Giugno 27th, 2018 Riccardo Fucile
I MILITARI AVREBBERO AGITO PER OTTENERE UN ENCOMIO… SONO ACCUSATI DI FALSO IDEOLOGICO, CALUNNIA, DETENZIONE DI ARMI CLANDESTINE
Una falsa indagine contro un migrante per ricevere un encomio.
Questo il motivo che ha portato all’arresto di tre carabinieri in servizio alla compagnia di Giugliano, in provincia di Napoli, in esecuzione di un’ordinanza di custodia cautelare emessa dal gip del Tribunale di Napoli nord.
I tre carabinieri avevano arrestato un cittadino extracomunitario accusandolo falsamente di custodire armi clandestine per finalità di terrorismo internazionale.
Già sospesi dall’Arma i tre militari sono ora accusati di falso ideologico, calunnia, detenzione e porto illegale di armi clandestine.
Le indagini che hanno portato alla luce l’attività illecita dei tre carabinieri sono state condotte dalla Guardia di finanza di Aversa.
A coordinare l’attività investigativa è stato il procuratore della Repubblica di Napoli nord, Francesco Greco, in collaborazione con l’aggiunto Domenico Airoma. Secondo quanto si è appreso, i tre militari avrebbero portato a termine questa falsa indagine allo scopo di ottenere un encomio.
I carabinieri arrestati sono due sottufficiali ed un appuntato. Secondo il procuratore aggiunto della Repubblica, Airoma, “le articolate attività di indagine hanno consentito di raccogliere gravi indizi di colpevolezza a carico dei destinatari della misura cautelare”.
In particolare, secondo l’ipotesi accusatoria, i tre, “nell’ambito di attività di servizio istituzionale, procedevano a porre in arresto un cittadino extracomunitario, accusato falsamente di detenere armi clandestine per finalità di terrorismo internazionale”.
(da Globalist)
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Giugno 27th, 2018 Riccardo Fucile
“!I PROFUGHI NON POSSONO ESSERE RIMANDATI IN LIBIA. LA GUARDIA COSTIERA E’ COINVOLTA NEL TRAFFICO DI ESSERI UMANI”
Abbiamo assistito a mesi e mesi di campagna elettorale dove i due partiti di maggioranza si sono impegnati a criminalizzare il lavoro delle Ong.
Il vicepremier Di Maio le ha definite taxi del mare e ha pure provato a negare di averlo mai detto. Altri invece — ed è il caso del ministro dell’Interno Salvini — le hanno soprannominate “vicescafisti“.
Tutto in nome di rapporti e inchieste che avrebbero dovuto dimostrare il ruolo preponderante delle Ong nel far arrivare in Italia migranti e rifugiati.
I dati, quelli veri, però parlano chiaro; dei circa seicentomila migranti arrivati nel nostro Paese nel quadriennio 2014-2017 solo un sesto (poco più di centomila) è arrivato sulle navi delle Ong.
Gli altri lo hanno fatto a bordo di navi della Guardia Costiera, della Marina Militare, di assetti navali delle missioni di Frontex o di imbarcazioni mercantili
Perchè la procura di Palermo ha chiesto l’archiviazione
Rimanevano le inchieste. Ma quella tolta al procuratore di Catania Carmelo Zuccaro — quelle delle “ipotesi di lavoro” sulle connivenze tra Ong e trafficanti — sulla Open Arms della Ong Proactiva è stata archiviata.
L’accusa era la solita: associazione per delinquere finalizzata all’immigrazione clandestina.
Ovvero l’accusa che il MoVimento 5 Stelle, la Lega e altri partiti sovranisti hanno mosso alle Ong.
Nei giorni scorsi anche la Procura di Palermo ha chiesto l’archiviazione per l’accusa di associazione per delinquere (art. 416, comma 6, cp) e favoreggiamento dell’immigrazione irregolare (art. 12 D. Lgs 286 del 1998) nei confronti del personale di due Ong che operano nel Mediterraneo Centrale in operazioni di soccorso al largo della Libia.
La lettura del documento della Procura di Palermo è illuminante perchè fa chiarezza sul ruolo delle Ong e su come il loro operato nelle aree SAR di competenza italiana (ivi compresa la cosiddetta “area SAR libica”) si sia svolto entro il perimetro della legge italiana nonchè dei trattati internazionali.
La Procura osserva innanzitutto quello che andiamo spiegando da mesi: le operazioni di salvataggio da parte della Golfo Azzurro sono avvenute sotto il coordinamento del IRMCC della Guardia Costiera, con sede a Roma.
Si ricorderà che all’epoca dei fatti le Ong vennero accusate di aiutare i trafficanti libici favorendo il recupero dei motori usati per spingere al largo i gommoni. la vicenda fu anche oggetto di un servizio di Report dove non si metteva minimamente in dubbio l’impianto accusatorio (eppure in Italia vige il principio della presunzione d’innocenza).
Nella richiesta d’archiviazione la Procura scrive che alla luce delle indagini svolte «non si ravvisano elementi concreti che portano a ritenere alcuna connessione tra i soggetti intervenuti nel corso delle operazioni di salvataggio a bordo delle navi delle ONG e i trafficanti operanti sul territorio libico».
In particolare «non è emersa la prova che i soggetti che materialmente tranciarono i motori fuori dei gommoni con a bordo i migranti facevano parte della ONG “Juventa”, nè d’altra parte una loro connessione di qualche tipo con i trafficanti». Insomma non ci sono prove, e non a caso nè Di Maio, nè Salvini nè altri sono mai riusciti a trovare una prova concreta.
Nessuno invece parla di come la guardia costiera libica sia coinvolta, secondo l’ONU, in operazioni di traffico di esseri umani.
Le attività di soccorso e assistenza umanitaria non costituiscono reato
Ma non c’è solo questo nella richiesta di archiviazione. Si parla anche di come la condotta delle Ong sia stata ineccepibile dal punto di vista del rispetto delle normative vigenti.
La Procura innanzitutto contestualizza l’operato delle Ong spiegando che «lo Stato responsabile per una determinata area SAR ha l’obbligo di andare in soccorso e di coordinare l’operazione di salvataggio e le adeguate misure di protezione». L’intervento della Ong quindi è giustificato dalle norme del diritto internazionale anche perchè — si legge — «occorre infine sottolineare come, allo stato, non vi siano acque SAR libiche ufficialmente riconosciute». Esattamente quello che abbiamo scritto qui.
Dal momento che le persone a bordo dei gommoni erano in pericolo (a causa del sovraffollamento dei gommoni e per la presenza a bordo di donne e minori) l’intervento degli operatori di soccorso (a maggior ragione se coordinati dal MRCC di Roma) era legittimo «anche se le condizioni meteorologiche non dovessero rappresentare, al momento del salvataggio, un problema».
Secondo la Procura non rappresenta un fatto di rilevanza penale nemmeno il mancato raggiungimento di altri porti di approdo più vicini al punto dei soccorsi perchè il cosiddetto place of safety non deve essere individuato esclusivamente riguardo la posizione geografica (come sostengono dalle parti di Salvini) ma in base al criterio del rispetto dei diritti dei migranti.
Ragion per cui, ad esempio, i migranti non possono essere rimandati in Tunisia (che non riconosce il diritto all’asilo politico), in Libia o in Niger.
Paesi questi ultimi dove — come spiega l’avvocato Fulvio Vassallo Paleologo — non esiste un’autorità statale in grado di garantire il rispetto dei diritti umani.
(da “NextQuotidiano”)
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Giugno 27th, 2018 Riccardo Fucile
NON SI POSSONO ATTUARE RESPINGIMENTI DI MASSA, LO VIETA LA LEGGE INTERNAZIONALE, IL COMANDANTE HA FATTO BENE A RIFIUTARSI DI RESTITUIRE I MIGRANTI A UNA ASSOCIAZIONE A DELINQUERE, UNA SENTENZA GLI DA’ RAGIONE ANCHE IN ITALIA… SE SALVINI VUOLE REGALARE 12 MOTOVEDETTE AI LIBICI, LO FACCIA CON I SUOI SOLDI, GLI ITALIANI NON FINANZIANO ASSOCIAZIONI A DELINQUERE
L’unico vero vincitore si chiama Claus-Peter Reisch. il valoroso comandante della nave Lifeline, con a bordo 234 migranti rimasti in mare per oltre una settimana grazie alla vigliaccheria dell’Europa che per paura di perdere quattro voti di merda dei razzisti ha messo a rischio la vita di esseri umani
La nave è approdata al porto di Malta dopo aver ottenuto il permesso dal governo di La Valletta. I richiedenti asilo saranno ridistribuiti tra otto stati membri dell’Ue, già questo è penoso se si pensa che per salvare 234 vite devono concorrere otto governi, mentre i soliti razzisti dei Paesi dell’Est, tanbto cari a Salvini, se ne fottono e nessuno li caccia a calci in culo dalla Ue.
Ora la nave, come annunciato dal premier maltese, Joseph Muscat, è stata sequestrata e verranno avviate indagini sulla sua regolarità .
Non sarebbe la prima volta che le accuse interessate vengono smentite dai fatti.
1) Se la nave ha agito entro le 30 miglia era in acque internazionali.
2) In quel caso la Guardia Costiera italiana non poteva demandare l’intervento alla Guardia Costiera libica su cui pende un procedimento dell’Onu e quindi ben avrebbe fatto il comandante a rifiutarsi di consegnare i profughi ai ciriminali libici (come confermato da una recente sentenza del tribunale di Ragusa)
3) Nessuno nega più che la nave avesse diritto a battere bandiera olandese, ma si sostiene che le piccole dimensioni non permettevano un intervento di salvataggio di 234 persone. Bene, perchè allora non sono intervenute altre unità come è stato fatto nei giorni scorsi? Forse perchè qualcuno a bordo aveva definito razzista Salvini e si voleva fargliela pagare? Il comandante ha dimostrato che la nave ha accolto 234 persone lo stesso, sono altri gli infami che non l’hanno fatto e hanno lasciato vite umane a rischio per miserabili calcoli politici.
4) Salvini oggi annuncia che l’Italia fornirà gratuitamente altre 12 motovedette a quella banda di criminali collusi con i clan della Guardia Costiera libica.
Lo faccia coi suoi soldi, non con quelli degli Italiani che non finanziano criminali.
Neanche le abbiamo 12 motovedette, di che cazzo parla?
(da agenzie)
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Giugno 27th, 2018 Riccardo Fucile
I FIDUCIARI DEI CASSIERI DEL CARROCCIO NON HANNO ATTESO LA FLAT TAX: LE CASSEFORTI SONO GIA’ STATE SPOSTATE NEI PARADISI FISCALI DEL CENTROAMERICA E DI MALTA
In attesa della mitica flat tax, i fiduciari dei cassieri della Lega si sono portati avanti. Hanno aperto società -cassaforte all’estero, nei più rinomati paradisi fiscali, dove le tasse sono bassissime o inesistenti: da Panama, il centro finanziario più chiacchierato del mondo, a Malta, l’isola delle offshore con la targa europea, la stessa nazione che ora è al centro delle disfide marittime scatenate dal ministro Matteo Salvini sulle navi dei migranti.
Angelo Lazzari è un manager bergamasco con una rete di società in Lussemburgo, che ha consolidati legami d’affari con i cassieri della Lega.
Intrecci societari, rivelati da un’inchiesta di Giovanni Tizian e Stefano Vergine, che collegano il suo gruppo finanziario con lo studio professionale dei nuovi custodi dei fondi pubblici incassati dai gruppi parlamentari della Lega, Andrea Manzoni e Alberto Di Rubba, e con il tesoriere ufficiale del partito, Giulio Centemero, in carica dal 2014. Una squadra di commercialisti bergamaschi arruolati da Salvini per gestire i conti del Carroccio dopo l’arresto dell’ex tesoriere Francesco Belsito, la condanna in primo grado di Umberto Bossi e figli, il sequestro giudiziario dei 48 milioni dello scandalo, di cui però la magistratura ha potuto bloccarne solo un paio: gli altri sono scomparsi, tanto che la Procura di Genova ha aperto un’inchiesta per riciclaggio che punta proprio sul Lussemburgo.
Lazzari gestisce fondi d’investimento italiani e lussemburghesi ed è anche il fondatore di una rete di fiduciarie collegate allo studio dei commercialisti della Lega.
Le fiduciarie sono società -schermo che servono a nascondere, legalmente, gli azionisti che vogliono restare anonimi.
In Europa, Italia compresa, i trattati contro il riciclaggio di denaro sporco impongono anche alle fiduciarie di identificare e registrare i clienti: i nomi dei titolari restano riservati, ma il segreto deve cadere di fronte a un’indagine della magistratura.
I nuovi Panama Papers ora collegano Lazzari a una società esotica, finora sconosciuta, che è totalmente anonima.
Si chiama Jontown, è nata a Panama il 31 gennaio 2006 e ha sempre avuto proprietari misteriosi: tutte le azioni, fino al giugno 2010, erano «al portatore».
Significa che il padrone della società -cassaforte non è registrato da nessuna parte: il proprietario è chi ha in mano un certificato azionario, cioè un pezzo di carta.
In Italia le azioni al portatore sono vietate da un quarto di secolo: la legge è cambiata dopo le storiche istruttorie di Falcone e Borsellino sui tesori mafiosi riciclati in conti esteri intestati a società anonime.
In molti paradisi offshore, invece, i titoli al portatore restano tuttora leciti.
I documenti interni mostrano che neppure lo studio Mossack Fonseca, la premiata fabbrica di offshore travolta dai Panama Papers, ha mai conosciuto i nomi degli azionisti.
Della Jontown si sa soltanto che ha un capitale sociale di diecimila dollari ed era nata per raccogliere finanziamenti anonimi da investire in attività non precisate.
Il ruolo di Lazzari viene svelato da una serie di documenti interni archiviati a Panama tra giugno e luglio 2010.
Il segreto s’incrina perchè la Jontown progetta un aumento di capitale. Quindi i direttori-fiduciari non bastano più: bisogna organizzare a Panama City un’assemblea degli azionisti. Che si fanno rappresentare proprio da Angelo Lazzari.
Negli stessi giorni le azioni al portatore vengono sostituite con nuovi certificati di proprietà , intestati però non a persone identificate, ma a un fondo d’investimento lussemburghese: Iris Fund Sicav Fis.
Una cassaforte con la targa europea creata sempre da Lazzari per raccogliere finanziamenti da reinvestire. Poi l’aumento di capitale salta, ma i soldi sembrano arrivare comunque, anche in Europa: nell’aprile 2011 i fiduciari panamensi deliberano l’apertura di un conto nella banca Abn Amro in Lussemburgo.
Gli affari continuano fino al 28 maggio 2012, quando la Jontown viene resa “inattiva”: l’attività è sospesa, ma potrebbe ripartire. La cassaforte panamense viene chiusa e cancellata dai registri solo il 15 luglio 2014.
A gestire i rapporti con Mossack Fonseca è fin dall’inizio una società lussemburghese, Global Trust Advisors, che è anche uno degli azionisti (minori) delle fiduciarie italiane fondate da Lazzari e collegate ai commercialisti della Lega.
L’unica persona identificata come rappresentante dei misteriosi azionisti della Jontown, in tutta la sua esistenza, è il manager bergamasco.
L’Espresso ha offerto a Lazzari l’opportunità di chiarire il suo ruolo e ha ottenuto questa risposta, attraverso un portavoce: «Jontown era una società di scopo di proprietà di un fondo d’investimento di diritto lussemburghese, chiuso nel 2010, che svolgeva principalmente attività di trading in valute. La società è stata creata a Panama perchè il fondo si avvaleva di un broker americano. Il fondo era autorizzato a operare dalle competenti autorità di vigilanza lussemburghesi. La società è stata disattivata e poi cancellata a seguito della chiusura del fondo».
Sui nomi dei proprietari, Lazzari si limita a dire che «le azioni erano di proprietà del suddetto fondo».
Mentre Global Trust e Mossack Fonseca erano solo «studi professionali che si sono occupati delle gestione burocratica e amministrativa della società ».
Alla domanda se la Jontown di Panama sia stata dichiarata alle autorità italiane e in particolare al fisco, Lazzari ha risposto che «la società era un veicolo di un fondo d’investimento lussemburghese, soggetto quindi alla normativa e alle autorità lussemburghesi».
Lo sbarco a Malta con il banchiere
Giorgio Balduzzi è un altro commercialista bergamasco collegato ai cassieri della Lega. Tra il 2014 e il 2016, in particolare, ha rappresentato la fiduciaria Seven (quella fondata da Lazzari) nella costituzione di alcune società italiane registrate nello stesso studio dei commercialisti di Salvini: in altre parole, ha garantito l’anonimato, legalmente, ad alcuni clienti dei suoi colleghi leghisti.
Ed è sua sorella, Laura Balduzzi, che nel settembre 2013 ha ceduto quello studio di Bergamo agli attuali cassieri del Carroccio.
Ora le nuove carte del consorzio giornalistico Icij mostrano che Balduzzi è anche uno dei due soci fondatori di una società di Malta, ammessa a beneficiare del cosiddetto regime offshore: tasse bassissime su oltre il 90 per cento dei profitti prodotti all’estero (Italia compresa).
Anche questa è una cassaforte finanziaria, con un capitale nominale di 1.200 euro, denominata Wic Asset Management Ltd.
Oltre che azionista, Balduzzi ne è stato amministratore fino al 14 novembre 2014, quando ha venduto il suo 50 per cento a un banchiere d’affari maltese, Alain Mangion.
Balduzzi controlla tuttora una serie di società italiane con lo stesso nome, il gruppo Wic, che gestiscono fondi d’investimento e ditte collegate che offrono intestazioni fiduciarie, consulenze fiscali e recupero crediti.
A Malta è sbarcato insieme a un altro commercialista lombardo, Andrea Lupini, con studio a Busto Arsizio, che risulta tuttora socio di Mangion.
Il banchiere è l’amministratore delegato della Credinvest di Malta, una banca d’affari specializzata nel finanziare grandi opere anche all’estero, realizzate da imprese private ma con garanzie statali, «di valore superiore a un miliardo di euro», come precisa nel suo sito. La Credinvest è attiva soprattutto in Russia e nei paesi dell’Est.
Il banchiere diventato socio dei lombardi ha forti legami con il potere politico: fu anche nominato, tra l’altro, ambasciatore di Malta in Romania. Una carica abbandonata nel 2008, quando il giornale romeno Cotidianul rivelò che la sua Credinvest, mentre lui faceva il diplomatico pubblico, aveva ottenuto ricche consulenze dal governo di Bucarest per un piano di autostrade da oltre un miliardo. Intervistato dal Times di Malta, Mangion si difese spiegando di non aver «mai utilizzato le strutture dell’ambasciata» per favorire la sua banca privata, ma poi si è dimesso. Mentre la sua Credinvest, dal 2013, ha stretto «un nuovo accordo con il governo romeno», sempre sui maxi-progetti stradali.
L’Espresso ha interpellato anche Balduzzi, che ha risposto di persona: «Dal 2010 al 2015 ho investito molto tempo nel ricercare di capitalizzare società che investissero in piccole imprese italiane. Non riuscendoci in Italia, abbiamo provato all’estero, a Malta, Lussemburgo, America, ma senza alcun risultato. Le piccole imprese italiane purtroppo non piacciono nè alle nostre banche nè agli investitori esteri»
Quindi la società di Malta serviva a raccogliere fondi da investire in Italia? «Esatto». E chi vi ha presentato a Mangion? «Il dottor Lupini considerava la presenza su Malta fondamentale per intercettare capitali e riteneva che il banchiere avrebbe potuto raccoglierli. Abbiamo speso soldi, fatto incontri, ma senza risultati. Quindi ho ceduto le mie quote, su suggerimento di Lupini, al suo contatto Mangion».
La società estera è stata dichiarata al fisco italiano? Balduzzi, che è commercialista, risponde così: «La quota è stata acquistata e rivenduta nello stesso anno, senza alcuna plusvalenza».
Lo stratega dello sbarco a Malta, insomma, è Lupini, che racconta com’è finita: «La società sostanzialmente ha smesso di operare. Avevamo contattato Mangion perchè ha legami scon investitori ricchissimi, soprattutto russi, ma poi ho preferito ritirarmi per problemi di natura legale».
Quali? Lupini pesa le parole: «Mi occupo di fiscalità internazionale e ho sempre rispettato tutte le norme. Malta però non è l’Italia. E con Mangion non ci risultava sempre chiara l’origine dei fondi di alcuni investitori. Quindi ho voluto evitare ogni ipotetico rischio».
Oggi la Credinvest di Mangion pubblicizza anche un’altra attività di rilievo politico: dal 2015 è diventata «un agente accreditato dal governo di Malta» nel programma che concede la cittadinanza ai ricchi investitori stranieri.
Gli extracomunitari poveri, in Europa, ci arrivano con i barconi da clandestini, affamati, disperati e rifiutati.
I miliardari invece ci entrano con i soldi e un passaporto europeo da vip: basta pagare la parcella agli amici degli amici di Salvini.
(da “L’Espresso”)
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Giugno 27th, 2018 Riccardo Fucile
FORSE SAREBBE MEGLIO UN TRATTAMENTO SANITARIO OBBLIGATORIO… OMICIDI DIMEZZATI E CRIMINI CALATI DEL 10%
In Italia diminuiscono i reati ma crescono la paura e la voglia di sicurezza fai da te: il 39% degli italiani è favorevole a introdurre criteri meno rigidi per il possesso di un’arma da fuoco per la difesa personale.
Un dato in netto aumento rispetto al 26% del 2015. A dirlo è il primo Rapporto sulla filiera della sicurezza in Italia realizzato dal Censis.
I più favorevoli sono le persone meno istruite, il 51% tra chi ha al massimo la licenza media, e gli anziani, il 41% degli over 65.
ROMA TORINO E NAPOLI
Capitale del crimine è Milano, al primo posto con 237.365 reati commessi nel 2016 (il 9,5% del totale), poi Roma (con 228.856 crimini, il 9,2%), Torino (136.384, pari al 5,5%) e Napoli (136.043, pari al 5,5%).
Anche considerando l’incidenza del numero dei reati in rapporto alla popolazione, Milano resta in vetta alla classifica, con 7,4 reati denunciati ogni 100 abitanti, seguita da Rimini (7,2), Bologna (6,6), Torino e Prato (entrambe con 6 reati ogni 100 abitanti).
LE RAPINE CALANO DEL 37% E I FURTI DEL 13,9%
I reati nel 2017 sono in calo di oltre il 10% rispetto al 2016. E gli omicidi sono quasi dimezzati in dieci anni, da 611 a 343. Le rapine passano da 45.857 a 28.612 (-37,6%), i furti scendono da quasi 1,4 milioni a poco meno di 1,2 milioni (-13,9%).
IN CITTA’ SI SENTE INSICURA META’ DELLA POPOLAZIONE
La concentrazione dei reati in alcune zone amplifica pero’ le paure. In sole quattro province italiane, dove vive il 21,4% della popolazione, si consuma il 30% dei reati.
Il 31,9% delle famiglie italiane percepisce il rischio di criminalita’ nella zona in cui vive. Le percentuali piu’ alte si registrano al Centro (35,9%) e al Nord-Ovest (33%), ma soprattutto nelle aree metropolitane (50,8%) dove si sente insicuro un cittadino su due.
Ad essere più preoccupate sono le persone con un basso reddito, che vivono in contesti più disagiati, dove – secondo il 27,1% – la criminalità è il secondo problema più grave del Paese dopo la mancanza di lavoro.
QUATTRO MILIONI E MEZZO CON ARMI DA FUOCO IN CASA
Crescono le richieste di porto d’armi, il numero dei cittadini legittimati a sparare: nel 2017 nel nostro Paese si contavano 1.398.920 licenze per porto d’armi, (dall’uso caccia alla difesa personale), con un incremento del 20,5% dal 2014 e del 13,8% solo nell’ultimo anno. La crescita piu’ forte si e’ avuta per le licenze per il tiro a volo (poco meno di 585 mila, +21,1% in un anno), piu’ facili da ottenere
Si stima che oggi complessivamente c’e’ un’arma da fuoco nelle case di quasi 4,5 milioni di italiani, di cui 700 mila minori.
MENO AGENTI IN SERVIZIO E SEMPRE PIU’ ANZIANI
E se il senso di insicurezza cresce, ci sono al lavoro sempre meno agenti e sempre più anziani, nonostante le nuove assunzioni previste.
Le forze dell’ordine – sottolineano i ricercatori – godono di una grande fiducia da parte degli italiani, ma si trovano alle prese con i tagli della spesa pubblica (-1,4% in termini reali la spesa per l’ordine pubblico e la sicurezza nel periodo 2008-2016, -6,4% la spesa per il personale).
Risultato? Tra il 2008 e il 2016 si registrano 22mila uomini e donne in meno nei diversi Corpi di polizia (in particolare, 86.000 under 45 in meno): oggi il 7,8% degli operatori della sicurezza pubblica ha piu’ di 55 anni, mentre nel 2008 gli over 55 erano solo l’1,9%.
(da agenzie)
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Giugno 27th, 2018 Riccardo Fucile
CONTINUANO AD AUMENTARE I TASSI, PORTANDO A UN MAGGIOR COSTO DEGLI INTERESSI A CAUSA DELLE TENSIONI SULLO SPREAD
I rendimenti dei titoli di Stato continuano ad aumentare a causa delle tensioni sullo spread e nelle aste del Tesoro continuano ad aumentare i tassi, portando a un maggiore costo per gli interessi.
Un effetto delle promesse elettorali del governo Lega-M5S nonostante le rassicurazioni del ministero dell’Economia sul 2018:
Nonostante una domanda abbastanza sostenuta da parte degli investitori, il copione più volte andato in scena nelle ultime settimane si è infatti ripetuto ieri nelle aste con cui il Tesoro ha collocato un importo complessivo di tre miliardi di euro.
I tassi dei Ctz a 24 mesi sono arrivati allo 0,917% con un aumento di 57 punti base rispetto all’emissione precedente, mentre quelli dei Btp indicizzati a 5 anni si sono attestati allo 0,9% (+67 punti) e quelli dei Btpi a 30 anni all’1,78%(+36 punti).
Questo risalire dei rendimenti non è, ovviamente, del tutto indolore per il Tesoro. Comporta un maggiore esborso, e va quindi ad appesantire gli oneri del debito. Di quanto?
È possibile stimare in oltre 160 milioni il maggiore aggravio che via XX Settembre ha dovuto sostenere nelle aste a partire dagli ultimi giorni dello scorso maggio.
Ovvero da quando il braccio di ferro tra Quirinale e alleanza giallo-verde sulla nomina di Paolo Savona all’Economia aveva innescato una corsa dello spread fin oltre il traguardo dei 215 punti. Da allora le cose non sono migliorate. Anzi.
In questo clima non giova di certo che il ministro Tria venga additato come un possibile infiltrato dell’Europa nel governo Lega-M5S:
Il differenziale tra Btp e Bund tedesco ha chiuso ieri a quota 258 dai 251 di lunedì, con il rendimento dei titoli a 10 anni al 2,91%, in netto rialzo dal precedente 2,84%. Le rassicurazioni offerte dal ministro dell’Economia, Giuseppe Tria, sul rispetto delle regole di bilancio europee e sull’appartenenza dell’Italia all’eurozona hanno solo temporaneamente rassicurato i mercati.
Tornati a farsi prudenti dopo le nomine di due pasdaran anti-euro come Claudio Borghi (a capo della commissione bilancio della Camera) e Alberto Bagnai (alla presidenza della commissione finanze del Senato) e preoccupati per la possibilità che una politica in deficit spending del governo annulli il nostro pluriennale surplus primario (saldo attivo tra spese ed entrate, al netto della spesa per interessi), uno dei pilastri della sostenibilità del debito pubblico italiano.
(da agenzie)
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Giugno 27th, 2018 Riccardo Fucile
“NELLA CAPITALE GLI ELETTORI M5S SONO IN ATTESA DI RISULTATI CONCRETI E INTANTO SI RIFUGIANO NELL’ASTENSIONISMO”
“Penso che molti nostri elettori nella capitale non siano andati a votare perchè, dopo due anni di amministrazione a cinquestelle, sono in attesa di risultati più evidenti, di un miglioramento più concreto”.
In un’intervista all’edizione romana della Repubblica, Roberta Lombardi mette nel mirino i primi due anni della giunta M5S guidata da Virginia Raggi, “stiamo facendo di tutto per rianimare una città lasciata in coma da decenni di malgoverno, ruberie, inefficienze. Ma evidentemente non basta, bisogna fare di più”.
“Il marchio M5S è un cappello sotto il quale chiunque voglia fare politica e impegnarsi in prima persona nella gestione della cosa pubblica senza passare dalla trafila tradizionale dei partiti e senza lobby alle spalle può collocarsi. Quindi è un veicolo potente, come abbiamo visto. È chiaro che le persone che godono dell’opportunità offerta dal Movimento – a tutti i livelli, locale, regionale, nazionale – devono poi riuscire a far funzionare le cose, devono utilizzare la propria posizione per migliorare l’Italia ottenendo risultati concreti, sia al governo che stando all’opposizione”.
A Roma gli elettori M5S, spiega Lombardi, “sono in attesa di un cambio di passo”. Intanto “si rifugiano nell’astensionismo”.
“Per noi è una sconfitta perchè significa che tanti cittadini rinunciano a partecipare alla vita pubblica, il che è esattamente contrario alla prima ragione di vita del M5S: ridare le chiavi dello stato ai cittadini, rifarli padroni delle loro esistenze. In più altre forze politiche hanno un elettorato fidelizzato, spesso anche clientelare mentre il nostro non lo è, quindi bassa affluenza quasi sempre significa sconfitta”.
(da agenzie)
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Giugno 27th, 2018 Riccardo Fucile
TANTI PROCLAMI E NESSUNA AZIONE CONCRETA, ANZI AMICIZIE IMBARAZZANTI
Federica Angeli su Repubblica oggi firma un commento molto interessante che mette insieme i molti proclami della Giunta Raggi sulla lotta alla mafia e le azioni concrete del Comune di Roma nei confronti dei tanti casi “difficili” come quelli dei Casamonica e degli Spada.
L’autrice di A mano disarmata spiega che quella della Raggi finora è stata l’antimafia delle parole: come ad esempio quando dal palco di Ostia in chiusura di campagna elettorale promise che nessuno della famiglia Spada avrebbe trovato sponde nel M5S.
Appena due anni dopo i fatti la smentirono.
A febbraio, a lei e alla sua amministrazione piombò addosso la responsabilità dell’assegnazione di un alloggio popolare a Giuseppe Spada.
Fu proprio il Comune di Roma del sindaco 5 Stelle Virginia Raggi a sanare in un palazzo di piazza Ener Betteca, a Ostia, l’occupazione abusiva dello zio dei boss Carmine e Roberto, condannato a 6 anni con l’aggravante del metodo mafioso per la testata al cronista di Nemo Daniele Piervincenzi.
Una determina dirigenziale, firmata dalla direzione Interventi alloggiativi, portò a dama un iter amministrativo senza alcuna resistenza nè opposizione della prima cittadina.
E poi ci sono i Casamonica:
«Passerò al setaccio le planimetrie delle ville abusive dei Casamonica alla Romanina», promise così battaglia Virginia Raggi dopo l’inchiesta di Repubblica che mostrava l’arroganza abusiva del clan sinti che alla Romanina fa il bello e il cattivo tempo. Parole al vento, anche in quella circostanza. Nessuna planimetria e nulla è stato fatto dal punto di vista burocratico e amministrativo dalla giunta a guida Raggi per mettere in qualche modo il bastone tra le ruote a quella pericolosa famiglia. L’antimafia delle parole insomma.
(da “Huffingtonpost”)
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Giugno 27th, 2018 Riccardo Fucile
L’EX MINISTRO LANCIA IL FRONTE REPUBBICANO: EUROPEISMO, INNOVAZIONE, DIFESA DELL’INTERESSE ITALIANO, CURA SHOCK DELL’ANALFABETISMO FUNZIONALE
Un “Fronte Repubblicano”, un’alleanza contro i sovranismi, cinque idee da cui ripartire e la convinzione che “si può fare: L’Italia è più forte di chi la vuole debole!”. Carlo Calenda sceglie il Foglio per presentare il suo Manifesto politico.
Non nomina il Pd, a cui è iscritto, non nomina mai partiti, guarda “oltre il Pd” per un fronte che contrasti la “minaccia mortale” dei sovranismi.
La premessa è che oggi “l’Occidente è a pezzi”, che l’Europa “ha assunto un modello di governance politica debole, lenta e intergovernativa”, ma non è essa la causa dei problemi di oggi. E che “i prossimi 15 anni saranno probabilmente tra i più difficili che ci troveremo ad affrontare da un secolo a questa parte, in particolare per i paesi occidentali”, con le principali sfide che si presentano, l’invecchiamento della popolazione e la diffusione dell’automazione.
L’Italia anello fragile, finanziariamente e come collocazione geografica, di un occidente fragilissimo, è la prima grande democrazia occidentale a cadere sotto un Governo che è un incrocio tra sovranismo e fuga dalla realtà . Occorre riorganizzare il campo dei progressisti per far fronte a questa minaccia mortale.
Calenda propone “un’alleanza repubblicana che vada oltre gli attuali partiti e aggreghi i mondi della rappresentanza economica, sociale, della cultura, del terzo settore, delle professioni, dell’impegno civile” per “salvare la Repubblica dal “sovranismo anarcoide” di Lega e M5S”. Ci sono 5 idee chiave.
Tenere in sicurezza l’Italia.
“Occorre chiarire una volta per tutte che ogni riferimento all’uscita dell’Italia dall’euro ci avvicina al default. Deficit e debito vanno tenuti sotto controllo, non perchè ce lo chiede l’Europa ma perchè è indispensabile per trovare compratori per il nostro debito pubblico. Sotto il profilo della gestione dei flussi migratori proseguire il “piano Minniti” per fermare gli sbarchi”
Proteggere gli sconfitti.
“Rafforzando gli strumenti come il reddito di inclusione, nuovi ammortizzatori sociali, le politiche attive e l’apparato di gestione delle crisi aziendali in particolare quanto causate dalla concorrenza sleale di paesi che usano fondi europei e i vantaggi derivanti da un diverso grado di sviluppo per sottrarci posti di lavoro. Approvare il salario minimo per chi non è protetto da contratti nazionali o aziendali. Allargare ad altri settori fragili il modello del protocollo sui call-center per responsabilizzare le aziende e impegnarle su salari e il no a delocalizzazioni
Investire nelle trasformazioni.
Finanziare un piano di formazione continua per accompagnare la rivoluzione digitale. Proseguire il piano impresa 4.0 e portare a 100.000 i diplomati degli Istituti Tecnici Superiori. Implementare la Strategia Energetica Nazionale e velocizzare i 150 miliardi di euro previsti per raggiungere i target ambientali di CoP21. Aumentare la dotazione dei contratti di sviluppo e del fondo centrale di Garanzia per ricostituire al Sud la base industriale che serve per rilanciarlo. Rivedere il codice degli appalti per velocizzare le procedure di gara. Mantenere l’impegno sulla legge annuale per la concorrenza. Prevedere un meccanismo automatico di destinazione dei proventi della lotta all’evasione fiscale alla diminuzione delle tasse, partendo da quelle sul lavoro
Promuovere l’interesse nazionale in UE e nel mondo.
Abbiamo bisogno di un forte senso della patria per stare nel mondo e in UE. Partecipando al processo di costruzione di una Unione sempre più forte, in particolare nella dimensione esterna (migrazioni, difesa, commercio), tra il nucleo dei membri storici ma ribadendo la contrarietà all’inserimento del fiscal compact nei trattati europei e all’irrigidimento delle regole sulle banche. Promuovere la rimozione dei limiti temporali sulla flessibilità legata a riforme e investimenti approvata sotto la Presidenza italiana della UE. Sostenere la conclusione di accordi di libero scambio per aprire nuovi mercati al nostro export, ma mantenere una posizione intransigente sul dumping rafforzando clausole sociali e ambientali nei trattati
Conoscere.
Piano shock contro analfabetismo funzionale. Partendo dalla definizione di aree di crisi sociale complessa dove un’intera generazione rischia l’esclusione sociale. Estensione del tempo pieno a tutte le scuole. Programmi di avvio alla lettura, lingue, educazione civica, sport per bambini e ragazzi. Utilizzo del patrimonio culturale per introdurre i bambini e i ragazzi all’idea, non solo estetica, di bellezza e cultura.
Calenda parla di “uno Stato forte, ma non invasivo”, che “non butti i soldi pubblici per nazionalizzare Alitalia o Ilva”, con “un’architettura istituzionale che coniughi maggiore autonomia alle regioni con una clausola di supremazia dell’interesse nazionale che consenta di superare i veti locali”.
La battaglia che abbiamo di fronte si vince anche sconfiggendo il cinismo dei sostenitori di un “paese fai da te”. Si può fare: L’Italia è più forte di chi la vuole debole!
Calenda poi, parlando della leadership del Pd ai microfoni di “6 su Radio 1” afferma: “Gentiloni o Zingaretti per guidare il nuovo Pd? Paolo Gentiloni è un punto di riferimento per un’area anche più larga del Pd”. “Gentiloni – prosegue Calenda – possiede una reputazione, un’autorevolezza, e uno stile molto diverso da quello di Salvini e Di Maio, uno stile che a mio avviso rassicura il Paese. Penso che Zingaretti se si candiderà a fare il segretario del Pd, che è un lavoro ovviamente differente, sarà un ottimo segretario, una persona capace. Ma il punto ripeto è chi sia in grado di costruire una mobilitazione nazionale per la nascita di un soggetto nuovo; e questo secondo me richiede l’aiuto di tante persone e un punto di riferimento, che a mio avviso è Paolo Gentiloni”.
Padoan: “Manifesto di Calenda messaggio forte per il futuro dei progressisti”. “Il manifesto di carlo Calenda è un messaggio forte per il futuro dei progressisti: dare sicurezza all’Italia, proteggere i deboli, investire nelle trasformazioni, conoscere per crescere, modellare uno stato presente ma non invasivo”. Lo scrive su Twitter l’ex ministro dell’Economia Pier Carlo Padoan.
(da “Huffingtonpost”)
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