Luglio 24th, 2018 Riccardo Fucile
CORTE D’APPELLO SPESE PAZZE PIEMONTE: CONDANNATI ANCHE I PARLAMENTARI TIRAMANI (LEGA, 1 ANNO E 5 MESI) E MONTARULI (FDI, 1 ANNO E 7 MESI)
Undici mesi a Riccardo Molinari, oggi capogruppo alla Camera dei Deputati. È una delle
condanne pronunciate dalla Corte d’Appello di Torino per la Rimborsopoli dei consiglieri regionali della passata legislatura guidata dal centrodestra.
Molinari, che in primo grado era stato assolto, è stato riconosciuto colpevole del peculato di 1.158 euro.
Per lui la Corte ha anche disposto l’interdizione per cinque anni dai pubblici uffici sospendendola comunque per 12 mesi.
Tutti condannati, anche l’ex governatore del Piemonte Roberto Cota, che era stato assolto in primo grado.
Tra i condannati figurano altri due parlamentari: il leghista Paolo Tiramani (un anno e cinque mesi) e Augusta Montaruli di Fratelli d’Italia (un anno e sette mesi
La sentenza d’appello per Rimborsopoli colpisce con una condanna per peculato tutti e 25 gli ex consiglieri regionali travolti dallo scandalo delle spese pazze pagate con il budget a disposizione dei gruppi consiliari.
È stato il sostituto procuratore generale Giancarlo Avenati Bassi, che già aveva coordinato l’inchiesta assieme a Enrica Gabetta, a sostenere l’accusa anche in questo secondo grado di giudizio, sia per coloro che erano stati assolti in primo grado, sia per coloro che erano stati condannati ma non per tutte le spese contestate.
Tra gli imputati tornati in gioco c’è l’ex governatore Roberto Cota, colpito da una pena di un anno e sette mesi, che era stato assolto in primo grado, mentre davanti al giudice d’appello il pg aveva chiesto una condanna a due anni e quattro mesi.
Tra coloro che sono stati condannati dopo una prima assoluzione ci sono anche Michele Dell’Utri (1 anno e 6 mesi), Federico Gregorio (1 anno e sei mesi), Massimo Giordano (1 anno e 6 mesi), Riccardo Molinari (11 mesi), Paolo Tiramani (1 anno e 5 mesi), Alberto Goffi (1 anno e 5 mesi), Maurizio Lupi (1 anno e 4 mesi) e la figlia Sara (1 anno), Roberto De Magistris (1 anno e 6 mesi), Rosanna Valle, Girolamo La Rocca, Lorenzo Leardi, Massimiliano Motta e Angelo Burzi (2 anni e 4 mesi).
Confermate ma diverse nelle pene la sentenza di condanna degli otto ex consiglieri regionali che erano stati ritenuti colpevoli : Michele Giovine, Andrea Stara, Michele Formagnana, Roberto Tentoni, Alberto Cortopassi, Daniele Cantore (1 anno e 8 mesi), Giovanni Negro (1 anno e 10 mesi) e Augusta Montaruli (1 anno e 7 mesi).
Hanno invece rinunciato all’appello in cambio del patteggiamento a una riduzione della pena Angiolino Mastrullo, che ha concordato un anno e sei mesi dopo aver restituito alla Regione Piemonte 70 mila euro che gli erano stati contestati, e Rosa Anna Costa, un anno e nove mesi.
(da agenzie)
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Luglio 24th, 2018 Riccardo Fucile
“NON MI FERMANO, SCOPRIRO’ GLI AUTORI DEI MESSAGGI”… SALVINI NON CONDANNA QUESTI INFAMI? UN MINISTRO DEGLI INTERNI NON HA NULLA DA DIRE SE UN CITTADINO VIENE MINACCIATO?
Ad essere deriso e insultato per la sua attività di debunker, David Puente è abituato. Anche alle minacce, finora, ha cercato di non dare troppa importanza. Ma questa volta no: è troppo.
“Lo scorso weekend è stato veramente pesante. I messaggi di minacce sono stati molto più numerosi e, soprattutto, molto più violenti del solito – racconta Puente che, questa volta ha deciso di pubblicare sui social gli screenshot dei messaggi -. Lo stress psicologico è altissimo, perchè il metodo che utilizzano queste persone mette a dura prova i nervi: lanciano il sasso e poi nascondono la mano”.
Ma la preoccupazione e la tensione non scalfiscono la determinazione di Puente: “Non mi ferma questo. Io continuo a fare quello che faccio, anzi ancora di più”.
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stato l’attacco sferrato dall’account di Paolo Arduini (profilo dichiaratamente falso): “Sondaggio: chi fa più cagare tra David Puente e Saviano?? Lo so, non è facile rispondere, sono orrendi entrambi…” è il testo che David ha letto sotto al post nel quale denunciava le fake news di Lara Pedroni, un account falso che pubblicava fotomontaggi di Saviano e Boldrini con frasi mai riferite dagli interessati.
Ma prima il debunker era già stato contattato in privato e minacciato di morte: “Dormi con un occhio aperto, perchè prima o poi ti trovo, poi vediamo se fai ancora il fenomeno”; “Mi sto già informando su dove risiedi, ci vediamo presto”; “Tu sei già un Morto che cammina”, si legge nei messaggi che Puente ha reso pubblici. E ancora: “Fatti pagare la scorta come Saviano, perchè prima o poi Cadi”.
“Ti cercano in tutti i modi: via Facebook, sui vari canali da Messenger a YouTube… Tu vedi che ci sono messaggi e non li accetti. Ma dopo un po’ i messaggi scompaiono. Lo stesso accade per le minacce: ne ho lette alcune e poi ti viene naturale andarle a cercare per rileggere e magari capire qualcosa in più. Ma non le trovi”.
L’account di Paolo Arduini, naturalmente, dopo il fiume di minacce, è stato cancellato: “Non ho idea di quale mano possa esserci dietro. Il profilo non era troppo recente, seguiva pagine simpatizzanti M5s e Salvini. Ma ancora non sono riuscito ad individuare l’autore”.
Però David non si arrende e non ha assolutamente intenzione di lasciarsi intimidire, grazie anche al sostegno che gli è stato manifestato da tantissime persone sul web: “Con quello che faccio, sono pronto a ricevere e ad accettare critiche. Da sempre cercano di deridermi e ridicolizzarmi per i fake che smaschero. Ho sempre cercato di non rispondere nè sul blog nè sui social a chi mi attaccava. Solo qualche volta ho riportato, su spazi condivisi con altri debunker, le minacce che mi erano arrivate. Ma non sono il tipo che va a lamentarsi di queste cose. Se ho intenzione di smettere di andare a caccia di falsità ? Assolutamente no. Avrei già potuto farlo da tempo. Non l’ho fatto prima e non lo farò adesso”.
Anche di un’altra cosa Puente è certo: riuscirà a individuare gli autori: “Già in passato ho sporto denunce nei confronti di persone precise, di cui avevo individuato l’identità . Anche questa volta prima o poi faranno un errore. E io sarò lì, perchè voglio che paghino secondo la legge”.
(da “La Repubblica”)
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Luglio 24th, 2018 Riccardo Fucile
NON SOLO IL CDA, LA LOTTIZZAZIONE RAGGIUNGE ANCHE I DIRETTORI DI RETE E TG
Le nomine dei Tg piombano sul tavolo del vertice di palazzo Chigi, convocato sul tema delle
nomine Rai. Tg1, Tg2, Tg3, ovvero la guida dell’informazione, caselle cruciali nell’anno della campagna sovranista di qui alle europee.
È l’intero “pacchettone” che il leader della Lega vuole negoziare, contestualmente alla nomina del nuovo direttore generale e alla scelta del nuovo presidente, figura più di prestigio che di potere reale.
Che, in sostanza, “vincola” il nuovo dg, qualunque manager sia, ad applicare il Cencelli del cambiamento scelto dai leader di partito.
Di questo parleranno nel vertice i due vicepremier con Conte e il ministro dell’Economia Giovanni Tria, colui che materialmente dovrà nominare i due membri del cda mancante, uno dei quali (da prassi) è il nuovo dg, l’altro il nuovo presidente. Fonti dentro la trattativa spiegano prosaicamente: “La priorità di Salvini è l’assetto dell’informazione. Chiuso su quello, su direttore generale e presidente l’accordo si raggiunge in un minuto”.
Anche sulla nomina di Fabrizio Salini, ex Fox ed ex La7, molto gradito a Di Maio, perchè lo considera un profilo innovativo e al passo con i tempi.
Detto ancora più prosaicamente, la richiesta del leader leghista, è il Tg1, l’ammiraglia dell’informazione italiana più, ovviamente, i Tgr, la casella che, di fatto, si è liberata perchè l’attuale direttore Andrea Morgante andrà a Tv2000, l’emittente di proprietà della conferenza episcopale italiana.
Il tetto dei compensi a 240mila euro poco si presta a realizzare il sogno sovranista di portare in Rai Mario Giordano, l’ex direttore del Tg4, tolto dagli schermi del Biscione perchè troppo “sovranista” e nominato direttore delle strategie e sviluppo dell’informazione Mediaset.
Sia come sia, la casella è il cuore della trattativa. Prosegue la fonte: “I Cinque stelle non possono mollare il Tg1, perchè rivendicano il proprio peso di primo partito”.
Uno degli schemi graditi ai pentastellati, riproduce un vecchio classico: il Tg1 al primo partito di governo (dunque i Cinque Stelle, come una volta era per la Dc o Forza Italia), il Tg2 all’alleato (dunque la Lega, come una volta accadeva col Psi o An), Raitre alla sinistra, ma con qualche innesto.
Il nome per la madre di tutte le nomine al Tg1, è quello di Milena Gabanelli, la prima scelta sulla presidenza che fosse spettata ai Cinque stelle.
Nome che, rispetto alle figure del salvinismo televisivo, avrebbe un effetto meno dirompente sul Tesoro e sul Quirinale, verso il quale Di Maio vorrebbe evitare di aprire fronti polemici sul più istituzionale dei tg, anche se il capo dello Stato su questa vicenda non è stato interpellato neanche in via informale.
La seconda rete, in questo schema, andrebbe alla Lega. I nomi più accreditati sono quello di Alessandro Giuli, giornalista e intellettuale sovranista e attuale co-conduttore di Night-Tabloid, come possibile direttore di Tg o di Rete, se al Tg dovesse andare Gennaro Sangiuliano, l’attuale vice-direttore del Tg1 molto gradito a Matteo Salvini.
L’idea, su Raitre, è di tenerla comunque in quota opposizione, inserendo il giornalista di Raiuno Alberto Matano come vicedirettore di Rete, anche se il suo nome è molto gradito al gotha dei Cinque stelle di governo.
Questione di opportunità , perchè una sua nomina al Tg3 renderebbe inevitabili i titoli sull’occupazione totale del servizio pubblico.
Prima ancora dei nomi la novità è nel metodo. Perchè mai la trattativa ha riguardato, tutt’assieme, la scelta dei vertici aziendali e dei vertici dell’informazione.
Oltre a Fabrizio Salini, gli altri nomi che saranno passati al vaglio, si sono ristretti alle dita di una mano: Gian Paolo Tagliavia, l’attuale responsabile del digitale molto stimano da Milena Gabanelli; l’altro è Marcello Ciannamea, attuale direttore del Palinsesto; il terzo è Andrea Castellari, attualmente alla guida di Viacom international.
La sensazione è che il nome più forte resti quello di Fabrizio Salini, su cui solo due giorni fa l’accordo era chiuso, perchè viene visto, per idee e professionalità , come un interprete del cambiamento.
Era chiuso, prima cioè che una parte dei Cinque Stelle facesse trapelare una certa insofferenza sulla presidenza a Giovanna Bianchi Clerici, ex parlamentare della Lega di Bossi e consigliere nel cda Rai dell’era Berlusconi-Saccà .
In alternativa c’è il nome di Giancarlo Mazzi, ex socio di Lucio Presta e direttore artistico del Festival di Sanremo, ai tempi di Flavio Cattaneo, amico anche di Ignazio La Russa.
Il suo nome, qualche tempo fa, circolava anche come candidato al ruolo di dg in quota Lega.
Per Di Maio, comunque, assicurano i suoi più vicini, il nome della Bianchi Clerici non è un ostacolo sulla via dell’accordo. Il nodo vero sono i Tg. E non è detto assolutamente che si chiuda oggi. L’assemblea dei soci è convocata per venerdì. Ci sono ancora due giorni per definire il pacchettone.
(da “Huffingtonpost”)
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Luglio 24th, 2018 Riccardo Fucile
LO SBARCO IMPROVVISO IN SPIAGGIA DEI PROFUGHI DISIDRATATI, TRA CUI 11 BAMBINI…TUTTI I BAGNANTI IMPEGNATI IN UNA GARA DI SOLIDARIETA’ PER SOCCORRERLI
Stremati, assetati, senza forze.
Quando i turisti e i bagnini di Isola Capo Rizzuto hanno visto arrivare quegli uomini, quelle donne, quei bambini che sbandavano sono corsi in soccorso.
Erano a bordo di un veliero che si è arenato sulla sabbia rossa della magnifica località di villeggiatura calabrese.
Erano in 54 siriani e curdi: undici bambini, 6 donne e 37 uomini. Chissà da quanti in giorni in mare, su quel natante con una vela. Chissà la paura, il terrore.
Si sono prodigati come potevano i bagnanti: chi ha aperto l’ombrellone, chi ha portato bottiglie d’acqua, chi ha fatto una carezza ai bambini terrorizzati, molti in lacrime per lo spavento.
I bagnanti più mattinieri attorno alle 7.30 hanno visto un veliero navigare in evidente difficoltà verso la baia, per poi arenarsi a pochi metri dalla battigia.
Nessuno ha esitato un momento. In tanti si sono avvicinati a bordo di pattìni e altre imbarcazioni e immediatamente hanno aiutato i naufraghi a raggiungere la terraferma. Undici bambini, 6 donne e 39 uomini sono stati accompagnati sulla spiaggia dove gli ospiti di due vicini villaggi turistici e i vacanzieri della zona si sono precipitati a prestare soccorso.
Acqua per tutti, succhi di frutta per i più piccoli, qualcosa da mangiare: tutti i bagnanti hanno dato fondo a borse frigo e provviste portate per la giornata di mare pur di essere di aiuto.
A darne notizie Crotone News che scrive: “Poco dopo sul posto sono arrivati gli uomini della Guardia Costiera, della polizia di Stato, dei carabinieri, della Guardia di Finanza e della Croce Rossa italiana , oltre che del 118”.
Però è un bel gesto. Gente che è in vacanza e che a un certo punto non si volta dall’altra parte ma si prodiga per dare aiuto a chi è in difficoltà , a quel “fratello che guarda il mondo”.
Abbiamo speranze.
(da agenzie)
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Luglio 24th, 2018 Riccardo Fucile
LA REALTA’ DI SOMALIA ED ERITREA
Negli anni 70 e 80 e fino alla caduta del dittatore Siad Barre nel 1991, l’Università nazionale
somala (Uns) era stata un esempio avanzato di politica culturale verso le ex-colonie.
Era stata fondata nel 1969 allo scopo di formare la futura classe dirigente e tecnica del Paese, indipendente dal 1960. Le lezioni si svolgevano in italiano, giacchè la lingua somala non era ancora una lingua scritta, tenute da docenti italiani che trascorrevano un intero semestre nel Paese, con la prospettiva di una progressiva “somalizzazione” della docenza.
La rivolta del ’91 e il successivo periodo di instabilità , che dura tuttora, fecero svanire ogni prospettiva siffatta, il campus e i suoi laboratori furono completamente distrutti, si perse quasi ogni traccia.
Ricordo bene la Uns perchè, alla fine degli anni 70, in quel campus fu costruito un grande e moderno laboratorio di idraulica, che ospitò il modello fisico in scala della diga di Bardere sul fiume Juba, allora in corso di finanziamento da parte della Banca mondiale (
Il modello era stato costruito dall’Università di Genova, poi verificato nel Politecnico di Milano e, quindi, trasferito e rimontato a Mogadiscio dai nostri tecnici. Era una modalità rivoluzionaria di assistenza allo sviluppo, per l’epoca; e lo sarebbe tuttora.
Perchè mi perdo in vecchi ricordi? Tra i nuovi sbarchi — oggetto della grancassa mediatica estiva ma, nei numeri, forse meno consistenti del recente passato — mi ha colpito l’elevato numero di eritrei e somali.
L’Eritrea, patria degli ascari dei Regi corpi truppe coloniali di nostra maestà il Re d’Italia, è stata una nostra colonia dal 1890 al 1947.
Oggi, con un pil pro-capite di circa mille dollari è al 160° posto nel mondo in quella classifica. Non se la passerebbe male, meglio di molti stati centro africani.
Ad Asmara è tuttora attiva la Scuola italiana, che presenta questa estate un festival del cinema presso “La casa degli Italiani”.
Qui la questione non è tanto economica, giacchè con mille dollari non si vive da nababbi neppure in Eritrea, ma soprattutto politica.
Per contro, la Somalia — colonia italiana dal 1892 al 1950, con un’appendice fino al 1960 — è ultima al mondo, 193°, con circa 400 dollari a testa.
Possiamo classificare gli eritrei come migranti politici e i somali come economici? Se si può fare questa distinzione in qualche caso, in questa circostanza si tratterebbe di distinguere il nipotino Qui dal gemello Qua, Huey da Dewey. Un esercizio che non riesce neppure allo zio Donald (Paperino).
Senza modificare le attuali politiche fatte di sfruttamento minerario e land grabbing, deforestazione e giogo finanziario, discarica ambientale e utilizzo finale degli armamenti, le migrazioni sono destinate a non fermarsi, soprattutto dai Paesi come la Somalia e l’Eritrea, in condizioni sociali e politiche del tutto labili.
“Aiutarli a casa loro” è uno slogan molto popolare tra i politici europei, ma lo declinano nei modi meno adatti a stabilizzare la demografia del pianeta.
Gli europei fanno di tutto meno che ciò che davvero servirebbe: restituire dopo secoli l’Africa agli africani, affinchè diventino davvero padroni a casa loro, una grande casa . Significa riconsegnare le terre e le acque, rimettere i debiti e riannodare i legami culturali per aiutare i popoli africani a costruire un sistema formativo diffuso in grado di alimentare la propria cultura.
Paesi come la Francia potrebbero rinunciare all’obbligo di alcune ex-colonie alla riserva delle banche centrali per il credito in franchi Cfa, con quote dal 65% all’85%, un fattore non irrilevante nel fomentare i colpi di Stato — vera piaga del continente — che si sono verificati per il 60% nell’Africa francofona.
Noi italiani potremmo lavorare alla resurrezione del nostro modello di cooperazione che, nonostante il naufragio degli 90 sulle secche della corruzione, ci deve rendere fieri.
La Uns è stata riaperta nel settembre del 2014. Dal suo profilo twitter l’Università annunciò che le lezioni sarebbero state tenute all’inizio solo in inglese ma che in futuro si sarebbe insegnato anche in somalo, arabo e italiano.
E il problema più urgente di Mogadiscio è la riattivazione della fognatura (realizzata dalla Coop Edilter di Bologna nel periodo 1985â€1988) e del drenaggio urbano del distretto di Hamar Weyne (realizzato dalla tedesca Sarberg Interplan tra il 1984 e il 1989).
Peccato che entrambi i progetti siano scomparsi dagli archivi somali, probabilmente durante una degli episodi di guerriglia che tuttora tormentano quel Paese.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Luglio 24th, 2018 Riccardo Fucile
BASTAVA SAPERE COSA DICE LA LEGGE (E IL BUON SENSO) E AVREBBE EVITATO UNA BRUTTA FIGURA
La Corte Europea per i Diritti dell’Uomo sospende lo sgombero del Camping River, campo nomadi in via di chiusura a Roma, fino al 27 luglio chiedendo alle istituzioni di indicare le soluzioni alloggiative alternative al campo.
Il Campidoglio sta già producendo tutta la documentazione “in cui – fa sapere – si certificano le numerose e reiterate offerte alloggiative, di inclusione abitativa e lavorativa, fatte a tutti gli abitanti”.
Però non è esattamente come dice il Campidoglio. Che di fatto ha messo in strada 350 persone aspettando, prono, l’arrivo di Salvini
Di queste solo 14 hanno aderito alla campagna dei rimpatri volontari.
Alessandro Capriccioli, consigliere regionale del Lazio di +Europa Radicali. “Esultare per aver ottenuto 14 rimpatri ‘volontari’ di ex abitanti del Camping River mentre nelle ultime settimane ci si è di fatto adoperati per cacciarli tutti con una surreale opera di distruzione dei moduli abitativi, con il distacco dell’acqua e con la cessazione di ogni servizio essenziale, è un atteggiamento del tutto fuori luogo e che distorce completamente la realtà “.
Stessi toni da Carlo Stasolla, presidente dell’associazione 21 Luglio: “Neanche il rispetto è rimasto, neanche il pudore di fronte a povere persone utilizzate per coprire le vergogne di un fallimento”.
E ancora: “Il motivo dello sgombero è uno solo: il Comune di Roma le ha riconosciute colpevoli del fallimento del “Piano rom” e, con la visita di Salvini alle porte, dovranno pagare questo prezzo”.
(da agenzie)
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Luglio 24th, 2018 Riccardo Fucile
SONO MESI CHE NON RIESCE PIU’ A PRENDERE UN TORPEDONE PER ANDARE AL LAVORO ED E’ COSTRETTO A PRENDERE L’AUTO BLU
Oggi vogliamo occuparci di un dramma di immani proporzioni che ha colpito al cuore, all’aorta
e pure all’ippotalamo le massime istituzioni della Terza Repubblica.
Sono mesi che il Presidente Fico non riesce a prendere l’autobus per andare al lavoro e tragicamente non può farsi fotografare seraficamente assiso su un mezzo ATAC semideserto (in oltre 40 anni non ho mai visto a Roma un torpedone vuoto nemmeno da militare prima dell’alba).
Allora abbiamo sguinzagliato i migliori giornalisti investigativi presso i commessi della Camera, presso gli amici di Bisignani, presso il team di Dagospia, persino presso Lercio.
Alla fine sembra appurato che il Presidente abbia perso l’abbonamento e sia costretto, contro la sua volontà , a servirsi dell’auto blu con tutto il codazzo della scorta.
Pare non ci sia stato alcunchè da fare: Fico ha cercato dapperutto, ha chiesto alla amica della sua compagna (che non era una colf in nero), all’immigrato che gli faceva i lavoretti in casa (ma per un impeto di buon cuore), alla piattaforma Rousseau, al meet up di Scampia.
Ma questo benedetto abbonamento non salta fuori.
Allora cari lettori vi chiedo un sacrificio. Facciamo una colletta per ricomprare l’abbonamento ATAC a Fico.
Mi strazia il cuore a pensare che un honesto grillino debba tutti i giorni prestarsi a farsi scarrozzare (magari a sirene spiegate) come un volgare membro della casta, un politico di professione, o addirittura un dipendente di noi cittadini che non vive tra le gente.
E’ uno spettacolo avvilente, una gogna che non merita il peggior cacicchio dalemiano. Vi prego, salviamo il cittadino Fico da questa immane onta e restituiamolo alle ovazioni sincere delle masse pentastellate che hanno creduto in lui.
(da “NextQuotidiano”)
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Luglio 24th, 2018 Riccardo Fucile
LA TURISTA INGLESE DI 18 ANNI PRIMA VIOLENTATA DA DUE GIOVANI, POI ABUSATA DA UN TERZO CHE SI ERA OFFERTO DI ACCOMPAGNARLA IN OSPEDALE… GLI ACCUSATI: “ERA CONSENZIENTE”
Una vicenda terribile, a Napoli. Qui una turista inglese di 18 anni sarebbe stata violentata due volte la stessa sera: prima da due ragazzi a bordo di un’auto e poi, di nuovo, da un terzo ragazzo che si era offerto di accompagnarla in ospedale.
La ragazza ha denunciato l’accaduto alle forze dell’ordine. La vicenda è emersa oggi nel tribunale di Napoli dove si è svolto l’incidente probatorio con la partecipazione della giovane britannica.
La ragazza è arrivata in città accompagnata dal padre e da un diplomatico del Regno Unito.
I presunti violentatori della giovane hanno confermato di avere avuto rapporti con la turista ma sostenendo che fossero consenzienti.
Sulla vicenda è in corso un’indagine della Procura di Napoli che contesta ai primi due il reato di violenza sessuale di gruppo e al terzo il reato di violenza sessuale
La giovane inglese ha ricostruito quanto le sarebbe accaduto all’esterno di un locale che si trova a ridosso del Corso Umberto I, nel centro della città . La turista ha riferito di essere stata violentata in due distinte occasioni, prima da due ragazzi a bordo della macchina di uno di loro; successivamente sarebbe stata violentata da un terzo ragazzo che si era offerto di accompagnarla alla sua residenza e la lasciò in piazza Vittoria davanti alla caserma militare.
Agli atti dell’inchiesta, secondo indiscrezioni, ci sarebbero anche alcune intercettazioni: nel telefono di uno degli indagati, quello che avrebbe successivamente accompagnato la ragazza, sarebbero state rinvenute conversazioni con alcuni amici (estranei ai fatti) nelle quali il ragazzo raccontava la “conquista” fatta, e apostrofava in modo pesante la turista.
Sull’interrogatorio, data la delicatezza della vicenda, vige però il più stretto riserbo. I tre indagati attualmente sono a piede libero.
(da agenzie)
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Luglio 24th, 2018 Riccardo Fucile
“L’AVEVO APPENA COMPRATA, VOLEVO PROVARLA”… MA SE E’ STATO UN INCIDENTE PERCHE’ NON SI E’ PRESENTATO ALLA POLIZIA CHE L’HA INVECE SCOVATO DOPO UNA SETTIMANA?
È un italiano di 59 anni, un ex impiegato del Senato, l’uomo che ha sparato alla bambina rom
da un balcone martedì scorso a Roma, con una arma ad aria compressa, da softair. I carabinieri ne sono praticamente certi.
Alla piccola, 13 mesi appena compiuti, il pallino, è entrato nella scapola destra ed è arrivato vicinissimo al cuore, provocando una lesione vertebrale che potrebbe causarle una paralisi. La bimba versa ancora in condizioni critiche all’ospedale Bambino Gesù. Gli investigatori per ora non contestano l’odio razziale.
*I carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci sono arrivati a lui grazie ad indagini di tipo tradizionale: passando al setaccio i negozi di vendita di questo tipo di armi sportive e incrociando i nomi degli acquirenti con le vie limitrofe a dove è accaduto il fatto.
Una perquisizione è stata fatta a casa dell’uomo. Gli inquirenti hanno trovato, oltre ad una pistola, anche una carabina ad aria compressa. L’uomo, che è indagato per lesioni gravissime, si è giustificato dicendo che voleva provare le nuove armi che aveva appena comprato. La madre della vittima aveva sempre sostenuto che qualcuno aveva sparato. La donna però, che teneva, in braccio la figlia, non aveva visto l’autore del colpo.
Ecco la sua ricostruzione fornita agli investigatori. Lo ha ripetuto in lacrime, senza sosta: “Qualcuno ha sparato a mia figlia”. È la madre della piccola Asia, il nome è di fantasia. Una scricciola di 13 mesi appena compiuti la cui vita, da martedì, è appesa a un filo. È una coppia di nomadi, del campo di via Salone periferia est della Capitale, che denuncia ai carabinieri l’episodio.
Martedì la coppia – lo riferisce la madre di Asia ai carabinieri – percorre viale dei Romanisti accanto al parco dei Romanisti, nel quartiere di Torre Spaccata periferia est della Capitale. Alle 14.00 la donna cammina per la strada, ha la figlia in braccio. Accanto a lei c’è il marito. All’improvviso Asia inizia a piangere. La madre cerca di tranquillizzarla. Poi si accorge del sangue, della ferita. La donna guarda il compagno spaventata. La piccina viene portata all’ospedale Sandro Pertini. Qui i medici la visitano e si rendono conto che Asia è in condizioni critiche. Si decide di operarla, ma in un’altra struttura.
Con un’ambulanza viene trasportata in codice rosso al Bambino Gesù: La bimba ha un foro all’altezza della scapola. Il piombino ha attraversato il torace della piccina da destra verso sinistra. Ha danneggiato i polmoni, procurato una lesione vertebrale e si è fermato vicino al cuore. I camici bianchi estraggono il piombino. Adesso Asia non è più in pericolo di vita.
Ora la procura dovrà stabilire se si sia stato davvero un incidente o se si tratti di un folle gesto a sfondo razziale
(da agenzie)
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