Ottobre 5th, 2018 Riccardo Fucile “DEVIAZIONE SIGNIFICATIVA, PREOCCUPAZIONE SERIA”: LA COMMISSIONE AVVERTE CHE SE NULLA CAMBIA IL 15 LO SCONTRO SARA’ INEVITABILE
“I target di bilancio rivisti sembrano, ad una prima vista, puntare ad una deviazione significativa dal percorso raccomandato dal Consiglio. Questa è una fonte di seria preoccupazione”: lo scrivono i commissari Moscovici e Dombrovskis nella lettera all’Italia, chiedendo alle autorità di “assicurare che la bozza di legge di stabilità sarà in linea con le regole comuni di bilancio”.
I commissari rilevano che “in base alle stime italiane i nuovi target corrispondono ad un deterioramento del deficit strutturale di 0,8% del Pil nel 2019”, mentre le raccomandazioni della Commissione, “adottate dal Consiglio, Italia compresa, il 13 luglio”, chiedono al Paese “di assicurare che il tasso di crescita nominale della spesa netta primaria non superi lo 0,1% nel 2019, che corrisponde ad un aggiustamento strutturale di 0,6% del pil nel 2019”. È per questo che i nuovi target suscitano “seria preoccupazione”.
I commissari ricordano poi che la valutazione del rispetto delle raccomandazioni del 13 luglio “comincerà una volta che la bozza di legge di stabilità arriverà alla Commissione, cosa che deve avvenire entro il 15 ottobre”.
E “ogni scambio formale nel contesto di questa procedura avrà luogo dopo quella data e all’interno delle scadenze previste dalle regole”.
Dombrovskis e Moscovici chiudono la missiva ribadendo la “disponibilità ad un dialogo costruttivo”.
(da agenzie)
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Ottobre 5th, 2018 Riccardo Fucile ANCORA STANNO CERCANDO LE COPERTURE PERCHE’ IN REALTA’ NON CI SONO
“Ci saranno”. Chissà se il verbo al futuro utilizzato da palazzo Chigi nel comunicato stampa
con cui ha annunciato il perimetro della manovra contemplava la consapevolezza che per trovare le coperture alle misure la strada è impervia e soprattutto ancora lunga.
Ma al di là del possibile lapsus e leggendo le 123 pagine della Nota di aggiornamento al Def, un dato emerge in modo incontrovertibile: la caccia per finanziare la legge di bilancio è lontana dalla meta finale.
Le coperture sono ancora piene di buchi. Non solo.
Quello che è stato raccolto fino ad ora o si vuole raccogliere entro dieci giorni – quando la legge di bilancio dovrà essere pronta – ha il carattere della fragilità ed è foriera di malumori.
Calando i numeri dentro questo quadro occorre partire dal costo della manovra.
Sarà una legge di bilancio molto gonfia, che rischia di arrivare a 40 miliardi.
La composizione della lista della spesa prevede: 10 miliardi per il pacchetto del reddito di cittadinanza, 7 miliardi per la quota 100, 2 miliardi per la flat tax, 1,5 miliardi per i risparmiatori che hanno avuto perdite per colpa del fallimento delle banche, 1 miliardo per le assunzioni straordinarie nelle forze dell’ordine.
Il totale, fin qui ammonta a 21,5 miliardi. Bisogna poi aggiungere il costo del disinnesco della clausole di salvaguardia per impedire che l’Iva aumenti dal 2019: servono altri 12,5 miliardi.
Ci sono poi le spese indifferibili (2,5 miliardi) mentre circa 3-4 miliardi servono per micro-misure e per rilanciare gli investimenti.
La torta vale tra i 36,5 e i 40 miliardi.
L’importo è più che consistente e qui entrano in gioco le coperture, cioè quei soldi che servono per fare sì che le misure entrino in vigore.
Il governo gialloverde ha a disposizione solo una parte e questa parte, si diceva, è fragile.
I miliardi che si recuperano dall’extra-deficit, portato al 2,4% nel 2019, seguendo lo schema indicato dal ministro dell’Economia, Giovanni Tria, ammontano a circa 19,5 miliardi: 12,5 serviranno per disinnescare le clausole, 3,5 per gli investimenti.
Ne restano appena 3,5 miliardi.
Questo a fronte di una trattativa con la Commissione europea per l’ottenimento di una maxi-flessibilità che è partita più che in salita visti i toni aspri con cui Bruxelles ha accolto la prima architettura della Nota al Def, poi rivista, che prevedeva il deficit al 2,4% per tre anni.
La distanza tra le risorse a disposizione e l’ammontare delle misure resta ancora ampia.
Nella Nota di aggiornamento al Def emerge che 3,6 miliardi si ricaveranno da tagli pari allo 0,2% dei Pil.
Saranno tagli che interesseranno i ministeri e un’altra parte di spesa. Altro non è che la spending review, che negli ultimi anni ha garantito incassi molto inferiori rispetto alle attese, senza tralasciare il fatto che i tagli ai ministeri aprono la strada a lunghe diatribe interne al governo durante l’iter parlamentare della manovra, quando ci sarà l’assalto della politica attraverso gli emendamenti.
Scorrendo nell’elenco delle soluzioni individuate a oggi per le coperture c’è la stretta sugli interessi passivi delle banche e il taglio delle tax expenditures, cioè le agevolazioni fiscali.
Fronti dolorosi: il mondo bancario, attraverso l’Abi, ha già messo in luce tutta la sua contrarietà per le misure che impatteranno sugli istituti di credito.
Quello delle agevolazioni fiscali è un cantiere precario. Al Tesoro si lavora in modo frenetico per cercare di recuperare quante più risorse possibili, ma c’è anche la consapevolezza che più di tanto non si riuscirà a tirare fuori a meno che non si decida di intervenire in ambiti delicatissimi dal punto di vista del consenso, come ad esempio scuola e famiglia.
Non è un caso che quest’ultima parte dell’elenco non abbia, ad oggi, una stima del gettito d’incasso previsto: nella Nota di aggiornamento non c’è e si rimanda a espressioni generiche come “ulteriori”.
Ragionamento che vale, ad esempio, anche per l’Iri, l’imposta sul reddito imprenditoriale, che sarà abolita.
Altri bacini da cui il governo spera di attingere risorse sono quello della pace fiscale e dell’extragettito, pari a 6,5 miliardi, dell’asta sulle frequenze 5G.
Ma sono risorse una tantum, cioè estemporanee. La pace fiscale, nello specifico, non è in grado di assicurare un gettito stimabile a priori, se non con previsioni ad ampissimo raggio: si parla di una cifra che potrebbe arrivare a 3 miliardi.
Altra copertura – e questa è già collocata nel pacchetto reddito di cittadinanza – arriverà dal Rei: circa 3 miliardi, cioè, si otterranno abolendo la misura di contrasto alla povertà del governo Gentiloni.
Serviranno a coprire, però, solo un terzo dei 9 miliardi che servono per le pensioni di cittadinanza e per l’erogazione del reddito vero e proprio.
I conti, alla fine, dicono che di coperture certe, ad oggi, ci sono 23,1 miliardi, mentre qualche altro miliardo è legato alle ragioni fragili di cui si diceva sopra.
La coperta per i costi, che vanno da 36,5 a 40 miliardi, è ancora troppo corta.
(da “Huffingtonpost“)
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Ottobre 5th, 2018 Riccardo Fucile FAVORI AGLI EVASORI E TASSE RIDOTTE ALLE SOCIETA’ DI CAPITALI E AI LIBERI PROFESSIONISTI… POI UN’ANAGRAFE DEI DISGRAZIATI A CUI SI CONCEDE UNA TESSERA ANNONARIA, BASTA CHE NON DISTURBINO I PADRONI DEL VAPORE
Dal 27 settembre non facciamo che parlare di deficit, di miliardi qua, di miliardi là .
Invero, parliamo di niente, perchè nè il 27 settembre nè il 3 ottobre si è definito alcunchè sui vari capitoli della manovra che verrà . Ipotesi, tranne l’innalzamento dell’asticella del deficit sul Pil e le ottimistiche previsioni sulla crescita contenute nella Nadef.
Una cosa è certa, nondimeno: la manovra non potrà essere finanziata tutta in deficit e servirà sforbiciare tra i capitoli del bilancio per trovare le risorse necessarie a coprire le nuove partite di spesa.
Cosa e dove si andrà a tagliare per diminuire le tasse ai più abbienti ed alle società di capitali, ai liberi professionisti, e per coprire tutta la spesa prevista per quello che ormai, più che un “reddito di cittadinanza”, sembra una tessera del pane 3.0 (un amico mi ha suggerito un paragone con i vecchi Enti Comunali di Assistenza, istituiti nel 1937, assorbendo le Congregazioni di carità )?
È compatibile questa manovra con il mantenimento degli attuali livelli di spesa per la sanità , l’istruzione, la ricerca? Basterà l’impegno sulle privatizzazioni per tenere in piedi l’impianto della stessa?
Mi sembrano domande utili, al di là dello spread, del decimale in più o in meno, del tutto teorico, sull’indebitamento netto in rapporto al Pil.
Ben oltre il braccio di ferro con l’Europa, in ogni caso, è la “qualità ” della manovra che si annuncia ad essere insopportabile.
C’è un disegno preciso dietro le scelte che il governo si appresterebbe a compiere: continuare con lo smantellamento dello stato sociale e con le politiche “dal lato dell’offerta” largamente praticate in questi anni (meno tasse a chi sta in alto ed alle imprese, anche a quelle che hanno fatto grandi profitti con l’export giocando sulla svalutazione dei salari, privatizzazioni), creare un’anagrafe di disgraziati, dotati di una “tessera annonaria” digitale condizionata, funzionali allo sviluppo di un mercato del lavoro ancora più flessibile, precario, parcellizzato.
È il modello di tutti i “sovranisti” al governo, dalla Polonia all’Ungheria.
Sovranità , “padroni a casa nostra”, per mettere fine al modello sociale europeo e sostituirlo con un nuovo welfare caritatevole, precluso ai migranti, più consono alla logica del mercato.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 5th, 2018 Riccardo Fucile “SE L’EUROPA BOCCIA IL DEF, I NOSTRI TITOLI DIVENTERANNO SPAZZATURA” … “IL REDDITO DI CITTADINANZA E ‘AL MASSIMO PER UN MILIONE DI ITALIANI”
Torna in scena alla convention di Forza Italia a Milano, Silvio Berlusconi. Lo fa sferrando
un attacco ai 5 Stelle, come di consueto.
Ma lanciando anche strali contro l’alleato leghista: “Non passerà molto tempo che gli imprenditori scopriranno che la Lega è nemica del lavoro. Salvini sta facendo il contrario di quello che aveva promesso”.
E poi avanza il sospetto: “Non vorrei che a Salvini fosse venuta l’idea, avendo il pensiero di aver quasi sottomesso i Cinque Stelle, ma è il contrario, di andare avanti e presentarsi l’anno prossimo alle elezioni con i Cinque Stelle”.
Poi aggiunge: “Temo una deriva autoritaria se le cose non cambieranno, molto pericolosa per tutti noi”. Insomma i tempi dell’incontro con Salvini ad Arcore, e della pace siglata con il sì al nome di Marcello Foa come presidente Rai, sembrano lontani.
Poi rassicura i suoi, almeno sulle regionali: “Le regionali sono importanti. Abbiamo la certezza che il centrodestra si presenterà unito. Con Salvini e Meloni abbiamo avuto un incontro: ci presenteremo uniti presto alle prossime regionali. Poi alle europee avremo un programma che discuteremo insieme. Noi siamo europeisti”.
E a proposito di Europa, Berlusconi fa previsione fosche sul Def: “Quando sale lo spread è simbolo di poca credibilità “, dice il Cavaliere, che era premier nel 2011, nei giorni dello spread da record. Se l’Europa boccia il Def, noi con le agenzie di rating perderemo credibilità e diventeremo spazzatura. Mi auguro che non si vada a un rigetto totale della legge di bilancio, se no avremo conseguenze negative”.
Infine, si lancio in un affondo contro i 5 Stelle: “Il Movimento ha detto che scatteranno le manette per il lavoro nero e chi prende i soldi dovrà fare spese ritenute da loro morali. Questo è una concezione di Stato etico che impone l’idea del bene e del male e trasforma i cittadini in sudditi. Non prendiamo alla leggera ciò che accade in Italia. Tutti dobbiamo essere impegnati nel salvare la libertà e la democrazia”. E poi irride il reddito di cittadinanza: “È una barzelletta”.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 5th, 2018 Riccardo Fucile SIAMO GIA’ AL COMITATO DI EMERGENZA PER QUANDO I CAZZARI PORTERANNO IL PAESE ALLO SFASCIO
Il “warning” è scattato ai livelli istituzionali più alti.
Anche Ignazio Visco la scorsa settimana è salito al Colle per un colloquio informale col capo dello Stato. Riservato. Pochi giorni dopo, mercoledì scorso, è stata la volta di Mario Draghi. Incontro anch’esso riservato.
Quirinale, Bankitalia, Bce: è la rete di protezione che, in questi anni e in questi mesi, si è sempre attivata nei momenti più difficili.
Quello in atto rischia di essere il più difficile di sempre, come lascia intendere la reazione dei mercati alla manovra e l’escalation del conflitto con l’Europa. Lo attesta anche la modalità stessa degli incontri, tra persone che, in tempi normali, non mancano certo di consuetudine telefonica.
Il punto di fondo è ormai abbastanza chiaro: per calcolo, di chi ha messo in conto un “piano B” che innesca “la guerra” (per dirla alla Paolo Savona) con l’Europa, o per superficialità di chi, sottovalutando il contesto di tensione sui mercati, sta assecondando questa dinamica, o per entrambi, sia come sia, sulla manovra si sta spalancando una crisi senza precedenti.
Solo qualche settimana fa il presidente della Bce, in un intervento irrituale nei torni e nell’eloquio, aveva messo in guardia dalle “parole che creano danni” invitando alla cautela sui giochi pericolosi di spesa senza valutare le compatibilità finanziarie, perchè questo avrebbe rischiato di accendere il gran falò dello spread.
Dopo le parole sono arrivati i fatti che stanno già creando danni di una manovra fondata essenzialmente sull’aumento del debito e dalla incerte coperture.
È la stessa preoccupazione che, non a caso, mette agli atti il direttore generale di Bankitalia Salvatore Rossi nella sua lectio magistralis di oggi all’Università di Venezia: “Una cosa è certa: il problema non si risolve inducendo lo Stato a indebitarsi”.
Nè si risolve con “tonnellate di falsità “, come “il luogo comune” di un’economia italiana che “potrebbe essere prospera e felice se solo l’Europa, per stolidità teutonica, e i mercati, per occasionali antipatie politiche, non le imponessero una camicia di forza finanziaria”.
Difficile non leggere in queste parole, neanche tanto tra le righe, un riferimento alla narrazione del governo gialloverde.
Parliamoci chiaro, il rischio che Bruxelles bocci la manovra è concreto. A
ncor più di questo è però il giudizio delle agenzie di rating il vero snodo. Entro fine mese si pronunceranno Moody’s e Standard and Poor’s.
L’Italia è ancora due tacche sopra il livello “spazzatura”, ma il singolo downgrading avrebbe dei danni incalcolabili.
Nei Palazzi che contano è bastata la notizia per far capire la posta in gioco. Il capo della Bce, “salvatore dell’Italia” sin dal 2011 che va a parlare col capo dello Stato di una crisi in atto.
L’interpretazione è che stavolta neanche lui ha più armi per salvarci. Perchè il QE, l’ombrello che finora ci ha protetto attraverso l’acquisto massiccio di titoli di Stato, è entrato nella sua ultima fase. E da gennaio l’Italia è senza rete.
Poi, in caso di crisi finanziaria, c’è solo il commissariamento di fatto del paese, attraverso un programma concordato con la Commissione e il fondo “salva-Stati”. Significa che o in queste settimane verranno apportate modifiche sostanziali alla manovra, e al momento non si vedono segni di ravvedimento, oppure il paese rischia di essere trascinato nell’abisso dei mercati.
Draghi, Visco, Mattarella. La rete di protezione istituzionale continua a vigilare, nella speranza che questa sorta di moral suasion possa produrre i suoi effetti.
Le prossime due settimane sono cruciali, di qui a quando le Camere voteranno il Def, a maggioranza qualificata (il che rappresenta una sorta di verifica della compattezza politica).
E a quel punto il governo scriverà la manovra che deve essere mandata a Bruxelles entro il 15 e in Parlamento entro il 20 di ottobre.
Di mezzo c’è un passaggio non banale (e non scontato), ovvero la validazione dell’Ubp, l’ufficio parlamentare di bilancio, un organo terzo chiamato a fare le sue valutazioni indipendenti sui conti dello Stato.
È un iter ancora lungo che Mattarella seguirà con grande attenzione e con grande prudenza anche rispetto alle sue uscite pubbliche che, in un momento così delicato, potrebbero anche produrre un effetto allarmistico sui mercati.
È assolutamente prematuro porsi la fatidica domanda: “Ma il capo dello Stato firmerà la manovra?”.
Chi è di casa al Colle è certo che non metterà mai la firma sul default nazionale.
Ora però il problema è evitarlo. Questo raccontano gli incontri di questi giorni. Non solo una preoccupazione crescente. Ma anche un crescente attivismo affinchè quella rete di protezione produca, ancora una volta, gli effetti sperati.
(da “Huffingtonpost”)
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Ottobre 5th, 2018 Riccardo Fucile ROVINATA UN’AZIENDA CON 70 DIPENDENTI A SPASSO, ORA SI SCOPRE CHE ERA STATA ORDITA DA AZIENDE CONCORRENTI… TRE INDAGATI PER TRUFFA
La Stampa racconta oggi la curiosa vicenda di Dermes Italia, azienda torinese in
liquidazione: i centri tricologici davano lavoro a una settantina di persone, per la maggior parte laureate in scienze biologiche, e fatturavano milioni di euro.
Dopo il bombardamento dei servizi televisivi, in cui si metteva in dubbio l’efficacia dei trattamenti della società , la clientela è scomparsa, a vantaggio di altri centri.
Adesso la società Dermes Italia è in liquidazione e la procura di Torino sta per chiudere un’indagine per truffa contro un pool di concorrenti che avrebbe ordito o «sfruttato la campagna mediatica» per demolire la rete di negozi fondata da Vito Antonio Russo, utilizzando ad arte gli inviati di Striscia o «fornendo loro documenti riservati».
È la storia di una stangata sofisticata, cavalcando l’audience della corazzata Mediaset, per mettere le mani su un fiorente business.
Quattro gli indagati. Tre per truffa, tra cui anche un fasullo 007 che ha intascato soldi convincendo il titolare della Dermes di poter «bloccare» i servizi televisivi.
Indagata per l’ipotesi di violenza privata, per la sua veemente intrusione in uno dei centri tricologici della società , Rajae Bezzaz, inviata di Striscia.
La campagna mediatica contro il gruppo Dermes inizia nel febbraio 2017. Il titolare Vito Antonio Russo si è mosso e ha scoperto cose incredibili:
Russo, dopo mesi di attacchi, in preda alla disperazione, ha chiesto aiuto ad un investigatore privato e a un consulente informatico. Il primo ha svelato gli incontri e gli intrighi dei tre «avversari»; il secondo ha scoperto una serie di intrusioni abusive nella rete di posta elettronica della Dermes, da cui sono stati ricavati i documenti riservati consegnati a Striscia. Le loro scoperte hanno dato corpo alla denunce.
Ma il pezzo forte di questo «complotto» commerciale è il ruolo del falso 007, presentato da Zulian a Russo.
Incontri furtivi e sguardi guardinghi. In un’occasione lo 007, per apparire più credibile, ha incontrato il fondatore della Dermes a Roma, nel caffè Morganti, di fronte al Viminale, frequentato dai funzionari del Ministero. Pochi giorni dopo, a Torino, ha incassato 30 mila euro. Ma gli attacchi di Striscia sono continuati.
(da agenzie)
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Ottobre 5th, 2018 Riccardo Fucile DENUNCIATI PER ESTORSIONE E REATI FISCALI DIRETTORE E AMMINISTRATORE DI UNA SOCIETA’ DI SERVIZI ALBERGHIERI IN VAL SUSA CON 24 SEDI IN ITALIA E 1000 DIPENDENTI… SONO QUELLI CHE LA LEGA VUOLE POI CONDONARE
Dipendenti ricattati e derubati dal direttore di una società di servizi alberghieri dell’Alta Val di Susa. “Mi trattengo 100 euro dalla busta paga oppure ti licenzio…”. Questo il messaggio rivolto ad alcuni lavoratori che non accettavano di corrispondere al datore di lavoro la somma al momento del pagamento dello stipendio.
Lo ha accertato la Guardia di finanza di Torino nel corso di un’indagine che ha portato alla denuncia del direttore della società per estorsione e dell’amministratore della medesima per reati fiscali.
Durante le verifiche è emersa anche un’evasione per 400mila euro nonchè indebite compensazioni per oltre 120mila euro.
L’azienda, operante in Alta Val di Susa e specializzata nella fornitura di servizi alberghieri, ha potuto disporre in questi ultimi anni di una forza lavoro di oltre mille dipendenti.
Erano impiegati nelle 24 sedi dislocate in tutta Italia, dal Piemonte al Trentino, da Alghero ad alcune località del litorale Toscano, sino ad arrivare nell’alto Friuli.
Le indagini dei finanzieri hanno appurato che la società , oltre a non versare le ritenute previdenziali, avrebbe anche ignorato le più basilari norme a tutela del lavoratore, dalla mancata concessione di adeguati turni di riposo al personale, fino all’assenza di qualsiasi comunicazione circa l’instaurazione del rapporto di lavoro o la cessazione di quest’ultimo.
Infine è stata accertata l’evasione della tassa di soggiorno, quantificata dagli inquirenti in oltre 10mila euro.
(da agenzie)
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Ottobre 5th, 2018 Riccardo Fucile E PER IL PONTE MORANDI I GRILLO-LEGHISTI MUOIONO DALLA VOGLIA DI AFFIDARE I LAVORI A FINCANTIERI: CHI CONTROLLA I SUBAPPALTI?
Tre fratelli bengalesi, titolari di due società che lavorano in subappalto all’interno della
Fincantieri di Marghera, sono indagati per estorsione.
L’indagine, coordinata dal procuratore vicario di Venezia Adelchi d’Ippolito, è cominciata dopo una serie di denunce presentate ai carabinieri e alla guardia di finanza da alcuni dipendenti delle due aziende, anche loro del Bangladesh.
Gli operai hanno denunciato di essere costretti a lavorare con turni massacranti, fino a tredici ore al giorno, con paghe bassissime, anche di cinque euro l’ora, e a subire le intimidazioni dei titolari.
Secondo la denuncia, i tre imprenditori avrebbero preteso la restituzione di una parte degli stipendi mensili.
Gli operai si sarebbero trovati costretti a rendere il denaro chiesto (dai 200 ai 300 euro) perchè minacciati di essere licenziati o di non essere assunti.
La settimana scorsa sono state effettuate perquisizioni nelle sedi delle due aziende, in un garage e negli uffici dei commercialisti delle due società , con l’acquisizione di documenti contabili che dovranno essere analizzati.
Sarebbero già state riscontrate incongruenze tra i dati presenti nelle buste paga e le ore di lavoro effettivamente svolte. Anche l’Ispettorato del Lavoro sta analizzando la documentazione.
(da agenzie)
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Ottobre 5th, 2018 Riccardo Fucile ARRESTATI I COMPONENTI DELL’ORGANIZZAZIONE TERRORISTICA
Dieci omicidi, 15 rapine e tre bombe per loro erano roba da niente.
L’operato di una banda di incapaci, di principianti: così nelle chat e durante le telefonate definivano la Nsu, il gruppo terroristico neonazista più violento della storia della Germania. Christian K. e gli altri sette membri di “Rivoluzione Chemnitz” volevano ottenere molto di più.
Avevano in mente più attentati, più terrore, con l’obiettivo finale di sovvertire da destra l’ordine democratico della Repubblica federale tedesca.
Questo emerge dagli elementi ora in mano agli inquirenti che hanno portato all’arresto di tutti i componenti del gruppo neonazista accusato di aver fondato un’organizzazione terroristica. “Volevano agire contro l’establishment in quanto tale, inclusi i media e i politici”, ha spiegato una portavoce del Procuratore generale federale.
Gli investigatori li stavano seguendo da settimane. Ascoltavano i loro discorsi, leggevano i messaggi in cui si parlava di rivoluzionare l’intera società tedesca e si pianificavano attentati contro “la dittatura dei media e i loro schiavi”.
Gli stranieri venivano considerati solo uno degli obiettivi, ma quelli principali erano appunto politici e giornalisti: chiunque difendesse pubblicamente lo stato di diritto.
Le autorità non sono in possesso di una lista di nomi e cognomi, oppure per il momento non vogliono renderla pubblica: le indagini erano ancora in una fase preliminare quando si è deciso di intervenire.
Dalle discussioni intercettate è emerso infatti che il 3 ottobre, nel giorno in cui in Germania si festeggia la riunificazione del Paese, erano pronti ad agire e stavano cercando di recuperare delle armi da fuoco.
Dalle chat e dalle telefonate in possesso del quotidiano bavarese Sueddeutsche Zeitung, emerge come i membri dell’autoproclamato gruppo “Rivoluzione Chemnitz” si considerassero l’èlite del neonazismo tedesco.
Tutti di età compresa tra i 20 e i 30 anni, si vantavano di essere le “principali menti” della Sassonia, lo Stato federale che ormai da anni è la culla dei gruppi di estrema destra della Germania.
I fermati appartengono, secondo la procura, alla scena degli ultras, skinhead e neonazisti dell’area di Chemnitz, la città teatro delle proteste dell’ultradestra anti-immigranti di fine agosto scorso.
“Noi siamo il popolo”, gridava la gente in Sassonia nel 1989 mentre il muro di Berlino stava per crollare.
Due decenni dopo, nello stesso Land si pianificano attentati proprio nel giorno in cui si celebra la riunificazione della Germania. “Noi siamo il popolo”, gridavano anche i manifestanti in piazza a Chemnitz.
Quella marcia è stata il simbolo della ripresa che l’estrema destra tedesca sta vivendo. “Vedere i politici dell’Alternative fà¼r Deutschland camminare fianco a fianco con i militanti destra, ha fatto pensare ad alcuni di loro che fosse finalmente giunto il momento per giocarsi il tutto per tutto”, scrive la Sueddeutsche Zeitung.
Il 26 agosto è il primo giorno in cui i neonazisti si sono ritrovati in piazza nella città della Sassonia. Tra di loro c’erano anche i membri del gruppo “Rivoluzione Chemnitz”: varie foto su Facebook lo testimoniano.
Ma ci sono altre due date che risultano cruciali. Una è l’11 luglio scorso: il giorno in cui Beate Zschà¤pe, la leader del gruppo terrorista neonazista Nsu, viene condannata all’ergastolo dal tribunale di Monaco. Mesi prima, il 7 marzo, le condanne da 4 a 10 anni per i membri del gruppo Freital, autore di attentati con materiale esplosivo contro alcuni centri per rifugiati nell’estate del 2015.
Freital è una città della Sassonia, dista poco più di 60 chilometri da Chemnitz. Gli stessi luoghi dove per 13 anni si sono nascosti Beate Zschà¤pe e i suoi seguaci della Nsu mentre diffondevano paura e terrore in Germania.
Le sentenze non hanno però scalfito la base neonazista, ormai radicata da tempo in Sassonia, come in Turingia e in Baviera. Erano attivi da tempo in questo contesto anche i singoli membri del futuro gruppo “Rivoluzione Chemnitz”.
Una pagina Facebook con lo stesso nome esiste dall’ottobre 2013. Tra i post pubblicati anche quelli riguardanti il grande concerto neonazista che si è svolto nell’estate 2017 in Turingia. Secondo gli esperti, è stata l’occasione per i militanti di fare rete e coordinarsi.
La stessa occasione che si è ripresentata a fine agosto a Chemnitz, dove si sono riuniti hooligans, movimenti islamofobi e i vari gruppi nazi. Oltre alle proteste per l’omicidio di un cittadino tedesco di origini cubane per cui, al momento, rimane indagato un siriano e alla conseguente “caccia allo straniero” per tutta la città , le manifestazioni sono state anche l’occasione in cui, secondo gli investigatori, il gruppo “Rivoluzione Chemntiz” ha preso definitivamente corpo.
Tant’è che la loro prima azione non risale a quei giorni, come emerso inizialmente, ma è successiva. I membri del gruppo scelgono il 14 settembre per svolgere quella che gli investigatori definiscono la “prova generale” per i futuri attacchi.
Scendono in strada indossando guanti di pelle nera imbottiti al quarzo che stringono bottiglie di vetro. Si comportano come vigilanti e accerchiano un gruppo di ragazzi tedeschi, iracheni e pachistani, rientranti da una festa. Chiedono loro i documenti, li insultano e poi colpiscono alla testa con una bottiglia uno di loro, di 26 anni.
Una “caccia allo straniero” in piena regola, avvenuta mentre pochi giorni prima l’ormai ex capo dell’intelligence interna tedesca, Hans-Georg Maassen, smentiva la cancelliera Angela Merkel e parlava di “false informazioni” riguardo a possibili rappresaglie contro i migranti.
Frasi che gli sono costate la poltrona e che ora costringono il ministro dell’Interno, Horst Seehofer, a parlare di “tolleranza zero” dopo aver difeso lo stesso Maassen.
La formazione di un nuovo gruppo terroristico dimostra che il problema è stato sottovalutato, non solo da Maassen, e che il panorama nazionalsocialista “è molto più vasto di quanto emerso durante il processo di Monaco alla Nsu”, scrive il quotidiano Die Welt. Mentre la Freie Presse, che proprio a Chemnitz stampa il suo giornale, avverte: “Questa vicenda mostra quanto velocemente la mentalità presente nell’attuale clima sociale si possa trasformare in concreti piani di attacco. Queste persone non vogliono correggere la politica dei rifugiati, ma rovesciare il Paese con la forza “.
(da agenzie)
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