Agosto 7th, 2018 Riccardo Fucile
IN UN PAESE SERIO QUEI PAGLIACCI CHE AVEVANO INDICATO UNA CIFRA DIECI VOLTE SUPERIORE SAREBBERO PRESI A PERNACCHIE
La notizia è riportata dall’Ansa ed è stata veicolata dai Tg serali.
Il gigantesco condono agli evasori fiscali che viene spacciato per “pace fiscale” e che permette a chi ha pendenze con il fisco fino a 100.000 euro di cavarsela pagando appena il 6%, andrà in vigore nel 2019.
La misura potrebbe essere inserita nel decreto fiscale collegato che dovrebbe anche quest’anno accompagnare la legge di Bilancio.
Si stanno ancora studiando i dettagli anche per evitare, viene riferito, che la ‘pace’ si sovrapponga alla rottamazione delle cartelle ancora in corso.
Ma la notizia è questa: secondo i primi calcoli si potrebbero ottenere circa 3,5 miliardi, utili come coperture, anche se una tantum.
Ovvero il governo stesso ammette che l’entrata prevista è un decimo di quello che fino a ieri Salvini e compagni di merenda assicuravano.
Non solo: essendo una entrata una tantum non potrà essere messa a copertura nè della flat tax, nè del reddito di cittadinanza, nè di quota 100 per la revisione della Fornero, essendo queste misure strutturali.
Esattamente due mesi fa in una intervista al “Corriere della Sera”, l’esperto economico della Lega Armando Siri affermava con sicurezza che “possiamo recuperare 35 miliardi” attraverso la pace fiscale e Salvini in Tv gli faceva il controcanto : “Andrà a regime subito”.
Illustri docenti che avevano tentato di spiegare che la base aggredibile era appena di 50 miliardi e che ipotizzare 35 miliardi di entrate era una chimera, furono spernacchiati dagli “intellettuali” padani.
Ora leggiamo che sul documento ufficiale della manovra economica la cifra si è ridotta di un decimo, ammesso che entrino mai 3,5 miliardi, visto che le due precedenti rottamazioni in corso hanno reso la prima 6 miliardi e mezzo, la seconda appena due.
Quando vi hanno detto che la Flat tax sarebbe stata finanziata con il condono fiscale vi hanno preso per il culo.
Tanto per cambiare.
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Agosto 7th, 2018 Riccardo Fucile
NEL 2017 I RIMPATRI SONO STATI APPENA 6.541, IN LINEA CON L’ANNO PRECEDENTE… OGNI RIMPATRIO COSTA UNA MEDIA DI 5.000 EURO E SPESSO NON RIGUARDA CHI HA CAUSATO PROBLEMI MA BRAVE PERSONE
Le persone allontanate dall’Italia nel 2017 sono state oltre 17 mila: i respingimenti alla frontiera i 2/3 del totale.
Il Ministero indica in 6.514 i rimpatri a tutto il 2017.
Perchè sono sempre pochi i rimpatri? E’ solo questione di volontà ? Seguiamo un’operazione di rimpatrio.
Ogni singola operazione avviene sotto la supervisione del “Garante Nazionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale”quale organo di monitoraggio indipendente dei rimpatri forzati.
Alla fine viene stilato un rapporto per il Ministero dell’Interno.
Il 19 maggio 2016 il Viminale ha noleggiato un volo della Bulgarian Air Charter, con decollo da Roma Fiumicino ore 8.40. I tunisini da espellere sono 30. Perchè solo 30? Perchè 30 è il limite massimo che l’accordo bilaterale Italia-Tunisia prevede per una singola operazione.
E tenete presente che la Tunisia è l’unico Paese che accetta i voli charter, gli altri tre con cui abbiamo accordi pretendono solo i voli di linea, quindi con pochissimi posti disponibili.
Quindi sono 30 le persone da rimpatriare. Quante persone servono per rimpatriare 30 persone? Dunque, vediamo. Serve un funzionario responsabile, un medico, un infermiere, e 71 persone appartenenti alla polizia di Stato con funzioni di scorta.
Gli agenti non sono armati, nè in divisa, ma riconoscibili “per l’esposizione della placca, ovvero il distintivo di riconoscimento della polizia di Stato in cui non è visibile il nome, ma un numero identificativo. Sono presenti anche operatrici di sesso femminile”.
Prima tappa Lampedusa. Ci sono attimi di tensione, ma poi torna la calma. Dopo le perquisizioni personali (“nella grande maggioranza dei casi viene chiesto di abbassare le mutande”) e dei bagagli, vengono applicate ai polsi degli espulsi fascette di velcro. Di solito le fascette vengono tolte su viaggi lunghi, tipo in Nigeria. Nei viaggi brevi di regola vengono lasciate perchè l’esigenza di andare in bagno è meno sentita e il pasto è uno solo. Quindi si parte. Si va direttamente in Tunisia? Calma.
Secondo voi la Tunisia fa atterrare un aereo con dei tunisini senza prima controllare che sia gente loro? Si va a Palermo.
Dove si svolgono le audizioni con due funzionari del consolato della Tunisia per verificare “l’effettiva provenienza e cittadinanza” degli espulsi. Accidenti. C’è un intoppo.
Durante i colloqui, un ragazzo in lacrime dichiara di essere minorenne. Quindi? Il problema è che i minorenni NON possono essere espulsi. Devono restare in Italia. Una telefonata a Tunisi per accertare la data di nascita. E’ vero. Viene fatto scendere.
Quindi si riparte per Hammamet. Vista la stretta scala d’accesso all’aereo, che permette il passaggio di una persona alla volta, il caposcorta avverte che “la situazione è esposta a rischi di gesti di autolesionismo”. Tutti, invece, salgono senza incidenti.
Si atterra alle 15.10. All’arrivo, i 29 cittadini tunisini vengono liberati dalle fascette e consegnati alle autorità locali direttamente dalla porta anteriore dell’aereo. Alle 15.45 il volo della Bulgarian è pronto a decollare per far ritorno a Fiumicino.
Quanto è costato riportare 29 persone in Tunisia? Parecchio. In media dai quattro ai seimila euro per ogni persona rimpatriata. Inoltre avere diversi accordi con i paesi del Nord Africa non basta. Perchè il confronto tra le autorità viene fatto per ogni singolo caso.
E ora vi confiderò un segreto. I rimpatri che stanno avvenendo non hanno niente a che vedere con l’ondata migratoria degli ultimi anni.
Quelli rimpatriati nel 2017, per esempio, erano tutti individui che, dopo aver avuto il permesso di soggiorno,ne avevano perso il diritto.
Anche brava gente che, grazie ad una legge assurda, appena perdono il lavoro diventano automaticamente clandestini. Anche se si sono sempre comportati bene. Perchè la frase “Ben venga chi arriva in Italia per lavorare, fuori i delinquenti”, nei fatti, è un’emerita stupidaggine.
Avete presente il sistema Sprar? Si comincia con un tirocinio di sei mesi. Se l’azienda è contenta lo può prolungare. In alcuni casi può portare ad un vero contratto di lavoro. Molti vorrebbero assumere alcuni ragazzi arrivati dall’Africa. Perchè sono bravi. Ma qui casca l’asino.
Perchè per sei su dieci la risposta sulla richiesta d’asilo è negativa. Sempre per una legge assurda che richiede altri criteri, senza prendere in considerazione il percorso svolto dal richiedente asilo e la sua situazione lavorativa.
Ricapitolando. Rispedire a casa loro i clandestini è molto complicato. Costa parecchio, anche se i soldi non sono nemmeno il problema principale. Anche fare accordi con alcuni Paesi spesso non è sufficiente.
Johannes Bà¼ckler
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 7th, 2018 Riccardo Fucile
I MANIFESTINI NEL CENTRO STORICO DI GENOVA CON IL DIVIETO DI CIRCOLARE ANCHE CON LE “ORRIDE BORSINE DA SUPERMERCATO”… LA PRESA IN GIRO DELLE RIDICOLE ORDINANZE DEL COMUNE CHE VIETANO TRA UN PO’ ANCHE DI RESPIRARE
Il manifesto è comparso nel centro storico, all’apparenza in tutto e per tutto simile alle comunicazioni ufficiali del Comune di Genova, con tanto di stemma, ma ad una lettura più attenta si scopre che l’ordinanza è semplicemente uno scherzo, perchè si parla del divieto assoluto dalle 9 alle 19 di emettere e diffondere “rumori e odori fastidiosi e molesti quali flatulenze ed eruttazioni, nonchè ogni atto sconsiderato di esplorazione nasale artificiale”.
E ancora: divieto alla circolazione “di orride borsine da supermercarto o simili”, come pure “linguaggi che, per oscenità del contenuto o per implicita cacofonia fonetica, possano risultare molesti all’udito dei visitatori. Sono da intendersi proibite, quindi, ingiurie, bestemmie, dialetti e lingue nazionali di Paesi non comunitari”.
La vigilanza, sempre secondo il manifestino-burla, è affidata alle pattuglie anti-degrado, la sanzione un’ammenda da 200 a 2000 euro fino alla revoca della cittadinanza.
Si tratta di una presa in giro dell’assessore-sceriffo, Stefano Garassino e delle ordinanze per il decoro che stanno imperversando con la giunta di centro-destra, ma i genovesi possono stare tranquilli, nessuno minaccia di togliere loro la residenza.
(da “La Repubblica”)
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Agosto 7th, 2018 Riccardo Fucile
NEL 2010 ERANO 4.000 , ORA SONO APPENA 1.945… ALL’ORIGINE DELLO SFRUTTAMENTO CI SONO I MANCATI CONTROLLI PERCHE’ HANNO DIMEZZATO I CONTROLLORI, ALTRO CHE LE BALLE CHE CI PROPINANO
I numeri senza l’interpretazione perdono di valore.
Così accadrebbe se si leggessero in modo semplicistico i dati del lavoro nero dal 2010 al 2017 elaborati dall’Ispettorato nazionale del lavoro per la Nuvola del lavoro.
I lavoratori in nero nel 2010 erano 57.186 e l’anno scorso 38.775.
Ma questa non è una notizia.
Contestualmente sono diminuite le ispezioni, i cosiddetti accessi ispettivi, dai 148.694 del 2010 ai 142.357 nel 2017.
Ma anche questa non è una notizia completa.
Nel 2017 di quei 142.357, 20.117 sono accertamenti non ispettivi ma amministrativo-contabili, cioè verifiche, ad esempio, sugli ammortizzatori sociali.
La cifra che riconsegna una giusta formulazione alla lettura dei numeri è quella del numero degli ispettori, 4.000 nel 2010 fino ai 1.945 nel 2017, come unità adibite alle ispezioni.
Non si può dire che siano diminuiti i lavoratori in nero, data la forte riduzione degli ispettori. Ma si può certamente dire che le ispezioni sono una tutela per chi lavora e che, al fianco di esse, sono necessarie nuove formule contrattuali che semplifichino i rapporti di lavoro. Si deve agire su più fronti. Sono ambiti che meritano l’attenzione della politica perchè l’economia e l’occupazione abbiano lo spazio che meritano.
(da “il Corriere della Sera”)
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Agosto 7th, 2018 Riccardo Fucile
SAREBBE DIVERTENTE VEDERE I GRILLINI DOVER DIFENDERE UN OMOFOBO CON CONTORSIONI POLITICHE POCO COMPRENSIBILI AI LORO ELETTORI
Se il PD non fosse l’ectoplasma di una bocciofila in disarmo (con un Segretario che ha perso pure il pallino), potrebbe cogliere al balzo le martellate tafazziane che si sta infliggendo il Ministro Fontana da quando ha giurato.
Dai diritti civili, alla legge Mancino, dall’avversione ai vaccini all’omofobia, il catalogo delle esternazioni copre un ampio spettro di farneticazioni stordo-legaiole. Alcune di esse però sono estremamente urticanti anche per i compari di merende grillini e quelle che non lo sono (tipo le sparate contro i vaccini) indignano il 100% della popolazione dotata di raziocinio.
La proposta di abolire la Legge Mancino imbarazza il Dudù di Casaleggio mentre gli attacchi sulle famiglie gay fanno infuriare il subcomandante Dibba e altri cacicchi a 5 stelle.
Per non parlare dell’aborto: la maggioranza delle donne italiane non intendo certo tornare ai ferri da calza, men che meno quelle di sinistra che si sono turate il naso e hanno votato il Mo-Vi-Mento.
Se non altro sarebbe divertente presentare una mozione di sfiducia individuale per buttare fuori dal governo il Fontana e godersi lo spettacolo nel pollaio grillino.
I poveretti o saranno costretti a litigare con i compari di coalizione oppure dovranno difendere un personaggio indifendibile agli occhi di tanti loro elettori.
Ve la immaginate la Taverna a difendere un antiabortista o il Sottosegretario alle Pari Opportunità Spadafora che vota la fiducia ad uno che invoca la discriminazione per i diversi?
Senza considerare le risate che farà scoppiare la linea politica imbastita da Casalino per giustificare le acrobatiche torsioni politiche o gli strali di Dibba dal Sudamerica.
Insomma il Parlamento trasformato in un Barnum a tre piste con pagliacci in felpa e pappagalli gialloverdi al posto di donne cannone e trapezisti.
Ma proprio perchè sarebbe la prima mossa sagace del PD da quando la tranvata del 4 marzo ha appiattito l’encefalogramma della nomenklatura nazarena, è improbabile che venga mai contemplata.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 7th, 2018 Riccardo Fucile
ANCHE SE NEI CIMITERI OCCUPANO I POSTI DEI NOSTRI ANZIANI, RIMANDARE LE SALME IN PATRIA COSTEREBBE TROPPO, NON POSSIAMO PERMETTERCELO
Tre giorni fa furono quattro. Ieri dodici. E ricordo di altri tre morti per strada, non so bene dove.
Io però dico: meglio morti. Se questi migranti muoiono almeno smettono di essere dei fantasmi, dei senza nome, dei corpi abbandonati che si piegano in terra oppure sorreggono col loro corpo una montagna di indumenti.
Loro ingobbiti e noi in spiaggia sdraiati a guardarli, a volte persino infastiditi da tutto quel traffico di chincaglierie.
Meglio morti, dicevo.
Sono morti chiusi nei furgoni, serrati nella lamiera come i maiali nei tir. E questo ci fa dispiacere. E proviamo pietà .
Capiamo che hanno bisogno anche loro di una bara e persino di un nome, e di un vestito pure, perchè un morto nudo non sta bene.
Ieri, per dire, un medico dell’ospedale di San Giovanni Rotondo ha chiesto a sua madre di portare un pigiama per uno dei feriti nell’ultimo schianto mortale. E ciò ci commuove.
Meglio morti, sì.
Almeno avremo la speranza che il questore di Foggia sarà chiamato da qualcuno a dare conto del fatto che nella sua provincia, ad ore prestabilite, transitano dei furgoni che trasportano uomini come se fossero maiali.
Li trasportano dai campi, dove sono impegnati a tre euro l’ora o a cinque euro a cassone a riempire di pomodori la nostra tavola. O di angurie, oppure di fragole e di uva.
Li trasportano senza che la polizia stradale se ne accorga, senza che una sirena si allarmi, un vigile alzi la paletta, un carabiniere elevi uno straccio di contravvenzione. I militi sono impegnati altrove.
Se muoiono, e come per fortuna già accade ne muoiono in tanti, anche il ministro dell’Interno conoscerà l’approdo finale della crocevia che in tanti fanno nel Mediterraneo e — chissà — penserà pure lui che meglio morti che vivi.
Forse dirà in un tweet: Più morti = meno migranti = meno furti = meno abusi sessuali = meno spaccio = meno droga = meno Islam contaminante.
Dal male a volte viene il bene, come si sa.
E se ci sarà chi, riflettendo ad alta voce, spiegherà che i nostri cimiteri sono già al collasso per via dei tanti anziani che ogni anno vi soggiornano, risponderemo che una salma per trasferirla in Africa costerebbe non meno di 10mila euro.
Possiamo permetterci di spendere tutti quei soldi, mentre i nostri figli sono disoccupati?
Meglio di no.
(da “il Fatto Quotidiano”)
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Agosto 7th, 2018 Riccardo Fucile
L’INCARICO AFFIDATO A PROF. MARCO PONTI, DOCENTE DI ECONOMIA AL POLITECNICO DI MILANO
Marco Ponti, professore di economia dei trasporti al Politecnico di Milano, è stato incaricato (senza compenso) dal ministero dei Trasposti di coadiuvare la struttura tecnica di missione per l’analisi costi-benefici delle opere in via di realizzazione, e in particolare della TAV Torino-Lione.
Ponti, uomo di grande onestà intellettuale oltre che preparatissimo, spiega oggi in un articolo per il Fatto Quotidiano quali siano le sue intenzioni: provare a fare i conti sulle Grandi Opere con un’analisi dei costi e dei benefici indipendente rispetto a quelle commissionate dai realizzatori:
Visto poi che le opere più costose per lo Stato sono quelle ferroviarie (sono le uniche per cui pagano soltanto i contribuenti, gli utenti pagano solo per i treni che usano, e spesso neanche per quelli), per queste ci vuole la massima cautela, grandi o piccole che siano.
Adesso il ministero dei Trasporti guidato da Danilo Toninelli ci prova, pur con tempi e risorse limitate da vari vincoli politici e tecnici (per avere un’idea, le analisi economiche e finanziarie per la Banca Mondiale sono stimate dover costare circa un millesimo del valore del progetto, trattandosi quidi progetti per oltre una decina di miliardi si può capire il problema …). D’altronde, fare scelte che risultino uno spreco anche di parte di quei miliardi costerebbe al Paese di più.
Le analisi costi-benefici sociali dette “social cost-benefit”in inglese, non hanno a che vedere con le analisi finanziarie: misurano anche i costi ambientali, quelli di sicurezza, i risparmi di tempo, gli effetti occupazionali ecc.
Queste analisi sono solo stime, non dicono verità , che in questo settore non esistono. Ma sono giudicate a livello mondiale le migliori stime possibili.
E non valgono tanto per il loro contenuto tecnico, ma per quello politico, in quanto riducono, non eliminano, l’ “arbitrarietà del principe” nell’uso dei soldi dei contribuenti.
La politica deve mantenere l’ultima parola nelle scelte. Ma non può non fare le analisi, e deve renderle pubbliche.
Nei Paesi sviluppati questo si chiama “accountability”. Il concetto è da noi così poco praticato che è difficile tradurre il termine.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 7th, 2018 Riccardo Fucile
AUMENTANO I COLLABORATORI PARLAMENTARI
Il progetto di Bilancio 2018 di Montecitorio che dovrebbe essere approvato oggi dall’Aula contiene l’aumento di quasi 19 milioni delle spese rispetto al 2017: si passa da 950 a 969 milioni con una lievitazione che sfiora il 2%.
E in più c’è l’obiettivo (la decisione ufficiale arriverà fra settembre e ottobre) di riaprire i concorsi dopo un’astinenza lunga 10 anni, in particolare per la funzione più prestigiosa, quella di consigliere parlamentare.
A parlarne oggi è il Messaggero in un articolo a firma di Diodato Pirone e Francesco Pacifico:
Le molle che tornano a far lievitare le spese della Camera sono soprattutto tre. La prima: gli stipendi dei dipendenti che aumentano del 4,4% (da 205 a 214 milioni) a causa della fine dei tetti ai superstipendi che li ha brutalmente calmierati fino alla fine del 2017. La seconda: l’aumento ulteriore della spesa previdenziale dei dipendenti che arriva a sfiorare i 275 milioni (di gran lunga la voce più calda di spesa della Camera) con una crescita del 3,4%.
La terza: il rialzo delle spese per le nuove pensioni (sulla base del calcolo contributivo introdotto con la riforma del 2012) dei deputati che non sono stati rieletti a marzo di quest’anno e che hanno cominciato a ricevere la rendita se hanno superato i 65 anni (60 anni se sono stati eletti per due legislature). Quest’ultima voce è passata da 133 a 136 milioni con un rialzo del 2,1%.
(da “NextQuotidiano”)
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Agosto 7th, 2018 Riccardo Fucile
NATO 26 ANNI IN ERITREA DA UNA COPPIA DI COMBATTENTI E’ UNA DELLE SPERANZE AZZURRE AGLI EUROPEI DI BERLINO
Italiani, un popolo solo, tante razze e il profilo dei disegni più impensabili, mescolati fra di loro, ottenuti dalla mano creativa della storia e dagli oggetti che i piccoli e grandi protagonisti del nostro sport hanno toccato, impugnato.
Le scarpette di Eyob che potrebbe andare sul podio nella maratona europea di Berlino, il kalashnikov dal quale sua madre partigiana, asserragliata sui monti per la libertà dell’Eritrea, non si separava mai.
E poi gli stracci che il giovane veneto di Asmara strofinava sul lastricato della piscina che ogni mattina andava a pulire per mantenersi in vita, le scope, i mocho, i detersivi che gli rovinavano le mani ma che rimanevano indispensabili per racimolare quei quattro soldi sufficienti per continuare ad annaffiare la piantina dei suoi sogni di mezzofondista.
Si svegliava alle quattro e mezza e alle cinque la routine di operaio invisibile iniziava. Sino alla primavera del 2015, quando disse: “Se non ci provo adesso a far la vita del professionista, che ho 22 anni, quando?”.
Ora o mai più. Eyob Faniel Ghebrehiwet ha 26 anni e vive a Bassano del Grappa. Da qualche tempo si allena con l’ex maratoneta azzurro Ruggero Pertile.
Nel 2001 suo padre si era trasferito per cercare di curare le ferite che aveva ereditato dalla guerra d’indipendenza (sulle montagne aveva conosciuto la mamma di Eyob che nacque un’anno prima dell’indipendenza dell’Eritrea, nel ’92).
Lo spostamento venne facilitato dai meriti conseguiti dalla coppia partigiana. Pochi mesi dopo arrivarono i tre figli, Salomon, Eyob e Meron, cui la nonna già parlava in italiano quand’erano piccoli. Eyob comincia a correre, è smilzo, agile, abbassa i suoi personali ma si fa male spesso, soprattutto nella zona dell’anca.
Mentre migliora, allunga le distanze e e i suoi 45 chili si trovano sempre meglio.
La sua strada era la strada, non la pista, e se ne rese conto alla prima mezza maratona della sua carriera, a Verona nel 2013 (nel 2017 ha vinto la Venice Marathon in 2h12’27”). Lo hanno allenato Marco Maddalon e Giancarlo Chittolini. “Pe me le cose cambiano radicalmente quando dopo dieci anni di residenza ottengo la cittadinanza italiana”.
Il tutto avviene con il decreto presidenziale del 27 ottobre del 2015. Simbolico il passaggio di consegne agonistiche alla fine del 2014. Luogo Cittadella, evento mezza maratona. E’ il 28 dicembre, fa freddo ma c’è un sole forte che brilla e illumina corpi e anime.
A metà gara si staccano in quattro, poi due, poi uno. Dentro le mura trecentesche riecheggia lo speaker: “A un chilometro dall’arrivo un atleta da nome impronunciabile è in testa da solo!”. Eyob vince la sua prima “mezza”. Secondo arriva il suo allenatore di oggi, Ruggero Pertile, che l’anno successivo sarebbe finito quarto nella maratona mondiale di Pechino: “Abbiamo preparato la gara in altura”, ci spiega Ruggero che è rimasto con Eyob a St. Moritz sino al 28 luglio.
“Col fresco abbiamo effettuato ripetute lunghe, 35, 36 e anche 37 chilometri con la seconda parte della prova ad alta intensità per adattare il fisico ai costi energetici della gara. E a volte si va anche a digiuno”.
Mentre fanno su e giù, gli occhi di Eyob trovano un punto di contatto tra Italia e Eritrea, uno dei tanti: “Il legame con la mia terra di provenienza è forte e ispira il mio cuore. Torno spesso lì per allenarmi per siamo in altura e per salutare la mia nonna paterna, che vive ancora laggiù”.
E che adesso è bisnonna perchè due anni fa è nata Wintana, la figlia di Eyob. Nascere e crescere. Una cosa sola. Italia e Eritrea. Le due metà della mela.
Una sottile linea rossa, fatta di sangue che scorre e di piedi che vincono.
(da “La Repubblica”)
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