Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile AL CONVEGNO DI RAPALLO I GIOVANI IMPRENDITORI DIFENDONO LO JOB ACTS MA NON VOGLIONO FAVORITISMI SULLE TASSE
La flat tax non piace a molti: l’idea di una doppia aliquota che privilegia i ricchi è stata bocciata oggi dai Giovani di Confindustria riuniti al convegno annuale di Rapallo.
“Non vogliamo pagare meno degli altri – così il presidente Alessio Rossi – vogliamo essere trattati con equità . E se la flat tax è insostenibile per le casse dello stato diciamo: no grazie. Ci serve una tassazione giusta, non piatta”.
I giovani imprenditori poi difendono il Jobs Act che “ha creato 850mila posti di lavoro in più”, “un risultato positivo, Un risultato importante”.
In una “Italia insostenibile”, un “Paese affaticato”, i giovani di Confindustria puntano il dito contro gli “88 giorni in attesa di un Governo” e avvertono: “Da questo momento il Governo ci deve dimostrare che non abbiamo fatto un investimento a vuoto”.
Così ancora Rossi: “Speriamo che sia stato solo un brutto inizio ma con un finale positivo”. E apre al confronto: “Al Governo del cambiamento noi diciamo: per le imprese dove c’è cambiamento c’è sempre una opportunità . Noi ci siamo. Ora”
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile SPREAD SI ALLARGA DI NUOVO A 270… INVESTITORI ITALIANI STANNO PORTANDO ALL’ESTERO I LORO INVESTIMENTI
Di nuovo sotto pressione i titoli del debito pubblico italiano. Venerdì mattina il rendimento del
Btp decennale è arrivato fino al 3,1% e il differenziale rispetto al Bund tedesco si è allargato fino a 270 punti base contro i 255 della chiusura di giovedì. In rialzo anche il differenziale sul titolo con scadenza a due anni, a 221 punti base a fronte di un rendimento dell’1,56%.
Lo spread non toccava questo livello dai giorni precedenti la formazione del governo Conte. Ma sono state tutte le vicende politiche delle ultime settimane a portare a una fuga di capitali dal Paese: nel mese di maggio il debito italiano nel sistema di pagamento dell’Eurosistema Target 2 ha toccato il suo massimo storico di 464 miliardi, quasi 40 miliardi in più rispetto ad aprile.
Un aumento, ha spiegato Bankitalia, dovuto principalmente agli acquisti di titoli esteri da parte degli investitori italiani, che stanno cercando di diversificare i loro portafogli dopo aver ceduto titoli di stato, considerandoli meno sicuri.
I Btp continuano a fare peggio anche degli altri bond governativi dell’area euro.
Lo spread è infatti in allargamento non solo rispetto al Bund: la differenza di rendimento tra Btp e Bonos si è spinto fino a 161 punti base, livello massimo dal 2012. Fino a due anni fa il differenziale era a favore dell’Italia.
“L’incertezza politica italiana, relativa alle dichiarazioni sulle modalità di implementazione del contratto di governo, sta riproponendo una debolezza dei titoli italiani, con tassi in rialzo su tutta la curva”, argomentano gli analisti di MPS Capital Services.
A preoccupare i mercati sono state soprattutto le dichiarazioni delle ultime ore sul destino del polo siderurgico dell’Ilva di Taranto, per cui sia il fondatore del M5s Beppe Grillo che il ministro dell’Ambiente Sergio Costa avevano ipotizzato una riconversione, per poi essere smentiti dal ministro dello Sviluppo Economico Luigi Di Maio.
Un dibattito che si aggiunge a quelli già in atto all’interno del nuovo esecutivo sulle politiche fiscali e sociali, con gli interrogativi sull’aumento della spesa pubblica necessario a sostenere le proposte di introduzione della flat tax e della revisione della riforma Fornero.
E in questi giorni, come riporta l’Ansa, molti grandi gestori internazionali di fondi stanno chiedendo chiarimenti sulla linea economica del governo, in particolare sul tema della permanenza nell’euro, arrivando spesso alla conclusione di ridurre la loro presenza in Italia o congelare i titoli.
La tensione sui titoli di Stato italiani si fa sentire anche in Borsa, con Piazza Affari che ha aperto in netto calo ed è arrivata a cedere l’1,8% a metà giornata. Deboli tutti i mercati europei, con Francoforte che perde lo 0,81% e Londra in calo dello 0,62%. Negative anche Madrid (o,30%) e Parigi (-0,16%).
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile SE SALVINI VUOLE PENSARE AGLI INTERESSI ITALIANI DICA A PUTIN DI RITIRARSI DALLA CRIMEA E DI TOGLIERE L’EMBARGO AI NOSTRI PRODOTTI … O FORSE DIFENDE GLI INTERESSI DEI MILIARDARI OLIGARCHI DI MOSCA CHE SI SONO FOTTUTI I SOLDI DEL POPOLO?
«Saremo fautori di una apertura alla Russia, che ha consolidato negli ultimi anni il suo ruolo internazionale in varie crisi geopolitiche. Ci faremo promotori di una revisione del sistema delle sanzioni, a partire da quelle che rischiano di mortificare la società civile russa».
Così il presidente del Consiglio Giuseppe Conte al Senato qualche giorno fa spiegava l’intenzione dell’Italia di aiutare la Russia.
Conte tace sul fatto che la Russia ha consolidato il suo ruolo internazionale spalleggiando un dittatore come Assad e che la società civile è una cosa mentre le imprese e gli oligarchi colpiti dalle sanzioni di USA, Canada e UE sono un’altra cosa.
Le sanzioni colpiscono la società civile russa?
Oggi a Radio Anch’io il il vicepremier e ministro dello Sviluppo e del Lavoro Luigi Di Maio «Ho sempre detto che il nostro Paese deve rimanere nella Nato. Ma le sanzioni alla Russia ci danneggiano. Noi siamo filo italiani e non filo russi, ma tutte queste decisioni le prenderà Conte nei sistemi internazionali».
Per la verità a danneggiarci non sono le sanzioni alla Russia, decise dall’Unione Europea nel 2014 in conseguenza dell’invasione russa della Crimea e che colpiscono principalmente il settore finanziario russo (quindi non la società civile, come sostiene Conte).
Le sanzioni decise dalla UE (e quelle di USA e Canada) non sono indiscriminate e puntano a impedire l’accesso della Russia ai mercati finanziari europei.
Ci sono poi un embargo sull’import/export di armi da e per la Russia e un divieto di esportare in Russia tecnologia che potrebbe essere utilizzata per scopi militari.
Ci sono poi le sanzioni mirate nei confronti degli asset finanziari di un centinaio di oligarchi, ministri, generali e commercianti d’armi.
Difficile sostenere che queste persone, tra le più ricche in Russia, possano rappresentare in qualche modo “la società civile.
Contrariamente a quanto sostiene Di Maio a danneggiarci sono le sanzioni che la Russia ha deciso di mettere in campo.
Una sorta di embargo iniziato nel 2014 nei confronti dei prodotti agroalimentari provenienti dai paesi UE, da USA, Canada, Norvegia e Asutralia.
La Russia ha deciso di vietare l’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne, salumi e prodotti ittici. Sono queste le sanzioni che danneggiano l’export italiano.
Eppure nessuno nel governo, nella Lega o nel MoVimento 5 Stelle sta facendo la voce grossa per chiedere alla Russia di togliere quelle sanzioni e ritirarsi dalla Crimea. Sarebbe un gesto di buona volontà che sicuramente farebbe cambiare idea a chi sostiene che le sanzioni economiche della UE siano necessarie.
Non risulta nemmeno che M5S e Lega abbiano chiesto a Mosca di fare un passo indietro sul bando delle importazioni di carne di maiale, deciso nel 2014 (prima dell’avvio delle sanzioni UE) e che è stato giudicato in violazione delle regole del WTO.
Le sanzioni alla Russia ci danneggiano?
C’è chi sostiene che la Germania non ha nulla da perdere dalle sanzioni alla Russia perchè non è la principale destinazione dell’export tedesco. Eppure prima di andare a fare la voce grossa in Europa e spaccare la UE sulle sanzioni sarebbe utile leggere le tabelle messe a disposizione dal Ministero dello Sviluppo Economico.
Secondo i dati del dicastero retto da Luigi Di Maio si evince che attualmente la Russia non è tra i primi dieci paesi di destinazione delle esportazioni italiane.
Ai primi tre posti ci sono invece Germania, Francia e Stati Uniti (eppure Salvini non ha detto nulla sui dazi di Trump). La Russia invece si trova al tredicesimo posto della classifica.
Si dirà : bella forza, con le sanzioni decise da Mosca i nostri esportatori hanno dovuto ridurre gli scambi commerciali con la Russia.
Eppure basta guardare i dati dal 2012 al 2014 per vedere che la Russia è sempre allo stesso posto. Certo, dal 2014 c’è stato un calo delle esportazioni verso la Russia, ma sostenere che abbiamo perso il principale partner commerciale è falso.
Anche perchè al contrario di quanto si può pensare dai toni apocalittici di Di Maio la bilancia commerciale italiana è in attivo.
Anche il totale dell’export verso la Russia è aumentato nel 2017 arrivando a quasi otto miliardi di euro (prima delle sanzioni russe il picco è stato 10 miliardi).
Inoltre, e non è una considerazione di poco conto, i prodotti colpiti dalle sanzioni russe non costituiscono che una piccola percentuale dell’export italiano.
Come segnala uno studio del Center for European Policy Studies (CEPS) le sanzioni russe che sono andate a colpire le esportazioni europee di ortaggi, formaggi e carne hanno comportato una riduzione degli scambi dalla UE verso la Russia pari all’1,4% sul totale dei paesi UE.
Tenendo conto della specificità dei prodotti sottoposti a sanzione è poi assai probabile che siano stati diretti verso altri mercati.
Vale a dire che rispetto ad un evidente calo delle esportazioni dei prodotti colpiti dall’embargo russo (vedi grafico sotto) bisogna tenere in considerazione il fatto che una parte (non tutta) delle merci che non possono essere più vendute in Russia ha trovato la strada di altri mercati internazionali.
Questa trade diversion ha parzialmente compensato le perdite sul fronte Russo. Coldiretti stima che il calo delle esportazioni verso la Russia ammonti a circa 10 miliardi di euro dal 2014. Ma non dice però se quel calo corrisponde ad un aumento delle esportazioni verso altri paesi.
A complicare la situazione degli scambi commerciali è intervenuta la situazione dell’economia russa che ha subito una forte battuta d’arresto tra il 2014 e il 2015 dovuta anche dal deprezzamento del rublo nei confronti del dollaro (pari al 50% nel 2015) dovuta anche dal calo del prezzo del petrolio (che costituisce una tra le principali voci dell’export russo) e ad un sostanziale aumento dell’inflazione e — non meno importante — ad una generalizzata fuga dei capitali dal paese. Ciononostante i dati del MISE mostrano come la Russia sia uno dei principali paesi di provenienza dell’import (ottavo posto) e che la quantità delle importazioni sia andata progressivamente aumentando negli ultimi anni (la società civile russa è salva!).
In conclusione: non sono quindi le sanzioni europee a danneggiare l’export italiano ma la combinazione di due fattori.
Il primo sono le sanzioni russe nei confronti di alcuni prodotti europei (ed italiani). Il secondo — e non meno importante — sono le condizioni economiche della Russia, va da sè che se il paese versa in uno stato di recessione le importazioni si ridurranno.
Ora il problema sarà spiegarlo a Matteo Salvini. Il ministro dell’Interno ieri era ospite a Villa Abamelek, residenza privata dell’ambasciatore russo a Roma e uscendo ha parlato di un possibile veto italiano sulla proroga delle sanzioni europee.
Fa piacere che Salvini e Di Maio si occupino così tanto della salute dell’economia russa.
Ma non sarebbe meglio pensare prima agli italiani?
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile ALLA CONFERENZA INTERNAZIONALE “COOPERATION PROJECT 2” IL MINISTRO ANNUNCIA CHE IL GOVERNO VUOLE CHIEDERE PIU’ EUROPA
Al primo intervento pubblico, il ministro il ministro per gli Affari europei Paolo Savona
annuncia che il governo intende chiedere il rafforzamento dell’Unione Europea.
“Due pilastri su cui si fonda l’Unione Europea sono il mercato comune e l’euro. L’uno implica l’altro. Noi chiediamo il rafforzamento di questi due pilastri al servizio dei cittadini europei. Questa iniziativa è pertanto una tappa indispensabile”.
L’occasione per l’intervento è la Conferenza internazionale ‘Cooperation Project 2’ a cui partecipano 81 delegati di 27 Paesi.
Un cambio di linea evidente rispetto a tante esternazioni precedenti che lo avevano portato al centro delle polemiche e al “veto” del Presidente della Repubblica” quale ministro della Economia.
Chissà se qualcuno ha avvertito l’infiltrato di Mosca che ha perorato la sua causa .
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile IL M5S LO AVEVA “COSTRETTO” A RINUNCIARE ALLA CANDIDATURA, SALVO POI RIMANGIARSI TUTTO E FARLO RESTARE NEL GRUPPO
Da 7 a 699 euro: l’affitto della casa popolare dove vive l’attuale senatore del MoVimento 5 Stelle Emanuele Dessì è stato aumentato.
Lo ha annunciato ieri lui stesso durante un servizio di Piazzapulita in cui ha ringraziato scherzosamente l’inviato di Piazzapulita Salvatore Gulisano che all’epoca aveva portato in tv la vicenda del suo alloggio.
Dell’affitto a 700 euro si sapeva già , mentre nulla si è più saputo del famoso documento che Dessì, secondo gli annunci di Luigi Di Maio, aveva firmato per rinunciare alla candidatura in Senato salvo poi rimangiarsi tutto (Di Maio, non Dessì) dopo le elezioni.
Il ritiro “volontario” e “preventivo” di Emanuele Dessì si rivelò quindi una bufala, come del resto lo erano le accuse sull’irregolarità nell’assegnazione della casa popolare: il comune di Nettuno confermò che era tutto in regola e Dessì pagava il giusto.
Meraviglioso invece fu il momento della campagna elettorale in cui Dessì sostenne di aver sì firmato un documento sulle sue dimissioni ma anche di non aver capito cosa stesse firmando
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile NIENTE AEREO DI LINEA COME PROMESSO DAL M5S PERCHE’ “TROPPO COMPLICATO”
Alle 19 di ieri sera il presidente del Consiglio Giuseppe Conte è partito per il G7 di Charlevoix, in
Quebec nella sua prima trasferta internazionale.
Non essendo disponibili autobus e taxi che facessero quel tragitto (i tram di Roma sono stati tutti sabotati), come un Mackaulay Culkin di un certo livello Conte ha preso l’aereo.
Già , ma quale?
Ricorderete che qualche anno fa era scoppiata la polemica dell’Air Force Renzi; ebbene, il MoVimento 5 Stelle ha fatto sapere con un comunicato stampa ieri sera che nonostante le antiche polemiche del M5s sui “voli blu”, il Presidente del Consiglio viaggerà su un aereo di Stato ma non “quello di Renzi”, precisano i 5 Stelle che assicurano di aver tentato fino all’ultimo di provare ad organizzare la trasferta con voli di linea.
Soluzione complicata, a causa del tempo che sarebbe stato necessario, causa scali, per raggiungere la destinazione canadese e per l’esigua disponibilità di posti sui voli delle tradizionali compagnie per una partenza tutto sommato “last minute”.
In ogni caso, assicura il M5s, è intenzione del Presidente utilizzare il più possibile voli di linea soprattutto per le tratte più brevi.
Ma la verità del M5S viene contestata dal Partito Democratico.
Comincia Alessia Morani: “Attraverso le agenzie di stampa veniamo a sapere che della trasferta di Conte non si è occupato Palazzo Chigi ma il Movimento 5 Stelle. Lo veniamo a sapere perchè, come già accaduto con i taxi che un minuto dopo l’incarico hanno preso il posto delle Maserati, ogni viaggio del premier rappresenta evidentemente per i grillini una ghiotta occasione per fare demagogia. Intanto, hanno fatto finta di non sapere che sull’aereo da loro definito ‘di Renzi’, Renzi non c’è mai salito, avendo sempre l’ex premier utilizzato l’apparecchio su cui oggi vola Conte. A questo si aggiunge un fatto, più che irrituale, tragicomico: il tentativo di far volare Conte su voli di linea, salvo poi rinunciare perchè troppo complicato”.
La polemica prosegue con Michele Anzaldi: “Per andare in Canada al G7 il premier Conte viaggia esattamente con lo stesso aereo blu usato in questi anni da tutti i presidenti del Consiglio, compreso Renzi: farebbe bene ad evitare gaffe propagandistiche per non fare la fine del presidente Fico con l’autobus”, scrive su Facebook il deputato.
“A dispetto delle fake news non esiste alcun ‘aereo di Renzi’, tanto che l’Airbus per le missioni istituzionali è stato usato da ministri e massime cariche istituzionali per le missioni di sistema, ma mai dall’ex premier Renzi -prosegue Anzaldi-. Conte provi, se ci riesce, a tenersi alla larga dalla cialtroneria dei cinquestelle, come avrebbe fatto bene in aula alla Camera a tenersi alla larga dai bigliettini e i suggerimenti di Di Maio. I cinquestelle pur essendo arrivati nelle stanze del potere continuano a fare campagna elettorale becera e ad alimentare bufale”.
Il Corriere intanto fa sapere che d’ora in avanti Conte farà le missioni (brevi) con i voli di linea e lascerà l’aereo di Stato nell’hangar.
Un po’ come l’amata Jaguar, destinata a restarsene in garage.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile TRE MESI DI TEMPO PER CHIARIRE CON L’ANTITRUST
“Il presidente del Consiglio Giuseppe Conte e nove dei 18 ministri hanno collegamenti con aziende private”. Ad indagare sugli interessi dei membri del governo è Openpolis insieme all’Agenzia di stampa Agi, prendendo in considerazione “sia gli incarichi aziendali che le partecipazioni aziendali”.
Alla fine, viene fuori che il premier siede in due consigli di amministrazione: quello della GHMS Venezia Spa come consigliere.
Questa società fa parte del gruppo pugliese Marseglia che possiede nella città lagunare il Grande Hotel Mulino Stucky.
L’altra presenza è nella “La peninsulare compagnia generale di assicurazione Spa” come consigliere di sorveglianza”. Presenze, che è stato fatto notare non figuravano nel famoso e ricchissimo curriculum del premier.
Per una sorta di par condicio, anche i due vicepremier e uomini forti del governo hanno qualche piccolo interesse da dichiarare. Anche se di tipo diverso Luigi Di Maio è socio al 50 per cento della Adima Srl che si occupa di detersivi, ma in cui, non esercita alcun ruolo.
Presenza che risulta dalla sua dichiarazione patrimoniale.
Matteo Salvini, invece è presidente della onlus Cancro primo aiuto, di cui è presidente onorario un altro ministro: Lorenzo Fontana.
Alberto Bonisoli, ministro della Cultura, ha invece interessi in tre società : la Most Consult Srl dove è presidente del Cda e proprietario al 75: nella Most S.A.S di Lucia veleva e C, dove è socio accomodante; la Nuova Accademia Srl dove siede nel Cda come consigliere.
Giulia Bongiorno, ministro per la Pubblica amministrazione, invece siede nel prestigioso Cda della Juventus calcio e in quello della Cerved Spa.
Enzo Moavero Milanese, ministro degli Esteri, è socio al 50 per cento della Gerundo Società a responsabilità limitata.
Elisabetta Trenta, ministra della Difesa, è invece nel comitato direttivo del Consortium for research on intelligence and security service, mentre Giovanni Tria, titolare dell’Economia siede nel Fondazione universitaria Ceis-Economia Tor Vergata. Adesso i nove membri del governo hanno 30 giorni di tempo dalla nomina per dichiarare alle Antitrust eventuali situazioni di incompatibilità .
Poi, nello spazio di tre mesi dal giuramento dovranno comunicare tutte le attività patrimoniali e partecipazioni azionarie; anche per coniugi e parenti entro il secondo grado.
Tutto previsto dalla legge in vigore sul falso in bilancio, quella che porta il nome di Franco Frattini, varata in epoca berlusconiana che come unico effetto costrinse il leader di Forza Italia a lasciare la presidenza del Milan.
Per la legge era infatti solo “il mero proprietario” della galassia Mediaset e quindi non esisteva conflitto di interessi.
Alcuni dei ministri in carica hanno anche una fitta rete di contatti con fondazioni e “pensatoi”. E visto i loro trascorsi e curriculum non stupisce più di tanto. Savona fa parte di quattro organismi: è nel comitato esecutivo dell’Aspen institute, è presidente della Fondazione Ugo La Malfa, siede nel consiglio scientifico della Fondazione Icsa e fa parte della fondazione Iustus di Giulio Tremonti.
Anche Moavero Milanesi fa parte del comitato esecutivo dell’Aspen institute. Tria lo si ritrova nella Fondazione dedicata a Bettino Craxi, in Magna Carta, il pensatoio del centrodestra diretto dal senatore di Idea Gaetano Quagliariello e nella fondazione di Tremonti. Insomma, un intreccio che dovrebbe far venire un po’ i brividi ai “complottisti” che gridano sui social network contro il gruppo di Bilderberg.
Il rapporto Openpolis-Agi si occupa anche di altri aspetti interessanti del neonato governo.
(da agenzie).
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Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile INIZIATIVA DEL PD: “LA CASALEGGIO E’ PROPRIETARIA DELLA PIATTAFORMA ROUSSEAU QUINDI I SUOI ISCRITTI CON CARICHE DI GOVERNO RICADONO IN UNA SITUAZIONE DI CONFLITTO DI INTERESSI”
Anche “Casaleggio” e Associati sotto osservazione, ma più in generale sul conflitto di interessi
va aperta subito la discussione a Montecitorio.
Parte da qui il contrattacco del Pd, che ha ripresentato ieri la proposta di legge sul conflitto di interessi, già approvata nel febbraio del 2016 alla Camera ma poi naufragata. Testo uguale però da ampliare, a quanto viene annunciato, con alcuni punti sul rapporto tra la piattaforma Rousseau, cuore politico dei 5Stelle, e la società di Casaleggio.
Una accelerazione che viene dopo lo scontro in aula mercoledì, durante la fiducia a Montecitorio. Le parole del premier Conte avevano infiammato l’opposizione. Introducendo il tema “conflitto d’interessi-vexata quaestio”, il premier si era sfogato rivolto ai deputati: “Vedete, anche i vostri interventi che sono volti a interrompere il mio discorso, dimostrano che ciascuno ha il suo conflitto o che pensa di avere il proprio conflitto…”.
Ed era scoppiato il finimondo. Proprio Fiano, così come Ivan Scalfarotto, si erano sentiti “ingiuriosamente” chiamati in causa, essendo stati sempre in prima linea nel sollevare il conflitto d’interessi.
“Inaccettabile”: avevano gridato. Mentre dagli scranni del Pd, come da quelli di Forza Italia, partivano urla di “Casaleggio, Casaleggio”.
Poche ore dopo, si passa dalle parole ai fatti.
I Dem mettono sul tavolo il testo e Fiano, che ne era stato primo firmatario già nella passata legislatura, avverte: “Siccome Conte ci ha accusati ingiuriosamente che noi l’avremmo interrotto per un problema di conflitto d’interessi, la nostra risposta è un testo sul conflitto d’interessi. Noi siamo pronti, ci facciano vedere loro, i 5Stelle e i leghist,i se lo sono”.
Aggiunge che, per regolamento, la legge dovrebbe essere messa in calendario con corsia veloce.
Per dire come la questione del conflitto d’interessi sia scottante, una risposta arriva anche ieri da Pier Silvio Berlusconi, l’amministrator delegato di Mediaset e figlio di Silvio. Che ammette “sì, ho sentito, come poche volte, parlare di conflitti d’interesse e non solo di uno, in modo non ideologico. Ben venga una legge se riguarda tutti i conflitti di interessi. Non temo contraccolpi”.
La legge dei Dem rivede la normativa Frattini del 2004, allargando anche ai parlamentari gli ambiti di applicazione, ma soprattutto punta sull’intervento preventivo più che sul controllo successivo degli atti da parte dell’Autorità Antitrust. Include il “blind trust” e anche il decadimento dalla carica.
Prevede l’obbligo di dichiarare i propri interessi (patrimonio, attività di impresa) sia da parte del titolare della carica sia da parte del coniuge, dei parenti entro il secondo grado e del convivente.
Se si mente, le sanzioni sono non solo le multe da 5 a 50 mila euro ma fino a un anno di carcere.
Il Pd per ora è cauto sugli emendamenti su piattaforma Rousseau, organizzazione del M5Stelle e la “Casaleggio”, per evitare di incorrere in scivoloni con conseguenti accuse di calunnia. Però l’attacco di Conte non l’hanno fatto passare.
Il cuore della legge sono l’articolo 4 in cui è scritto: “Ai fini della presente legge sussiste conflitto d’interesse in tutti i casi in cui il titolare di una carica di governo sia titolare di un interesse economico privato tale da condizionare l’esercizio delle funzioni pubbliche ad esso attribuite o da alterare le regole di mercato relative alla libera concorrenza”. Nell’articolo 6 poi, tutte le incompatibilità per le cariche pubbliche.
Rispetto alla passata legislatura, sembra passata una era.
Allora il relatore dem Francesco Sanna, nell’intervento in aula, aveva ricordato la frase di Beniamino Andreatta rivolta nel 1994 a Silvio Berlusconi. “Lei chiede per sè gli stessi diritti del cittadino comune. Ma lei non è un cittadino comune…”.
Ora si passano al setaccio i 5Stelle. I grillini dal canto loro rilanciano e Paola Taverna assicura che sono sulle barricate: “Per noi il conflitto di interessi è un virus che per troppo tempo ha infettato qualunque azione che riguardasse la Pubblica amministrazione. Noi abbiamo deciso di estenderlo, anche se non ci sono interessi economici, non ci deve essere proprio più nemmeno l’ombra di compartecipazioni tra pubblico e privato”.
(da agenzie)
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Giugno 8th, 2018 Riccardo Fucile ARRIVANO LE SCUSE DI SKY TG24, NON LE SUE… CONTINUATE A INVITARE CERTI SOGGETTI
Il professor Paolo Becchi ieri sera ha dato grande spettacolo di sè su Sky Tg 24 definendo durante la trasmissione condotta da Renato Coen e alla presenza di Davide Bellasio “il giornale dell’orfano” il quotidiano La Repubblica.
Mario Calabresi, direttore di Repubblica, è figlio del commissario Luigi Calabresi, assassinato a Milano il 17 maggio 1972 in un attentato per il quale vennero condannati anni dopo Ovidio Bompressi, Leonardo Marino, Giorgio Pietrostefani e Adriano Sofri, tutti esponenti di Lotta Continua.
L’insulto rivolto a Calabresi non è una novità per Becchi, che aveva scritto la stessa cosa su Twitter il 30 marzo scorso.
E soprattutto, come si fa notare su Twitter, l’insulto di Becchi non è un’esclusiva del professore di storia del diritto all’Università di Genova: Fabrizio Rondolino, nell’epoca in cui attaccava Repubblica perchè troppo cattiva con Renzi, aveva scritto la stessa cosa in modo molto più crudele dicendo che Calabresi aveva fatto “carriera con i carnefici del padre” e chiamandolo “orfanello di professione“; stesso atteggiamento di Vittorio Feltri.
Durante la trasmissione la battuta orribile di Becchi era sfuggita al conduttore Renato Coen, che dopo aver riascoltato il nastro ha chiesto al professore di scusarsi.
“Ma non ci penso nemmeno! Ho detto la verità ”, ha risposto il professore.
A quel punto Bellasio ha abbandonato lo studio e sono arrivate le scuse della direttrice di Sky Tg 24 e del conduttore su Twitter.
Becchi, ex ideologo del MoVimento 5 Stelle, aveva raccontato tempo fa di un veto sul suo nome da parte del MoVimento 5 Stelle: Casalino non faceva partecipare gli eletti grillini a trasmissioni in cui era invitato anche lui.
Dopo l’uscita su SkyTg24 il professore avrà altro tempo libero per riflettere sulle sue affermazioni.
(da “NextQuotidiano”)
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