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LA DENUNCIA DEL LEADER LIBERALE VERHOFSTADT: “BASTA COOPERARE CON CHI E’ FINANZIATO DA PUTIN PER DISTRUGGERE L’EUROPA, FUORI ORBAN, SALVINI E KACZYNSKI”

Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile

IL CAPOGRUPPO DELL’ALDE DENUNCIA: “C’E’ UNA QUINTA COLONNA ALL’INTERNO DELLA UE CHE AGISCE CON FONDI E AIUTI DEI SERVIZI SEGRETI DEL CREMLINO”

“All’interno dell’Ue abbiamo una quinta colonna, si tratta delle cheerleader di Putin, di Farage, Le Pen e Wilder che ottengono i fondi e l’intelligence del Cremlino, ed i loro amici sono seduti qui. E’ tempo di smettere di cooperare con Orbà¡n, Kaczynski e Salvini, che lavorano con tutti questi nazionalisti e populisti”. §
Lo ha detto alla Plenaria a Strasburgo il leader dell’Alde (il gruppo dei liberali) al Parlamento europeo Guy Verhofstadt, mentre continua lo scontro diplomatico tra Italia e Francia.
“Polonia, Ungheria, Repubblica Ceca non hanno accettato neanche un migrante”, ha aggiunto l’ex premier, Romano Prodi, in un’intervista a InBlu Radio, il network delle radio cattoliche della Cei. “E questi sono i grandi amici di Salvini. In questo momento la migrazione è la più grande bomba ad orologeria in Europa”.
Mentre continua il caos Italia-Francia, ha parlato anche il capo dell’Unhcr, l’Agenzia per i rifugiati dell’Onu, Filippo Grandi, in un’intervista alla Reuters: “E’ una vergogna, come europeo provo vergogna che ci sia una nave nel Mediterraneo (la Aquarius rifiutata dall’Italia e ora diretta in Spagna, ndr) da giorni e che nessuno voglia accogliere queste persone. La responsabilità  è di tutta l’Europa”

(da agenzie)

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PM A CACCIA DEI SOLDI IMBOSCATI DALLA LEGA IN LUSSEMBURGO: BLITZ DELLA GDF ALLA SPARKASSE DI BOLZANO

Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile

LA SEGNALAZIONE DAL LUSSEMBURGO A BANKITALIA SUL MISTERIOSO RIENTRO DI 3 MILIONI DAL GRANDUCATO

I pm di Genova hanno avviato una rogatoria internazionale al Lussemburgo su movimenti per 3 milioni di euro in rientro dal Granducato a una banca di Bolzano.
I pm vogliono capire se la cifra sia riferibile al cosiddetto ‘tesoro’ del Carroccio: 48 milioni di euro di rimborsi elettorali dal 2008 al 2010, per i quali sono stati condannati in primo grado per truffa, nel luglio dello scorso anno, Umberto Bossi e l’ex tesoriere Francesco Belsito. Per loro è in corso l’appello.
Lo scrivono il Fatto Quotidiano, Repubblica e Stampa, spiegando che la segnalazione di alcune operazioni, pochi giorni dopo le elezioni del 4 marzo, è arrivata dal Lussemburgo a Bankitalia, e le autorità  antiriciclaggio l’hanno girata agli inquirenti genovesi, che vogliono capire se quelle cifre siano riferibili a persone vicine alla Lega
Dopo la condanna di Bossi e Belsito, i magistrati e la Guardia di Finanza stanno cercando di rintracciare i 48 milioni, per chiederne la confisca in caso di condanna definitiva.
Ma solo 2 milioni sono stati trovati, il resto secondo i vertici della Lega non ci sarebbe più, perchè speso negli anni passati per attività  politiche.
L’indagine stava per fermarsi, ma la segnalazione dal Lussemburgo ha richiesto questo nuovo passaggio, con l’ipotesi di riciclaggio, in un fascicolo senza indagati.
E intanto si registra anche un blitz della guardia di finanza questa mattina nella sede della Sparkasse di Bolzano, la cassa di risparmio dell’Alto Adige, nell’ambito dell’inchiesta sul riciclaggio dei fondi della Lega.
Le fiamme gialle stanno acquisendo tutta la documentazione sul flusso di denaro in entrata e in uscita di questi anni e riconducibili a conti del Carroccio.
A riepilogare la storia è oggi La Stampa, che riepiloga quanto è accaduto dopo la condanna di Bossi e Belsito:
A margine della sentenza genovese è disposta la confisca di 48.969.617 euro, da compiersi dopo il terzo grado. Ma il procuratore aggiunto Francesco Pinto e il sostituto Paola Calleri accelerano, chiedendo e ottenendo che i soldi siano stoppati subito. Al primo blitz, settembre 2017, la Finanza trova sui conti leghisti circa due milioni. E i pubblici ministeri ingaggiano un braccio di ferro con i legali del Carroccio per incamerare i futuri introiti fino a quota 48 (la Cassazione propende per la linea dei pm).
Dov’è il resto del tesoro? Salvini continua a spiegare che è stato usato nel tempo per attività  sul campo e sono rimaste le briciole. Ma a sparigliare le carte contribuisce Stefano Aldovisi, uno dei revisori condannati.
Nel dicembre 2017 deposita un esposto di sei pagine che indirizza magistratura e finanzieri verso la Sparkasse. Qui, lascia intendere, potrebbero essere confluiti un po’ di quei 48 milioni, poi «riciclati» con vari artifici per renderli introvabili.
Il presidente della Cassa di risparmio era allora ed è oggi Gerhard Brandstà¤tter, già  socio d’affari dell’avvocato calabrese Domenico Aiello, a lungo consulente della Lega.
Alla Sparkasse, secondo la Finanza, affluiscono nel primo semestre 2013 dieci milioni fra titoli e liquidi. In che modo? Sempre per l’accusa, gli iniziali 48 che risultano quasi tutti «volatilizzati» sono stati in realtà  suddivisi prima tra le filiali Banca Aletti di Genova e Milano, quindi all’Unicredit di Vicenza e almeno una decina è appunto approdata a Bolzano. Queste procedure sono avvenute nel periodo in cui leader era Roberto Maroni: nella sua reggenza entrò la fetta più grande dei rimborsi, ancorchè richiesti da altri in precedenza.
C’è però un ulteriore passaggio, più recente, che ha fatto sterzare l’indagine. Il primo deposito di Bolzano viene infatti estinto a metà  2013, e il denaro da lì vira perlopiù verso società  o finanziarie contigue alla Lega.
Ma nel 2016, attraverso un conto «di transito» aperto sulla carta dalla solita Sparkasse per consentire semplici movimentazioni «interne», tre milioni sono investiti in Lussemburgo.
Nell’opinione dei pubblici ministeri potrebbero essere soldi leghisti portati al sicuro nel timore dei sequestri. E poi rientrati in Alto Adige, e sotto mentite spoglie nella disponibilità  del partito via Sparkasse, con l’«operazione sospetta» segnalata dalla fiduciaria lussemburghese

(da “NextQuotidiano”)

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RIXI ERA “IMPRESENTABILE” PER IL M5S, ORA E’ SOTTOSEGRETARIO LEGHISTA NEL GOVERNO

Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile

SOTTO PROCESSO PER PECULATO E’ IN BUONA COMPAGNA … CON SIRI, CONDANNATO PER BANCAROTTA FRAUDOLENTA E GARAVAGLIA A GIUDIZIO PER TURBATIVA D’ASTA

Era il 4 febbraio 2018, mancava un mese alle elezioni politiche e Luigi Di Maio tuonava dal Blog delle Stelle: via gli impresentabili dalle liste dei partiti.
E giù un elenco che comprendeva i nomi del PD e del Centrodestra.
Tra questi c’era anche quello di Edoardo Rixi   della Lega, «assessore regionale in Liguria e imputato per peculato per le spese pazze in regione Liguria: si sarebbe fatto rimborsare spese private con soldi pubblici».
Quattro mesi e una settimana dopo Edoardo Rixi, ricorda oggi il Fatto Quotidiano in un articolo a firma di Tommaso Rodano, diventa sottosegretario alle Infrastrutture e ai Trasporti, ministero retto dal grillino Danilo Toninelli, e porta a casa il risultato nonostante i grillini lo definissero impresentabile.
Quella dell’impresentabilità  è una categoria morale per il MoVimento 5 Stelle, che va ben oltre l’aver commesso reati visto che nella lista di febbraio c’erano anche nomi che avevano la colpa di essere figli o congiunti di “cattivi soggetti”.
Eppure le regole del contratto tra Lega e MoVimento 5 Stelle sono perfettamente rispettate, visto che il “codice etico” esclude dall’esecutivo solo chi ha subito condanne per i reati della legge Severino (contro la pubblica amministrazione), per riciclaggio, autoriciclaggio e falso in bilancio o gli imputati per reati gravi (mafia, corruzione, concussione).
E così Rixi sarà  sottosegretario ai trasporti anche se, racconta il Fatto,   è accusato di peculato: “avrebbe speso per scopi personali 19mila euro dei fondi regionali destinati all’attività  politica. Il dibattimento è in corso e il 28 maggio è stato ascoltato come testimone anche Giancarlo Giorgetti (numero 2 del Carroccio e sottosegretario a Palazzo Chigi), il quale ha affermato che gli incontri con Rixi fossero di natura istituzionale”.
E non c’è mica solo lui: Armando Siri, “ideologo della flat tax” che nella logica delle cose avrebbe dovuto approdare all’Economia, va anche lui ai Trasporti con Toninelli.
E pazienza se ha patteggiato una condanna per bancarotta fraudolenta a un anno e otto mesi inflittagli dal tribunale di Milano per il fallimento della Mediatalia, società  che ha lasciato debiti per oltre 1 milione di euro.
Secondo i magistrati che hanno firmato la sentenza, prima del crack Siri e soci hanno svuotato l’azienda trasferendo il patrimonio a un’altra impresa la cui sede legale è stata poco dopo spostata nel Delaware, paradiso fiscale americano. Secondo il racconto della vicenda Mediaitalia, società  che produceva contenuti editoriali per media e aziende (editava anche la rivista della Air One di Carlo Toto), aveva debiti per un milione di euro quando Siri e gli altri soci hanno trasferito il suo patrimonio alla Mafea Comunication, gratuitamente.
Infine c’è Massimo Garavaglia che diventa sottosegretario all’Economia ed è stato rinviato a giudizio alla fine del 2016 assieme ad altre 12 persone in un filone del procedimento che ha portato all’arresto per corruzione, concussione e turbativa d’asta di Mario Mantovani, ex vice presidente della regione Lombardia:
Sotto accusa sempre a Milano, nell’ambito del processo Mantovani, per turbativa d’asta. La procura gli contesta di aver bloccato illecitamente una gara da 11 milioni di euro indetta dalla Regione Lombardia, di cui il leghista era assessore al Bilancio, per il trasporto degli ammalati dializzati.
Secondo i pm Garavaglia intervenne per tutelare un’associazione del suo territorio lasciata fuori dal bando, Le Croci dell’Altomilanese.

(da “NextQuotidiano“)

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PINA CASTIELLO, LA NUOVA SOTTOSEGRETARIA PER IL SUD: DA COSENTINO ALLA LEGA

Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile

EX PDL CON SPONSOR POLITICI ALLE SPALLE E AMICIZIE PERICOLOSE CON CONDANNATI PER MAFIA

È passata dall’amicizia pericolosa con alcuni condannati per associazione mafiosa o bancarotta, allo chansonnier Silvio Berlusconi che, al pianoforte, deliziò gli ospiti alla festa per i 40 anni di lei, nel 2011.
Fino agli slogan anti immigrati urlati al fianco di Salvini, di recente, nella dolente terra di Castel Volturno.
Oppure, contro il predecessore del suo nuovo capo, l’allora ministro dell’Interno Marco Minniti. Eccola la nuova sottosegretaria con delega al Sud: Giuseppina Castiello detta Pina, 47 anni.
Viene da Afragola: pieno e opaco hinterland napoletano.
Alle spalle, alcuni sponsor politici dalla storia pesante.
Personaggi oscuri come l’ex consigliere regionale del centrodestra (originariamente di centrosinistra) Roberto Conte: condannato per associazione mafiosa, una storia di voto di scambio con il clan Misso.
O come l’ex senatore Pdl Vincenzo Nespoli : più volte indagato dalla Procura napoletana, e condannato in primo e secondo grado per bancarotta fraudolenta. Negli atti delle indagini preliminari era citata anche lei, la Castiello, ma senza che vi fossero accuse: era un’amica cui aveva chiesto qualche piccolo favore o cambio di assegni
Lo stesso ex senatore Nespoli è stato, non solo il riferimento della Lega di Salvini e il regista delle candidature alle ultime politiche. Ma anche alfiere della vittoria , tre giorni fa, del candidato sindaco di centrodestra, Claudio Grillo: nel comune in cui il Movimento 5 Stelle è precipitato dal 58 all’8 per cento.
Un patto di desistenza o le fluttuazioni più o meno scontate che mutano l’assetto del voto tra politiche e amministrative?
Qualche dubbio resta: perchè Afragola è anche la cittadina d’origine di Vincenzo Spadafora dei 5 Stelle, anch’egli nelle stesse ore ‘promosso’ al rango di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio.
Castiello esordisce come consigliere comunale di Afragola, poi passata per gli scranni della Regione anche come ‘questore al personale’ , infine approda al Parlamento nel 2006: oggi è deputata alla quarta legislatura con il Pdl e poi Fi, due anni fa sceglie la Lega.
Un’eletta che ha attraversato gli ultimi venti anni sul territorio forte di solidi padrinati e di un paio di parole d’ordine : “il lavoro prima per i nostri”, “combatteremo contro le menzogne della sinistra”.
L’ultima perla risale a poco tempo fa: “Ho visto un corteo assurdo di migranti nel centro di Napoli, dietro c’erano i nigeriani , tutta gente che delinque. Erano tantissimi stranieri, non sembrava neppure di stare a Napoli”.
È con questa visione, e cultura politica, che grazie a Matteo Salvini – e alla complicità  del Movimento 5S che legittima ciò che ieri platealmente condannava – che la Castiello entra ora nel cuore delle istituzioni repubblicane.
La sua ultima performance, da parlamentare in carica, l’aveva vista inveire a Napoli contro il ministro Minniti. “Vergogna , vergogna!”, gridava lei, bionda ex pupilla in Parlamento di Berlusconi, poi vicina a Nicola Cosentino e ai ras politici noti per le loro condotte pericolose. “Vergogna! Vuoi salvare il Comune e de Magistris e mandarci gli immigrati qui a lavorare”, accusava la Castiello sotto gli occhi imbarazzati del prefetto Pagano e del sindaco de Magistris, per il solo fatto che il numero uno del Viminale stesse presentando un’iniziativa con cui impiegare alcuni rifugiati in attività  dei beni culturali, da Caserta a Pompei. Era solo dicembre scorso.
Prima di tornare in Parlamento, solo qualche mese fa, sfoggiava premonizioni di questo tenore: “Salvini ci porterà  alla guida del paese”.
E si lanciava anche in rischiosi proclami: “Sconfiggeremo le menzogne dei grillini. Se non dovessimo avere una maggioranza ? Allora andremo a un governo di scopo solo per rivisitare la legge elettorale e ridare la parola ai cittadini. Basta inciuci o marmellate. Di abusivi a Palazzo Chigi ne sono sfilati fin troppi”. Coerenza ha voluto che sia diventata sottosegretario nel governo marmellata, guidato da un premier mai eletto.
Berlusconiana quando c’era da farsi “officiare” dall’allora premier il suo party per i 40 anni, cosentiniana   fino a quando non è precipitata in carcere la stella dell’ex leader regionale di Casal di Principe, è un’accesa e fedelissima esponente di Salvini, ora.
Stesso legame che tiene di nuovo in auge anche Nespoli. In quanti video, in quante pubbliche apparizioni compaiono lei e lui, Castiello e Nespoli: perfino quella volta in cui lui, il 23 febbraio 2013, presenzia e viene omaggiato in pubblico – nonostante sia già  sotto inchiesta – dalla Castiello e da Armando Cesaro, figlio del plurinquisito Luigi tuttora senatore di Fi, come “vittima del massacro della stampa”. Perchè causa inchieste in corso, gli amici non avevano potuto candidare Nespoli alle politiche. Ma lui ha resistito, anche lei.
“Vinceremo noi, alle comunali”, diceva agli avversari da settimane. Così è stato. Con il neo sindaco Claudio Grillo, guarda caso è stato eletto anche il nipote diretto di Nespoli. Ed è stata riconfermata come consigliera quell’avvocatessa, Cristina Acri, il cui marito, Aniello Esposito, è finito agli arresti domiciliari, lo scorso gennaio, con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa, nel blitz del Ros e della Dda di Catanzaro contro la ‘ndrangheta della cosca Farao-Marincola.
Ironia (amarissima) della sorte: Esposito è accusato di aver gestito per la cosca tre centri per l’immigrazione. Uno dei quali opera proprio ad Afragola. Che bingo, ora, per il paesone. Un “contratto” di governo, due sottosegretari.
E Pina ‘regina’ nuova capitale del Sud.

(da “La Repubblica“)

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IL CLAN DI SILVIO A LATINA FACEVA PROPAGANDA ELETTORALE PER LE LISTE DI SALVINI

Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile

NEL 2016 AFFIGGEVANO MANIFESTI TENTANDO DI INQUINARE LE ELEZIONI A LATINA E TERRACINA… 30 EURO A VOTO TRAMITE INTERMEDIARI

Anche i clan di Latina votavano per le liste vicine a Salvini. Lo facevano per un compenso
Il clan Di Silvio, famiglia di nomadi italiano, attivo nella zona di Latina, è stato oggetto ieri di un maxiblitz della polizia, coordinata dalla Dda di Roma, che ha portato all’arresto di 25 persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione a delinquere di stampo mafioso, traffico di sostanze di stupefacenti, estorsione, violenza privata e reati elettorali.
A capo dell’organizzazione Armando Di Silvio, detto Lallà , che poteva contare sull’apporto di familiari, tra cui i figli, la moglie e fidatissimi “collaboratori”.
E c’è anche la Lista Salvini tra i partiti per i quali il clan effettuava, nel 2016, la propaganda elettorale a Latina con l’affissione dei manifesti del candidato della lista. Nell’ordinanza cautelare si afferma che “nell’auto di un sorvegliato speciale venivano rinvenuti numerosi manifesti riguardanti candidati (per Latina: Lista Cuori Italia e Lista Salvini; mentre per Terracina: ‘Lista Si Cambia’) alle elezioni amministrative di Latina e Terracina nonchè materiale utilizzato per l’affissione.
Tale circostanza determina l’accertamento della violazione del codice antimafia avendo il sorvegliato speciale svolto, con altri due soggetti, attività  di propaganda elettorale”.
L’indagine di Latina, avviata due anni fa, si basa anche sulle dichiarazioni di un pentito, il primo del territorio pontino.
Per gli inquirenti siamo in presenza di una struttura solidissima impegnata in modo pervicace nella gestione di estorsioni e traffico di droga. Dal loro quartier generale di Campo Boario, i Di Silvio imponevano il pizzo a imprenditori, commercianti e professionisti.
Le richieste estorsive pressanti e spesso accompagnate da vere e proprie minacce di morte erano rivolte anche ad esponenti dell’avvocatura tanto da spingere l’Ordine, nel 2016, ad indirizzare una lettera a tutti gli iscritti esortandoli a denunciare.
“A Latina comandiamo noi…io, Armando e i figli”, afferma al telefono il braccio destro del boss. Una rivendicazione di potere che si esprimeva a vari livelli, compreso quello politico.
Il clan, secondo quanto accertato dalla Squadra mobile di Roma e Latina e dallo Sco, tentò di inquinare il voto nelle elezioni amministrative del 2016 nei comuni di Latina e Terracina. Le indagini hanno fatto emergere molti casi di compravendita di voti.
Gli esponenti del gruppo hanno costretto, dietro minaccia, numerosi tossicodipendenti ad esprimere la propria preferenza in favore di alcuni candidati (poi non eletti) alle comunali di Latina, ricevendo in cambio circa 30 euro a voto da parte di intermediari dei loro committenti.

(da “NextQuotidiano”)

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PERCHE’ SALVINI DIFENDE PARNASI, IL COSTRUTTORE DELLA STADIO DI ROMA ARRESTATO

Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile

HA FINANZIATO CON 250.000 EURO ASSOCIAZIONI DI AREA LEGHISTA, GIRATI POI A RADIO PADANIA E AL POPULISTA

“Chi stava lavorando allo stadio della Roma lo conosco personalmente come una persona perbene, ora è nelle patrie galere. Spero possa dimostrare la sua innocenza. C’è complicazione nel settore pubblico: il codice degli appalti, la legge contro il caporalato, il proliferare di leggi, codici e burocrazia aiuta chi vuole fregare il prossimo”: il vicepremier e ministro dell’Interno, Matteo Salvini, all’assemblea di Confesercenti, parla dell’inchiesta romana che ha portato in carcere politici e imprenditori per lo Stadio della Roma a Tor di Valle.
A chi si riferisce Salvini?
L’unico in galera per lo Stadio della Roma a Tor di Valle — a Luca Lanzalone, Michele Civita e Adriano Palozzi sono stati concessi i domiciliari — è Luca Parnasi, finito in carcere insieme a cinque suoi collaboratori.
Il nome di Parnasi, figlio d’arte (il padre Sergio, stagnaro comunista, si buttò nell’edilizia subito dopo la guerra), ricorre spesso in articoli in cui si parla di Matteo Salvini e della Lega.
Il 3 aprile l’Espresso, che conduce un’inchiesta da tempo sulla questione dei soldi in Lussemburgo, scriveva:
Per chiarire meglio il ruolo dell’associazione Più Voci è necessario tornare tra la metà  del dicembre 2015 e i primi mesi del 2016, quando sul conto della onlus piovono due bonifici per un totale di 250 mila euro. La causale è la classica usata per i contributi ai partiti: “erogazione liberale”. I versamenti sono stati disposti dalla Immobiliare Pentapigna srl. Un nome che ai più non rivela molto. Scavando sulla proprietà  si arriva a uno dei più noti costruttori della Capitale: Luca Parnasi, titolare del 100 per cento delle azioni dell’immobiliare. Già , proprio l’uomo che dovrebbe costruire il nuovo stadio della Roma, erede di una dinastia di palazzinari (lui preferisce il termine “sviluppatore di progetti”) che con il potere ha sempre flirtato.
La storia è piuttosto intricata e parte dall’associazione Più Voci, attiva dal 2015: a tenerne le redini sono tre commercialisti lombardi che Salvini ha voluto al suo fianco nel nuovo partito: Giulio Centemero, tesoriere, assistito dai colleghi Alberto Di Rubba e Andrea Manzoni.
L’Espresso scrive che l’associazione sembra una rivisitazione in salsa padana della fondazione renziana Big Bang. Con la differenza che la onlus sovranista non ha nemmeno un sito internet, figuriamoci una lista pubblica dei finanziatori.
Il nome di Parnasi ricorre anche nell’articolo pubblicato la settimana scorsa sempre da L’Espresso che parte sempre dalla Più Voci:
Un’associazione importante per capire come il leader della Lega ha riorganizzato le finanze del partito dopo gli scandali della gestione Umberto Bossi e del tesoriere Francesco Belsito, le condanne per truffa, i sequestri milionari.
In meno di un anno, dall’ottobre del 2015 all’agosto del 2016, sul conto corrente della “Più Voci” sono arrivati bonifici per un totale di 313.900 euro.
Denaro versato principalmente da Esselunga e dall’immobiliarista romano Luca Parnasi. Soldi che “l’organizzazione culturale” ha girato subito dopo a due società  molto vicine alla Lega: Radio Padania e Mc srl, l’impresa che edita il quotidiano online Il Populista.
Oggi è arrivato l’arresto di Parnasi e la reprimenda di Salvini sulle complicazioni del settore pubblico che favoriscono la corruzione.

(da “NextQuotidiano”)

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PAOLO FERRARA, IL CAPOGRUPPO M5S INDAGATO PER LO STADIO DELLA ROMA

Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile

ACCUSA DI CORRUZIONE E ABUSO D’UFFICIO

C’è anche il capogruppo del MoVimento 5 Stelle in Campidoglio, Paolo Ferrara tra i 27 indagati della inchiesta sul nuovo stadio della Roma.
Nei primi mesi del 2017 Ferrara aveva partecipato alla trattativa con il gruppo Parnasi per la modifica della prima stesura del progetto sulla struttura che dovrebbe sorgere a Tor di Valle.
Il Sole 24 Ore scrive che tra gli indagati ci sono anche Mauro Vaglio, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Roma ed ex candidato M5S alle elezioni politiche, e Davide Bordoni, consigliere comunale di Forza Italia.
Per tutti le accuse vanno dalla corruzione all’abuso d’ufficio e al falso in atto pubblico.
All’inizio del 2017 Ferrara era stato uno dei partecipanti al tavolo della trattativa tra il Campidoglio a 5 stelle e la società  Eurnova di Luca Parnasi per modificare il masterplan della prima stesura del progetto, ottenendo una riduzione delle cubature. Secondo le prime informazioni, gli indagati avrebbero ricevuto, in cambio dei favori agli imprenditori, una serie di utilità , tra le quali anche l’assunzione di amici e parenti.
Secondo alcune ricostruzioni tutto parte dall’indagine del sostituto procuratore Mario Dovinola sul passaggio di terreni dalla società  SAIS della famiglia di Gaetano Papalia alla Eurnova di Parnasi.
La transazione era prevista per il 31 dicembre 2013 ma venne anticipata di sei mesi per un ammontare di 42 milioni di euro.
Sarebbero emersi quindi presunti illeciti dietro il rilascio di atti propedeutici alla edificazione dello stadio.
Per la vicenda sono stati arrestati Luca Parnasi e cinque suoi collaboratori, Adriano Palozzi di Forza Italia, vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio nel 2017 e vicepresidente anche della Commissione Urbanistica, e Michele Civita del Partito Democratico, all’epoca assessore regionale all’urbanistica.
Agli arresti domiciliari è andato Luca Lanzalone, avvocato e facilitatore della trattativa tra i proponenti e il Comune di Roma. Sono ancora in corso da parte dei carabinieri perquisizioni in via Emilia 88, dove ha sede la società  del costruttore Luca Parnasi.
L’inchiesta riguarda il progetto modificato e approdato poi in conferenza dei servizi con l’abbattimento delle cubature rispetto al progetto originario.
Lanzalone tra il gennaio e il febbraio del 2017 fu consulente per il Campidoglio e si occupò di una mediazione con la società  di Parnasi che acquistò i terreni dell’ippodromo di Tor di Valle, che dovrebbe ospitare lo stadio, dalla società  Sais. La mediazione portò ad un taglio delle cubature: furono soppresse le due torri ma anche le infrastrutture a servizio come il prolungamento della Metro B e il ponte sul Tevere. Per la Regione si occupò del progetto Michele Civita, allora assessore all’urbanistica. La sindaca Virginia Raggi, oggi in conferenza stampa presso l’Associazione Stampa Estera, ha detto: “Chi ha sbagliato pagherà  noi siamo dalla parte della legalità . Aspettiamo di leggere le carte sappiamo che alle 12 c’è una conferenza stampa della procura al momento non esprimiamo alcun giudizio”. E poi: “Se è tutto regolare, spero che progetto stadio possa andare avanti”.
Il progetto per la costruzione dello stadio dell’As Roma ha un investimento previsto di circa un miliardo di euro. È atteso per luglio l’ok dell’assemblea capitolina all’approvazione della variante urbanistica, a cui deve far seguito il via libera finale della giunta regionale.
Dal 2014 la società  giallorossa di James Pallotta ha avviato un lungo e ambizioso progetto per realizzare l’impianto di proprietà  del club.
Una sinergia con l’imprenditore Luca Parnasi, che già  nel 2010 aveva siglato un preliminare di acquisto dei terreni di Tor di Valle dove sorge l’ex ippodromo del trotto realizzato per le Olimpiadi del 1960 — in disuso da anni — per poi costruirci sopra lo stadio e un business center.
Il club giallorosso e Parnasi hanno aperto una società , la Tdv project, che, secondo il progetto, sarà  proprietaria dell’impianto. Ci sono voluti tre anni e mezzo, due sindaci, due progetti e altrettante conferenze dei servizi per arrivare a fine 2017 al via libera finale in conferenza dei servizi dell’iter autorizzativo.
C’era ancora Ignazio Marino in Campidoglio quando nel maggio 2014 è stata svelata la prima versione del progetto, che prevedeva di realizzare un milione di metri cubi per costruire uno stadio disegnato da Dan Meis e un business park composto da tre torri dell’archistar Daniel Liberskind.
La giunta M5s di Virginia Raggi a febbraio 2017 ha voluto modificare il masterplan, dimezzando, in accordo con il club e il costruttore, le cubature del business park ma anche tagliando fondi privati destinati a pagare opere pubbliche a servizio della struttura. La mediazione ha visto l’eliminazione delle torri e la loro trasformazione in un complesso di una quindicina di palazzine.
Alla fine del lavoro in Campidoglio è stato prodotto un masterplan che prevede un’arena da 55 mila posti, un business park con uffici, una centralità  commerciale e un parco fluviale con diversi accessi ciclopedonali. L’ultimo passaggio per arrivare all’avvio dei cantieri e’ appunto l’approvazione della variante urbanistica in assemblea capitolina, la calendarizzazione era attesa per luglio e un ultimo via libera della giunta regionale.

(da “NextQuotidiano”)

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#UNOSTADIOFATTOBENE: IL POST DELLA RAGGI SULLO STADIO DELLA ROMA POCHE ORE PRIMA DEL BLITZ

Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile

AVEVA APPENA ESALTATO IL PROGETTO SUI SOCIAL: “UNICO, INNOVATIVO, MODERNO”

“#UnoStadioFattoBene, un progetto unico, innovativo, moderno e rispettoso dell’ambiente perchè ecosostenibile ma al tempo stesso tecnologicamente all’avanguardia”.
Così scriveva su Facebook la sindaca di Roma, Virginia Raggi, nemmeno 24 ore prima dei nove arresti per associazione a delinquere finalizzata alla commissione di condotte corruttive e di una serie di reati contro la Pubblica amministrazione nell’ambito delle procedure connesse alla realizzazione del nuovo stadio di Tor di Valle.
Un lavoro che la pentastellata ha esaltato in tutto e per tutto. “Quest’opera, che noi abbiamo modificato ottenendo il taglio delle cubature di cemento e aumentando il verde, porterà  nuovi posti di lavoro e migliorerà  la vita degli abitanti nel quadrante sud della città . Tutti i cittadini potranno leggere la documentazione della Conferenza dei servizi sul portale di Roma Capitale”, ha concluso.
Anche su Twitter la prima cittadina ha sottolineato la vicinanza della conclusione dello stadio, sostenuto, anche qui, dall’hashtag #unostadiofattobene.
Un tweet che ha scatenato le reazioni di moltissimi follower che hanno apostrofato il cinguettio come ‘tempestivo’.
Sul futuro dell’impianto la sindaca è fiduciosa: “Chi ha sbagliato pagherà , noi siamo dalla parte della legalità . Se è tutto regolare, spero che il progetto dello stadio possa andare avanti”.

(da agenzie)

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LANZALONE, IL SUPERCONSULENTE M5S: ECCO CHI E’ IL PRESIDENTE ACEA, VICINISSIMO A DI MAIO, ARRESTATO STAMANE

Giugno 13th, 2018 Riccardo Fucile

HA AVUTO UN RUOLO DETERMINANTE NELLA VICENDA STADIO A TOR DI VALLE

L’ultima volta che Luca Lanzalone è stato avvistato alla Camera insieme a Luigi Di Maio, era il 20 marzo.
Pochi giorni dopo, il presidente di Acea si è fermato un’ora a parlare su un divanetto del Transatlantico con Stefano Buffagni, il deputato cui era stato affidato il delicato compito di trovare persone di fiducia per le nomine nelle partecipate di Stato.
Faceva anche questo, l’avvocato genovese, per il Movimento. Scouting nel mondo delle imprese. Curava rapporti e proponeva incontri, forte della fiducia che si era guadagnato prima a Livorno, poi a Roma.
L’arresto ai domiciliari del presidente di Acea Luca Lanzalone scrive un nuovo capitolo sulla figura di questo avvocato di successo, amico dei 5Stelle, che ha esercitato un ruolo determinante come mediatore nella conclusione della vicenda stadio della Roma.
Arrivato nella capitale per sbrogliare gli intrecci intessuti dall’ex braccio destro della sindaca, Raffaele Marra, il 49enne avvocato di Crema con basi a Genova e Miami ha velocemente scalato le gerarchie del Campidoglio a trazione grillina.
Lanzalone si presenta sul palcoscenico romano per la prima volta nell’agosto 2016 quando consegna alla sindaca Virginia Raggi la lista dei candidati indicati da Casaleggio per la poltrona di direttore generale dell’Ama. Da allora il suo ruolo cresce e insieme ad esso l’influenza che esercita nelle stanze del Campidoglio. In più occasioni, di fronte alle critiche delle opposizioni, è stata la stessa sindaca a intervenire per difendere il suo fedelissimo.
Prima mediatore ufficioso e poi ufficiale dell’operazione stadio, ha riaperto il dossier Tor di Valle per conto dei 5S ed è diventato uno dei consiglieri più influenti nel circolo della sindaca. Una posizione che gli è valsa la promozione e la nomina a presidente di Acea e la passeggiata a mo’ di bodyguard con il leader pentastellato, ora vicepremier e ministro dello Sviluppo economico e del Lavoro, Luigi Di Maio davanti agli imprenditori del Forum Ambrosetti di Cernobbio.
L’aderenza ai dogmi del Movimento, però, è stata sempre respinta da Lanzalone: “Grillo? Visto una sola vola a teatro. E Casaleggio non lo conosco. Pensate che adesso, per non creare imbarazzi a nessuno, non dormo più all’hotel Forum (quello di Grillo e dei leader M5S, ndr) ma ho cambiato albergo. Di Maio lo stimo, ma non sono un militante. Sono solo un professionista che ha ricevuto un incarico. Lo stadio? Porto al tavolo le indicazioni della giunta Raggi”.
Nel marzo del 2017, in risposta all’interrogazione della capogruppo Pd Michela Di Biase, la Raggi dichiarò: “L’avvocato Luca Lanzalone il 10 febbraio ha depositato una comunicazione con la quale veniva da me incaricato di seguire alcune vicende in particolare quella della società  Eurnova e quindi dello stadio”, aggiungendo che “presto” avrebbe ottenuto un incarico. Il complesso lavoro di cucitura portato avanti sulla partita stadio gli è valso forse il premio più grande, la nomina al vertice di Acea, la multiutility dell’acqua e dell’energia controllata dal Campidoglio. L’incarico, ottenuto nella primavera del 2017, prevede, peraltro, un emolumento annuale 240mila euro di emolumento annuale.
Prima di approdare a palazzo Senatorio, Lanzalone aveva lavorato con le giunte di Genova e Crema, entrambe a guida Pd, per gestire fusioni e razionalizzazioni delle proprie aziende partecipate. Poi la chiamata da Livorno. Lì, assieme all’attuale assessore al Bilancio del team Raggi, Gianni Lemmetti, si è occupato della municipalizzata dei rifiuti Aamps per conto del primo cittadino grillino Filippo Nogarin proponendo il concordato per salvare l’azienda. Proprio come a Roma, dove ha suggerito la stessa opzione per Atac, la controllata da 1,34 miliardi di euro di debiti. Il legale finito ai domiciliari, dunque, è uno dei più ascoltati in Campidoglio. Lo dimostrano le reazioni a caldo dai piani alti di palazzo Senatorio sull’arresto del numero uno di Acea: “Lanzalone ai domiciliari? Un altro terremoto”.

(da “La Repubblica”)

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