mai all’indicativo il verbo dovere?
Nessuno deve fare: se gli va, potrebbe anzi “dovrebbe”.
Il “dovrebbe” è la resa alle nostre paure e ai nostri egoismi, è la premessa per il disastro prossimo venturo.
Nessuno Stato ha l’obbligo di accogliere e dividersi i migranti. Nessuno Stato ha l’obbligo di solidarizzare con l’altro. Nessuno Stato ha l’obbligo di attuare politiche di rallentamento dell’ondata migratoria attraverso aiuti verso le terre di provenienza di questa umanità disgraziata nè l’Unione europea si obbliga di coordinare urgentemente un piano straordinario di finanziamento e cooperazione allo sviluppo.
Non vogliamo aiutarli a casa nostra, non vogliamo aiutarli a casa loro.
L’unica decisione presa è che nemmeno le Ong, le uniche barche pronte al salvataggio, dovranno aiutarli.
L’Unione europea ha semplicemente stabilito che se vanno in mare e poi muoiono non è colpa di nessuno.
Ha reso ufficiale il genocidio di Stato, il crimine collettivo contro l’umanità .
Sono tanti i Salvini, che almeno mette le sue parole truci nel vocabolario dello sterminio organizzato: Macron, il fringuello riformista francese, il socialista spagnolo Sanchez, la conservatrice tedesca Merkel, il nazista ungherese Orban, i clericali polacchi.
Ciascuno provvederà al suo benessere curando che i disgraziati del mondo — se provano a fare i furbi — abbiano la sepoltura che meritano: in bocca ai pescecani.
Rubo a Matteo Salvini la sua parola d’ordine: che schifo!
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Giugno 30th, 2018 Riccardo Fucile
I DATI VERI SMENTISCONO I SEMINATORI DI ODIO RAZZIALE
Quanti sono i migranti che ogni giorno arrivano in Italia? Sono più o meno di quelli che arrivavano negli anni passati? Quanti sono quelli che restano nel nostro paese? Soprattutto stiamo davvero subendo un’invasione?
Per l’ultima domanda, la risposta breve è “no”, ma l’argomento è talmente vasto, delicato e complesso che ovviamente ne merita una lunga, basata su poco interpretabili numeri.
Cifre che scontenteranno i sostenitori del motto “l’Italia agli italiani” (perchè lo è ancora) e daranno invece qualche soddisfazione a quelli di “l’Europa ci ha abbandonati” (perchè è più vero che falso).
Quanti migranti arrivano in Itali
Innanzi tutto, gli sbarchi. Quelli di persone in arrivo dall’Africa settentrionale sono al livello più basso da oltre 4 anni: nel periodo 2014-2017, nel nostro paese sono arrivati ben oltre 100mila migranti l’anno; nella prima metà del 2018 siamo poco sopra i 14mila (i dati sono dell’Onu) , e se il trend proseguisse si arriverebbe intorno a quota 30mila, dunque a meno di un terzo rispetto agli anni precedenti.
Dunque: non è vero che il numero di migranti extraeuropei è in aumento rispetto al passato, ma è oggettivamente vero che almeno sino a metà 2017 l’Italia ha subìto una “pressione” senza paragoni in Europa, eccezion fatta per quella sopportata nel biennio 2015-2016 dalla Grecia (di nuovo, dati dell’Onu ), che ha accolto circa 1 milione di persone (850mila nel solo 2015) ed è stata costretta all’apertura di alcuni campi per migranti.
Quanti migranti restano in Italia
Solo adesso, con molte difficoltà , la Grecia sta svuotando i campi allestiti 3 anni fa, mentre in Italia la situazione è decisamente più complessa: secondo le statistiche, gran parte dei migranti arrivati nel nostro Paese nel periodo 2014-2017 hanno proseguito il loro viaggio per altre destinazioni.
Secondo i dati dell’Eurostat , in Italia ci sono circa 4 milioni di stranieri extraeuropei (cui ne vanno aggiunti altri 600mila “irregolari”), pari a meno del 7% della popolazione totale.
Come molti hanno scritto negli ultimi giorni, è una percentuale inferiore a quella che c’è in Francia e Germania (fra 8 e 8,5%) e nemmeno paragonabile a quelle di Svezia (11,6%), Austria (quasi il 10%) o anche Estonia (13,3%).
I problemi di integrazione derivano in primo luogo da una percezione sbagliata della situazione (i migranti sono molti meno di quello che sembra) e dagli slogan delle forze politiche che soffiano sul fuoco dell’intolleranza:
Poi ci sono anche colpe concrete, vere e ben attribuibili.
Una (o forse due) è nostra, dell’Italia. La burocrazia non è un male solo per gli italiani, ma anche per gli stranieri: secondo le stime, al nostro paese servono oltre 2 anni per “evadere” una domanda di asilo politico e in questo arco di tempo il migrante viene ospitato nei cosiddetti Cas (i Centri di accoglienza Straordinaria) o in quelli indicati dallo Sprar (il Sistema di protezione per Richiedenti asilo e rifugiati). Entrambi funzionano male, per ragioni diverse:
– i Cas vengono aperti autonomamente dalle Prefetture e, pensati come “straordinari”, si trasformano in “parcheggi” di persone all’interno di comunità che difficilmente le tollereranno per i mesi (o gli anni) necessari all’arrivo di una risposta sul loro futuro;
– gli Sprar sono invece rarissimi, perchè vengono aperti d’accordo con i Comuni… che raramente sono d’accordo.
L’altra colpa è dell’Europa, e anche in questo caso i numeri non mentono: dopo i “picchi” di sbarchi in Italia e Grecia fra 2015 e 2016, la Commissione Europea ha pensato ad alcune “contromisure” per fare sì che parte dei richiedenti asilo venissero accolti da tutti i paesi dell’Ue.
L’Unione non ha però sufficienti armi legislative per imporsi e l’effetto è stato risibile: negli ultimi 3 anni, l’Estonia ha accolto 6 (sei) persone, la Bulgaria una decina e Danimarca, Polonia, Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca addirittura nessuna.
Come si vede, senza un po’ di italica inefficienza (la burocrazia), senza avere provato per anni a usare come ordinarie soluzioni che sarebbero dovuto essere straordinarie (i Cas) e con una migliore collaborazione a livello europeo (con la riforma del Regolamento di Dublino , per esempio), la situazione potrebbe essere ricondotta alla dimensione più corretta.
Non a un’invasione dell’Italia da parte dei migranti, insomma.
Resta la terza “colpa”, anche quella solo nostra, un popolo storicamente poco incline ad accogliere e a convivere con il “diverso”. Ma per capirlo e risolverlo, questo problema, i numeri da soli non bastano…
(da “Il Secolo XIX”)
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