Destra di Popolo.net

MATTARELLA NON SARA’ COMPLICE DEL DEFAULT NAZIONALE

Settembre 29th, 2018 Riccardo Fucile

SULLO SFONDO IL TIMORE CHE IL DEF SIA L’INNESCO DEL PIANO B PER USCIRE DALL’EUROPA

Se non ci saranno, come tutto lascia intendere, segni di resipiscenza su una manovra che già  ha allarmato mercati e investitori, di fronte al deflagrare della crisi italiana Sergio Mattarella potrà  essere annoverato come colui che il suo dissenso lo ha messo agli atti in tempo utile.
È questo il senso politico del discorso, fortiter in re suaviter in modo, pronunciato dopo il venerdì nero sulle borse alla prima occasione utile, l’incontro con i partecipanti all’iniziativa “Viaggio in bicicletta intorno ai 70 anni della Costituzione italiana”.
Il dissenso di chi percepisce tutte le implicazioni di questo nuovo capitolo della crisi italiana, aperto con la cosiddetta “manovra del popolo”.
E non vuole passare alla storia come un novello Facta, che spalanca le porte, con mediocre complicità , al nuovo ordine sovranista.
È presto per porsi, sin da ora, la fatidica domanda: “Mattarella firmerà  una manovra che mantiene questo livello di deficit, in un aperto conflitto con l’Europa e dopo settimane di inferno sui mercati?”.
Assolutamente prematuro, in una situazione in cui ogni giorno ha le sue pene. Però il dissenso odierno fa già  capire che certo il capo dello Stato non metterà  la firma sul default nazionale.
Per questo ricorda l’esigenza costituzionale dei conti in ordine “condizione indispensabile di sicurezza sociale, soprattutto per i giovani e il loro futuro”.
Per il popolo, insomma, inteso come “famiglie, imprese”, “per difendere le pensioni e rendere possibili interventi sociali concreti e efficaci”.
Non per i cinici burocrati di Bruxelles o i fanatici del pareggio di bilancio o i tecnici del tesoro, dipinti come perfidi guardiani che tengono sotto chiave risorse che spettano alle masse bisognose.
Per la prima volta da un po’ di tempo a questa parte ricompare nel gergo del Quirinale, nell’interpretare l’intento autentico del capo dello Stato, la parola “monito”.
E potrebbe non essere l’unica esternazione, anzi non lo sarà  sicuramente, nell’ambito di un percorso che si annuncia lungo e complicato, segnato da fibrillazioni per tutto l’iter della manovra.
Dettaglio che dà  il senso di una preoccupazione crescente, maturata nell’osservazione della giornata di venerdì sui mercati e nei colloqui di questi giorni su cosa ci si debba aspettare alla riapertura delle borse.
Tra questi non è fantasioso immaginare, in questo contesto, una riflessione col presidente della Bce Mario Draghi e con il governatore di Bankitalia Ignazio Visco, le cui parole sulla necessità  di “ridurre il debito”, indicano una preoccupazione comune.
La sensazione è che, nei vertici istituzionali, ci si attenda sin da lunedì non una vampata, ma una situazione di incendio costante.
Perchè ogni argine è crollato. Di fatto non c’è più un ministro dell’Economia, con un peso politico tale da poter influenzare la linea di sfondamento dei conti pubblici in nome della spesa improduttiva.
E non c’è un presidente del Consiglio in grado di essere altro, se non un semplice notaio delle scelte dei due veri king maker della maggioranza.
Anzi, in atto un salto di qualità  con la baldanza del “me ne frego” di Salvini, il suo “stai tranquillo a Mattarella”, come se fosse Enrico Letta da mandare a casa, e la leggerezza con cui Di Maio dice che in fondo, lo spread si è assestato e che dunque, si va avanti.
Non c’è un solo operatore finanziario e un solo economista di rilievo a non aver spiegato che questo Def è solo una misura elettorale, fatta di spesa corrente, e non di investimenti per creare lavoro.
Più debiti, altro che lotta alla povertà .
Al netto della propaganda, queste cose le sanno tutti, a partire da Salvini che pare disposto ad accettare la rivolta del nord: gente che lavora e che produce, assiste al gran falò che mette in fuga gli imprenditori, in nome del reddito di cittadinanza, un sussidio di Stato dato magari a chi ha un lavoro in nero.
La ragione di cotanto azzardo è tutta politica. Per questo Mattarella ha iniziato a mettere agli atti il proprio dissenso.
Come in un drammatico gioco dell’oca, sembra essere tornati al punto di partenza. Quando, avvalendosi delle sue prerogative, il capo dello Stato si rifiutò di nominare Paolo Savona all’Economia, perchè quella scelta avrebbe incarnato la realizzazione del “piano B” di uscita dall’euro.
Adesso è il Def lo strumento per questo percorso di scontro frontale dell’Europa se non accetterà  le condizioni del governo, in una imprevedibile escalation, perchè si capisce sin da oggi che, se i saldi non cambieranno, sarà  bocciata dalla Commissione. E di “me ne frego in me ne frego” si arriva al dunque, la rottura in nome della difesa della sovranità  nazionale.
A parole, sia Di Maio sia Salvini la escludono, ma nei fatti questa rottura l’hanno avviata e costruita. Se non ci saranno segnali di ravvedimento, Mattarella potrà  dire di non essere stato complice.

(da “Huffingtonpost”)

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UNA MANOVRA DI BILANCIO EVERSIVA

Settembre 29th, 2018 Riccardo Fucile

LA COSTITUZIONE PREVEDE IL PAREGGIO DI BILANCIO, UN DEFICIT MOSTRUOSO SAREBBE INCOSTITUZIONALE

Della cosiddetta Nota di Aggiornamento al Documento di Economia e Finanza sul sito del Ministero dell’Economia non esiste traccia.
Il profluvio di commenti, la valanga di tweet e di post, l’uragano di articoli si basa su chiacchiere e illazioni, ma i numeri ufficiali latitano.
Circola solo il PDF (non si sa se autentico o meno) del capitolo 5 della suddetta Nota, ma invano si cerca conferma del tanto sbandierato 2,4% nel rapporto Deficit/Pil.
Nel testo è assente. Forse l’assurdo mistero della Nota fantasma dipende da un ingombrante elefante nella stanza che finora quasi tutti hanno fatto finta di ignorare: questo atto del governo, se ufficializzato, configurerebbe un atto eversivo.
Infatti la Costituzione Più Bella del Mondo impone l’obbligo di pareggio in bilancio.
Quindi una Legge di Bilancio che contenesse un deficit mostruoso, non giustificabile da una fase recessiva del ciclo sarebbe incostituzionale.
Per di più la stessa Costituzione Più Bella del Mondo prevede che il Presidente della Repubblica rifiuti di apporre la firma su una legge in due casi: se essa prevede spese senza coperture di bilancio o se è manifestamente incostituzionale.
Una Legge di Stabilità  (come per colmo dell’ironia viene appellata ufficialmente la Legge di Bilancio) che violasse l’art. 81 della Costituzione avrebbe entrambe queste caratteristiche.
Quindi se davvero l’aborto di manovra dovesse prevedere un deficit del 2,4% non solo per il 2019 ma anche per i due anni successivi, sfocerebbe in un conflitto istituzionale. Se poi le autorità  nazionali dal Presidente della Repubblica alla Corte Costituzionale non fossero in grado di contrastare efficacemente un governo eversivo sarà  imperativo invocare l’intervento delle autorità  europee affinchè prendano provvedimenti analoghi a quelli varati contro Ungheria e Polonia per impedire l’esproprio dell’Italia produttiva e onesta a favore di quella vergognosamente parassitaria, mediocre e becera.
Probabilmente prima ancora che il testo della Legge di Stabilità  veda la luce del giorno la porcilaia dei dimaiali crollerà  sotto il peso dello spread non appena le agenzie di ratings declasseranno il debito ormai a rischio insolvenza.
E la sceneggiata napoletana imbastita dai mediocri aspiranti gerarchi del regime giallo-verde, Salvini, Di Maio e Conte con il collaborazionismo attivo di Tria, finirà  in una tragedia recitata da guitti con aspirazioni filodrammatiche.
Noi confidiamo che su questo palco-oscenico, Mattarella non voglia passare alla Storia come lo Sciaboletta del XXI secolo.

(da “NextQuotidiano”)

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IL DEBITO PUBBLICO E IL PIANO NASCOSTO DELLA LEGA

Settembre 29th, 2018 Riccardo Fucile

DI FRONTE A UN DISEGNO EVERSIVO LE DEMOCRAZIE SERIE INTERVENGONO

Roberto Perotti in un editoriale scrive che la Lega asseconda i progetti del MoVimento 5 Stelle che portano a un aumento del debito pubblico per creare un contrasto con Bruxelles e uscire dall’euro:
La vera domanda è perchè la Lega assecondi tutto questo: dopotutto, misure come il reddito di cittadinanza non hanno niente a che vedere con la sua base storica. La realtà  è che la Lega ha tutto da guadagnare da un aumento del debito pubblico. Nel breve periodo porta consensi; nel lungo periodo, se le cose vanno male, è un’occasione d’oro.
La crisi del debito pubblico del 2011 fu risolta dalle controverse politiche del governo Monti, ma soprattutto dal duplice intervento della Banca centrale europea, che comprò titoli di Stato italiani. Alla prossima crisi non ci sarà  un intervento della Bce. L’unica possibilità  di replicare quell’intervento sarà  di crearci la nostra banca centrale, cioè di uscire dall’euro.
«Noi ci abbiamo provato, ma i mercati stranieri, le banche straniere, le agenzie di rating straniere, i commissari europei, il governo tedesco, tutti ci hanno perfidamente boicottato; non possiamo dargliela vinta, usciamo dall’euro e usiamo la nostra banca centrale per comprare il nostro debito pubblico, tutto si risolverà ».
Consensi alle stelle, perchè c’è tanta voglia di incolpare gli “altri”; e finalmente si esce dall’euro.
Cosa può volere di più la Lega? Se c’è una lezione dalla storia del Ventesimo secolo è che i movimenti che si battono visceralmente per un’idea possono rinunciarvi strumentalmente per arrivare al potere; ma anche se scompare per un po’ dalle loro esternazioni pubbliche, quell’idea prima o poi ritorna.
Non illudiamoci, una grossa parte della Lega vuole ancora uscire dall’euro, e l’aumento del debito pubblico è il modo migliore per raggiungere lo scopo.

(da “NextQuotidiano”)

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I POTERI FORTI STANNO CON SALVINI, ALTRO CHE GOVERNO DEL POPOLO, MAI VISTO UN PRESIDENTE DI CONFINDUSTRIA CHE SI SCHIERA PER UN PARTITO

Settembre 29th, 2018 Riccardo Fucile

CALENDA REAGISCE: “ENDORSEMENT VERGOGNOSO”… BOCCIA PROVA A REPLICARE: “NON SAI ORGANIZZARE NEANCHE UNA CENA”, MA VIENE GELATO DALLA CONTROREPLICA: “HA PARLATO CHI HA QUASI FATTO FALLIRE IL SOLE 24 ORE”

La Confindustria “è ufficialmente leghista.
“Chissà  se le imprese credono anche nel piano B, nel trasformare l’Italia in una democrazia illiberale, nello spread fuori controllo etc. Mai un Presidente aveva fatto un endorsement così a un partito politico. Vergognoso”.
Lo scrive su Twitter l’ex ministro Carlo Calenda commentando le parole del presidente di Confindustria che intervenendo all’assemblea dell’associazione a Vicenza aveva dichiarato il suo sostegno al Carroccio: “Di questo Governo crediamo fortemente nella Lega”
Immediata la replica del numero uno di Confindustria: “Lui ha parlato di una Confindustria appiattita e non ha avuto parole tenere nei nostri confronti. In realtà  Calenda non è neanche in grado di organizzare una cena a casa sua con i compagni di partito”
Ma Calenda controreplica e lo gela: “Parla chi ha quasi portato al fallimento il Sole 24 ore”.
Mai era successo che un presidente di Confindustria prendesse posizione a favore di un partito politico, anche perchè un presidente dovrebbe sapere che rappresenta tutti, quindi sensibilità  diverse.
Ora è certificato con chi stanno i poteri forti del nostro Paese: con i razzisti.

(da agenzie)

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CASO COMMISSARIO GENOVA: IL CONFLITTO DI INTERESSI NELLA NUOVA VERSIONE DEL GOVERNO DEGLI HONESTI

Settembre 29th, 2018 Riccardo Fucile

COME SE BASTASSE DIMETTERSI DA UNA AZIENDA IL GIORNO DELLA NOMINA PER RIFARSI UNA VERGINITA’

Viene nominato Commissario per Genova un amministratore di Fincantieri in quota Lega per ricostruire un Ponte di cui assegnare l’appalto alla stessa Fincantieri.
Un palese caso di conflitto di interessi?
No, secondo “il governo del onesti”, perchè il commissario nominato ora si dimette da Fincantieri.
Ovvero uno che ha lavorato una vita in una azienda ai massimi livelli non è più “condizionabile” se si dimette il giorno stesso della nomina.
Quando in settori privati nei contratti è previsto che il dimissionario non può per almeno due anni farsi assumere da ditte concorrenti, proprio per evitare conflitti di interessi e a tutela dell’azienda stessa.
Il governo degli honesti è davvero il governo del cambiamento: in peggio.

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IL RETROSCENA DELLE DIMISSIONI DI TRIA: BLOCCATE DA MATTARELLA E RINVIATE A DOPO L’APPROVAZIONE

Settembre 29th, 2018 Riccardo Fucile

TRADITO DALLA LEGA CHE DA’ IL VIA LIBERA A DI MAIO PER AVERE IN CAMBIO IL COMMISSARIO A GENOVA (E QUESTO FA PENSARE A QUANTI INTERESSI CI SIANO DIETRO LA RICOSTRUZIONE DEL PONTE)

Giuseppe Conte ieri ha smentito che il ministro dell’Economia Giovanni Tria abbia offerto le sue dimissioni durante la trattativa per il DEF che ha portato alla vittoria della maggioranza sull’inquilino di via XX Settembre. Eppure sui giornali continuano a rimbalzare racconti e ipotesi sul suo addio al ministero, programmato addirittura per dopo la Legge di Bilancio.
Il ministro avrebbe ricevuto una telefonata di Mattarella che l’avrebbe dissuaso dal proposito di andarsene sbattendo la porta. Ma la fiducia, spiega oggi Roberto Petrini su Repubblica, sarebbe a tempo.
Chi conosce bene Tria sa che le telefonate più frequenti sono quelle con gli economisti di Tor Vergata, la sua vera passione, da Luigi Paganetto agli allievi più vicini.
Ma ieri l’interlocutore principale è stato il Ragioniere generale Daniele Franco, anche lui sotto attacco furioso da parte dei Cinque Stelle: le tabelle del Def non sono ancora uscite, perchè non sono definite.
Ci sono ancora una serie di variabili, a partire da quella del rapporto debito-Pil: il Tesoro sta facendo di tutto per mostrare almeno una impercettibile riduzione, ma non vuole ricorrere a “trucchi”.
Come quello, ad esempio, che i gialloverdi conoscono bene: alzare la quota prevista di privatizzazioni e manipolare il rapporto stock-flussi, cioè diminuire l’impatto del nuovo deficit sul debito aumentando le poste di spesa puramente finanziarie.
Questa la nuova grana di Tria nelle ultime ore.
Torna così il dilemma del ministro dell’Economia, che deve averlo tormentato ancora ieri, giorno del suo settantesimo compleanno: abbandonare o restare fino alla fine? Ascoltare il Quirinale, come ha fatto, e compiere l’ultimo sacrificio in base alla tesi che «se cade Tria sarebbe anche peggio».
Oppure sbattere la porta, fare un ultimo atto di ribellione e abbandonare i gialloverdi, lo spread e i conti pubblici al proprio destino.
Tria era convinto di spuntarla sull’1,6% di deficit che comunque rappresentava un buon risultato rispetto alla partenza dello 0,8% e che sarebbe stato digerito facilmente dall’Europa e dai mercati.
Secondo lui ci si sarebbe potuti spingere anche più in là , a patto di utilizzare quei soldi per gli investimenti.
Invece la maggioranza gialloverde lo ha messo spalle al muro e la sua rigidità  di partenza non lo ha aiutato nella trattativa. E così, mentre il capogruppo della Lega Molinari alla Camera ventilava in tv l’ipotesi del suo addio a via XX Settembre, lui ha deciso per l’ennesima volta di tirare a campare per non tirare le cuoia, nel più classico schema da Prima Repubblica.
I suoi collaboratori nel frattempo finiti nel mirino del M5S Alessandro Rivera, Roberto Garofoli e Daniele Franco per motivi diversi hanno pensato all’addio a via XX Settembre ma alla fine anche loro sarebbero stati convinti dall’appello alla responsabilità  del Quirinale.
Ma non per molto, spiega il Messaggero:
L’idea, confessata da Tria ieri ai suoi collaboratori, è quella di attendere l’approvazione della manovra da parte del Parlamento, secondo i desideri della coppia di vicepremier Di Maio e Salvini, e poi lasciare. Anche perchè non si tratta di difendere il 2,4% solo quest’anno, ma anche nei prossimi due. Ovvero spingere ancora più in alto la massa di debito pubblico per lo più destinata a finanziare spesa assistenziale e pochi investimenti.
Molte sponde, sulle quali faceva affidamento Tria, hanno ceduto.
Oltre al premier Conte e ad una Lega nervosa — ma alla fine accondiscendente di fronte anche alla prospettiva di poter incassare il commissario straordinario che ricostruirà  il ponte di Genova — Tria è risultato sconfitto e, secondo gli analisti di Bnp Paribas «la scelta di far passare la linea del 2,4% ha danneggiato la credibilità  del ministro Giovanni Tria come garante della prudenza fiscale».
Il problema è che procrastinare le dimissioni non aiuta certo Tria a rivalutare politicamente la sua figura, visto che l’Italia è il paese dove le dimissioni si annunciano, non si danno mai.
E una minaccia reiterata alla fine diventa poco credibile, come nella favola di Pierino e il lupo. Il problema è che qui però sono tutti lupi. Anche quelli che sembrano agnelli.

(da “NextQuotidiano“)

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COSI’ TONINELLI ABOLIRA’ I MORTI PER INCIDENTE STRADALE

Settembre 29th, 2018 Riccardo Fucile

LO SCRIVE NEL DEF: “DIMEZZATI ENTRO IL 2020, AZZERATI ENTRO IL 2050″… IN REALTA’ LO SMART ROAD E’ GIA’ STATO SPERIMENTATO SULLA SALERNO-REGGIO CALABRIA E I MORTI NON SONO DIMINUITI

Che nessuno tocchi il ministro Toninelli almeno per i prossimi 25-30 anni. Deve rimanere al suo posto, a tutti i costi, al ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti per mettere in atto il piano che ha esplicitato nella nota di aggiornamento del DEF:   «L’innovazione costituirà  un importante strumento per garantire una maggiore sicurezza, dimezzando il numero di vittime della strada entro il 2020 ed annullandolo entro il 2050».
A parlare della vicenda è oggi Franco Bechis su Libero:
Sui modi con cui abolire la morte su strada il governo è un po’ più vago. Probabilmente vuole farci una sorpresa. Nel documento inviato alla commissione europea subito dopo spiega che«a tale riguardo, il governo sta sperimentando a Torino e a Modena il progetto della Smart road, con cui si punta a creare infrastrutture stradali dotate di piattaforme di osservazione, monitoraggio e previsione del traffico con una sinergia tra infrastrutture digitali e veicoli di nuova generazione».
Quello della «Smart Road» è un progetto Anas che sostanzialmente rende stabile il wifi durante il percorso stradale e autostradale a qualsiasi velocità  e quindi consente comunicazioni e informazioni di servizio fra le auto che viaggiano e l’ente stradale. Può aumentare la sicurezza — a patto che le auto vengano costruite per recepire quei messaggi — perchè viene comunicato in tempo reale un incidente (anche mortale) verificatosi o una condizione pericolosa del manto stradale dovuta al maltempo, deviando il traffico o addirittura non consentendo l’immissione su quella arteria.
Ma non può escludere uno scontro fra autoveicoli o un pedone falciato ai bordi della strada. La sperimentazione è già  avvenuta sull’ultimo tratto della Salerno-Reggio Calabria e non ha portato a significativi cambiamenti negli incidenti mortali.
Nel documento si specifica che una delle idee più interessanti è dotare di piste ciclabili le città .
Oppure usare le auto elettriche:
Il governo aggiunge che «intende promuovere una progressiva riduzione dell’utilizzo di autoveicoli con motori diesel e benzina», favorendo quindi l’auto elettrica. Le auto elettriche pure a prova di scossa — possono ridurre l’inquinamento, ma non fare diminuire i morti per incidenti perchè i modelli prodotti riescono a raggiungere alte velocità  di crociera e si scontrano come tutti gli altri.
In città  sono perfino più pericolosi, perchè silenziosi: il pedone sul marciapiede non li sente arrivare, magari scende proprio mentre sta passando a filo di marciapiede l’auto elettrica e viene preso sotto. Proprio per questo motivo c’è stata una certa frenata nell’introduzione di bus elettrici nelle vie commerciali delle grandi città .
Non è così quindi che possono essere abrogati i morti per incidenti stradali.

(da “NextQuotidiano”)

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LA SICUREZZA DI SALVINI: IMBRATTATO DA VANDALI A VENEZIA UN LEONCINO DI SAN MARCO

Settembre 29th, 2018 Riccardo Fucile

POLIZIA ASSENTE, VIDEOCAMERE NON COLLEGATE ALLE FORZE DELL’ORDINE, SE NE SONO ACCORTI LA MATTINA

Un atto di vandalismo gravissimo a Venezia: un gruppo di scellerati – due uomini e due donne –   ha macchiato con quella che sembrerebbe essere vernice rossa uno dei due leoncini di piazzetta San Marco.
La scoperta è stata fatta   da alcuni residenti, che hanno avvertito la polizia locale del vandalismo.
Le due statue sono posizionate ai vertici del rialzo della piazzetta dove c’è una vera da pozzo, e rappresentano leoni accovacciati.
Sono una tra le principali attrazioni della piazza, spesso ‘cavalcate’ da turisti e soprattutto dai bambini. Furono realizzate da Giovanni Bonazza nel 1722, in marmo rosso di Cottanello.   A essere imbrattata è stata la statua posta a sinistra della piazzetta.
In questi giorni la zona è particolarmente affollata dato che si stanno girando le scene del nuovo Spiderman. La vernice – forse spray – appare sui due occhi e sul collo del leoncino. Secondo quanto riferito dal comandante della Polizia locale di Venezia, Marco Agostini, sulla base delle riprese della video-sorveglianza è stato accertato che il vandalismo è stato compiuto alle ore 3.58.
E qui siamo alle solite: ma a cosa serve la video sorveglianza se non viene collegata alle forze dell’ordine per garantire un intervento immediato?
Ma dove sono le pattuglie che dovrebbero garantire la sicurezza dei cittadini, tanto declamata da Salvini?
A fare spot sulle spiagge per multare due disperati che si guadagnano da vivere o laddove viene messo a rischio persino il patrimonio culturale del nostro Paese?
E i comuni che pensano a togliere le panchine perchè i senzatetto tolgono decoro alla città , perchè non spendono soldi per potenziare le pattuglie urbane invece che spenderli in cazzate?

(da agenzie)

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MALTA FA A GARA CON L’ITALIA NEL VIOLARE LE LEGGI PUR DI FARE LA GUERRA ALLE ONG

Settembre 29th, 2018 Riccardo Fucile

IL CASO DELLA SEA-WEACH3 BLOCCATA ILLECITAMENTE A GIUGNO, MALGRADO ISPETTORI OLANDESI NE ABBIANO CONFERMATO L’IMMATRICOLAZIONE

Alla ‘guerra’ contro chi salva essere umani dalla morte non partecipa solo l’Italia, che pure ha espresso il meglio del peggio, ma anche le autorità  maltesi non scherzano: l’Aquarius non può sbarcare a Malta 58 migranti soccorsi al largo della Libia per paura di restare bloccata a La Valletta, come diverse altre navi umanitarie che denunciano una campagna in corso per bloccare le loro operazioni.
Malta ha accettato di far sbarcare i 58 migranti che devono essere ripartiti tra Germania, Portogallo, Francia e Spagna, ma dopo la decisione di Panama di depennarla dai suoi registri marittimi, la nave Aquarius deve restare in acque internazionali
Mentre La Valletta è rimasta per anni il porto base di una serie di piccole navi umanitarie che operano al largo della Libia, Malta ha scoraggiato diverse ong che hanno rimpatriato le loro navi e bloccato le navi di quelle che restano: le tedesche Sea-Watch e Lifeline.
La Sea-Watch3 è ferma in porto da giugno, malgrado ispettori olandesi siano arrivati a luglio per confermarne l’immatricolazione in Olanda.
“Sono estremamente deluso dal comportamento delle autorità  (di Malta) che non forniscono alcuna base legale”, ha denunciato il capo missione, Tamino Boehm. “Le ragioni sono chiaramente politiche”, ha aggiunto precisando che in caso di via libera, la nave sarà  pronta a ripartire per le operazioni “in poche ore”.

(da Globalist)

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