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FICO CONTRO SALVINI: “LO STATO SIA VICINO A CHI SOFFRE” E LUNEDI SARA’ A SAN FERDINANDO DOVE AVREBBERO DOVUTO ANDARE IL MINISTRO DEGLI INTERNI E QUELLO DEL LAVORO

Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile

PRIMA CREPA NELLA MAGGIORANZA SULLA MORTE DI SACKO: “IL LEGHISTA HA TACIUTO”

Non poteva non succedere. A una settimana dal giuramento del nuovo governo gialloverde, si apre la prima crepa tra M5s e Lega.
Sull’immigrazione, naturalmente, l’argomento forte del momento, diventato una vera e propria bandiera per il Carroccio. Come prevedibile i protagonisti dello scontro a distanza sono Matteo Salvini e Roberto Fico, presidente della Camera, punta più a sinistra nel Movimento cinquestelle.
Scintille. Evidenti già  a guardare l’agenda del presidente dell’aula di Montecitorio. Oggi ha incontrato una delegazione di Medici senza frontiere, la ong attiva nei soccorsi dei migranti nel Mediterraneo, la ong che l’anno scorso si è rifiutata di sottoscrivere il codice di condotta redatto dal Viminale a guida Marco Minniti.
Oggi proprio quel codice viene preso di mira da Salvini: “Purtroppo non è con quel regolamento che si può intervenire in maniera efficace. Stiamo lavorando sul fronte di queste Ong, alcune delle quali fanno volontariato, altre fanno affari. C’è un preciso disegno al limite delle acque territoriali della Libia per fungere da taxi”.
Non la pensa così Fico. “Chi fa solidarietà  ha tutto il supporto dello Stato. Lo Stato deve essere vicino a chi soffre, ai più deboli, a chi viene considerato ultimo. La loro sofferenza è la mia sofferenza, la loro ricerca di dignità  è la mia ricerca della dignità . Non solo sul tema dei migranti, ma sulle sofferenze in generale, dei diritti”, dice il presidente della Camera dopo l’incontro con il direttore della sezione italiana di Msf, Gabriele Eminente, il responsabile della comunicazione del centro operativo di Msf a Bruxelles, Sergio Cecchini, e il responsabile advocacy di Msf Italia, Marco Bertotto.
E le distanze con Salvini, alleato di governo? “Sono la terza carica dello Stato e non entro in questa questione”, si ritrae Fico, rimarcando però che “anche nel Mediterraneo vanno supportate le persone e le organizzazioni che aiutano gli altri”.
Ma non finisce qui. Oggi Fico ha ricevuto anche Amnesty, realtà  attivissima nella ricerca di verità  per la morte del ricercatore italiano Giulio Regeni in Egitto, un altro di quegli incontri che stridono con le tendenze politiche dell’alleato leghista e magari anche di larga del M5s pià  moderato.
“C’è la volontà  da parte di tutti, anche dello Stato italiano, di perseguire ad ogni costo la verità  sul caso Regeni. Chiediamo una verità  che sia sostanziale, forte, definitiva. Oggi non è un giorno della memoria per Giulio Regeni, ma un giorno della ricerca continua della verità “, dice il presidente della Camera posando per le foto con la delegazione di Amnesty sullo sfondo dell’ormai noto drappo giallo e nero con la scritta ‘Verità  per Giulio Regeni’.
E ancora. Lunedì Fico sarà  in Calabria, a San Ferdinando, il paese dove domenica scorsa è stato ucciso Soumayla Sacko, il sindacalista del Mali, attivo nei diritti dei braccianti.
Pensare che oggi il ministro degli Interni è invece andato a Como, dove ha promesso ogni provvedimento legale possibile per allontanare dall’Italia i quattro richiedenti asilo arrestati per aver aggredito due autisti dell’autobus.
Sulla vicenda del sindacalista ucciso in Calabria spunta anche un’interrogazione parlamentare dell’ala più ortodossa dei cinquestelle.
“Lo Stato deve scavare a fondo sull’omicidio di Soumayala Sacko e il ferimento di Madiheri Drame e Madoufoune Fofana presso l’ex fornace ‘La tranquilla’ di San Calogero, nel Vibonese, per accertare se nella vicenda vi sia, come pare probabile, il coinvolgimento della ‘ndrangheta, che in quella provincia ha risapute radici e ramificazioni”, scrivono i parlamentari M5s Paolo Parentela, Giuseppe d’Ippolito, Dalila Nesci, Riccardo Tucci e Nicola Morra, che alla Camera e al Senato presenteranno subito un’interrogazione al ministro dell’Interno Salvini.
Vogliono sapere di quali elementi disponga a riguardo e che cosa risulti in merito alla “presenza sul posto dell’indiziato Antonio Pontoriero, che sembra presidiasse da furti l’ex fornace in cui per l’inchiesta ‘Poison’ della Procura di Vibo Valentia, nell’ambito della quale è indagato un suo parente, sarebbero state intombate 130mila tonnellate di rifiuti tossici e pericolosi provenienti dall’Enel di Brindisi, Priolo Gallo (Sr) e Termini Imerese (Pa)”.

(da “Huffingtonpost“)

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IL CONFLITTO DI INTERESSI DI CONTE: LA PRIMA DECISIONE DEL CDM NEL SETTORE DELLE TLC E’ LA GOLDEN POWER SU RETELIT

Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile

DA AVVOCATO AVEVA FIRMATO UNA CONSULENZA CHE CHIEDEVA AL GOVERNO DI ADOTTARE I POTERI SPECIALI SUGLI ASSET STRATEGICI

La prima decisione nel campo delle telecomunicazioni del premier Giuseppe Conte è in odore di conflitto di interessi.
Ironia della sorte: il presidente del Consiglio, finito nell’occhio del ciclone durante la fiducia a Montecitorio per aver insinuato interessi in conflitto tra i banchi delle opposizioni, da accusatore finisce accusato.
Come si legge dal comunicato del secondo Cdm, presieduto da Matteo Salvini per gli impegni di Conte al G7 in Canada, il nuovo Governo ha deciso di esercitare la golden power su Retelit, società  di tlc che gestisce più di 12mila chilometri di fibra ottica tra 9 grandi città  italiane.
L’azienda quotata in borsa oggi ha perso il 4% a Piazza Affari.
Il Consiglio dei ministri, si legge nel comunicato, ha deliberato “di esercitare i poteri speciali con riferimento alla modifica della governance della società  Reti Telematiche Italiane s.p.a derivante dall’assemblea degli azionisti del 27 aprile 2018, mediante l’imposizione di prescrizioni e condizioni volte a salvaguardare le attività  strategiche della società  nel settore delle comunicazioni”.
Retelit però è azienda ben nota a Giuseppe Conte.
Come ha raccontato Repubblica, il 14 maggio ha firmato, in qualità  di consulente, un parere pro veritate che si inserisce all’interno della guerra tra azionisti che si contendono la guida della società  di tlc.
Una consulenza per la lista Fiber 4.0, azionista di minoranza con l’8,9% che fa capo al finanziere Raffaele Mincione e uscita sconfitta all’assemblea dei soci del 27 aprile per il rinnovo del cda, in cui si segnalava la possibilità  per il Governo di avvalersi del cosiddetto golden power su Retelit nei confronti della cordata che ha poi ottenuto la meglio in assemblea, composta da tre società : la libica Bousval, la tedesca Axxion e SVM.
Secondo il parere del giurista, già  allora chiacchierato come papabile premier dell’esecutivo M5S-Lega, il patto parasociale tra le tre società  ha difatti integrato il controllo della società  (con il 24,36%) che, per una azienda strategica come Retelit, impone l’obbligo di notifica in quanto detiene asset strategici.
La società  di Mincione ha chiarito nei giorni scorsi che il parere dell’avvocato Conte “si affianca al parere espresso da un altro primario studio legale”, lo Studio Gop e che “i giudizi tecnici ricevuti non fanno riferimento all’idoneità  dell’investitore libico (Bousan, ndr) di essere parte dell’azionariato”. In merito al ricorso al golden power, Retelit ha comunicato che le condizioni e prescrizioni “riguardano attività  che vengono già  regolarmente svolte dalla società  nello svolgimento della propria attività  ordinaria, la quale è altresì titolare di certificazioni nazionali ed internazionali”.
Di conseguenza, la società  ritiene che “l’applicazione delle predette misure non comporterà  costi e investimenti aggiuntivi nè restrizioni di carattere operativo e/o commerciale rispetto a quanto considerato nel piano industriale”.
Comunque, il golden power potrebbe configurarsi come corretto dal punto di vista formale e sostanziale.
Non sfugge, però, che una decisione (la prima nelle tlc) favorevole a un azionista di una società  quotata per la quale il premier, nella sua precedente veste da avvocato, ha firmato una consulenza giuridica, pecca di opportunità .
Si tratterebbe – leggendo la definizione data nel Contratto del Governo del Cambiamento – di un conflitto di interessi a tutti gli effetti.

(da “Huffingtonpost”)

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L’ISPETTORATO DEL LAVORO CONTESTA AD AMAZON L’USO DI 1308 LAVORATORI SOMMINISTRATI OLTRE IL LIMITE DI 444 CONTRATTI ATTIVABILI

Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile

ORA POTRANNO CHIEDERE L’ASSUNZIONE A TEMPO INDETERMINATO

Amazon ha sforato le quote per l’utilizzo di “lavoratori somministrati” e ora dovrà  assumere 1.300 lavoratori che potranno chiedere la stabilizzazione dal primo giorno del loro utilizzo.
E’ quanto ha notificato l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ad Amazon dopo aver avviato un accertamento nei confronti della società  Amazon Italia Logistica.
Nessun rilievo invece dalle verifiche fatte sui controlli a distanza dei lavoratori.
“Si è concluso, con notificazione del verbale di contestazione del 30 maggio u.s., l’accertamento iniziato nei confronti della ditta Amazon Italia Logistica lo scorso 7 dicembre”, si legge sul portale dell’ispettorato.
“È stato contestato all’azienda di aver utilizzato, nel periodo da luglio a dicembre 2017, i lavoratori somministrati oltre i limiti quantitativi individuati dal contratto collettivo applicato”, viene dettagliato.
“Si evidenzia infatti che l’impresa, a fronte di un limite mensile di 444 contratti di somministrazione attivabili, nel periodo suindicato, ha invece sensibilmente superato tale limite, utilizzando in eccesso un totale di 1.308 contratti per lavoratori somministrati”.
Visto il superamento di questi limiti, viene ancora specificato dall’Ispettorato, “l’iniziativa ispettiva potrà  consentire la stabilizzazione degli oltre 1.300 lavoratori interinali utilizzati oltre i limiti, i quali pertanto potranno richiedere di essere assunti, a tempo indeterminato, e a far data dal primo giorno di utilizzo, direttamente dalla società  Amazon”.
L’accertamento era scattato, si spiegava a dicembre, nell’ambito delle attività  ispettive programmate, “con un’attenzione prioritaria al settore della logistica e della movimentazione merci”.
Erano però i giorni caldi nei quali i lavoratori del centro di Castel San Giovanni avevano scioperato e manifestato con bandiere, cartelli e slogan, proprio in occasione del Black Friday che muove miliardi di acquisti online.

(da agenzie)

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“DOPO AVER COLPITO SACKO HA PUNTATO IL FUCILE CONTRO DI ME”: PARLA IL BRACCIANTE SOPRAVVISSUTO ALL’AGGRESSIONE RAZZISTA

Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile

NEL DECRETO DI FERMO ANCHE I TENTATIVI DELL’INDAGATO DI DEPISTARE LE INDAGINI

“Mentre io e Sacko eravamo sul tetto della struttura attenti a smontare alcuni pannelli, udivo un colpo di fucile che ci allarmava e che ci faceva subito scendere dal tetto”. Inizia così il racconto di Madhieri Drame, uno dei due maliani che si trovava assieme Soumaila Sacko durante la sparatoria avvenuta il 2 giugno nelle campagne di San Calogero.
Le dichiarazioni del testimone sono state inserite nel provvedimento di fermo che ieri ha portato all’arresto di Antonio Pontoriero, l’agricoltore di 43 anni arrestato per l’omicidio del bracciante africano morto perchè stava prendendo delle lamiere che poi sarebbero servite a costruire una baracca nella ghetto di San Ferdinando.
In attesa della convalida da parte del gip e dell’esito dello stub, la testimonianza del maliano ferito è uno degli elementi più schiaccianti contro l’indagato.
“Voleva spararmi” e “poi si è avvicinato”
“Ho notato — è sempre il verbale di Drame — un uomo a distanza, in posizione sopraelevata, che ci osservava da seduto puntandoci il fucile contro. Io avvertivo subito il mio amico Sacko in modo che ci potessimo riparare dall’esplosione di ulteriori colpi. Mentre io comunicavo a Sacko, un altro colpo di fucile lo colpiva la testa e lo faceva cadere per terra procurandogli la perdita di sangue. Io riuscivo precipitosamente a ripararmi dietro un muro al fine di evitare di essere attinto. Nel fare ciò notavo che l’uomo che puntava il fucile si spostava per avere una migliore visuale della mia sagoma e quindi per cercare di spararmi contro. Nel frattempo l’altro mio connazionale, Fofana, stava trasportando alcuni pannelli verso l’uscita dello stabilimento”.
“Gli ho chiesto il permesso di avvicinarmi al mio amico”
Proprio quelle lamiere hanno salvato il secondo bracciante: “Anche lui — prosegue Drame — veniva attinto da colpi di fucile che fortunatamente non gli provocarono alcun danno fisico in quanto riparato dai pannelli”.
Vicino all’ex Fornace, sotto sequestro, c’è un casolare dove vivevano altri due migranti. È lì che Drame si è precipitato per chiedere aiuto.
Ed è sempre lì che, pochi minuti dopo, l’uomo che lui ha visto imbracciare il fucile e uccidere il suo amico si è avvicinato come se nulla fosse: “Mi accorgevo che indossava gli stessi indumenti di colui che aveva poco prima sparato. Poichè era mia intenzione soccorrere il mio amico Sacko. Per timore che quell’uomo potesse ancora una volta esplodere dei colpi nei miei confronti gli chiedevo il permesso di avvicinarmi al mio amico ferito per soccorrerlo. Mi diceva, alzando le mani, che lui non avrebbe fatto niente e alla mia richiesta di prestare il suo aiuto per portare con l’auto la persona ferita in ospedale lo stesso si rifiutava dicendo che non voleva sapere niente.
Dopodichè l’uomo saliva bordo della sua auto per allontanarsi definitivamente da quel luogo in direzione Vibo. Ho notato anche un particolare che la macchina con la quale si allontanava riportava come primi elementi le seguenti lettere di targa: AW”.
L’attività  di indagine condotta dai carabinieri ha consentito, però, al procuratore Bruno Giordano e al pm Ciro Luca Lotoro di raccogliere anche altre prove contro Antonio Pontoriero, nipote di uno dei soggetti coinvolti nell’inchiesta che alcuni anni fa aveva portato al sequestro della fabbrica di mattoni, l’ex Fornace, utilizzata pure come discarica di rifiuti tossici provenienti dalla centrale Enel di Brindisi.
Nonostante quel vecchio provvedimento giudiziario e la mai avvenuta bonifica, l’intera area apparentemente abbandonata in realtà  era diventata “una sorta di deposito — è scritto nel provvedimento di fermo — a disposizione di chi, come i Pontoriero, sono possessori dei terreni tutti intorno all’ex Fornace. Difatti come riscontrato in un’annotazione del Nucleo investigativo di Vibo Valentia, le lamiere e i mattoni presenti nel terreno sotto sequestro sono identici con quelli utilizzati per costruire un rinforzo al tetto del casolare diroccato sito in località  Tranquilla (sempre a San Calogero, ndr), sia con altre lamiere utilizzate presso i capannoni adiacenti il ristorante “Spirito di Volpe” di proprietà  di Pontoriero Luciana”.
L’intercettazione: “Dobbiamo trovare il giornalista giusto”
Quest’ultima, infatti, è la sorella dell’arrestato intercettata con altri familiari nel tentativo di “concordare — scrivono i pm — le versioni da dare in merito all’utilizzo dell’autovettura” Fiat Panda sequestrata al fratello e utilizzata per l’omicidio dell’attivista dell’Usb Soumaila Sacko.
A proposito, per gli inquirenti, diventano utili le frasi registrate dalla viva voce di Luciana Pontoriero: “Io non gli ‘canto’ niente…gli dico che mio fratello è un lavoratore… di altro ho la facoltà  di non rispondere. Giusto zio?”.
Lo zio è Francesco, lo stesso coinvolto nell’inchiesta sull’Ex Fornace, che intercettato anche lui è appare adirato con il nipote perchè i carabinieri hanno rinvenuto il bossolo “sputato” dal fucile dopo il colpo con cui ha ucciso il migrante. S
econdo lo zio quel bossolo andava fatto sparire. “Adesso mi salgono i cazzi con queste cose. — dice Francesco Pontoriero —   Quando sparano, tolgono il colpo… Toglilo questo colpo”.
Ormai quello che è fatto è fatto. È morto un migrante e la notizia è andata sulle prime pagine dei giornali nazionali e su tutti i telegiornali.
Dalla conversazione emerge “la preoccupazione della famiglia in ordine alla rilevanza mediatica che il fatto sta prendendo”. Vibo Valentia: “Dobbiamo trovare il giornalista giusto”. È il consiglio dello zio Francesco subito accolto dalla nipote Luciana: “Eh… Lo paghiamo!”. “Si giusto… questo si… Adesso vediamo le cose come vanno qua!”. “Si adesso vediamo! Adesso ci sta troppo movimento”. “Mi salgono i ‘cazzi’”.

(da “Il Fatto Quotidiano”)

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COLPISCONO UN MIGRANTE CON UNA MAZZA DA BASEBALL, POI ESULTANO

Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile

VITTIMA UN RAGAZZO DI 27 ANNI DEL CAMERUN CON REGOLARE PERMESSO DI SOGGIORNO: “ATTO DI ODIO RAZZIALE”

Aggressione razzista nel salernitano. A denunciare la violenza alla polizia è stato Gildas Landry Mvomo Dang, un ragazzo 27enne del Camerun, da due anni residente a Sarno, in provincia di Salerno.
Il ragazzo, che ha conseguito un permesso di soggiorno per motivi umanitari, ha raccontato agli agenti del commissariato che stava tornando in bici presso l’hotel in cui vive, ospite di un progetto Sprar (il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati). A un certo punto ha sentito un’auto avvicinarsi, si è girato e ha notato un “braccio magro” che spuntava dal finestrino protendersi e una mano che teneva una mazza da baseball.
Ha poi sentito un forte colpo alla schiena ed è rovinato sull’asfalto. “Mentre mi colpivano – ha aggiunto – ho sentito solo un urlo tipo festeggiamenti sportivi o di entusiasmo”
Accompagnato all’ospedale di Sarno dall’operatore della struttura in cui vive, gli sono state riscontrate contusioni all’emitorace e al fianco.
Dopo il fatto, l’avvocato Hilarry Sedu, attivista e legale di numerosi stranieri e richiedenti asilo in tutta la regione, si è detto pronto ad assistere il camerunense
“E’ l’ennesimo atto di odio razziale che registriamo in questi giorni – osserva Sedu – penso anche a quanto avvenuto a Padova, dove un richiedente asilo è stato trascinato sull’asfalto da un giovane che era a bordo di un’auto, procurandosi vistose ferite alla schiena; c’è anche un video che sta facendo il giro della rete che documenta i soccorsi degli operatori della Croce Rossa al ragazzo. Purtroppo il clima verso gli immigrati sta peggiorando”.

(da agenzie)

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QUEL FILM SUL SINDACO DI RIACE CHE LA RAI HA CONGELATO

Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile

MENTRE IL MINISTRO DEGLI INTERNI INSULTA IL PRIMO CITTADINO, LA RAI IMBOSCA IL FILM CON BEPPE FIORELLO

Chi vive in Calabria è sotto i riflettori mediatici per l’omicidio di un sindacalista di colore che prendeva lamiere da una fornace sequestrata che ha ospitato rifiuti tossici. Lamiere che servivano a mettere un tetto sulle baracche dei braccianti neri della zona
Nessuna parola netta sull’episodio da parte del ministro dell’Interno, Matteo Salvini, eletto in Calabria. Il quale invece ha esordito come inquilino del Viminale polemizzando con il modello Riace del sindaco Mimmo Lucano.
In questo complesso labirinto segnalo una notizia connessa a tali fatti.
L’anno scorso ho contribuito con i colleghi della Calabria Film Commission a favorire la realizzazione di un film tv su Mimmo Lucano e l’esperienza di Riace.
“Tutto il mondo è paese” questo il titolo dell’opera fortemente voluta da Beppe Fiorello, già  protagonista del bel lavoro sul naufragio di Porto Paolo, e che durante la lavorazione a Riace ha ricevuto le chiavi del paese simbolo.
Il film doveva andare in onda su Raiuno in febbraio. Ma una tegola giudiziaria ha bloccato tutto. Mimmo Lucana a dicembre è stato indagato dalla procura di Locri per essersi adoperato ad abbattere un muro burocratico molto italiano.
I soldi pubblici per governare l’accoglienza hanno trasferimenti molto lenti. E pertanto all’immigrato, cui spettano 35 euro al giorno, il sindaco ha dato un bonus con cui pagare i creditori fino a quando le risorse dello Sprar non fossero arrivate
L’avviso di garanzia, che dovrebbe essere norma di garanzia, è diventato verdetto di colpevolezza. I tempi della giustizia sono lenti.
La Rai ha congelato il film, il senatore Gasparri e la Lega hanno sparato bordate di fuoco. Danno al produttore che ha investito i suoi soldi e tutto fermo a viale Mazzini con occhio molto attento al nuovo che avanza.
Trovo politicamente rilevante che nei giorni scorsi, il governatore della Calabria, Mario Oliverio, che ha molto sostenuto il progetto, sia andato a Riace all’assemblea del Coordinamento dei comuni solidali e abbia pubblicamente dichiarato: “Un anno fa qui è stata girata una fiction che è stata bloccata con un’operazione veramente vergognosa da parte del servizio pubblico televisivo per evitare di proiettare un’idea, una pratica diversa di accoglienza, mentre tutti i giorni siamo costretti ad assistere alla rappresentazione della immigrazione come fattore di criminalità , delinquenza e disordine. Di fronte a questo tentativo che si muove e si esplicita anche attraverso atteggiamenti burocratici assolutamente incomprensibili, non possiamo tacere o far finta di non vedere. Lo dico come presidente della Regione e me ne assumo tutte le responsabilità ”.
“Tutto il mondo è paese” deve essere trasmesso dalla Rai. La questioncella del bonus non inficia la narrazione del modello Riace riconosciuto in tutto il mondo.
Mi piacerebbe sapere che ne pensa il consigliere Rai, Carlo Freccero.

Paride Leporace
Direttore di Lucana Film Commission

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FLAMBUS: ALTRO BUS A FUOCO A ROMA, ORMAI SONO UN’ATTRAZIONE TURISTICA

Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile

CONTINUA LA MORIA DI BUS: STAVOLTA E’ AVVENUTO IN PIAZZA PIO XI, A DUE PASSI DAL VATICANO

Un altro bus in fiamme torna a perpetuare la tradizione del Flambus a Roma, stavolta in piazza Pio XI. Sul posto sono arrivati i Vigili del Fuoco con una squadra e una autobotte per spegnere l’incendio.
Il mezzo è stato completamente avvolto dalla fiamme. Un’alta coltre di fumo ha mandato in tilt la circolazione lungo le strade che costeggiano la piazza, con le fiamme che hanno avvolto l’automezzo destando sorpresa e paura tra i passanti e gli automobilisti.
Piazza Pio XI si trova all’incrocio con via Gregorio VII, a due passi dal Vaticano.
Intorno alle 14 è accaduto invece che   su una vettura della linea 30, in seguito al bloccaggio della cinghia dell’impianto dell’aria condizionata, si è prodotto del fumo a causa dell’attrito. A scopo precauzionale il conducente del bus ha utilizzato l’estintore di bordo.
Nessun passeggero è stato coinvolto nell’evento, ha detto ATAC in una nota.
Anche sul 791 non ci sono state nè fiamme nè fumo.

(da agenzie)

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IL COPASIR SPETTA ALL’OPPOSIZIONE MA NON A QUELLA TAROCCO DELLA MELONI

Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile

LA MANOVRA PUTINIANA DI M5S-LEGA DI NOMINARE PRESIDENTE UN ESPONENTE DI FRATELLI D’ITALIA, COSI’ IL CONTROLLO SUI SERVIZI SEGRETI RESTA IN FAMIGLIA… SIAMO UNA SUCCURSALE DEL KGB?

Le simpatie per Putin di Matteo Salvini che innervosiscono gli Usa. Il potenziale conflitto di interessi della ministra della Difesa grillina, Elisabetta Trenta, che sarà  costretta dopo la nomina ai vertici delle Forze Armate a rinunciare a una docenza molto particolare: un master con l’Università  Statale di Mosca.
Un corso quantomeno imbarazzante, perchè al suo fianco erano previsti alcuni degli ideologi del potere putiniano, pronti a scagliarsi contro l’aggressione dell’Occidente sulle pagine di Sputnik, il megafono web della propaganda russa. Non solo.
Oltre a quello della neoministra, era previsto l’insegnamento di Ivan Timofeev, figura chiave del Russiagate: l’Fbi ritiene che sia stato il primo a proporre agli uomini di Trump le mail trafugate a Hillary Clinton.
Ruota attorno a temi internazionali che riguardano i rapporti con la Nato, la posizione sulle sanzioni alla Russia, più in generale la sicurezza del Paese la partita per la presidenza del Copasir, il Comitato di controllo per i servizi segreti (commissione mista Senato Camera).
Partita strategica per il governo gialloverde, che non vuole avere un controllore troppo severo sulle attività  dell’intelligence italiana che sta per trasferirsi nella sede unica di piazza Dante.
Il Partito democratico, fra i tre partiti che non fanno parte del governo, è la forza di opposizione più preoccupata per il patto segreto di scambio di informazioni Lega-Russia Nuova ora che il segretario del Carroccio diventa depositario di segreti in quanto ministro dell’Interno.
Proprio ieri il dem Emanuele Fiano aveva denunciato in una interrogazione parlamentare “l’intrigo riguardo il contenuto dell’accordo stipulato tra Salvini e Sergey Zheleznyak, deputato di ‘Russia Unita’ legato a Putin, come motivo di seria preoccupazione”.
“In quell’accordo – sottolinea Fiano – si parla di ‘scambio di informazioni’ tra i due partiti e l’attuale titolare del ministero dell’Interno, snodo nevralgico di questioni inerenti la difesa della sicurezza nazionale. Una vicenda che, a prescindere dalla volontà  politica espressa dal nuovo governo di una svolta contraria all’accordo dei Paesi europei sulle sanzioni alla Russia, desta preoccupazioni proprio per il merito dei contenuti dell’accordo e per una sorta di possibile doppia fedeltà  di un ministro della Repubblica a un patto stipulato con una potenza straniera”.
È per questo che si sta consumando un braccio di ferro a distanza tra i dem, che rivendicano quella poltrona del Copasir, e il governo gialloverde che vorrebbe invece affidarla a una opposizione meno agguerrita dei Fratelli d’Italia.
La presidenza è già  stata offerta a Guido Crosetto, che i problemi della Difesa e della sicurezza italiana ha imparato a conoscere bene durante il suo periodo di sottosegretario della Difesa.
Le dimissioni annunciate di Crosetto da deputato, tuttavia, hanno fatto ripiegare la scelta su Edmondo Cirielli, ex generale dell’Arma e specialista della materia.
L’altro potenziale candidato di FdI, l’ex ministro della Difesa Ignazio La Russa, è fuori dalla partita essendo vicepresidente del Senato.
Ma il Pd non molla, e non è certo un caso se l’ex segretario Matteo Renzi nel suo discorso durante al fiducia al Senato ha proprio fatto riferimento al Copasir, annunciando la convocazione della neo ministra della Difesa.
La legge 124 di riforma dei servizi segreti del 2008 stabilisce che la presidenza del Copasir vada alle opposizioni.
Ma un partito come FdI, che si è astenuto, va considerato di opposizione?
§Nella scorsa legislatura per un certo periodo la Lega si era astenuta, ciononostante aveva ottenuto lo stesso come forza di opposizione la presidenza del Comitato affidata a Giacomo Stucchi.
Poichè in Parlamento, dove vige l’autodichia, i precedenti fanno da giurisprudenza, il caso di Stucchi potrebbe ora aprire la strada del Copasir al partito della Meloni che, nonostante il no di Crosetto, non intenderebbe rinunciare all’offerta di avere quella delicata presidenza.

(da agenzie)

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I PRIMI PROFUGHI “SALVATI” DA SALVINI: 232 MIGRANTI IN ARRIVO A REGGIO CALABRIA

Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile

SALVINI AVEVA CHIESTO SE ERA POSSIBILE NON CONCEDERE L’APPRODO IN ITALIA, MA HA DOVUTO DESISTERE PERCHE’ LA LEGGE VALE ANCHE LUI

Tra il dire falsità  e governare l’immigrazione, come osservano su Twitter, c’è di mezzo il mare.
E così domani la Sea Watch arriverà  al porto di Reggio Calabria con il suo carico di 232 migranti dopo quattro giorni di mare insieme a un’altra nave di una ONG, la Seefuchs, che Malta si è rifiutata di far attraccare.
La Sea Watch soltanto oggi ha ricevuto l’indicazione su quale porto dirigersi dopo essere stata lasciata in mare per quattro giorni con il suo carico di vite umane.
Sergio Scandura di Radio Radicale afferma: “Non era mai accaduto finora che una nave umanitaria sia arrivata in Sicilia, praticamente a bordo costa (posizione 11:20) senza POS già  assegnato dal Viminale“.
La nave ha prima ricevuto l’ordine di venire verso l’Italia e solo dopo essere arrivata sulle coste della Sicilia ha saputo che avrebbe dovuto arrivare fino a Reggio Calabria.
Scrive Repubblica che già  tre giorni fa, subito dopo il suo insediamento, Salvini — saputo del salvataggio dei migranti da parte della nave della Ong — aveva chiesto ai suoi collaboratori se era possibile non concedere l’approdo in Italia.
Poi la nave è rimasta in zona Sar anche per dare aiuto ad una imbarcazione di un’altra ong tedesca, la Seefuchs, un piccolo peschereccio che — con 120 persone a bordo — si è trovata in difficoltà  davanti a onde alte due metri.
La guardia costiera di Roma ha chiesto a Malta, porto più vicino, di intervenire per mettere in sicurezza la Seefuchs ma i maltesi si sono rifiutati e così da Roma è partito l’ordine ad un mercantile di passaggio prima e ad una nave militare italiana poi di dare assistenza alla Seefuchs.
E così è arrivata la decisione di farli sbarcare a Reggio Calabria.
Ieri, scrive Vita, la Seefuchs è riuscita ad inviare alcune foto al proprio social media team sulla terraferma che le ha postate su Instagram: «Quelle sono le immagini della missione di salvataggio di ieri. 120 persone erano su un gommone, pieno d’acqua quando l’equipaggio della Seefuchs le ha evacuate. Per via delle condizioni meteo difficili, il tentativo di salvataggio con il RIB non è stato possibile. Tutte le 120 persone sono però riuscite a salire a bordo. Non voltatevi dall’altra parte. Inviate queste immagini ai politici dei vostri collegi elettorali, delle vostre municipalità . Chi aiuta è criminalizzato e diffamato».

(da “NextQuotidiano”)

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