Giugno 7th, 2018 Riccardo Fucile NEFASTA L’ALLEANZA CON LA LEGA: “UN PARTITO CHE SEMINA ODIO E PAURA”
“Oggi ho preso le distanze dal M5s perchè ritengo che abbia abbandonato i suoi principi
fondanti. L’alleanza-contratto con la Lega è un’alleanza con la casta, quella casta che per tanti anni avevamo combattuto”.
Così Dora Palumbo, consigliera comunale di Bologna, motiva la decisione di lasciare il gruppo pentastellato a Palazzo d’Accursio.
“Andiamo a governare con una forza politica che non ha a cuore gli ultimi, ma cerca il consenso seminando odio e paura per poi innalzarsi ad antidoto per accaparrarsi voti”, dichiara Palumbo: “Abbiamo portato al governo un partito che è stato scelto solo dal 17% della popolazione, un partito che aveva governato con il celebre condannato”.
E ancora: “Abbiamo accettato un contratto svendendo gran parte dei nostri obiettivi pur di andare al governo. E cosa dovevamo fare? aspettare… Aspettare che gli italiani fossero pronti al cambiamento, che entrassero a far parte di quella rivoluzione culturale e sociale che abbiamo interrotto per andare a governare insieme ai nostri avversari”.
Per Palumbo, dunque, “dovevamo continuare a favorire la partecipazione, invece ci siamo arroccati, difendendo il potere che man mano stavamo acquisendo”, è l’accusa mossa al M5s.
“Mi auguro comunque che questo governo operi per il bene del paese”, aggiunge la consigliera bolognese, assicurando che “per conto mio continuerò a lavorare come avevo promesso nel 2016, come se i valori fondanti del m5s non fossero mai stati calpestati, difendendo gli ultimi, l’ambiente e la libertà . Nessuno resti indietro”, conclude Palumbo.
(da agenzie)
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Giugno 7th, 2018 Riccardo Fucile QUALCUNO GLI DICA CHE COMPITO DI UN MINISTRO E’ PRENDERE DECISIONI, NON FARE CHIACCHIERE: DICHIARI LO STATO DI EMERGENZA PRIMA CHE CROLLI IL PALAZZO
“E’ urgente: sono venuto qui per verificare di persona e fare un sopralluogo. Lo Stato è qui per portare la sua vicinanza ai magistrati, agli avvocati, ai cancellieri, a tutto il personale del tribunale, a tutti gli operatori del diritto che ogni mattina si alzano per far funzionare la giustizia e ai cittadini che giustamente hanno diritto a un servizio giustizia di un certo livello”.
Lo ha detto il ministro della Giustizia, Alfonso Bonafede, dopo aver visitato la tendopoli della giustizia di Bari. “Di persona fa impressione, non ci sono dubbi”, il suo commento.
Il Guardasigilli, fresco di nomina, ha scelto il capoluogo pugliese per la sua prima uscita ufficiale in considerazione della grave situazione in cui magistrati, avvocati e operatori della giustizia sono costretti a lavorare, dopo la dichiarazione di inagibilità e l’avvio dello sgombero del palazzo dell’Inail di via Nazariantz, che per 17 anni ha ospitato il Tribunale penale e la Procura della Repubblica.
Bonafede è stato accolto dal sindaco di Bari, Antonio Decaro, e dai vertici degli uffici giudiziari e dell’avvocatura barese. I cancellieri di Procura e Tribunale penale hanno accompagnato il suo ingresso urlando: “Qui crolla”.
“Devo dire che la situazione è veramente impossibile – ha detto il ministro rivolgendosi agli avvocati nella tendopoli – Il mondo del diritto e della Giustizia vi è grato per quello che state facendo e per la dedizione che state dimostrando. Vi ringrazio di essere qui e di continuare a lavorare nonostante la situazione. Adesso cercheremo di intervenire. Sono venuto qua per capire di persona e sudare”, viste le temperature davvero elevate che ci sono nelle tende. “Vi chiedo di rimanere tutti compatti perchè insieme, secondo me, ce la facciamo. Grazie a nome della Repubblica italiana”, ha concluso.
La richiesta che viene rivolta al ministro dal Consiglio superiore della magistratura, dall’Associazione nazionale magistrati, dal Consiglio nazionale forense e dal Comune di Bari è di proporre al Consiglio dei ministri la dichiarazione dello stato di emergenza, che consenta la nomina di un commissario straordinario che abbia poteri di requisizione di edifici compatibili con le funzioni giudiziarie e un budget a disposizione per l’immediata messa a norma e un veloce trasloco.
Un gruppo di lavoratori del Tribunale penale e Procura di Bari, in servizio nel palazzo di via Nazariantz ha poi protestato sotto l’edificio nel quale il ministro è entrato per un sopralluogo. “Proviamo sgomento e rabbia – hanno affermato i dipendenti – per la tormentata, ventennale, vicenda dell’edilizia giudiziaria di questa città “.
Nel documento, redatto dall’Unione sindacale di base e consegnato in un veloce sit in, si chiede “l’immediato sgombero del palazzo da parte dei lavoratori, che sia valutata la sospensione straordinaria dei termini processuali, garantendo solo i servizi pubblici essenziali, che sia prioritaria l’individuazione di una soluzione definitiva e dignitosa, senza ricorrere a mezzi surrettizi e/o temporanei”.
(da agenzie)
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Giugno 7th, 2018 Riccardo Fucile NON AVEVA ALCUN TITOLO SU QUELLA PROPRIETA’ ABBANDONATA, MA NON VOLEVA CHE I MIGRANTI PRELEVASSERO VECCHIE LAMIERE PER IL LORO CAMPO
C’era il concreto rischio che tentasse di scappare, per questo questa mattina all’alba è stato
fermato Antonio Pontoriero, il 42enne di San Calogero sospettato di aver ucciso il sindacalista maliano Soumalia Sacko, sabato pomeriggio colpito a morte da un colpo di fucile alla Fornace, ex fabbrica del Vibonese. Pontoriero si sentiva il padrone di quell’area e avrebbe sparato per “difenderla” dagli intrusi.
Il pm Luca Ciro Lotoro si è presentato personalmente a casa di Pontoriero per eseguire il fermo, insieme ai carabinieri della Compagnia di Tropea, guidati dal maggiore Dario Solito, e della stazione di San Calogero. “Ulteriore attività investigativa ha reso necessario ed urgente eseguire il provvedimento” spiega il procuratore capo di Vibo Valentia, Bruno Giordano, che insieme al pm Lotoro ha coordinato le indagini. Traduzione, inquirenti e investigatori hanno capito che Pontoriero sarebbe potuto diventare un’ombra, per questo hanno fatto scattare le manette con l’accusa di omicidio e porto e detenzione illecita di arma da fuoco.
Del resto, a carico del 42enne gli indizi sono tanti, chiari e pesantissimi.
In una terra in cui nessuno parla e chi sa tace, gli amici del sindacalista ucciso si sono presentati subito dai carabinieri cui hanno fornito una precisa descrizione fisica dell’assassino, dei vestiti che portava addosso al momento dell’omicidio, dell’auto che guidava, con tanto di parziale indicazione del numero di targa.
E i carabinieri, grazie alla millimetrica conoscenza del territorio, non hanno avuto difficoltà a capire chi fosse.
Anche perchè, circa un mese prima dell’omicidio, lo avevano visto proprio all’ex Fornace. “Il 5 maggio scorso — spiega il comandante provinciale — alla stazione di San Calogero è arrivata una segnalazione su prelievi di materiale dalla zona dell’ex fabbrica”.
Arrivati lì, i carabinieri hanno trovato Pontoriero, proprietario di un terreno confinante all’area della Fornace. Sebbene sui terreni della fabbrica l’uomo non possa vantare alcun titolo di proprietà , il 42enne si era mostrato chiaramente infastidito dalla presenza dei migranti che dallo scheletro dell’ex fabbrica avevano preso qualche vecchia lamiera, utile per costruire una baracca.
Lì ha fatto capire ai militari nessuno poteva accedere senza il suo consenso. Un episodio che insieme alle precise testimonianze delle due vittime ha portato i carabinieri a bussare alla porta di Pontoriero già qualche ora dopo l’omicidio di Soumayla.
«Il fermo è stato eseguito sulla base delle dichiarazioni delle vittime e degli accertamenti successivi — spiega Gianfilippo Magro, comandante provinciale di Vibo Valentia — La chiave di volta dell’indagine è stato l’intervento immediato dei carabinieri che ha consentito di fissare gli elementi essenziali per la prosecuzione delle indagini».
Davanti alla casa di Pontoriero, i carabinieri hanno trovato l’auto descritta dai testimoni, una Panda bianca vecchio modello, con targa Aw. In casa, nella lavatrice, pronti per essere lavati, la maglia nera e i pantaloni grigi descritti dai testimoni. Tutto quanto è stato sequestrato e adesso è in mano ai Ris di Messina che stanno passando auto e vestiti al setaccio per determinare l’eventuale presenza di polvere da sparo. Lo stesso esame cui è stato sottoposto anche Pontoriero.
Per i risultati bisognerà attendere almeno un giorno, ma nel frattempo ulteriori testimonianze e un monitoraggio attento del sospettato hanno convinto gli inquirenti ad ordinare il carcere per Pontoriero. Nel giro di 48 ore, toccherà al giudice convalidare o meno la misura, ma secondo fonti investigative è molto difficile che Pontoriero venga scarcerato. Anche perchè il quadro a suo carico si potrebbe addirittura aggravare. E non solo in base ai risultati dello stub.
Dopo l’esame radiografico eseguito ieri sera, questa mattina è iniziata l’autopsia sul corpo di Soumayla, affidata al medico legale Katiuscia Bisogni, mentre il perito balistico Fernando Mancino è già al lavoro per ricostruire l’esatta traiettoria dei quattro colpi che, secondo i due testimoni, il killer ha sparato.
A breve dunque, gli inquirenti potrebbero essere in grado di esporre al giudice non solo tutti gli elementi che hanno portato a identificare Pontoriero come l’assassino di Soumayla, ma anche la fotografia dinamica dell’omicidio.
Un elemento che potrebbe rivelarsi fondamentale per provare che sabato pomeriggio il killer ha sparato con l’intenzione di uccidere.
(da “La Repubblica”)
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Giugno 7th, 2018 Riccardo Fucile EMILIO FEDE SI SCAGLIA CONTRO IL CAPO DELLA COMUNICAZIONE GRILLINA
Ai microfoni di Radio Cusano Campus Emilio Fede torna a parlare di Rocco Casalino. E lo fa, come sempre, senza peli sulla lingua: “Doveva telefonarmi, salutarmi, perchè quando lui è venuto da me stava con le pezze al culo a chiedere aiuto. Il senso di riconoscenza se lo mette non vi dico dove”
Ospite del programma ECG, condotto condotto da Roberto Arduini e Andrea Di Ciancio sull’emittente dell’Università degli Studi Niccolò Cusano, l’ex direttore del tg4 ha poi raccontato il primo incontro con l’ex concorrente del Grande Fratello: “La mia segretaria mi disse che c’era un ragazzo che era venuto già per la terza volta a chiedere di parlare con me. L’ho ricevuto con simpatia e cortesia. Mi disse di essere disoccupato e che non sapeva cosa fare nella sua vita. Io gli dissi che siccome era bello, alto e bravo, poteva fare il pr del movimento politico che stava nascendo, il M5S. E infatti lo presero”
Da allora però, da Casalino più niente. Non una parola o un segno di riconoscenza.
Un comportamento che ha mandato Fede su tutte le furie: “Prima era un belloccio che piaceva di qua e di là . Col mio consiglio è diventato il numero due, anzi il numero 1 bis. Ora è portavoce del presidente del consiglio. Perchè questi st…i che scrivono sui giornali non lo dicono pur di non fare il mio nome?”
(da agenzie)
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Giugno 7th, 2018 Riccardo Fucile SIAMO UN POPOLO DI POETI, SANTI, NAVIGATORI E PRESTANOME DEL CONSIGLIO
Francamente è bello che tra Giuseppe Conte e Luigi Di Maio ci sia un’unità di intenti così
spiccata che viene fuori anche dai fuori onda.
Pubblicato dall’Agenzia Vista/Alexander Jakhnagiev, il breve scambio tra il presidente del Consiglio e il suo ministro del Lavoro e dello Sviluppo liberamente scelto come da prescrizioni della Costituzione (ahahah), il video pubblicato dal Corriere testimonia così la perfetta intesa tra i due: “Luigi, questo lo posso dire?“, dice il premier incaricato; “No”, risponde “Luigi”, al secolo Di Maio.
Un piccolo scambio del quale non si comprende il contesto, ma che però testimonia in primo luogo tutta l’autonomia del presidente del Consiglio, così come il dialogo successivo: Conte si perde gli appunti, cerca sul tavolo i fogli giusti e il vicepremier lo spinge nell’arena: «Vai, te li cerco io… Hai il microfono aperto».
E lui va, perchè Giuseppe sa che di Luigi si può fidare e se lui gli dice che gli cerca gli appunti, certo che glieli cerca e magari glieli trova pure
Ricapitolando, un bel momento anche se non all’altezza di quando Conte si è spiaciuto per gli insulti al “congiunto” di Mattarella. Luigi e Giuseppe vanno d’amore e d’accordo e questo non potrà che giovare a questo popolo di poeti, santi, navigatori e prestanome del Consiglio.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 7th, 2018 Riccardo Fucile PER CURARE L’IMMAGINE DI CONTE ANCHE L’EX CAMIONISTA CHE TRAMITE BUGANI CERCAVA UNO STIPENDIO DA 1500 EURO AL MESE
Sulla Stampa di oggi Ilario Lombardo segnala che assieme a Rocco Casalino, capo della comunicazione del M5S e portavoce di Luigi Di Maio, arriveranno a Palazzo Chigi anche gli altri Rocco Boys.
Come noto già da qualche tempo Casalino avrà il compito di curare l’immagine del presidente del Consiglio e dovrà soprattutto gestire i rapporti con la stampa e sarà affiancato da Maria Chiara Ricciuti, che ricoprirà il ruolo di capo dell’ufficio stampa di Conte, da Pietro Dettori, l’uomo della Casaleggio dentro all’Associazione Rousseau. A completare il dream team pentastellati ci sarà come fotografo e videomaker Nicola Virzì.
Nicola Virzì è noto al grande pubblico dell’Internet con il nickname di Nik il Nero ed è stato durante la scorsa legislatura nello staff della comunicazione del M5S al Senato. Ex camionista ora prestato alla (comunicazione) politica, la folgorante carriera di Virzì — che nel curriculum sostanzialmente poteva vantare solo un’esperienza come aiuto fotografo per servizi matrimoniali — è iniziata poco dopo la nascita del MoVimento.
In una mail del 2010, emersa durante il mailgate romagnolo del M5S, il consigliere regionale Max Bugani (successivamente candidato sindaco a Bologna e socio dell’Associazione Rousseau) chiedeva al capogruppo 5 Stelle in regione Emilia Romagna, Andrea Defranceschi, di trovare una soluzione per il suo amico Nik che “ancora sta sperando di poter avere un’entrata intorno ai 1500 euro al mese dal MoVimento per fare i video”.
Defranceschi rispose di non aver mai promesso uno stipendio del genere ma solo qualche rimborso spese.
Il nostro eroe non la prese bene visto che — sostiene l’ex grillino Giovanni Favia — fu proprio lui ad aizzare la fronda contro i consiglieri regionali considerati “dissidenti” e poi espulsi (Favia e Federica Salsi in testa e successivamente Defranceschi). Fortunatamente l’amico Nik riuscirà poi a trovare un posto al Senato, pagato con i soldi (pubblici) che Montecitorio dà ai gruppi parlamentari.
Visto che è stato assunto a chiamata diretta più che il curriculum poterono le amicizie (senza dimenticare che la moglie Serena Saetti era nel frattempo diventata organizer del MeetUp bolognese).
Successivamente Virzì si distinse anche per i primi attacchi — infondati — al compagno di partito Federico Pizzarotti, all’epoca ancora nelle grazie della dirigenza pentastellata.
Noto per il suo look d’ordinanza (maglietta nera e cappellino) e per le sue invettive via YouTube contro i politici corrotti, i giornalisti venduti e la casta Virzì a differenza del collega Claudio Messora (rapidamente defenestrato dal gruppo della comunicazione pentastellata) è riuscito a sopravvivere alla prima legislatura a 5 Stelle, quella di “lotta” per approdare a quella di governo.
Il primo successo di Virzì quando arrivò al Senato fu il famoso video no-euro per il ritorno alla lira con protagonista l’attuale vicepresidente del Senato Paola Taverna.
Il video, che suscitò l’ilarità generale perchè la senatrice applicava il tasso di cambio “un euro = mille lire”, venne rimosso perchè Virzì aveva utilizzato come colonna sonora un brano di Ludovico Einaudi senza chiederne l’autorizzazione.
Coi diritti d’immagine Virzì ebbe qualche altro problema quando la Tenderly fece rimuovere un altro suo video dove paragonava Repubblica alla carta igienica.
Sempre da dipendente della comunicazione M5S al Senato Nik il Nero l’anno scorso fu protagonista del famoso inseguimento “stile Iene” del direttore del TG1 Mario Orfeo per chiedergli conto della “gestione del TG1” con particolare attenzione alla copertura delle notizie che vedevano protagonisti esponenti del M5S.
A fare compagnia a Virzì c’era un altro dipendente del MoVimento: il giornalista Matteo Incerti.
Il video venne pubblicato — per la gioia degli attivisti — sulla pagina Facebook del M5S condito con il commento sull’informazione italiana«al 77° posto nella classifica sulla libertà di stampa stilata ogni anno da Reporter Senza Frontiere».
Dimostrando di non aver capito che la classifica sulla libertà di stampa ci trova così in basso in classifica a causa delle intimidazioni ricevute dai giornalisti. Ma con i giornalisti Virzì ha sempre avuto un rapporto complicato.
Qualche tempo fa Annalisa Cuzzocrea ricordava su Repubblica come i cronisti di Bologna lo ricordassero come colui che aizzava le assemblee dei meet up contro di loro gridando “vergogna vergogna”.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 7th, 2018 Riccardo Fucile COME FAR SLITTARE FLAT TAX, REDDITO DI CITTADINANZA E PENSIONI DOPO AVERLE PROMESSE… MARONI PREVEDE: “CON LE EUROPEE CESSERA’ LA LUNA DI MIELE DEL GOVERNO”… DAVIGO: “RIDICOLO AMPLIARE LA LEGITTIMA DIFESA, ABBIAMO IL NUMERO DI OMICIDI PIU’ BASSO DI EUROPA”
Nell’aula di Montecitorio, che si sta rivelando assai più malmostosa di quella del Senato, il
professor Giuseppe Conte sta parlando da 55 minuti, fino a quando pronuncia queste parole: «Una battuta anche sulla sanità …».
Accostarsi ad un tema delicato come la salute dei cittadini con una «battuta», può sembrare una smagliatura “pop”, che infatti suscita qualche sgradevole risata sui banchi del Pd.
Ma la complessiva indefinitezza del presidente del Consiglio sui punti dirimenti del “Contratto” («Non chiedeteci articolati normativi, non chiedeteci il dettaglio…») ha un punto di caduta molto significativo: dopo due giorni di dibattito parlamentare e due lunghe repliche del presidente del Consiglio è oramai ufficiale: nel corso del primo anno di governo giallo-verde non saranno attuate le promesse più qualificanti delle forze di governo. Reddito di cittadinanza, flat tax, quota 100 per le pensioni.
Certo, si tratta di riforme rinviate, perchè non farle avrebbe un costo politico troppo alto.
Ma per il momento ad essere ancora più alto sarebbe il costo finanziario: pur di farle subito, bisognerebbe accedere a tagli troppo costosi in termini di consenso.
Sostiene Roberto Maroni, uno dei personaggi che hanno fatto la storia della Lega, uno che non condivide Matteo Salvini ma lo conosce a memoria: «La luna di miele del governo durerà fino al 26 maggio 2019, con le elezioni Europee. Salvini punterà a chiudere la pagina berlusconiana con un nuovo sistema bipolare. Da una parte il mondo grillino e dall’altra la Lega, che punterà a diventare il nuovo partito conservatore».
Il patto Di Maio-Salvini comincia a diventare più chiaro: una campagna permanente di 11 mesi, senza riforme “costose” e con l’obiettivo strategico di “papparsi” le mezze ali: Pd e Forza Italia.
Ha ben chiaro il pericolo Matteo Renzi, che in una pausa dei lavori del Senato spiegava: «Ci proveranno, proveranno a costruire in quel modo il bipolarismo di domani e per questo noi dovremo batterci perchè l’alternativa sia radicalmente un’altra».
Per arrivare col vento in poppa alla primavera 2019, il governo Conte-Di Maio-Salvini è deciso ad approvare una raffica di leggi-manifesto: taglio alle pensioni e ai vitalizi di parlamentari, di consiglieri regionali e organi costituzionali. Pensioni d’oro. Daspo per corrotti e corruttori. Legge sulla legittima difesa.
Certo, non tutte saranno delle passeggiate. Ha spiegato Conte alla Camera: «Per i reati contro la Pubblica amministrazione dobbiamo combattere la corruzione con il Daspo e anche con l’agente sotto copertura, i provocatori su cui ho sentito varie polemiche… Ma dico che con noi gli onesti, vi assicuro, non hanno da temere nulla».
Eppure, su una delle leggi-manifesto che stanno a cuore alla Lega c’è la riserva forte di un “onesto” per definizione, Piercamillo Davigo.
Due sere fa, a “Dimartedì”, l’ex leader dell’Anm si è espresso con queste parole: «Ampliare i limiti della legittima difesa? Io trovo ridicolo che per anni si sia creato un allarme sicurezza inesistente. L’Italia è un Paese fortemente sicuro, ha il minor numero di omicidi in Europa, Nonostante l’allarme sicurezza creato, sono state fatte leggi per rendere molto più difficile la custodia cautelare. Poi però si pensa di estendere l’uso delle armi, in modo che ci pensano i cittadini ad ammazzare. Ma che modo di ragionare è?».
Ma per arrivare al 2019 il governo è chiamato a realizzare una legge di Stabilità che sia capace di sterilizzare l’aumento dell’Iva entro la scadenza del 31 dicembre 2018. L’ex presidente della Commissione Bilancio della Camera Francesco Boccia, in prima linea negli ultimi cinque anni, fa una previsione interessante: «L’Europa concederà al nuovo governo una flessibilità limitata nel rapporto deficit-Pil, grosso modo intorno allo 0,4%. Una concessione che potrebbe consentire di avere le risorse necessarie per congelare di nuovo le clausole di salvaguardia».
(da “La Stampa”)
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Giugno 7th, 2018 Riccardo Fucile EXPLOIT MATTARELLA: PER TRE ITALIANI SU QUATTRO E’ STATO IMPECCABILE, GARANTE DELLA COSTITUZIONE
Matteo Salvini è il ministro con meno fiducia del governo Conte, che parte con i suoi primi 100 giorni di luna di miele con l’apprezzamento del 51% degli italiani ma qualche perplessità sul leader della Lega, sul suo prescelto per il ministero della famiglia Lorenzo Fontana e sull’altro leader della maggioranza gialloverde, ovvero Luigi Di Maio.
Questi i risultati della rilevazione pubblicata oggi da Nicola Piepoli sulla Stampa, che rimarca invece come i ministri con più fiducia sia Sergio Costa, responsabile dell’Ambiente, Giulia Bongiorno, Enzo Moavero Milanesi, Erika Stefani e Barbara Lezzi.
Ovvero due tecnici chiamati dal M5S, due esponenti della Lega e soltanto alla fine una politica grillina.
Ovviamente le positività si sono distribuite in funzione della popolazione delle singole aree politiche: da una scarsa positività all’interno del centrosinistra ad una assoluta e quasi plebiscitaria positività per gli aderenti al Movimento 5 Stelle.
Ma è significativo anche un altro dato in questi sondaggi: la domanda (e le risposte) sul presidente della Repubblica Sergio Mattarella, il cui comportamento durante la lunga crisi finita in questi giorni ha avuto l’approvazione di tre italiani su quattro con una netta prevalenza degli italiani a sinistra e di quelli che hanno votato il M5S.
Il presidente della Repubblica, secondo la stragrande maggioranza, si è comportato infatti impeccabilmente nella definitiva nomina di Giuseppe Conte a premier e soprattutto si è dimostrato garante delle regole contenute nella Costituzione.
Insomma, l’esatto contrario di quello che pensava chi voleva infilare la patria in una guerra tra istituzioni con la messa in stato d’accusa del presidente della Repubblica.
(da agenzie)
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Giugno 7th, 2018 Riccardo Fucile GIANNI LEMMETTI E UN DANNO DA 500 EURO CHE HA EVITATO DI CHIEDERE AL COMUNE
E che non si dica che il M5S non è vicino alla gente. L’assessore al bilancio Gianni Lemmetti ne
ha dato una plastica dimostrazione ieri quando ha confessato di essere finito anche lui in una buca con la sua automobile e di aver subito danni per 500 diconsi 500 euro.
La storia la racconta Repubblica Roma:
Quello che nessuno sapeva, almeno fino alla commissione Trasparenza di ieri mattina, è che il livornese è una delle vittime delle buche della Roma grillina: «Non lo dire a me – ha raccontato il titolare dei conti del Campidoglio rispondendo al consigliere piddino Marco Palumbo – chè qualche mese fa in una voragine ci ho rimesso la ruota e un cerchione. Mi è costato 500 euro di danni. Volevo presentare una denuncia, poi ho capito che non sarebbe stato il caso per evidenti ragioni d’opportunità ».
In effetti sarebbe stato inopportuno per Lemmetti denunciare qualcuno visto che il responsabile è il comune di Roma e in ultima istanza chi non ripara le buche; ma chi non ripara le buche potrebbe dire che l’assessorato (al Bilancio, ovvero proprio quello di Lemmetti) non gli dà i soldi e alla fine la buca in cui è finito l’assessore sarebbe colpa di… Lemmetti:
Meglio concentrarsi sul sistema informatico che metterà a sistema le segnalazioni di Assicurazioni di Roma: «Ci aiuterà a mettere assieme tutte le segnalazioni e capire subito se ci sono strade critiche per intervenire al più presto. Solo così si possono limitare le spese in risarcimenti. Bisogna investire in asfalto, non buttare i soldi per pagare i danni
Inoltre nel sistema verrà inserito anche il nome della ditta che ha effettuato il lavoro e di chi avrebbe dovuto controllarne la bontà . Sono stati fatti bandi ad hoc e vanno rispettati. Altrimenti non se ne esce più».
(da “NextQuotidiano”)
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