Destra di Popolo.net

SALVINI DJ AL PAPEETE BEACH PER FERRAGOSTO: INVECE CHE AL VIMINALE VA ALLA CONSOLLE A MILANO MARITTIMA

Agosto 14th, 2018 Riccardo Fucile

PS… PER I SEDICENTI FASCI CHE SBAVANO PER LA ZECCA PADANA: MUSSOLINI ANDAVA A MIETERE IL GRANO, NON A SCULETTARE IN DISCOTECA, LEGGETEVI QUALCHE LIBRO

Anche in veste di vicepremier, Matteo Salvini non rinuncia all’appuntamento estivo al Papeete Beach.
Dopo la conferenza stampa di Ferragosto a San Luca, scrive il Messaggero, il ministro dell’Interno si recherà  a Milano Marittima per mettere i dischi e far ballare gli ospiti del noto stabilimento.
Non è la prima volta che il leader della Lega si improvvisa dj.
Nelle scorse estati era stato immortalato sempre al Papeete, dove non aveva lesinato sorrisi e selfie a sostenitori e fan, accorsi appositamente per vederlo all’opera dietro la consolle.
Nonostante la nuova carica, per la sua estate Salvini non ha rinunciato ad appuntamenti ben distanti dal rigore politico.
Negli scatti e video diffusi da lui stesso sui suoi canali social, il leghista ha scelto di riporre la camicia.
Non rinuncerà  al torso nudo anche per questo 15 agosto.

(da agenzie)

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CON SALVINI MENO RIMPATRI CHE CON MINNITI: SI SCOPRE IL BLUFF DELLA LEGA

Agosto 14th, 2018 Riccardo Fucile

NEGLI ULTIMI DUE MESI APPENA 866 RIMPATRI, MENO DEGLI STESSI MESI DELL’ANNO SCORSO

Repubblica oggi rivela i dati che Salvini nasconde: solo 866 rimpatri ( e non solo di tunisini) effettuati tra giugno e luglio, durante i primi due mesi di Salvini al Viminale, una cifra inferiore rispetto a quella dello stesso periodo dell’anno scorso.
Ricordiamo che   il Viminale indico’ il numero di 6.514 rimpatri per il 2017 (e 5.817 nel 2016).
Aveva ragione l’ex ministro Maroni a consigliare prudenza a Salvini prima di dire ‘ne rimando 100mila a casa’ : rimandare a casa i migranti non è così semplice. Devono essere rimandati nei Paesi di origine, non di provenienza”
A distanza di pochi mesi si è scoperto il bluff di Salvini: i migranti rimpatriati sono appena 866 in due mesi, altro che i 16.600 che avrebbero dovuto essere per arrivare a 100.000 in un anno.
Non solo: sono meno di quelli che era riuscito a rimpatriare Minniti nello stesso periodo dell’anno precedente.
Non solo: a questa media in 12 mesi i rimpatri si fermerebbero a meno di 5.200, addirittura 1300 in meno rispetto al 2017.
Tanto per capire chi racconta balle.

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LA CASSAZIONE: “I CENTRI SOCIALI OCCUPATI SONO REGOLARI SE SOCIALMENTE UTILI”

Agosto 14th, 2018 Riccardo Fucile

GIUSTO RICONOSCERE IL VALORE SOCIALE DI MOLTI SPAZI SOTTRATTI AL DEGRADO

Gli edifici occupati da centri sociali che svolgono iniziative di utilità  sociale con “l’acquiescenza” del proprietario dello stabile, ingenerando il convincimento della “legittimità  dell’occupazione”, non possono essere sgomberati.
Lo ha stabilito la Cassazione respingendo la richiesta di sequestro del centro sociale “Tempo Rosso”, nel Casertano, i cui attivisti sono impegnati nella lotta all’inquinamento della “terra dei fuochi”.
Gli attivisti del centro sociale “Tempo Rosso” hanno subito accolto la sentenza della Corte suprema: “E’ stato rigettato il ricorso della Procura di Santa Maria Capua Vetere”.
E su Facebook scrivono: “Ora attendiamo le motivazioni per vedere se sono state accolte le istanze dei nostri avvocati”.
“Nella provincia del malaffare, del deserto ambientale e sociale, e dell’ipocrisia istituzionale, essere Tempo Rosso è per noi la nostra maniera di esistere e resistere qui, a testa alta e senza mai fare un passo indietro”, concludono.
“La sentenza della Cassazione sulla vicenda di un centro sociale della Campania riconosce finalmente il valore sociale e pubblico di molti di questi spazi sottratti al degrado e all’abbandono”.
Lo afferma Paolo Cento di Sinistra Italiana-Liberi e Uguali, commentando la sentenza della Suprema Corte resa nota oggi. “Il no agli sgomberi nei casi riconosciuti di valore pubblico delle proprie attività  stabilito dalla Cassazione richiede ora – conclude – uno stop immediato al piano di sgomberi annunciato dal ministro Salvini nelle grandi città  a partire da Roma”.

(da Globalist)

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RAGGIUNTO L’ACCORDO PER AQUARIUS; ATTRACCO A MALTA E RIDISTRIBUZIONE TRA CINQUE PAESI EUROPEI CIVILI (QUINDI NON L’ITALIA)

Agosto 14th, 2018 Riccardo Fucile

LO SCONCIO DEL GOVERNO ITALIANO… IL COORDINATORE: “BOOM DI MORTI PER COLPA DI SALVINI”

Anche le autorità  di Malta hanno dato luce verde allo sbarco della nave Aquarius in uno dei suoi porti.
«Farà  una concessione permettendo alla nave di entrare nei suoi porti, anche se non ha l’obbligo legale di farlo – si legge in una dichiarazione diffusa su Twitter dal premier, Joseph Mmuscat -. Malta servirà  come base logistica e tutte le 141 persone a bordo saranno distribuite tra Francia, Germania, Lussemburgo, Portogallo e Spagna».
L’annuncio non placa però la polemica contro la posizione del governo italiano. «Accogliamo con favore l’annuncio di Malta sullo sbarco di Aquarius, seguito dalla condivisione di responsabilità  di altri governi europei – die in una nota Amnesty International, – Ma i salvataggi non devono essere negoziati singolarmente. Questo mette alla prova i soccorritori e mette vite a rischio. Vogliamo un sistema di ricerca e soccorso affidabile».
Già  in precedenza, la Senior campaigner dell’ong per i migranti Maria Serrano aveva dichiarato che «i governi europei devono smettere di giocare con le vite umane. Il vergognoso rifiuto di Italia e Malta di permettere ai rifugiati e migranti di sbarcare nei loro porti è pura crudeltà . Queste persone hanno affrontato viaggi pericolosi e condizioni disumane in Libia, solo per essere bloccate in mare mentre governi senza vergogna abdicano alla loro responsabilità  di proteggerli».
Inoltre, ha definito «allarmante che Gibilterra, sotto la cui bandiera naviga Aquarius, ha minacciato di mettere fine alla registrazione della nave in una manovra burocratica intesa a danneggiare le operazioni salvavita di ricerca e soccorso in mare. Gli sforzi senza sosta delle ong per salvare vite in mare dovrebbero essere celebrati, non ostacolati o puniti».
Secondo il coordinatore di Aquarius Nicola Stalla “Continuando a premere l’acceleratore sui porti chiusi alle navi Ong, il ministro Salvini mette in pericolo centinaia di vite umane. A causa della politica del vicepremier e del governo, tra giugno e luglio si registrata un’impennata delle vittime: tra morti e dispersi 700 migranti hanno perso la vita durante vari naufragi nel Mediterraneo centrale”. E il rischio “che ci siano altri morti”

(da “La Stampa”)

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UN PONTE PIENO DI RATTOPPI, UNA TIPICA STORIA ITALIANA

Agosto 14th, 2018 Riccardo Fucile

NEL TEMPO SOLO PICCOLI LAVORI, IN MANO A SOCIETA’ AUTOSTRADE

Una storia tipicamente italiana, fatta di rattoppi.
La soluzione strutturale, quella cioè necessaria e più affidabile, invece costantemente rinviata. Ingarbugliata tra decisioni e bandi di gara tardivi. Dietro il crollo del ponte Morandi sulla A10 a Genova c’è anche, o forse soprattutto, questo.
E un interrogativo che torna prepotentemente solo a tragedia avvenuta: di chi è la colpa?
Ferme le parole del Capo dello Stato, che ha parlato di situazione assurda, di cui, però, devono emergere le responsabilità .
In mezzo ci sono 51 anni di interventi di manutenzione diventati attività  ordinaria, allarmi inascoltati di esperti sulla tenuta dell’opera, denunce di cittadini, interrogazioni parlamentari, foto di dissesto che non lasciano spazio a dubbi sulla precarietà  del ponte.
Dal 1965 – data del completamento del ponte – a oggi, quello che era stato celebrato come il ponte di Brooklyn per il suo design moderno, è diventato invece il simbolo di una prassi precaria, poco lungimirante, incapace di rispondere al requisito base di un’infrastruttura: la sicurezza.
Le pezze sono state tante.
Negli anni ’80 e ’90 arrivano i cosiddetti stralli, imponenti cavi metallici collocati sul ponte per evitare il rischio di cedimento.
Negli anni 2000 quella che doveva essere una manutenzione ordinaria si trasforma in una sorta di rifacimento a pezzi dell’opera: interventi continui e due anni fa addirittura la sostituzione delle barriere bordo ponte e il rifacimento di tutte le strutture in calcestruzzo.
Lavori di rattoppo ancora in corso, come si apprende da Autostrade, che oggi ha reso noto la natura delle operazioni: “Sulla struttura erano in corso lavori di consolidamento della soletta del viadotto e che, come da progetto, era stato installato un carro-ponte per consentire lo svolgimento delle attività  di manutenzione”.
L’intervento portante, cioè il bando per il consolidamento del ponte, è invece ancora aperto.
Ci sono le risorse, 20 milioni di euro, ma la gara per l’assegnazione dell’appalto non si è ancora conclusa. Ha una scadenza, che è il 30 settembre, e un percorso fatto di autorizzazioni e procedure che è risultato intempestivo.
L’iter: Autostrade per l’Italia, che è il concessionario del tratto della A10 tra Genova e Savona, prevede il consolidamento del ponte e trasmette il progetto esecutivo alla Direzione generale per la vigilanza sulle concessioni autostradali del ministero dei Trasporti e delle Infrastrutture.
Questo avviene – come riferito da Autostrade – a aprile-maggio di quest’anno. La pratica passa al Comitato tecnico del Provveditorato della Lombardia-Liguria, che deve esprimere un parere. Disco verde. Si arriva a giugno e la Direzione dà  il via libera. La fase della pre-gara si conclude e si apre la fase finale, quella che si concluderà  appunto a fine settembre.
La genesi del progetto di Autostrade per un intervento strutturale, quindi, risale solo a quattro mesi fa.
Prima, molto prima, però, i dubbi sull’affidabilità  del ponte e le richieste di una ristrutturazione complessiva erano state molteplici.
Dicembre 2012: l’allora presidente di Confindustria Genova, Giovanni Calvini, avvertì sulla tenuta dell’opera (“Tra dieci anni il ponte crollerà “) e sulla necessità  di procedere con la realizzazione della Gronda di Ponente, infrastruttura alternativa in grado di agevolare il traffico. Gronda che però fu osteggiata da politici e amministratori e che ad oggi ha le sembianze di disegni e simulazioni al computer. Ancora ferma, quindi, alla fase della progettazione.
Ancora. 29 luglio 2016, due anni fa. L’ingegnere Antonio Brencich, professore associato di Costruzioni in cemento armato all’Università  di Genova, scriveva in un articolo pubblicato da Ingegneri.info: “Il Viadotto Morandi ha presentato fin da subito diversi aspetti problematici, oltre l’aumento dei costi di costruzione preventivati”. Nella sua analisi, Brencich mette in luce tutte le criticità  del ponte Morandi, a iniziare da “un’erronea valutazione degli effetti differiti (viscosità ) del calcestruzzo che ha prodotto un piano viario non orizzontale”. Già  nei primi anni ’80 – sottolinea l’ingegnere – “chi percorreva il viadotto era costretto a fastidiosi alti e bassi dovuti a spostamenti differiti delle strutture dell’impalcato diversi da quelli previsti in fase progettuale. Solo ripetute correzione di livelletta hanno condotto il piano viario nelle attuali accettabili condizioni di semi-orizzontalità “.
Nella storia tipicamente italiana si cerca ora il responsabile. La bagarre politica divampa a poche ore dal crollo. E la storia tipicamente italiana si ripete. Sempre con lo stesso finale.

(da “Huffingtonpost”)

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PONTE MORANDI, NEL 2006 CALATRAVA SI OFFRI’ DI RIFARLO, MA NON SE NE FECE NULLA PER NON BLOCCARE IL TRAFFICO

Agosto 14th, 2018 Riccardo Fucile

UNA RELAZIONE DEL 2011 DI AUTOSTRADE: “L’INTENSO TRAFFICO PROVOCA UN INTENSO DEGRADO DELLA STRUTTURA SOTTOPOSTA A INGENTI SOLLECITAZIONI”

Era il 2006 quando l’archistar Santiago Calatrava incontrò a Genova l’allora presidente della regione Liguria, Claudio Burlando e si candidò per disegnare e realizzare un nuovo ponte autostradale in acciaio sul torrente Polcevera.
All’epoca, c’era infatti al vaglio della Società  Autostrade e del Governo l’ipotesi di abbattere e sostituire quel ponte problematico progettato dall’ingegnere Riccardo Morandi e costruito negli anni ’60 dalla società  Condotte.
Due anni dopo, a maggio 2009, quando dalla società  Autostrade venne presentato il nuovo progetto della gronda autostradale da Voltri alla Val Polcevera, le cronache registrarono un’inversione di rotta: “Non è previsto l’abbattimento del Ponte Morandi” dissero Autostrade.
Questo nonostante un nuovo studio avesse calcolato un tempo dagli 8 ai 12 mesi per la demolizione controllata del viadotto.
Il motivo?   “La sua eventuale dismissione per inagibilità  o per situazioni temporanee di blocco dovute ad incidenti stradali, costituisce un grave rischio per il traffico automobilistico regionale”.
Eppure il progetto di Calatrava avrebbe consentito anche di recuperare spazi di vivibilità  in un quartiere invaso dal cemento. La sua idea era infatti quella di costruire un nuovo ponte in acciaio proprio sopra il vecchio viadotto ed usarlo poi per demolire l’opera sottostante, con l’uso di appositi carrelli che agganciano pezzi della struttura e li portano a terra.
“Il nuovo ponte — spiegò all’epoca l’architetto spagnolo — sarebbe molto più leggero e le carreggiate sarebbero divise in modo da lasciare filtrare la luce del sole a terra. I piedi del viadotto occupano 600 metri quadrati, per la nuova struttura ne basterebbero 50-60“.
E aggiunse: “Vorrei presentare — registrano ancora le cronache di quell’anno — due o tre idee di ponti strallati e ad arco per poi fare scegliere il migliore, ma l’importante è che la struttura nasca in sintonia con il paesaggio, perchè quella valle è molto bella”. Garantì poi che l’opera sarebbe stata realizzata in tre anni, uno per la progettazione e due per la realizzazione.
L’idea di affidare il progetto a Calatrava piacque a Burlando (e nei giorni successivi la caldeggio con l’allora ministro Antonio Di Pietro) ma nel rispetto dei ruoli comunque precisò: “Naturalmente spetta ad Autostrade (oggi gruppo Atlantia) scegliere gli autori del progetto”.
La proposta dell’archistar resta però in sospeso. Nel febbraio del 2009 un nuovo studio di fattibilità  riduce il tempo calcolato per la demolizione controllata del viadotto Polcevera, portandolo a 8-12 mesi con lo smontaggio della “struttura con un ordine inverso rispetto alle fasi della costruzione dell’opera”.
“In tal modo sarà  sufficiente evacuare provvisoriamente le abitazioni che attualmente insistono nell’impronta e negli immediati dintorni del viadotto, senza procedere ad alcun abbattimento dei fabbricati” si legge nello studio La Gronda di Genova. Presentazione sintetica delle ipotesi di tracciato che Autostrade per l’Italia aveva realizzato assieme alla società  d’ingegneria Spea e pubblicato come base per un dibattito pubblico.
Il documento, nel capitolo dedicato ad una delle ipotesi di varianti di tracciato studiate da Autostrade per l’Italia (quella definita Gronda Bassa che “affianca l’esistente viadotto Morandi, di cui è prevista la dismissione, ad una distanza di circa 150 m verso nord”), spiega: “Una volta demolita la struttura del Ponte Morandi, i proprietari delle abitazioni potranno rientrare nei rispettivi alloggi”.
Questa demolizione controllata del viadotto Morandi, precisano gli autori, “richiede di smantellare circa 80.000 metri cubi di calcestruzzo“.
Autostrade per l’Italia aveva sottolineato in più punti la criticità  della situazione: nel documento si legge, tra l’altro, che “Il tratto più trafficato è il viadotto Polcevera (Ponte Morandi) con 25,5 milioni di transiti l’anno, caratterizzato da un quadruplicamento del traffico negli ultimi 30 anni e destinato a crescere, anche in assenza di intervento, di un ulteriore 30% nei prossimi 30 anni”.
La relazione, redatta 9 anni fa, metteva però anche in guardia sui potenziali rischi: “Il ponte Morandi — si legge — costituisce di fatto l’unico collegamento che connette l’Italia peninsulare ad est, la Francia meridionale e la Spagna ad ovest, ed è il principale asse stradale tra Genova, le aree residenziali periferiche, il porto di Voltri, l’aeroporto e le aree industriali di ponente. Lo svincolo di innesto sull’autostrada per Serravalle, all’estremità  est del viadotto, produce quotidianamente, nelle ore di punta, code di autoveicoli ed il volume raggiunto dal traffico provoca un intenso degrado della struttura sottoposta ad ingenti sollecitazioni”.
Stime confermate anche nel 2011 in una relazione di Autostrade per l’Italia del maggio 2011 sull’adeguamento del sistema A7-A10-A12, in cui si ribadisce che il tratto autostradale A10 a Genova e l’innesto sull’autostrada per Serravalle producono “quotidianamente, nelle ore di punta, code di autoveicoli ed il volume raggiunto dal traffico provoca un intenso degrado della struttura del viadotto Morandi, in quanto sottoposta ad ingenti sollecitazioni”.
Ma ciò nonostante, si preferì non procedere con la demolizione, optando invece per “una manutenzione continua“.

(da “il Fatto Quotidiano”)

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IL PARERE DEL CNR: “MIGLIAIA DI PONTI ITALIANI TROPPO VECCHI”

Agosto 14th, 2018 Riccardo Fucile

“MOLTI SUPERANO LA DURATA DI VITA PER CUI ERANO STATI PROGETTATI”

“La sequenza di crolli di infrastrutture stradali italiane sta assumendo, da alcuni anni, un carattere di preoccupante regolarità . L’elemento in comune è l’età  (media) delle opere: gran parte delle infrastrutture viarie italiane (i ponti stradali) ha superato i 50 anni di età , che corrispondono alla vita utile associabile alle opere in calcestruzzo armato realizzate con le tecnologie disponibili nel secondo dopoguerra (anni ’50 e ’60). In pratica, decine di migliaia di ponti in Italia hanno superato, oggi, la durata di vita per la quale sono stati progettati e costruiti”. Lo scrive in una nota l’Istituto di tecnologia delle costruzioni (Itc) del Cnr.
“In moltissimi casi – scrive ancora il Cnr Itc – i costi prevedibili per la manutenzione straordinaria che sarebbe necessaria a questi ponti superano quelli associabili alla demolizione e ricostruzione: le cifre necessarie per l’ammodernamento dei ponti stradali in Italia sarebbero espresse in decine di miliardi di euro. Per evitare tragedie come quella accaduta stamattina sarebbe indispensabile una sorta di “piano Marshall” per le infrastrutture stradali italiane, basato su una sostituzione di gran parte dei ponti italiani con nuove opere caratterizzate da una vita utile di 100 anni”.
“Nel luglio 2014 – scrive il Cnr-Itc – è crollata una campata del viadotto Petrulla, sulla strada statale 626 tra Ravanusa e Licata (Agrigento), spezzandosi a metà  per effetto della crisi del sistema di precompressione. Nell’ottobre 2016 – prosegue il Cnr-Itc – è crollato un cavalcavia ad Annone (Lecco) per effetto di un carico eccezionale incompatibile con la resistenza della struttura, che però è risultata molto invecchiata rispetto all’originaria capacità . Nel marzo 2017 è crollato un sovrappasso dell’autostrada adriatica, ma per effetto di un evento accidentale durante i lavori di manutenzione. Nell’aprile 2017 è crollata – ricorda il Cnr-Itc – una campata della tangenziale di Fossano (Cuneo), spezzandosi a metà  in assenza di veicoli in transito e con modalità  molto simili a quelle del viadotto Petrulla. Oggi è crollata una parte del viadotto Morandi, che probabilmente comporterà  la demolizione completa e la sostituzione dell’opera”

(da “Huffingtonpost”)

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INTERVISTA AL GEOLOGO MARIO TOZZI: “SOLO DA NOI CROLLANO DECINE DI PONTI, OPERE VANNO CONSOLIDATE”

Agosto 14th, 2018 Riccardo Fucile

“STIAMO SCOPRENDO SULLA NOSTRA PELLE LA DURATA DEL CALCESTRUZZO”

“Siamo l’unico paese moderno in cui negli ultimi 3-4 anni sono crollati una decina di ponti. Senza che siano intervenuti eventi catastrofi. Non è un bel segnale”.
A dirlo all’Huffpost, dopo il crollo del Ponte Morandi a Genova, è il geologo Mario Tozzi. “Per prevenire queste tragedie si possono fare solo due cose: manutenzione costante e azioni di consolidamento”.
Sulla sicurezza del Ponte Morandi si discuteva da anni. È possibile che si sia dovuti arrivare a questa strage?
È ancora presto per capire le effettive cause del crollo. Sappiamo però che il Ponte era in costante stato di manutenzione e che il troppo traffico poteva degradare la struttura. Davanti a una situazione del genere si può prendere in considerazione il consolidamento del ponte. Ma poi dovresti bloccare per anni un’infrastruttura che collega in maniera imprescindibile Genova e la Liguria.
Perchè continuano a crollare ponti?
*Stiamo parlando di ponti costruiti tra gli anni ’60 e gli anni ’80. Tutti fatti di calcestruzzo armato. Un materiale che l’uomo si è inventato circa un secolo fa. Quindi è difficile prevedere quanto possa durare. Non sappiamo quanto tali infrastrutture possano resistere agli agenti atmosferici e al traffico. A oggi lo stiamo scoprendo sulla nostra pelle.
C’è una soluzione per evitare in futuro queste tragedie?
Costante manutenzione e soprattutto interventi di consolidamento. Quando vediamo nei piloni dei ponti le armature del calcestruzzo scoperte siamo davanti a un segnale di grande allarme. Bisognerebbe intervenire immediatamente.

(da “Huffingtonpost”)

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IL FIGLIO DI MORANDI: “ERA UN PONTE ALL’AVANGUARDIA, SONO CAMBIATI I FLUSSI DI TRAFFICO”

Agosto 14th, 2018 Riccardo Fucile

PARLA IL FIGLIO DEL PROGETTISTA DEL PONTE CROLLATO A GENOVA

“Il ponte sul viadotto dell’A10 ha subito diversi interventi di adeguamento nel corso dei decenni, che non hanno più riguardato l’attività  di mio padre”.
Maurizio Morandi è figlio di Riccardo, progettista del ponte crollato a Genova e di viadotti realizzati dal 1945 in poi in tutto il mondo.
Maurizio è invece stato professore ordinario di Urbanistica all’Università  di Firenze, ha insegnato negli atenei di Trieste, Pescara e Algeri e autore di numerosi volumi e saggi.
Professore, il Ponte di Morandi attuale, insomma, non era più lo stesso ponte ideato da suo padre?
“E’ stato costruito negli anni ’60, e ha avuto una serie di riorganizzazioni e di manutenzioni negli anni successivi, anche dopo la morte di mio padre, avvenuta nel 1989”.
Gli esperti ora si dividono. Ma molti sono concordi nel dire che sul banco degli imputati non c’è Morandi, uno dei più grandi progettisti italiani, ma proprio la manutenzione…
“La manutenzione non ha mai riguardato lo studio Morandi, il ponte era poi monitorato per flussi di traffico che oggi sono cambiati”.
Ha paura che questo disastro possa gettare una cattiva luce sul nome e sulla fama di suo padre?
“Spero proprio di no, quello è stato un ponte molto importante per l’ingegneria. Era un ponte all’avanguardia. Oggi la nostra famiglia è estremamente colpita, prima di tutto come cittadini. Ci stringiamo al dolore delle vittime”.

(da “La Repubblica”)

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