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HAFTAR, TERZA MOSSA CONTRO L’ITALIA: BOICOTTERA’ LA CONFERENZA DI ROMA

Agosto 13th, 2018 Riccardo Fucile

LA DEMENZIALE POLITICA DEL GOVERNO ITALIANO STA PER AVERE I SUOI FRUTTI: TAGLIATI FUORI DAL FUTURO GOVERNO DELLA LIBIA… GRAZIE AI CAZZARI CHE REGALANO 12 MOTOVEDETTE A SERRAJ CHE NON CONTA UNA MAZZA

Khalifa Haftar ha messo nel mirino l’Italia. Il generale sta mettendo in campo una strategia in più fasi.
Prima mossa: l’ambasciatore non è più gradito. Seconda mossa: per i protettori di Serraj non vi sono porti sicuri in Libia. Terza mossa: tribù e milizie a lui fedeli in Cirenaica, così come il governo di Tobruk, boicotteranno la Conferenza di Roma sulla Libia del prossimo autunno.
Lo scontro è a tutto campo. E investe non solo “l’emergenza” migranti ma anche la torta petrolifera. Una torta miliardaria.
Perchè, confidano all’HuffPost fonti di Bengasi, se Roma continuerà  a voler sostenere politicamente, ad equipaggiare militarmente (vedi motovedette), e a promettere finanziamenti, via Europa, al Governo della “nullità  di Tripoli” (così Haftar liquida Serraj), allora l’Eni dovrà  lasciare spazio (e giacimenti) alla francese Total.
Sul tavolo ci sono quelle elezioni in Libia che Parigi vede con favore e Roma no. “Possiamo discutere sulla presenza di osservatori internazionali, ma sia chiaro: la data di dicembre non è negoziabile. E se l’Italia intende assecondare la marcia indietro di una parte (Serraj, ndr) se ne assumerà  tutte le conseguenze”, avverte la fonte.
È in questo scenario sempre più perturbato che s’innesta “l’affaire Aquarius”, la nave che resta in mezzo al Mediterraneo, ferma tra Malta e Lampedusa in attesa di istruzioni per un porto sicuro. Roma ha chiamato in causa Malta, Libia, Germania, Francia, Gran Bretagna. Al momento, le risposte avute sono dello stesso tenore: tutti dicono non è affar nostro.
L’odissea dell’Aquarius troverà  una soluzione, sia pur rabberciata. Ciò che invece è destinato a farsi ancor più complesso ed esplosivo è il rapporto con la Libia.
Nella sua missione di fine giugno a Tripoli, Salvini aveva discusso anche di nuove regole d’ingaggio condivise, tra Roma e Tripoli, nel contrasto all’immigrazione clandestina, oltre che di un rafforzamento del sostegno italiano alla Guardia costiera libica, e di finanziamenti per implementare i centri di detenzione per migranti (attualmente sono in tutto 34, controllati dal ministero dell’Interno di Tripoli).
In quel frangente, il titolare del Viminale aveva fatto una apertura di credito totale a Serraj e ai suoi uomini, promettendo (cosa che è avvenuta) mezzi alla Guardia costiera fedele al governo di Tripoli, e garantendo che una parte delle risorse finanziarie del Africa Fund Ue sarebbero state destinate alla Libia in funzione di contenimento dei flussi migratori sulla rotta mediterranea.
Per Haftar quel sostegno è una implicita dichiarazione di ostilità , che viene a pochi mesi dalle elezioni presidenziali e legislative del 10 dicembre concordate con Serraj nel vertice di Parigi (29 maggio), fortemente voluto dal presidente francese Emmanuel Macron.
Da quella Conferenza uscì fuori che le istituzioni libiche non saranno più divise tra Tripoli e Tobruk, ma verranno unificate, proprio in vista delle elezioni decise per il prossimo 10 dicembre.
Per i rappresentanti di Tobruk ciò implicava un “pari trattamento” tra le parti contendenti. E sempre per Tobruk, l’atteggiamento italiano è venuto meno a questa implicazione.
In risposta alla sfida di Roma, Haftar e le milizie che lo sostengono giocano la carta dei barconi per lanciare un avvertimento-ricatto all’Italia: non è Serraj l’Erdogan libico, e lo scoprirete a vostre spese.
Ormai tra colui che comanda l’Esercito nazionale libico (Lna), una milizia di circa 40mila uomini, e l’Italia che ha scelto Serraj, una ricomposizione appare sempre più problematica, e le ultime mosse ne sono la riprova.
I segnali che giungono dal Paese nordafricano non inducono all’ottimismo.
“Come voi sapete – ha detto un portavoce delle milizie libiche – nei nostri campi ci sono 52.031 potenziali richiedenti asilo da Siria, Sudan, Palestina ed Eritrea. Se partono, dovreste prenderveli tutti. Meglio, quindi, che non partano”: più che un consiglio, è una, neanche troppo larvata, minaccia.
Su un punto, Serraj e Haftar convergono, come hanno avuto modo di constatare emissari della nostra ambasciata a Tripoli che li hanno incontrati recentemente: il flusso di denaro aperto dagli accordi “sotterranei” tra il precedente governo italiano (con il ministro Minniti sugli scudi) e le tribù e milizie, in gran parte legate ai due contendenti libici, non si deve arrestare.
Senza quei soldi, sarà  esodo forzato di massa dei potenziali richiedenti asilo oggi “contenuti” nei 34 centri di detenzione in Libia.
Non solo soldi: da Tripoli vogliono anche armi per sostenere la Guardia costiera. Per questo, chiedono che l’embargo sia levato: richiesta fatta propria dall’Italia, ma già  bocciata dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite. Le autorità  di Tripoli hanno peraltro ribadito a più riprese il loro “no” categorico alla creazione di hotspot europei sul territorio libico
La partita è senza esclusioni di colpi. E lo schema che si riproduce è Serraj-Roma da un lato, Haftar-Parigi dall’altro.
La stabilizzazione della Libia ha un’importanza strategica. In primo luogo dal punto di vista dei flussi migratori che dal Nord Africa spingono per raggiungere l’Europa, attraverso l’Italia.
Un altro aspetto rilevante è di carattere economico: il paese ha ingenti risorse di petrolio e gas. A giugno Haftar ha bloccato quattro terminal petroliferi nella parte orientale del Paese, con conseguente crollo della produzione nazionale.
La Francia mantiene il punto sulle elezioni in Libia, che vorrebbe vedere realizzate entro dicembre, e poche settimane fa il ministro degli Esteri Jean-Yves Le Drian ha fatto il tour dei principali responsabili del Paese nordafricano, per fare pressione proprio sul voto da organizzare e che buona parte della Comunità  internazionale, Italia compresa, ritiene prematuro nei tempi prospettati da Parigi.
Il titolare del Quai d’Orsay si è recato nelle roccaforti di tutti i protagonisti dell’accordo di Parigi.
Oltre a Serraj e al presidente del Consiglio di Stato (la camera alta) Khlaled al-Mechri, entrambi a Tripoli, l’emissario francese ha incontrato Haftar nel suo quartier generale di Bengasi e il presidente della Camera dei rappresentanti, Aguila Salah, a Tobruk, 1.200 chilometri ad Est dalla capitale.
I responsabili consultati da Le Drian si sono impegnati a organizzare le elezioni il 10 dicembre e a procedere a una riunificazione del Paese, a cominciare dalla Banca centrale, cruciale per il controllo delle entrate dall’estrazione del petrolio. La Francia “appoggia gli sforzi di tutti” coloro che vogliono arrivare ad elezioni nei tempi concordati a Parigi, ha martellato Le Drian, alla sua terza trasferta in Libia.
Il ministro degli Esteri ha annunciato un contributo francese di un milione di dollari (850mila euro) per l’organizzazione degli scrutini. Le Drian ha anche fatto tappa a Misurata, città  costiera 200 chilometri a Est di Tripoli, controllata da potenti milizie e non associata al processo di Parigi. Qui ha incontrato il sindaco Mustafa Kerouad, degli eletti locali e dei deputati.
A differenza dei ministri italiani che hanno visitato in rapida successione Tripoli (Salvini, Moavero Milanesi, Trenta), Le Drian ha sì incontrato Serraj (a capo dell’unico governo libico riconosciuto internazionalmente) e altri esponenti del suo esecutivo.
Ma l’emissario francese è andato oltre, trattando con Haftar e con il parlamento di Tobruk, cosa che l’Italia, in tutte e tre le visite non ha fatto. E non certo per problemi di tempo.
Come sintetizza l’agenzia Afp in un lungo articolo sulla nuova missione libica di Le Drian, la Francia scommette sulle elezioni entro l’anno e gioca in assolo la sua partita, “rischiando di infastidire altri Paesi implicati in Libia, l’Italia in testa”.

(da “Huffingtonpost“)

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VICENDA AQUARIUS, LA LIBIA HA MESSO PER ISCRITTO CHE IN LIBIA NON CI SONO PORTI SICURI: QUINDI IL GOVERNO ITALIANO HA COMMESSO UN REATO DEMANDANDO I RESPINGIMENTI ALLA GUARDIA COSTIERA LIBICA

Agosto 13th, 2018 Riccardo Fucile

SALVINI AVEVA DEFINITO LA LIBIA “PORTO SICURO”… TONINELLI NON SA NEANCHE CHE NON E’ LA BANDIERA DI UNA NAVE A DETERMINARE IL LUOGO DI SBARCO DI UNA NAVE IN BASE ALLE LEGGI INTERNAZIONALI… MA IN ITALIA ESISTE ANCORA UNA MAGISTRATURA CHE INDAGHI DI COMMETTE UN REATO?

“In questi due ultimi mesi nel Mediterraneo è stato totalmente smantellato il sistema di accoglienza in mare. C’e’ molta confusione e per giunta le navi non si fermano piu’ per prestare a soccorso a chi si trova in difficolta’”: lo dice all’Agi Claudia Lodesani, presidente di Msf Italia, in merito alla vicenda della nave Aquarius con 141 migranti a bordo da venerdì e in attesa di un porto sicuro dove sbarcare.
“Non c’è nessun motivo tecnico e legale a non aprirci un porto in quanto la Aquarius ha rispettato la procedura e le regole vigenti. Sin dall’inizio di questa operazione abbiamo subito informato la guardia costiera libica in quanto la nave si trovava in acque libiche”, precisa la Lodesani.
La stessa guardia libica “ha risposto che non era in grado di offrirci un porto sicuro, di proseguire verso Nord e di rivolgerci ad altri centri di coordinamento” prosegue la presidente di Msf Italia.
“Da diverse ore ormai ci troviamo in una posizione di standby dopo la risposta formale negativa dai centri di coordinamento, sia quello italiano che maltese”, evidenzia la Lodesani.
Tra Linosa e Malta.
Attualmente l’Aquarius si trova a 32 miglie nautiche dalle coste europee, per la precisione dall’isola italiana di Linosa e alla stessa distanza dalla maltese di Ghawdex Island.
Presente a bordo, il personale di Msf International riferisce che “sono per ora stabili le condizioni di salute” dei 141 sopravvissuti.   A bordo della Aquarius ci sono e due donne incinte di circa 7 mesi e cinque bambini di 6 anni”, i 141 migranti dispongono di viveri e medicinali per due settimane, se necessario, in attesa di essere autorizzati a sbarcare in un porto sicuro.
Lo ha detto un medico a bordo, David Beversluis, sottolineando che non ci sono “casi gravi” al momento anche se ci sono “alcune persone debilitate e denuntrite”.
Tra lo staff di Sos Mediterranee e i 35 ragazzi presenti sull’Aquarius ci sono diversi cittadini italiani.
In merito alla responsabilità  del Regno Unito, sollecitata dal ministro dei Trasporti italiano Danilo Toninelli in quanto la nave Aquarius batte bandiera di Gibilterra, “è soltanto una strumentalizzazione politica: il ministro dovrebbe sapere meglio di me che i trattati marittimi internazionali firmati anche dall’Italia non prevedono che sia la bandiera a determinare il luogo di sbarco di una nave” replica la presidente di Msf Italia.
La nota (inutile) della Ue.
In una nota la Ue fa sapere di essere pronta “al massimo impegno diplomatico per arrivare a una soluzione rapida” ed ” è in contatto con diversi Stati membri” che si sono rivolti a Bruxelles per lo stallo della nave Aquarius, ferma nel Mediterraneo con 141 migranti a bordo salvati al largo delle coste libiche. Lo riferisce Tove Ernest, portavoce dell’Ue per le migrazioni.
De Magistris: Venite a Napoli.
Sulla vicenda interviene il sindaco di Napoli de Magistris: “Invito l’Aquarius ad avvicinarsi verso il nostro porto perchè, qualora non li facessero sbarcare, saremmo noi stessi ad andarli a prendere in mezzo al mare, come è giusto che sia dinanzi a persone che stanno rischiando di morire perche c’è chi vuole mostrarsi forte coi deboli, solamente per puro calcolo di opportunismo politico”. Il sindaco replica al ministro dell’Interno, Matteo Salvini, che ha detto no all’approdo della nave Aquarius in Italia.
“Mentre in queste ore, fra un selfie in costume su una bella barca ‘vacanziera’ il ministro dell’Interno mostra i muscoli da ‘bullo’ istituzionale, coperto da un Governo che denota cinismo istituzionale sulla pelle dei più deboli, forse senza precedenti nella storia repubblicana, – dice de Magistris – e mentre la magistratura ancora cerca i circa 50 milioni che la Lega avrebbe sottratto agli italiani, 141 migranti tra cui molte donne e molti bambini, da giorni vagano in mezzo al mare perchè i porti italiani per decisione del Governo sono ancora chiusi”.
De Magistris, così come già  accaduto nei mesi scorsi, ribadisce “con forza la nostra disponibilità  ad accoglierli. In questa settimana di ferragosto, proprio quando molti governanti sono in vacanza, noi – conclude – siamo pronti sempre e sarò in prima fila ad abbracciarli nel porto di Napoli”.

(da Globalist)

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“MIO FIGLIO LINCIATO PER COLPA DELLA LEGA”: LA MADRE DI ARIANO COSTRETTA AD APPELLARSI A MATTARELLA

Agosto 13th, 2018 Riccardo Fucile

UN MINISTRO DEGLI INTERNI CHE SI SCHIERA CON UNA CAPOTRENO RAZZISTA E ACCUSA CHI DENUNCIA LO SCONCIO DI “CERCARE SOLO PUBBLICITA”… LA MAGISTRATURA ESISTE ANCORA IN ITALIA O DA DOMANI VIGE LA LEGITTIMA DIFESA CON I RAZZISTI?

La situazione è diventata talmente grave da arrivare fino al Quirinale.
Al presidente della Repubblica chiede un intervento Annamaria Abate, madre di Raffaele Ariano, il passeggero Trenord che ha raccontato dell’annuncio razzista della capotreno del Milano-Cremona “contro zingari e molestatori”, invitati a scendere dal treno, senza tanti complimenti, “perchè avete rotto”.
La denuncia del fatto, pubblicata da Ariano sul suo profilo Facebook, si è trasformata in una valanga di odio che gli è stata rovesciata addosso da quanti, leghisti in testa, davano ragione alla capotreno e torto a lui, reo di aver parlato, di aver espresso un’opinione, di aver agito da cittadino che non guarda e passa oltre. Ma quando le critiche sono diventate minacce, la donna ha deciso di prendere l’iniziativa.
“Caro Presidente – scrive dunque a Mattarella – mio figlio da comune cittadino ha segnalato un’azione scorretta di un capotreno, un pubblico ufficiale nell’esercizio delle sue funzioni, e per questo sta subendo una vera e propria azione di squadrismo mediatico”.
Per giorni Abbate ha assistito al linciaggio sui social subito dal figlio, linciaggio diventato di massa, soprattutto dopo che il ministro Matteo Salvini ha iniziato a soffiare sul fuoco dichiarando più di una volta che, in realtà , la capotreno andrebbe premiata e non punita per essersi espressa contro i rom.
Salvini risponde anche alla madre, bolla come “sciocchezze” le parole della donna e aggiunge di avere “cose più importanti di cui occuparmi che di persone in cerca di pubblicità “.
In realtà  Ariano tutta questa pubblicità  non l’ha cercata. Tanto che, a causa delle migliaia di messaggi di insulti che gli sono arrivati in bacheca, è stato costretto a rendere privato il suo profilo.
“Raffaele ha usato toni pacati e rispettosi – ricostruisce la mamma nella lettera al capo dello Stato – Nei giorni successivi, sulla pagina Facebook Ufficiale “Lega — Salvini Premier”, è comparso un post che indicava in Raffaele il responsabile del possibile licenziamento della capotreno (licenziamento mai auspicato da mio figlio e di cui non è comparsa mai menzione nei comunicati di Trenord), con tanto di fotografia, nome e cognome e un link diretto alla sua pagina Facebook con la seguente frase: “State con la capotreno o con il denunciatore, Raffaele Ariano?”.
A partire da quel post, continua la lettera che è stata pubblicata dal sito Articolo 21, “è seguito un vero e proprio linciaggio mediatico da parte di sostenitori della Lega e di gruppi neo-fascisti come CasaPound e Forza nuova, contenenti ingiurie e minacce all’incolumità  fisica di mio figlio e della nostra famiglia. La gravità  di quanto accaduto va, però, molto al di là  della sua persona: l’aggressione e il linciaggio mediatico che si è riversato su mio figlio, per il sol fatto di aver chiesto pubblicamente il rispetto di principi e valori scritti nella nostra Costituzione, potrebbero colpire chiunque”.
Ed ecco la richiesta: “Quanto accaduto è un fatto politico che riguarda la nostra democrazia. Confidando nella Sua persona e nel ruolo che ricopre, ci affidiamo a Lei e Le chiedo, rispettosamente, come cittadina e come madre, di valutare un Suo intervento, secondo i Suoi poteri e prerogative costituzionali, a tutela dei nostri diritti di cittadini italiani, del nostro ordinamento e dei valori democratici su cui si fonda”.

(da “La Repubblica”)

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AVELLINO, FOLLIA GRILLINA: IL M5S DIFFONDE MANIFESTI CON LE FOTO DEI CONSIGLIERI DI OPPOSIZIONE COME UNA GOGNA

Agosto 13th, 2018 Riccardo Fucile

IL SINDACO NON HA LA MAGGIORANZA E SE LA PRENDE CON L’OPPOSIZIONE CHE NON SI CAPISCE PERCHE’ DOVREBBE VOTARLO… UN ASSESSORE SI DISSOCIA, ALTRI CHIEDONO LE DIMISSIONI DEL SINDACO

L’idea sarebbe stata del sottosegretario al Ministero dell’Interno, Carlo Sibilia.
Mettere in piazza i nomi e i volti dei consiglieri comunali di Avellino che impediscono al sindaco Ciampi (M5S) di governare, anche se in aula non ha la maggioranza.
I 6×3 della gogna che il sindaco aveva minacciato in un post su facebook sono stati realmente realizzati da un’agenzia pubblicitaria di Atripalda.
Poi però il furgone con i manifesti incriminati è rimasto fermo in garage, molto probabilmente perchè c’erano degli evidenti errori di stampa nel messaggio (era sbagliato anche il nome di un consigliere comunale del Pd).
Eppure il sindaco Ciampi aveva chiesto scusa, chiarendo che quella minaccia di ricorrere alla gogna contro i suoi avversari era arrivata al termine “di una giornata stressante, ero solo amareggiato — ha spiegato il sindaco di Avellino – perchè i consiglieri di opposizione avevano bocciato la variazione di bilancio che avrebbe consentito lo svolgimento dei concerti del ferragosto avellinese”.
Ma all’improvviso nel primo pomeriggio le “vele” con i manifesti della gogna si sono messi in moto seppur per pochi minuti per poi fare subito rientro in garage.
E in relazione a questo episodio è eloquente il post del sottosegretario Sibilia che su facebook scrive: “Sono in atto intimidazioni ai danni di professionisti incaricati di diffondere informazione ai cittadini avellinesi — si legge sulla sua bacheca Facebook -. Ogni abuso sarà  denunciato. Ognuno si prenda le sue responsabilità . Se si può spiegare il no al “Ferragosto Avellinese” lo si faccia tranquillamente. Sono certo che i cittadini capiranno”.
Una frase che confermerebbe l’intervento di Sibilia per la realizzazione dei manifesti sui quali campeggia un titolo: “Hanno scelto di bloccare il programma presentato dalla giunta Ciampi”.
Eppure sulla vicenda l’assessore alla cultura, Michela Mancusi scrive in un post sui social: “Non so se è vero, ma se lo fosse mi dissocio completamente!”.
C’è già  chi invita il sindaco Ciampi a rassegnare le dimissioni. Insomma, nel M5S che governa le città  le acque sono piuttosto agitate.

(da “La Repubblica”)

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BUFALA BILL

Agosto 13th, 2018 Riccardo Fucile

LE FOTO DI SALVINI AL MARE, UNA SPECIE DI FANTOZZI CHE CI DICE: “IO SONO COME TE”. ROBA DA QUERELA

La differenza tra Sinistra e Destra è che entrambi disprezzano il popolo, ma almeno la destra non glielo fa pesare.
Non ricordo chi partorì il vecchio aforisma, in parte superato dal superomismo degli incompetenti di stampo grillino.
Ma si adatta perfettamente al Ministro della Paura Matteo Salvini, il quale prosegue la sua miracolosa narrazione social con vertici ogni giorno più siderali, affiancato dall’economismo muscolare dei Bagnai e di Claudio “click” Borghi, quello che spiegò il boom turco con il mancato ingresso nell’Euro e non si capisce come mai, oggi, non sia ad Ankara a stampare personalmente moneta.
In realtà  un errore, ancorchè marginale, c’è stato: Salvini l’altro giorno si è ripreso a bordo di un motoscafo insieme alla di lui fidanzata, ostentando un benessere plateale che i fan gli avrebbero certamente perdonato.
Per non rischiare, però, ha subito pubblicato due post riparatori. Uno di mozzarelle, corredato dal seguente testo: “Con questo calduccio, uno spuntino a base di spettacolare mozzarella di bufala campana ci sta (faccina che ride). Alla faccia dell’Europa che vuole portarci in tavolo ogni tipo di schifezza io mangio (e bevo) italiano!”.
L’altro, anche meglio: un video girato dal proprietario della pugliese Azzurra Pescheria, nel quale il Ministro dell’Interno magnifica le doti di un polipo bollito. Questo secondo video si presta a due considerazioni, legate tra loro: la prima è che Salvini, ripreso a torso nudo, mostra un fisico difficilmente distinguibile dalla bufala campana della foto precedente.
La seconda è che proprio il fisico cadente, al netto dell’improbabile ipotesi di un vicepresidente del Consiglio che sceglie di farsi trattare come un promoter da due pescivendoli che forse si ricordavano i suoi insulti al sud, fa parte di una strategia. Egli, Salvini, vuole significarci di non essere il privilegiato che se la spassa sul mare insieme alla conduttrice della Prova del cuoco, ma una specie di Fantozzi che del ragioniere non solo incarna la micragna espressiva e il piccolo egoismo, ma anche e soprattutto quella forma fisica latitante che noi teorici del seno cadente e del salvagente alzo ombelico conosciamo bene.
Salvini, dunque, ci dice: “Io sono come te”.
Roba da querela.

Luca Bottura
(da “La Repubblica”)

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GOLETTA VERDE: META’ DELLE SPIAGGE ITALIANE TESTATE SONO INQUINATE

Agosto 13th, 2018 Riccardo Fucile

ALTRO CHE SPIAGGE SICURE, INVECE DI ROMPERE I COGLIONI A CHI VENDE IL COCCO, QUALCUNO SI DEDICHI A DEPURARE LE ACQUE… IL 48% DEI CAMPIONI PRELEVATI SONO FUORI LEGGE, DATI PEGGIORATI DELL’ 8% RISPETTO AL 2017

Il nostro mare è sempre più inquinato, nonostante allarmi, denunce, segnalazioni la situazione peggiora di anno in anno. Il 48% dei campioni prelevati dai nostri mari risulta “fortemente inquinato” (39%) e “inquinato” (9%).
E’ un bilancio critico, 8 per cento delle acque più inquinate rispetto all’anno scorso racconta il bilancio di Goletta Verde di Legambiente (qui la mappa dei bollini rossi e verdi), rientrata in porto ieri da un viaggio iniziato il 22 giugno dalla Liguria e terminato in Friuli Venezia Giulia.
Il 52% dei 261 punti campionati dai tecnici nelle 15 regioni costiere italiane è risultato entro i limiti di legge.
Il 48% dei campioni rappresentano, in pratica, un punto ogni 59 chilometri.
I risultati negativi sono sicuramente da attribuire, afferma l’associazione, alla mala depurazione di cui ancora soffrono vaste aree del nostro Paese e per la quale l’Unione europea ci ha presentato un conto salatissimo.
Sulla depurazione, l’Italia è oggetto di due condanne e di una terza procedura d’infrazione, che riguardano complessivamente 909 agglomerati urbani, di cui il 25% in Sicilia (231 agglomerati), 143 in Calabria (16%), e 122 in Campania (13%).
Quest’anno, sottolinea Serena Carpentieri, vice direttrice generale di Legambiente, “abbiamo già  presentato esposti alle diverse Capitanerie di porto nelle regioni interessate segnalando 45 località  fortemente inquinate”.
La denuncia dell’associazione fa leva sulla legge 68/2015, che ha inserito i reati ambientali nel codice penale.
L’anno scorso la regione più inquinata di italia era il Lazio. E i litorali di Lazio, Calabria, Campania e Sicilia, dopo 5 anni di segnalazioni non avevano migliorato la loro situazione.
Nelle analisi 2018 foci dei fiumi, dei canali, dei corsi d’acqua e di scarichi sospetti e di altri punti critici rappresentano il 57% dei punti campionati dai tecnici di Goletta Verde e sono i luoghi dove si concentrano le maggiori criticità : su 149 foci monitorate, 106 (il 71%) sono risultate “fortemente inquinate” (il 61%) e “inquinate” (il 10%). Il 43% dei punti campionati sono, invece, spiagge.
Il tutto, segnalano gli esperti, è dovuto al fatto che in gran parte del paese non c’è una rete fognaria perfettamente funzionante
“La grande opera pubblica di cui non si parla mai nel nostro Paese è il completamento della rete fognaria e di depurazione delle acque reflue – dichiara infatti il direttore generale di Legambiente Giorgio Zampetti – La mala depurazione è, infatti, un’emergenza ambientale che va affrontata con urgenza visto che siamo anche stati condannati a pagare all’Ue una multa da 25 milioni di euro, più 30 milioni ogni sei mesi finchè non ci metteremo in regola”.
Su 78 spiagge monitorate sono stati trovati in media 620 rifiuti ogni 100 metri. Nonostante dall’inizio dell’anno a oggi, i volontari di Legambiente hanno pulito almeno 500 spiagge italiane rimuovendo circa 180mila tra tappi e bottiglie, 96mila cotton fioc e circa 52mila tra piatti, bicchieri, posate e cannucce di plastica.
Partiamo dalla depurazione, per la quale l’Italia è oggetto di due condanne e di una terza procedura d’infrazione, che riguardano complessivamente 909 agglomerati urbani, di cui il 25% in Sicilia (231 agglomerati), 143 in Calabria (16%), e 122 in Campania (13%).
La Sicilia è anche in testa per numero di campionamenti risultati oltre i limiti in questa edizione di Goletta: 21 punti ‘fuori legge’ sui 26 campionamenti totali effettuati lungo le coste della regione (17 “fortemente inquinati”, 4 “inquinati”). Seguono la Campania con 20 punti oltre i limiti (19 “fortemente inquinati”) su 31 campionamenti effettuati; il Lazio con 17 punti oltre i limiti sui 24 monitorati (12 sono “fortemente inquinati”), e la Calabria con 15 su 22 (12 “fortemente inquinati”)
Nonostante la cartellonistica informativa sia obbligatoria ormai da anni per i comuni, la carenza di informazione ai cittadini riguarda anche i punti ufficialmente interdetti alla balneazione. I tecnici di Goletta Verde hanno trovato un unico punto con un cartello che segnala la criticità  dell’area, sugli 8 punti ufficialmente interdetti alla balneazione che sono coincisi con i luoghi di prelievo.
Negligenze che si traducono in “alta presenza di bagnanti” in 3 degli 8 punti campionati ufficialmente interdetti alla balneazione e “media presenza” in altri 3. Nelle aree balneabili è previsto, inoltre, per legge, un cartello informativo sulla qualità  delle acque: su 132 punti campionati da Goletta verde in acque definite “balneabili”, nell’89% dei casi (118 punti) questo cartello non c’era.
“Con la goletta verde 2018, noi chiediamo al ministro di maio di fermare la deriva petrolifera nel mare italiano dicendo stop a tutte le nuove attività  di ricerca e alle nuove richieste per estrarre petrolio dal mare italiano”.
A dirlo è stato il direttore generale di legambiente, giorgio zampetti, a margine della conferenza di presentazione dei dati di goletta verde 2018. “Negli anni scorsi la croazia e il governo croato- ha spiegato- hanno fermato l’attività  di ricerca e di prospezioni di nuove attività  di estrazione di idrocarburi nel mare di sua competenza, chiediamo che in Italia venga fatta la stessa cosa”.
Goletta Verde è stata realizzata grazie al sostegno di Conou, Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati, e dei partner Novamont e Ricrea, il Consorzio nazionale per il riciclo e il recupero degli imballaggi in acciaio, con la media partnership di La Nuova Ecologia e rinnovabili.it.

(da agenzie)

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PER LEGA E M5S GLI AVVOCATI DEI MAFIOSI VANNO BENE SOLO SE SONO AMICI

Agosto 13th, 2018 Riccardo Fucile

UN AVVOCATO CHE DIFENDE UN MAFIOSO NON E’ DEGNO DI ASSUMERE CARICHE ISTITUZIONALI? IL CASO ZAMPOGNA… MA ALLORA NON VALE ANCHE PER GIULIA BONGIORNO CHE HA DIFESO ANDREOTTI?

Il cosiddetto dibattito politico ferragostano sui cosiddetti media sviscera temi assolutamente imprescindibili in un paese sull’orlo della bancarotta e con un governo di incompetenti litigiosi risucchiato in un gorgo di ridicole castronerie.
Ma negli interstizi di cotanta lena intellettuale si è insinuata una notizia minore, che merita una rilfessione, come amava dire la Boldrini.
Nel Comitato Regionale Antimafia della Regione Lombardia — di cui pochi sospettavano l’esistenza, ma che sicuramente avrà  inflitto poderosi colpi di maglio alla criminalità  organizzata — Forza Italia e la Lega hanno proposto di nominare l’avv. Maria Teresa Zampogna.
Nella sua professione, costei ha assunto la difesa, tra gli altri, di uno spietato pezzo da novanta di Cosa nostra, tal Salvatore Lo Piccolo, un boss della ‘ndrangheta, tal Carmine Valle, un funzionario pubblico legato ai clan calabresi, Carlo Chiriaco e anche di Domenico Zambetti accusato di comprare voti dai mafiosi a 50 euro l’uno e che con il suo arresto determinò nel 2012 la fine della giunta regionale lombarda.
Le cronache narrano che la nomina della Zampogna ha immediatamente scatenato l’opposizione di Monica Forte, grillina, presidente della commissione consiliare antimafia della Regione che ha dichiarato: “Pongo un problema di opportunità : nel comitato devono entrare persone con esperienza nel contrasto alle mafie”.
A ruota è arrivata una sfilza di indignati sia sul fronte politico sia sul fronte giornalistico, da David Gentili, presidente della commissione antimafia del Comune di Milano a Nando della Chiesa.
La disputa in sostanza solleva un punto chiaro: un avvocato se difende un mafioso (che ha un diritto costituzionale ad essere difeso) non è degno di assumere cariche istituzionali che possano avere a che fare con la repressione delle mafie.
Quindi se ne deduce che nessun avvocato difensore di assassini o rapinatori dovrebbe poter essere eletto in Parlamento dove si discutono e approvano leggi che puniscono omicidi e rapine.
Già  odo il coro di chi asserisce che sarebbe pretestuoso allargare il campo. Allora limitiamoci ai difensori dei mafiosi.
Del governo grilloleghista fa parte tal avvocato Giulia Bongiorno, divenuta famosa per aver difeso Andreotti.
La sentenza definitiva accertò che il Divo commise il reato di associazione a delinquere (con mafiosi eccellentissimi) fino alla primavera del 1980, come giustamente ci ricordano ripetutamente Dalla Chiesa, Barbacetto, Caselli e tanti altri, ma il reato fu prescritto.
Allora viene da chiedersi come mai la nomina in una commissione regionale priva di poteri effettivi di un avvocato dei mafiosi mena scandalo, mentre quella a Ministro della Funzione Pubblica (che ha responsabilità  su tutta la Pubblica Amministrazione) non provoca un plissè?
Noi uomini di mondo non oseremo mai sospettare che tale profonda diversità  di vedute sia dovuta ad una banale circostanza: il governo a Roma è composto da amici, la giunta del Pirellone da nemici degli amici.

(da “NextQuotidiano”)

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CONFINDUSTRIA: “IL GOVERNO? SIAMO DELUSI E AMAREGGIATI”

Agosto 13th, 2018 Riccardo Fucile

VINCENZO BOCCIA NON ESCLUDE DI PORTARE GLI IMPRENDITORI IN PIAZZA CONTRO L’ESECUTIVO

“Ci sentiamo delusi nel merito e amareggiati nel metodo”. Usa queste parole Vincenzo Bocca, il presidente di Confindustria, per descrivere le sensazioni degli industriali italiani nei confronti del governo gialloverde.
“Il decreto dignità  aumenta il costo del lavoro e non aumenterà  l’occupazione”, ha affermato in un’intervista al Messaggero.
“Troviamo davvero ingenerose, al limite della volgarità , le parole di alcuni esponenti dei partiti di governo nei confronti del sistema di rappresentanza. Se la politica e i partiti vogliono riappropriarsi del loro primato non possono limitarsi a seguire i sondaggi e la piazza, come qualcuno ama dire”, evidenzia Boccia.
Non esclude la possibilità  di una manifestazione contro l’esecutivo: “Il nervosismo del nostro mondo è molto elevato e di questo passo dovremmo prevedere – speriamo di non arrivare a tal punto – di portare i cittadini imprenditori in piazza. Se si insiste con certe provocazioni saremo costretti a farci sentire”.
Sulla manovra afferma, “confidiamo che non sia concepita in termini elettoralistici, altrimenti da un lato si invoca il cambiamento e dall’altro si gettano le basi per una società  consociativa, corporativa e, peggio ancora, una società  in cui se critichi vieni penalizzato”.
C’è, secondo il presidente di Confindustria, una voce fuori dal coro e Boccia si augura che sia ascoltata anche dagli altri membri dell’esecutivo.
Si tratta del ministro Tria che, sul debito debito pubblico “parla il linguaggio del buon senso”.
“I mercati non si lasciano influenzare dalle buone intenzioni ma premiano o puniscono le azioni che valutano virtuose o dannose. Vale in tutto il mondo e vale anche per l’Italia”, sottolinea il numero uno di Confindustria.
“Non serve gridare al complotto, ma comportarsi con responsabilità  non solo nei confronti del proprio elettorato ma dell’intero Paese”. Da parte di Boccia, poi l’invito utilizzare l’Ue e la normativa europea come alibi: “L’Europa va riformata ma è la soluzione: solo con più Europa ci difenderemo dai dazi e dalle politiche commerciali aggressive di altri Paesi”.
Per la ripresa, aggiunge, occorre “iniziare a parlare di responsabilità  oltre che di diritti. Ricordarsi che abbiamo il secondo debito pubblico più grande al mondo rispetto al Pil e che fare ricorso al deficit significa accumulare altro debito a danno delle generazioni future”.

(da agenzie)

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GALLERIA DELL’ACCADEMIA DI FIRENZE: NON FUNZIONA L’ARIA CONDIZIONATA E LA VISITA PER AMMIRARE MICHELANGELO DIVENTA UN INCUBO

Agosto 13th, 2018 Riccardo Fucile

SVENIMENTI NELLE SALE, A RISCHI ANCHE I DIPINTI… CHE BELLA ACCOGLIENZA TURISTICA

Temperature roventi, aria stagnante, percentuali di umidità  tropicali.
Alla Galleria dell’Accademia, uno dei musei fiorentini più visitati dai turisti di tutto il mondo, la visita per ammirare il David di Michelangelo rischia di trasformarsi in un’esperienza da incubo.
Gli impianti di condizionamento non funzionano come dovrebbero e l’unico modo per difendersi dal caldo, al piano terra, è munirsi di un ventaglio e agitarlo freneticamente. Spesso, però, non basta. E gli svenimenti sono ormai una routine.
«La scorsa settimana si è sentita male una signora incinta – spiega uno dei custodi, che chiede di mantenere l’anonimato perchè, spiega, non è autorizzato a parlare – e anche molti di noi hanno accusato un malore». A denunciare la situazione è la Cgil Fiorentina.
«Gli accessi -spiegano dal sindacato – hanno raggiunto cifre da record (una media di 6.000 ingressi al giorno con punte di 10.000) l’impianto di refrigerazione continua a non essere presente nella Sala del Colosso, nel Corridoio di Prigioni, nella Tribuna del David e nella Gipsoteca».
A subire le conseguenze del disservizio non sono solo i turisti e il personale, ma anche i dipinti.
«La lancetta dei rilevatori di umidità  relativa supera il 78%, quando dagli atti di indirizzo per la conservazione del patrimonio artistico le tavole dipinte non possono soggiornare in locali che superino il 60%».
«La situazione è sotto controllo – rassicura la direttrice del museo, Cecilie Hollberg – Le opere non corrono nessun rischio e sono sotto monitoraggio regolare. Nonostante il Museo non abbia un restauratore interno ci facciamo finanziare dall’associazione Amici della Galleria dell’Accademia un restauratore che fa controlli frequenti. Non vi è niente di preoccupante sull’impianto di climatizzazione che non sappiamo già . L’impianto andava cambiato decenni fa. Da marzo finalmente ci è arrivato un funzionario architetto, abbiamo potuto risolvere le urgenze e si sta lavorando su un rinnovo completo dell’impianto che ovviamente non potrà  aver luogo in piena estate». Rassicurazioni a cui replica un turista americano che, accaldatissimo, sventolando il suo ventaglio variopinto commenta: «Too hot».

(da “La Stampa”)

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