Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile DA 28 SEGGI UNINOMINALI SU 28 ALLA TRAGEDIA, DAL 49% AL 12%… MA ANCHE LA LEGA SCENDE SOTTO IL 2%… IL VOTO ANTISISTEMA VA ALTROVE
Il caso limite è quello di Priolo Gargallo, centro industriale alle porte di Siracusa, dove i 5 Stelle nel
giro di tre mesi sono passati dal 71,6 al 16,4 per cento.
Subendo anche l’onta di assistere alla più classica rivincita del (presunto) vecchio contro l’altrettanto presunto nuovo: ovvero il successo di un ex ras democristiano come Pippo Gianni, il deputato che nel 2005, durante la discussione alla Camera sulle quote rosa, liquidò l’argomento con un lapidario “le donne non ci devono scassare la minchia”.
Ora, Priolo e il suo ritorno al passato non possono forse sintetizzare in toto l’esito del voto in Sicilia, ma sono la rappresentazione di un dato certo: l’arretramento di M5S in una regione-chiave del Mezzogiorno.
Risultato che va abbinato al mancato sfondamento della Lega di Salvini: l’isola volta le spalle all’alleanza di governo giallo-verde.
Questa, fino a domenica, era la terra del “cappotto”: 28 collegi uninominali su 28 conquistati dai grillini, con una percentuale media di quasi il 49 per cento.
Alle amministrative le liste pentastellate hanno perso in un solo colpo due terzi dei voti. M5S può festeggiare solo la conquista del piccolo Comune di Pantelleria.
Ma rischia una significativa sconfitta a Ragusa, l’unica città italiana dove il movimento si presentava alla guida di un’amministrazione uscente: Antonio Tringali, il candidato grillino preferito al sindaco Federico Piccitto dopo una faida interna, è costretto al ballottaggio con Peppe Cassì, ex cestista fuori dai partiti tradizionali e anzi alla prima esperienza politica.
Il secondo turno, a Ragusa, rischia di trasformarsi in una singolare sfida fra chi è più puro, chi è più anti-casta, chi è più rappresentativo della mitica società civile. Con il Pd, rimasto fuori dai giochi, pronto a fare lo sgambetto ai 5 stelle per un tonfo che si sentirebbe fino a Roma.
Non è che nei centri più grandi dove si è votato in Sicilia, M5S sia andata meglio, anzi: i candidati di Di Maio hanno fatto flop a Catania come a Messina, a Trapani come a Siracusa, con dati di lista che vanno dal 10 al 13 per cento.
La Lega, dal canto suo, mostra di non avere un radicamento in Sicilia, malgrado le frequenti visite di Salvini, l’ultima nell’hotspot di Pozzallo nella domenica prima del voto.
Il Carroccio non ha ottenuto risultati significativi in coalizione con il centrodestra (contribuendo ad esempio all’elezione del forzista Pogliese a Catania con un misero 1,7 per cento) ed è affondato nelle corse solitarie: il candidato della Lega si è fermato al 2,1 per cento a Trapani, addirittura all’1,3 a Siracusa.
Un filotto di insuccessi, proprio in coincidenza dell’avvio del “governo del cambiamento”.
“L’elettorato siciliano si dimostra il più infedele d’Italia”, annota Pietro Vento, direttore dell’istituto Demopolis, nel commentare l’oscillazione dei consensi da un’elezione all’altra. “L’elettorato di centrosinistra che alle Politiche si era spostato su Di Maio alle amministrative ha fatto scelte diverse”, aggiunge Vento, non soffermandosi sulle cause del fenomeno.
Che fa specie, anche perchè – solo per fare un esempio – vede la bocciatura di M5S in
una delle regioni del Sud che più dovrebbe beneficiare del reddito di cittadinanza. Per una volta, esponenti del centrodestra e del centrosinistra danno più o meno lo stesso significato al risultato delle amministrative: “Il movimento paga nel Sud proprio l’alleanza con Salvini”, dice Leoluca Orlando, sindaco di Palermo che prima delle Politiche ha annunciato l’iscrizione al Pd.
Guadagna, invece, il centrodestra che appare diverso dalla Lega.
Nel Sud Salvini fa perdere consenso e questo dimostra che siamo una comunità accogliente”. E Gianfranco Miccichè, commissario di Forza Italia nell’isola, sottolinea in modo beffardo “il misero 12 per cento dei partiti dell’alleanza di governo”.
Fra gli stessi attivisti siciliani non mancano i dubbi sull’incapacità di M5S, dopo un lustro, di produrre personale politico all’altezza capace di vincere le sfide nei Comuni. Mentre il voto degli “antisistema” comincia a prendere direzioni diverse: basta tornare a Messina dove, declinata la stella di Renato Accorinti, le preferenze in fuga dai partiti tradizionali non sono andate al concorrente grillino ma a Cateno De Luca, Masaniello di provincia e già re degli “impresentabili” arrestato subito dopo le elezioni regionali: sarà lui, al ballottaggio, a sfidare il primario Dino Bramanti, candidato del centrodestra sostenuto anche dal big Francantonio Genovese.
Un altro segno dei tempi.
(da “La Repubblica“)
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Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile IL FIGLIO DI DARIO FO E FRANCA RAME: “QUALE SAREBBE IL CAMBIAMENTO PROMESSO? CHIUDERE I PORTI O RIDURRE LE TASSE AI RICCHI?”
“Certo che sono allarmato dalle posizioni sull’immigrazione, è una situazione molto pericolosa, c’è il rischio che l’Italia sia complice di nuovi massacri in Libia ma l’alternativa quale sarebbe? La politica fatta da Minniti? E prima di lui da Berlusconi e Monti?”.
Jacopo Fo, scrittore attore e fumettista, figlio di Dario e Franca Rame, che come suo padre ha sostenuto da sinistra il movimento di Beppe Grillo e Gian Roberto Casaleggio, quando è nato il governo gialloverde ha ingoiato il rospo con l’ironia. Salvini era un “comunista padano”, Grillo un “metacomunista” … La loro alleanza – diceva – è nata da un complotto di Cossutta per portare i comunisti al governo.
Ora però l’ironia cede il passo alla preoccupazione per il peso specifico di Matteo Salvini sulle scelte del governo.
Pentito di aver votato M5?
“Il mio è stato un voto di necessità , che avrei dovuto votare? Il Pd che per anni è stato dietro ai deliri napoleonici di un Renzi che voleva cambiare la Costituzione? Io come tanti ho votato il M5S sperando in un vero cambiamento. Mi sono dato un tempo per giudicare questo governo. Aspetto i fatti, mi sono detto. Certo se i fatti sono chiudere i porti a donne bambini e disperati o la flat tax a favore dei ricchi tornerò a non votare come ho fatto per molti anni. E poi c’è un problema di misura”.
In che senso?
“Matteo Salvini dice che gli immigrati ci costano cinque miliardi ma la mafia e la ‘ndrangheta ci sono costano 100 miliardi all’anno. Quindi, partendo dallo slogan vincente ‘prima gli italiani’, come la mettiamo?”.
Molti elettori di sinistra che il 4 marzo hanno votato M5S hanno già disertato le urne. A Pisa per uno su due si è astenuto domenica scorsa. L’inizio di uno smottamento a sinistra per Di Maio?
“Li capisco. Ho molti amici nei cinquestelle. Il disagio c’è, inutile negarlo. Il nostro problema non è l’Europa nè l’immigrato come Salvini continua a sostenere. Il problema è la burocrazia che è una tassa del 10% su tutti e lo spreco di soldi pubblici. Ma la narrazione della Lega sull’immigrazione ha vinto. Gli italiani vogliono questo. E non da oggi. Quando Berlusconi fece l’accordo con Gheddafi nessuno si è scandalizzato. Anche a sinistra. E anzi oggi qualcuno lo rimpiange. Del resto dopo essere stati rincoglioniti da vent’anni di Isole dei famosi e Grandi fratelli con finti litigi, risse per gioco e linguaggio osceno non stupisce che gli italiani stiano con Salvini. Per ora, s’intende. Poi alla prima tragedia lo vedremo”.
(da “La Repubblica“)
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Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile LUI CHE “HA LAVORATO TUTTA LA VITA IN AFRICA” SA CHE “IL FUTURO DEGLI AFRICANI E’ IN AFRICA” … MA SE E’ STATO SOLO 4 MESI (10 ANNI FA) IN CONGO DI CHE CAZZO PARLA?
L’ex parlamentare M5S Alessandro Di Battista è, come tutti sanno, a San Francisco. Dopo aver
lasciato la politica il Dibba ha deciso di dedicarsi alle sue grandi passioni: il viaggio, la famiglia e il giornalismo d’inchiesta.
In questi giorni Di Battista è stato zitto mentre il governo M5S-Lega parlava di chiudere i porti e Danilo Toninelli farneticava sul fatto che le persone a bordo dell’Aquarius in realtà fossero già “sbarcate” oppure spiegava che il respingimento in mare della Aquarius fosse diverso dalla “chiusura dei porti” invocata da Salvini.
Che ne pensa il “cooperante” internazionale Di Battista? Oggi ci gha reso edotti del suo pensiero.
Ci spiega che il «futuro degli africani è in Africa». Dibba lo dice perchè lui «ci ha lavorato in Congo». Anzi, lui «c’ha lavorato tutta la vita in Africa».
Strano, perchè l’ultima volta che ho controllato Alessandro Di Battista risultava avere 39 anni. Di questi quasi 40 anni il Dibba ha trascorso nella Repubblica Democratica del Congo — lavorando per tutta l’estate del 2008 — ben 4 mesi.
Sia chiaro, nessuno vuole mettere in dubbio le capacità analitiche di Di Battista che spiega che siamo di fronte ad una «deportazione di sistema che consente l’abbassamento salariare in italia» (ancora tutta da dimostrare).
Per inciso non c’è nessuna regola che dice che o si accolgono i migranti o si creano migliori condizioni di vita nei paesi d’origine. Si possono fare entrambe le cose, ma la visione del mondo di Di Battista è troppo manichea.
Limitiamoci ai fatti, Di Battista è stato in Congo quattro mesi e dice di averci lavorato tutta la vita. Magari in quei quattro mesi è diventato il più grande esperto di Congo. Ma il Congo non è l’Africa.
Dai dati del Viminale e da quelli della Guardia Costiera risulta che non ci siano state richieste d’asilo da persone provenienti dal Congo e che tra le persone salvate in mare tra il 2014 e il 2017 quella congolese non compaia mai nella lista delle principali nazionalità dichiarate.
E non risulta nemmeno che la Repubblica Democratica del Congo sia tra i paesi con il più alto tasso di emigrazione.
Questo non vuol dire che il Congo non sia stato un paese d’emigrazione (o di provenienza di rifugiati). Semplicemente significa che nonostante la decennale esperienza di Di Battista e il suo master in diritti umani l’ex deputato del M5S non è nella posizione di fare lezioni sull’Africa.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile “HA DETTO DI NO DICENDO CHE NON PRENDE PER IL CULO CHI L’HA VOTATO. CHE BRUTTA FIGURA, SEMBRAVAMO I ROMANI DEI FILM QUANDO VANNO A MILANO”
L’imprenditore Luca Parnasi e gli uomini del suo gruppo puntavano a esportare il suo sistema corruttivo a Milano.
E’ quanto emerge dall’ordinanza di custodia cautelare che ha portato in carcere nove persone. Il gruppo, incaricato di portare avanti il progetto per la costruzione del nuovo stadio della Roma, puntò a corrompere l’assessore all’Urbanistica di Milano, Pierfrancesco Maran (Pd), proponendogli l’acquisto di una casa.
Un tentativo caduto nel vuoto – hanno appreso gli investigatori durante le intercettazioni telefoniche – perchè Maran respinse la “proposta in modo sdegnato” dicendo in modo netto: “Qui non si usa”.
In un’intercettazione, gli uomini del gruppo Parnasi fanno un resoconto dell’incontro: “Siamo andati a parlare con l’assessore Maran, gli abbiamo proposto un appartamento ma lui ha risposto di no dicendo che lui ‘non voleva prendere per il c… chi lo ha votato’. Abbiamo fatto una brutta figura, sembravamo i romani dei film quando vanno a Milano”.
Maran sceglie di non commentare la notizia
A Palazzo Marino Maran, classe 1980, non è nuovo. E’ stato l’assessore più giovane della giunta guidata da Giuliano Pisapia e, in seguito, il secondo assessore più votato nella giunta dell’attuale sindaco Giuseppe Sala (dopo Pierfrancesco Majorino che però aveva fatto le primarie).
E’ laureato in Scienze Politiche e ha lavorato come consulente aziendale. Prima consigliere di Zona 3, poi consigliere comunale, dal 2011 al 2016 è stato assessore alla Mobilità . Ed è in questo periodo, con l’amministrazione arancione, che si è fatto notare: è lui che ha introdotto in l’Area C (la zona a traffico limitato del centro) e i sistemi di car sharing free floating.
Nella giunta Sala dal 2016 si sta occupando del piano di riqualificazione di sette scali ferroviari dismessi.
(da agenzie)
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Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile AVEVANO CHIESTO ANCHE DI INTERVENIRE SULLA STAMPA PER CAMBIARE ARTICOLI SGRADITI
Mazzette, assunzioni di figlio, consulenze fittizie: il sistema guidato dall’imprenditore e
immobiliarista Luca Parnasi, finito agli arresti insieme ai suoi più stretti collaboratori e a politici e dirigenti di primo piano del Movimento Cinque Stelle, del Pd e di Forza Italia, era basato sulla corruzione sistematica di pubblici ufficiali del Comune di Roma e della Regione Lazio.
Con l’obiettivo finale di ottenere il via libera al progetto del nuovo stadio dell’AS Roma (del tutto estranea dall’inchiesta della procura di Roma), un affare che per il gruppo Parnasi vale centinaia di milioni di euro.
Le intercettazioni telefoniche e ambientali, ii messaggi Whatsapp e delle caselle di posta elettronica, le analisi dei movimenti bancari segnalano come l’imprenditore, indagato per associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, aveva puntato molte fiches per assoldare politici che potevano aiutare il suo gruppo in Consiglio regionale, oltre a «pubblici ufficiali» di punta del Campidoglio come Luca Lanzalone, principale consigliere della sindaca Virginia Raggi sulla questione dello stadio, poi promosso alla presidenza di Acea, e oggi principale consigliere della giunta del M5S.
TERREMOTO LANZALONE
Secondo le accuse del pm Paolo Ielo, che ha coordinato l’inchiesta — uno degli stralci di quella partita dalle intercettazioni sul costruttore Sergio Scarpellini — Parnasi e i suoi uomini avrebbero «offerto a Luca Lanzalone (indagato e arrestato per concorso in corruzione, ndr) diverse utilità , e tra queste svariati incarichi professionali, al fine di corromperlo, acquisendone il costante asservimento agli interessi del gruppo imprenditoriale».
Il fedelissimo della Raggi, vicino anche ad Alfonso Bonafede neoministro della Giustizia e ad altri maggiorenti del Movimento, Luigi Di Maio su tutti, avrebbe usato i suoi poteri di mediatore per gli «interessi del Parnasi e del suo gruppo…in violazione dei doveri istituzionali di imparzialità e correttezza».
In cambio di «lucrosi incarichi dello studio legale Lanzalone & Partners, in persona di Luciano Costantini (socio di Lanzalone, ndr) e Stefano Sonzogni». In pratica, dicono i magistrati, Parnasi ha dato o promesso a Lanzalone varie consulenze.
La prima evidenza è nella «promessa del conferimento, da parte dei referenti della Sgr Dea Capital di un incarico assolutamente inutile e assegnato per finalità corruttive» per l’assistenza legale in alcuni rapporti tra l’azienda e il Comune di Marino, amministrato dai grillini, «per la quale veniva formulato un preventivo da 50 mila euro quale compenso base, di ulteriori 40 mila euro — oltre a un importo variabile per diverse decine di migliaia di euro — in base all’esito della prestazione».
Non solo. Parnasi — per tramite di una persona di fiducia, Mariangela Masi, avrebbe girato a Lanzalone un altro incarico legale da 12.500 euro, più un’altra commessa «in ordine alla ristrutturazione di fondi, legati alla realizzazione presso la vecchia Fiera di Roma di un polo di intrattenimenti» e un palazzetto.
In cambio Lanzalone, spiegano i magistrati romani, ha elaborato «una soluzione tecnica» per il progetto dello stadio della Roma «finalizzata a consentire un immediato inizio dei lavori senza il ricorso a procedure d’urgenza», in modo da evitare ricorsi «con conseguente allungamento dei tempi. Si tratta di un’escamotage individuato dal pubblico ufficiale nell’interesse esclusivo del privato per eliminare gli ostacoli frapposti alla realizzazione del progetto». Lo stesso Lanzalone avvertiva poi Parnasi di ogni step amministrativo.
I rapporti tra i due sono costanti, e apparentemente idilliaci.
Tanto che Lanzalone chiede a Parnasi un’intervento sul sito Dagospia, che aveva pubblicato un articolo sul suo conto e sulla sua vita privata che aveva — come si legge dalle intercettazioni — già «agitato Di Maio». Parnasi, per risolvere il problema, si affida all’ex pidduista Luigi Bisignani. Prima, però, chiede il permesso all’uomo forte dei Cinque Stelle.
«Con Bisignani, se vogliamo fare una prova di forza, io ci posso parlare in tempo reale», chiosa Parnasi attovagliato con l’avvocato di Virginia al roof garden dell’hotel Eden
«Se lo fai è meglio per evitare che evitassero a menarla su cose che non hanno senso», ringrazia Lanzalone.
Bisignani si muoverà , il «contenuto sgradito» dell’articolo verrà modificato (ma Roberto D’Agostino, titolare del sito web, spiega a L’Espresso che i cambi erano dovuti soprattutto all’arrivo di una querela arrivata da una signora citata nel pezzo), ma il colloquio tra i due seduti al roof dell’Eden, registrato dai pm, continua: è lì che Parnasi prospetta a Lanzalone i vari «incarichi corruttivi».
I POLITICI
Parnasi, secondo i pm, corrompe altri politici.
In primis i grillini, ora al potere e principale obiettivo delle attività criminose di Parnasi e dei suoi collaboratori. Il capogruppo dei grillini Paolo Ferrara, è indagato per concorso in corruzione.
Fedelissimo anche lui di Virginia, Ferrara — che ha votato a favore della conferma della dichiarazione di pubblico interesse del progetto del nuovo stadio — avrebbe «scambiato la sua funzione pubblica» che viene «mercificata per la realizzazione di un’interesse privato».
Al di là dei rapporti assai amichevoli tra Luca Parnasi e il consigliere grillino, i pm hanno scoperto che il gruppo avrebbe offerto a Ferrara un progetto per il restyling di un pezzo del lido di Ostia. «L’interesse personale e non pubblico del Ferrara nella vicenda» scrivono i pm «appare evidente vista la circostanza che proprio il collegio di Ostia costituisce il suo bacino elettorale».
Non solo: che Parnasi non abbia un reale interesse nella riqualificazione della spiaggia è chiaro dalle frasi captate dai collaboratori che “regalano” a Ferrara il progetto: «Fare immediatamente sta roba di Ostia», chiarisce Luca Caporilli, uomo di Parnasi «Ma per incassare su Tor Di Valle», ossia il luogo su cui deve sorgere lo stadio.
Se ai consiglieri forzisti di Regione e Comune Adriano Paolozzi e Davide Bordoni vengono girate utilità e/o somme di denaro per la campagna elettorale (entrambi i politici erano impegnati nelle rpocedure amministrative dello stadio), l’ex assessore regionale dell’Urbanistica Michele Civita, piddino e uomo vicino a Nicola Zingaretti, chiede a Parnasi direttamente l’assunzione del figlio. Parlano al caffè Doney di Via Veneto. Non sanno di essere intercettati.
Parnasi: «Che mi vai?»
Civita: «Io ti voglio chiedere una cortesia per mio figlio…tu me l’avevi detto no?»
Parnasi: «Sì sì
Civita: «Allora, ovviamente per ragioni di opportunità …nulla che riguarda le tue società ! Ovviamente! Però tu mi avevi detto che qualcuno…lui è laureato in economia…Se ti mando il curriculum…
Parnasi: «No non mandarmi il curriculum mandami la mail….Tu non ti preoccupare! Io ho già un’idea…di una società molto seria…Lui sta all’Eur no? Sta sempre vicino a te? Io avevo in testa una società che si chiama 8BE Consulting…».
Il titolare verrà chiamato da Parnasi il giorno dopo, e gli raccomanderà il figlio «dell’uomo di Zingaretti. Una persona seria, per bene».
(da “L’Espresso”)
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Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile LE INTERCETTAZIONI: ASSUNZIONE DEL FIGLIO PER CIVITA (PD), 25.000 EURO PER PALOZZI (FI), LAVORI RESTYLING A OSTIA PER FERRARA (M5S)
La chiave per fare affari era quella di “foraggiare” la politica. Per questo, Luca Parnasi, titolare di Eurnova, il principale contraente del progetto dello stadio della Roma, era rassegnato: “Spenderò qualche soldo sulle elezioni…che poi con Gianluca vedremo come vanno girati ufficialmente con i partiti politici eccetera… anche questo è importante perchè in questo momento noi ci giochiamo una fetta di credibilità per il futuro ed è un investimento che io devo fare…”.
Così diceva, intercettato dai carabinieri, a uno dei suoi collaboratori il costruttore da ieri in carcere, aggiungendo poi che si trattava di “un investimento molto moderato rispetto a quanto facevo in passato quando ho speso cifre che manco te racconto però la sostanza che la mia forza è quella che alzo il telefono…”.
E, infatti, quasi trecento pagine dell’ordinanza raccontano di soldi in contanti, fatture per operazioni inesistenti, assunzioni di amici e parenti e consulenze, tante consulenze.
Un modo di fare che gli inquirenti hanno definito “asset d’impresa”, insomma, appunto, una specie di garanzia sul futuro.
Ecco così che dalle carte spuntano, le contropartite.
Promesse di consulenze per 100 mila euro a Luca Lanzalone, presidente Acea, vicinissimo alla sindaca Virginia Raggi e consulente della giunta capitolina per tutto l’affare dello stadio.
Parnasi gli aveva anche garantito il suo aiuto nella ricerca di una casa e di uno studio a Roma.
All’ex assessore regionale del Pd, Michele Civita, in cambio dell’asservimento della sua funzione, il gruppo Parnasi aveva promesso l’assunzione del figlio in una delle società .
Per l’attuale vicepresidente della Consiglio Regionale, Adriano Palozzi, Parnasi avrebbe erogato fatture per operazioni inesistenti pari a 25 mila euro.
Infine l’attuale capogruppo M5S, Paolo Ferrara, avrebbe ottenuto da Parnasi un progetto per il restyling del lungomare di Ostia.
(da agenzie)
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Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile TROPPO IMPEGNATI A CACCIARE GLI IMMIGRATI PER POTENZIARE LE GUARDIE CARCERARIE E RENDERE VIVIBILI LE CONDIZIONI DEI DETENUTI
E’ rientrata la rivolta nel carcere di massima sicurezza di Ariano Irpino, dove un gruppo di detenuti
aveva sequestrato un agente di polizia penitenziaria.
Un’azione voluta dai reclusi per segnalare le difficili condizioni che si registrano all’interno del penitenziario.
Per circa un’ora — dalle 15 alle 16 – si sono vissuti momenti di grande tensione. Tra lanci di oggetti e minacce i detenuti hanno costretto un agente di custodia in servizio a rifugiarsi all’interno di un gabbiotto per evitare il peggio.
All’interno del penitenziario sono intervenuti agenti di polizia e carabinieri in assetto antisommossa che hanno riportato la situazione alla normalità .
Sul posto era presente il procuratore aggiunto di Benevento Giovanni Conzo, che ha coordinato le indagini in contatto anche con il procuratore capo Aldo Policastro.
Il direttore del penitenziario Gianfranco Marcello ha cercato di isolare il padiglione dove si è registrata la protesta. L’agente di polizia penitenziaria che era stato sequestrato dai detenuti è stato poi costretto alle cure dei medici dell’ospedale di Ariano, dove è stato ricoverato in un comprensibile stato di choc.
Alcuni dei detenuti protagonisti della rivolta saranno ora trasferiti in altre strutture detentive.
Il Sindacato Autonomo Polizia Penitenziaria parla di “sequestro annunciato in un carcere praticamente in mano ai detenuti” e denuncia una “situazione esplosiva” all’interno della casa circondariale di Ariano Irpino.
Solo i minsitri degli Interni e della Giustizia non se ne sono accorti.
(da agenzie)
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Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile NESSUNO HA OFFESO L’ITALIA, CHI VUOLE FAR PARTE DELLA BANDA DEI VOMITEVOLI SI INDIGNI PURE E NON ROMPA I COGLIONI … CI SONO DUE ITALIE: UNA IGNORANTE E RAZZISTA E UNA CIVILE, OGNUNO STIA DOVE SI TROVA MEGLIO
Il ministro dell’Economia Giovanni Tria oggi non si è recato a Parigi per incontrare il suo omologo Bruno Le Maire. Continua così lo scontro diplomatico nato dopo le esternazioni del partito di maggioranza e del Governo guidato da Emmanuel Macron sulla vicenda Aquarius, alla quale non è stato concesso l’accesso ai porti siciliani, violando la legge e per le quali la catena di comando del governo italiano dovra’ rispondere in sede giudiziaria.
Ieri il portavoce di Macron aveva definito “cinica e irresponsabile” la posizione del Governo Conte, mentre il portavoce di En Marche! aveva parlato di comportamento “vomitevole”.
Parole non rivolte agli italiani ma a un governo razzista che viola le norme internazionali, quindi si indignino quelli che l’hanno votato, ma nessuno pretenda che si sentano offesi quelli che non hanno portato il cervello all’ammasso.
Se l’Italia si è distinta in accoglienza il merito va ai governi che l’hanno fatto in passato tra tanti errori e limiti, non certo a chi i profughi vuole vederli marcire nei lager libici e demanda alle autorità di Tripoli il lavoro sporco.
Senza contare che Macron non è il solo, stessi concetti sono stati espressi dalla Spagna e poche ore fa dal leader liberale belga Guy Verhofstadt che ha denunciato la mano di Mosca dietro i vari partiti sovranisti che vogliono distruggere l’Europa.
Quindi le critiche al governo italiano vengono da sinistra e da destra.
Se poi in Italia la destra viene identificata nella fogna salviniana non è certo colpa di chi dice la verità , ma di quei milioni di italiani che pensano solo ai cazzi loro.
Se non fossero riconglioniti da decenni non avrebbero votato prima Berlusconi e oggi Salvini, ma avrebbero cercato di costruire un partito civile, fondato su merito, legalità e solidarietà sociale, come in altri Paesi.
Ci si lamenta perchè altri Paesi europei non accolgono. Lo diciamo da anni, quando altri a destra se ne fottevano.
Allora diamo i dati ufficiali: solo il 31,4% dei richiedenti asilo arrivati in Italia e Grecia sono stati ricollocati nei Paesi Ue (impegno firmato tre anni fa da tutti i Paesi).
Su un totale di 98.255 ne sono stati collocati solo 30.834 .
Ci sono Paesi come la Svezia che, rispetto all’impegno, ne hanno accolto l’80,9%, la Germania il 37,2% (ma si sono presi 700.000 siriani), la Francia il 25,1% (ma ne hanno 80.000 loro in carico).
Sapete quanti dovevano prenderne altri Paesi?
Ungheria 1294 (accolti ZERO), Polonia 8162 (accolti ZERO), Rep. Ceca 2691 (accolti ZERO), Slovacchia 902 (accolti ZERO), Austria 1953 (accolti 39), Bulgaria 1302 (accolti 60), Croazia 968 (accolti 82), Romania 4180 (accolti 728) e ci fermiamo qua per non tediarvi.
Almeno 25.000 profughi non sono stati accolti nei Paesi dell’Est, quegli stessi Paesi che, grazie ai contributi europei, hanno incrementato il Pil alla faccia nostra.
Avete sentito UNA PAROLA di Salvini o di Di Maio contro la fogna di questi Paesi?
Allora datevi una risposta sulle vere responsabilità della situazione, su chi ha interesse a disinformarvi e sul gioco sporco posto in atto dai vomitevoli.
Conte non va a Parigi? E chi se frega.
Vada a Budapest, a Praga, a Varsavia se ha le palle e batta i pugni sul tavolo.
Non facciamo parte della categoria di chi si fa prendere per il culo da un clandestino dell’umanità .
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Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile FRATELLI D’ITALIA A CACCIA DI POLTRONE: ORA VUOLE COPASIR O VIGILANZA RAI
Si consolida l’asse Salvini-Meloni in Parlamento. 
Oggi la contropartita è la concessione della vicepresidenza della Camera a Fabio Rampelli, di Fratelli d’Italia, che sostituisce il leghista Lorenzo Fontana diventato ministro della Famiglia.
Inoltre al posto del ministro cinquestelle Riccardo Fraccaro andrà nel ruolo di questore Federico D’Incà , (M5s).
Si tratta di un ulteriore passo di avvicinamento verso un possibile ingresso nella maggioranza del partito di Giorgia Meloni.
Fdi punta però anche a una delle due Commissioni di garanzia che spettano all’opposizione, Copasir e Vigilanza Rai, specie la seconda, che è nel mirino pure di Fi.
(da agenzie)
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