Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
NEANCHE SA CHE NON COMPETE A LUI DECIDERE, MA NON SI PREOCCUPI, VERRA’ IL GIORNO CHE LA TOGLIERANNO A LUI
Sulla scorta a Roberto Saviano “saranno le istituzioni competenti a valutare se corra qualche rischio, anche perchè mi pare che passi molto tempo all’estero” ha detto il ministro dell’Interno e vicepremier Matteo Salvini, ospite di Agorà su Rai Tre.
Intenzione non nuova, da parte del leader leghista, ma che in bocca al neo-ministro dell’Interno assume un significato diverso.
Immediata la reazione del capogruppo dem Graziano Delrio: se Salvini vuole risparmiare “tolga a me la scorta ma la lasci a Roberto Saviano”.
In gioco c’è anche dell’altro: la degenerazione del dibattito pubblico.
“Le scorte non si assegnano nè si tolgono in tv” commenta l’ex titolare del Viminale Marco Minniti: “I dispositivi di sicurezza per la protezione delle persone esposte a particolari situazioni di rischio seguono procedure rigorose e trasparenti, che coinvolgono vari livelli istituzionali, e sono state rafforzate dopo l’omicidio Biagi”. Non sono dunque discrezionali. Non dipendono cioè dalle simpatie o antipatie dell’organo politico.
Vengono decise dall’Ucis (Ufficio centrale interforze per la Sicurezza personale) che è sì un’articolazione del Dipartimento di pubblica sicurezza ma è collegiale e vincolato a criteri precisi.
L’avvertimento di Salvini ricorda altri metodi ed è la risposta alla dura presa di posizione di Saviano nei confronti delle sue politiche sui migranti e sul censimento dei rom.
“Minacce inaccettabili per un uomo che ha contribuito a far luce su un sistema criminale pervasivo e pericoloso” attacca il vicepresidente pd della Camera Ettore Rosato:
“Salvini continua ad interpretare il ruolo di ministro in modo arrogante e per le sue campagne personali. La scorta a Saviano non è una concessione ma la protezione che lo Stato deve garantire a chi è minacciato da mafia e camorra”.
Ancora più esplicito Angelo Bonelli dei Verdi: “Le critiche dello scrittore infastidiscono il governo e Salvini, come nei regimi autoritari, lancia gravissimi messaggi per zittirlo”.
E di “messaggi intimidatori” parla anche anche l’eurodeputata dem Pina Picierno: “Non si minaccia chi non la pensa come noi. Da parte di chi riveste il ruolo di ministro dell’Interno è abuso di potere. Salvini si scusi e si dimetta. L’italia è un paese civile e democratico e tale vogliamo rimanga”.
E se per la depuata pd Alessia Rotta “nella sua furia propagandistica il ministro Salvini sceglie di giocare con la vita delle persone” , il vicecapogruppo dei senatori dem Franco Mirabelli ricorda come il segretario leghista non solo “usa parole indegne” ma “ancora una volta si dimentica di lotta alle mafie e di strumenti per contrastarle, preferendo attaccare chi conduce quelle battaglie in prima persona, a rischio della vita”.
(da agenzie)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
RAPPORTO OXFAM: 100.000 SONO VITTIME DI SFRUTTAMENTO, IN MAGGIORANZA STRANIERI E DONNE
Orari di lavoro nei campi fino a 12 ore al giorno. Lavoratori esposti a pesticidi tossici. Abusi e violenze sulle lavoratrici. paghe medie tra i 15 e i 20 euro, bel al di sotto del minino legale di 47 euro.
Secondo una ricerca presentata da Oxfam in collaborazione con la Onlus Terra, in Italia ci sono circa 430 mila lavoratori irregolari in agricoltura e tra di loro centomila sono vittime di sfruttamento.
Il rapporto prende in esame il lavoro nelle filiere stagionali di raccolta di frutta e di verdura impegnati in tutte le principali filiere stagionali nella raccolta di frutta e verdura e mette in evidenza come lavoratori stranieri (l’80%) e donne (42) vivano le maggiori condizioni di precarietà .
Secondo i ricercatori il 75% delle lavoratrici intervistate nei campi afferma di essere sottopagata, dovendo rinunciare a pasti regolari.
Il ruolo della Gdo
Lo studio «Maturi per il cambiamento» prende però in esame anche le politiche di alcune delle maggiori catene della grande distribuzione in Europa e negli Usa ed evidenzia i crescenti squilibri tra il prezzo pagato dal consumatore finale rispetto a quello che invece viene liquidato ai piccoli produttori nei campi. I rivenditori finali trattengono una quota altissima del valore, con punte che arrivano al 50%, mentre meno del 5 per cento viene pagato a lavoratori e produttori.
Una situazione di disuguaglianza globale che ha spinto, e sta spingendo, i piccoli produttori verso la povertà mentre nel 2016, secondo i ricercatori «le prime otto catene di supermercati quotati in Borsa hanno incassato quasi 1000 miliardi di dollari, generando 22 miliardi di profitti e distribuito 15 miliardi agli azionisti».
(da “La Stampa”)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
E NON ENTRERANNO NEANCHE GROSSE CIFRE, IL 74% DEGLI EVASORI HA DEBITI SOTTO I 5000 EURO (E IL 6% PER METTERSI IN REGOLA FA RIDERE)… E CHI HA PAGATO RESTA FREGATO DA UN GOVERNO CHE PREMIA I FURBETTI
«Chiudere tutte le cartelle esattoriali di Equitalia per cifre inferiori ai 100.000 euro»: un condono tombale, quello annunciato ieri da Matteo Salvini davanti alla Guardia di Finanza, che porterà a pagare l’intero importo di un debito con il fisco soltanto al 4%: ad avere una cartella esattoriale sopra i 100 mila euro è appena il 4% dei 21 milioni di debitori fiscali.
Il condono dovrebbe quindi interessare il 96 per cento di loro, ossia 20 milioni 160 mila persone.
Di questi, più di 11 milioni hanno un debito entro i mille euro, oltre 3 milioni devono al fisco tra 10 mila e 100 mila euro.
Secondo Salvini il 96% dei debitori del fisco potrebbe estinguere i debiti con il fisco pagando il 15% dell’importo totale che dovrebbe a Equitalia.
Ci sono però una serie di problemi che si aprono con il progettone di Salvini.
Il primo è quello che segnala oggi Marco Ruffolo su Repubblica: : annunciare una sanatoria che non si limita, come oggi, alla cancellazione di interessi di mora e sanzioni, ma che estingue anche l’85% dell’imposta, non può non avere effetti sulla rottamazione delle cartelle in corso.
Perchè aderire subito quando si potrà pagare ancora meno in futuro?
È normale immaginare che tutti quelli che potranno attenderanno il nuovo condono e lasceranno andare il vecchio.
Il secondo problema: finora sono state ipotizzate tre aliquote: una del 6%, per le situazioni «eccezionali e involontarie di dimostrata difficoltà economica» (chissà come saranno dimostrate), una intermedia del 15%, e una del 20-25%.
E qui arrivano i rischi, che spiega Roberto Giovannini sulla Stampa:
Le stime della Lega addirittura ipotizzano 60 miliardi di gettito in due anni (con una soglia a 200.000 euro, però). Sembra però ai più una cifra assolutamente irraggiungibile.
Intanto, perchè il grosso dei debiti col Fisco sono di modesta entità : quelli tra i 1.000 e i 5.000 euro rappresentano il 74% del totale, il 7,1% si trova tra i 5mila e i 10mila euro.
Secondo, perchè come affermò in Parlamento a fine 2016 l’allora amministratore delegato di Equitalia, Ernesto Maria Ruffini (ora a capo dell’Agenzia delle Entrate) alla fine del 2016 il «magazzino» di carichi affidati alla riscossione ammontava a 817 miliardi di euro.
Ma solo 51,9 miliardi sono facilmente aggredibili, visto che tra l’altro 138 miliardi sono dovuti da soggetti falliti, 78 da persone decedute e imprese cessate, 92 miliardi da nullatenenti, e per 314 in passato si sono tentate senza successo azioni esecutive.
Quanto alle liti fiscali, come detto l’86% delle liti fiscali in corso riguardano questioni di importo inferiore ai 100.000 euro; ma secondo il Consiglio della Giustizia tributaria le liti pendenti al 31 dicembre 2017 in tutto sono 417mila, per complessivi 50,4 miliardi.
Infine ci sarebbe il piccolo dettaglio che quelli che hanno pagato le tasse potrebbero sentirsi leggermente presi in giro dal fatto che grazie a Salvini c’è chi pagherà il 6% e chiuderà tutti i conti con il fisco.
Ma questo, appunto, è soltanto un dettaglio.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
OBIETTIVO CAMBIARE LO STATUTO E DIRE BASTA A SCELTE CADUTE DALL’ALTO… NEL MIRINO L’ALLEANZA CON IN RAZZISTI
Luca De Carolis sul Fatto Quotidiano oggi racconta che alcuni parlamentari del MoVimento 5 Stelle sono pronti a una raccolta di firme contro il ruolo di Luigi Di Maio e le sue nomine decise senza discussione con il gruppo.
Sotto accusa c’è anche il ruolo di Salvini nel governo:
Ma in assemblea in diversi promettono anche e soprattutto di tuonare contro le nomine di governo decise dal capo.
Già oggetto di critiche nell’ultima assemblea dei deputati, quella in cui era stato ratificato il nuovo direttivo. In cui soprattutto i nuovi eletti avevano lamentato di essere stati esclusi dall’esecutivo, a scapito dei veterani.
E di non aver avuto voce in capitolo sui nomi del direttivo, di fatto calati dall’alto. E così avevano invocato “più condivisione”.
Da qui si arriva all’idea della raccolta di firme per cambiare gli statuti, per restituire ai gruppi il potere di nominare i propri organi.
Già , perchè in base alla normativa attuale, “l’assemblea ratifica a maggioranza assoluta dei propri componenti la nomina del presidente del gruppo proposta dal capo politico”.
E sempre il capo può revocare il presidente, e può “proporgli” i nomi del direttivo. Regole che la pancia del Movimento vuole cambiare, come grimaldello per rimettere in discussione Di Maio. A cui anche molti sodali suggeriscono di delegare. Accettando una nuova struttura che gestisca assieme a lui il Movimento. ford.itcari protegge anche le tue “passioni” e tuoi “affetti” a 4 zampe.
I parlamentari vogliono creare un coordinamento di almeno dieci persone. Ma Di Maio non intende cambiare modo di lavoro:
Così ieri sera ha inviato una mail a tutti i parlamentari, in cui torna ad accusare “i media che in questi giorni o ci ignorano o ci attaccano”. E questo, sostiene, “ci dice che siamo sulla strada giusta”.
Del resto “il leitmotiv è accusarci di essere un governo fascista oppure comunista”. E segue elenco delle proposte del M5S, dalla voglia di “rivedere” il Jobs Act all’immigrazione.
Fino a rivendicare:“Da un anno ho sollevato il tema delle Ong che effettuano trasporti e non salvataggi”. Oggi ne parlerà anche in assemblea. Dove però vogliono chiedergli conto anche del Salvini che gioca a fare il premier.
Di certo diversi senatori ieri sono apparsi a Montecitorio, per preparare l’assemblea. E forse già per contare le possibili firme per l’assalto agli statuti.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
L’ARROGANZA DI SALVINI HA SOLO PEGGIORATO LA SITUAZIONE PERCHE’ GLI ALTRI SOVRANISTI EUROPEI PENALIZZANO SOLO L’ITALIA
Chiudere i confini italiani nel caso in cui Germania e Francia dovessero forzare la mano e rispedire i profughi che avevano fatto richiesta d’asilo in Italia.
È questa l’arma che si prepara a utilizzare il governo italiano dopo aver “scoperto” che nella bozza di accordo che Parigi e Berlino hanno preparato c’è poco o nulla di quello che aveva chiesto Roma e in compenso tanti guai sul fronte dei migranti.
Nella bozza di dichiarazione che i leader di dieci paesi, Conte incluso, dovrebbero approvare domenica nel mini vertice di Bruxelles chiamato a preparare il summit a 27 di giovedì prossimo si parte dalla chiusura dei confini esterni dell’Unione Europea con l’utilizzo di una Guardia Costiera UE da 10mila uomini e una polizia di frontiera: un punto che dovrebbe far piacere sia ai paesi del blocco di Visegrad che a Salvini; si prevedono campi in Africa gestiti dall’UNHCR, ma soprattutto si continua a gestire il ricollocamento dei rifugiati su base volontaria.
Qui l’Italia dovrebbe protestare, perchè Orbà n e soci in questo modo stanno lasciando nei paesi di confine (il nostro e la Grecia) non accettando la redistribuzione obbligatoria che ci danneggia e che però è appoggiata da Salvini e Meloni.
Ma, racconta oggi Repubblica, è la parte sui confini interni che rischia ancor di più di far saltare il tavolo:
Sulla riforma di Dublino (distribuzione obbligatoria dei rifugiati) c’è solo un impegno generico e non sarà facile convincere Visegrad, i cui leader proprio oggi affileranno le armi in un controvertice a Budapest con Kurz. Nel frattempo la redistribuzione sarà volontaria.
Invece subito ci dovrà essere lo stop ai movimenti secondari — lo scalpo che la Merkel deve portare a Seehofer — con misure in linea con le attuali regole Ue ma politicamente durissime: controlli negli aeroporti e nelle stazioni di bus e treni per bloccare i migranti che cercano di attraversare le Alpi, accordi di immediato rimpatrio (senza tetti numerici e temporali) per le migliaia di persone che già si trovano all’estero o che riusciranno a passare il confine.
I confini interni dell’UE e chi ci perde
Nei giorni scorsi infatti era emerso lo scontro all’ultimo sangue tra CDU e CSU, ovvero tra Angela Merkel e il suo ministro dell’Interno Horst Seehofer, che mette in pericolo persino la leadership della Cancelliera.
I conservatori tedeschi, per togliere l’acqua del consenso a chi li critica da destra come AFD, vogliono infatti che siano sbattuti fuori i migranti e i rifugiati che hanno lasciato il paese di approdo (e che doveva accoglierli secondo il regolamento di Dublino) per andare verso Nord, ovvero in Austria e in Germania.
Ma per la maggior parte i paesi di approdo sono proprio Grecia e Italia. Ecco perchè qualche giorno fa Salvini mentre parlava di un asse con Seehofer probabilmente non si è nemmeno reso conto che questo avrebbe portato ad avere più migranti e rifugiati nel Belpaese.
Ora quindi il premier si sente preso in giro dagli alleati. Le missioni a Parigi e Berlino l’avevano fatto ben sperare. E adesso è pronto invece a «non firmare» il documento elaborato dalla Commissione in vista del summit di domenica a Bruxelles. Anche perchè è piuttosto lontano da quello che chiedeva l’Italia:
Per comprendere l’entità dello scontro bisogna analizzare la primissima bozza di Palazzo Chigi. Prevede una blindatura dei confini nordafricani, con centri di identificazione utili per filtrare i richiedenti asilo.
E ancora, meccanismi automatici con quote solidali e obbligatorie (non volontarie) tra i Paesi dell’Unione per smistare chi ha diritto all’ingresso, soldi europei destinati alle autorità libiche e tunisine per rafforzare i controlli marittimi e terrestri, potenziamento di Frontex per una vigilanza Ue più intensa delle acque di fronte al Nord Africa.
Senza dimenticare il divieto di approdo nei porti italiani per le ong, che sarebbero obbligate a trasportare i migranti nei Paesi di cui battono bandiera. Ma il vero nodo, quello su cui si sta consumando l’Europa, sono i rimpatri dei richiedenti asilo.
Palazzo Chigi non è disponibile a concedere nulla. O meglio, è pronta a discuterne soltanto dopo l’effettiva attuazione del pacchetto promesso per stravolgere radicalmente l’impostazione di Dublino.
Certo, se l’Italia arriva davvero a chiudere le frontiere sarà difficile poi fare i giochi di parole di cui si è rivelato maestro il ministro delle Infrastrutture Danilo Toninelli, che dopo aver lasciato i colleghi di governo twittare #chiudiamoiporti come se non ci fosse un domani ieri si è presentato in Parlamento per dire che i porti non sono mai stati (formalmente) chiusi.
Il piano dei tedeschi è questo: rimandare indietro i richiedenti asilo che hanno fatto richiesta in Italia e si sono spostati in altri Paesi europei. In cambio promettono aiuti finanziari sul rafforzamento dei controlli ai confini esterni e una futura revisione della ridistribuzione delle quote.
L’unica risposta che l’Italia può dare oggi è disertare il vertice di Bruxelles. Domani potrebbe provare davvero a chiudere le frontiere per far saltare il piano di Parigi e Berlino.
Con l’aiuto dell’altro paese che viene penalizzato da questo accordo, ovvero la Grecia. Ma cosa fare con i paesi di Visegrad, a cui l’accordo alla fin fine conviene? E soprattutto: non è che poi tutto questo fa la fine della chiusura dei porti?
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
DOMENICA A BRUXELLES SUMMIT TRA OTTO PAESI: I PROFUGHI RESTINO NEI PAESI IN CUI SONO SBARCATI
La parola chiave è «movimenti secondari». È scritta nero su bianco già nel primo capoverso della bozza di conclusioni che accompagnerà il mini-summit sull’immigrazione, convocato a Bruxelles per domenica.
E ne occupa la parte più dettagliata. «È essenziale ridurre ulteriormente l’immigrazione illegale verso l’Europa – si legge all’inizio del documento di 4 pagine visionato da La Stampa – così come i movimenti secondari dentro l’Ue».
Ma è al punto 3 del documento («Dimensione interna») che vengono elencati una serie di impegni che gli Stati di frontiera dovranno prendersi. «Per l’Italia il vertice rischia di essere un bel trappolone», fanno notare fonti diplomatiche.
L’incontro organizzato da Jean-Claude Juncker non nasce affatto come risposta alle proteste italiane, ma è frutto di un’iniziativa di Angela Merkel. Che ha grossi guai in casa propria con gli alleati bavaresi della Csu e che dunque deve trovare una via d’uscita al problema dei migranti che entrano illegalmente sul suo territorio.
La Germania, spalleggiata dalla Francia, vuole rimandarli tutti indietro.
E dove? Nei Paesi di primo approdo, principalmente in Italia.
La cancelliera aveva provato in un primo momento a sondare i colleghi per un summit a Berlino: richiesta respinta per ragioni politico-geografiche.
A quel punto ha chiesto a Donald Tusk di organizzare un mini-vertice a Bruxelles tra i Paesi direttamente coinvolti. Ma il presidente del Consiglio europeo ha negato la sua disponibilità , ricordandole che è già in agenda un vertice ufficiale il 28-29 giugno e che è quella la sede in cui discutere di immigrazione tra i 28 leader.
E così Jean-Claude Juncker è corso in aiuto della Merkel, offrendo il palazzo della Commissione europea per ospitare il vertice. Scatenando l’irritazione di Tusk.
Ci saranno la Francia, la Germania, le due presidenze di turno Ue di quest’anno (Bulgaria e Austria), più il blocco dei mediterranei (Italia, Spagna, Malta e Grecia), che rappresentano proprio i Paesi di primo ingresso.
Dopo l’annuncio, si sono aggiunti anche il premier Belga Charles Michel e l’olandese Mark Rutte, particolarmente interessati al tema dei «movimenti secondari».
Francia e Germania hanno le idee ben chiare su cosa vogliono e su come fare per ottenerlo. Nel documento c’è la promessa di rafforzare i controlli alle frontiere esterne, lo stanziamento di maggiori risorse in Africa e «più protezione e capacità di accoglienza» nei centri (già esistenti) per l’esame delle domande d’asilo fuori dalla Ue (gestiti dalle Nazioni Unite).
In cambio, però, vorranno impegni chiari e precisi per evitare i movimenti secondari. Paesi come l’Italia avranno l’obbligo di riprendersi, attraverso «procedure accelerate», i migranti fuggiti negli altri Stati Ue.
Nella bozza sono elencati sei punti con altrettante «misure pratiche» che i Paesi di primo ingresso dovranno mettere in campo, tra cui maggiori controlli «in uscita» nelle stazioni e negli aeroporti. Dovranno inoltre evitare «misure unilaterali» che «mettono a rischio Schengen».
C’è anche un passaggio sulla riforma di Dublino, che Parigi e Berlino vogliono assolutamente portare a termine, ma che era stata bloccata (con motivazioni opposte) dall’asse tra l’Italia di Salvini e i Visegrad. È necessario «un meccanismo di solidarietà » (ma non si menzionano le quote obbligatorie), tenendo però fermo il principio del Paese di primo ingresso.
L’ipotesi di dirottare gli sbarchi in altri Paesi del Mediterraneo è accennata soltanto all’interno di una parentesi quadra (segno che potrebbe essere depennata). Al progetto ci credono in pochi. La Francia è tra i più scettici. Anche perchè ieri la Tunisia ha detto chiaramente «no».
(da “La Stampa”)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
UN INCONTRO SUL TEMA DELLA DIFFAMAZIONE A MEZZO STAMPA ORGANIZZATO DAL PRESIDENTE DELL’ORDINE DEGLI AVVOCATI INDAGATO E’ IL MASSIMO DELL’UMORISMO
Lunedì 25 giugno si svolgerà presso l’Aula Avvocati del Palazzo di Giustizia a piazza Cavour un interessante corso sulla diffamazione a mezzo stampa e sulle nuove prospettive di riforma legislativa organizzato dall’Ordine degli Avvocati e dall’Ordine dei Giornalisti.
Ai partecipanti (150 giornalisti e 150 avvocati al massimo) verranno riconosciuti ben tre crediti formativi ma a stupire è più che altro il parterre: saranno presenti infatti l’avvocata Virginia Raggi per il saluto iniziale, l’avvocato Marcello De Vito, presidente dell’Assemblea Capitolina e, soprattutto, Mauro Vaglio, presidente del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati di Roma e candidato del MoVimento 5 Stelle alle elezioni politiche in un collegio uninominale di Roma dove non ce l’ha fatta per pochissimi voti.
Proprio la presenza di Vaglio con De Vito e Raggi in parte stupisce: l’avvocato infatti è indagato nell’inchiesta sullo Stadio della Roma a Tor di Valle (e quindi, non c’è nemmeno bisogno di dirlo, totalmente innocente fino a sentenza definitiva) insieme a Daniele Piva, anche lui avvocato, per lo stesso reato.
Il MoVimento 5 Stelle ha da tempo rimosso (mediaticamente parlando) il fatto che due suoi candidati (e un assessore di Ostia) siano indagati nell’inchiesta oltre all’ex capogruppo in Aula Capitolina Paolo Ferrara.
Sia Di Maio che Bonafede tendono infatti a dimenticarlo spesso quando vanno in tv (in ciò agevolati dal fatto che i giornalisti che li intervistano non chiedono nulla sul punto).
Il 13 giugno però Di Maio aveva annunciato provvedimenti dei probiviri M5S nei confronti dei coinvolti nella vicenda, provvedimenti di cui successivamente il ministro dello Sviluppo e del Lavoro non ha più parlato.
Forse perchè l’esame è stato fatto e non si è riscontrato nulla di male? Di certo l’incontro ha permesso all’opposizione in parlamento di andare all’attacco: “I massimi organi delle due categorie non hanno nulla da dire? Con l’indagine in corso, tra l’altro, sembra di essere di fronte ad un insulto alla magistratura che sta indagando. Questo corso dimostra ancora una volta quanto il presidente dell’Ordine degli avvocati di Roma Vaglio sia introdotto nel mondo M5s e ne faccia parte a pieno titolo: e’ stato lui, come presidente dell’Ordine, a organizzare questo corso farlocco, che vede tra i relatori i due massimi esponenti del Movimento 5 stelle a Roma, la sindaca Raggi e il presidente del Consiglio comunale De Vito, tutti e tre citati o coinvolti a diverso titolo nell’indagine”, ha detto il parlamentare del PD Michele Anzaldi.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 21st, 2018 Riccardo Fucile
ARRESTATO IMPRENDITORE, UN FUNZIONARIO PUBBLICO, UN IMPIEGATO DEL MINISTERO DELLA GIUSTIZIA E UN CARABINIERE PER TRUFFA AI DANNI DELLO STATO E CORRUZIONE
Era l’uomo dell’ “impero” costruito sulla gestione dei migranti. Tredici centri con circa 800 richiedenti asilo.
Paolo Di Donato, al vertice del consorzio ‘Maleventum’, è finito agli arresti domiciliari con accuse gravissime. Truffa ai danni danni dello Stato, falso, corruzione, e altre contestazioni.
Per tutti era ormai ‘il re dei rifugiati’. Lui si ribellava ai sospetti e ostentava sicurezza: “Io faccio l’imprenditore: mi occupo del sociale sì, ma non sono mica un prete, devo fare utili”. E ne faceva eccome. Un milione in pochissimi anni.
Ma ora si scopre che – stando all’impianto accusatorio – con la presunta complicità di funzionari pubblici truffava lo Stato e lucrava due volte sulla pelle dei migranti: dei quali percepiva contributi anche se molti rifugiati che risultavano ospiti delle sue strutture erano andati via da un pezzo.
Un’inchiesta che si pensava potesse esplodere già da qualche mese, quella coordinata dal procuratore capo Aldo Policastro e dall’aggiunto Giovanni Conzo, con la pm Filomena Rosa: indagini della Digos di Benevento sulla serie di illeciti che riguarderebbe Di Donato e dei carabinieri su altre vicende collegate.
In totale cinque arresti e 36 indagati a Benevento per una frode sui centri di accoglienza per migranti.
Tra le persone finite ai domiciliari anche il funzionario Felice Pansone della Prefettura di Benevento e un carabiniere accusati a vario titolo di diversi reati di “truffa ai danni dello Stato per il conseguimento di erogazioni pubbliche”, frode in pubbliche forniture, corruzione. Ma dovranno rispondere anche di rivelazione di segreti d’ufficio.
L’indagine, partita nel novembre 2015 e coordinata dalla Procura di Benevento, ha avuto origine da un esposto e ha riguardato l’ormai vasta serie di illeciti nella gestione dei centri di accoglienza. Cià³ che è emerso per i pm era un “sistema criminale” che faceva affari sulle assegnazioni pilotate dei migranti, sul sovraffollamento dei centri, sulla falsa attestazione di presenze degli ospiti, con la connivenza di alcuni pubblici dipendenti.
(da agenzie)
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Giugno 20th, 2018 Riccardo Fucile
DOPO IL VOTO PER LA VIA AD ALMIRANTE ORA ARRIVA LA MOZIONE CHE LA NEGA
Mercoledì è un giorno pari. Per questo motivo il M5S oggi è orgogliosamente antifascista.
La confusione generata nel già ideologicamente confuso partito di Grillo e Casaleggio ha raggiunto livelli mai visti quando la sindaca di Roma — apparentemente all’oscuro di tutto — prima disse da Vespa che l’Aula del Campidoglio era sovrana e poi annunciò che avrebbe fatto presentare una contro-mozione per impedire che venissero intitolate vie, piazze, portici e androni a esponenti del fascismo o persone che si siano esposte con idee antisemite o razziali.
Ed eccola qui la mozione, a prima firma di Virginia Raggi che sarà presentata domani per ribadire un concetto fondamentale della Repubblica Italiana: l’antifascismo. Scrive il M5S Roma che «Roma città aperta non tradisce le sue radici e la sua memoria che l’Aula ha il dovere di tramandare alle generazioni future, per questo motivo proporremo di inserire nello Statuto chiari riferimenti ai valori antifascisti della Capitale».
Tra i firmatari della mozione spicca anche il nome della consigliera Eleonora Guadagno quella che si è giustificata dicendo che quando ha votato la mozione non si era resa conto di cosa stava votando.
Chissà se questa volta la Guadagno avrà letto il testo dove è scritto che si vuole introdurre il divieto della possibilità di intitolare toponimi ed eccetera a persone che “si siano esposte con idee antisemite e razziali”.
Ora resta solo da capire come questa decisione si rifletterà sul resto del MoVimento. Ad esempio che ne penserà quel Beppe Grillo che nel 2014 ebbe a dire che «l’antifascismo è un problema che non mi compete».
Che dirà Luigi Di Maio che annoverò Almirante tra i “padri nobili” del M5S oppure come la prenderà Roberta Lombardi che qualche anno fa scrisse un post per difendere il fascismo “buono” e che di recente ha raccontato che «Almirante è sempre stato un punto di riferimento per i miei».
E visto che siamo in tema di padri siamo tutti ansiosi di conoscere l’opinione di Vittorio Di Battista, l’orgogliosamente fascista e pentastellato padre dell’ex deputato.
(da “NextQuotidiano”)
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