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CRISI DIPLOMATICA CON TUNISI DOPO GLI INSULTI DI SALVINI, IL CAZZARO COMINCIA A FARSI CONOSCERE ANCHE ALL’ESTERO

Giugno 4th, 2018 Riccardo Fucile

STUPORE E RABBIA IN TUNISIA: “UNA FERITA CHE NON SARA’ FACILE DA RICUCIRE”…”SALVINI VUOLE FORSE IMPIANTARE LAGER ANCHE IN TUNISIA?”… SARANNO CONTENTI I NOSTRI IMPRENDITORI CHE OPERANO IN TUNISIA

“Quell’accusa pesantissima, pronunciata peraltro nel giorno di una tragedia in mare dove sono morte decine di persone, tra cui donne e bambini, sono una ferita che non sarà  facile ricucire”.
Le parole di un’autorevole fonte governativa a Tunisi danno conto di come le autorità  tunisine abbiano registrato le affermazioni del neo ministro dell’Interno Matteo Salvini.
Nel tour governativo-elettorale di ieri in Sicilia, il titolare del Viminale ha usato parole durissime nei confronti della Tunisia: “È un Paese libero e democratico che non sta esportando gentiluomini, ma che spesso e volentieri esporta galeotti”.
L’imbarazzo a Tunisi è pari alla rabbia per accuse che, afferma la fonte, “non meritiamo. La Tunisia è sotto attacco dell’Isis e dei trafficanti di esseri umani, e all’amica Italia chiediamo maggiore cooperazione e non sparate di questo genere”. Quella frase, “esportatore di galeotti”, non va giù a Tunisi.
“Ci piacerebbe sapere cosa ne pensa il primo ministro Conte e il ministro degli Esteri Moavero di certe uscite”, si lascia andare la fonte di Tunisi, che conferma l’ipotesi di un incontro a livello di ministri dell’Interno, ma aggiunge, “la data non è stata ancora fissata così come l’agenda dei temi da trattare. La nostra disponibilità  a cooperare con l’Italia per contrastare l’immigrazione clandestina è totale, come l’impegno della nostra Guardia costiera. Una cosa però deve essere chiara: noi non ci sentiamo sul banco degli imputati”.
Posizione esplicitata da Imen Ben Mohamed, giovane e combattiva deputata del partito islamista “Ennahda” che governa la Tunisia con l’aggregazione laica “Nidaa Tounes”: “La lotta contro il traffico di esseri umani — dice all’HufPost la parlamentare tunisina, eletta nella circoscrizione estera in Italia — è una delle nostre priorità . Non è facile, perchè le organizzazioni criminali sono potenti, hanno mezzi e denaro per reclutare giovani senza lavoro. Con l’Italia, la vostra Ambasciata, gli imprenditori che hanno investito nel mio Paese, le ong che lavorano per aiutarci a migliorare le condizioni di vita del popolo tunisino, c’è un rapporto fattivo, uno spirito straordinario di cooperazione che spero non venga rimesso in discussione dal nuovo governo italiano”.
Duro è anche il commento di Hamma Hammami, leader del Fronte Popolare (Fp), il maggiore partito di sinistra all’opposizione: “Al ministro italiano che dice che esportiamo galeotti vorrei chiedere se sia sua intenzione impiantare o finanziare anche in Tunisia lager dove detenere le persone chiamate migranti”, afferma il capo del Fp.
La Tunisia è sotto shock per la tragedia in mare di ieri.
Sono almeno 48 i corpi recuperati dai soccorritori al largo delle coste tunisine, ma il bilancio, in base alla testimonianza di un superstite, è destinato a salire.
Un sopravvissuto al naufragio, che si è verificato al largo delle isole di Kerkennah, ha dichiarato alla radio locale Mosaique Fm che a bordo dell’imbarcazione colata a picco, la cui capacità  massima era di una settantina di persone, ce ne erano almeno 180. L’imbarcazione – ha spiegato – era salpata sabato sera intorno alle 20.30 e aveva quasi subito iniziato a imbarcare acqua, fino a inabissarsi.
Secondo il testimone il numero di morti supera di gran lunga quello dei corpi finora ripescati. Il Ministero dell’Interno di Tunisi ha, intanto, precisato che 68 persone sono state tratte in salvo, delle quali 61 di nazionalità  tunisina, 2 marocchini, 1 libico e 4 di altri Paesi africani.
All’ospedale Habib Bourguiba di Sfax sono ancora in corso le operazioni di identificazione dei cadaveri. Mancherebbero all’appello decine di persone.

(da “Huffingtonpost”)

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REGOLAMENTO DI DUBLINO: COME SALVINI STA FREGANDO L’ITALIA, VUOLE PIU’ RICHIEDENTI ASILO NEL NOSTRO PAESE

Giugno 4th, 2018 Riccardo Fucile

ORA CHE LO VOGLIONO CAMBIARE COME AVEVA SEMPRE CHIESTO, GUARDA CASO VOTA NO… LA MODIFICA SAREBBE UN ENORME VANTAGGIO PER L’ITALIA PERCHE’ STABILISCE QUOTE DI RIPARTIZIONE TRA I PAESI EUROPEI SENZA TENERE PIU’ CONTO DEL PRIMO APPRODO DEI PROFUGHI

Il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha annunciato che l’Italia voterà  no val vertice europeo dei ministri dell’Interno al documento di riforma del regolamento di Dublino.
Lo ha detto da Pozzallo, dove si è recato in visita ufficiale per ispezionare il centro di accoglienza per i migranti che vengono tratti in salvo nel Canale di Sicilia e nel Mediterraneo centrale al largo delle coste della Libia.
Salvini ha detto che l’Italia dirà  no ad una riforma del regolamento di Dublino: «non può più essere solo un problema italiano quello degli sbarchi e dell’accoglienza di centinaia di migliaia di non profughi».
Il Ministro dell’Interno ha fatto un’esplicita richiesta all’Unione Europea: «O ci danno una mano a controllare i confini e a mettere in sicurezza il nostro Paese oppure dovremo scegliere altre vie».
Richiesta interessante visto che la sorveglianza dei confini degli stati membri è una di quelle materie che è rimasta di competenza dei singoli stati.
Gli Stati europei hanno deciso che le politiche di difesa, la politica estera, quella sull’immigrazione e la difesa delle frontiere esterne sono materie di esclusiva competenza nazionale.
Ora Salvini — che pure dovrebbe saperlo visto che è stato a lungo a Bruxelles — sembra che stia chiedendo più Europa.
Una questione di buon senso, ha scritto il ministro su Twitter e oggi ai microfoni di Rtl 102.5 ha ribadito che che domani, al vertice dei ministri dell’Interno europei sull’immigrazione a Lussemburgo «invieremo una nostra delegazione per dire no: il documento in discussione invece di aiutare penalizzerebbe ulteriormente l’Italia e i paesi del Mediterraneo facendo gli interessi dei paesi del Nord Europa».
Potrebbe sembrare una notizia incredibile, Salvini, che da segretario della Lega Nord ha sempre duramente contestato il regolamento di Dublino, si opponga alla sua riforma.
Era già  successo poco meno di un anno fa quando all’Europarlamento i leghisti votarono contro la proposta di modifica del trattato.
Salvini sostiene che le modifiche proposte dall’Europarlamento, che dovranno essere approvate a maggioranza qualificata, sarebbero “peggiorative” per il nostro Paese.
Ma è davvero così?
Innanzitutto vale la pena ricordare che l’attuale versione del del regolamento di Dublino (Dublino III) è stata sottoscritta nel 2013 quando il Presidente del Consiglio era Enrico Letta. Ma è l’accordo di Dublino II (ratificato dal nostro Paese nel 2003) che ha reso operativo il regolamento sulla gestione dei meccanismi di determinazione dello Stato membro competente per l’esame di una domanda d’asilo presentata in uno degli Stati membri da un cittadino di un paese terzo.
Il regolamento di Dublino II trasformò e rese operativa la Convenzione di Dublino (detta appunto Dublino I) che risale al 1990 e che fu ratificata nel 1997.
Non risulta che nel 2003 la Lega abbia chiesto di modificare quella parte del trattato che regolava la gestione delle richieste d’asilo ( (l’articolo 13, che è rimasto invariato dalla II alla III)
Matteo Salvini vuole più richiedenti asilo in Italia
Una volta ricordato che è stato un governo del quale faceva parte la Lega Nord a ratificare quell’accordo che oggi a Salvini non piace andiamo a vedere cosa propone la nuova revisione del trattato di Dublino.
Il Parlamento Europeo ha proposto di mettere fine ad   uno dei più contestati principi dell’attuale trattato, quello secondo il quale lo stato membro di primo approdo (come spesso è il caso dell’Italia) è l’unico responsabile della gestione delle domande di asilo e dell’eventuale accoglienza dei rifugiati.
Viene a cadere quindi il principio fondamentale (fino ad ora) del “primo ingresso”.
Come ha spiegato la relatrice dell’Europarlamento, la liberale svedese Cecilia Wickstrà¶m, il nuovo sistema che sarà  proposto ai ministri degli interni degli stati membri prevede il ricollocamento automatico di tutti i richiedenti asilo verso gli stati membri in base ad un sistema di quote calcolato sul PIL del paese di destinazione.
Le quote saranno permanenti, ovvero non ci sarà  bisogno di una situazione di crisi (come quella degli scorsi anni) per avviare il programma di “redistribuzione” delle domande di accoglienza.
Secondo Salvini invece con questa riforma «Vogliono appesantire i Paesi del Mediterraneo, come Italia, Cipro Malta, Spagna, ulteriormente dandoci migliaia di migranti per dieci anni».
Ma non è chiaro in che modo. Anche perchè da questo nuovo sistema di ripartizione delle quote di richiedenti asilo (e non di rifugiati) l’Italia avrebbe da guadagnare non dovendo “processare” tutte le domande prima di accedere al meccanismo di ripartizione dei rifugiati attualmente in vigore.
A questa considerazione va aggiunto il fatto che i quattro paesi del gruppo di Visegrad (Ungheria, Repubblica ceca, Slovacchia e Polonia) abbiano già  detto che voteranno contro la proposta di modifica.
Si tratta di quattro paesi i cui governi sono “amici” di Salvini e della Lega che si sono sempre rifiutati di accogliere i rifugiati in base alle quote del sistema di ripartizione d’emergenza attualmente in vigore.
E si arriva al paradosso: in nome dell’unità  d’intenti dei sovranisti il Ministro dell’Interno italiano finisce per favorire gli interessi di altri paesi (quelli che non vogliono il sistema di ripartizione) e addirittura finisce per chiedere all’Unione Europea di intervenire su una materia — quella della sorveglianza dei confini — su cui il nostro Paese ha sempre rivendicato la propria sovranità 

(da “NextQuotidiano”)

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FLAT TAX? 2020, ODISSEA NELLO SPAZIO, SE NE PARLA FORSE TRA UN ANNO E MEZZO

Giugno 4th, 2018 Riccardo Fucile

INIZIA LA POLITICA DELLA PRESA PER I FONDELLI: TUTTE LE PROMESSE CON CUI HANNO VINTO LE ELEZIONI RINVIATE SINE DIE… OGGI IL LEGHISTA BAGNAI HA POSTICIPATO ANCHE LA FLAT TAX

Potrebbe esserci una partenza in due tempi per la flat tax.
Lo ha spiegato Alberto Bagnai, parlamentare della Lega e uno tra i nomi considerati più probabili come possibile sottosegretario all’Economia.
“Mi sembra che ci sia un accordo sul fatto di far partire la Flat tax sui redditi di impresa a partire dall’anno prossimo. E poi a partire dal secondo anno si prevede di applicarla alle famiglie”, ha detto ospite della trasmissione Agorà .
Di fatto, secondo le indicazioni del senatore leghista, per le imprese l’aliquota unica, già  in vigore al 24%, scenderebbe a partire dal 2019   mentre per le famiglie l’appuntamento sarebbe quindi rinviato al 2020.
“È Inconcepibile un livello di ignoranza e approssimazione simile”, attacca Luigi Marattin, parlamentare del Pd.
“La flat tax sui redditi di impresa esiste da qualche decennio. Prima si chiamava Irpeg, e ora si chiama Ires, e tassa proporzionalmente i redditi delle società  di capitali. E a ridurla – dal 27,5% al 24% – è stato il governo Renzi. Nel caso il futuro sottosegretario Bagnai si riferisse, invece, agli utili di impresa delle società  di persone, anche quella esiste già : si chiama iri, e l’ha fatta sempre il governo Renzi”.
In pratica la tassa sulle imprese diminuirebbe di appena 4 punti, mentre per i privati tutto rinviato di un anno e mezzo.
E in un anno e mezzo ne succedono di cose (comprese le elezioni europee).
Addio alle promesse anche per reddito di cittadinanza con la scusa che prima “bisogna potenziare i centro per l’impiego” (altro anno e mezzo)

(da agenzie)

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INTERVISTA ALL’ECONOMISTA GIAVAZZI: “IL PROGETTO LEGA-M5S PUO’ PORTARE AL DISASTRO, REDISTRIBUIRE RICCHEZZA SENZA CREARLA E’ FOLLIA CHE IMPOVERISCE I POPOLI”

Giugno 4th, 2018 Riccardo Fucile

“SAVONA? BRAVA PERSONA, MA LE SUE COMPETENZE SCIENTIFICHE SONO INESISTENTI”

Credeva che il mondo sarebbe stato sempre più libero dalle barriere: “Ci ritroviamo, invece, con i populisti che rischiano di fare un danno irreparabile all’euro e i dazi imposti dagli Stati Uniti di Donald Trump”.
Ancora dieci anni fa, Francesco Giavazzi — economista, polemista capace di aprire e alimentare il dibattito pubblico — apparteneva a una categoria di studiosi considerati depositari di un sapere quasi sacro, difficilmente contestabile, quello dell’economia aperta e di mercato.
Poi, la crisi del 2007 ha cambiato tutto: “Gli economisti consapevoli che la quantità  di rischio accumulato nel sistema poteva farlo saltare sono stati pochi: fra questi il premio Nobel Robert Shiller, Andrei Shleifer di Harvard, Ragu Rajan di Chicago. Quando la bolla speculativa è esplosa, dando inizio alla crisi più grave dagli anni Trenta, i primi a esser colti di sorpresa furono proprio molti economisti”.
Da allora, nella generale perdita di considerazione della competenza, la competenza economica è probabilmente quella che più ha diminuito la propria reputazione. Nessuno ha mai perdonato agli economisti quell’errore: “Ma sono stati proprio gli economisti a salvare il mondo. Se non ci fosse stato a capo della Fed Ben Bernanke il mondo sarebbe crollato a picco. Bernanke aveva studiato a lungo la crisi degli anni Trenta. È stato un suo grande merito l’aver imparato dalla storia e dall’osservazione di ciò che accadeva nella realtà . Non ha mai avuto pregiudizi ideologici a favore di una particolare teoria economica. D’altronde, imparare dall’evidenza è ciò che fa un buon economista”.
La gratitudine, tuttavia, non è il sentimento con cui la maggior parte dei cittadini giudica le istituzioni economiche e finanziare del mondo, che sono invece oggetto di continue contestazioni, critiche, invettive, accuse, rimproveri, insulti e, nei casi più grotteschi, sospettate addirittura di ordire piani contro la vita e il benessere delle nazioni: “Mario Draghi ha impresso una svolta di 180 gradi alla politica della Banca centrale europea, prendendo atto che i vecchi strumenti non funzionavano più e creandone di nuovi che ci hanno consentito di uscire dalla crisi: LTRO, TLTRO e infine il quantitative easing”.
Nonostante ciò, l’Unione europea continua a essere considerata una matrigna, contro la quale, in Italia, si è appena formato un governo: “Matteo Salvini ritiene che non ci si debba fidare dell’UE. I suoi modelli sono l’Ungheria di Orban, il Front National di Marine Le Pen e la Russia di Putin. Non così i Cinque stelle, tranne che su Putin, ma forse solo perchè il Movimento è molto volatile e spesso dimostra di avere poche idee e confuse”.
Come giudica il loro progetto comune?
Può portare al disastro. L’idea di redistribuire la ricchezza senza averla prima creata è una follia che impoverisce i popoli. Basterebbe studiare un po’ la storia dell’America Latina.
Perchè?
Un terzo del nostro debito pubblico è stato acquistato da risparmiatori che abitano lontano dall’Italia e vi hanno investito il loro futuro, le loro pensioni. Adombrare che l’Italia possa non ripagarlo — perchè questa è la conclusione se, anzichè lentamente ridurre il debito, ci si propone di aumentarlo ancor più — non può che spingerli alla fuga, come abbiamo visto appena è stata resa nota la prima bozza del programma di questo governo.
È stato anche il nome di Paolo Savona a preoccupare. Lo conosce?
Lo incrociai, negli anni novanta, nel comitato per le privatizzazioni. Lavoravo al Tesoro con Mario Draghi e il ministro Piero Barucci. Già  allora Savona rappresentava il vecchio. Era lì per difendere gli interessi di un mondo che non voleva si cambiassero troppe cose. D’altronde è il mondo per cui lavorò dopo l’esperienza del governo Ciampi, come presidente di Gemina, Impregilo, Consorzio Venezia Nuova, quello del MoSE. L’idea che Paolo Savona possa rappresentare il governo del cambiamento è surreale.
Non ha le qualità ?
Credo sia una brava persona, ma le sue competenze scientifiche sono inesistenti, almeno nel mondo accademico internazionale. E le sua posizione contraria all’euro è ideologica, non fondata su analisi serie, proprio quello che un bravo economista non dovrebbe mai fare.
Lei come entrò in quel mondo?
Incontrai il professor Franco Modigliani a una conferenza, a Milano, nel 1972. Mi stavo laureando in ingegneria elettronica e sognavo di andare a studiare in America. Ma per gli ingegneri non c’erano borse di studio. Ce n’erano tante, invece, per chi desiderava studiare economia. Modigliani mi disse: “Lei conosce bene la matematica, è lo studente ideale per cominciare un dottorato in economia”
Dove andò?
Al MIT, dove due anni prima era arrivato Mario Draghi, il primo italiano a completare un PhD al MIT. Poi, fu la volta di Mario Baldassari, Ignazio Visco a Philadelphia e tanti altri.
Cosa significava per voi essere lì?
Il MIT è un posto mitico, dove allora insegnavano tre dei più grandi economisti del secolo scorso: Modigliani, Samuelson, Solow, tutti e tre insigniti del premio Nobel.
Perchè si appassionò all’economia?
Pensavo che fosse un modo per capire la società  e forse aiutarla a migliorare.
Molti fanno politica per la stessa ragione.
Clint Eastwood nell’ultima scena di Una 44 magnum per l’ispettore Callaghan dice: ‘Un uomo deve conoscere quali sono i propri limiti’.
Non ha mai fatto politica?
Prima di partire per il servizio militare in Alto Adige, nel 1972, mi avvicinai al gruppo dei socialisti autonomisti milanesi, grazie a due persone intelligenti che avevo conosciuto durante gli anni dell’università , Ugo Intini e Claudio Martelli. Eravamo l’ala nenniana del partito, una piccola minoranza, dunque in un’ottima posizione.
Scrivendo, è riuscito a condizionare la politica. Anni fa si parlava addirittura dell'”Agenda Giavazzi”.
Quindici anni fa, cominciai una battaglia per la liberalizzazione dei mercati, quando Bersani era ministro ed io e lui andavamo d’accordo. Poi, Bersani ha cambiato strada.
Era una battaglia sbagliata?
Non ho cambiato idea. Con gli anni mi sono però reso conto quanto potenti siano i gruppi d’interesse radicati nella società .
Crede ancora che il liberismo sia di sinistra?
Certamente, sì: aprire i mercati vuol dire abbattere le posizioni di rendita, dare una possibilità  a chi ne ha le qualità , avvantaggiare i giovani, i consumatori, insomma aumentare il benessere della società . Questo credo sia di sinistra.
La sinistra non dovrebbe ridurre le diseguaglianze?
Le disuguaglianze sono aumentate, certo, ma la concentrazione della ricchezza ha due spiegazioni: da una parte ci sono gli elevatissimi rendimenti delle aziende tecnologiche, dall’altra c’è la ricchezza che nasce da una posizione di rendita. Dalla prima forma di ricchezza traiamo vantaggio tutti: chieda ai ragazzi che cosa rappresentano per loro i social. Dalla seconda, invece, trae vantaggio solo chi la rendita la possiede. Per questo trovo ingiusto che, tra tutte le tasse (troppe) che ci sono in Italia, non ce ne sia una che colpisca il passaggio della ricchezza di padre in figlio.
Perchè nessuno la propone?
È sempre più difficile, e non solo in Italia, discutere seriamente di alcune proposte, ragionare sulle analisi e sui dati. La decisione pubblica richiede l’esercizio costante della conoscenza. Il paradosso è che la conoscenza sembra valere sempre meno.
È vero che l’Euro è stato un disastro per l’Italia?
Chi lo sostiene, non ricorda che cosa accadeva quando c’era la Lira. Le continue svalutazioni riducevano sistematicamente i salari reali, diminuendo il potere d’acquisto dei lavoratori senza però che nessun Parlamento avesse mai votato di ridurli. Era un modo subdolo per ingannare i lavoratori.
Ci inganniamo anche sul debito?
Il debito privato in Italia praticamente non esiste, a differenza di paesi come la Gran Bretagna o gli Stati Uniti. L’Italia ha invece un enorme debito pubblico, creato negli anni 70, accumulato negli anni 80 ed esploso in quelli successivi. È stato un modo per scaricare i costi di alcuni servizi pubblici di cui ha goduto la nostra generazione, scuola, sanità , previdenza, sulle generazioni future. È ciò che succederebbe di nuovo se la legge Fornero venisse abolita. Pagherebbero, ancora una volta, i giovani. I quali, forse, un giorno si ribelleranno.
I trentenni che sono appena andati al governo non sembrano interessati a questa rivolta.
La cosa più sorprendente del voto è che i Cinque stelle, la cui politica farà  crescere il debito scaricando ancora più peso sulle generazioni future, siano stati votati in gran parte dai giovani.
Sono autolesionisti?
Non hanno capito che quando la vita si allunga, se non si lavora più a lungo, il costo delle pensioni lo pagano i pochi che lavorano con una tassazione insopportabile.
Se Di Maio e Salvini la chiamassero per chiederle un consiglio cosa gli direbbe?
Di smetterla di spendere soldi per tenere aperte aziende inefficienti (penso per esempio all’Atac) e invece dare più spazio alle aziende efficienti (in Italia sono moltissime, basta guardare alle nostre esportazioni).
Far chiudere le imprese, non significa anche licenziare?
Proteggere i posti di lavoro di un’azienda che non ha futuro è solo uno spreco di denaro. Sono i singoli lavoratori che devono essere difesi, dando loro un reddito, e aiutandoli a trovare un’altra occupazione.
Il reddito di cittadinanza può essere lo strumento giusto?
Così come l’hanno pensato i Cinque stelle ha tre limiti. Primo, i centri per l’impiego non si fanno da un giorno a un altro, e senza i centri per l’impiego il reddito di cittadinanza diventerebbe un sussidio perenne che elimina l’incentivo a cercare un lavoro. Secondo, non si possono dare gli stessi soldi a persone che vivono in parti diverse dell’Italia: in provincia di Caltanissetta 780 euro al mese sono tanti, certamente più che a Torino. Terzo, non si può fare un’operazione del genere creando altro debito.
È sbagliato redistribuire la ricchezza?
È sbagliato redistribuire una ricchezza che non c’è.
Qual è il rischio?
Fare la fine dell’Argentina peronista, che ha continuato a redistribuire una ricchezza che non aveva, fino ad arrivare al punto di mettere nelle tasche delle persone carta straccia, e portando il paese alla bancarotta.

(da “Huffingtonpost”)

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“MANCHERANNO MEDICINE, CARBURANTE E CIBO”: NEL DOSSIER DI LONDRA L’APOCALISSE DI UNA BREXIT SENZA ACCORDO

Giugno 4th, 2018 Riccardo Fucile

“PORTO DI DOVER AL COLLASSO DAL PRIMO GIORNO, GOVERNO COSTRETTO A IMPIEGARE L’AVIAZIONE MILITARE PER ASSICURARE GLI APPROVIGIONAMENTI”…E   IN ITALIA CI SONO POLITICI CRIMINALI CHE VOGLIONO ARRIVARE A QUESTO

Londra si prepara al peggio nel caso in cui il 29 marzo prossimo il Regno Unito dovesse uscire dall’Ue senza un accordo.
Secondo uno “scenario da Apocalisse” messo a punto da alti funzionari del governo per il ministro per la Brexit David Davis – riporta il Sunday Times – entro due settimane da quella data nel Paese ci sarà  una carenza di medicine, di carburante e di cibo.
E il governo ha già  cominciato a lavorare a piani di emergenza che prevedono un collasso del porto di Dover già  dal “primo giorno”.
Nel dossier rivelato dal Sunday Times i funzionari governativi presentano tre possibili scenari per una Brexit senza accordo: uno mite, uno severo e uno denominato “Armageddon”.
“Nel secondo scenario, nemmeno il peggiore, il porto di Dover crollerà  fin dal primo giorno”, ha spiegato una fonte.
Poi c’è l’Armageddon: nel giro di un paio di giorni le regioni più lontane, come la Cornovaglia e la Scozia, si troveranno a corto di rifornimenti.
Entro due settimane cibo, medicinali e carburante cominceranno a scarseggiare in tutto il Paese. Il governo sarà  costretto a impiegare la Raf, l’aviazione militare, per assicurare gli approvvigionamenti.
Il fatto che il documento — in teoria segretissimo — sia arrivato alla stampa non è una caso.
In questi giorni, infatti, si sta intensificando il pressing dei sostenitori di una Brexit dura e pura, secondo cui una Brexit senza accordo sarebbe comunque preferibile a una soft Brexit. Il dossier serve quindi anche da avvertimento: una Brexit senza accordo potrebbe far precipitare il Regno in un Armageddon.

(da “Huffingtonpost”)

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“GIUSTIZIA PER SOUMAYLA”: LA RABBIA DEI MIGRANTI NELLA PIANA DI GIOIA TAURO E LA POLIZIA DI SALVINI CHE IMPEDISCE AI GIORNALISTI DI ENTRARE NELLA TENDOPOLI

Giugno 4th, 2018 Riccardo Fucile

“SIAMO QUI PER LAVORARE, MA CI TRATTANO COME ANIMALI”: LO SCIOPERO DEI BRACCIANTI DOPO L’UCCISIONE DEL SINDACALISTA… LA VERGOGNOSA ASSENZA DEL GOVERNO COMPLICE DELLO SFRUTTAMENTO

Inizia tesa la mattinata alla tendopoli di San Ferdinando, scossa sabato sera dalla morte di Soumayla Sacko, il migrante maliano di 29 anni ucciso da una fucilata mentre con due connazionali tentava di portar via delle lamiere da una fabbrica dismessa.
Lo sciopero generale convocato dall’Usb ha avuto successo: nessuno stamattina si è presentato agli svincoli dove i caporali scelgono quotidianamente a chi regalare una giornata di lavoro. Ma a molti l’assemblea convocata oggi per discutere come reagire all’omicidio di Soumayla non basta. Vogliono scendere in piazza subito. Vogliono mostrare il loro dolore, il loro sdegno, la loro rabbia.
Chiusa da un cordone di polizia la vecchia tendopoli per adesso è inaccessibile. Dietro le volanti un gruppo di migranti mostra cartelli, grida slogan. “Se anche Soumayla fosse andato a rubare, e non lo stava facendo, perchè quell’uomo non ha chiamato la polizia?”, dice un ragazzo che mostra un cartello ricavato con un pezzo di cartone che chiede giustizia. “Noi – dice un altro, giovanissimo – siamo qui per lavorare. Ma ci ammazzano come animali, ci picchiano, ci maltrattano solo perchè siamo africani”.
Compatti, i braccianti chiedono che la stampa entri in tendopoli, capisca in quali condizioni siano costretti a vivere. Ma la polizia fa muro. “Per adesso non è sicuro. È meglio di no”.
I fuochi che ieri sera sono stati accesi per protesta – un paio di cassonetti dati alle fiamme, subito spenti dai vigili del fuoco – sono spenti da ore.
Gli animi invece continuano ad essere caldi. “Salvini razzista, la colpa di tutto questo è tua” gridano. “Se Soumayla è morto è perchè c’è chi pensa e dice che siamo solo animali, ma senza il nostro lavoro la Piana è ferma, nei campi non lavora nessuno” dicono. Ed è vero. Nei frutteti e nelle piantagioni dell’area oggi nulla si muove.
La delegazione dell’Usb arrivata da Roma cerca di calmare gli animi. Il presidio diventa un corteo spontaneo diretto a San Ferdinando, davanti al Comune.
Il corteo sfila veloce per le strade. Compatto, arrabbiato. Agli automobilisti che si fermano per farlo passare gridano contro la loro disperazione. Qualcuno li insulta, li provoca. In una terra schiacciata da clan feroci, per molti il problema sono “i niri”.
A Rosarno e dintorni la Lega ha preso oltre il 13% senza mai parlare di ‘ndrangheta, ma concentrando la propria propaganda contro i migranti. Ma non tutti si sono fatti convincere dai suoi slogan.
“Qui si sta solo cercando di alimentare una guerra fra poveri che distragga dai reali problemi – spiega una ragazza che guarda sfilare il corteo dall’utilitaria scassata con cui sta andando a lavoro – se a questi ragazzi venissero fatti contratti come si deve, se vivessero in case decenti e non in baracche non ci sarebbero di questi problemi. Anzi, questa terra ne guadagnerebbe”.
“Per noi la pacchia non esiste”
Lo spiega al megafono Aboubakar Soumahoro, dirigente sindacale dell’Usb arrivato in mattinata da Foggia, dove i braccianti questa mattina hanno incrociato le braccia in solidarietà  con la comunità  della Piana: “A Salvini vogliamo dire che la pacchia è finita per lui, perchè per noi la pacchia non è mai esistita; per noi esiste il lavoro. Sappiamo che in Calabria esiste gente che ricorda il proprio passato di migrante. Noi siamo lavoratori, italiani, africani, bianchi, neri e gialli. Abbiamo lo stesso sangue e vogliamo gli stessi diritti”.
È lui   a guidare la delegazione che in queste ore viene ricevuta dal sindaco   di San Ferdinando, Andrea Tripodi: “Dedichiamo questa giornata – dice – a Soumayla   Sacko. È stata una giornata di sciopero alla quale hanno aderito anche i lavoratori del foggiano. Soumayla era un cittadino, un bracciante, aveva una figlia di 5 anni. Era impegnato nella lotta allo sfruttamento e lavorava per un salario di tre euro l’ora. Era un uomo, un lavoratore, un sindacalista. È stato assassinato. Noi condanniamo chi lo ha definito un ladro, perchè lui cercava di migliorare le condizioni di vita di tutti i braccianti. Sosteniamo la lotta per la quale è stato ucciso e chiediamo verità  e giustizia. Chiediamo che si indaghi per bene e con calma perchè abbiamo diritto di sapere il nome di chi lo ha assassinato”.
Sacko, iscritto all’Usb, viveva nella baraccopoli di San Ferdinando. Si batteva per i diritti dei braccianti sfruttati nella piana di Gioia Tauro.
Qui, nel 2010, il ferimento di un immigrato innescò una rivolta sedata a fatica dalle forze di polizia, mentre nel gennaio scorso una giovane donna morì in un rogo nella tendopoli.   Bisogna “rompere la catena dello sfruttamento”, è l’appello della Coldiretti, che chiede di sostituire alla “logica del ghetto” quello della “dignitosa ospitalità “. Per l’associazione accertare le responsabilità  è importante, ma non basta: “Bisogna lavorare sul piano strutturale per migliorare le condizioni di vita dei migranti” e responsabilizzare una filiera “che arriva a sottopagare i prodotti nelle campagne pochi centesimi”.

(da “La Repubblica”)

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LA PHOTO OPPORTUNITY DI SALVINI CON IN BELLA VISTA IL DOCUMENTO RISERVATO DEL MINISTERO DEGLI INTERNI

Giugno 4th, 2018 Riccardo Fucile

ROBA CHE NEGLI USA LO AVREBBERO CACCIATO IN TRONCO

Il giornalista del Corriere della Sera Marco Castelnuovo ha pubblicato ieri su Twitter questa foto che ritrae Matteo Salvini in aereo mentre sta leggendo dei fogli di carta.
C’è chi si è accorto però che qualcosa non va nello scatto: Salvini sta leggendo un documento del ministero dell’Interno classificato come riservato anche se grazie a qualche accorgimento è possibile leggere le prime righe e parte della pagina.
In particolare già  a occhio nudo e senza l’uso di qualche software per migliorare la qualità  dell’ingrandimento, si legge il nome del capo della Polizia Franco Gabrielli e alcune righe in cui si parla di manifestazioni religiose.
Con un piccolo aiuto nel fotoritocco quello che è scritto nel documento diventa ancora più chiaro.
E dimostra che Salvini dovrebbe andarci piano con le photo opportunity.
Non siamo più al Leoncavallo, siamo al Ministero degli Interni.

(da “NextQuotidiano“)

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LE BALLE DI SALVINI SUI RIMPATRI E LA REALTA’ DEL VIMINALE

Giugno 4th, 2018 Riccardo Fucile

L’ANNO SCORSO 6.000 RIMPATRI, OGNUNO COSTA 10.000 EURO… LA TUNISIA ACCETTA 80 PERSONE A SETTIMANA, MAROCCO E BANGLADESH NON ACCETTANO VOLI CHARTER

Un articolo di Fiorenza Sarzanini sul Corriere di oggi racconta oggi alcune verità  sui rimpatri dei cosiddetti clandestini e sulle possibilità  che attualmente ha l’Italia di velocizzare i sistemi di espulsione e di accompagnamento “a casa” degli irregolari, a partire dagli accordi validi e mancanti con i paesi di provenienza:
Attualmente l’Italia riesce a rimpatriare 80 tunisini a settimana con due voli charter da 40 posti. Ci sono accordi anche con Egitto, Nigeria e Gambia, che collaborano nel rilascio dell’identità  e in alcuni casi accettano anche di effettuare le procedure di individuazione dopo il rientro in patria, ma i numeri sono esigui anche perchè le presenze di queste etnie nel nostro Paese non sono così alte.
Il Marocco collabora nell’identificazione, ma non accetta charter e dunque bisogna utilizzare il volo di linea: ogni migrante deve essere scortato da almeno due agenti. La stessa procedura viene seguita con chi arriva dal Bangladesh o dal Pakistan, ma anche dal Sudamerica, ad esempio il Perù. Nel caso di voli intercontinentali bisogna utilizzare l’aereo di linea (preferibilmente senza scali anche per motivi di sicurezza) e la normativa prevede che al ritorno i due agenti di scorta viaggino in prima classe.I costi dei rimpatri sono alti, l’anno scorso ne sono stati effettuati seimila:
In media ogni trasferimento costa 10mila euro (compreso il pernottamento e l’indennità  di missione per i poliziotti), soldi che in parte vengono risarciti grazie all’erogazione dei fondi europei.
Lo scorso anno sono stati effettuati complessivamente circa 6.000 rimpatri anche grazie a una circolare del capo della polizia Franco Gabrielli che sollecitava maggiori controlli per effettuare le espulsioni di chi veniva trovato senza regolare permesso di soggiorno.
Diversa è la procedura per chi richiede asilo politico.
Mentre eritrei e siriani ottengono lo status di rifugiato quasi in maniera automatica, per tutti gli altri la procedura è stata diminuita e dura circa nove mesi. In questo lasso di tempo gli stranieri vengono ospitati nei Cara, i centri di accoglienza richiedenti asilo, oppure nelle strutture messe a disposizione dalle associazioni riconosciute dal Viminale. Si tratta di luoghi aperti, i profughi possono anche essere impiegati in progetti di utilità  sociale. Se l’asilo viene negato devono essere rimpatriati e scatta la stessa procedura degli irregolari.

(da “NextQuotidiano”)

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L’EX DIRETTORE DEL “MATTINO” DI NAPOLI SPIEGA A LA7 IL SUO LICENZIAMENTO PERCHE’ CRITICAVA IL GOVERNO M5S-LEGA

Giugno 4th, 2018 Riccardo Fucile

MENTANA ACCUSA: “SE AL GOVERNO CI FOSSE STATO BERLUSCONI AVREBBERO PARLATO DI EDITTO BULGARO, ORA I SANCULOTTI SONO DIVENTATI CAPORALI”… GAIA TORTORA DENUNCIA: “CHI MI HA MINACCIATA SAPPIA CHE ME NE FREGO”

«La ritengo una scelta legittima dell’editore, anche se non è avvenuto per mia volontà »: Alessandro Barbano, direttore del Mattino appena sollevato dall’incarico, interviene da Gaia Tortora ad Omnibus per spiegare le ragioni del suo addio alla conduzione del giornale di Napoli, arrivato dopo il rifiuto di tenere una linea politicamente “più morbida” nei confronti del nuovo governo e della nuova maggioranza formata da Lega e MoVimento 5 Stelle.
Barbano spiega che la nascita del governo dopo la promessa di messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica rivela un alto grado di dilettantismo da parte delle forze politiche che oggi reggono la maggioranza e punta il dito anche sulla polemica con l’Europa scatenata dal caso Savona: «Questo è quello che penso e nessuno riuscirà  mai a impedirmi di dirlo», conclude mentre echeggia durante tutto l’intervento l’ombra di quanto accaduto nei giorni scorsi.
Nei giorni scorsi Repubblica Napoli ha spiegato le ragioni dell’allontamento del direttore dall’incarico:
Quali le ragioni del cambio al vertice del quotidiano? Secondo indiscrezioni Barbano si è opposto a un ulteriore ridimensionamento del personale e a tagli nel giornale, che entro l’anno si trasferirà  dall’attuale sede di via Chiatamone al Centro direzionale. La nuova veste grafica del Mattino è uguale inoltre a quella del “Messaggero” e il quotidiano romano ingloba così di fatto quello napoletano. Ma soprattutto — ed è il motivo vero — è stata respinta da Barbano la richiesta dell’editore di un atteggiamento politicamente più “morbido” nei confronti di Lega e Movimento 5 Stelle. Una posizione chiara e ferma. E Caltagirone lo ha licenziato.
Nella puntata di Omnibus Barbano ha quindi confermato il merito della vicenda che l’ha portato a lasciare, non per sua volontà , la direzione del quotidiano.
Ieri sera Enrico Mentana ha annunciato l’intervento di Barbano a Omnibus: “Se fosse stato licenziato per il motivo contrario i social ribollirebbero di rabbia per l’odiosa decisione. L’editto campano, avrebbe detto qualcuno. Invece la nuova attenzione al potere emergente viene registrata con compiacimento. E così sarà  per tutti gli “adeguamenti” ai nuovi principi, per la gioia dei tanti sanculotti del web diventati caporali”.
Gaia Tortora, conduttrice di Omnibus, ha invece scritto su Twitter di aver ricevuto insulti per aver annunciato l’intervento di Barbano e ha risposto a muso duro: “dei vostri deliri non mi importa nulla”.

(da “NextQuotidiano”)

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