Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
ATTUAGUILE E’ INDAGATO DAL 2017 ED E’ STATO MEMBRO DELLA COMMISSIONE ANTIMAFIA … COMMISSARIATO SOLO POCHI MESI FA DA SALVINI
Angelo Attaguile è un ex deputato della Lega ed ex leader in Sicilia di ‘Noi con Salvini’.
Ora la procura di Catania hs chiesto un decreto penale di condanna per simulazione di reato nei suoi confronti, su richiesta del sostituto procuratore Andrea Ursino, e che prevede una multa di 22.500 euro.
L’accusa riguarda una serie di denunce fatte da Attaguile con cui, come hanno detto i pm, “affermava falsamente di aver ricevuto minacce ed intimidazioni, in modo che si potesse iniziare un procedimento penale a carico di ignoti”.
Attaguile, che è stato membro in Antimafia nella passata legislatura, è indagato dal 2017. Gli episodi contestati come false denunce, raccolti in una informativa della Digos etnea, partono dal dicembre del 2016.
(da agenzie)
argomento: Giustizia | Commenta »
Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
LEI PROVA A DISSOCIARSI: “E’ INTESTATO A MIO NONNO”
Sono destinati ad aumentare nei prossimi giorni i profughi nella frazione Corvione di Gambara, nel Bresciano, dove oggi gli stranieri sono una novantina contro i 110 residenti nella zona.
La struttura che ospita i richiedenti asilo, un vecchio ristorante trasformato in ostello, è di proprietà della famiglia di Eva Lorenzoni, bresciana dal 4 marzo scorso deputata della Lega.
L’immobile è intestato al nonno della parlamentare del Carroccio. Lo riferisce il Giornale di Brescia.
“Non condivido in alcun modo le scelte fatte da un componente della mia famiglia d’origine” ha commentato Lorenzoni che cerca di uscire dalle polemiche prendendo le distanze da una iniziativa peraltro perfettamente legittima ma politicamente per lei imbarazzante.
Prendiamo atto che lei si dissocia (ma la famiglia incassa) e che almeno uno in famiglia, il nonno, si salva.
(da agenzie)
argomento: Costume | Commenta »
Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
IL SENATORE DEL M5S: “L’ITALIA NON PUO’ SEQUESTRARE LA NAVE”
Gregorio De Falco, senatore del MoVimento 5 Stelle ed indiscusso esperto della tematica, rilascia oggi un’intervista al Fatto Quotidiano nella quale spiega che l’Italia non può sequestrare una nave in acque maltesi.
Il riferimento è a Lifeline e alla polemica con Malta che hanno fatto scoppiare ieri i ministri Toninelli e Salvini:
Capitano, nessun dubbio?
Certamente no. Tanto più se la nave attraccherà in un porto di Malta, in quel caso la giurisdizione sarebbe maltese. Altro è se si trovasse in acque internazionali, la ong sarebbe soggetta all’inchiesta di bandiera di ogni nave da guerra.
Cioè?
Una nave da guerra riceve il saluto dalla mercantile che mostra la propria bandiera. Se ci sono fondati motivi per ritenere che non sia genuino il collegamento fra nave e bandiera esposta, la nave da guerra può avviare una inchiesta. Stessa cosa se l’incontro avvenisse in acque internazionali ma in zona sottoposta all’autorità maltese per il soccorso e ricerche.
Nulla a che vedere con il diritto a sequestrare la ong come afferma Salvini?
Il fermo o il dirottamento della nave in un porto possono essere misure strumentali per approfondire l’indagine. Da quanto mi risulta il numero Imo e l’Mmsi della Lifeline, quello che ogni nave possiede, riporta ai registri olandesi.
Gli olandesi smentiscono…
Può trattarsi di un errore, o che questa tipo di imbarcazione non sia da iscriversi nei registri, per dimensioni o destinazione d’uso. Da quello che mi risulta non si tratta di una nave “pirata”ma di una nave che batte bandiera olandese noleggiata da una Ong.
(da agenzie)
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
L’INVITO DI “RIVOLGERSI ALLA GUARDIA COSTIERA LIBICA PER I SOCCORSI” E’ IPOCRITA: NON ESISTE NE’ UN CENTRO MRCC LIBICO DA CHIAMARE, NE’ UNA ZONA SAR LIBICA AVENDO TRIPOLI RINUNCIATO… QUINDI SONO ACQUE INTERNAZIONALI… SE POI IL COMANDO DELLA GUARDIA COSTIERA ITALIANA VUOLE FINIRE IN GALERA INSIEME TONINELLI BASTA CHE LO DICA
La Guardia Costiera italiana ieri, nelle stesse ore in cui Unhcr e Iom rilanciavano l’allarme per l’abnorme numero di naufragi e morti in mare negli ultimi giorni, ha fatto partire un avviso ai comandanti delle imbarcazioni che incrociano in zona Sar libica: “Da questo momento, ai sensi della convenzione Solas (Safety of life at sea) i comandanti di nave che si trovano in mare nella zona antistante la Libia, dovranno rivolgersi al Centro di Tripoli e alla Guardia costiera libica per richiedere soccorso”. La convenzione a cui fa riferimento la nota è quella per la salvaguardia della vita umana firmata nel lontano 1914 da 162 Paesi dopo il disastro del Titanic “a salvaguardia della vita umana in mare”.
SAR, perchè rivolgersi a Tripoli è impossibile
A parlare per prima del messaggio della Guardia Costiera italiana è stata oggi Repubblica in un articolo a firma di Alessandra Ziniti e va segnalato che, così com’è, l’annuncio presenta molti profili di dubbio.
La Libia infatti ha rinunciato ad avere una SAR nel dicembre scorso dopo che a luglio aveva mandato all’International Maretime Organisation (Imo), l’organizzazione legata ad una convenzione Onu che promuove tecniche e principi di navigazione a livello internazionale, una notifica con cui comunicava l’estensione della sua Sar.
Come si evince da questo documento che prende in esame la situazione dei soccorsi in mare nel Mediterraneo Centrale nel caso di stati che non hanno dichiarato la propria area SAR (come appunto la Libia) i poteri di coordinamento delle operazioni di salvataggio in mare (ovvero quelli svolti dagli MRCC) sono limitati alle acque costiere e a quelle immediatamente adiacenti.
Nei casi di soccorso in acque internazionali invece le navi che sono in transito possono invocare il principio della libertà dell’alto mare (UNCLOS,Articoli 58(1), 87(1)(a) e90) che stabilisce la libertà di navigazione.
La guardia costiera libica non ha quindi alcun potere di dare istruzioni o coordinare i soccorsi nè può impedire alle imbarcazioni di iniziare operazioni di soccorso.
Ad oggi gli interventi della guardia costiera libica sono stati infatti coordinati dall’IRMCC della Guardia Costiera italiana (che opera alle dipendenze del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti).
Come abbiamo spiegato qui un evento SAR deve obbligatoriamente concludersi in un porto designato sul territorio dello Stato che sta coordinando i soccorsi. Per la Libia ci sarebbe un ulteriore problema visto che è indubitabile che i porti libici non corrispondono alla definizione di place of safety.
Come è possibile verificare sul sito Sarcontacts non esistono nemmeno i contatti per chiamare la SAR libica mentre ci sono quelli per contattare la SAR italiana.
Questo perchè non esiste una MRCC libica; ed essendo le SAR unilateralmente dichiarate, dovrebbero essere i libici ad annunciarla e non l’Italia.
Per istituire un’area SAR servono particolari infrastrutture di sorveglianza e di comunicazione che la Libia oggi non ha (l’Italia e l’UE stanno finanziandone la costruzione). I libici prevedono di dichiarare la propria area SAR nel 2020.
(da “NextQuotidiano”)
argomento: denuncia | Commenta »
Giugno 23rd, 2018 Riccardo Fucile
“MANCANO MEDICINE E COPERTE”
La nave Lifeline, dell’omonima Ong tedesca, con a bordo 224 migranti recuperati da un gommone a nord della Libia, si trova ancora in acque internazionali a sud di Malta, che le ha negato lo sbarco, e ha bisogno di rifornirsi di alcuni generi di prima necessità .
Lo riferisce la stessa Ong su twitter. “Mv_Lifeline si trova con più di 200 persone a sud di Malta in acque internazionali. Poichè alcune scorte sono finite, oggi dobbiamo fare rifornimento alla nave. Abbiamo bisogno di medicine, coperte, ecc.”, si legge nel tweet.
Il tutto accade mentre il ridicolo ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli accusa Malta di disumanità perchè La Valletta non vuole accogliere la nave con i naufraghi a bordo, esattamente come non vuole l’Italia.
Lifeline non è per nulla “fuorilegge”: l’organizzazione ha mostrato, su Twitter i documenti che provano che l’imbarcazione e’ effettivamente registrata in Olanda, con data 19 settembre 2017 e con validità fino al 2019.
(da agenzie)
argomento: criminalità | Commenta »
Giugno 22nd, 2018 Riccardo Fucile
TI DO’ UN REDDITO E IN CAMBIO DAI AL TUO SINDACO 8 ORE LAVORATIVE ALLA SETTIMANA GRATUITE DI PUBBLICA UTILITA’: ALLA FINE LA PROPOSTA SI E’ RIDOTTA A SCOPIAZZARE UNA PRASSI DI VENT’ANNI FA
Un’intera campagna elettorale giocata sul reddito di cittadinanza, per poi scoprire che si tratta nè più nè meno dei vecchi lavori socialmente utili. Chapeau.
Oggi il ministro Di Maio ha tirato fuori il coniglio dal cilindro. E al congresso Uil ha annunciato urbi e orbi il decreto Dignità : “Obiettivo del reddito di cittadinanza non è dare soldi a qualcuno per starsene sul divano ma è dire con franchezza: hai perso il lavoro – il tuo settore è finito o si è trasformato – ora ti è richiesto un percorso per riqualificarti e essere reinserito in nuovi settori. Ma mentre ti formi e lo Stato investe su di te, ti do un reddito e in cambio dai al tuo sindaco ogni settimana 8 ore lavorative gratuite di pubblica utilità “.
E i tempi? “Sicuramente nel 2018”. E mentre Di Maio lo dice, il ministro dell’Economia Tria dal Lussemburgo replica: “Non si è mai entrati in questo dettaglio non mi è stata mai espresso questa idea da parte del ministro Di Maio quindi non posso esprimermi nè a favore nè contro”.
Tria ha aggiunto che “per il 2018 i giochi sono quasi fatti, dobbiamo concentrarci su quegli interventi di riforme strutturali che non hanno costi, ma che sono importantissimi, come far ripartire gli investimenti pubblici”.
(da agenzie)
argomento: Lavoro | Commenta »
Giugno 22nd, 2018 Riccardo Fucile
PRESENTARE L’IMMIGRAZIONE COME SE FOSSE UN PROBLEMA DI SICUREZZA E FOMENTARE ODIO HA GENERATO UN CLIMA IMMOTIVATO DI PAURA
Italiani razzisti? No. Ma certamente spaventati. Il 48% vive infatti una situazione di incertezza rispetto a temi come l’immigrazione, l’integrazione e l’accoglienza.
“Hanno ancora una grande capacità di provare empatia e compassione verso chi è in difficoltà . Ma questa loro dote è soffocata dalla paura. Una paura che vivono sulla propria pelle”, spiega Chiara Ferrari, che ha curato la ricerca di Ispos su un campione di 2 mila persone sul loro approccio ai temi dell’immigrazione e dei rifugiati.
Questi italiani incerti rappresentano il gruppo maggioritario e “si sentono abbandonati dalle istituzioni, che non sono state in grado di gestire l’accoglienza e l’integrazione”.
La ricerca è stata presentata questa mattina a Palazzo Marino, durante il convegno “Voci di confine: la migrazione è una storia da raccontare. Per davvero”, organizzato da Amref Health Africa onlus.
“Le migrazioni sono tutti i giorni in prima pagina, quasi sempre come un problema di mero ordine pubblico, di sicurezza, e nei continui tentativi di criminalizzare le ong – sottolinea Guglielmo Micucci, direttore di Amref-. Tutto ciò influisce sulle attitudini e i comportamenti dei singoli, aumentando le paure e i pregiudizi”.
Durante la ricerca sono stati condotti anche dei focus group con alcuni degli intervistati. “Di fronte alla domanda su chi sono gli immigrati c’è chi ha risposto che o sono dei perseguitati o sono clandestini -racconta Chiara Ferrari-. E gli altri? Tutto quelli che sono in Italia da decenni e lavorano? Sono come scomparsi dall’immaginario dell’opinione pubblica”.
La ricerca di Ipsos traccia il profilo di altri gruppi di italiani, minoritari rispetto a quello degli incerti e spaventati.
Ci sono innanzitutto i cosmopoliti (il 12% degli intervistati), i più favorevoli all’accoglienza e ottimisti sul futuro del nostro Paese.
All’estremo opposto troviamo i cosiddetti nazionalisti ostili (7% del totale), gruppo con i valori più chiusi.
In mezzo i cattolici umanitari (16%), aperti all’immigrazione per ragioni di carattere religioso, e i difensori della cultura (17%) più preoccupati di difendere l’identità dell’Italia.
I risultati dello studio evidenziano, più in generale, che in Italia serpeggiano un’insoddisfazione diffusa per lo status quo.
Il 43% degli intervistati è pessimista sul futuro della società , mentre solo il 19% è dell’opinione opposta. Il restante 38% è o insicuro o neutrale.
C’è poi una profonda sfiducia per la situazione politica: il 73% del campione ritiene che i partiti tradizionali e i politici non si preoccupino della gente comune,e il 60% che il sistema economico attuale favorisca solo i ricchi e i potenti.
La visione delle prospettive economiche, però, è più ottimistica: le percentuali di coloro che si aspettano miglioramenti, peggioramenti o stabilità delle condizioni sono molto vicine fra loro.
Sull’immigrazione la maggior parte della popolazione (57%) pensa che abbia un impatto negativo sul Paese, specialmente dal punto di vista economico. Tutto ciò alimentato da diversi fattori. Innanzitutto la convinzione che gli immigrati, rispetto agli italiani, siano spesso disposti a lavorare di più per un salario inferiore (la pensa così il 73% del campione). Il 42% circa è convinto poi che i migranti possano diventare una minaccia per il nostro Paese, mentre il 50% asserisce che se il governo italiano non è in grado di gestire la situazione, i cittadini dovrebbero prendere il controllo. E l’integrazione viene vista come qualcosa che difficilmente potrà realizzarsi. Il 44% degli italiani pensa che gli immigrati non si sforzino di integrarsi nella nostra società , mentre solo il 29% è dell’opinione opposto (il 25% è indeciso). Ciononostante, la stragrande maggioranza degli intervistati (72%) sostiene che sia giusto il principio dell’asilo politico e che chi è perseguitato abbia diritto di trovare rifugio in altre nazioni, compresa la propria (solo il 9% è contrario).
“Noi vogliamo invertire questa tendenza -aggiunge il direttore di Amref-, assumendoci la responsabilità di narrare le migrazioni, moltiplicando le voci e l’impatto delle esperienze dirette, delle storie, dei dati che possono rivelare il vero volto della migrazione e anche le opportunità che essa rappresenta”. “Voci di confini” oltre che il titolo del convegno di oggi, è anche un progetto per lanciare una nuova narrazione delle migrazioni e coinvolge 16 organizzazioni impegnate nella difesa dei diritti umani, enti locali di confine, associazioni delle diaspore, imprese sociali, enti di ricerca.
(da agenzie)
argomento: Immigrazione | Commenta »
Giugno 22nd, 2018 Riccardo Fucile
IL RAPPORTO ISTAT DIMOSTRA LE CONTRADDIZIONI DI UN PAESE CONDIZIONATO DALLE PALLE DIFFUSE DA CHI HA INTERESSE A FOMENTARE PAURE
Siamo un Paese in cui un italiano su tre reputa la zona in cui abita ad alto rischio di criminalità . E per questo motivo non si ritiene per niente al sicuro quando di sera esce da solo.
Un senso di insicurezza che peggiora decisamente se si guarda solo alla popolazione femminile: il 36,6% delle donne, addirittura, di notte non va mai in giro senza essere accompagnata.
Sono alcuni dei dati più importanti del rapporto “Sicurezza dei cittadini”, elaborato dall’Istat in relazione agli anni 2015 e 2016.
Il dato sulla percezione della sicurezza nella propria zona di residenza è in netto peggioramento, con quasi il 12% di intervistati in più che dichiara di aver paura tra le strade della propria città rispetto al rapporto precedente (2008-2009).
Tre italiani su cinque, inoltre, ammettono di essere molto preoccupati circa la possibilità di subire furti in casa.
Al contrario, migliora il giudizio sul degrado sociale e ambientale della zona in cui si vive, come succede già dal 1997-1998: diminuisce infatti il timore di subire uno scippo (-6,3%), una rapina (-7,1%), il furto dell’auto (-6,7) o una violenza sessuale (-14%).
Il 23,4% dei cittadini è stato testimone di atti di vandalismo contro il bene pubblico, il 12,5% vede persone che si drogano e sono poco meno quelli che assistono a scene di spaccio.
E si riduce anche l’influenza della criminalità sulle abitudini di vita: dal 48,5% al 38,2%. Unica eccezione: la percezione della presenza di prostituzione, in aumento.
DONNE E ANZIANI I SOGGETTI PIU’ INSICURI
Come già anticipato, le donne si sentono molto meno al sicuro degli uomini: solo l’8,5% della popolazione maschile infatti tende a non uscire di sera per paura di eventuali aggressioni. E quando anche si decidono a uscire, il 35,5% delle donne continua a ritenersi in pericolo.
Anche gli anziani, sia uomini che donne, hanno una percezione dell’insicurezza simile. “A fronte di tali preoccupazioni – spiega l’Istat – la quota di persone che ha sperimentato la paura concreta di essere sul punto di subire un reato nei tre mesi precedenti l’intervista è pari al 6,4%”.
UNO SU DUE CRITICA LE FORZE DELL’ORDINE
Quasi un italiano su due non ha piena fiducia nella capacità delle forze dell’ordine di controllare il territorio: il 46,4% degli intervistati dà una valutazione negativa. Nel 2008 era il 38,4%.
L’opinione nei confronti degli agenti migliora leggermente nelle cittadine di piccole dimensioni. Gran parte delle persone infatti reputa che le forze dell’ordine non siano presenti a sufficienza nelle strade o che non siano abbastanza numerose.
Tra le regioni nella quali paura e preoccupazione sul fronte della sicurezza sono più marcate ci sono Lazio, Lombardia, Campania e Puglia.
I SISTEMI DI DIFESA INDIVIDUALI
Se gli italiani hanno sempre meno fiducia nelle forze dell’ordine, va da sè che nel tempo abbiano iniziato a elaborare sistemi di difesa individuali e familiari.
In tre case su quattro sono stati installati sistemi di sicurezza. Ma aumentano anche gli escamotage per fare da deterrente a eventuali intrusioni: il 55,7% degli intervistati ha affermato infatti di lasciare le luci accese in casa quando ese, o di chiedere sempre a qualche vicino di controllare la sua casa di tanto in tanto.
Più di un individuo su quattro, inoltre, seleziona le strade da percorrere quando esce di sera, evitando quei luoghi o quelle persone che ritiene più pericolose. Le regioni in cui c’è molta paura da questo punto di vista sono il Lazio e la Lombardia, seguite da Campania e Puglia.
(da agenzie)
argomento: Sicurezza | Commenta »
Giugno 22nd, 2018 Riccardo Fucile
INSEGNANTE PICCHIATO, MINACCIATO E INSULTATO… GIOVANI DELINQUENTI OMOFOBI E UN VECCHIO PADRE CHE HA IL CORAGGIO DI DENUNCIARE
Benvenuti nella scuola dell’indifferenza, che cresce i futuri campioni del facciamoci i fatti nostri. Andazzo già dilagante.
“Prof sei gay? Sei gay? Sei gay?” La domanda si fa tormento, viene condita con l’esibizione di coltelli, minacce, danni all’auto, spintoni. Due anni di inferno.
Il prof vorrebbe sparire, a scuola per un po’ non si vede più. Viene ricoverato in ospedale per danni psichici, rientra nei casi previsti dalla legge 104 che sostiene le persone colpite a vario titolo da invalidità .
A scuola il vicepreside fa Ponzio Pilato. Avvertito dal prof che un ragazzo sguaina un coltellaccio in classe, ritiene di non dover intervenire. Gira le spalle. Forse sotto sotto collude.
Le società che si ammalano di discriminazione. L’omofobia è una bella occasione per chi vuole fare il giustiziere: chi aggredisce è convinto che sta dando una lezione, e che ha dalla sua il pensiero della maggioranza. Spesso non ha neanche torto. Vale a dire, occhio alle società che si ammalano di discriminazione, dove la maggioranza diventa insana, nevrotica, cieca.
E i sani sono i coraggiosi esperti di controcanto. Ma qui non si tratta solo di maggioranza omofobica, che già basterebbe.
Al pregiudizio che colpisce indisturbato si aggiunge l’insegnamento dei più grandi, implicito sottinteso e per questo potentissimo: facciamoci i fatti nostri.
Il vecchio padre che denuncia. La domanda si impone: chi è autorevole? Come mai nella scuola di oggi un prof può essere tanto attaccabile? I giustizieri in erba quale pensiero inespresso condividono? Che idea hanno non solo dei froci, ma dei professori?
A rivelare i fatti il genitore che non ha età , quello che sarà papà finchè avrà vita.
Il padre settantenne del prof denuncia tutto a più riprese alle forze dell’ordine. E punta il dito contro le istituzioni che hanno lasciato il figlio alla mercè dei giovani teppisti.
I fatti nostri però non sono così separati dai fatti degli altri. La scuola dell’indifferenza alleva i figli di tutti servendo il veleno del “me ne frego”.
Cresce i corrotti e i manganellatori di domani, un domani che minaccia di arrivare presto.
I danni sono per tutti, aggrediti, aggressori, spettatori. Di indifferenza parlò Moravia scandagliando il male così diffuso oggi da essere mal comune, dipingendo l’ignavia dei giovani e i piani precisi e violenti dei più grandi.
Nel caso del prof perseguitato dagli alunni – che ha per teatro la Puglia, ma qui è la Puglia a riflettere buona parte del Paese -, le cose vanno a rovescio. Gli ignavi sono gli adulti, e i giovani si fanno persecutori non di un coetaneo ma di un prof.
Nessuno si taglia addosso su misura i panni dell’autorevolezza. Il primo a non farlo è in fondo il perseguitato, che reagisce ma poi non ce la fa a denunciare perchè ridotto a insegnante isolato.
Entra in scena il genitore che non ha età , ma che all’anagrafe di anni ne ha più di settanta. Si muove come uno che sa, che conosce la voce profonda dei diritti, del rispetto, della giustizia. E non la zittisce.
Uno che diresti fuori dall’agone sociale, e che invece vive, lotta, resta preziosa risorsa. Dà fiato ai tanti genitori che lottano e che sono intervenuti sulla vicenda resa nota da poche ore.
Colpisce questa frase, commenta Roberta Mesiti presidente Agedo Roma (Associazione genitori e amici degli omosessuali): “Mio figlio non è stato tutelato dalle istituzioni”. Lo dice il padre. “Non è il primo prof vituperato — continua Mesiti — Qui si apre una riflessione sulla scuola che riguarda ragazzi e famiglie. Quale rispetto ha la famiglia nei confronti della scuola? Secondo punto: noi genitori Agedo sentiamo che mancano tutele e garanzie della dignità dei nostri figli, oggetto quotidiano di aggressioni varie e svariate, che vanno dallo sguardo di disprezzo al pestaggio”. Purtroppo, lamenta Roberta Mesiti, si fa sentire il ruolo ormai ridotto a quasi nulla che un tempo rivestiva Unar (Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali e non solo) con le sue preziose strategie di sensibilizzazione.
Che non sia mai ‘troppo tardi’. La scuola, dicono padri e madri impegnati nel sociale, è ridotta a straccio da calpestare. “Da troppo tempo si favoleggia di una comunità educante che tale non è. Adolescenti soli a fare i conti con le loro identità e quindi alla ricerca del consenso del gruppo. Il “corpo” docente ( è quasi un ossimoro) arroccato sulla difensiva, indifferente ed in qualche modo complice. Come rompere queste solitudini che ci fanno dimenticare quel compito educativo che la Costituzione affida alla scuola?”, si chiede Angela Nava, presidente Cgd (coordinamento genitori democratici).
Il genitore settantenne diventa una sorta di portavoce, segnala la forza della scuola che non deve venire mai a mancare. Vuole denunciare, ci riesce, va fino in fondo, non si fa smontare.
Forse perchè ha frequentato una scuola diversa, lontana da quella che oggi ci vuole indifferenti, ignoranti, manovrabili. Era adolescente negli anni Sessanta.
Alla tivvù trasmettevano “Non è mai troppo tardi”. L’italia alle prese con il boom economico capiva bene che l’insegnamento è indispensabile per il cittadino in grado di esercitare una delle più alte vette della mente: il pensiero critico che discerne, analizza, soppesa, valuta. E interviene.
Tutto il contrario della odierna lezione di indifferenza. Nella nostra italietta ignava e violenta, che tanto somiglia agli scenari moraviani, occorre lavorare molto e sodo perchè ormai non sia “troppo tardi”.
(da Globalist)
argomento: denuncia | Commenta »