Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
VERSANO OGNI ANNO 8 MILIARDI E NE RICEVONO 3, CON SALDO ATTIVO PER L’INPS DI 5 MILIARDI… QUANDO NON CI SARANNO PIU’ SOLDI, UNA SOLUZIONE C’E’: NON PAGARE LE PENSIONI A CHI HA VOTATO LEGA E M5S
Senza l’apporto degli immigrati il sistema pensioni non regge. Ed il problema, “serissimo”, non si porrà
tra 10 anni ma è immediato.
A lanciare l’allarme il presidente dell’Inps Tito Boeri, dal palco del Festival del Lavoro.
Con il calo dei flussi, ha spiegato Boeri, l’arrivo di migranti “comincia ad essere non più sufficiente” a controbilanciare “il calo degli autoctoni.
Le previsioni ci dicono che nel giro di pochi anni perderemmo città intere e questo è un problema molto serio per il nostro sistema pensionistico.
Anche se gli italiani ricominciano a fare i figli, ci vorranno almeno 20 anni prima che comincino a pagare contributi”. “Il problema è serissimo e immediato. Avere immigrati regolari ci permette di avere flussi contributivi significativi”.
Proprio Boeri nel luglio dello scorso anno citava i dati Inps in base ai quali “gli immigrati regolari versano ogni anno 8 miliardi contributi sociali e ne ricevono 3 in termini di pensioni e altre prestazioni sociali, con un saldo netto di circa 5 miliardi per le casse dell’Inps”.
Mentre da una simulazione dell’istituto di previdenza emergeva che “la chiusura delle frontiere ai cittadini extracomunitari fino al 2040 potrebbe costare alle casse dell’Inps 38 miliardi”.
E pesante, ha affermato Boeri sarebbe anche il peso di quota quota 100′ per andare in pensione. “Avremmo un milione in più di pensionati – ha spiegato – ma meno lavoratori, e questo renderebbe ancora più pesante il fardello che grava su chi oggi lavora. Si tratta di impegni che aumentano di molto la spesa pensionistica”.
(da agenzie)
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
MACRON ESCLUDE CENTRI DI ACCOGLIENZA VOLONTARIA IN FRANCIA, LA SPAGNA SI SFILA, NESSUNA INTESA CON LA MERKEL, ORBAN SE NE FOTTE
“Vi invito ad accettare un fatto nuovo e inaccettabile per molti paesi fino a ieri sera: e cioè che ci fossero riferimenti ad ‘azioni condivise’ anche nel soccorso e nel salvataggio in mare, un principio mai affermato prima. Lo abbiamo affermato nei fatti con Aquarius e Lifeline, adesso è scritto: ‘shared actions and effort'”.
Conferenza stampa di Giuseppe Conte al termine del consiglio europeo. Il premier italiano si sforza di esaltare i risultati ottenuti nel documento conclusivo.
Ma questa è una storia di parole e contraddizioni, visibili sia nel documento stesso che nelle dichiarazioni dei leader a fine vertice.
Solo parole, come spesso succede nei consigli europei, certo. Un po’ poco per un premier che chiedeva “fatti” al suo debutto a Bruxelles.
In conferenza stampa Conte non fa introduzioni, va subito alle domande dei giornalisti: tantissimi, presenti anche russi e britannici.
Anche nel vertice, quando si è fatto valere sottolineando di essere “professore di diritto”. Tutti hanno alzato il sopracciglio. E allora? “Io ho fatto il saldatore”, gli ha risposto il premier svedese Stefan Là¶fven. “E io il pompiere”, ha fatto notare il primo ministro bulgaro Bojko Borisov, uno che nella vita ha fatto pure la guardia del corpo del leader comunista Todor Živkov.
A parte le lezioni di umiltà con cui si è dovuto confrontare, il premier italiano difende assolutamente l’accordo. Per lui non è un problema il fatto che si fondi su “base volontaria”, spiega in conferenza stampa.
Se glielo si chiede risponde: “Non si può imporre a nessuno” di ospitare i nuovi centri chiusi a gestione europea che dovrebbero servire a smistare i migranti tra richiedenti asilo e non aventi diritto da rimpatriare.
“Anche noi abbiamo chiesto che il meccanismo sia volontario: o lei voleva un centro coatto in Italia?”, ci risponde stizzito.
E questa è la prima contraddizione. L’Italia rappresentata dal governo gialloverde chiede solidarietà agli altri paesi europei sui migranti ma non è disposta a dare l’esempio, argomentando di averlo già fatto per anni. Giusto. In effetti anche il documento conclusivo approvato dal Consiglio Ue riconosce gli sforzi fatti finora e afferma, all’articolo 1, che dal 2015 l’Europa ha posto in essere una serie di misure sulle frontiere esterne che hanno portato a “un calo del 95 per cento del numero di attraversamenti illegali verso l’Ue”.
Ma qui siamo al paradosso che il governo Lega-cinquestelle sbandiera una intesa europea ammettendo allo stesso tempo di non farne parte.
Perchè in conferenza stampa Conte sta bene attento a sottolineare che nemmeno l’Italia si è impegnata a ospitare i nuovi ‘centri controllati’.
Lo dice quando gli si fa notare che Emmanuel Macron, pur difendendo l’intesa, ci tiene a dire che la Francia non ospiterà i nuovi centri in quanto non è paese frontaliero come Spagna, Italia, Grecia.
“Macron era stanco”, glissa Conte. E poi aggiunge: “L’articolo 6 parla di centri di accoglienza e si va ad aggiungere alla regolamentazione attuale dei flussi migratori, è un’ulteriore opportunità che viene offerta. E’ un modo un po’ rivoluzionario di gestire, perchè vuol dire che con risorse europee, con personale europeo, si gestiranno questi centri di accoglienza”. Ok. Ma poi dice: “Qualche paese ha dato la disponibilità ma non l’Italia”.
Insomma più che intesa è un auspicio.
“Nessuno è escluso, nemmeno la Francia”, continua il premier. Già , ma a livello operativo, nulla.
Tanto più che Macron, nella sua conferenza stampa finale, insiste a dire che “il concetto di paese di primo arrivo non si può cancellare”. Il tutto a dispetto del fatto che nel documento conclusivo si stabilisce che “è necessario trovare un consenso sul regolamento di Dublino per riformarlo sulla base di equilibrio tra responsabilità e solidarietà “. Tanto necessario quanto rimandato.
Per contro, anche sui movimenti secondari non c’è nulla di perentorio e stringente.
E questo soddisfa molto la delegazione italiana. “Merkel aveva bisogno di risposte subito, le abbiamo rimandate”, ci dicono, soddisfatte, fonti di governo.
Da parte sua, Conte spiega: “L’ho detto anche a Merkel: non ho accettato di discuterne se non avessimo prima risolto i movimenti primari e così è stato. Se domani ci chiedono di riprenderceli, la risposta è no: non ho sottoscritto un accordo specifico con Merkel su questo, non abbiamo deliberato alcunchè, abbiamo deliberato conclusioni su cui andremo a lavorare…”.
Il fatto di non aver dato una risposta alla Cancelliera – sotto pressione in patria proprio sui movimenti secondari dei migranti dentro l’Ue – è un po’ l’ammissione che da questo vertice l’Italia ricava solo una lista di promesse.
Se ci fossero stati fatti, si sarebbe trovato anche l’accordo sui movimenti secondari: Conte non avrebbe potuto sfuggire.
E invece è tutto rinviato ad un lavoro di ordine “operazionale”, dicono dalla delegazione italiana, che inizia solo ora.
E Merkel, che domani farà il punto a Berlino con il ministro che la sta sfidando, l’ultra-conservatore Horst Seehofer, rilancia: la Germania continuerà a prendere rifugiati sbarcati in Italia “come ha fatto in passato” solo se ci sarà un accordo con Roma sui movimenti secondari.
Contraddizioni. Anche sui fondi per il Trust fund per l’Africa.
“C’erano 500milioni, somme già preventivate – ammette Conte – le abbiamo sbloccate”. Ora sta ai contributi degli Stati membri, come per l’accordo con la Turchia, voluto due anni fa dalla Cancelliera: 6 miliardi di euro in due tranche, tra fondi comunitari e contributi dei paesi Ue.
Ma se prima del Consiglio Europeo l’accordo con la Turchia veniva messo sullo stesso piano di quello per l’Africa – Matteo Salvini, principale azionista del governo giallo-verde, insiste molto su questo – ora, alla luce di come è andata all’Europa building, non è più così. “Non possiamo comparare situazioni diverse come la Turchia con la finestra sul nord Africa: sono contesti diversi”, dice Conte.
Ma il premier si dice soddisfatto. Più di Salvini: “Lui parla del 70 per cento, io direi l’80 per cento. Se l’avessi scritto io il documento, avrei scritto qualche cosa in più”. Anche i suoi colleghi europei si dicono soddisfatti.
Merkel si spinge a dire che può esserlo pure Seehofer. C’è da dire che a Bruxelles la Cancelliera è riuscita a ottenere un accordo con la Spagna e la Grecia, secondo cui Berlino si impegna ad accogliere i rifugiati in arrivo da questi due paesi, mentre Atene e Madrid si impegnano a riprendersi quelli respinti dalla Germania, se registrati in territorio spagnolo o greco.
E’ qualcosa di operativo, cui però l’Italia non partecipa: bloccata dalla propaganda pentaleghista che non contempla di accettare i respingimenti ma nemmeno i nuovi campi controllati in patria.
Macron canta vittoria perchè l’Ue “non ha ceduto alla fascinazione del peggio”. E per lui il peggio sono i populisti, la “lebbra”, ha detto qualche giorno fa.
Il bello è che anche i populisti sono contenti. Non solo Salvini, ma persino il premier ungherese Viktor Orban canta vittoria su Facebook: “Siamo soddisfatti, perchè i quattro di Visegrad hanno raccolto una grande vittoria. La minaccia che incombeva su di noi era che avrebbero cominciato i reinsediamenti all’interno degli Stati europei dai campi che avevano intenzione di realizzare. Siamo riusciti a difenderci da questa proposta e a far approvare invece la nostra, che stabilisce chiaramente che nessuno può essere spostato in un Paese senza il consenso di quest’ultimo. L’Ungheria non diventerà un Paese di immigrazione. L’Ungheria resterà ungherese. Questo è il risultato della battaglia di stanotte”.
E’ la magia delle parole. In casi come questo, hanno la potenza di rendere tutti felici. Perchè l’intesa su base volontaria permette a ognuno di fare come gli pare. Tranne che su una cosa: le ong.
Come ammette orgoglioso lo stesso presidente del Consiglio europeo Donald Tusk, dalle conclusioni del vertice arriva “un messaggio chiaro a tutte le imbarcazioni che operano nel Mediterraneo, anche alle Ong: tutti devono rispettare la legge e non ostacolare il lavoro della guardia costiere libica” (sotto inchiesta Onu perchè organismo criminale)
Se c’è qualcosa di perentorio è la ‘guerra’ alle organizzazioni non governative che soccorrono migranti in mare. Dall’Italia Salvini infatti conferma la chiusura dei porti alle loro imbarcazioni per tutta l’estate (e finira’ davanti alla Corte di Giustizia europea)
Al largo della Libia naufraga un gommone carico di migranti: ci sono 100 dispersi, tre bambini morti.
Non frega nulla a nessuno .
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
NON ESISTONO “MOTIVI DI ORDINE PUBBLICO” E NEANCHE IL “FAVOREGGIAMENTO DELL’IMMIGRAZIONE”… SAREBBE UNA VIOLAZIONE DELLA CONVENZIONE SUI DIRITTI DELL’UOMO (E L’ITALIA HA GIA’ SUBITO ALTRE CONDANNE)
Diversi esponenti istituzionali e politici italiani, negli ultimi giorni, hanno parlato della possibilità di
una chiusura dei porti italiani alle navi straniere.
È possibile e realizzabile una misura di questo tipo?
Per prima cosa, bisogna chiarire di che cosa stiamo parlando.
Non stiamo parlando di un “blocco navale”, anche se l’espressione è stata usata spesso in questi giorni.
Il blocco navale è, secondo il Glossario di diritto del mare, «una classica misura di guerra volta a impedire l’entrata o l’uscita di qualsiasi nave dai porti di un belligerante». Si tratta insomma non di bloccare gli arrivi, ma di impedire — anche con la forza, se necessario — le partenze.
Il blocco navale viene invocato da anni da alcune forze politiche, come Fratelli d’Italia e Lega Nord, ma richiedere di dichiarare formalmente questa misura ostile al Paese interessato — in questo caso, la Libia — è un atto di guerra.
La proposta italiana è invece una forma di limitazione degli arrivi. Vediamo come stanno le cose dal punto di vista giuridico.
Il trattato internazionale che stabilisce le regole generali per questo caso è la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare del 1982, ratificata dall’Italia nel 1994. All’articolo 19, stabilisce che il passaggio di una nave, qualunque sia la bandiera che batte, nelle acque territoriali di uno Stato è inoffensivo, e dunque permesso, «fintanto che non arreca pregiudizio alla pace, al buon ordine e alla sicurezza dello Stato costiero».
Nel comma 2 si precisano le attività che potrebbero portare a considerare il passaggio non inoffensivo: una di queste (punto g) è «il carico o lo scarico di materiali, valuta o persone in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero».
Insomma, se si sospetta che la nave stia violando le leggi sull’immigrazione italiane, il diritto internazionale permette alle autorità italiane di impedire l’accesso della nave nelle acque territoriali.
Ma dato che nessuno nave Ong introduce di nascosto “immigrati clandestini” in Italia, ma fa salvataggi coordinati dalla nostra Guardia costiera alla luce del sole e nel rispetto delle convenzioni internazionali, è evidente che non ci si può appellare a questo articolo.
Per quanto riguarda la legislazione italiana, il Codice della navigazione stabilisce (all’art. 83) che il Ministero dei Trasporti possa vietare, «per motivi di ordine pubblico, il transito e la sosta di navi mercantili nel mare territoriale».
Sul fatto che la misura sia teoricamente possibile concorda l’ammiraglio Fabio Caffio, esperto di diritto internazionale marittimo: ma è anche una misura difficile da mettere in pratica.
«Sulla reale applicabilità — ha dichiarato in un’intervista con Il Mattino — esprimo sinceramente dubbi, potendosi ipotizzare sia situazioni di estrema necessità che, per il bene delle persone trasportate, impongano di sbarcarle».
Diversi trattati internazionali garantiscono infatti che la sicurezza e il rispetto dei diritti umani delle persone siano in ogni caso assicurati.
Addurre motivi di ordine pubblico può aver senso per vietare una manifestazione o un corteo quando si hanno documentate prove che possa sfociare in atti violenti, ma che problemi di ordine pubblico può dare l’attracco di una nave?
Se poi non trasporta neanche richiedenti asilo, ma chiede solo di approvigionarsi di gasolio e cibo, sarebbe ancora più grave negare l’attracco.
I precedenti dove l’Italia è stata condannata
Ci sono alcuni precedenti interessanti. Per quanto riguarda i respingimenti in mare, l’Italia li ha messi in pratica nel 2009, dopo l’accordo tra Berlusconi e Gheddafi. All’epoca, le navi intercettate in arrivo dalla Libia venivano riaccompagnate indietro senza procedere a nessuna valutazione delle situazioni bisognose di assistenza.
Per questa pratica, l’Italia è stata condannata nel 2012 dalla Corte europea per i diritti umani, perchè si era in presenza di una «grave violazione» del principio di non respingimento e del divieto delle espulsioni di massa degli stranieri.
C’è stato poi la complessa vicenda della Cap Anamur.
Il 20 giugno del 2004 venne negato a una nave battente bandiera tedesca di entrare nelle acque territoriali italiane. L’equipaggio della nave dichiarava di avere salvato da morte certa 37 migranti nel Canale di Sicilia, ma le autorità italiane non credettero alla natura umanitaria del salvataggio e rifiutarono i permessi.
Dopo molti giorni, il 12 luglio fu concesso lo sbarco a Porto Empedocle, a cui seguirono il sequestro del mezzo e l’arresto di tre membri dell’equipaggio per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
I tre sono stati poi assolti in primo grado nel 2009, in una vicenda che ha visto critiche alle autorità italiane(per non aver accolto subito la richiesta di sbarco e per avere successivamente espulso quasi tutti gli sbarcati.
Da un’altra prospettiva la chiusura dei porti a navi umanitarie è in contrasto con alcune norme del diritto internazionale secondo cui le persone soccorse in mare devono essere trasportate nel porto sicuro più vicino alla zona del salvataggio.
“La chiusura dei porti italiani implicherebbe necessariamente una serie di conseguenze sul piano del rispetto di norme internazionali sui diritti umani e sulla protezione dei rifugiati”, scrivono Francesca De Vittor e Pasquale De Sena dell’università Cattolica di Milano
I respingimenti di richiedenti asilo sono anche esplicitamente vietati dall’articolo 33 della convenzione sullo status dei rifugiati firmata a Ginevra nel 1951, e dal protocollo 4 che integra la Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo, entrato in vigore nel 1968.
L’Italia in passato è stata condannata più volte dalla Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo per avere compiuto respingimenti illegali di massa sui passeggeri di alcuni barconi di migranti, all’epoca dei governi Berlusconi.
Una nuova decisione in questo senso — che dovrebbe essere presa sia da Salvini sia dal ministro dei Trasporti Danilo Toninelli — significherebbe l’apertura di nuovi procedimenti da parte della Corte
(da agenzie)
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
GOVERNI COLLUSI CON I CRIMINALI: FINANZIANO I DELINQUENTI E DIFFAMANO I SOCCORRITORI
“Ogni morte in mare causata da queste misure è nelle mani dell’Europa. Ci bloccano e ci impediscono di svolgere il lavoro che i governi dell’Ue non riescono a fare, mentre disumanizzano le persone in stato di bisogno. I governi europei devono ritrovare il buon senso e mettere fine alle politiche che costringono le persone a rimanere intrappolate in Libia o a morire in mare”.
All’indomani del Consiglio europeo e richiamando il numero altissimo (almeno 220) di persone morte annegate durante le traversate solo la scorsa settimana, Medici senza frontiere rivolge un appello all’Europa
Msf fotografa così la situazione attuale dei soccorsi nel Mediterraneo. “I governi europei hanno bloccato le operazioni di ricerca e soccorso in mare delle Ong, consegnando la responsabilità dei soccorsi alla guardia costiera libica. I governi europei stanno finanziando, formando ed equipaggiando la guardia costiera libica per intercettare barche alla deriva e rispedire le persone a bordo in Libia dove vengono detenute in condizioni disumane. Circa 2.000 persone sono state rispedite in Libia durante lo scorso fine settimana. All’arrivo sono stati condotti in centri di detenzione arbitraria senza alcun processo legale”.
Centri in cui, ricorda Karline Kleijer, responsabile emergenze di Msf, l’organizzazione ha avuto modo di entrare riscontrando le drammatiche condizioni in cui le persone sono detenute.
“Gli stati membri dell’Ue stanno abdicando alla loro responsabilità di salvare vite e deliberatamente stanno condannando le persone a essere intrappolate in Libia o a morire in mare. Lo fanno essendo pienamente consapevoli delle violenze e degli abusi estremi che migranti e rifugiati soffrono in Libia”.
Nel corso dell’ultimo mese, Msf è stata in grado di accedere a quattro centri di detenzione e ha condotto oltre 3.000 visite mediche. Le èquipe mediche hanno riscontrato che i principali problemi di salute sono legati alle cattive condizioni di vita, incluso il sovraffollamento e la mancanza di acqua o servizi igienici sufficienti.
Msf, che ha un team a bordo della nave Aquarius di Sos Mediterranèe, annuncia che nonostante tutto la missione di soccorso nel Mediterraneo continuerà . La Aquarius è arrivata nel porto di Marsiglia dove è stata costretta ad andare per fare rifornimento e cambio di equipaggio vista la decisione del governo di Malta di inibire l’accesso alle sue acque territoriali e ai porti alle navi delle Ong anche senza migranti a bordo.
(da agenzie)
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
SE FOSSIMO IN UNA EUROPA NORMALE STASERA MOLTI MINISTRI EUROPEI SAREBBERO STATI ARRESTATI PER STRAGE … QUEI PICCOLI CORPI MARCHIERANNO A VITA LA VILTA’ DELLA POLITICA
Sono drammatici i racconti che arrivano dalla Libia, un naufragio davanti alle coste di Tripoli. Tra i
dispersi vi sono almeno due neonati e tre bambini di età sotto i 12 anni, mentre avevano “meno di un anno” i tre bambini annegati e i cui corpi sono stati recuperati dalla Guardia costiera libica. Venivano dall’Egitto e dal Marocco.
A dare il quadro del dramma un sopravvissuto yemenita. L’uomo ha riferito che sulla barca c’erano “almeno 20 donne e 10 bambini” “fra 120 e 125 migranti di differenti nazionalità arabe (Yemen, Egitto, Sudan, Marocco) e africane (Ghana, Nigeria, Zambia).
Solo 16 i sopravvissuti, tutti di “nazionalità africane”. I migranti erano “troppi” per la possibilità dell’imbarcazione che era piccola e vetusta e “sono scivolati all’indietro quando si sono aperte crepe nella parte anteriore dello scafo” e “il motore è andato a fuoco”.
Il naufragio è avvenuto alle “4 del mattino”. Il salvataggio, compiuto da un “gommone” della Guardia costiera del “settore di Tripoli, regione Al Hamidya”, è avvenuto “a 6-7 miglia a nord-est di Gasr Garabulli” su segnalazione di pescatori e i sopravvissuti sono stati condotti alla base di Hamidya-
I soccorsi sono arrivati in ritardo, i profughi sono rimasti per oltre un’ora aggrappati alle taniche di carburante e molti non ce l’hanno fatta.
A dimostrazione che senza le Ong i libici non intervengono tempestivamente.
Da Ginevra l’Oim, l’Agenzia delle Nazioni Unite per la migrazione, ricorda la triste contabilità : dall’inizio dell’anno al 27 giugno scorso, 972 uomini, donne e bambini hanno perso la vita mentre tentavano di raggiungere l’Europa via mare.
Di questi 653 sono deceduti sulla rotta del Mediterraneo centrale tra l’Africa del nord e l’Italia.
Tutto nel giorno in cui il ministro dell’Interno Salvini annuncia la chiusura dei porti italiani alla Ong e il ministro dei Trasporti Toninelli ‘scappa’ davanti alle 24mila firme raccolte per chiedere invece di non ostacolare il lavoro dei soccorritori.
(da agenzie)
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
LA DENUNCIA DEL FONDATORE DI “PROACTIVA OPEN ARMS”: “DIECI ANNEGATI E 120 DISPERSI NELL’OPERAZIONE DELLA GUARDIA COSTIERA LIBICA PER DIMOSTRARE LE SUE CAPACITA’ DI SOCCORSO”…CHI HA DATO L’ORDINE A LAMPEDUSA DI NEGARE IL CARBURANTE A UN AEREO DI SALVATAGGIO?
Pubblichiamo la denuncia del fondatore e direttore dell’Ong di Barcellona “Proactiva Open Arms”.
Se analizziamo attentamente ciò che è accaduto in alto mare domenica 24 giugno 2018, ci accorgiamo di una serie di “circostanze fortuite” che non si erano mai registrate in due anni di operazioni di salvataggio nel Mediterraneo.
Durante quella stessa mattinata la Guardia costiera italiana lancia tramite Inmarsat sette avvisi per imbarcazioni in pericolo: il caso 484 alle ore 8:16 e i casi 485, 486, 487, 488, 489 e 490 nei seguenti 68 minuti. Non è consuetudine ricevere tanti avvisi ravvicinati di target, tutti posizionati in acque internazionali in un arco di 5,7 miglia. Una distanza davvero minima dopo aver navigato circa sei-sette ore e aver percorso ventinove miglia senza apparati satellitari e in mani inesperte.
Il fatto che tante imbarcazioni siano così vicine alla stessa ora può significare soltanto che sono partite praticamente dallo stesso luogo e a distanza di poco tempo una dall’altra.
Non devono essere passate inosservate, a chi è stato incaricato di fermare il traffico di esseri umani e per questo è stato addestrato, armato e finanziato dall’Unione Europea, le operazioni di trasporto fino alla costa di più di mille persone e di sette imbarcazioni, che devono essere state riempite e fatte partire in mare con più di mille litri di carburante, con la difficoltà oggettiva di imbarcare al mattino presto uomini, donne e bambini spaventati.
Ciò non può essere accaduto senza la connivenza di diversi attori, primi fra tutti la Guardia costiera libica con base a Al-Khums, da dove si suppone siano partite le barche e dove hanno ormeggio le varie motovedette donate ai libici dall’Italia.
A queste circostanze fortuite, si somma il fatto che l’imbarcazione della Ong “SosMediterranèe” si trova curiosamente molto più a Ovest, a più di cento miglia nautiche, e che all’imbarcazione Open Arms, un’ora prima di entrare in porto, viene negata l’autorizzazione all’attracco a La Valletta per effettuare il cambio di equipaggio, l’approvvigionamento e il rifornimento di carburante.
L’imbarcazione Open Arms è dunque costretta a rimanere in acque internazionali nelle 12 ore precedenti fino a che non decide di noleggiare un’altra barca a Malta per trasportare a bordo l’equipaggio e il materiale necessario, ritardando così di 10 ore il suo arrivo in zona Sar (l’area di ricerca e soccorso, ndr).
Una volta in zona Sar il capitano della Open Arms sollecita il pilota dell’aereo Colibrì, di proprietà dell’organizzazione “Piloter Volontaires” e che collabora alle operazioni di ricerca e soccorso delle imbarcazioni alla deriva, perchè confermi la posizione dei casi in questione. Ma la risposta è che l’aereo non può partire perchè le autorità di Lampedusa “casualmente” gli negano la possibilità di rifornirsi di carburante.
Senza testimoni nè in mare nè in cielo, la messa in scena preparata per “mettere in mostra” il progetto italiano di una Guardia costiera libica è pronta, “casualmente” proprio alla vigilia della visita a Tripoli del controverso ministro dell’Interno Matteo Salvini, il più grande sostenitore della necessità di finanziare questi gruppi armati.
La Guardia costiera italiana informa la Open Arms, l’unica imbarcazione registrata ufficialmente come imbarcazione di salvataggio e dotata di equipe medica, che nel frattempo si sta recando a soccorrere l’ultima imbarcazione, che “la sua presenza non è necessaria”.
In condizioni normali, avvistare le imbarcazioni e completare le operazioni di soccorso di mille persone in casi differenti richiede circa 10-12 ore, ma incredibilmente le motovedette libiche, senza imbarcazioni ausiliarie, senza giubbotti salvagente nè personale qualificato, riesce a farlo in meno di cinque.
La rappresentazione teatrale costa la vita ad almeno dieci persone e una delle imbarcazioni con centoventi persone a bordo risulta apparentemente dispersa.
Dico “apparentemente” perchè nè la Guardia costiera italiana che ha lanciato la chiamata di emergenza nè i cosiddetti guardacoste libici che avrebbero dovuto coordinare le operazioni di salvataggio, hanno chiuso formalmente e ufficialmente i sette casi in questione.
à’scar Camps
fondatore e direttore della Ong “Proactiva Open Arms”
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
CON HOTSPOT A RISCHIO I DIRITTI UMANI, IN LIBIA E’ UN INFERNO
ActionAid lancia un vero e proprio allarme dopo il vertice europeo sull’immigrazione. L’organizzazione
internazionale indipendente, impegnata nella lotta alle cause della povertà , definisce l’accordo raggiunto debole e bolla la decisione dell’Ue di destinare nuove risorse alla Guardia costiera della Libia tra le più rischiose possibili.
Bocciata anche l’idea di creare degli hotspot nei paesi africani visti i trattamenti disumani e degradanti e i gravi abusi sui migranti denunciati in molti di questi centri.
“L’inferno esiste ed è in Libia. Lì ed altrove – afferma ActionAid – ogni giorno uomini, donne e bambini vengono torturati fisicamente, vittime di prigionia e di sfruttamento sessuale. La decisione pertanto del Consiglio Europeo di finanziare con risorse addizionali la Guardia costiera libica è tra le più rischiose possibili perchè i fondi stanziati con l’obiettivo principale del controllo dei flussi migratori mettono a rischio i diritti delle persone, che dovrebbero essere la preoccupazione principale di un’Europa solidale”.
Al contrario, secondo l’organizzazione internazionale, mentre “il Presidente del consiglio Giuseppe Conte parla di solidarietà tra Paesi, al Consiglio Europeo sembra prevalere ancora una volta una strategia che punta alla piena esternalizzazione delle frontiere, piuttosto che alla protezione delle persone che è dovere di ogni Stato e tratto auspicabilmente distintivo di una Europa davvero solidale”.
In particolare viene criticata la creazione di “piattaforme di sbarco regionali”.
“La creazione di questi centri – ha sottolineato ActioAid – non potrà prescindere dal consenso dei paesi africani coinvolti, che hanno in più occasioni espresso le loro perplessità . Esistono inoltre prove concrete che questi centri sono teatro di gravi abusi e che al loro interno i migranti sono sempre più esposti a trattamenti disumani e degradanti”
Debole l’accordo raggiunto nel vertice europeo. “ActionAid esprime un apprezzamento rispetto al fatto che i leader europei riaffermino l’intenzione di superare gli Accordi di Dublino. L’accordo è tuttavia un accordo debole, privo di impegni vincolanti e in cui le iniziative preconizzate su base volontaria andranno verificate alla prova dei fatti. Purtroppo l’Europa è ferma da anni a una trattazione del fenomeno migratorio inteso come ‘emergenza’: fino a che non sarà chiaro che il fenomeno va regolato per essere assecondato, non bloccato, ci troveremo sempre di fronte a risposte poco convincenti”.
(da “Globalist”)
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
E ALLA FINE IL SONDAGGIO VIENE FATTO SPARIRE DAL BLOG DELLE STELLE
Inedito infortunio social per il MoVimento 5 Stelle, di solito il partito più scaltro nell’uso di Facebook.
Questa mattina la pagina ufficiale M5s ha lanciato un sondaggio dal risultato in apparenza più che scontato: “Noi pensiamo che i vitalizi siano un privilegio indecente e Roberto Fico si sta impegnando per eliminarli.
La casta non è d’accordo e addirittura vorrebbe denunciarlo per questo.
VOI DA CHE PARTE STATE?”. E qui arriva la sorpresa: alle 16,30 del 29 giugno, il sondaggio ha raccolto al bellezza di 18.495 con un esito sorprendente: “La Casta” (rappresentata in effige da Fausto Bertinotti, Massimo D’Alema, Paolo Cirino Pomicino e Ciriaco De Mita) batte Fico 55% a 45%.
Ovviamente la domanda è furba e strumentale visto che sulla questione il punto è che ci sono perplessità giuridiche intorno alla correttezza delle decisioni (tanto che c’è chi ha chiesto un parere all’ufficio legale della Camera prima del voto) e gli ex parlamentari hanno annunciato ricorsi.
Il problema è che mentre fino a qualche tempo fa vinceva tranquillamente Roberto Fico, nelle ultime ore è in poderosa rimonta la casta. Con uno scatto imperioso circa un’ora fa la Casta ha sorpassato il povero Roberto Fico e ha assunto il comando del sondaggio.
Il tutto, dicono i maligni, è dovuto all’attivismo di molti troll che stanno facendo girare il link e invitando a votare per la casta al puro e precipuo scopo di diffondere il caos, come insegnava il Maestro dei Maestri il quale probabilmente si starà facendo un sacco di risate nel Paradiso dell’Internet. O tempora! O mores!
Il sondaggio alla fine è stato tolto.
L’ultimo risultato prima della cancellazione dava la casta in grande vantaggio al 65%.
(da agenzie)
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Giugno 29th, 2018 Riccardo Fucile
ACCUSATO FALSAMENTE DI ESSERE UN TERRORISTA ISLAMICO, GLI AVEVANO MESSO IN CASA UNA PISTOLA DURANTE LA PERQUISIZIONE PER INCASTRARLO… STRANO CHE SALVINI NON ABBIA DEDICATO UN POST ALLA VICENDA
“È finita, è finita, è finita! Devi morire in galera. Tu sei musulmano. Ora Renzi non ci sta più. È arrivato
Salvini, ti devo fare un c… così”.
Osman, il ragazzo ghanese che lunedì è stato arrestato dai carabinieri di Giugliano che lo hanno accusato falsamente di essere un terrorista islamico, ripercorre di nuovo il suo incubo nello studio del suo avvocato Luciano Santoianni.
Con lui ci sono tre suoi amici, David, Said e Zacaria. Stanno preparando la denuncia che presenteranno presto alla procura di Napoli Nord contro i tre carabinieri, due sottufficiali e un appuntato, che sono stati arrestati, portati nel carcere di Santa Maria Capua Vetere e sospesi dall’Arma.
“Hanno scassato tutta la casa con una mazza — dice Osman — me li sono visti addosso all’improvviso e mi hanno portato dietro l’abitazione dove hanno fatto finta di ritrovare una pistola. Hanno cominciato a inveire contro di me. “Ma quella pistola non è mia l’avete messa voi”, gli ho detto. Ho cercato di urlare. Di fronte a noi abita un maresciallo e così ho cominciato a chiamarlo ad alta voce. Ma loro mi hanno bloccato”.
L’inchiesta è nata da una segnalazione della Finanza ai carabinieri.
Nonostante l’amarezza e lo sconcerto per una vicenda che lancia una ingiusta ombra sull’Arma, impegnata in un enorme lavoro per la sicurezza in territori difficili, i carabinieri del nucleo investigativo del comando provinciale hanno immediatamente arrestato i loro ex colleghi.
I quali hanno chiesto scusa all’Arma e agli immigrati ingiustamente accusati.
Come sempre si pentono solo dopo l’arresto.
(da agenzie)
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